Ai REFERENDUM del 12-13 Giugno 2011 HO VOTATO SI alla Abrogazione : NUCLEARE, ACQUA 1, ACQUA 2, LEGITTIMO IMPEDIMENTO

No alla chiusura dell'ILVA Taranto,lo stabilimento è Ricchezza,finchè Vive possiamo disinquinare,altrimenti muore la Citta!. Pdf Ascolta http://consulenteambientale.eu

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Agosto 2011 Lu01. Ma02. Me03. Gv04. Ve05. Sa06. Do07. Lu08. Ma09. Me10. Gv11. Ve12. Sa13. Do14. Lu15. Ma16. Me17. Gv18. Ve19. Sa20. Do21. Lu22. Ma23. Me24. Gv25. Ve26. Sa27. Do28. Lu29. Ma30. Me31.

Luglio 2011 Ve01. Sa02. Do03. Lu04. Ma05. Me06. Gi07. Ve08. Sa09. Do10. Lu11. Ma12. Me13. Gi14. Ve15. Sa16. Do17. Lu18. Ma19. Me20. Gi21. Ve22. Sa23. Do24. Lu25. Ma26. Me27. Gi28. Ve29. Sa30. Do31.

Giugno 2011 Me01. Gi02. Ve03. Sa04. Do05. Lu06. Ma07. Me08. Gv09. Ve10. Sa11. Do12. Lu13. Ma14. Me15. Gv16. Ve17. Sa18. Do19. Lu20. Ma21. Me22. Gv23. Ve24. Sa25. Do26. Lu27. Ma28. Me29. Gv30.

Maggio 2011 Do01. Lu02. Ma03. Me04. Gv05. Ve06. Sa07. Do08. Lu09. Ma10. Me11. Gv12. Ve13. Sa14. Do15. Lu16. Ma17. Me18. Gv19. Ve20. Sa21. Do22. Lu23. Ma24. Me25. Gv26. Ve27. Sa28. Do29. Lu30. Ma31. Aprile 2011 Ve01. Sa02. Do03. Lu04. Ma05. Me06. Gi07. Ve08. Sa09. Do10. Lu11. Ma12. Me13. Gi14. Ve15. Sa16. Do17. Lu18. Ma19. Me20. Gi21. Ve22. Sa23. Do24. Lu25. Ma26. Do27. Lu28. Ma29. Me30.

Marzo 2011 Ma01. Me02. Gv03. Ve04. Sa05. Do06. Lu07. Ma08. Me09. Gv10. Ve11. Sa12. Do13. Lu14. Ma15. Me16. Gv17. Ve18. Sa19. Do20. Lu21. Ma22. Me23. Gv24. Ve25. Sa26. Do27. Lu28. Ma29. Me30. Gi31. Febbraio 2011 .Ma01. .Me02. .Gi03. .Ve04. .Sa05. .Do06. .Lu07. .Ma08. .Me09. .Gi10. .Ve11. .Sa12. .Do13. .Lu14. .Ma15. .Me16. .Gi17. .Ve18. .Sa19. .DO20. .Lu21. .Ma22. .Me23. .Gi24. .Ve25. .Sa26. .Do27. .Lu28. Gennaio 2011 Sa01. Do02. Lu03. Ma04. Me05. Gv06. Ve07. Sa08. Do09. Lu10. Ma11. Me12. Gv13. Ve14. Sa15. Do16. Lu17. Ma18. Me19. Gi20. Ve21. Sa22. Do23. Lu24. Ma25. Me26. Gi27. Ve28. Sa29. Do30. Lu31. Dicembre 2010 Me 01. Gv02. Ve03. Sa04. Do05. Lu06. Ma07. Me08. Gv09. Ve10. Sa11. Do12. Lu13. Ma14. Me15. Gv16. Ve17. Sa18. Do19. Lu20. Ma21. Me22. Gv23. Ve24. Sa25. Do26. Lu27. Ma28. Me29. Gv30. Ve31. Novembre 2010 Lu 01. Ma02. Me03. Gv04. Ve05. Sa06. Do07. Lu08. Ma09. Me10. Gv11. Ve12. Sa13. Do14. Lu15. Ma16. Me17. Gv18. Ve19. Sa20. Do21. Lu22. Ma23. Me24. Gv25. Ve26. Sa27. Do28. Lu29. Ma30. Ottobre 2010 Ve01. Sa02. Do03. Lu04. Ma05. Me06. Gv07. Ve08. Sa09. Do10. Lu11. Ma12. Me13. Gv14. Ve15. Sa16. DO17. Lu18. Ma19. Me20. Gi21. Ve22. Sa23. Do24. Lu25. Ma26. Me27. Gv28. Ve29. Sa30. Do31. Settembre 2010 Me 01. Gi02. Ve03. Sa04. Do05. Lu06. Ma07. Me08. Gv09. Ve10. Sa11.

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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-07-01 ad oggi 2011-08-04 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

SCUOLA, UNIVERSITA’, FORMAZIONE

2010-10-04 I IL CENSIMENTO Giovani, laureati, in fuga per scelta Ecco chi sono gli italiani all'estero

Oltre sedicimila risposte al nostro questionario. Due terzi sono maschi, hanno titoli di studio elevati. Solo il 10% ha più di 45 anni e oltre la metà non è iscritta all'Aire. Se ne sono andati soprattutto per motivi professionalie perché questo Paese non piace più a chi ci vive

Giovani, laureati, in fuga per scelta Ecco chi sono gli italiani all'estero

Più di 17mila storie raccolte in quattro giorni non solo sono un ottimo risultato. Sono soprattutto un segnale: la conferma, l'ennesima per chi si occupa di questo argomento, del fatto che gli Italiani Residenti all'Estero sono una comunità enorme, attiva, impegnata, informata e bisognosa di sentirsi compresa o almeno ascoltata dal proprio Paese.

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Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

2010-10-03 Lo stesso test non è uguale per tutti Atenei, i risultati delle prove d'ingresso

Le stesse ottanta domande in tutta Italia, ma è nel segno della disparità il loro risultato. A medicina, per entrare a Padova servivano minimo il 60% delle risposte esatte, a Campobasso il 48%. Per non parlare della percentuale di iscritti che sono riusciti a passare di

Lo stesso test non è uguale per tutti Atenei, i risultati delle prove d'ingresso

Un'unica batteria di ottanta domande uguali per tutta Italia somministrate contemporanemente negli atenei statali, stesso tempo a disposizione per rispondere, identici criteri di valutazione (risposta giusta 1 punto, sbagliata -0,25, non data 0), correzione automatizzata e in forma anonima degli elaborati.

2010-09-02 Gelmini: nessun governo è in grado di assumere oltre 200mila precari. Va cambiata la formazione

Gelmini ha scelto Palazzo Chigi per rispondere ai precari. "Capisco la situazione, per molti versi dolorosa, ma nessun Governo riuscirà mai ad assumere 230mila precari". Il ministro ha confermato poi la linea del rigore. Da quest'anno, ha annunciato, "non si potranno superare i 50 giorni d'assenza. Pena: la bocciatura". In una conferenza stampa fiume, la titolare di viale Trastevere ha fatto il punto sulle novità in arrivo con il nuovo anno scolastico, che vedrà in particolare l'avvio, nelle prime classi, della riforma delle superiori. Positive, secondo il ministero, le reazioni di famiglie e genitori: le iscrizioni al settore tecnico-scientifico (che nel 2009 ha segnato un gap di profili professionali richiesti dalle imprese di ben 50.726 diplomati) sono cresciute dell'1,7 per cento. Quelle per il liceo delle scienze umane con opzione economica, dell'1,6%, quelle per il linguistico, dell'1,3 per cento.

Nasce anche una nuova filiera non universitaria che "dura 2 anni e vede università, scuole e aziende protagoniste della formazione". Si tratta degli istituti tecnici superiori post-secondaria: quest'anno ce ne saranno 20 e serviranno per formare figure professionali richieste dal mondo del lavoro. E che, ha sottolineato il ministro Gelmini, andranno a sostituire i corsi di laurea triennali "che si sono rivelati poco utili per favorire l'occupazione". Grazie ad accordi ad hoc con i conservatori e gli enti locali sono 1.200 gli studenti iscritti ai 37 licei musicali attivati (5 coreutici), che una volta conseguito il diploma, ha assicurato Gelmini, potranno anche iscriversi all'università.

2010-09-02 Nasce anche una nuova filiera non universitaria che "dura 2 anni e vede università, scuole e aziende protagoniste della formazione". Si tratta degli istituti tecnici superiori post-secondaria: quest'anno ce ne saranno 20 e serviranno per formare figure professionali richieste dal mondo del lavoro. E che, ha sottolineato il ministro Gelmini, andranno a sostituire i corsi di laurea triennali "che si sono rivelati poco utili per favorire l'occupazione". Grazie ad accordi ad hoc con i conservatori e gli enti locali sono 1.200 gli studenti iscritti ai 37 licei musicali attivati (5 coreutici), che una volta conseguito il diploma, ha assicurato Gelmini, potranno anche iscriversi all'università.

2010-07-19 UNIVERSITA' Matricole "a numero chiuso" più medici e meno architetti

A settembre le prove di ammissione per entrare nelle facoltà a numero chiuso. Il test d'ingresso si svolgerà in contemporanea in tutte le università statali

ROMA - Il countdown è cominciato: per molti studenti freschi di Maturità, aspiranti matricole di corsi di laurea a numero chiuso, le vacanze sono finite ed è tempo di rituffarsi nei libri. Una nuova e impegnativa prova li attende: la prova di ammissione per entrare nelle facoltà ad accesso programmato a livello nazionale. 2010-07-19 Il test d'ingresso vincolante (80 domande a risposta multipla) si svolgerà a settembre, in contemporanea in tutte le università statali e in un'unica giornata, per ciascuna delle tipologie previste dal Miur. Aprirà le danze, il 2, Medicina e Chirurgia; il giorno successivo sarà la volta di Odontoiatria e Protesi Dentaria; a seguire Medicina Veterinaria (il 6), Architettura (il 7) e Professioni Sanitarie (l'8); chiuderanno la serie, il 20 settembre, i corsi in Scienze della Formazione Primaria.

I posti in palio. Tra le aspiranti matricole "a numero chiuso" solo 52.808 riusciranno ad accedere al corso prescelto, rispondendo correttamente ai test e superando la barriera d'ingresso.

La maggior parte dei posti a disposizione per studenti comunitari e non comunitari residenti in Italia si concentra nell'area sanitaria (38.705), con differenze sostanziali tra i diversi settori e le relative branche. Nelle professioni sanitarie (28.135 posti complessivi) a fare la parte del leone è Infermieristica con ben 16.336 disponibilità (1.427 in più rispetto allo scorso anno) mentre i corsi in Tecniche Audiometriche avranno soltanto 114 nuove matricole; gli immatricolati in Medicina e Chirurgia saranno 8.775, con un incremento di 750 unità rispetto a quanto inizialmente previsto per l'a. a. 2009/2010 (a novembre 2009, per decreto, i posti furono portati da 8.075 a 8.508). Crescono anche i posti per i futuri dentisti (789 rispetto ai 690 dell'anno scorso) mentre le matricole in Veterinaria saranno 44 in meno (passando da 1.050 a 1.006). Stabili i posti per Scienze della Formazione Primaria: da 4.806 a 4.838. Stretta, invece, su quelli finalizzati alla professione di Architetto (Architettura e Ingegneria Edile): tagliati 620 posti, quest'anno potranno iscriversi in 9.265 rispetto ai 9.885 dell'a. a. 2009/2010.

2010-07-18 "Basta con le lauree tutte uguali più concorrenza tra gli atenei"

il deputato del Pdl Fabio Garagnani chiede di eliminare il valore legale del titolo di studio

"Le università preparano in maniera diversa, ma la legge afferma che tutti sono preparati in maniera eguale a prescindere dal contenuto formativo"

2010-07-10 L'Università protesta contro la Gelmini ma Berlusconi va all'Ateneo di Mr Cepu

La e-mail è arrivata in queste ore agli oltre 3mila iscritti all'Ateneo telematico eCampus.

Agli studenti ha scritto il rettore Lanfranco Rosati in persona. Lunedì mattina, il premier Silvio Berlusconi, visiterà privatamente il campus di Novedrate, in Brianza alle porte di Como, e "parlerà con studenti e docenti". Un evento - sottolinea Rosati ad ogni studente telematico - "che arriccherà la tua esperienza formativa". Come dire, da non perdere. Tant'è che subito dopo l'e-mail precisa quanto segue: comfermare la presenza via posta elettronica o telefonincamente e contiene persino un tassativo consiglio su come vestirsi per incontrare il premier: "Siete invitati ad indossare l'abbigliamento informale".

Roba da non crederci. Proprio mentre tutti gli Atenei d'Italia - dalla Sapienza di Roma all'Università di Cagliari - sono in mobilitazione contro il ddl Gelmini e i tagli previsti all'istruzione dalla Finanziaria di Tremonti che mette letteralemnte in ginocchio le università e la ricerca, il Cavaliere sceglie di far "visita" all'Ateneo di Mr.Cepu, Francesco Polidori.

2010-07-10 Maturità, aumentano i bocciati e si abbassano i voti di diploma

Primi dati forniti dal ministero dell'Istruzione sull'esame del 2010.

Il "rigore" voluto dal ministro Gelmini sembra prevalere. Sparicono i superbravi da 100 e lode, diminuiscono i 100

2010-07-01 ROMA—"Nel tempo si dovranno apporre correttivi al cosiddetto "3+2", senza stravolgere un sistema che ha già subito tanti scossoni". Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ospite di "Radio anch’io", ammettendo che "il sistema del "3+2" sicuramente ha dato meno risultati di quanto ci si aspettasse". "Ma non si può continuamente—ha osservato il ministro — ripartire da zero. Oggi abbiamo questo sistema, in molti casi alla laurea triennale non sono conseguite opportunità occupazionali facili e certamente nel tempo bisognerà apporre correttivi ".

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero (Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):

 

"Medici al lavoro prima dei trent'anni"Al via la riforma dell'università

Le specializzazioni dureranno di meno, l'esame di laurea varrà quello di Stato. Fazio: "Rimane il numero chiuso"

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QUALITA' MEDICI INCEDIBILE - NO A NUMERO CHIUSO

 

 

Corriere della Sera 2011-07-28

"Medici al lavoro prima dei trent'anni"

Al via la riforma dell'università

Al via la riforma dell’università

Le specializzazioni dureranno di meno, l’esame di laurea varrà quello di Stato.

Fazio: "Rimane il numero chiuso"

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Il Mio Pensiero:

28.07|19:18

dalessa

QUALITA’ MEDICI INCEDIBILE - NO A NUMERO CHIUSO 28.07|19:18 dalessa

Non è assolutamente giusto ridurre i tempi di Laurea di una Laurea e relativa specializzazione che sono state vanto dell'Italia nel Mondo.

Una amica di mia figlia si è Laureata a 24 anni, nonostante il professore gli abbia sbagliato la scelta della tesi e quindi ritardato di 6 mesi la medesima, e sta comunque facendo la specializzazione in tempi brevi.

Il problema è che va tolto il numero chiuso, anche in virtù della possibilità di poter seguire le lezioni online, senza creare disagi di affluenza, con possibilità di abbassarne i costi per i meritevoli o lievemente in ritardo, mentre vanno accentuati per i costi per i fuori corso cronici.

Per. Ind. Giacomo Dalessandro ( pensionato virtuale)

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Il Mio Pensiero:

Martina F. 2 Settembre 2010

Da diversi anni a questa parte si sta facendo di tutto per allungare il tempo di studio degli studenti, allungando di conseguenza anche i tempi dell'inserimento nella vita economico sociale Italiana.

Così ora sembra non bastare più il Diploma delle scuole medie superiori per inserirsi nel mercato del lavoro, ed in particolare per gli ITIS, Istituti Tecnici Industriali, per Geometra, per Ragionieri, si innalza il percorso scolastico trasformando quello che era una volta il "Diploma di Tecnico Industriale" in attuale Maturità, non consentendo ai neo Diplomati di fregiarsi di un Titolo altamente Specialistico a Valenza Internazionale (tant'è che una volta corrispondeva al Laureato Tecnico Americano), e che addirittura, con il superamento di un Esame di Stato, dopo Esperienza Professionale e Tecnica presso Aziende o Professionisti, equipara e supera ancora oggi i Titoli acquisiti con la Laurea Breve e successivo Esame di Stato.

E non ci si venga a dire che è una esigenza della Comunità Europea per consentire la libera circolazione dei Lavoratori, perché per noi è meglio preparare giovani altamente specializzati da tenere in casa, piuttosto che prepararli per farli espatriare per lavoro: - Quello che avevamo di buono, come per esempio i nostri diplomati, ed i nostri vecchi ingegneri quinquennali che tutti ci invidiavano, dobbiomo riprendere a prepararli, dandogli in più una preparazione reale innovativa proveniente dal mondo del lavoro, da integrare a quella teorica tradizionale.

Fra l'altro l'attuale percorso di Laurea Breve non viene superato quasi mai in 3 anni, vanificando nei fatti quelli che erano gli obbiettivi che gli attuatori della relativa riforma si erano.

Quello che invece occorre fare è riportare in auge il Diploma Tecnico, con relativo Esame di Stato per l'Abilitazione all'Esercizio della Libera Professione.

In più bisogna completare il percorso formativo degli ITIS attuando il Tempo Pieno, completando l'attuale ottimo ciclo di studio teorico del mattino, con un ulteriore ciclo integrativo pomeridiano, sviluppato da Professionisti della medesima specializzazione, portatori di esperienza specialistica almeno trentennale acquisita presso Aziende Primarie, o nella Libera Professione.

Così facendo si consente di trasferire ai giovani il KnowHow e l'esperienza professionale che altrimenti con il pensionamento si perde, a danno e depauperamento di ricchezza professionale Italiana.

Questo completamento formativo deve avere la medesima valenza dell'attuale praticantato, o di esperienza acquisita con Stage presso aziende, per consentire l'Iscrizione all'Albo Professionale.

Il percorso formativo deve chiaramente integrare la Conoscenza delle Leggi, Norme, Standardizzazioni di Calcolo, Progetto e Realizzazione, Aspetti inerenti la Sicurezza, la Prevenzione Incendi, l'Ambiente, la Sostenibilità, ecc. a seconda delle varie specializzazioni.

Così facendo, oltre a notevoli risparmi ecomici nella formazione ( fra l'altro spesso fasulla o non pertinente gli interessi relmente formativi ), potendo utilizzare personale in mobilità e cassa integrazione, consente il trasferimento del knowHow, anticipa l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, comporta un ritorno in enormi energie giovanili ( inserendoli già preparati a produrre riccchezza e non come peso ed onere per le Aziende e la Collettività ), toglie manovalanza e mercato al mondo della droga e della delinquenza, che prosperano sui giovani abbandonati, non autonomi economicamente, demotivatio professionalmente, ed in notevole dispersione scolastica.

Infine va ripristinata la laurea quinquennale, consentendo comunque l'esistenza di un titolo di studio intermedio, triennale, con valenza tecnica.

Questa è la vera riforma che va attuata.

Martina F. 2 Settembre 2010

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-07-01 ad oggi 2011-08-04

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2011-08-04

3 agosto 2011

LA POLEMICA

Scuola, per i docenti arriva

il decreto della discordia

Trentamila assunzioni a tempo indeter­minato. E altrettanti docenti precari che riusciranno a raggiungere un traguardo agognato da tempo. A giorni il ministero della Pubblica Istruzione dovrebbe fornire le cifre definitive e soprattutto la ripartizione di que­ste decine di migliaia di assunzioni, frutto di un accordo raggiunto alcune settimane fa tra i ministeri della Pubblica Istruzione, della Fun­zione pubblica e i sindacati di categoria. Ma a giorni è atteso anche il primo bando sui nuo­vi corsi abilitanti che dovrebbero dare avvio al nuovo percorso di formazione dei futuri do­centi. Un passaggio atteso, quanto temuto, vi­sto che nelle scorse settimane dal ministero di viale Trastevere sono state ipotizzate cifre sul fabbisogno futuro di docenti davvero esigue: poco meno di 9mila insegnanti in tutta Italia.

Se si pensa che solo i precari superano le 200mila unità e altre decine di migliaia sono i giovani che hanno concluso il percorso di for­mazione, ma sono ancora privi dell’abilitazio­ne (requisito indispensabile per entrare a pie­no titolo nell’insegnamento), parlare di 9mila posti è davvero una goccia nel mare. Ma anche le trentamila assunzioni di docenti nel nuovo anno scolastico (a cui se ne aggiun­geranno altre 37mila per il personale Ata, cioè il personale amministrativo, tecnico e ausilia­re) sembrano destinate a risolvere solo una piccola parte del precariato. E anche con mol­ti malumori. A destare le maggiori preoccu­pazioni sono le graduatorie presso ogni ufficio provinciale. Dovrebbero essere a esaurimen­to, ma i trasferimenti da una provincia all’al­tra comportano modifiche e variazioni, crean­do di fatto una sorta di "guerra" tra precari, che si vedono magari sorpassati in graduatoria dai nuovi arrivati da altre province.

Una situazio­ne complicata, ancora di più dopo la boccia­tura della Corte Costituzionale (nell’aprile scorso) subita dalla decisione di prevedere per il solo biennio 2009/2011 l’inserimento in co­da della graduatoria per i docenti che faceva­no richiesta di iscrizione in un’altra provincia. Insomma un agosto tutt’altro che tranquillo per il corpo docente e che lascia perplessi sulla reale possibilità di iniziare sin dal pri­mo giorno di lezione con tutti i posti catte­dra coperti. Una situazione che preoccupa anche le migliaia di giovani che aspirano a i­niziare la carriera docente. Molti hanno con­cluso il proprio percorso di studi, ma non hanno conseguito alcuna abilitazione. Per loro dovrebbe arrivare un percorso transito­rio per permettere loro di raggiungere alme­no l’abilitazione, ma sul posto in cattedra non esistono sicurezze.

Peggio ancora per chi è al­l’inizio di questo percorso. Molto dipenderà appunto dai numeri previsti dal primo ban­do atteso dal ministero della Pubblica Istru­zione. Il vero rischio è che una gran parte di questa generazione di aspiranti docenti lo resti soltanto sulla carta. Una prospettiva preoccupante per una scuola che ha un cor­po docente sempre più anziano.

Enrico Lenzi

 

 

 

2011-04-16

16 aprile 2011

"ANDEMM AL DOMM"

Milano, in 40mila alla marcia

delle scuole cattoliche

'Famiglia e scuola cattolica fanno bene all'Italia!', è il tema scelto per la marcia 'Andemm al Domm' che a Milano ha riunito 40 mila persone tra alunni, genitori, docenti e dirigenti scolastici delle scuole cattoliche. In piazza Duomo il cardinale Dionigi Tettamanzi ha rivolto un saluto ai partecipanti ricordando le parole del Papa nel messaggio al presidente della Repubblica in occasione della festa dei 150 anni dell'unità d'Italia: "Il cristianesimo ha contribuito in maniera fondamentale alla costruzione della identità italiana attraverso l'opera della chiesa, delle sue istituzioni educative e assistenziali". Tettamanzi ha sottolineate: "Noi tutti ci sentiamo parte di questo nostro Paese, che ci onoriamo di servire in molti modi e con sincerità di cuore. Lo serviamo quando le nostre famiglie assicurano ai figli le attenzioni necessarie: una cura affettuosa, un amore autentico, la costante trasmissione di quei valori che hanno contribuito a costruire la nostra storia patria, che ci hanno aiutato a vivere insieme anche nei suoi momenti difficili e drammatici di tensione".

Dopo avere parlato dei valori che contraddistinguono la storia italiana, l'unità della famiglia, dell'accoglienza, del rispetto, dell'aiuto offerto a chi ha più bisogno, "e tutto questo in maniera gratuita e disinteressata", il cardinale ha aggiunto: "Siamo convinti anche che davvero la scuola cattolica costituisce una grande risorsa per il Paese". L'arcivescovo di Milano ha quindi ricordato i momenti difficili che l'Italia sta vivendo: "Oggi sta affrontando sfide nuove, come quella dell'inevitabile confronto con popoli, culture e religioni differenti. All'Italia vogliamo dire con forza che le nostre famiglie e le nostre scuole, come l'intera comunità cristiana, sono pronte e decise a fare la loro parte. Oggi come ieri, di fronte alle emergenze sociali, familiari, educative, i cattolici dicono la loro piena disponibilità ad offrire il loro contributo".

"L'unità della nostra nazione - ha concluso - dura da 150 anni e noi l'abbiamo ricevuta come una preziosa eredità dai nostri padri; allo stesso tempo si tratta di un traguardo che siamo chiamati a custodire e salvaguardare ogni giorno con impegno, aprendoci con coraggio e audacia al futuro, ad un futuro migliore. Ora una scuola capace di educare veramente e di concorrere alla formazione di persone serie e responsabili rende un servizio straordinario al bene del Paese e rappresenta una garanzia e una speranza per il suo futuro".

 

 

16 aprile 2011

PADOVA

Scuola statale, nuovo attacco di Berlusconi: è polemica

Ci sono "insegnanti di sinistra" che nella scuola pubblica "inculcano ideologie e valori" diversi da quelli della famiglia. Lo ha specificato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusocni, nel suo messaggio scritto ad un convegno del Pdl, a Padova, dedicato alle mamme d'Italia. "Abbiamo fatto leggi - ha dedtto Berlusconi - che puniscono severamente la violenza sessuale, abbiamo introdotto il reato di stalking contro gli 'atti persecutorì contro le donne. Abbiamo tutelato la famiglia con i bonus bebè, il piano casa, gli affitti agevolati per le giovani coppie, la riduzione dei costi scolastici e il bonus per la scuola privata, perché i genitori possano scegliere liberamente quale educazione dare ai loro figli, e sottrarli a quegli insegnanti di sinistra che nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi da quelli della famiglia".

L'intervento di Berlusconi ha suscitato un coro di polemiche. Giovanni Bachelet, presidente del Forum sulla scuola del Pd, ha commentato ricordando che il governo "non ha massacrato soltanto le scuole statali, ma anche tagliato i magri fondi delle scuole paritarie". "Credenti di ogni confessione e non credenti - ha detto ancora - sanno bene che questa insulsa contrapposizione non giova a nessuno e serve solo a mascherare il de-finanziamento di tutte le scuole e l'ostilità del premier verso ogni cultura di destra, di centro e di sinistra, laica e cattolica che sia".

Critiche all'attacco di Berlusconi anche da sindacati e rete degli studenti.

 

 

 

 

 

2011-04-15

15 aprile 2011

LA PARITÀ INCOMPIUTA

Fondi a rischio, materne in rivolta

Rinnovi contrattuali in pericolo

Questa mattina i responsabili delle scuole dell’infanzia paritarie della provincia di Treviso consegneranno le chiavi dei loro istituti nelle mani del prefetto Aldo Adinolfi. E saranno accompagnati anche da una delegazione dell’Associazione dei Comuni della Marca Trevigiana. Un gesto simbolico, ma che racconta di una situazione che sta diventando sempre più insostenibile. "Consegneremo al prefetto, in qualità di massimo rappresentante del governo – spiega il presidente provinciale di Treviso della Fism, la federazione delle materne di ispirazione cristiana, Giancarlo Frare – un documento nel quale ribadiamo che, senza adeguati finanziamenti, il sistema veneto delle scuole dell’infanzia è a rischio di progressiva sparizione". Un gesto clamoroso quello della Fism di Treviso (quasi 20mila bambini, che nel solo Veneto salgono a 94mila - quasi il 70% della popolazione totale -, con oltre un migliaio di dipendenti), ma segnale di un malessere e di una fortissima preoccupazione che coinvolge l’intero sistema scolastico paritario nazionale.

Infatti, al danno del taglio nella legge di stabilità per il 2011 di 258 milioni di euro sul capitolo di spesa che originariamente ne aveva 539, si aggiunge ora la beffa di vedere in pericolo il recupero di almeno 245 milioni per il 2011. Colpa, spiega Luigi Morgano, segretario nazionale della Fism, "dell’allungamento dei tempi della vendita delle frequenze televisive del digitale terrestre italiano".

Già perché il recupero dei 245 milioni per quest’anno è legato all’incasso, previsto dalla legge di stabilità, di almeno 2 miliardi e 400 milioni di euro da quella vendita. Ma i tempi della gara si sono allungati, anche per il fatto che il ministro per lo sviluppo economico, Paolo Romani ha presentato al Consiglio di Stato un quesito con il quale, in parole povere, si chiede se la partecipazione di un concorrente extra-Ue (leggi il gruppo televisivo Sky) sia o meno in contrasto con la normativa in vigore. Il risultato di questa battaglia per l’etere, in cui sono coinvolti in particolare Sky e Mediaset, è che tutto è ancora fermo e l’incasso dei 2 miliardi e 400 milioni (tra cui i 245 da rimettere a disposizione della scuola paritaria) è ben lontano dall’accadere. E così - beffa nella beffa - il ministero dell’Economia e delle finanze ha deciso di correre ai ripari riducendo dell’importo citato, i capitoli di spesa già stanziati per il 2011. E "tra questi capitoli – denuncia ancora Morgano – è finito ancora quello della scuola paritaria". Risultato? Non solo il capitolo di spesa ha subito un taglio di 258 milioni (che sulla carta dovrebbero vedere un recupero di 245), ma persino i 281 milioni di euro messi nel capitolo per le paritarie hanno subito un ulteriore taglio del 10% riducendosi a 252 milioni. Lo ha ammesso lo stesso ministero rispondendo qualche settimana fa a un’interrogazione presentata dal deputato del Pdl Gabriele Toccafondi. "Attualmente – si legge nel documento di risposta del ministero all’interrogazione presentata in Commissione Bilancio dal parlamentare – risultano iscritte in bilancio, al netto degli accantonamenti di cui sopra (i 281 milioni, ndr), risorse per 252 milioni e 537mila euro".

Insomma, siccome non si è sicuri di incassare la cifre prevista dalla vendita delle frequenze si è tagliato (o come si dice in burocratese "accantonato") nelle spese già decise, colpendo lo stesso capitolo di bilancio per il quale da quell’incasso ci si aspettano i fondi da reintegrare.

Una situazione così intricata da far girare la testa, ma con una conseguenza chiara: mettere a rischio l’esistenza del sistema scolastico paritario, al quale, aggiunge ancora il segretario della Fism, "attualmente sono stati messi a disposizione in cassa soltanto 167 milioni di euro". A conti fatti dei 539 milioni di euro di partenza al momento se ne sono persi per strada (nei diversi passaggi) 372, che in percentuale rappresenta il 69% dell’intero importo. Un taglio che nessun altro capitolo di spesa ha mai subito.

La consegna delle chiavi delle materne Fism di Treviso, alla luce di questi dati, da simbolico, diventa un vero e proprio campanello dall’allarme. Per tutti. Stato compreso, che, con la presenza delle paritarie, risparmia oltre 6 miliardi di euro all’anno.

I TAGLI METTONO A RISCHIO I RINNOVI CONTRATTUALI

È l’altro volto dell’assenza di certezze nei fondi per le scuole paritarie: la mancata apertura della trattativa per il rinnovo dei contratti per il personale della scuola dell’infanzia paritaria associata alla Fism. È stata la stessa Federazione delle materne di ispirazione cristiana a chiedere ufficialmente alle organizzazioni sindacali il rinvio dell’apertura della trattativa "in attesa – si legge nella nota approvata dal Consiglio Nazionale della Fism – di quelle certezze che possono essere acquisite solo nei prossimi mesi: certezze, peraltro, indispensabili in ordine alle modalità del servizio finora assicurato dalle scuole associate, alla sua qualità, alla salvaguardia di decine di migliaia di posti di lavoro e all’entità delle rette a carico delle famiglie".

Da parte loro, le organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl, Uil e Snals) pur "comprendendo le preoccupazioni avanzate" dalla Fism esprimono contrarietà verso "la richiesta di differimento sine die della trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro 2010/2012". Si tratta di oltre quarantamila dipendenti laici (padri e madri di famiglia) in attesa del rinnovo del contratto, ma che, continuando l’attuale situazione sui fondi erogati, rischiano anche il loro posto di lavoro.

"È la nostra preoccupazione maggiore" conferma Luigi Morgano, segretario nazionale della Fism, che non nasconde il timore che il continuo taglio dei fondi significhi aggravare il peso economico sulle rette pagate dalle famiglie, che potrebbero anche non farcela più. E di conseguenza il calo di iscrizioni potrebbe portare alla chiusura delle scuole dell’infanzia. "In questi anni abbiamo sempre rispettato le scadenze contrattuali – afferma ancora Morgano – e abbiamo cercato progressivamente di ridurre la forbice tra gli stipendi delle educatrici delle statali e quelli delle nostre maestre". Ma ora la situazione "è talmente precaria" che rende difficile proseguire su questa strada.

Enrico Lenzi

 

 

 

 

 

2011-01-15

15 marzo 2011

LE INCHIESTE DI AVVENIRE

Beni culturali, speso solo il 45%

Sostenere che si sarebbero potuti salvare gli antichi muri di Pompei forse sarebbe azzardato, e anche un po’ demagogico. Ma non si andrebbe troppo lontano dal vero. Di certo ci sono molti progetti che si sarebbero potuti portare a termine tra manutenzioni straordinarie, nuove tutele e valorizzazioni di siti, se solo ci fossero stato i soldi per finanziarli. O meglio: se solo il ministero dei Beni e delle Attività culturali (Mibac) fosse stato capace di spenderli, i soldi. Perché – ecco la notizia – in realtà i fondi c’erano e ci sono, ma il ministero non riesce a spenderli: oltre la metà delle sue disponibilità, infatti, resta in cassa incagliato nelle pastoie burocratiche, bloccato nei cassetti degli uffici, perso nei meandri di via del Collegio Romano a Roma.

La prova è in una circolare (la n.36 del 4 febbraio 2011) firmata dal direttore generale del ministero, Mario Guarany, nella quale si dà conto del "monitoraggio delle contabilità speciali e dei conti di tesoreria unica al 31 dicembre 2010", che Avvenire ha "intercettato". Ebbene, alla fine dello scorso anno, il bilancio evidenziava una "disponibilità finanziaria pari a 545.231.631,09 euro corrispondente al 55% del totale generale delle entrate ammontanti a 991.297.847,23 euro comprensive del debito trasportato al 1 gennaio 2010 (...) e delle entrate affluite nei mesi di gennaio-dicembre (...)". Tradotto, significa che nel 2010 – l’annus horribilis dei tagli alla cultura, quello nel quale la scure severa del ministro dell’Economia Giulio Tremonti si è abbattuta sui fondi destinati alla cultura italiana – il ministero non ha utilizzato oltre la metà dei soldi a sua disposizione, lasciando in cassa qualcosa più di mezzo miliardo di euro. Nella circolare si evidenziano con precisione e largo utilizzo di grafici le diverse voci di spesa e le percentuali di utilizzo dei fondi da parte degli "istituti periferici" e divisioni varie. Si va dal 37% dei "Beni archeologici e paesaggio" al 69% delle "Soprintendenze", passando per il 39% delle "Direzioni regionali" e il 50% degli "Archivi".

A Pompei "avanzati" 29 milioni

Appare ancora peggiore il quadro dell’utilizzo delle entrate esaminando i "Conti di tesoreria unica" (si veda la tabella in pagina) nei quali tolto l’exploit del "Polo museale napoletano", per il quale sono stati usati quasi il 90% dei fondi a disposizione, il resto delle percentuali di utilizzo è sconfortante. Si va dal 13% dell’"Opificio delle pietre dure di Firenze" al 19% della sovrintendenza "Archeologica di Roma"; dal 21% dell’"Archivio centrale dello Stato" al 29% della "Biblioteca nazionale di Firenze". Fino ad arrivare – e parliamo del caso che ha occupato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo appena qualche mese fa – proprio alla soprintendenza speciale dei "Beni archeologici di Napoli e Pompei" per la quale erano disponibili nel 2010 entrate pari a 50 milioni di euro e ne sono stati spesi poco più di 21 milioni, pari al 42% circa. Con un residuo ancora in cassa, quindi, di quasi 29 milioni di euro. Abbastanza per salvare i muri della "Casa del moralista" di Pompei crollati nel novembre scorso? Probabilmente sì, anche se non lo sapremo mai con certezza.

Questione amministrativa

Ma come è possibile che i soldi non vengano spesi, quando un giorno sì e l’altro pure vengono chieste (e ultimamente anche offerte) le dimissioni del ministro Bondi? Mentre si susseguono le proteste nel mondo della cultura per i tagli alle risorse? Tagli che hanno portato proprio ieri alle dimissioni di Andrea Carandini dalla carica di presidente del Consiglio superiore per i beni culturali (si veda l’articolo sotto). La questione in realtà è assai poco politica e molto amministrativa, nel senso che – una volta separata la funzione di indirizzo da quella di gestione, come hanno previsto le normative in materia introdotte negli anni Novanta – sono i dirigenti del dicastero, e non il ministro o i sottosegretari, ad essere direttamente responsabili dei flussi di cassa e degli impegni di spesa. E, all’interno del già complesso bilancio del Mibac, negli anni hanno finito per proliferare le cosiddette "contabilità speciali". Attualmente sono oltre 300, nelle quali confluiscono gli impegni "propri" derivanti da contratti e quelli diciamo "impropri" basati su accordi non ancora adeguatamente formalizzati. Completano il quadro procedure d’asta antiquate, progettazioni e gare senza capitolati dettagliati e altre farraginosità sulle quali da tempo un comitato scientifico è stato incaricato di proporre iniziative di riforma. Incombe infatti la nuova legge di contabilità e finanza pubblica (la 196 del 31/12/2009) che prevede il "definanziamento delle leggi di spesa totalmente non utilizzate negli ultimi tre anni".

"Cerchiamo di spendere qualcosa in più"

Sarà anche per questo che la circolare del direttore generale del ministero si chiude con una raccomandazione. "Considerata la diversa capacità di spesa (...) si richiama l’attenzione dei Funzionari Delegati, che la direttiva generale prevede un obiettivo strategico di "miglioramento dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse disponibili" con declinazione nell’obiettivo operativo di "Massimizzazione dell’utilizzo delle risorse disponibili", da attuare mediante l’incremento delle uscite, nel corso dell’esercizio 2011, per almeno il 5% rispetto al 2010". Insomma, dice la circolare, "cari dirigenti del ministero cerchiamo per l’anno prossimo di arrivare a spendere almeno il 48-50% dei fondi a disposizione". Un obiettivo alto, uno sforzo titanico. Anche perché, in caso contrario, non scatteranno i bonus previsti in busta paga. Con buona pace del Moralista di Pompei.

Post scriptum: Nei giorni scorsi abbiamo provato a contattare sia il direttore generale del ministero sia l’ufficio stampa per avere commenti in merito, ma nessuno ha risposto alle nostre sollecitazioni.

Francesco Riccardi

 

 

 

 

 

 

 

2011-01-03

1 marzo 2011

PIANETA ISTRUZIONE

Bagnasco: "La Chiesa

ha fiducia in tutta la scuola"

Una fiducia a 360 gradi nella scuola. Sia statale che non statale. L’ha ribadita - pro­prio nei giorni in cui si discute in mo­do acceso di scuola, con la trita e fuorviante contrapposizione tra 'pubblico e privato' - il cardinale Angelo Bagnasco. "La Chiesa, come sempre, ha molta stima e fiducia nella scuola, perché è un luogo privilegiato dell’educa­zione, tanto più che siamo nell’am­bito del decennio sulla sfida educa­tiva, che la Cei ha scelto. Quindi ci sta a cuore l’educazione integrale anche attraverso la scuola e in qualunque sede, statale o non statale, l’impor­tante è che ci sia questa istruzione, ma anche questa formazione della persona, che è scopo della scuola a tutti i livelli", ha detto il presidente della Cei a Genova, interpellato a margine dell’incontro La formazio­ne della coscienza nel beato John Henry Newman.

"Ci sono tantissimi insegnanti e operatori che sappia­mo si dedicano al proprio lavoro con grande generosità, impegno e com­petenza, sia nella scuola statale che non statale. Quindi il merito va a lo­ro ", ha aggiunto il porporato, tor­nando, infine, ad augurarsi una pie­na e concreta possibilità di libera scelta dei genitori nell’educazione dei figli. Sul fonte politico, a cercare di placa­re il putiferio innescato da due in­terventi, sabato e domenica, dal pre­sidente del Consiglio Silvio Berlu­sconi – che aveva parlato di un inse­gnamento nella scuola pubblica in senso contrario ai valori della fami­glia – sono intervenuti ieri il mini­stro Mariastella Gelmini e il presi­dente del Senato Renato Schifani. La prima ha ribadito che "nessuno vuo­le privatizzare la scuola, statale o pa­ritaria essa ha una funzione pubbli­ca".

Il ministro si è poi detta contra­ria a "dividere tra opposte tifoserie" perché "la polemica è stata mal po­sta". Lo stesso premier domenica e­ra intervenuto per dire di essere sta­to travisato e di non aver voluto cri­ticare la scuola statale, bensì "l’in­fluenza deleteria" che in quel tipo di scuola "hanno avuto e hanno anco­ra alcune "culture politiche e ideo­logie".

Schifani – da Barete, provincia del­l’Aquila, dove ha inaugurato una scuola d’infanzia ricostruita grazie a fondi raccolti da Palazzo Madama – ha detto di sperare in un veloce rien­tro della polemica, visti i chiarimen­ti che ci sono stati. Poi, ha aggiunto che "la scuola svolge una funzione primaria: educa le future classi diri­genti del Paese e a questa va ricono­sciuto un ruolo indispensabile". Ma la polemica non si placa. Il Pd – il cui segretario Pier Luigi Bersani l’altroieri aveva chiesto le dimissio­ni della Gelmini – annuncia un sit­in per oggi davanti a Palazzo Chigi. Dura la replica al ministro da parte della responsabile Scuola Francesca Puglisi, "nessuno vuole privatizzare la scuola: infatti il governo vuole, di­rettamente, lasciarla morire per fa­vorire quella privata. E ha iniziato a farlo da tempo".

Contro tale "demo­lizione " il partito di largo del Naza­reno indice il sit-in davanti alla sede del governo, al quale saranno pre­senti, tra gli altri, i capigruppo di Ca­mera e Senato, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro e la presidente dell’assemblea del partito, Rosy Bin­di. Critica con Berlusconi anche l’udc Paola Binetti, che parla di "sur­reale sfida al mondo della scuola, di­stinguendo tra valori buoni e catti­ve ideologie, tra educazione di serie A ed educazione di serie B, secondo un modello bipolare vecchio e su­perato, che contrappone scuola sta­tale e scuola cattolica, cercando poi di rettificare lamentando di essere stato frainteso".

 

 

 

2011-02-28

28 febbraio 2011

EDUCAZIONE

Bagnasco: "La Chiesa ha stima

nella scuola, statale o non statale"

"La Chiesa, come sempre, ha molta stima e fiducia nella scuola perché è un luogo privilegiato dell'educazione, tanto più che siamo nell'ambito del decennio sulla sfida educativa, che la Cei ha scelto. Quindi ci sta a cuore l'educazione integrale anche attraverso la scuola e in qualunque sede, statale o non statale, l'importante è che ci sia questa istruzione ma anche questa formazione della persona che è scopo della scuola a tutti i livelli": ad affermarlo l'arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, a margine dell'incontro "La formazione della coscienza nel Beato John Henry Newman".

"Ci sono tantissimi insegnanti e operatori che sappiamo che si dedicano al proprio lavoro con grande generosità, impegno e competenza, sia nella scuola statale che non statale. Quindi il merito va a loro". "Tutti quanti - ha aggiunto - ci auguriamo che anche la libertà di scelta dei genitori nell'educazione dei figli possa essere concretizzata sempre più e meglio ma questo riguarda un altro aspetto della scuola non statale". "In generale - ha concluso - sicuramente tutti auspichiamo che la scuola, a tutti i livelli e in tutte le sedi, possa veramente rispondere ai desideri dei genitori per i loro figli".

 

 

 

28 febbraio 2011

ISTRUZIONE

Dopo le dichiarazioni del premier

sulla scuola è scontro governo-Pd

"La scuola pubblica è nel cuore degli italiani. Da Berlusconi arriva uno schiaffo inaccettabile" e "se la Gelmini fosse un vero ministro, invece che arrampicarsi sui vetri per difendere Berlusconi, dovrebbe dimettersi". Va all'attacco il segretario del Pd, Pierluigi Bersani dopo l'intervento di Silvio Berlusconi che sabato ha riletto un discorso del '94 in cui criticava duramente la scuola statale. Oggi il ministro Gelmini ha detto che il premier ha solo "difeso la libertà di scelta educativa delle famiglie". Ad intervenire anche il Fli: "il vero centrodestra, quello di Fini e di Fli, sta dalla parte della scuola pubblica, così come prevede la Costituzione, senza nulla togliere alla scuola privata" dice Italo Bocchino. Inaccettabile l'attacco contro la scuola pubblica" anche secondo Italia Futura, l'associazione presieduta da Luca Cordero di Montezemolo.

"Come al solito anche le parole che ho pronunciato sulla scuola pubblica sono state travisate e rovesciate da una sinistra alla ricerca, pressoché ogni giorno e su ogni questione possibile, di polemiche infondate, strumentali e pretestuose". Lo afferma il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un comunicato.

"Bersani si rassegni, la scuola non é proprietà privata della sua parte politica". Così il ministro della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, replica al leader del partito democratico che ha chiesto le sue dimissioni.

"Se la Gelmini fosse un vero ministro, invece che arrampicarsi sui vetri per difendere Berlusconi, dovrebbe prendere atto degli inaccettabili attacchi che il premier ha rivolto agli insegnanti e alla scuola pubblica e dovrebbe dimettersi". Così il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, commenta le parole del ministro della pubblica istruzione Mariastella Gelmini.

Silvio Berlusconi ha difeso la libertà di scelta educativa delle famiglie. Lo ha affermato il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, riferendosi a quanto dichiarato sabato dal premier nel suo intervento al congresso dei cristiano-riformisti. "Il presidente Berlusconi - ha detto il ministro Gelmini - ha ribadito la posizione contraria del governo alle adozioni da parte dei single e delle coppie gay, ha confermato l'impegno della maggioranza ad approvare quanto prima la legge sul testamento biologico e si è speso in difesa di un principio sacrosanto: la libertà di scelta educativa delle famiglie. Il pensiero di chi vuol leggere nelle parole del premier un attacco alla scuola pubblica - ha osservato il ministro - è figlio dell'erronea contrapposizione tra scuola statale e scuola paritaria. Per noi, e secondo quanto afferma la Costituzione italiana, la scuola può essere sia statale sia paritaria. In entrambi i casi - ha concluso - è un'istituzione pubblica, cioé al servizio dei cittadini".

 

 

 

 

 

 

 

2011-02-10

10 febbraio 2011

DIBATTITO

150 anni dopo: rifacciamo gli italiani

Le celebrazioni di grandi eventi del passato o di personaggi protagonisti della storia hanno sempre un’origine e un intento rivolti al presente, a giustificazione o a rimedio di una particolare situazione etica, politica o sociale. Le nazioni hanno il loro calendario civile con solennità dedicate agli avvenimenti o alle istituzioni sui quali sono sorte e si sono affermate ed ai quali intendono richiamare costantemente o eccezionalmente i cittadini, calendario che non a caso viene riveduto e corretto a seconda di orientamenti politici, ideologici e sociali che si susseguono.

Movimenti sociali e politici iscrivono nei loro stendardi e nei loro programmi le personalità e i motti dei fondatori o di coloro ai quali intendono fare riferimento, talora persino alterando la realtà storica per utilizzarla ai propri fini. Celebrare, se non è solo rifugio nel già avvenuto, può essere modo di essere e di crescere. Ricordare i 150 anni dell’unità d’Italia rientra nel costume della memoria di un dato fondamentale per la esistenza stessa del nostro Paese nell’indipendenza, nella libertà e nell’identità nazionale e tuttavia assume più di altre ricorrenze una evidente funzione d’attualità per quel suo esulare da una cadenza decennale o centenaria, comprensibile pertanto solo in relazione ad una speciale necessità di richiamo alle origini della vita unitaria.

Vi è da chiedersi allora quali possano essere le motivazioni odierne di questo appello alla coscienza di un popolo in risposta agli interrogativi, ai timori ed alle speranze nelle attuali circostanze. Si scorge innanzi tutto un problema d’indole generale connesso con la stimolante e nel contempo contraddittoria sfida tra la globalizzazione – culturale, economica, politica, etica – ed il risorgere dei nazionalismi, dei particolarismi, delle identità escludenti.

Se l’aporia tra universale e particolare è un dato permanente nella storia dell’umanità, è indubbio che il mondo contemporaneo la vive in maniera del tutto nuova rispetto anche al recente passato, mostrando comunque il riaffiorare sia pure con modalità diverse di tendenze ritenute ormai superate ed invece ancora presenti negli strati profondi dell’umanità. Se si trattasse di manifestazioni di una crisi di crescenza della comunità umana, potremmo apprezzarne il valore positivo, da governare comunque in vista di relazioni giuste, di reciproco riconoscimento, di accoglienza e di solidarietà.

L’Italia non sfugge a tale condizione di risorgente polarità tra apertura all’Europa e al mondo e radicamento identitario, che discende poi dal livello nazionale alle sue articolazioni regionali, locali, sociali, quasi con un processo inverso a quello additato già dal Montesquieu quale naturale e necessario modo di realizzare il sistema democratico a partire dal basso e dal particolare per giungere alla comunità politica.

E proprio nei periodi di maggiori trasformazioni del concetto di cittadinanza e di profonde mutazioni economico-sociali, come appunto il presente, diviene pressante il bisogno di riconoscersi come comunità nazionale, come italiani d’Europa, come cittadini di ogni più piccola parte del Paese e di chiedersi che cosa ci unisce pur nelle distinzioni della pluralità, e pertanto in che misura possiamo contribuire a sempre più vaste forme di unità oltre ogni confine, geografico, politico, sociale.

Poiché non è più lo Stato la meta ultima e la condizione preminente di convivenza civile, la struttura istituzionale che fa essere italiani in questo specifico tempo, bensì piuttosto la Repubblica liberamente scelta e fondata sul patto costituzionale, celebrare il 150° significa voler ricercare oggi, pur attraverso la riflessione sul cammino compiuto dalle generazioni che ci hanno preceduto, quali sono i caratteri essenziali, potremmo dire lo stigma attuale dell’italianità. Il che non significa rispolverare un nazionalismo fuori tempo ovvero rinchiudersi dentro gli angusti confini ideali del proprio Paese, bensì al contrario poggiare su solide basi la propria capacità di divenire componente costruttiva della cittadinanza europea, non più definita da convergenze di appartenenze statali e da sbiaditi apporti di culture particolari ma innervata da robuste identità capaci per questo di riconoscersi, di integrarsi e di divenire solide componenti di una autentica comunità, aperta a sua volta agli orizzonti universalistici del nostro tempo.

Si intravede cioè la sfida di un metodo di valorizzazione e di messa in comune delle ricchezze delle diversità, procedendo per gradi ascendenti dalle città e dalle regioni all’interno della Repubblica sino all’Unione europea. Ricordare e mettere a frutto i 150 anni dell’Italia unita implica dunque un vero esame di coscienza del Paese, culturale, civile, politico, etico, e lo sforzo di aggiornarsi, si potrebbe dire reinventarsi come popolo, non tanto traendo dalla sua storia l’insegnamento per evitare cadute ed errori, quanto piuttosto discernendo il patrimonio genetico che ci viene consegnato e del quale siamo comunque portatori e facendoci carico della responsabilità di svilupparlo originariamente noi stessi e di trasmetterlo alla generazione futura.

Ciascuno individualmente, ma soprattutto ogni componente della società italiana, con gli strumenti che le sono propri, è chiamata a compiere questa operazione collettiva di fare il punto e di stabilire la rotta ravvivando lo spirito di avventura civile e le speranze dei cittadini. Così anche i cattolici sono sollecitati a guardare con amore all’Italia e con laicità cristiana al loro percorso dal 1861 ad oggi, liberandosi di geremiadi e di vanti, così come da preoccupazioni di protagonismi nell’oggi, mossi solo dalla ricerca del bene comune e dalla individuazione di ciò che li fa essere e sentire parte integrante della comunità nazionale.

È questa per loro un’occasione opportuna per rispondere all’interrogativo circa il loro modo di esercitare la duplice cittadinanza, secondo le limpide ed impegnative indicazioni del Concilio Vaticano II, non in maniera astratta né meramente risolta nell’intimo della coscienza, quanto piuttosto nella specificità della condizione storica. I recenti ripetuti richiami del papa e dell’episcopato italiano ad una militanza preparata, competente ed attiva da cristiani nella società sono un invito pressante ad impegnarsi a realizzare nel nostro Paese quell’endiadi di eros e agape che vale come stile di vita cristiana ad ogni latitudine, nella quale l’eros sia versione civile di amor di patria e l’agape modelli la fraternità nazionale.

Riflettere e valorizzare l’unità del Paese comporta pertanto dare nuova risposta alla perenne domanda di senso dell’essere italiani, domanda che ogni generazione di cristiani si deve porre, nei momenti felici nei quali è quasi naturale rispondere positivamente e nei periodi di crisi, di difficoltà o di perdita di orizzonte, ben consci che il profilo dell’ italianità dei cittadini non è un dato tracciato una volta per tutte, né la somma di approssimazioni successive nel tempo, ma un obiettivo ed una scoperta da rinnovare continuamente.

Alberto Monticone

 

 

 

2011-01-22

21 gennaio 2011

RIFORMA UNIVERSITARIA

Università, le nuove regole

per l'accesso alla docenza

La riforma dell'università muove i primi passi. Il Consiglio dei ministri, infatti, ha varato uno schema di regolamento che introduce nuove regole per l'accesso alla docenza e nominato i componenti dell'Anvur, l'Agenzia per la valutazione del sistema universitario. Due passaggi importanti - il primo consente di far ripartire, dopo quattro anni di stallo i concorsi, il secondo garantisce la distribuzione delle risorse agli atenei in base al merito - che arrivano mentre la Flc-Cgil lancia l'allarme sui finanziamenti: dal 2011 il sistema universitario - avverte il sindacato - deve fare i conti con gli ulteriori tagli lineari del 10% - circa 700 milioni - previsti dalla legge di stabilità sugli stanziamenti dell'anno precedente.

Il decreto sul reclutamento - il più urgente tra i 47 provvedimenti necessari per la piena attuazione della riforma Gelmini - pone fine ai concorsi truccati e introduce l'abilitazione nazionale secondo criteri meritocratici e di trasparenza. L'abilitazione scientifica nazionale diventa la condizione per l'accesso al ruolo di professore ordinario e associato e viene attribuita da una commissione sulla base di specifici parametri di qualità. I posti saranno poi attribuiti in base a procedure pubbliche di selezione bandite dai singoli atenei, cui potranno accedere solo gli abilitati. Le procedure di abilitazione verranno avviate inderogabilmente ogni anno, a ottobre, e l'abilitazione avrà durata quadriennale.

Quanto alle composizione delle commissioni, ne faranno parte cinque studiosi di elevata qualificazione scientifica tra cui, per la prima volta, uno straniero (o italiano attivo all'estero). I commissari saranno sorteggiati (per evitare le cordate e gli accordi interni legati al sistema delle nomine) tra coloro che presentano un curriculum scientifico di qualità.

Per mettere a regime il nuovo sistema di reclutamento saranno presto emanati altri due decreti: uno per accorpare e dimezzare i settori concorsuali (da 370 a 190) e l'altro per specificare, novità assoluta in Italia, area disciplinare per area disciplinare, i requisiti di qualificazione scientifica richiesti sia ai commissari sia ai candidati per l'abilitazione.

Cruciale sarà il ruolo dell'Anvur, nel cui consiglio direttivo (sette componenti) sono stati nominati oggi oltre a Fiorella Kostoris (ex moglie di Tommaso Padoa Schioppa, l'economista scomparso di recente) Sergio Benedetto, Andrea Bonaccorsi, Massimo Castagnaro, Stefano Fantoni, Giuseppe Novelli, Luisa Ribolzi. L'Agenzia valuterà l'efficienza dell'attività didattica, sulla base di standard internazionali, anche con riferimento ai livelli d'apprendimento degli studenti e del loro inserimento nel mondo del lavoro. Darà le pagelle a strutture delle università, enti di ricerca, corsi di studio, dottorati di ricerca, master e scuole di specializzazione.

Tra i compiti dell'Anvur anche quello proporre al ministro i requisiti per l'apertura di nuove università o sedi distaccate e per l'attivazione dei corsi di studio.

 

 

 

2010-12-24

23 dicembre 2010

VOTAZIONE

La riforma dell'Università è legge

Con 161 voti a favore, 98 contrari e 6 astenuti l'assemblea del Senato ha approvato in via definitiva il ddl di riforma dell'università, che ora diventa legge. Dal reclutamento ai contratti di ricerca, per arrivare alla stretta contro la cosiddetta "parentopoli" all'interno dell'università (su proposta dell'Idv): dopo mesi di polemiche, ricerca di fondi e proteste al di fuori dei palazzi, l'aula del Senato ha dato il via libera al ddl Gelmini che diventa così legge. Il provvedimento non ha avuto vita facile e non solo per le polemiche e le vivacissime proteste degli studenti, ricercatori, dottorandi che, in ogni passaggio cruciale in aula, hanno fatto sentire tutto il loro dissenso dalle piazze; ma anche per l'iter parlamentare e politico che lo ha accompagnato. Doveva approdare in Senato in terza lettura il 9 dicembre, ma il voto di fiducia al Governo ne ha posticipato l'arrivo di oltre dieci giorni.

Dieci giorni da sommare a un percorso durato due anni. Sono del 2008, infatti, le linee guida del governo che hanno ispirato la riforma. Il 29 luglio scorso l'aula del Senato approva il testo che approda alla Camera ad ottobre. Le proteste accompagnano passo passo l'iter parlamentare e vengono rese ancora più aspre dai tagli previsti nella finanziaria che condizionano molti dei punti del provvedimento. Da quando il ddl arriva alla Camera studenti, ricercatori e dottorandi non si sono risparmiati arrivando anche a occupare i monumenti simbolo di mezza Italia. Non solo. In occasione del voto di fiducia al Governo, mossi dal dissenso contro la riforma, in migliaia hanno sfilato nel centro di Roma in una giornata che ha sconvolto la Capitale paralizzandola. Tante le polemiche sorte dopo gli scontri con la polizia. Polemiche che, inevitabilmente, sono arrivate in aula del Senato, mosse da alcune proposte di politici della maggiornaza come l'istituzione per i manifestanti di una sorta di Daspo (il divieto di accedere alle manifestazioni sportive) e di provvedere ad arresti preventivi nei confronti di coloro che sono ritenuti violenti. Infine, cronaca degli ultimi giorni, un "incidente" sempre in aula del Senato ha rallentato l'approvazione del ddl. Martedì sera, durante la discussione del ddl, Rosi Mauro, nelle vesti di vicepresidente vicario della Lega, ha dato per approvati erroneamente quattro emendamenti del Pd. Alla fine la Giunta per il Regolamento ha deciso a maggioranza di far rivotare gli emendamenti.

Emendamenti numerosissimi sia alla Camera che al Senato: a Montecitorio sono stati 400 mentre a Palazzo Madama 850. Dai politici a chi poi con questa riforma dovrà fare i conti tutti i giorni, o quasi. Se da un lato alcuni rettori (non tutti, per protesta, in occasione del voto alla Camera, quello di Firenze invitò i docenti a sospendere le lezioni) insieme a Confindustria appoggiano il testo, per sindacati, studenti e ricercatori si tratta di un "massacro al sistema universitario che non prevede risorse a sufficienza e non aiuta i ricercatori nel loro percorso accademico".

 

 

 

2010-12-23

23 dicembre 2010

LA RIFORMA

Università, la protesta

sale al Quirinale

L'annuncio lo dà la ragazza col megafono. "Il presidente Napolitano ha detto di essere pronto a incontrarci!". La folla degli studenti esplode in un boato di applausi. È il segnale che i ragazzi aspettavano. Concretizzatosi poi nel pomeriggio quando una delegazione sale davvero al Quirinale e incontra il Capo dello Stato. "Per la prima volta il distacco tra la nostra generazione e le istituzioni è stato parzialmente colmato", commentano soddisfatti gli studenti. La migliore conclusione possibile a una giornata che ha seguito un copione tutto diverso rispetto al 14 dicembre.

A mezzogiorno il fiume di diverse migliaia di universitari - 30mila secondo gli organizzatori - scorre in via dello Scalo di San Lorenzo. La risposta all’appello lanciato con l’invito al Quirinale a non firmare la legge è un’iniezione di entusiasmo alla manifestazione contro la riforma Gelmini che si snoda tra la Sapienza e la periferia est, mentre altri due cortei più piccoli sfilano tra Trastevere e l’Ostiense. Nessuna pressione sulla zona rossa dei Palazzi, nessun incidente. Traffico in tilt, certo, ma anche solidarietà ai manifestanti dalle finestre e tra gli stessi automobilisti bloccati.

Alle 9 e 30, davanti all’ateneo, sotto una pioggerellina sottile tra telecamere e taccuini spunta qualche politico. Come il segretario del Prc Paolo Ferrero che polemizza per l’assenza dell’opposizione. "Si guardi meglio intorno", replica la responsabile scuola del Pd, Francesca Puglisi: "Eravamo presenti con due esponenti della segreteria nazionale, parlamentari e consiglieri locali". Interesse e presenze della sinistra ufficiale. Ma tra gli striscioni non si vedono bandiere di partito.

Qualche studente canta sulle note del Waka waka dei mondiali. È Matteo con la chitarra che guida il coro: "Viva l’università - libera e pubblica". Molti cartelli citano la Costituzione. Altri sono sarcastici: "Babbo Natale, regalami un futuro", "110 e Daspo". Discreta la presenza delle Forze dell’ordine: a precedere il corteo solo funzionari e agenti in borghese. Apre la marcia lo striscione "Voi prigionieri della Zona rossa, noi liberi per la città": "Andremo a parlare – spiegano – con la gente lì dove vive la crisi". Il fiume imbocca via Tiburtina e consegna grandi pacchi regalo strada facendo. Uno alla Cgil "con la richiesta di uno sciopero generale". "Nessuno lo esclude – risponderà Susanna Camusso – ma per ora non ci sono le condizioni". Gli altri pacchi, via via, vanno ai lavoratori del Policlinico Umberto I, a quelli del deposito Atac "vittime delle assunzioni di parentopoli", al comitato Acqua pubblica di San Lorenzo. Il corteo decide di salire sulla Tangenziale Est mandando in tilt la circolazione. "Ci scusiamo per il disagio", gridano i ragazzi, e diversi clackson li accompagnano ritmicamente.

La manifestazione ritorna alla Sapienza e si scioglie in varie assemblee. E mentre qualche centinaio di manifestanti prova a puntare sulla sede Cisl di via Po, blindata però da un robusto cordone di polizia, dodici studenti si preparano a raggiungere il Quirinale. Mattia Sogaro però, presidente del Consiglio nazionale degli universitari, chiede di essere ricevuto assieme al consiglio, "eletto democraticamente da 200mila studenti" con "la stessa tempestività" con cui ha incontrato "tutte le associazioni, dai collettivi all’Udu, cioé solo associazioni di sinistra".

Grande soddisfazione tra gli universitari all’uscita dal Quirinale. "Il Presidente si è congratulato per lo svolgimento della manifestazione, ci ha ricordato le sue prerogative in materia di leggi e ha chiesto di vedere le nostre proposte", racconta Fabio Gianfrancesco. "Napolitano ha preso atto della distanza drammatica tra società e politica – aggiunge – e dei problemi della nostra generazione. Ci ha poi chiesto un nuovo incontro per continuare a essere messo al corrente direttamente". "Finora – commenta Luca Cafagna – è stato l’unico interlocutore".

Luca Liverani

 

 

 

23 dicembre 2010

LA VOTAZIONE

Ddl Gelmini, stop all'ostruzionismo

Verso l'approvazione al Senato

Il voto finale sulla riforma universitaria è fissato per oggi pomeriggio. Al termine di un estenuante muro contro muro lo ha deciso ieri sera la terza conferenza dei capigruppo convocata in giornata dal presidente del Senato Renato Schifani. Alla fine l’opposizione ha deposto le armi e su proposta di Anna Finocchiaro (Pd) si è arrivati al compromesso. I lavori per scremare i 400 emendamenti rimasti al ddl di riordino dell’università sono durati fino alle 21 (e non come previsto alla mezzanotte). E oggi riprenderanno alle 9, fino alle 15, quando verranno illustrate le dichiarazioni di voto e il pronunciamento finale dell’aula, previsto dopo le 16 in diretta tv. Esulta il ministro Mariastella Gelmini. Per "un provvedimento storico, che archivia definitivamente il ’68 e la sinistra che non vuole riformare il Paese". E per la "grandissima compattezza" dimostrata dalla maggioranza al Senato.

La svolta ha sbloccato una giornata andata avanti tra mille appigli procedurali che Pd e Idv hanno frapposto, sfruttando gli spazi del regolamento. Per questo la seduta è stata interrotta più volte. Ora dopo ora il clima si è surriscaldato e la tensione ha raggiunto l’apice quando Schifani ha deciso di contingentare i tempi e dare un minuto per gruppo, riservando le dichiarazioni di voto in dissenso a comunicazioni scritte alla presidenza. "Non si possono bloccare i lavori", ha affermato tra le proteste dei banchi di opposizione. Veemente la replica della Finocchiaro, per la quale, "non è mai accaduto" che si dessero tempi così brevi, "e se lei, presidente, non riuscirà ad essere garante dell’opposizione in questa discussione, dovremo rivolgerci ad altri". Parole sottolineate da applausi della sua parte e cori di dissenso dalla maggioranza. Dura la replica di Schifani che ha richiamato all’ordine i senatori: "Non siamo allo stadio". E, rivolto all’opposizione, "volete trasformare quest’aula in un’arena: è quello che cercate di fare da ieri (l’altroieri per chi legge, ndr), ma non ve lo consentirò". Proprio la caotica seduta di martedì, con la presidente Rosi Mauro che ha per errore approvato emendamenti di Pd e Idv, era stata in precedenza occasione per circa tre quarti d’ora di interventi sul verbale della seduta. Poi, una volta deciso di affidare il dissenso a fogli scritti, i senatori del Pd si sono recati in massa per consegnarli al banco della presidenza, costringendo Domenico Nania, subentrato a Schifani sullo scranno più alto, a interrompere ancora la seduta, anche se per pochi minuti.

La tattica ostruzionistica era stata duramente criticata dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi. Il quale l’ha spiegata con il fatto che la riforma degli atenei è "l’atto più emblematico per archiviare definitivamente gli anni Settanta, nei quali si producono i germi di quel nichilismo che è ancora tra di noi e che si è propagato in modo particolare nel sistema educativo". Mentre il capogruppo leghista Federico Bricolo l’ha collegata alla volontà di cavalcare la piazza.

A tensioni rientrate, la senatrice Finocchiaro ha sottolineato il senso di responsabilità dimostrato, perché "anche con i tempi mai registrati prima così risicati, possiamo imballare l’aula". E ha incassato il fair play del presidente dei senatori pdl, Maurizio Gasparri e dello stesso Schifani che ha trovato "conferma di come il Senato riesce sempre a trovare un momento di sintesi anche in presenza di grandi tensioni".

Gianni Santamaria

 

 

 

 

 

 

2010-12-03

2 dicembre 2010

RAPPORTO MIGRANTES

Italiani all'estero, ogni anno

50 mila nuove partenze

Cinquantamila nuove partenze ogni anno, più dei nuovi arrivi. Secondo la quinta edizione del "Rapporto

Italiani nel Mondo" della Fondazione Migrantes, i flussi con l'estero - seppure ridotti - conservano un saldo negativo, considerato anche che "le partenze, specialmente quelle dei giovani, inizialmente hanno un carattere di sperimentazione, per cui i protagonisti non provvedono alla cancellazione

anagrafica presso il proprio Comune, con la riserva di formalizzarla solo quando la permanenza all'estero sia diventata stabile".

La consistenza degli italiani all'estero - al momento oltre 4 milioni - si rafforza anche con le nuove

nascite e con le acquisizioni di cittadinanza. Complessivamente, nella popolazione italiana diminuisce la propensione alla mobilità, oggi per lo più a carattere interno. Negli anni '60, 300mila meridionali l'anno si trasferivano nel centro-nord e altrettanti si recavano all'estero: tra il '90 e il 2005, secondo uno studio della Banca d'Italia, 2 milioni di meridionali si sono trasferiti al nord. Attualmente 120mila meridionali si spostano nelle regioni settentrionali e centrali, mentre circa 50mila persone si stabiliscono nelle regioni del dud provenendo dalle altri parti d'Italia (in prevalenza, si tratta ancora di meridionali che rientrano dopo un'esperienza lavorativa).

Ai migranti interni che si spostano stabilmente si aggiungono 136mila pendolari meridionali di lungo raggio, interessati alle maggiori opportunità lavorative del Centro-nord, per lo più giovani, maschi e single, costretti a una scissione tra luogo del lavoro (per lo più a termine) e luogo di residenza (stabile). Nel conto vanno messi anche i pendolari (11.700) che si recano all'estero e i 45mila

frontalieri che giornalmente si recano in Svizzera, "nei cui confronti di recente si è riscontrato un atteggiamento meno accogliente". Nel complesso, tra spostamenti interni e verso l'estero, in andata e in rientro, temporanei o di lungo raggio, italiani che vanno o che ritornano, si arriva a quasi 400mila

spostamenti totali in uscita, 1 ogni 150 residenti.

A emigrare sono sempre di più persone con un elevato livello di scolarità. Ecco spiegato perchè, nella grande area di Londra, mai in passato meta privilegiata dalle grandi migrazioni, risultano residenti più di 60mila italiani (ma secondo stime realistiche sarebbero addirittura 100mila), poco al di sotto della circoscrizione consolare di Buenos Aires e alla pari con quelle "storiche" di Stoccarda e Zurigo. Altri

poli importanti sono attualmente Berlino, Barcellona, Bruxelles e, oltreoceano, New York e altre città americane.

2 dicembre 2010

SCUOLA

Università, la riforma al Senato

solo dopo il voto di fiducia

Il disegno di legge sull'Università sarà esaminato dall'aula del Senato dopo il voto di fiducia del 14 dicembre, e il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini dice di essere comunque "fiduciosa" che il ddl diventi legge entro l'anno.

La decisione è stata presa dalla conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama nella riunione di questa mattina, secondo quanto riferisce Felice Belisario (Idv). Cade così la proposta del Pdl di calendarizzare la riforma per la prossima settimana in modo da approvarla prima del dibattito sulla fiducia.

Commentando la notizia, il ministro Gelmini ha detto di essere ottimista sul fatto che il 14 dicembre il governo incassi la fiducia e che il ddl diventi legge entro l'anno. "Senza l'approvazione rapida del ddl non si potranno bandire posti da ricercatore, non potranno essere garantiti gli scatti di stipendio, non saranno banditi nuovi concorsi. Sono comunque fiduciosa: il 14 dicembre il governo incasserà la fiducia del Parlamento e il ddl diventerà legge entro l'anno. Il governo Berlusconi potrà dunque proseguire la sua opera riformatrice nell'interesse del Paese", ha affermato Gelmini in una nota.

Di fronte alle proteste delle opposizioni, il presidente del Senato, Renato Schifani, ha suggerito la convocazione di una nuova conferenza dei capigruppo martedì 14 dicembre. Sul fronte opposto, l'Unione degli universitari accoglie la notizia come una "grande vittoria" annunciando che le mobilitazioni non si fermeranno. "Si tratta di una grande vittoria degli studenti e dei ricercatori (...). Questo ennesimo rinvio rappresenta una sfiducia della Gelmini ancora prima del 14. Il ritiro del ddl e le dimissioni della Gelmini ci sembrano, quindi, scelte obbligate. Di certo le nostre mobilitazioni non si fermeranno, anzi continueranno fino al ritiro del ddl", si legge in una nota dell'associazione studentesca.

NAPOLITANO

"Ho ricevuto la lettera. Risponderò dopo averla letta e riflettuto". Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, uscendo dalla Facoltà di Economia dell'Università Roma Tre dove il capo dello Stato ha assistito al convegno internazionale "Sraffas Production of Commodities by Means of Commodities 1960-2010". Napolitano al suo arrivo era stato accolto da uno striscione esposto da una delegazione di studenti con su scritto "Presidente, almeno tu non ci abbandonare". Una delegazione di studenti aveva consegnato al presidente della Repubblica una lettera in cui si esprimono "disagio e frustrazione nel vedere il nostro futuro scivolarci pian piano dalle mani".

 

2010-11-30

30 novembre 2010

CITTÀ BLOCCATE

Università, cortei e proteste

La Camera approva la riforma

Poco dopo le 20 la Camera ha approvato il Ddl Gelmini che riforma l'Università: 307 sì, 252 no e 7 astenuti. Hanno votato a favore Pdl, Lega, Fli, Adc, Mpa e Noi sud-Pid. Hanno votato contro il Pd, l'Idv, l'Udc, i Liberal Democratici. L'Api si è astenuto.

Durante il giorno in molte città gli studenti sono scesi in piazza, al grido di "Fermatevi" e "lo chiederemo paralizzando il Paese con le nostre iniziative". Con questo grido di battaglia studenti, ricercatori e dottorandi hanno organizzato in tutte le città italiane cortei spontanei che hanno avuto il risultato di bloccare traffico e attività. "In queste settimane - si legge in una nota dell'Udu, l'Unione degli universitari - centinaia d'iniziative di contestazione contro la riforma dell'università si sono moltiplicate in giro per il Paese, occupazioni delle facoltà, dei tetti, blocchi del traffico, cortei, occupazione dei principali monumenti del nostro paese. Iniziative che avevano una sola richiesta: bloccare il ddl e salvare l'università pubblica dalla sua morte".

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di rientro a Palazzo Grazioli, ha liquidato le manifestazioni dicendo che "gli studenti veri stanno a casa a studiare, quelli in giro a protestare sono dei centri sociali e sono fuori corso". E quanto al ddl in discussione alla Camera ha spiegato che "quella in Parlamento è una buona riforma che favorisce gli studenti, i professori e più in generale tutto il mondo accademico e dunque deve passare se vogliamo finalmente ammodernare l'università". Quanto alle critiche arrivate da più parti, il capo del governo ha rilevato che "è stata discussa con tutte le parti in causa, modificata, migliorata e credo che meglio di così non si potesse proprio fare". Inoltre, ha aggiunto, "introduce maggiore meritocrazia ed è davvero un vantaggio per tutti".

Critico sulle manifestazioni anche il presidente della Camera Gian Franco Fini: "Gli estremisti che hanno bloccato Roma e causato gravi incidenti non hanno reso un buon servizio alla stragrande maggioranza di studenti scesi in piazza con motivazioni non totalmente condivisibili ma certamente animate da una positiva volontà di partecipazione e di miglioramento delle condizioni della nostra Università". "Per questo - conclude - esprimo la mia solidarietà alle forze di polizia, ai cittadini romani e ai tantissimi giovani in buona fede, la cui protesta è stata strumentalizzata".

Di tutt'altro parere il leader del Pd Pier Luigi Bersani che spiega: "Mi pare che nella stragrande maggioranza studenti e ricercatori si sono mossi in modo pacifico. Ha impressionato la città militarizzata, mai vista Roma così, e se si è arrivati a questa tensione è per irresponsabilità del governo che ha perso la testa e la presa sui problemi del paese". Bersani attacca il governo sottolinendo che "non sarà in grado di portare a termine questa riforma nella sua applicazione". "Non riapriamo il tema di chi è fuori corso perchè creerebbe nella maggioranza più imbarazzi di quelli provocati da Wikileaks" ha aggiunto il segretario del Pd rispondendo ai giornalisti sulle affermazioni del premier Berlusconi sul fatto che i "bravi" studenti sono a casa a studiare e non in piazza.

Le misure di sicurezza messe in atto oggi a Roma "sono state assolutamente adeguate e i fatti lo

dimostrano". Lo dice il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ai cronisti alla Camera. Pier Luigi Bersani, fanno notare i giornalisti, ha accusato il governo di muoversi in modo irresponsabile e aver

alzato la tensione militarizzando la città. Ribatte Maroni: "Volevate che i manifestanti entrassero in Transatlantico? Che sarebbe successo, se lo avessero fatto? Già c'è stato il rischio al Senato e il mio compito è quello di gestire l'ordine pubblico".

ROMA: SCONTRI E CARICHE IN VIA DEL CORSO, OCCUPATA TERMINI

Scontri tra studenti e forze dell'ordine in via del Corso, a Roma. Poliziotti e carabinieri hanno caricato gli studenti che avevano assaltato due blindati. Gli studenti hanno lanciato pietre e bottiglie contro le forze dell'ordine che hanno risposto con manganelli e lacrimogeni. "È come Genova, violeremo la zona rossa". Così hanno detto alcuni studenti nelle fasi concitate degli scontri a Via del Corso a Roma. Il corteo, che aveva lasciato il centro storico, per transitare verso il Muro Torto, dopo aver raggiunto la Stazione Termini ha deciso di occupare alcuni binari dello stesso nodo ferroviario romano. Gli studenti, scandendo slogan, hanno anche acceso alcuni fumogeni.

BOLOGNA, SCONTRI STUDENTI-POLIZIA IN STAZIONE

Tafferugli tra studenti, polizia a carabinieri davanti alla stazione, dove il corteo di manifestanti che aveva invaso l'A14 si era diretto dopo avere liberato l'autostrada, facendo un nuovo tentativo di ingresso nello scalo dopo quello, impedito con cariche delle forze dell'ordine, fallito durante la manifestazione del 25 novembre. Gli ingressi e le uscite della stazione sono stati chiusi per ragioni di sicurezza. A Parma analoga manifestazione ha interrotto la linea convenzionale (la Tav non è stata sfiorata) della linea Bologna-Milano per un'analoga manifestazione degli studenti.

VENEZIA, OCCUPATA STAZIONE, TRENI BLOCCATI

I binari della stazione ferroviaria di Venezia Santa Lucia sono stati bloccati dagli studenti universitari che stanno protestando contro il ddl Gelmini. La circolazione dei treni nel nodo di Venezia, hanno confermato le Ferrovie, è rimasta paralizzata per alcune ore.

MILANO: CHIUSE E RIAPERTE TRE STAZIONI DELLA METROPOLITANA

Tre stazioni della metropolitana sono state chiuse, e riaperte dopo circa un'ora, a Milano, a causa della manifestazione studentesca di protesta contro il ddl Gelmini. Si è trattato delle stazioni Duomo e Cordusio sulla Linea 1, e Missori sulla Linea 3, che sono state chiuse al pubblico dalle 11.30 alle 12.50. In tali stazioni i treni non hanno effettuato le fermate. Secondo quanto riferito dall'Atm, la chiusura è stata richiesta dalla Questura per motivi di ordine pubblico. Gli utenti, oltre ai disagi per il traffico e per i mezzi pubblici deviati in superficie, hanno così trovato sbarrati anche gli ingressi delle tre fermate. Dopo una breve occupazione della stazione Cadorna e della stazione Garibaldi, dopo il lancio di uova contro una sede distaccata dell'Università Cattolica, parte degli studenti ha fronteggiato polizia e carabinieri in corso di Porta Romana. Altri studenti hanno tentato in mattinata

di avvicinarsi a Palazzo Marino, ma sono stati prontamente allontanati.

MANTOVA, STUDENTI OCCUPANO PALAZZO DUCALE

Un centinaio di studenti delle scuole superiori e delle università questa mattina ha occupato simbolicamente per tre ore, il Palazzo Ducale. I ragazzi hanno tenuto un'assemblea e poi hanno lasciato il monumento. La manifestazione è stata pacifica e la Digos è intervenuta soltanto per rimuovere alcuni striscioni contro la riforma dell'università e i tagli che il Comune ha programmato per l'ateneo locale.

GENOVA, STUDENTI GETTANO LETAME AD ASSESSORI

Nel corso della manifestazione in piazza De Ferrari a Genova, un gruppo di studenti ha rotto parte della tensostruttura dove l'emittente televisiva Class Cnbc stava conducendo delle interviste nell'ambito di un road show con il Monte dei Paschi di Siena e ha gettato dei secchi di letame liquido addosso agli ospiti. I due assessori allo Sviluppo economico di Provincia e Comune di Genova Paolo Perfigli e Giovanni Vassallo (entrambe PD) sono stati colpiti in pieno dagli escrementi. Raggiunti in parte anche altri ospiti, tra questi rappresentanti di Confesercenti, di Cna, di Confartigianato e di Confindustria. L'emittente tv è stata costretta a sospendere la diretta, e ad interrompere i successivi servizi, ha spiegato il direttore di Class Cnbc Andrea Cabrini, che denuncia una cattiva gestione della piazza e la mancanza di sicurezza. Le immagini di quanto avvenuto vengono ora trasmesse dal canale satellitare. Alla loro irruzione nella tensostruttura gli studenti hanno strattonato un cameraman dell'emittente gridando: "Non c'é differenza con quelli contro cui protestiamo".

REGGIO OCCUPATA, CORTEO A COSENZA

Occupazione dell'aula Magna dell'Università di Reggio Calabria, che è stata raggiunta da centinaia di studenti medi in corteo. A Cosenza il corteo degli studenti è partito dall'Università della Calabria, mentre alle 13 è stata convocata un'assemblea all'Università di Catanzaro.

L'AQUILA: FACOLTA' OCCUPATE, SFIDANDO LA NEVE

Prosegue, da ieri, l'occupazione in tre facoltà dell'università dell'Aquila (Scienze, Ingegneria, Lettere e Filosofia); intanto gli studenti hanno elaborato e condiviso nelle ultime ore un documento per mettere in evidenza i punti di criticità del Ddl Gelmini in discussione alla Camera. La piattaforma, discussa nel polo scientifico di Coppito, definisce "inaccettabilI" i contenuti del Ddl riguardo alla governance degli atenei e contesta i tagli, "l'ingresso dei privati nei Cda accademici" o il ricorso al prestito d'onore. Le assemblee denunciano anche la difficile situazione del diritto allo studio nel capoluogo abruzzese, che vive ancora le difficoltà del post terremoto. La notte ha visto anche momenti culturali e ricreativi, con concerti nella facoltà di Lettere - in scena anche il gruppo rap Zona Rossa Krew -, jam session e laboratori nelle altre due facoltà. Tante le adesioni, nonostante la neve caduta copiosa stanotte e le temperature rigide. Circa 500 persone sono transitate a Ingegneria, tanto da spingere i rappresentanti a limitare gli accessi ai soli studenti della facoltà. Per la città dell'Aquila, l'occupazione di facoltà universitarie rappresenta un evento straordinario: gli ultimi episodi, ad eccezione di qualche caso sporadico, risalgono a quindici anni fa.

NAPOLI: LANCIO SACCHETTI RIFIUTI ANCHE CONTRO SEDE REGIONE CAMPANIA

Uno striscione in testa al corteo degli universitari che hanno sfilato per le strade di Napoli è stato dedicato allo scomparso regista Mario Monicelli. "Caro Mario, la faremo 'sta rivoluzione", è stato scritto dai manifestanti. Un nuovo lancio di sacchetti di rifiuti è stato effettuato dagli studenti. In precedenza l'immondizia era stata buttata davanti all'ingresso del palazzo della Provincia di Napoli. Ora il lancio è avvenuto contro l'entrata della sede della Regione Campania, a Palazzo Santa Lucia.

TORINO: BLITZ STUDENTI IN UFFICI SEDE MIUR

Alcune decine di studenti che partecipavano al corteo contro la Riforma Gelmini per le vie di Torino si sono staccati e hanno effettuato un blitz negli uffici del Ministero del'istruzione università e ricerca (Miur), in via Pietro Micca. Dapprima hanno colpito il portone d'ingresso dell'edificio con un lancio di uova, poi lo hanno sfondato e sono saliti al secondo piano, dove hanno si trovano gli uffici, e hanno sfondato un altro portone rompendo una sbarra. Si sono fermati soltanto davanti ai vetri antiproiettile che proteggono i dipendenti del ministero. Subito dopo sono scesi e si sono ricongiunti al corteo. Sul posto sono presenti gli agenti della Digos che stanno facendo accertamenti e indagini.

GENOVA: BREVI SCONTRI TRA STUDENTI E FORZE ORDINE

Momenti di tensione, manganellate e brevi scontri con le forze dell'ordine davanti alla Prefettura di Genova durante la giornata di protesta organizzata dagli studenti medi e universitari. I manifestanti hanno gridato "Dimissioni", "Berlusconi mafioso" e altri insulti al governo davanti alla prefettura e lanciato oggetti, uova e fumogeni contro poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa. Alcuni tra gli organizzatori hanno cercato di riportare la calma, bloccando i manifestanti più esagitati, mentre le forze dell'ordine tiravano qualche manganellata. Quindi il corteo proveniente da piazza Caricamento ha ripreso la strada andando verso piazza Corvetto. Tra gli slogan del corteo "Contro la crisi del padrone lotta di classe rivoluzione" e "Sciopero generale".

GOVERNO BATTUTO DUE VOLTE IN AULA

In mattinata l'esecutivo è stato battuto due volte nell'Aula della Camera. La prima volta su un emendamento del gruppo di Futuro e Libertà all'articolo 19 della riforma dell'Università, relativo agli assegni di ricerca. Il testo, su cui c'era il parere contrario di governo e commissione Bilancio, è stato approvato con 277 sì e 257 no. L'emendamento, a firma di Fabio Granata, è relativo, come detto, all'articolo 19 sugli assegni di ricerca che prevede che la norma non possa portare "oneri aggiuntivi" anziché "nuovi o maggiori oneri" com'era la versione precedente. La relatrice Paola Frassinetti, Pdl, minimizza, spiegando che si tratta di un emendamento "tecnico" che non incide sull'impianto della riforma.

La seconda volta il governo è andato sotto su tre emendamenti identici di Fli, Api e Pd che prevedono la soppressione della "clausola di salvaguardia" inserita nella riforma dell'università. Con l'approvazione degli emendamenti è stata eliminata la norma che prevedeva una sorta di "commissariamento" per il ministero dell'Istruzione da parte del ministero dell'Economia nel caso in cui si fossero verificati o fossero in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa.

 

 

 

 

 

2010-11-25

25 novembre 2010

LA RIFORMA ALLA CAMERA

Università, slitta il voto

"Occupati" i monumenti

Dopo gli scontri di ieri a Roma, culminati con un assalto dei manifestanti al Senato e l'arresto di due di loro, oggi gli studenti sono tornati in piazza contro il ddl di riforma dell'Università, il cui esame è ancora in corso alla Camera. Per i due arrestati di ieri, Daniele Dantuono e Mario Caracciolo, accusati di violenza resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, oggi il giudice ha deciso di convalidare l'arresto disponendo però la loro remissione in libertà e fissando il processo per il 16 dicembre.

Le proteste, intanto, si diffondono in tutta Italia. A Roma alcune migliaia di studenti hanno fatto un sit-in davanti a Montecitorio, dove hanno intonato cori contro il governo e acceso fumogeni, in mezzo a un forte dispiegamento di polizia. Hanno promesso che torneranno davanti alla Camera martedì prossimo, quando è in programma il voto finale sul disegno di legge. Poi un drappello è entrato al Colosseo esponendo uno striscione che reca la scritta "Nessun taglio, nessun profitto" e hanno dato vita a un corteo all'interno dell'Anfiteatro Flavio.

All'università di Firenze dove qualche centinaio di giovani si è riunito per protestare contro la partecipazione di Daniela Santanchè, sottosegretario all'Attuazione del programma a un dibattito, la situazione è degenerata e la polizia ha fatto tre cariche di alleggerimento, al termine delle quali cinque studenti sono rimasti contusi, come riferiscono gli stessi studenti.

Più spettacolare la protesta a Pisa dove una ventina di ragazzi ha occupato la Torre pendente, mentre altri hanno circondato la base della torre impedendo l'ingresso ai turisti, come ha raccontato al telefono a Reuters uno dei manifestanti.

A Torino circa mille di studenti partiti in corteo dalla sede delle facoltà umanistiche hanno protestato prima davanti alla sede del palazzo della Regione a piazza Castello, lanciandovi contro uova, poi sono andati alla stazione di Porta Susa, dove hanno bloccato i binari. Infine sono saliti sulla Mole Antonelliana.

"La protesta andrà avanti ad oltranza fino a quando non otterremo il ritiro del ddl", ha detto a Reuters Giorgio Paterna, studente di Economia ad Ancona e coordinatore dell'Udu, l'Unione degli universitari.

"Fra ieri e oggi abbiamo occupato l'ateneo di Cagliari, siamo sui tetti delle facoltà di Ingegneria di Palermo e Roma, vogliamo occupare il rettorato di Ferrara", ha detto ancora Paterna.

Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini replica alle accuse di volere approvare una legge per escludere dall'università i precari della ricerca, denunciando una "inquietante saldatura tra baroni e manifestanti". "I baroni, attraverso alcuni studenti, tentano di bloccare una riforma che rende l'università italiana finalmente meritocratica, che pone fine al malcostume di parentopoli, che blocca la proliferazione di sedi distaccate inutili e di corsi di laurea attivati solo per assegnare cattedre ai soliti noti", ha detto stamani in una nota. "Ho sempre rispettato le proteste ma la forma assunta ieri è stata totalmente inaccettabile", ha aggiunto.

L'ipotesi di alleanza tra contestatori e professori di lungo corso (baroni) è stata respinta dal coordinatore degli studenti. "Da 15 anni denunciamo mali e baronie (dell'università), (difendiamo) il carattere pubblico del diritto allo studio", ha detto ancora il coordinatore dell'Unione degli studenti, secondo cui il movimento si batte contro la trasformazione delle Università in luogo elitario e la privatizzazione dei consigli di amministrazione.

 

 

 

2010-10-16

46° SETTIMANA SOCIALE

"Grande progetto educativo

per fare rinascere il Sud"

"Le denunzie della Chiesa sulla mafia, la ‘ndrangheta, la camorra, sono da diversi anni molto nette", a cominciare dalla famosa frase pronunciata da Giovanni Paolo II ad Agrigento, il 9 maggio 1993, fino alle recentissime parole di Benedetto XVI, che a Palermo ha definito la mafia "una strada di morte" e ne ha "solennemente dichiarato l’incompatibilità col Vangelo e la vita cristiana". Ma le denuncie "non bastano", perché "per sconfiggere la mafia c’è bisogno di un preciso intervento educativo": "è su questo terreno che si gioca il ruolo decisivo della Chiesa nel Sud". Lo ha detto Giuseppe Savagnone, direttore del Centro diocesano per la pastorale della cultura di Palermo, nella sua relazione alla Settimana Sociale, incentrata sul documento "Chiesa italiana e Mezzogiorno". "In mancanza di questo rinnovamento culturale, nessuna innovazione giuridica può risultare decisiva", ha spiegato il relatore, secondo il quale "proprio a questo livello culturale la comunità cristiana sa di dover fare sempre più coerentemente la propria parte, traendo precisamente dal Vangelo – e non da un generico codice etico – l’ispirazione per un impegno sempre più pienamente umano". Savagnone ha citato gli esempi di don Pino Puglisi, don Giuseppe Diana e Rosario Livatino, ma anche le "battaglie civili, condotte soprattutto dai giovani", per sconfiggere la mafia.

"Resta, però – ha proseguito Savagnone – lo scandalo di un territorio su cui i cattolici hanno un capillare e profondo radicamento, più che al Nord", e nel quale "le Chiese debbono ancora recepire sino in fondo la lezione profetica di Giovanni Paolo II e l’esempio dei testimoni morti per la giustizia". "Non si tratta di invocare un assistenzialismo che sarebbe fatale, ma di suscitare, partendo dalle potenzialità già presenti, nuove mentalità e nuovi stili di comportamento da parte della stessa gente del Sud", ha osservato il relatore, secondo il quale "la società meridionale non ha bisogno di un ente assistenziale in più, o di un supporto alla lotta contro la mafia che venga in soccorso alle istituzioni politiche, esercitando una funzione di supplenza". Non si tratta, perciò, "di assumere, come fanno alcuni presbiteri e laici, modelli profani di linguaggio" mutuati dalla "cultura laica, o più banalmente nei mass-media". Si tratta di "imparare a dire le ragioni cristiane dell’impegno per la promozione umana e per un rifiuto radicale della mafia". Perciò il Sud "non ha tanto bisogno di ‘preti anti-mafia’, quanto di presbiteri come don Pino Puglisi, che non lo fu mai, perché scelse di essere fino in fondo solo un sacerdote", che "seppe magistralmente coniugare", soprattutto con i giovani, evangelizzazione e promozione umana.

"La presenza costruttiva della Chiesa nel Meridione non è affidata solo ai documenti ufficiali e alle figure eccezionali dei suoi martiri, ma allo stile di vita delle comunità ecclesiali". In questa prospettiva, per Savagnone, "le Chiese del Sud sono chiamate a dare il loro essenziale contributo, con la loro pastorale ordinaria, prima ancora che con singole denunzie", mettendo mano ad "un grande progetto educativo" che "affronti alla radice, partendo dalla formazione delle persone, i problemi culturali", attraverso "una profonda trasformazione della pastorale", a partire da un nuovo protagonismo dei laici. "Troppe volte ancora – la denuncia di Savagnone – la nostra pastorale è affetta da una schizofrenia che da un lato neutralizza la valenza laica dei fedeli quando si trovano all’interno del tempio e assegna loro esclusivamente un ruolo di vice-preti, ignorando la loro dimensione professionale, familiare, politica; dall’altro, li abbandona, fuori delle mura del tempio, a una logica puramente secolaristica, per cui essi alimentano la loro cultura non attingendo al Vangelo e alla dottrina sociale della Chiesa, ma ai grandi quotidiani laicisti e alla televisione". Le denuncie della Chiesa, spesso "sono rimaste al piano nobile. C’è un piano terra, quello della pastorale ordinaria", di cui bisogna maggiormente tener conto.

"Forse sorprende e spiazza – ha osservato Savagnone – il fatto che la Chiesa si occupi, oltre che dei problemi più strettamente connessi alla sfera etica, come sono quelli della biomedicina e della famiglia, in cui sarebbero ravvisabili in modo esclusivo i ‘valori non negoziabili’, anche di quelli relativi agli assetti sociali e politici". Un "merito" del documento dei vescovi "Chiesa e Mezzogiorno" è "di aver sottolineato che alla Chiesa sta a cuore non soltanto la vita nel momento del suo concepimento o in quello terminale, ma anche ciò che sta tra questi due momenti estremi. Anche la solidarietà è un valore non negoziabile, come lo è la sorte di tutti i deboli e gli esclusi. È a questo titolo che la Chiesa si occupa della questione meridionale". "Non si tratta – ha puntualizzato Savagnone – di invitare la comunità ecclesiale nazionale a occuparsi di una parte malata. Non è solo che bisogna curare lo sviluppo del Sud perché è indispensabile a quello dell’intera nazione: bisogna curare uno sviluppo più armonico dell’intera nazione: bisogna curare uno sviluppo più armonico dell’intera nazione, che comporta necessariamente lo sviluppo del Sud". Per questo, ha concluso, "il problema del Sud si risolverà solo con un impegno di tutto il Paese, non per beneficenza, ma nella consapevolezza ce non c’è sviluppo per nessuno se non ce n’è per tutti".

OLIVERO: IMMIGRAZIONE, NECESSARIA L'EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA

"Cittadinanza" e "protagonismo". Sono due parole-chiave nella riflessione dei delegati alla 46ͺ Settimana Sociale impegnati nel gruppo dedicato all’immigrazione. "Il tema della cittadinanza – spiega Andrea Olivero, presidente delle Acli, che ha guidato l’assemblea tematica su ‘Includere le nuove presenze’ – è fortemente condiviso, come l’attenzione ai figli degli stranieri nati in Italia. Si accompagna alla riflessione su come organizzare quella ‘seconda fase’ del fenomeno immigratorio ricordata anche dal messaggio del Papa, nel segno della legalità". Per Olivero, la discussione dei delegati ha messo in luce "la necessità di realizzare un incontro vero tra culture e per questo l’importanza che gli stessi stranieri si sentano protagonisti, abbiano spazi per esserlo, anche all’interno della comunità ecclesiale. Allo scopo sono decisive le politiche formative da mettere in atto, così come deve trovare spazio un lavoro sulle tradizioni, di chi arriva e di chi accoglie".

"Linguaggio e comunicazione sono due ambiti chiave per affrontare la questione dell’accoglienza e della cittadinanza. E in particolare – ha detto ancora Olivero, riassumendo la discussione nel gruppo dedicato all’immigrazione – vale la pena di far conoscere e di mettere in evidenza le buone pratiche già esistenti, le buone e sperimentate modalità di integrazione". Tra i temi sollevati dai delegati "non è mancato l’accenno al problema della criminalità che disturba i processi di inclusione, così come sono stati sollevati diversi temi tra cui la prostituzione e la tratta. Forte – ha aggiunto Olivero – è stata ribadita la necessità del contrasto alla mafia". Tornando alla questione della cittadinanza, "si tratta – ha concluso Olivero – di un problema che interroga profondamente anche noi. Cosa vuol dire essere italiani? Ecco, rispondere a questa domanda ci costringe a riflettere".

MIANO: MOBILITA' NON A SCAPITO DELLE REGOLE

"La mobilità sociale non deve andare a scapito delle regole di una cultura democratica". È una delle richieste fatte presenti dai partecipanti all’area tematica su "slegare la mobilità sociale", illustrate oggi ai giornalisti da Franco Miano, presidente dell’Azione Cattolica italiana, durante la seconda conferenza stampa della Settimana Sociale. "Uno dei fatti che sbloccano lo sviluppo è sicuramente la criminalità organizzata in tutte le sue forme", è stato detto concordemente dai partecipanti, che hanno insistito su due verbi: "Slegare e rilegare". "Far crescere la cultura della qualità e del merito", ad esempio, "comporta rilegare la cultura della democrazia, della legalità, della giustizia", così come "slegare il mercato" vuol dire "trovare forme per facilitare l’accesso al credito, favorire gli investimenti con modalità diverse di fiscalizzazione", ma anche "investire di più sull’occupazione femminile, rinnovare il patto del lavoro". "La grande capacità che la comunità cristiana può avere nel favorire la realizzazione di questi obiettivi – ha detto il presidente di Ac – è quella di accompagnare le persone, anche superando il dato locale".

MIGLIO: EDUCAZIONE ALLA LEGALITA'

"Le Settimane Sociali non hanno un ruolo magisteriale e non sono organismi operativi, sono invece un’occasione d’incontro, di cultura, di confronto, di elaborazione d’idee per tutta la comunità cristiana e per la ricerca del bene comune". Lo ha detto oggi in conferenza stampa a Reggio Calabria mons. Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e presidente del Comitato delle Settimane Sociali. "Se uno scopo si può indicare – ha proseguito – esso consiste nel delineare dei punti di partenza e i fondamenti per una via del bene comune da declinare e non solo da declamare. L’agenda che è emersa dai lavori delle assemblee tematiche – ha proseguito – ha messo in luce alcuni aspetti importanti: che occorre da parte della comunità cristiana educare con energia e con forza, che esiste un valore di base costituito dalla concezione dell’uomo, che occorre porre la famiglia al centro dell’impegno e delle attenzioni anche sociali, che bisogna impegnarsi tutti per lo sviluppo. Soprattutto – ha aggiunto – che bisogna percorrere la via della legalità per dare occasioni di speranza anche a chi non ce l’ha". Interpellato su cosa pensi la Chiesa del fisco e dell’evasione fiscale, mons. Miglio ha detto che "la Chiesa ha un compito educativo e che essere buoni cittadini fedeli e trasparenti è frutto di una buona educazione".

 

 

 

16 ottobre 2010

La Settimana Sociale dei cattolici a Reggio Calabria

Compito chiaro oltre lo spaesamento

Tornare a "produrre" politica per costruire il bene comune. Ma solo "una visione genuinamente cattolica" sulla politica di oggi, e soprattutto, dentro di essa può consentire al popolo cattolico di "contare", piuttosto che di "essere contato".

Se giovedì sera il cardinale Angelo Bagnasco ha tracciato l’"orizzonte ermeneutico" entro il quale ricomprendere e leggere la Settimana sociale dei cattolici italiani, al rettore dell’Università Cattolica, Lorenzo Ornaghi, ieri mattina è toccato il compito di guardare negli occhi l’Italia e di descrivere il "presente che c’è" e di cominciare a delineare "il futuro che ancora possiamo costruire". Un grande sforzo di realismo politico, vivificato da una solida opzione antropologica e da una vigorosa fiducia nel protagonismo del cattolicesimo politico.

L’avvio di un tragitto che ha un trampolino di lancio nell’"unità politica" dei cattolici attorno ai "valori non negoziabili", ma che ha le radici ben salde in quell’amicizia con Dio che consente a ciascuno di sapere dove andare e di riuscire a comprendere il proprio essere uomo o donna. Sì, l’umano, e non il tanto corteggiato post–umano.

"Dal momento in cui la Luce splende nelle tenebre e rende l’universo pieno di senso – ha sottolineato Bagnasco – le scelte dei cristiani, nella vita privata come in quella pubblica, non possono prescindere da Cristo, pienezza della Verità e del Bene". E se queste sono le radici, i cristiani non possono fermarsi impauriti dinanzi alle sfide del proprio tempo, né indugiare un istante per quel senso di spaesamento che prende tanti di noi, dinanzi a un’Italia confusa e contraddittoria, talvolta priva della capacità di rendere ragione della propria identità.

Ecco perché la seconda giornata di lavori della Settimana Sociale è cominciata all’insegna di quel metodo indicato dal cardinale presidente che ha fatto propria la "lezione" del Beato Antonio Rosmini: "I cristiani non devono pensare la fede senza anche pensare nella fede". Ornaghi ci ha provato con successo, così come si sono intellettualmente spesi Vittorio Emanuele Parsi ed Ettore Gotti Tedeschi, rispettivamente sulle trasformazioni del sistema politico internazionale e sulla crisi economica globale. Tutti e tre hanno lanciato tanti semi di speranza e una chiamata alla franchezza a un’assemblea pronta a immergersi nel lavoro più difficile: trovare risposte plausibili per costruire, appunto, un’agenda di speranza per il Paese.

Grande la responsabilità posta sulle spalle dei cattolici da Ornaghi, nel momento in cui ha invocato una "visione genuinamente cattolica" che, libera da interessi di parte e da angusti orizzonti di potere, sa creare un legame fra popolo e classi dirigenti e sa far maturare in quel popolo le nuove classi dirigenti. Affrontando così, senza reticenze, il tema delicatissimo della rappresentanza che vede i cattolici in posizione di assoluto rilievo in campo sociale e di relativo sottodimensionamento sul versante politico. E qui il rettore della Cattolica si è spinto a ribadire una nota metodologica (che preferiremmo definire pedagogica) che suona così: "Lavorare insieme guardando al futuro".

Ecco, quel "lavorare in comune" è un valore aggiunto in un Paese sospeso fra l’immobilismo e le incursioni delle oligarchie che lucrano sulla debolezza delle democrazie. Allora quel "lavorare insieme" può suonare persino come un imperativo per chi ha coscienza delle sfide presenti: la costruzione di un federalismo autenticamente solidale, la salvaguardia di un ethos condiviso, la tenuta dell’unità nazionale. E per tutto questo occorre una classe dirigente che, forte della propria antropologia, sappia sanare la frattura fra etica e politica. E’ questa la domanda esigente del nostro tempo alla quale i cattolici non possono sottrarsi e alla quale devono dedicare le migliori intelligenze e i cuori più generosi. Accettando anche di correre qualche rischio nella competizione politica.

Domenico Delle Foglie

http://www.settimanesociali.it/

 

 

 

16 ottobre 2010

Emanuele Parsi

L’impegno dei cattolici nel mondo policentrico

La crisi economica ha disarcionato la supremazia solitaria degli Stati Uniti, potenza unipolare, proprio mentre le dinamiche della globalizzazione esigevano una capacità di "governance" del tutto inedita. In questo scenario, l’Europa ha dato segnali di risveglio, ma troppo timidi per riuscire a imporre la propria voce in modo almeno proporzionato alla crescita di peso della Cina sul proscenio di un pianeta senza più "padroni".

Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano, ha fatto spaziare ieri mattina la visuale dei delegati alla Settimana Sociale ben oltre la pur magnifica visuale sullo Stretto: nel corso di una relazione capace di rendere il quadro mondiale entro il quale l’impegno dei cattolici deve sapersi collocare, è affiorato il ritratto di un pianeta rimpicciolito dalla fine dei blocchi, capaci di garantire la stabilità del riconoscimento identitario e che reclama ora chi riesca a garantire uno sguardo capace di andare oltre contrasti, miopie, egoismi.

"Un mondo unito da una grande divisione" ha detto Parsi, introdotto dall’economista Simona Beretta, ha assicurato a lungo un equilibrio come quello di "due pacchetti di mischia in una partita di rugby", due "sistemi universali" che fornivano "una cornice di senso dei problemi e delle sfide, e un linguaggio con cui comunicarlo, per natura globale, aperto a chiunque volesse riconoscervisi". Il tracollo del sistema sovietico ha spalancato uno scenario spiazzante anche sul piano delle culture e dei sistemi di riferimento, tanto che oggi ci troviamo "sprovvisti di universali politici altrettanto forti", proprio mentre "gli elementi peculiari, regionali o addirittura locali delle identità politiche prevalgono sui possibili elementi comuni". In questo panorama, nota ancora Parsi, "gli unici elementi di identità politica che sembrano ancora implicare una qualche vocazione universale sono quelli riconducibili all’utilizzo politico della religione".

La stessa economia, dopo aver serrato il mondo dentro un solo schema di sviluppo, "produce effetti a catena che possono arrivare anche molto oltre il settore o l’ambito in cui si originano", ma non è in grado di fornire una struttura di riferimento a un mondo "policentrico": connette i continenti, non conferisce un senso di marcia o un’identità affidabile. Eccoci allora di fronte alla grande questione, che interroga anche i cattolici: "Con ben poche e parziali eccezioni – è la sintesi di Parsi – l’accavallarsi di "sfide per loro natura globale" non ha quasi mai prodotto politiche o risposte globali: la percezione della loro natura globale non è stata sufficiente per spingerci a trovare una complessiva unità di azione".

Ma c’è uno spazio sul quale i cattolici italiani possono lavorare efficacemente, ed è l’Europa, "non per lottare contro le altre visioni, ma per concorrere insieme all’elaborazione del bene comune e dell’interesse generale della nuova "res publica europea", affinché essa possa continuare a essere fonte di ispirazione e irradiazione dei valori di libertà e democrazia".

Francesco Ognibene

 

 

14 ottobre 2010

Messaggio per la 42° Settimana Sociale

"Un’agenda di speranza per il futuro del Paese"

Al Venerato Fratello

Card. Angelo Bagnasco,

Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

Il primo pensiero, nel rivolgermi a Lei e ai Convegnisti riuniti a Reggio Calabria in occasione della celebrazione della 46ͺ Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, è di profonda gratitudine per il contributo di riflessione e di confronto che, a nome della Chiesa in Italia, volete offrire al Paese.

Tale apporto è reso ancor più prezioso dall’ampio percorso preparatorio, che negli ultimi due anni ha coinvolto diocesi, aggregazioni ecclesiali e centri accademici: le iniziative realizzate in vista di questo appuntamento evidenziano la diffusa disponibilità all’interno delle comunità cristiane a riconoscersi "cattolici nell’Italia di oggi", coltivando l’obiettivo di "un’agenda di speranza per il futuro del Paese", come recita il tema della presente Settimana Sociale.

Tutto ciò assume un rilievo maggiormente significativo nella congiuntura socio-economica che stiamo attraversando. A livello nazionale, la conseguenza più evidente della recente crisi finanziaria globale sta nel propagarsi della disoccupazione e della precarietà, che spesso impedisce ai giovani – specialmente nelle aree del Mezzogiorno – di radicarsi nel proprio territorio, quali protagonisti dello sviluppo. Per tutti, comunque, tali difficoltà costituiscono un ostacolo sul cammino della realizzazione dei propri ideali di vita, favorendo la tentazione del ripiegamento e del disorientamento. Facilmente la sfiducia si trasforma in rassegnazione, diffidenza, disaffezione e disimpegno, a scapito del legittimo investimento sul futuro.

A ben vedere, il problema non è soltanto economico, ma soprattutto culturale e trova riscontro in particolare nella crisi demografica, nella difficoltà a valorizzare appieno il ruolo delle donne, nella fatica di tanti adulti nel concepirsi e porsi come educatori. A maggior ragione, bisogna riconoscere e sostenere con forza e fattivamente l’insostituibile funzione sociale della famiglia, cuore della vita affettiva e relazionale, nonché luogo che più e meglio di tutti gli altri assicura aiuto, cura, solidarietà, capacità di trasmissione del patrimonio valoriale alle nuove generazioni. È perciò necessario che tutti i soggetti istituzionali e sociali si impegnino nell’assicurare alla famiglia efficaci misure di sostegno, dotandola di risorse adeguate e permettendo una giusta conciliazione con i tempi del lavoro.

Non manca certo ai cattolici la consapevolezza del fatto che tali aspettative debbano collocarsi oggi all’interno delle complesse e delicate trasformazioni che interessano l’intera umanità. Come ho avuto modo di rilevare nell’Enciclica Caritas in veritate, "il rischio del nostro tempo è che all’interdipendenza di fatto tra gli uomini non corrisponda l’interazione delle coscienze e delle intelligenze" (n. 9). Ciò esige "una visione chiara di tutti gli aspetti economici, sociali, culturali e spirituali" (ibidem, n. 31) dello sviluppo.

Fare fronte ai problemi attuali, tutelando nel contempo la vita umana dal concepimento alla sua fine naturale, difendendo la dignità della persona, salvaguardando l’ambiente e promuovendo la pace, non è compito facile, ma nemmeno impossibile, se resta ferma la fiducia nelle capacità dell’uomo, si allarga il concetto di ragione e del suo uso e ciascuno si assume le proprie responsabilità. Sarebbe, infatti, illusorio delegare la ricerca di soluzioni soltanto alle pubbliche autorità: i soggetti politici, il mondo dell’impresa, le organizzazioni sindacali, gli operatori sociale e tutti i cittadini, in quanto singoli e in forma associata, sono chiamati a maturare una forte capacità di analisi, di lungimiranza e di partecipazione.

Muoversi secondo una prospettiva di responsabilità comporta la disponibilità a uscire dalla ricerca del proprio interesse esclusivo, per perseguire insieme il bene del Paese e dell’intera famiglia umana. La Chiesa, quando richiama l’orizzonte del bene comune – categoria portante della sua dottrina sociale – intende infatti riferirsi al "bene di quel noi-tutti", che "non è ricercato per se stesso, ma per le persone che fanno parte della comunità sociale e che solo in essa posso realmente e più efficacemente conseguire il loro bene" (ibidem, n. 7). In altre parole, il bene comune è ciò che costruisce e qualifica la città degli uomini, il criterio fondamentale della vita sociale e politica, il fine dell’agire umano e del progresso; è "esigenza di giustizia e di carità" (ibidem), promozione del rispetto dei diritti degli individui e dei popoli, nonché di relazioni caratterizzate dalla logica del dono. Esso trova nei valori del cristianesimo l’"elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale" (ibidem, n. 4).

Per questa ragione, rinnovo l’appello perché sorga una nuova generazione di cattolici, persone interiormente rinnovate che si impegnino nell’attività politica senza complessi d’inferiorità. Tale presenza, certamente, non s’improvvisa; rimane, piuttosto, l’obiettivo a cui deve tendere un cammino di formazione intellettuale e morale che, partendo dalle grandi verità intorno a Dio, all’uomo e al mondo, offra criteri di giudizio e principi etici per interpretare il bene di tutti e di ciascuno. Per la Chiesa in Italia, che opportunamente ha assunto la sfida educativa come prioritaria nel presente decennio, si tratta di spendersi nella formazione di coscienze cristiane mature, cioè aliene dall’egoismo, dalla cupidigia dei beni e dalla bramosia di carriera e, invece, coerenti con la fede professata, conoscitrici delle dinamiche culturali e sociali di questo tempo e capaci di assumere responsabilità pubbliche con competenza professionale e spirito di servizio. L’impegno socio-politico, con le risorse spirituali e le attitudini che richiede, rimane una vocazione alta, a cui la Chiesa invita a rispondere con umiltà e determinazione.

La Settimana Sociale che state celebrando intende proporre "un’agenda di speranza per il futuro del Paese". Si tratta, indubbiamente, di un metodo di lavoro innovativo, che assume come punto di partenza le esperienze in atto, per riconoscere e valorizzare le potenzialità culturali, spirituali e morali inscritte nel nostro tempo, pur così complesso. Uno dei vostri ambiti di approfondimento riguarda il fenomeno migratorio e, in particolare, la ricerca di strategie e di regole che favoriscano l’inclusione delle nuove presenze. È significativo che, esattamente cinquant’anni fa e nella stessa città, una Settimana Sociale sia stata dedicata interamente al tema delle migrazioni, specialmente a quelle che allora avvenivano all’interno del Paese. Ai nostri giorni il fenomeno ha assunto proporzioni imponenti: superata la fase dell’emergenza, nella quale la Chiesa si è spesa con generosità per la prima accoglienza, è necessario passare a una seconda fase, che individui, nel pieno rispetto della legalità, i termini dell’integrazione.

Ai credenti, come pure a tutti gli uomini di buona volontà, è chiesto di fare tutto il possibile per debellare quelle situazioni di ingiustizia, di miseria e di conflitto che costringono tanti uomini a intraprendere la via dell’esodo, promuovendo nel contempo le condizioni di un inserimento nelle nostre terre di quanti intendono, con il loro lavoro e il patrimonio della loro tradizione, contribuire alla costruzione di una società migliore di quella che hanno lasciato. Nel riconoscere il protagonismo degli immigrati, ci sentiamo chiamati a presentare loro il Vangelo, annuncio di salvezza e di vita piena per ogni uomo e ogni donna.

Del resto, la speranza con cui intendete costruire il futuro del Paese non si risolve nella pur legittima aspirazione a un futuro migliore. Nasce, piuttosto, dalla convinzione che la storia è guidata dalla Provvidenza divina e tende a un’alba che trascende gli orizzonti dell’operare umano. Questa "speranza affidabile" ha il volto di Cristo: nel Verbo di Dio fatto uomo ciascuno di noi trova il coraggio della testimonianza e l’abnegazione nel servizio. Non manca certo, nella meravigliosa scia di luce che contraddistingue l’esperienza di fede del popolo italiano, la traccia gloriosa di tanti Santi e Sante – sacerdoti, consacrati e laici – che si sono consumati per il bene dei fratelli e si sono impegnati in campo sociale per promuovere condizioni più giuste ed eque per tutti, in primo luogo per i poveri.

In questa prospettiva, mentre auguro proficui giorni di lavoro e di incontro, vi incoraggio a sentirvi all’altezza della sfida che vi è posta innanzi: la Chiesa cattolica ha un’eredità di valori che non sono cose del passato, ma costituiscono una realtà molto viva e attuale, capace di offrire un orientamento creativo per il futuro di una Nazione.

Alla vigilia del 150° anniversario dell’Unità nazionale, da Reggio Calabria possa emergere un comune sentire, frutto di un’interpretazione credente della situazione del Paese; una saggezza propositiva, che sia il risultato di un discernimento culturale ed etico, condizione costitutiva delle scelte politiche ed economiche. Da ciò dipende il rilancio del dinamismo civile, per il futuro che sia – per tutti – all’insegna del bene comune.

Ai partecipanti alla 46ͺ Settimana Sociale dei Cattolici Italiani desidero assicurare il mio ricordo nella preghiera, che accompagno con una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 12 ottobre 2010

Benedetto XVI

 

 

 

 

16 ottobre 2010

Emanuele Parsi

L’impegno dei cattolici nel mondo policentrico

La crisi economica ha disarcionato la supremazia solitaria degli Stati Uniti, potenza unipolare, proprio mentre le dinamiche della globalizzazione esigevano una capacità di "governance" del tutto inedita. In questo scenario, l’Europa ha dato segnali di risveglio, ma troppo timidi per riuscire a imporre la propria voce in modo almeno proporzionato alla crescita di peso della Cina sul proscenio di un pianeta senza più "padroni".

Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano, ha fatto spaziare ieri mattina la visuale dei delegati alla Settimana Sociale ben oltre la pur magnifica visuale sullo Stretto: nel corso di una relazione capace di rendere il quadro mondiale entro il quale l’impegno dei cattolici deve sapersi collocare, è affiorato il ritratto di un pianeta rimpicciolito dalla fine dei blocchi, capaci di garantire la stabilità del riconoscimento identitario e che reclama ora chi riesca a garantire uno sguardo capace di andare oltre contrasti, miopie, egoismi.

"Un mondo unito da una grande divisione" ha detto Parsi, introdotto dall’economista Simona Beretta, ha assicurato a lungo un equilibrio come quello di "due pacchetti di mischia in una partita di rugby", due "sistemi universali" che fornivano "una cornice di senso dei problemi e delle sfide, e un linguaggio con cui comunicarlo, per natura globale, aperto a chiunque volesse riconoscervisi". Il tracollo del sistema sovietico ha spalancato uno scenario spiazzante anche sul piano delle culture e dei sistemi di riferimento, tanto che oggi ci troviamo "sprovvisti di universali politici altrettanto forti", proprio mentre "gli elementi peculiari, regionali o addirittura locali delle identità politiche prevalgono sui possibili elementi comuni". In questo panorama, nota ancora Parsi, "gli unici elementi di identità politica che sembrano ancora implicare una qualche vocazione universale sono quelli riconducibili all’utilizzo politico della religione".

La stessa economia, dopo aver serrato il mondo dentro un solo schema di sviluppo, "produce effetti a catena che possono arrivare anche molto oltre il settore o l’ambito in cui si originano", ma non è in grado di fornire una struttura di riferimento a un mondo "policentrico": connette i continenti, non conferisce un senso di marcia o un’identità affidabile. Eccoci allora di fronte alla grande questione, che interroga anche i cattolici: "Con ben poche e parziali eccezioni – è la sintesi di Parsi – l’accavallarsi di "sfide per loro natura globale" non ha quasi mai prodotto politiche o risposte globali: la percezione della loro natura globale non è stata sufficiente per spingerci a trovare una complessiva unità di azione".

Ma c’è uno spazio sul quale i cattolici italiani possono lavorare efficacemente, ed è l’Europa, "non per lottare contro le altre visioni, ma per concorrere insieme all’elaborazione del bene comune e dell’interesse generale della nuova "res publica europea", affinché essa possa continuare a essere fonte di ispirazione e irradiazione dei valori di libertà e democrazia".

Francesco Ognibene

 

16 ottobre 2010

Lorenzo Ornaghi

"Il federalismo sia antidoto alle lacerazioni"

Cattolicesimo politico? Sì, certo, ma a patto che l’aggettivo non diventi più importante del sostantivo. Altrimenti i cattolici in politica diventerebbero "una mera parte fra la pluralità delle parti". E quindi "più che a contare" sarebbero destinati "ad essere contati". Il rettore dell’Università Cattolica, Lorenzo Ornaghi, è giunto quasi al termine della sua relazione, quando indica quella che definisce "una strada obbligata". Il suo intervento apre la seconda giornata di lavori della 46.ma Settimana Sociale. E non è chi non avverta la sostanziale continuità delle sue parole con quanto il giorno precedente era stato affermato dal Papa e dal cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco. L’unità dei cattolici in politica va ricercata sul campo ed è data da "una visione innanzitutto e genuinamente cattolica", sottolinea Ornaghi. Perché senza "una tale visione, ogni pur rinnovata forma della nostra presenza pubblica e politico-partitica (trasversalmente ai partiti, o anche - in termini quantitativamente prevalenti - dentro un solo)" correrebbe di fatto il rischio della marginalizzazione, quando non anche della irrilevanza pubblica.

Sono notazioni non certo rassicuranti quelle del rettore della Cattolica, ma estremamente realistiche. Ornaghi, del resto, aveva aperto il suo intervento proprio segnalando un paradosso: lo "spaesamento" di molte forze cattoliche, che pur potendo "disporre di una cultura e di idee rispetto ai problemi del presente", avvertono una sensazione di "disagio" e di "dubbio" rispetto allo stato attuale dell’Italia. Ma l’eccezionalità della situazione e i problemi sul tappeto - federalismo, riforma elettorale, scuola, welfare con poche risorse, solo per fare alcuni esempi - richiedono "un linguaggio franco" e chiarezza di idee. Sul federalismo, ad esempio, Ornaghi ha presentato una sorta di aut aut. "Un federalismo bene inteso e correttamente applicato costituisce la principale e forse ormai unica soluzione alle lacerazioni che, anziché comporsi, spesso si allargano e moltiplicano tra il Nord e il Sud dell’Italia". Al contrario, ha ammonito il relatore, "un federalismo ideologicamente inteso e realizzato è inevitabilmente destinato a spezzare l’unità sostanziale del nostro Paese".

Dunque il federalismo della prima specie è una "possibile composizione politico-istituzionale di una frattura che sempre più incombe sull’intero Paese", un antidoto anche rispetto al pericolo di "cadere definitivamente nella stagnazione dell’attuale politica". Ma non solo. Per il rettore della Cattolica un federalismo "autenticamente solidale potrebbe avere due importanti effetti positivi per il futuro". In primo luogo, "richiamerebbe sia il Nord sia il Sud a far crescere e praticare quella virtù della "responsabilità" - spesso evocata e raramente praticata - non solo nei confronti dell’intero Paese, ma anche rispetto a se stessi". In secondo luogo, "comporterà la formazione e il radicamento di un ceto politico con le rappresentanze sociali".

In sostanza, questa è la ricetta per cercare di uscire da quella "democrazia senza qualità", che - ha fatto notare il relatore - si sta trasformando in una "contro-democrazia" in mano a oligarchie che "svuotano" e "inquinano" "il normale e corretto funzionamento" della democrazia vera, creando disaffezione nella gente, per cui anche il voto viene considerato "una scelta di terz’ordine". Ecco allora il compito dei cattolici. Un contributo "fattivo e scevro da preconcetti" sui principali problemi del Paese. Per offrire il quale occorre, però, "l’intelligenza e la capacità di individuare e curare i "luoghi" - ambientali e generazionali - in cui sta crescendo, pur magari indistinta, la domanda di sentirsi ascoltati e politicamente rappresentati"; serve "l’intelligenza e la capacità di saper collegare e magari aggregare tutte quelle "aree" dove, subito sotto la superficie delle odierne rappresentazioni della politica, maggiormente si condensa il bisogno di una risposta alla necessità di essere soggetti "partecipanti" delle politiche, anziché destinatari generici e passivi".

Necessita, cioè, ha aggiunto Ornaghi, "un rinnovato impegno a far crescere la classe dirigente dell’incombente domani e a preparare i giovani all’esercizio di quella leadership che difficilmente può essere inventata e mai improvvisata". È in sostanza la nuova classe politica chiesta dal Papa e dal cardinale Bagnasco. Il rettore dell’Università Cattolica ha perciò invitato "a guardare al futuro che possiamo ancora costruire" con lo stesso spirito del Progetto culturale della Chiesa italiana. Perché in definitiva è questa la strada per risolvere il paradosso dello spaesamento. E per tornare a contare, anziché farsi contare.

Mimmo Muolo

 

 

16 ottobre 2010

Ettore Gotti Tedeschi

Più famiglia, meno crisi

Dalla tribuna della Settimana Sociale, proprio nel giorno in cui il ministro Tremonti impone una finanziaria lacrime e sangue, Ettore Gotti Tedeschi invoca sgravi fiscali per le famiglie, perché sono loro, avverte, "il vero asset del Paese". Sottoscrive il monito del Papa per la trasparenza finanziaria. Non fa sconti a Marchionne, parlando di "delocalizzazione forzata", ma ammette che il top manager "deve risolvere i problemi di cinquant’anni di protezionismo che non sono serviti a rendere competitiva la Fiat". Infine il presidente dello Ior conclude da dove, in questi anni, la sua analisi è sempre partita: l’origine della crisi economica in cui continuiamo a dibatterci "è antropologica" ed è legata "al crollo della natalità ispirato dalle tesi malthusiane secondo cui - ricorda - si può vivere senza fare figli. Si può, certo, ma non si cresce".

Il cardinale Bagnasco invita i cattolici a essere coerenti nella vita pubblica. Vale anche per banchieri e manager?

È un monito attuale, perchè l’economia è uno strumento che ha assunto una pericolosa autonomia morale. Per uscire dalla crisi non è necessario cambiare le leggi dell’economia ma si deve modificare il modello con cui gli uomini utilizzano questi strumenti. Il primo capitolo della "Caritas in Veritate" offre tutti gli elementi per capire e per cambiare, purtroppo molti non lo leggono e cercano scorciatoie, come una nuova bolla.

C’è chi dice invece che la colpa sia tutta dei bankers che speculavano e continuano a speculare...

Si interpretano le conseguenze e non le cause del problema. Per venticinque anni le banche hanno fatto espansione creditizia per compensare il crollo della crescita innescato da quello delle nascite. Il mondo occidentale ha smesso di fare figli intorno al 1975 e se la popolazione non aumenta non aumenta il Pil, a meno che non si consumi di più, abbracciando l’etica nichilista. Se crolla la popolazione, inoltre, crolla il risparmio e crescono i costi fissi legati all’assistenza di chi invecchia, aumenta la pressione fiscale e prima o poi si imbocca la strada della crescita a debito. Naturalmente il fenomeno è complesso: la crisi dei subprime può essere messa in relazione anche con la necessità di finanziare il budget militare americano dopo l’11 settembre...

La situazione italiana è migliore?

Il debito italiano è prevalentemente pubblico mentre negli Usa è soprattutto debito delle famiglie. L’ipotesi di nazionalizzare il secondo sta facendo vacillare i democratici nelle elezioni di novembre. In Italia, è in corso una privatizzazione del debito pubblico attraverso i tassi d’interesse: remunerarli al di sotto dell’inflazione significa trasferire valore. Senza contare che l’ingresso nell’euro, in sé opportuno, per come è avvenuto è stato pagato dagli investitori. Per sgonfiare il debito ci sono solo: il default stile Argentina; una nuova bolla, e gli americani stanno lavorando sul biotech; l’inflazione, pericolosissima; l’austerità, che è già realtà.

Non crede in una ripresa trainata dal Far East?

Tesi di Goldman Sachs, ma la Cina ha un Pil uguale a quello della Germania: a definire la strategia di uscita può essere solo un grande produttore che è anche grande consumatore e che detiene il primato delle tecnologie, quindi, ancora una volta, gli Usa. Io credo tuttavia che l’unica strategia per uscire dalla crisi sia quella di invertire il processo di denatalità dell’Occidente e per farlo occorre dare la possibilità alle persone di farsi una famiglia ma - prima ancora - riportare l’uomo a riconoscere il senso della vita; sul piano educativo occorre tornare alla cultura del "perché" sopraffatta in questi anni dalla cultura del "come", dell’approccio casistico delle università americane, dove però, i master di alto livello riscoprono Aristotele. Per noi cattolici significa tornare all’insegnamento della dottrina, a lungo trascurata.

In Italia esistono le risorse da investire su università e famiglia?

Per crescere, è chiaro a tutti, occorre investire sulla cultura. L’Italia negli ultimi cinquant’anni ho perso il vantaggio storico che le derivava da quella classica. È altrettanto chiaro che un investimento debba essere efficace e giustificato in base al piano che si dà un governo: è legittimo chiedersi se un investimento fatto, ad esempio nell’organizzazione universitaria, riesca effettivamente a produrre cultura. Quanto alle famiglie, la povertà che si avvicina scoraggia la formazione di coppie e la scelta di diventare genitori. Le casalinghe hanno salvato il mondo, trasferendo ai figli un’immensa ricchezza educativa, e anche oggi il più grande investimento per la nostra società sarebbe una politica di sgravi fiscali per le famiglie, per l’educazione dei figli e per l’accompagnamento al lavoro.

Paolo Viana

 

 

 

 

 

 

 

2010-10-14

14 ottobre 2010

LEGGE AL PALO

"Niente fondi". Università, slitta la riforma

La riforma dell’Università si impantana nelle ristrettezze di bilancio. Il Tesoro "strangola" uno dei testi più attesi del governo Berlusconi, che slitta e resta "congelato" almeno fino a fine novembre dopo una giornata convulsa alla Camera e un "gelido" vertice serale fra il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e la collega dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. "Giulio, le riforme senza risorse io non le faccio", ha scandito la Gelmini congedandosi. E per rassicurare il ministro si è speso in prima persona Silvio Berlusconi, che le ha telefonato per assicurare: la riforma "si farà".

Il delicato dossier, finito al centro di un nuovo allarme dei rettori (la Crui ha manifestato "disappunto e allarme", perché "nulla assicura" che una soluzione sarà trovata), ha richiamato infatti, malgrado la convalescenza, l’attenzione del premier che ne ha voluto discutere di persona con Tremonti. Il ministro era volato per questo in mattinata ad Arcore. A nulla è valso nemmeno l’implicito "benestare" dato da Umberto Bossi ("Meglio dare i soldi all’università che alle bombe per gli aerei").

Ad affossare (per ora) il disegno di legge di riforma è stata la relazione della Ragioneria generale dello Stato arrivata ieri in commissione Bilancio, a Montecitorio. C’era scritto che il testo non ha la copertura finanziaria su diversi punti, in particolare sul piano di concorsi entro il 2016 per 9mila ricercatori che avrebbe potuto sbloccare la loro protesta (in vari atenei si astengono dalla didattica e si rischia il blocco delle lezioni). Insorgono le opposizioni: per il Pd "la maggioranza va in tilt" (pur essendo "positivo" che ci sarà del tempo in più) e per Francesco Rutelli, leader dell’Api, "sarebbe un dramma se rimanesse il veto di Tremonti". Anche per Luisa Santolini (Udc), dal governo arrivano "solo promesse".

Lo stallo era emerso già nel pomeriggio, alla conferenza dei capigruppo che aveva deciso di far slittare di 24 ore, a venerdì, la discussione generale in aula, già rinviando per di più il voto al termine della sessione di bilancio. Proprio stamani, infatti, in Consiglio dei ministri approda la Legge di stabilità 2011, cioè la "nuova Finanziaria" che, ha ribadito Tremonti, sarà "totalmente tabellare", cioè solo con le voci di spesa dicastero per dicastero (la Camera, intanto, ha dato via libera alla risoluzione di maggioranza - 297 i sì - sulla Dfp, la Decisione di finanza pubblica che fissa il quadro generale). La legge odierna non conterrà però nuovi fondi, per i quali Tremonti ha rimandato tutti a un decreto di fine anno (forse il classico "mille-proroghe"). A pesare fortemente, anche il no di Futuro e libertà, che ha condizionato il suo voto alle modifiche proposte dalle commissioni della Camera, precisando che senza "i fondi indispensabili per la ricerca, il gruppo di Fli chiederà il ritiro del testo al ministro Gelmini". Ed è significativo che al vertice serale abbiano presenziato anche i finiani Bocchino, capo dei deputati di Fini, e Granata, oltre ai presidenti delle commissioni Cultura, Aprea, e Bilancio, Giorgetti, e alla relatrice Frassinetti. Resta però l’incognita che in un mese si trovino i fondi (2,23 miliardi da qui al 2017): "Non ci ha firmato una cambiale", ha riferito Granata. Sui tempi, nemmeno Berlusconi è riuscito a dare una risposta alla Gelmini che reclamava certezze. E a fine giornata il ministro ammetteva, in un comunicato: "Arrivati a questo punto, ha ragione la maggioranza quando chiede di contestualizzare le riforme alle risorse".

Eugenio Fatigante

 

 

 

 

 

2010-09-22

21 settembre 2010

ROMA

Napolitano inaugura l'anno:

la scuola deve cambiare

La scuola italiana deve cambiare, con il più ampio consenso possibile, per mettersi alla pari con il

livello di istruzione di altri Paesi concorrenti dell'Italia nella competizione globale. È quanto avverte il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, inaugurando il nuovo anno scolastico - alla presenza del ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini - nel cortile d'onore del Quirinale.

"Sia chiaro - scandisce il capo dello Stato - di cambiamento c'era e c'è bisogno. D'altronde - osserva - sulle direttrici di massima degli interventi necessari si è da tempo evidenziato un consenso ampio, al di là delle divisioni di parte". Il Capo dello Stato dà atto che "negli ultimi decenni abbiamo conseguito notevoli passi avanti anche in termini di percentuale di diplomati e di laureati e questo ci ha consentito di avvicinarci alla media dei Paesi sviluppati. Tuttavia, anche se stiamo correndo più in fretta di altri, non abbiamo raggiunto i Paesi più avanzati. Dunque - non si nasconde Napolitano - siamo rimasti ancora indietro, rispetto a una risorsa cruciale per affrontare una dura competizione globale".

Napolitano non manca di esortare a investire di più, nella scuola e nella formazione dei suoi docenti, nonostante il perpetuarsi della crisi economica. "Nel portare avanti l'impegno comune categorico per la riduzione del debito pubblico - sottolinea infatti il presidente della Repubblica - bisogna riconoscere la priorità della ricerca e dell'istruzione nella ripartizione delle risorse pubbliche disponibili. Riformare con giudizio si deve; occorre sanare squilibri, disparità, disuguaglianze che si presentano anche nell'istruzione che, al contrario, dovrebbe proprio servire a colmare le disuguaglianze".

Ecco allora che "se vogliamo che la scuola funzioni come un efficace motore di uguaglianza e come un fattore di crescita, bisogna che si irrobustisca e, per farlo, occorre partire da diagnosi adeguate", afferma significativamente il capo dello Stato. In particolare, "per elevare la qualità dell'insegnamento

occorre motivare gli insegnanti -esorta Napolitano- richiedere che abbiano un'adeguata formazione ma anche offrire loro validi strumenti formativi e di riqualificazione: su tutto questo, è necessario investire. Nel passato non lo si è fatto abbastanza e si sono prodotte situazioni pesanti. Occorre, dunque, qualificare e riqualificare coloro che aspirano ad una assunzione a tempo indeterminato".

 

 

 

2010-09-18

18 settembre 2010

BRESCIA

La Gelmini: via il "sole delle Alpi"

dalla scuola di Adro

Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, con una lettera fatta inviare nei giorni scorsi dal direttore dell'ufficio scolastico della Lombardia, ha chiesto al sindaco di Adro (Brescia) di "adoperarsi per la rimozione dal polo scolastico del simbolo" noto come il "sole delle Alpi".

Nella lettera, firmata dal direttore Giuseppe Colosio, viene dato atto al sindaco di Adro di aver realizzato "attrezzature didattiche all'avanguardia", ma è anche spiegato che non può essere nascosto il fatto che "il sole delle Alpi" è uno dei simboli utilizzati dalla Lega, il movimento politico al quale appartiene la maggioranza dell'amministrazione comunale di Adro.

Nella lettera si ricorda l'attenzione mediatica di questi giorni e si sottolinea che è dovere dell'amministrazione evitare che la politica di parte entri nella scuola: "La delicatezza della funzione – si legge nel testo – impone di intervenire anche in caso di solo sospetto, per evitare ogni possibile strumentalizzazione.

IL SINDACO: SONO STUPITO

"Sono stupito. Aspetto di leggerla, al momento non posso sapere". Questa la reazione di Oscar Lancini, sindaco di Adro, in merito alla lettera in cui gli si chiede la rimozione del Sole delle Alpi. "Dalle dichiarazioni del ministro – ha proseguito il sindaco – mi pareva di aver capito che avesse preso atto che il simbolo del Sole delle Alpi è del territorio e non di partito".

 

 

 

 

2010-09-13

14 settembre 2010

IL RITORNO IN CLASSE

Scuola, al via

l'anno della rivoluzione

Per suonare la campanella del primo giorno di scuola Mariastella Gelmini sceglie una scuola speciale. Il ministro dell’Istruzione apre l’anno nella sezione scolastica del Policlinico Agostino Gemelli, dedicata ai bambini e ai ragazzi ricoverati. E mentre un po’ in tutta Italia insegnanti precari e studenti protestano, Gelmini rilancia e chiede al corpo docente di raccogliere la sfida della riforma delle superiori. "Il governo ha predisposto questa riforma – dice – ma la sfida deve essere raccolta innanzitutto dagli insegnanti, perché a loro tocca l’onere di applicarla e di collaborare per rendere la scuola davvero un’istituzione eccellente".

Come l’anno scorso, quando a settembre andò nella sezione scolastica del carcere minorile di Nisida a Napoli, anche stavolta il ministro Gelmini si fa vedere in una scuola lontana dai riflettori e dalle critiche. "Non ricordo un anno scolastico che non sia stato accompagnato da una serie di polemiche e proteste", commenta lei. "Rispetto tutti coloro che protestano – aggiunge – ma quest’anno la scuola mette al centro gli studenti e non gli interessi corporativi". Col nuovo anno scolastico, ricorda il ministro, "entra finalmente in vigore la riforma delle superiori, grazie alla quale moltissimi studenti potranno usufruire dei nuovi licei, della nuova istruzione tecnica all’insegna di più inglese, più istruzione in lingua straniera, più attenzione anche alla matematica per fare in modo che il diploma non sia solo un pezzo di carta ma un titolo spendibile sul mercato del lavoro". E cita il documento "Italia 2020" stilato col ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, "per abbattere la disoccupazione giovanile e favorire una maggiore collaborazione tra il sistema della formazione e quello produttivo". Per il primo giorno di scuola, giura il ministro dell’Istruzione, è tutto a posto: "Abbiamo effettuato un controllo con gli uffici scolastici regionali e riteniamo che l’anno possa essere avviato in maniera regolare. Tutte le immissioni in ruolo sono state fatte così come le supplenze sono state assegnate".

Mentre il ministro dà l’avvìo al primo giorno di scuola, volantinaggi e proteste creative vanno in scena da Nord a Sud. Davanti al ministero di viale Trastevere a Roma, dopo le lezioni, si sono radunati insegnanti e studenti per chiedere una revisione dei tagli e nuovi investimenti: tra le sigle, Federazione degli studenti, Uds, Fds, Cobas, Flc Cgil e Giovani comunisti. Con loro anche l’Idv e Antonio Di Pietro, solidale "con le decine di migliaia di insegnanti precari messi sul lastrico. Gelmini apra il confronto". Davanti a 30 elementari romane Sinistra ecologia libertà ha distribuito 15 mila volantini. "La scuola pubblica è la pù importante fabbrica di futuro – commenta il leader Nichi Vendola – e colpirla è un attentato alla democrazia". A Terni cento docenti si sono simbolicamente incatenati attorno alla fontana di piazza Tacito. A Torino, come a Roma davanti al liceo Tasso e in altre città ancora, la Rete degli studenti indossa caschi gialli da cantiere, per proteggersi "dalle macerie che Gelmini e Tremonti hanno lasciato dopo aver demolito la scuola pubblica che non va considerata come un’azienda in dissesto economico". Nel capoluogo piemontese i professori dello Steiner hanno indossato magliette nere a lutto. Dall’Unione degli studenti striscioni nelle scuole di Milano e Napoli e una simbolica asta della scuola pubblica a Genova, oltre a volantinaggi a Campobasso e mobilitazioni in strada a Bari davanti al Petruzzelli. Prove di riscaldamento per la manifestazione nazionale degli studenti dell’8 ottobre.

Luca Liverani

 

 

 

14 settembre 2010

L'obiettivo vero di una scuola vera

Prima ci sia la vita (poi i comportamenti)

Parte un nuovo anno scolastico, le campanelle riprendono a suonare e a scandire il tempo dell’apprendimento. Finalmente torna soprattutto la scuola vissuta, dopo quella dei nodi aggrovigliati, delle analisi contrapposte e delle polemiche sferzanti a lungo protagonista delle notizie di fine estate. Giovani e adulti di nuovo insieme per l’avvio di un cammino che ha il sapore di un’avventura: l’avventura educativa.

Ma quali proposte attendono i ragazzi in classe? Che cosa offre la programmazione che è stata minuziosamente elaborata per loro? Assistiamo a un fenomeno in crescita e che merita attenta riflessione. Da tempo, le discipline più tradizionali si vedono sempre più affiancate dai numerosi progetti approvati dai singoli istituti. La lotta al tabagismo, alle tossicodipendenze, all’abuso dell’alcol, agli incidenti stradali, all’incuria verso l’ambiente, all’obesità, diventano a loro volta "materie", assurgono alla dignità di oggetti specifici di insegnamento e quindi vengono a pieno diritto incorporati nelle ore curricolari. Sforzo meritevole, volto certo alla preparazione di nuovi cittadini responsabili e consapevoli, più sani e longevi, onesti ed ecologici. Nessuna persona di buon senso potrebbe avanzare obiezioni a questo andamento, o almeno alle intenzioni che lo originano. Eppure, a ben pensarci, qualcosa non torna. Tutto questo, per quanto utile, di per sé non basta.

Quello che in certa misura sconcerta è assistere a ciò che potremmo definire il primato dei comportamenti. Non fumare, non esagerare con l’alcol, non drogarsi, non lasciarsi morire di inedia, rispettare l’ambiente costituiscono comportamenti da acquisire per via informativa, la più specialistica e dettagliata possibile. E allora porte spalancate agli esperti: medici, pompieri, poliziotti, ginecologi, ognuno col proprio slang professionale. C’è di mezzo l’ingenuità di credere che sia sufficiente presentare la velocità come fattore di rischio perché i ragazzi moderino automaticamente la manetta dell’acceleratore.

Forse il punto sta qui, proprio nella distinzione fra informazione ed educazione. Ti informo se ti rendo – giustamente – consapevole che fumando avrai una certa probabilità di avere il cancro al polmone e con questo di morire. Ti educo se aiuto a recuperare un buon motivo per cui valga la pena vivere e magari decidere di non accendere la sigaretta. E non c’è bisogno di strutturare l’ennesimo corso ad hoc – educazione alla pena di vivere? – perché le lezioni di storia, geografia, letteratura, inglese e matematica in fondo esistono anche per questo. Non si tratta solamente di nozioni da apprendere, sono l’occasione di confronto con teorie e uomini del passato e del presente che hanno cercato soluzione alla loro "questione umana". Anche la cosiddetta educazione all’affettività viene per lo più ridotta a istruzioni per l’uso, a tecnicismi o strategie di corteggiamento. Come se per imparare ad amare non potessimo partire anche da Shakespeare o Dante o Einstein.

L’educazione è in primis educazione alla vita, i comportamenti vengono di conseguenza. L’uomo colto, non quello solo informato, possiede strumenti critici e valutativi per decidere cosa fare della propria esistenza e di quella degli altri. Come adulti responsabili abbiamo il compito di riattivare e tenere viva nei giovani la libertà, quell’energia che permette, di fronte a un bivio, innanzitutto di individuarlo e poi di scegliere una strada piuttosto che un’altra. Che permette e non esclude a priori la possibilità di commettere anche errori.

Perché abbiamo bisogno di persone libere, non di scimmie ammaestrate che magari sanno bene come muoversi, ma hanno ragioni per farlo.

Luigi Ballerini

 

 

 

2010-09-11

11 settembre 2010

LA SCUOLA DI DOMANI

Insegnanti formati con il tutor

Per essere formati non solo al sapere ma anche al saper insegnare, e per legare teoria e pratica, i futuri insegnanti svolgeranno un anno di tirocinio direttamente in classe guidati da un docente tutor. È una della novità del regolamento di formazione iniziale dei docenti presentato ieri in conferenza stampa dal ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. "Oggi inseriamo un nuovo tassello fondamentale nella riforma destinata a cambiare il nostro sistema scolastico – ha spiegato il ministro –, che riguarda la formazione iniziale dei futuri insegnanti. Prevediamo una selezione severa, doverosa per chi avrà in mano il futuro dell’Italia e sostituiamo alle vecchie Ssis un percorso di lauree magistrali specifiche e un anno di tirocinio coprogettato da scuole e università".

Il regolamento è il frutto del lavoro della commissione presieduta dal professor Giorgio Israel, a cui è seguito un confronto con il mondo della scuola e delle associazioni. Il numero dei nuovi docenti, peraltro, sarà deciso in base ai reali fabbisogni della scuola (con un ulteriore 30% destinato alle paritarie) per evitare il riprodursi del fenomeno del precariato. Dal 2011 infatti saranno a numero chiuso gli accessi ai corsi universitari magistrali.

Per insegnare nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria sarà necessaria una laurea quinquennale. Si punta anche a rafforzare le competenze disciplinari e pedagogiche. Per la scuola secondaria di primo e secondo grado sarà necessaria la laurea magistrale e un anno di tirocinio formativo attivo (475 ore di tirocinio a scuola, di cui almeno 75 dedicate alla disabilità). Il nuovo regolamento prevede che tutti i docenti abbiano una preparazione adeguata alle esigenze dei disabili. Costituiranno competenze trasversali le nuove tecnologie e l’inglese, per il quale sarà necessaria la certificazione B2.

Gli uffici scolastici regionali organizzeranno e aggiorneranno gli albi delle istituzioni scolastiche accreditate che ospiteranno i tirocini e avranno anche funzioni di controllo, evidenziando buone prassi e specificità. Viene naturalmente previsto un regime transitorio: tutti i vecchi laureati potranno conseguire l’abilitazione per la secondaria superando le prove di accesso (test preselettivo, esami scritti e orali) al tirocinio formativo-attivo a numero programmato.

Il passaggio successivo, ha annunciato il ministro, sarà il regolamento sul reclutamento e nel frattempo è al lavoro una commissione sulla valutazione. Per valorizzare la professionalità degli insegnanti, appunto, come chiesto dalla stessa categoria, la Gelmini ha indicato la strada del superamento degli scatti di anzianità, perseguita per la via meno conflittuale, contrattuale o legislativa che sia.

Nel corso della conferenza stampa il ministro ha precisato che i precari presenti nelle graduatorie a esaurimento sono 220mila (se si considerano anche quelli inseriti nella graduatorie dei singoli istituti la cifra può salire a 500-600mila). I posti vacanti sono circa 20mila. La Gelmini comunque si è detta convinta che i rimanenti 200mila, per i quali "al momento non c’è lavoro" nella scuola, saranno assorbiti, grazie ad un buon numero di pensionamenti, nell’arco di 6-7anni. Si tratta di "una piaga sociale" ereditata dal passato, ha sottolineato la Gelmini, a cui "il governo ha dato alcune risposte e cercherà di darne altre". "Il primo obiettivo" del nuovo regolamento è perciò "evitare l’insorgere di un nuovo precariato", con l’accesso alle lauree magistrali programmato sulle reali esigenze.

Sull’assorbimento dei precari l’ex ministro dell’Istruzione, Beppe Fioroni (Pd) ha osservato: "Resto attaccato alla proposta fatta con il quaderno bianco con Padoa-Schioppa, che prevedeva due cose fondamentali: la chiusura delle graduatorie permanenti, da trasformare in graduatorie ad esaurimento, e una progressiva capacità di immissione in 5 anni. Ne sono già stati persi due e speriamo che si recuperi". Ma Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil, ha sostenuto che nelle parole del ministro "non solo non vi è stata alcuna soluzione concreta ma ancora una volta sono stati occultati i dati reali". Il nuovo regolamento è stato definito, però, "condivisibile" da Massimo Di Menna, segretario generale della Uil scuola, che chiede ora il decreto sul reclutamento "con modalità di tipo concorsuale". "Sarà come sempre la verifica dei fatti a dirci se e quanto la nuova architettura dei corsi universitari, la cui articolazione può essere sostanzialmente condivisa, risulterà all’altezza del compito", ha rimarcato Francesco Scrima, segretario generale della Cisl scuola. Il provvedimento del ministro, secondo Roberto Pellegatta, presidente della Disal (Associazione dirigenti scolastici), "contribuisce a svecchiare il sistema e aiuta i giovani a entrare nella scuola, ma rimane il problema della durata del tirocinio e della sua valutazione, troppo sbilanciato a favore delle università, rispetto alle singole scuole"..

Pier Luigi Fornari

 

 

 

2010-09-10

10 settembre 2010

ROMA

Tirocinio e inglese per i professori

Gelmini: precari assorbiti in 7 anni

Un tirocinio da svolgere in classe, un numero di insegnanti deciso in base al fabbisogno, una migliore conoscenza dell'inglese: sono alcune delle novità introdotte dal regolamento sulla formazione iniziale dei docenti che, con la firma del ministro Gelmini, è da oggi operativo. "L'obiettivo principale - ha spiegato il ministro presentando le nuove regole in una conferenza stampa a Palazzo Chigi - è quello di evitare l'insorgere di nuovo precariato".

Il passaggio successivo, ha annunciato il ministro, sarà il regolamento sul reclutamento e nel frattempo è al lavoro una commissione sulla valutazione.

Le vecchie Ssis (le scuole per la preparazione all'insegnamento) bloccate oltre un anno fa, saranno sostituite da un percorso di lauree magistrali specifiche e da un anno di tirocinio progettato insieme da scuole e università. Per insegnare nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria sarà necessaria una laurea quinquennale, a numero programmato con prova di accesso, che consentirà di conseguire l'abilitazione per la scuola primaria e dell'infanzia. Oltre a un periodo di tirocinio a scuola è previsto un percorso laboratoriale per la lingua inglese e le nuove tecnologie. Viene data poi particolare attenzione al problema degli alunni con disabilità, prevedendo che in tutti i percorsi ci siano insegnamenti in grado di consentire al docente di avere una preparazione di base sui bisogni speciali.

Per insegnare nella scuola media e superiore servirà una laurea magistrale ad hoc completata da un anno di Tirocinio formativo attivo. È prevista una rigorosa selezione per l'ingresso alla laurea magistrale a numero programmato basato sulle necessità del sistema nazionale di istruzione. L'anno di tirocinio contempla 475 ore a scuola (di cui almeno 75 dedicate alla disabilità) sotto la guida di un insegnante tutor. Viene naturalmente previsto un regime transitorio: tutti i vecchi laureati potranno conseguire l'abilitazione per la secondaria di primo e secondo grado accedendo, dietro il superamento delle prove di accesso (test preselettivo, esami scritti e orali), all'anno di Tirocinio formativo attivo a numero programmato, che potrà essere attivato da questo anno accademico.

I PRECARI

"È difficile fare previsioni esatte, ma secondo stime del ministero nei prossimi anni ci saranno tanti prepensionamenti e dunque nell'arco di sei, sette anni, c'è la ragionevole certezza che gli attuali 220.000 precari potranno essere assorbiti dal sistema di istruzione". Lo ha affermato il ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, durante la conferenza stampa. "Questo agevolerà la condizione dei nuovi insegnanti che si formeranno con il nuovo sistema", aggiungendo che dal 2011 le nuove lauree partiranno in base a un sistema di programmazione del fabbisogno.

 

 

 

2010-09-08

2010-09-08

Fenomeno dispersione

Studenti "fantasma"

Uno su tre scompare

Dispersi. Il mondo della scuola, delle agenzie educative, della politica, li chiama così. E mai parola fu più azzeccata. Gli studenti che anche quest’anno lasceranno il loro banco vuoto, in centinaia di istituti italiani, dispersi lo sono davvero. Non lasciano tracce. Non trovano collocazione. Non hanno futuro.

Centoventiseimila fantasmi, secondo l’ultima fotografia scattata dall’Isfol (l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori) per conto del ministero del Lavoro e delle politiche sociali: ragazzi dai 14 ai 17 anni fuori da ogni percorso di istruzione e formazione. Una piaga insanabile. Il ministero dell’Istruzione l’ha sondata recentissimamente (era luglio), tracciando un quadro ancor più desolante. Su 616.600 iscritti al primo anno di superiori nel 2005-2006, ne sono arrivati al traguardo 190mila in meno.

Per intendersi: uno studente su tre non ha conseguito il diploma nell’ultimo quinquennio. La situazione peggiore, manco a dirlo, al Sud e nelle Isole. Zone sferzate dalla crisi, dalla povertà, dalla disoccupazione. E anche dalla criminalità, che troppo spesso fagocita i ragazzi facendo della strada l’alternativa alla scuola. Sardegna e Sicilia si contraddistinguono così per una percentuale di abbandoni che sfiora addirittura il 40%.

Le cose vanno anche peggio se guardiamo fuori dai nostro confini. Il dato della dispersione scolastica ci mette addosso la "solita" maglia nera anche a livello europeo: l’abbandono formativo (che in base alla Strategia di Lisbona viene calcolato in base alle persone tra 18 e i 24 anni in possesso al massimo della licenza media) si attesta nel nostro Paese quasi al 20%, mentre in tutti gli altri supera di poco il 15 (il target previsto per il 2013 ha fissato il 10% come limite). E questo considerando che dal 2000 si è registrato un netto miglioramento della situazione (con una flessione del dato di circa il 6%).

Le cause del fenomeno sono svariate, e certo non tutte imputabili all’efficienza del sistema scolastico. Gli esperti riconoscono nella dispersione il risultato della difficile situazione economica delle famiglie (e in questo caso i dati del Mezzogiorno parlano chiaro), per cui diventa necessario che anche i più giovani trovino un impiego e contribuiscano a sbarcare il lunario. Una situazione resa più grave dalla congiuntura economica degli ultimi anni. Ma a pesare sull’allergia dei ragazzi alle aule c’è anche il crescente desiderio immediato di "cose": il motorino, la macchina, il cellulare di tendenza sempre più spesso vengono visti come obiettivi imprescindibili, che possono essere agguantati soltanto tramite il lavoro.

Col risultato che i giovani si accontentano di professioni precarie e poco retribuite, che svolgono senza competenze. Per fortuna l’altro lato della medaglia è il notevole incremento dei percorsi triennali di istruzione e formazione professionale. Sempre in base ai dati Isfol emerge un progressivo radicamento delle sperimentazioni in quasi tutte le realtà regionali: dai 1.329 percorsi del 2003-2004 si passa ai 7.642 del 2008-2009. Il numero degli allievi, cioè, è aumentato di cinque volte in sei anni. E analizzando il rapporto tra il numero dei qualificati e gli iscritti al primo anno dei percorsi, risulta un’apprezzabile percentuale del 78,4% di allievi che non abbandonano, nonostante l’estrema "fragilità" sociale e scolastica del target di riferimento.

In campo scendono i ministeri, le Regioni, le realtà associative, le istituzioni religiose. L’obiettivo è fare sistema. Organizzare corsi, convogliare fondi, prevenire. E anche mappare la popolazione scolare: la disponibilità presso le amministrazioni locali di informazioni sullo stato scolastico-formativo dei 14-17enni rappresenta uno dei principali strumenti in tal senso, oltre che il riferimento obbligato per la costruzione dell’Anagrafe nazionale degli studenti gestita dal ministero dell’Istruzione. Ma il presidio del territorio interessa tuttora circa la metà delle amministrazioni regionali: solo 11 regioni, cioè, dispongono di un proprio sistema informativo. Un buco nero su un altro.

Viviana Daloiso

 

 

 

2010-09-07

7 settembre 2010

GROSSETO

La salma del maestro Manzi

"sfrattata" dal cimitero

Ha insegnato a leggere e a scrivere a milioni di italiani che non avevano avuto l’opportunità di frequentare la scuola, ma per lui non sembra esserci più posto nel cimitero di Pitigliano, cittadina in provincia di Grosseto con poco più di 4mila abitanti. Un’ordinanza del sindaco Dino Seccarecci, prevede infatti che il 13 settembre la salma di Alberto Manzi, il "maestro" del programma televisivo di culto degli anni ’60 "Non è mai troppo tardi", sia esumata dalla tomba di famiglia e trasferita in un loculo. Stessa sorte per altri tredici defunti.

"Sono indignata", dichiara la vedova del maestro Manzi, Sonia Boni, che spiega le proprie ragioni nella lettera pubblicata a lato. "Senza nemmeno avvisarmi – prosegue – l’amministrazione "sfratta" mio marito dal cimitero, dimostrando assoluta mancanza di sensibilità e di rispetto per la memoria di un uomo che, anche da sindaco, ha sempre cercato di fare il bene di Pitigliano e della sua gente. La cosa mi fa male ma non mi stupisce di certo, visto che, in tredici anni dalla sua morte, il Comune non ha mai fatto nulla per onorarlo. Mi sarebbe bastato che, almeno nel giorno dell’anniversario della scomparsa, i bambini delle scuole portassero un fiore sulla sua tomba. E, invece, niente. Adesso, quest’ultimo affronto mi fa seriamente pensare di portarlo via da Pitigliano. Anzi, me lo fanno portare via".

La signora Sonia vorrebbe che la propria indignazione fosse fatta propria dai tanti che hanno conosciuto il marito, anche soltanto attraverso lo schermo televisivo. Intanto, tra le tante iniziative che riguardano la figura del maestro Manzi, c’è anche una fiction televisiva in due puntate, che dovrebbe andare in onda su Rai Uno in prima serata. Il titolo provvisorio è, appunto, "Non è mai troppo tardi" e il film, prodotto dalla BiBi Tv srl di Angelo Barbagallo, è in preparazione sotto la regia di Giacomo Campiotti. Oltre a raccontare la parentesi televisiva di Manzi, il film si sofferma anche sulla sua lunga esperienza di insegnante presso il carcere minorile San Michele di Roma. E chissà che non sia aggiunta una postilla su questo spiacevole episodio del trasferimento della salma. Un fatto che, però, il sindaco di Pitigliano racconta in altro modo.

"Ho soltanto applicato la legge – dice Seccarecci – che impone di sistemare nei loculi i defunti da oltre dieci anni. Detto questo, aggiungo che nessuno, il 13 settembre, andrà a riesumare il maestro Manzi, né alcuno degli altri tredici defunti inseriti nella stessa ordinanza. Come sindaco non potevo comportarmi diversamente e, avendone conosciuto bene la modestia, non credo che il maestro avrebbe apprezzato un trattamento di favore nei suoi confronti".

Il sindaco aggiunge che, nei prossimi giorni, si metterà in contatto con la signora Boni per "decidere insieme quale sistemazione più idonea dare a questo grandissimo personaggio". A Pitigliano c’è già un parco pubblico intitolato al maestro Manzi, ma adesso il sindaco sta pensando anche a un monumento. Ipotesi che, però, almeno per il momento, non sembra incontrare il favore della famiglia. La vedova, infatti, pare più che mai decisa a troncare il rapporto con Pitigliano. "Su questo non so nulla ma mi auguro che non si arrivi a tanto – conclude Seccarecci –. In ogni caso, io sono tranquillo e sereno e, ripeto, nei prossimi giorni contatterò la famiglia per cercare, insieme, la soluzione più idonea, rispettosa della legge e della memoria di questo grande personaggio".

Paolo Ferrario

 

 

 

 

 

 

2010-09-06

6 settembre 2010

AI NASTRI DI PARTENZA

Anno scolastico ai nastri di partenza

Ma la settimana si annuncia calda

Anno scolastico ai nastri di partenza: in alcuni istituti oggi torna a suonare la campanella anche se in molte regioni il via è fissato per il 13 settembre. La settimana si annuncia calda: i professori rimasti senza incarico minacciano iniziative e mobilitazioni. Finiti o interrotti gli scioperi della fame della scorsa settimana la protesta dei precari prosegue davanti a Montecitorio, con un presidio almeno fino all'8 settembre, quando con l'inizio dell'attività parlamentare è stata convocata una nuova assemblea per organizzare uno sciopero nazionale, che potrebbe essere programmato a fine mese.

Tensioni stamani a Palermo dove un gruppo di precari sta bloccando gli uffici del provveditorato dove sono in corso le convocazioni annuali per il personale amministrativo. Sono 70 i posti disponibili e in circa duecento stanno aspettando l'esito. La protesta è scattata quando si è diffusa la notizia che il numero delle convocazioni era inferiore rispetto alle previsioni. È stato richiesto l'intervento delle forze dell'ordine.

ROMA

Primo giorno di scuola tra abbracci e nostalgia per le vacanze finite ma anche all'insegna dei malumori per la riforma Gelmini: questa mattina la campanella è suonata per gli studenti del liceo classico "Tasso" di Roma, i primi, nella capitale, a tornare sui banchi di scuola.

"Siamo tesi - ha detto uno studente che ha appena finito il ginnasio - perchè dovremo conoscere altri professori e non so cosa ci aspetterà quest'anno". "Ieri ero in aeroporto - ha aggiunto un'amica - ed ora sono qui. È drammatico. La cosa bella è ritrovare i compagni dopo l'estate, per il resto nulla di positivo". E mentre gli studenti in fila ritornano sui banchi, sul muro del liceo vengono affissi dei cartelloni: uno su cui è scritto "La scuola cambia dal basso. Costruiamo l'altra riforma" firmato Unione studenti del Lazio, l'altro di colore giallo con "Giù le mani dalla scuola pubblica".

"Sulla riforma Gelmini non voglio commentare - ha detto un ragazzo prima di varcare l'ingresso - ma sicuramente sarà un anno di protesta". "La Gelmini è sul piede di guerra e sono molti i motivi per protestare - ha aggiunto un altro studente questa riforma non si basa sulle nostre esigenze e per questo non la vogliamo".

Davanti all'ingresso dell'istituto, in via Sicilia, oltre alle centinaia di liceali anche un gruppetto di genitori che distribuivano volantini contro la riforma Gelmini: "Siamo preoccupati per questo andazzo - ha spiegato una mamma del Coordinamento genitori e docenti delle scuole superiori di Roma - è l'inizio dell'anno e cercheremo di farci sentire e fare il più possibile per protestare contro questa riforma che ci farà perdere la scuola statale. Dopodomani faremo un'assemblea per organizzarci e capire che tipo di proteste portare avanti".

 

 

 

 

2010-09-03

3 settembre 2010

LA SCUOLA CHE VERRA'

Gelmini: il nodo precari?

No a strumentalizzazioni

Ripartire dal merito, cancellare gli effetti deleteri del ’68, impostare una linea di rigore educativo, razionalizzare la frammentazione degli indirizzi nelle scuole superiori, rilancio dell’istruzione tecnica e professionale. Ma anche stop a ogni forma di strumentalizzazione politica delle tensioni sindacali, per impostare un "confronto" fondato sulla "chiarezza", "nell’interesse di tutti... 230 mila precari sono un un numero spaventoso, frutto di politiche disinvolte", che hanno "distribuito posti di lavoro nel mondo della scuola, dei quali non aveva bisogno e, soprattutto, che non era in grado di sostenere finanziariamente".

Nel presentare il nuovo panorama dell’istruzione scolastica in Italia, il ministro Maria Stella Gelmini, con i giornalisti a Palazzo Chigi, tocca una per una tutte le grandi questioni. Sul tema, tanto delicato quanto esplosivo, del precariato si sofferma con attenzione. Calibra le parole, ma non per questo evita di esporre la cruda realtà: bisogna troncare col passato. Di fronte al dramma dei tanti precari della scuola che "non potranno essere assorbiti", dice, il governo "sente di avere un impegno morale", almeno "nel non creare altre illusioni incrementando altro precariato".

Da qui la conferma del blocco delle Ssis, definite "vere fucine di precariato". Allo stesso tempo nega che non ci sia il necessario impegno in termini di sostegno, ma che anzi il governo sta mettendo in campo "uno sforzo che non deve essere sottovalutato". La stessa "tanto vituperata" manovra economica, pur nella difficoltà del momento, ha trovato risorse "per accompagnare" l’esercito dei precari. Così oltre al decreto per i precari, il ministro ricorda "gli accordi già siglati con le regioni, come pure l’automatismo dell’indennità di disoccupazione".

Il ministro Gelmini non manca, tuttavia, di tirare fuori le unghie. Condanna apertamente tutte le strumentalizzazioni messe in atto, nelle proteste di questi giorni, da alcuni partiti dell’opposizione, da chi ritiene di essere precario perché nella vita hanno fatto "una sola supplenza", dai "precari pretestuosi" che non sanno nemmeno se il loro posto di lavoro sarà confermato in questo anno scolastico, dai precari che non vogliono usufruire di altre alternative e che preferiscono l’assegno di disoccupazione e via dicendo. Proteste che per quanto legittime in molti casi "non sono motivate". Metodi che fanno "poco onore a chi li mette in campo".

Da qui l’appello "a tutte le forze politiche" a far cessare le strumentalizzazioni. "Sono disponibile al confronto", ma in una situazione di questo tipo "non mi presto" alle polemiche, anche perché "stiamo perfezionando degli accordi". "Non voglio essere coinvolta in un’operazione politica", che ha il solo intento di far passare l’idea "che i 230mila precari siano frutto della Finanziaria e del governo Berlusconi" e che "avrebbe un impatto negativo sull’avvio dell’anno scolastico".

Insomma, serve "un confronto nel merito di ciò che si può fare e non di ciò che si vorrebbe". Il governo "non è onnipotente" ma sta facendo "tutto il possibile. E se questo venisse detto con chiarezza le tensioni potrebbero affievolirsi nell’interesse di tutti".

Molto più rilassati i toni del ministro quando presenta gli elementi fondamentali della riforma dell’istruzione superiore, che da quest’anno entrano a regime. Intanto la stretta sulla disciplina: se si superano i 50 giorni di assenza si viene bocciati. Per i licei si supera la riforma del ’23, nascono il liceo musicale e il liceo delle scienze umane, vengono aumentate le ore di matematica, fisica e scienze "secondo i parametri internazionali", è potenziato lo studio delle lingue, una materia del quinto anno viene insegnata solo in inglese. Maggiore attenzione al ’900 in letteratura, storia e filosofia. Più attenzione all’insegnamento dell’italiano. Undici gli indirizzi dei tecnici, sei quelli degli istituti professionali.

Riguardo al personale, sono stati assunti 10mila nuovi docenti e 5mila unità di personale Ata. Ci sono 2.700 insegnanti di sostegno in più. Avviato un tavolo con i sindacati per ragionare sulle carriere degli insegnanti, perché "in Europa solo Italia e Grecia non prevedono avanzamenti per merito". Entro l’anno concorso per 3mila posti da preside.

Roberto I. Zanini

 

 

 

 

3 settembre 2010

Il direttore

Un utile "appunto"

Abbiamo scritto ieri con la bella verve e la sapienza letteraria e umana di Davide Rondoni dell'anno scolastico che sta per ricominciare.

Qui sotto potete rileggere quel commento anche via internet. L'abbiamo titolato "Le orme dei giovani sulla strada della scuola", facendo precedere il titolo da un limpido occhiello: "Promemoria per gli addetti ai lavori". Tutti, gli addetti, dal ministro Mariastella Gelmini a "ogni adulto che ha funzione nella scuola" (siamo infatti abbastanza liberi e sereni da intervistare il ministro della Pubblica Istruzione sulla sua "rivoluzione del merito" e, contemporaneamente, da registrare e proporre problemi - seri o di sospetta origine ideologica e corporativa - del mondo scolastico che reclamano risposta).

Abbiamo indicato il nodo più intricato e la più pressante necessità: "Salvaguardare l'essenziale", cioè "servire" i bambini e i ragazzi che frequentano la scuola pubblica italiana, che è insieme statale e paritaria non statale. Abbiamo chiesto a tutti - ancora con le parole di Rondoni - di non "trattare male la scuola". E cioè di non "usarla per altro motivo" che non sia quello suo proprio.

Ma vediamo ora montare una piccola tempesta di interpretazioni, in dura e preconcetta chiave anti-ministro. Un'interpretazione libera, ma che non sta né in cielo né in terra. Perché il nostro pensiero è chiaro, il "comandamento" è chiaro: non strumentalizziamo i ragazzi, non usiamoli per i nostri fini. Appunto.

Marco Tarquinio

 

 

 

 

3 settembre 2010

Promemoria per gli addetti ai lavori

Le orme dei giovani sulla strada della scuola

I bambini, i ragazzi. Bisogna guardare loro. Innanzitutto guardare loro. Quel che ferve nel loro sguardo, e si movimenta nei loro cuori e nelle menti, atletiche e svelte come lepri o cerbiatti. Sì, occorre guardare questi nostri cerbiatti. Per valutare l’inizio della scuola, per vedere cosa fare, per capire cosa c’è di buono e cosa da correggere. Occorre guardare loro, l’essenziale. Lo scopo della scuola. Che è venire incontro, accogliere, sostenere, far crescere e nutrire quella innata curiosità che anima i nostri cerbiatti, i nostri figli, con i loro capelli di luce, gli occhi vivaci.

Ci sono, come ogni anno, annunci e problemi. La signora Ministro ha affrontato con gagliarda e dunque controversa volontà riformatrice sia l’Università che la Scuola. Una partita personale e politica su cui sta scommettendo molto. E mentre in Università le riforme si sono accavallate e ora se ne aspetta una un po’ ordinata e di prospettiva, d’altra parte nella Scuola molti interessi corporativi, molti problemi lasciati per strada, molte iniziative frammentate rendono difficile da sempre un vero disegno riformatore. La situazione dei precari, l’apertura di nuovi posti e altri irrisolti nodi (come quello del trattamento riservato alle scuole pubbliche non statali) rende anche quest’anno il panorama dell’avvio confuso e non privo di ombre. Speriamo che prevalga in tutte le parti la buona volontà di salvaguardare l’essenziale. Cioè il servizio da rendere a loro, i nostri cerbiatti, o come dice un’antica storia delle foreste, i nostri "bambini giaguaro", figure che intervengono a rinnovare il mondo. Sono loro che dobbiamo tutti servire, senza cedere alla faziosa difesa di interessi particolari, senza vedere nella scuola il luogo del confronto politico partitico, o della difesa di corporativismi che spesso han bloccato e bloccano l’Italia.

In questo inizio, chi userà della scuola per terreno di scontri, di difese di rendite di posizione, di consenso politico e altre piccinerie, vorrei che fosse condannato ad andare davanti al plotone di esecuzione. Un plotone immenso, composto dai nostri bambini e ragazzi, che lo fissassero al muro (ministro o sindacalista, docente o amministrativo che sia). E con le armi della loro infanzia e giovinezza eseguissero la condanna: pistole ad acqua, elastici, schioppi di legno o mitragliette con i suoni elettronici d’ultima generazione, qualche pernacchietta e altri lazzi e battute. Sono sicuro che a far le cose come si deve, il plotone coi cappellini colorati, gli zaini (sempre troppo pesanti), le chewin-gum e tutto il resto starebbe schierato dalla mattina alla sera. Perché ci sono un sacco di furbastri che campano sulla e nella scuola e però dei ragazzi gliene interessa assai meno del giusto.

Ma non c’è reato più grave oggi in Italia che trattare male la scuola. Che usarla per altro motivo che non sia servire i nostri cerbiatti. Lo chiamo reato, perché fa quasi più effetto, in quest’era giudiziaria. Ma si dovrebbe chiamare offesa, ingiustizia, peccato, ignominia tanta è la gravità. Guai a chi per vanagloria o per protesta o per acquiescenza usasse e trattasse senza il dovuto onore questi piccoli nostri figli. Anche là dove le condizioni non sono buone, non si esacerbi il tutto, ma si faccia in modo che i bambini e i ragazzi non patiscano maggiore disagio.

Non si guardi ad altri interessi. Non si sfrutti il loro nome per richieste e pretese, per quanto comprensibili. Non si faccia carriera sulla loro pelle. L’inizio della scuola è un’occasione per guardarci allo specchio e dirci: stiamo servendo al meglio i nostri cerbiatti, i nostri figli? O meritiamo lo strambo, allegro e però terribile plotone d’esecuzione dei loro sguardi che ci mettono al muro della nostra responsabilità? Vale per il Ministro, e per ogni adulto che ha una funzione nella scuola.

Davide Rondoni

 

 

 

 

3 settembre 2010

UNIVERSITA'

L'odissea dei test. Uno su dieci ce la fa

Bsterebbero due numeri, a spiegare il clima in cui ieri si è svolto il primo dei test d’ingresso universitari alle facoltà a numero chiuso. Medicina: 8755 posti disponibili, circa 90mila studenti assiepati davanti ai cancelli degli atenei d’Italia. Come dire: uno su dieci ce la fa.

E saranno le scarsissime percentuali d’accesso a fronte del boom di richieste (sono state il 10% in più), saranno le 80 domande della prova (che anche quest’anno, in alcuni casi, hanno lasciato gli studenti spiazzati e per l’argomento e per il modo in cui sono state poste), sarà la richiesta di medici nel nostro Paese (insoddisfatta, e crescente), sui test s’è scatenata nelle ultime ore un’autentica bufera.

Che il sistema di accesso a certe facoltà, medicina in primis, abbia bisogno di un "restyling" è osservazione ampiamente condivisa. Le opinioni divergono sul come.

Il ministero difende lo strumento dei test: "Garantisce una buona scrematura e premia la qualità", ha spiegato la Gelmini. Che è disposta, però, a un cambiamento della prova, magari alleggerendo il peso delle domande di cultura generale a vantaggio di quelle specialistiche (da tempo, peraltro, un tavolo tecnico ad hoc istituito dallo stesso ministero sta studiando un modo per migliorare il pacchetto di quesiti). Il Pd, dal canto suo, ha immediatamente rispolverato il passato e invitato il ministro "se davvero è interessato a migliorare l’efficacia del test" a attuare quanto previsto dai ministri Mussi e Fioroni, e cioè coinvolgere le scuole nella redazione dei quiz affinché i contenuti siano attenti ai saperi e alle competenze acquisiti nei loro percorsi di studio.

La Cgil mette in evidenza la carenza di medici che si prospetta nei prossimi anni nel Servizio Sanitario Nazionale con le uscite previste per pensionamento: "Un primo passo in avanti – hanno osservato Rita Guariniello, segretaria nazionale Flc-Cgil e Massimo Cozza, segretario nazionale Fp-Cgil medici – sarebbe rappresentato da un’unica graduatoria nazionale e da test con domande attinenti alla preparazione scientifica necessaria". Per l’Unione degli universitari il numero chiuso è una selezione "che ha fallito da tutti i punti di vista" e che ha favorito solo gli ordini professionali.

Il "numero chiuso", per Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale e coordinatore dei corsi di laurea in medicina, non va, invece, messo in discussione. Piuttosto – suggerisce – i test andrebbero accompagnati da un "questionario ad hoc" da una fase di "orientamento" dal terzo anno di superiori. Divisi i rettori dei diversi atenei (che generalmente lo considerano un male necessario) e gli stessi studenti (il 70% di quelli interpellati dal popolare sito Studenti.it pensa che il criterio di selezione migliore sia una media tra il voto di maturità e l’andamento degli ultimi anni delle scuole superiori, ma c’è anche un 21% secondo cui gli attuali quiz vanno più che bene).

Quel che è certo è che per quest’anno siamo solo all’inizio. Ieri migliaia di studenti di tutta Italia si sono cimentati con la prima prova di medicina e chirurgia. Oggetto della prova 80 quesiti: 40 di cultura generale e ragionamento logico, 18 di biologia, 11 di chimica e altrettanti di fisica e matematica. Oggi sarà la volta di odontoiatria e protesi dentaria, lunedì di medicina veterinaria, martedì dei corsi finalizzati alla formazione di architetto. A conti fatti, nel solo ambito medico, ci sono 37mila posti a bando e 218mila candidati. Chiamarla lotteria, è davvero un eufemismo. Per fortuna la passione per le materie scientifiche nel nostro Paese non si fa scoraggiare (quest’anno facoltà di medicina come quelle di Milano o di Bologna hanno segnato record di iscrizioni, tra il 30 e il 40% in più). Nemmeno dai risultati precedenti al test: quest’anno, di quasi 560mila rimandati, più della metà lo sono stati in proprio in matematica.

Viviana Daloiso

 

 

 

 

2010-09-02

2 settembre 2010

LA SCUOLA CHE VERRA'

Gelmini, solidarietà ai precari

ma niente strumentalizzazioni

Ai precari della scuola "va la massima solidarietà, anche in maniera completa". Lo ha detto il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, lanciando un appello alle forze politiche affinchè "non si strumentalizzi il disagio". Il ministro, durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi, ha quindi ricordato i provvedimenti messi in atto dal Governo per fronteggiare il precariato a cominciare dal così detto decreto salva-precari. Oggi la scuola pubblica non è in grado di assorbire tutti i 200mila lavoratori precari della scuola, nonostante le proteste che si stanno svolgendo in diverse parti d'Italia. "I precari che ereditiamo sono 200mila, un numero spaventoso, che è il frutto di politiche disinvolte del passato che la scuola non era in grado di finanziarie - ha detto la Gelmini -. Nessun governo può assorbire 200mila precari".

Il ministro ha detto di stare facendo uno sforzo di razionalizzazione circa il numero degli insegnanti non di ruolo da far lavorare, che si basa sull'entità della popolazione scolastica. "Prima di chiedere più risorse al governo ci si deve preoccupare di ottimizzarne l'impiego. In un periodo di stretta sui conti pubblici è utopico chiedere ora più risorse", ha detto Gelmini giustificando il fatto che non sono stati previsti grandi investimenti pubblici sulla scuola.

"Sono disponibile al confronto sul precariato e con i precari, ma solo se si tratta di ragionare in un clima costruttivo e su dati veri. Quando invece il disagio viene strumentalizzato per fini meramente politici, allora sottraggo non tanto la mia persona, ma l'istituzione a questo passaggio", ha poi aggiunto il ministro lanciando poi un appello "a tutte le forze politiche affinchè non venga strumentalizzato il disagio".

LE NOVITA' PER IL PROSSIMO ANNO

Durante la conferenza stampa, il ministro ha presentato le novità sull'anno scolastico 2010-2011: "Quest'anno non si potranno superare 50 giorni di assenza, pena la bocciatura", ha sottolineato Mariastella Gelmini. La novita', ha detto, "servirà anche a bloccare la prassi di certi diplomifici dove si arriva al diploma pur avendo frequentato poco o nulla".

Il ministro ha poi affrontato il nodo degli insegnanti di sostegno: "Non è vero che gli insegnanti di sostegno sono diminuiti nella scuola italiana. Abbiamo incrementato gli insegnati di sostegno di 2.700 unità perchè non devono mancare laddove ce n'è effettivo bisogno".

 

 

 

2010-08-07

Home Page Avvenire > Interni > Gelmini: "Dal 2013 per i prof una carriera sul merito"

Interni

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7 agosto 2010

INTERVISTA

Gelmini: "Dal 2013 per

i prof una carriera sul merito"

"Una carriera basata sul merito". Un meccanismo che mandi in pensione gli attuali scatti di anzianità, che "sono l’unico elemento di progressione nello stipendio dei docenti". Il ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini non ha dubbi: "Entro il 2013 il merito dovrà diventare lo strumento per creare una vera carriera docente. Per via legislativa o per via contrattuale, ma sicuramente lo faremo". Lo ha detto anche ai sindacati con i quali mercoledì scorso ha aperto un tavolo di trattativa e confronto, "trovandoli sostanzialmente pronti a perseguire questa strada". Intanto il ministro Gelmini annuncia per il prossimo anno scolastico "l’assunzione di 10mila nuovi docenti, 6mila personale Ata e un concorso per 2800 posti di dirigente scolastico. Un traguardo importante in un’epoca di tagli e sacrifici".

Il sistema scolastico che emerge in questi giorni mostra una scuola del Sud nella quale i 100 e lode alla maturità sono il doppio rispetto a quelli ottenuti al Nord, ma nel contempo la prova nazionale dell’Invalsi per l’esame di terza media mostra una miglior preparazione degli studenti del Nord. Come spiega una simile contraddizione?

"Questo divario esiste. Ci sono riscontri concreti che rimandano a una maggior generosità nel dare voti alti al Sud rispetto al Nord. Detto questo, noi da due anni stiamo lavorando per colmare il divario puntando sul sistema di valutazione che si basa su test internazionali. Non si può pensare che esista una valutazione chiusa nel rapporto docente-studente. Servono test internazionali che misurino i livelli di apprendimento e i progressi nell’apprendimento. La nostra intenzione è di potenziare l’Invalsi e di istituire una commissione di valutazione che ha portato ad alcune sperimentazioni per ampliare l’utilizzo dei test, per affidarci a criteri oggettivi".

Parliamo del fronte docente. Appare un altro divario: esubero di docenti al Sud e carenze al Nord.

"Non mi pare però paragonabile al divario di cui abbiamo parlato prima. Comunque voglio rassicurare tutti: l’anno scolastico partirà regolarmente. Ma credo che la cosa più importante sia l’apertura del tavolo di confronto con i sindacati".

In cui avete parlato anche della manovra?

"Certo, e abbiamo sottolineato che la manovra tanto vituperata di lacrime e sangue, in realtà permette per il prossimo anno scolastico l’assunzione di 10mila docenti, 6mila unità di personale Ata e l’avvio di un concorso per 2.800 dirigenti scolastici. Un segnale concreto di attenzione al mondo della scuola. Sono nuovi posti di lavoro. E poi, grazie alla manovra triennale del 2008, utilizzando parte del 30% ottenuto dai risparmi riusciamo a ripristinare per il personale docente gli scatti di anzianità, congelati nel pubblico impiego. Questo anche perché gli scatti, per ora, sono l’unico elemento di progressione di stipendio in assenza di una vera carriera".

Ma quel 30% di risparmi era destinato a premiare il merito.

"E infatti il resto dei fondi andrà proprio a sostenere il merito, che dovrà diventare lo strumento di progressione dello stipendio. L’ho detto chiaro ai sindacati mercoledì scorso e ho trovato interlocutori attenti, anche se non mancano alcune posizioni critiche. Comunque intendo essere chiara: o per via legislativa o per via contrattuale, la creazione di una carriera basata sul merito dovrà avvenire entro il 2013, data nella quale gli scatti scompariranno. Sarà la valorizzazione della professione docente. Siamo disposti a trovare un accordo e a studiare un percorso per raggiungere l’obiettivo, ma non a rinunciare al merito, che resta un punto fermo".

Tra un mese si torna a scuola. E debutterà la nuova secondaria superiore. Che debutto sarà?

"Credo che non ci saranno problemi maggiori rispetto agli anni passati. È chiaro che per una valutazione di una riforma così importante occorrerà qualche tempo, nel quale comunque continueremo a monitorare l’attuazione, intervenendo là dove si evidenziassero elementi critici. Questa riforma è importante quanto necessaria, soprattutto per il collegamento con il mondo del lavoro attraverso il potenziamento dell’istruzione professionale e i percorsi di alternanza scuola-lavoro e dell’apprendistato, in particolare in questo momento di crisi occupazionale".

Tra i percorsi post media vi sono anche i percorsi professionali triennali. Vigilerete pure sulla loro attuazione?

"La competenza in questo campo è delle Regioni, ma certo da parte nostra vi sarà un’attenzione all’interno della Conferenza Stato-Regione. Anche per il miglioramento di questo segmento formativo".

Per una riforma che parte, un’altra punta a raggiungere il traguardo finale: quella dell’Università. Plausi e critiche hanno caratterizzato il via libera al Senato.

"Devo dire che nel passaggio al Senato abbiamo mantenuto un’impronta innovativa della riforma, dando vita a una bella pagina di vita parlamentare, con la partecipazione di tutti e uno schieramento favorevole più ampio. Un testo che ritengo migliorato e affinato e non annacquato. Spero sia approvato a settembre dalla Camera".

Però ci sono state voci critiche come quelle dei ricercatori o dei dottori di ricerca. E lo stesso presidente Napolitano ha invitato a mantenere aperto un dialogo. Se ne terrà conto alla Camera?

"Alla lettera del presidente Napolitano risponderò per iscritto, ma voglio rassicurare che non verrà lesa l’autonomia degli enti di ricerca. Anche se chiediamo che vi sia maggior efficienza nell’uso delle risorse. Qualche modifica potrà essere valutata, ma il testo mi pare già ottimo".

E lo stop ai tagli nei fondi richiesta dal presidente dei rettori Decleva?

"Ne ho parlato con il ministro Tremonti e la Finanziaria conterrà i fondi necessari all’Università. Il problema sarà come spenderli".

Dai fondi all’Università a quelli per la scuola paritaria. La manovra triennale ha previsto per il 2011 un ulteriore taglio (224 milioni di euro) rispetto a quello fatto (130 milioni) e poi recuperato nel 2010. Che impegno si assume?

"Le risorse del 2010 sono rimesse nel capitolo di spesa e attendiamo il via libera della Conferenza Stato-Regioni. E per la Finanziaria 2011 posso dire che i soldi per le paritarie non si toccano. Già le risorse sono poche e non bisogna dimenticare che la scuola paritaria permette allo Stato un risparmio di oltre 6 miliardi di euro".

Dunque nel 2011 saranno stanziati i 534 milioni di euro previsti originariamente dal capitolo di spesa?

"Esatto, non ci saranno tagli".

Enrico Lenzi

 

 

 

 

 

2010-07-28

28 luglio 2010

LA RIFORMA

"Università, serve un patto nazionale"

Gira che ti rigira, la storia resta la stessa: "È vero i fondi sono un problema, da risolvere, ma significa che dobbiamo rinunciare a qualsiasi idea di riforma?", taglia corto il ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, parlando in aula al Senato al termine della discussione generale sul disegno di legge di riforma dell’università (sarà approvato da Palazzo Madama in prima lettura domani sera e poi passerà alla Camera per il via libera definitivo.), ripresa ieri mattina. Riforma che secondo il consigliere dello stesso ministro Gelmini, Alberto Albertini, "non sarà pronta prima delle vacanze estive come sperava il ministro", ma viste le "centinaia e centinaia di interventi e modifiche, ragionevolmente si arriverà in autunno".

La Gelmini, insomma, spiega che "non mi sento di condividere una posizione negativa sul ddl motivata esclusivamente o principalmente dalla mancanza di fondi". Anzi, va oltre e propone al Senato "d’impegnarci in un nuovo patto nazionale per l’università". Poiché – va avanti – "di risorse aggiuntive ne abbiamo avute in quantità nello scorso decennio, grazie a governi di centrodestra e di centrosinistra" ed è "sotto gli occhi di tutti che il loro impatto non è stato positivo perché non è stato accompagnato dalle risorse necessarie".

Però "se le riforme non si fanno quando le risorse aumentano né quando le risorse diminuiscono, allora quand’è che si possono fare? Esiste in questo Paese un tempo per le riforme? La mia risposta è oggi. Abbiamo di fronte a noi un’occasione irripetibile, è nostro dovere coglierla fino in fondo senza tentennamenti". Dunque – conclude il ministro – "mi auguro sia ancora possibile un accordo tra maggioranza e opposizione. Restano alcune differenze, ma non tali da avere una totale ostilità nei confronti di questa riforma".

Tuttavia l’opposizione attacca. "Questo disegno di legge è un’opportunità storica" e però "si è rivelato un’opportunità mancata", dice sempre durante il dibattito in aula Mauro Ceruti (Pd): "Il ddl infatti è collegato ad un enorme taglio e di fatto siamo passati da una sua riforma a una riforma Tremonti", con i tagli che "colpiscono 26mila ricercatori, collocati dalla riforma su un binario morto", mentre "per gli studenti nulla è contenuto in questo "combinato disposto" Gelmini-Tremonti che valorizzi il merito, il welfare, il diritto allo studio e, soprattutto, la mobilità".

Infine l’Italia dei valori, che va giù durissima: "L’università pubblica italiana è agonizzante e il governo si prepara a staccarle la spina con una finta riforma, fatta solo per mascherare i tagli decisi da Tremonti e che rimanderà a tempo indeterminato tutti quegli interventi di cui c’è invece urgente bisogno", fa sapere il senatore Pancho Pardi, secondo cui "le scelte del governo si possono facilmente riassumere in una riduzione micidiale delle risorse e in una vana retorica contro il baronato, come se i baroni fossero tutti solo di sinistra".

Esattamente opposte le considerazioni della maggioranza. Secondo il senatore Pdl e segretario della commissione finanze e tesoro, Vincenzo Speziali, la riforma "rappresenta la prima vera riorganizzazione degli atenei italiani", tanto "efficace che consentirà al sistema universitario italiano di competere con le migliori eccellenze europee". Una riforma che ha la sua "punta di diamante senza dubbio nell’introduzione del concetto meritocratico che determinerà la fine dei finanziamenti a pioggia. Autonomia e responsabilità viaggeranno su di un unico binario".

E aggiunge un altro senatore Pdl, Luigi D’Ambrosio Lettieri: "Dal ministro Gelmini abbiamo ricevuto in questi mesi di lavoro la conferma della sua tenacia e della sua autorevolezza. Da esse traiamo la migliore garanzia affinché le risorse economiche destinate al comparto universitario siano reperite quanto prima" e "nella misura adeguata alle esigenze di finanziamento che l’attuazione della riforma stessa richiede".

Pino Ciociola

 

 

 

 

2010-07-01

1 Luglio 2010

PUBBLICA ISTRUZIONE

Gelmini: rivedere la laurea triennale

Rivedere il percorso universitario del "3+2", ripensare la scuola media, potenziare la figura del maestro prevalente nella primaria. Il tutto rivendicando che "questa manovra economica fa salva sia l’Università sia la ricerca, non prevedendo tagli". È una Gelmini a tutto campo quella che ieri mattina alla trasmissione radiofonica "Radio anch’io" ha affrontato il futuro di scuola e università.

Ed è soprattutto la riforma del sistema accademico a concentrare l’attenzione del ministro della Pubblica Istruzione. "C’è un impegno preciso del governo – annuncia Mariastella Gelmini dai microfoni di Radio1 – e dei capigruppo al Senato per calendarizzare il ddl sull’università subito dopo la manovra, intorno alla metà di luglio, Si prevede poi una discussione alla Camera di circa un mese e crediamo che a fine settembre o metà ottobre si possa approvare definitivamente la riforma".

Una riforma che, sempre secondo il ministro Gelmini, "punterà su efficienza, merito e trasparenza". Obiettivi che "è già stato intrapreso. Abbiamo cominciato a tagliare i corsi di laurea inutili, cioè quegli insegnamenti che non hanno ragion d’essere perché hanno offerto cattedre, ma non hanno dato risultato agli studenti". Valutazione, quella del ministro, che comprende anche il sistema del "3+2", cioè della laurea triennale seguita da un biennio di specializzazione. Un sistema, commenta la Gelmini, che "sicuramente ha dato meno risultati di quanto ci si aspettava e spesso alla laurea triennale non consegue un’opportunità di lavoro, ma – aggiunge il ministro, quasi a tranquillizzare il mondo accademico – non si può intervenire ogni volta e rivedere il sistema. Serve certamente un correttivo, ma niente scossoni".

I commenti delle opposizioni non si sono fatte attendere. "Preso atto che la riforma dell’università non è stata neppure calendarizzata al Senato, prevedere quando lo sarà alla Camera è solo nella fantasia del ministro" dice Antonio Rusconi, capogruppo del Pd in commissione Istruzione a Palazzo Madama. E aggiunge: "Fino a oggi risultano respinti tutti gli emendamenti e gli ordini del giorno che cercavano di restituire almeno i due terzi del taglio di 1300 milioni di euro sull’Università nel 2011". Durissimo il capogruppo Idv della stessa commissione, Fabio Giambrone: "Il ministro Gelmini la pianti di parlare per spot e inizi a lavorare seriamente". E anche dal fronte dell’associazionismo accademico si preannuncia un luglio caldo, con la mobilitazione di docenti, ricercatori e dottorandi dal 5 al 9 luglio.

Da parte sua il ministro della Pubblica Istruzione ha rivendicato come "le tracce proposte alla maturità 2010 sono piaciute ai ragazzi" e anche l’aumento dei bocciati "è il frutto di un maggior rigore nella valutazione". E l’ormai prossimo avvio della riforma delle superiori? "Comporterà l’accorpamento per aree, ma chi è di ruolo non viene licenziato" assicura il ministro, che sul tema della riduzione delle ore alle superiori, replica che "non è vero che se si aumentano le ore gli studenti sanno di più". E un "ripensamento" sembra essere necessario anche per la media, nella quale "negli anni sono state introdotte molte materie, ma si è persa di vista la preparazione sulle materie fondamentali, come l’italiano, la matematica e la lingua straniera".

Enrico Lenzi

 

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.corriere.it

2011-08-04

 

 

 

 

 

2011-08-28

Le due Italie della maturità: più rigore al Nord, i voti massimi sono la metà

Benvenuti al Sud (con 100 e lode)

Il record di nuovo in Calabria dove un liceo

ha ben venti studenti con il massimo dei voti

Studenti dell'ultimo anno delle superiori impegnati nell'esame di maturità (Fotogramma)

Studenti dell'ultimo anno delle superiori impegnati nell'esame di maturità (Fotogramma)

Da alcune indiscrezioni sembra che i risultati degli ultimi esami di maturità rivelino un dato disarmante: al Sud i 100 e lode continuano ad essere il doppio che al Nord, la Calabria continua a battere ogni record con un liceo che ha venti 100 e lode mentre i migliori licei del Nord e del Centro ne hanno uno o due. La consolazione è che si tratta di un liceo diverso da quello dell'anno scorso (il quale sembra avere "migliorato": da 23 è sceso a 17).

È il terzo anno che dalle pagine del Corriere segnaliamo lo scandalo dei 100 e lode. Il problema è apparentemente insolubile. Eppure qualche giorno fa, su questo quotidiano, abbiamo commentato i risultati dei test Invalsi per elementari, medie e seconda superiore, che hanno dato la buona notizia che la cultura dei test sembra prendere piede anche in Italia e che, in presenza di osservatori, il "cheating" (barare) sembra essere contenuto. Si comincia a capire che bisogna avere delle misure oggettive del rendimento degli studenti per misurarli uno contro l'altro e le scuole una nei confronti dell'altra e di iniziare un processo di valutazione oggettivo.

La maturità è però il momento chiave in cui queste misurazioni dovrebbero essere fatte (in Usa, il test principale creato 80 anni fa, il Sat, si fa solo alla maturità) perché serve a dare una misura obiettiva del merito per selezionare chi va alla università e indirizzarlo. Un grande scrittore e insegnante statunitense del secolo scorso diceva "la selezione degli individui in funzione delle loro capacità è probabilmente il processo più delicato e difficile. Coloro che riceveranno la migliore istruzione gestiranno tutti i posti di lavoro del Paese. Quindi la domanda "chi dovrebbe andare all'università?" vuole dire "chi deve guidare la società?". Non sono domande da trattare con leggerezza. Sono domande per le quali si sono combattute delle guerre".

In Italia, mentre il "diritto allo studio" è ormai pienamente acquisito (si pagano rette bassissime e le università sono sotto casa), non vi è nessuna garanzia sulla meritocrazia nella selezione. Non è certo che alla università ci vada chi se lo merita e soprattutto non è certo che i migliori vadano alle università migliori. I 400 milioni in borse di studio amministrate dalle Regioni (non dal ministero, così prevede la normativa), vengono date sulla base del "merito" inteso come bisogno di supporto economico, misurato sulla base del reddito dei genitori, che è falso nel caso di un italiano su due. Il merito "vero", quello dei risultati conseguiti, è basato sui voti che però sono anche essi, come visto, falsi, per cui queste borse di studio vanno a mediocri figli di evasori fiscali. Tanti giovani capaci, poco abbienti, ma figli di persone che pagano le tasse non riescono ad andare all'università. Peggio, tanti giovani eccellenti che potrebbero essere ammessi alle migliori università di Italia, si iscrivono alla università sotto casa perché non possono permettersi i costi di trasferta.

La grande occasione persa nel non aver esteso i test Invalsi alla maturità non è solo quella di una grande occasione perduta per rilanciare la meritocrazia nella selezione per l'accesso alla università. Quei test potrebbero essere utili anche per valutare il sistema educativo italiano dove è più debole e ineguale: l'istruzione superiore e l'università. Infatti i risultati dei test Invalsi hanno evidenziato che il grosso gap di risultati tra Nord e Sud non è alle elementari, come si potrebbe immaginare tenendo conto del contesto familiare, ma nelle medie e soprattutto nelle superiori. Un test standard alla fine delle superiori, se integrato con quello attuale introdotto al secondo anno, può dare una misura obiettiva della qualità dell'insegnamento in quel liceo o in quell'istituto tecnico. Non solo ma se esistesse il test e i 400 milioni di borse di studio andassero agli studenti migliori, avremmo anche una misura obiettiva della qualità delle università: le migliori sarebbero quelle dove vanno gli studenti migliori. E la riforma della università, che tenta di valutare a fatica gli atenei per distribuire i finanziamenti pubblici in senso meritocratico, ne riceverebbe un impulso determinante.

Infine un suggerimento e una domanda. Il suggerimento è per i genitori, che prima di iscrivere i propri figli a settembre, dovrebbero richiedere i test Invalsi della scuola a cui intendono iscrivere i ragazzi e paragonarli a quelle di altre scuole e alla media della propria città. I dati oggi esistono, dovrebbero essere resi trasparenti e prima o poi avverrà, nell'attesa richiediamoli e nessuno può vietarci di conoscerli. La domanda è per il ministro Gelmini, che è stata il "campione" del rilancio dell'Invalsi: cosa è necessario fare per evitare anche il prossimo anno lo scandalo dei 100 e lode, estendendo il test Invalsi alla maturità e successivamente creando il "fondo per il merito" già approvato dalla legge per allocare borse di studio private e pubbliche ai migliori giovani italiani?

Roger Abravanel

02 agosto 2011 16:26

 

 

 

22011-07-28

ANNUNCIO

"Medici al lavoro prima dei trent'anni"

Al via la riforma dell'università

Le specializzazioni dureranno di meno, l'esame di laurea varrà quello di Stato. Fazio: "Rimane il numero chiuso"

Ferruccio Fazio

Ferruccio Fazio

MILANO - La riforma del percorso di studi di medicina consentirà ai giovani di entrare nel mondo del lavoro "prima dei trent'anni" e con un risparmio di tempo pari a "tre anni e mezzo". Nel corso di una conferenza stampa, al termine del Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi, il titolare della Salute, Ferruccio Fazio, definisce il provvedimento come "una delle innovazioni più grandi nel settore della sanità". Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, parla di "rafforzamento della qualità unita al risparmio di tempo degli studenti". L'obiettivo del provvedimento, spiegano, è "rafforzare la qualità della formazione specialistica post laurea, accrescere la partecipazione degli specializzandi all'attività professionale con esperienze sul campo, rendere più compatto il percorso complessivo, evitare tempi morti tra una fase e l'altra ed incentivare la partecipazione dei giovani medici al dottorato di ricerca".

TRE NOVITA' - Tre le novità della riforma: la scuola di specializzazione durerà un anno in meno. La durata dei corsi di specializzazione viene avvicinata a quella europea: le specialità chirurgiche passano da 6 a 5 anni, quelle mediche da 5 a 4 anni o 3 per alcune aree particolari. Poi il dottorato. Durante la specializzazione sarà consentito, nell'ultimo anno, di svolgere contemporaneamente il dottorato. In questo modo si dovrebbe consentire allo specializzando di accorciare ulteriormente il percorso di studi ed entrare nel mondo del lavoro più rapidamente, come accade all'estero e nei migliori sistemi formativi, come quelli anglosassoni. Laurea: l'intenzione dell'Italia è di confermare la durata di 6 anni del percorso di laurea, mentre il tirocinio valutativo di 3 mesi, che oggi si svolge dopo la laurea, verrà incorporato nella stessa. L'esame di laurea, quindi, inglobando anche l'esame di Stato, permetterebbe di conseguire una laurea abilitante. Questa scelta dovrà avvenire previo confronto in sede europea, in modo da garantire l'uniformità delle scelte.

RIMANE IL NUMERO CHIUSO - Per l'accesso alle facoltà di medicina resterà il numero chiuso. Lo ha sottolineato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, durante la presentazione delle novità contenute nella riforma del percorso di studi di Medicina. "Abbiamo una pletora di medici. Attualmente - ha spiegato il ministro - ne abbiamo 4 ogni 1.000 abitanti a fronte di una media Ocse di 3,3. Con le nuove regole la nostra media scenderà a 3,5 rimanendo dunque ancora superiore a quella Ocse. Il numero di medici che escono dalle facoltà a numero chiuso copre le necessità del Paese e non riteniamo - ha concluso Fazio - di aver bisogno di nuovi medici".

Redazione Online Salute

28 luglio 2011 17:50

 

 

 

 

2011-04-16

NUOVO AFFONDO SULLa SCUOLA PUBBLICA

Berlusconi: "Dai docenti di sinistra

valori contrari alla famiglia"

L'appello del premier alle mamme: "I genitori possono scegliere di sottrarre i figli a chi inculca ideologie"

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Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (Ansa)

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (Ansa)

PADOVA - Silvio Berlusconi, in un messaggio inviato a Padova a una riunione dell'Associazione nazionale delle mamme, ha sottolineato che i genitori oggi possono scegliere liberamente "quale educazione dare ai loro figli e sottrarli a quegli insegnamenti di sinistra che nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi da quelli della famiglia".

"CARE MAMME" - Il premier, parlando dell'azione del governo ha ricordato l'introduzione di leggi contro la violenza sessuale e il reato di stalking. Si è detto quindi convinto delle grandi capacità delle donne: "Siete più brave di noi uomini, a scuola, sul lavoro, siete più puntuali, più precise e più responsabili. Anche per questo ho voluto che nel nostro governo ci fossero ministri donne e mamme che sono attivissime e bravissime". "Care mamme - ha concluso - vi garantisco che il governo continuerà a lavorare con lo stesso entusiasmo e con lo stesso impegno per valorizzare il vostro ruolo nella famiglia nel mondo del lavoro e nella società". Berlusconi nella nota si è congedato con "un bacio e un saluto affettuoso a tute voi con l'augurio che possiate realizzare tutti i progetti e i sogni che avete nella mente e nel cuore". (fonte: Ansa)

16 aprile 2011

 

 

2011-04-04

LA VIDEOINCHIESTA dopo le segnalazioni dei lettori

Come laurearsi in otto mesi:

tutto (o quasi) regolare

Sconti, bonus, agevolazioni, facilitazioni, convenzioni:

le ombre del sistema universitario italiano

LA VIDEOINCHIESTA dopo le segnalazioni dei lettori

Come laurearsi in otto mesi:

tutto (o quasi) regolare

Sconti, bonus, agevolazioni, facilitazioni, convenzioni:

le ombre del sistema universitario italiano

Università: la videoinchiesta

di Antonio Crispino

MILANO - L'università ha messo i saldi, chi può ne approfitta. E non si tratta soltanto di sconti economici. Vi piacerebbe un'università senza libri, con professori accondiscendenti, domande a piacere, tesi di laurea già confezionate su misura o magari prepararvi con la stessa persona che vi interrogherà all'esame? Oggi tutto questo si può. In Italia. Solo in Italia. E ciò che più sconforta è che è tutto regolare. O quasi.

Dopo la nostra inchiesta sul diplomificio campano (un diploma di ragioniere in poco più di 24 ore) e lo scandalo della compravendita delle tesi di laurea (dalle 300 ai 2000 euro per una tesi di laurea già pronta), sul nostro sito sono piovute valanghe di segnalazioni di malcostumi più o meno eclatanti per abbreviare o facilitare il corso di studi.

LE LAUREE - Esperienze ai limiti dell'incredibile come chi racconta di lauree conseguite in appena otto mesi o promozioni di ragazzi cacciati in precedenza ripetutamente da più di un istituto. Così, se c'è chi suda le proverbiali sette camicie per superare un esame dall'altra parte esiste chi riesce a passare lo stesso esame senza toccare un libro e con voti da premio Nobel. Tutto questo grazie a un sistema di sconti, bonus, agevolazioni, facilitazioni, convenzioni che gettano più di un'ombra sulla qualità del sistema universitario italiano.

E chi crede che poi sarà il mercato del lavoro a fare la differenza o a esercitare una selezione naturale, si sbaglia. Come dimostra la storia di un nostro lettore, laureato alla Sapienza di Roma, superato a un concorso da chi gli ha confessato di aver preso una laurea privata "in saldi", prima e meglio. Il padre ha provato a descrivere la delusione e l'amarezza del figlio in una mail arrivata in redazione. Alla quale abbiamo chiesto un commento al rettore di una delle Università italiane più prestigiose, la Ca' Foscari di Venezia.

Antonio Crispino

01 aprile 2011(ultima modifica: 04 aprile 2011)

 

 

2011-03-30

si indaga sulle assegnazioni delle cattedre di prima e seconda fascia dal 2006 a oggi

Concorsi truccati, perquisizioni

per tre docenti di Statale e Bocconi

Inchiesta coordinata dalla procura di Bari: l'accusa è di aver manipolato le procedure pubbliche

si indaga sulle assegnazioni delle cattedre di prima e seconda fascia dal 2006 a oggi

Concorsi truccati, perquisizioni

per tre docenti di Statale e Bocconi

Inchiesta coordinata dalla procura di Bari: l'accusa è di aver manipolato le procedure pubbliche

MILANO - Le abitazioni e gli studi di tre docenti universitari - due della Statale e uno della Bocconi - sono stati perquisiti a Milano nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla procura di Bari sulla manipolazione di concorsi per accedere agli incarichi di professori di prima e seconda fascia. I professori coinvolti sono Enrico Vitali (docente di diritto canonico ed ecclesiastico alla Statale), Giuseppe Franco Ferrari (docente di diritto pubblico comparato alla Bocconi) e Giuseppe Casuscelli (docente di diritto ecclesiastico e canonico alla Statale). I magistrati baresi, che per le perquisizioni si sono avvalsi della collaborazione dei colleghi della procura di Milano come "presenza di garanzia", ipotizzano il reati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione. Coinvolti nell'inchiesta una dozzina di docenti universitari, alcuni dei quali svolgono la professione di avvocato in varie città.

L'INDAGINE - Le perquisizioni sono state compiute da militari del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Bari, su disposizione del pm Renato Nitti. Nel decreto di perquisizione si legge che gli indagati avrebbero costituito un'organizzazione per manipolare l'esito di molteplici procedure concorsuali pubbliche bandite sul territorio "attraverso accordi, scambi di favore, sodalizi e patti di fedeltà". L'indagine riguarda concorsi banditi dal 2006 a oggi per diventare professori di prima e di seconda fascia.

Redazione online

30 marzo 2011

 

 

 

 

2011-01-15

USCITA DI SCENA del presidente del Consiglio superiore

Tagli, Carandini lascia i Beni culturali

Il Pd: "Si è ribellato all'assassinio della cultura italiana". Voci preoccupate anche nelle fila del Pdl

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Andrea Carandini (Ansa)

Andrea Carandini (Ansa)

ROMA - Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali, si è dimesso. La decisione sarebbe legata agli ulteriori tagli al settore. Carandini era stato nominato presidente del Consiglio superiore dei beni culturali dal ministro Sandro Bondi il 25 febbraio 2009 al posto del dimissionario Salvatore Settis. Quest'ultimo aveva poi lasciato l'incarico per dissenso sulla gestione e sulla tutela della politica culturale del governo. Carandini è professore ordinario dal 1980 e dal 1992 insegna archeologia presso l'Università di Roma La Sapienza ed è uno dei più illustri e autorevoli archeologi a livello internazionale.

I TAGLI AL FUS - Carandini ha motivato le sue dimissioni irrevocabili "nella constatazione dell'impossibilità del ministero di svolgere quell'opera di tutela e sviluppo del patrimonio culturale stante la progressiva e massiccia diminuzione degli stanziamenti di bilancio".

REAZIONI E POLEMICHE - Le reazioni politiche alle dimissioni di Carandini non si sono fatte attendere . Dall'opposizione il vicepresidente dei senatori del Partito democratico, Luigi Zanda, non usa mezzi termini: "Berlusconi dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa alla cultura italiana per le dimissioni di Andrea Carandini, grande archeologo e persona perbene che oggi si è ribellato all'assassinio della cultura italiana". Reazioni preoccupate anche dalle file del Pdl: "Le dimissioni di Andrea Carandini fanno riflettere, anche perché si tratta di un grande tecnico nominato dal ministro Bondi, dunque super partes", dice il deputato Bruno Murgia del Pdl, componente della commissione Cultura alla Camera. "Il governo - aggiunge il parlamentare di centrodestra - deve raccogliere il grido d'allarme lanciato da Carandini, ripristinando i fondi per valorizzare il vero patrimonio italiano che è il paesaggio con la sua cultura". Fiducioso, invece, nella revocabilità delle dimissioni di Carandini si è detto il sottosegretario dei Beni Culturali Francesco Giro: "Se da un lato la lettera del professor Carandini esprime un netto dissenso rispetto alla riduzione dei finanziamenti destinati alla cultura, dall'altro lato rivela una disponibilità a proseguire il proprio impegno purché si assumano a breve termine scelte concrete a sostegno del patrimonio culturale nazionale". Dal centro arriva la dichiarazione del presidente dell'Udc, Rocco Buttiglione, che fa notare come le dimissioni di Carandini, "personalità di straordinario prestigio scientifico e non ideologicamente fazioso, dicono che la crisi del Ministero dei Beni Culturali è un dato drammatico e reale e che va affrontato al di fuori degli schieramenti di parte e con spirito di servizio per il bene del Paese". "Scelta di grande dignitá", secondo Francesco Rutelli, leader di Alleanza per l'Italia: "Qualcun altro, Bondi, avrebbe dovuto dimettersi per evitare che si dimettesse Carandini".

14 marzo 2011

 

 

 

 

 

 

 

2011-01-14

Il ministro dell'Istruzione polemico: chi era in piazza manda i figli alle private

Gelmini: "Più bidelli che carabinieri,

ma aule sporche"

"Gli insegnanti sono pagati poco? È vero, il problema è che sono troppi"

Il ministro dell'Istruzione polemico: chi era in piazza manda i figli alle private

Gelmini: "Più bidelli che carabinieri,

ma aule sporche"

"Gli insegnanti sono pagati poco? È vero, il problema è che sono troppi"

La Gelmini da Fazio (Ansa)

La Gelmini da Fazio (Ansa)

ROMA - Gli insegnanti "sono troppi", ecco perché "sono pagati pochissimo perché sono quantitativamente superiori al fabbisogno". I bidelli "sono quasi 200 mila, ci sono più bidelli che carabinieri in Italia e le scuole sono sporche". Fabio Fazio ospita Mariastella Gelmini a "Che tempo che fa" e la ministra dell'Istruzione ne ha per tutti. Per gli insegnanti italiani, che "è vero che vengono pagati poco, un insegnante di scuola superiore con 15 anni di anzianità guadagna 20 mila euro in meno del collega tedesco. Questo non è giusto, ma se si aumenta il numero dei docenti, se si aumenta il loro numero all'infinito finiscono per essere proletarizzati".

Per i bidelli, che sono troppi anche loro: "La spesa nella scuola è aumentata del 30 per cento. I bidelli sono quasi 200 mila, vengono spesi 600 milioni per le imprese di pulizia. Ci sono più bidelli che carabinieri per avere le scuole sporche".

Gli insegnanti di sostegno non sono affatto diminuiti secondo la Gelmini: "Dicono spesso che ho tagliato gli insegnanti di sostegno ma in realtà ce ne sono tremila e 500 in più rispetto al passato. Il problema è la loro distribuzione e il fatto che in alcune zone del Paese ne usufruiscono anche alunni che non ne avrebbero bisogno".

Nega i tagli la ministra da Fazio, parla invece di necessità di razionalizzare, spiega che nella riforma non ci sono "tagli alla scuola ma tagli agli sprechi. Mi sentirei in colpa se avessi tagliato sulla qualità della scuola, non ho licenziato nessuno, ma abbiamo contenuto la pianta organica e liberato risorse che hanno permesso di non bloccare gli scatti di anzianità per gli insegnanti".

E parla anche della manifestazione di sabato in difesa della Costituzione italiana, alla quale hanno partecipato cortei di studenti e genitori. "Una manifestazione assolutamente legittima - ha commentato Mariastella Gelmini - ma che nasce da un presupposto sbagliato: che il governo abbia attaccato la scuola pubblica. Molti tra coloro che sono scesi in piazza mandano poi i figli alla scuola privata. Lo trovo incongruente. Non hanno fiducia nella scuola pubblica".

La Gelmini da Fazio ci prova in ogni modo a convincere ma riesce soltanto a far insorgere più di prima l'opposizione, secondo cui nel suo intervento ha ripetuto "frasi e slogan triti e ritriti del tutto in contrasto con la realtà".

"Gli insegnanti non sono troppi rispetto al fabbisogno - s'infervora Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd -. Il rapporto alunni-insegnanti era perfettamente allineato alla media europea, se togliamo quelli di religione e di sostegno che altrove pesano sul bilancio di Welfare e Sanità e non dell'Istruzione. Il ministro ora spera di blandire i professori promettendo stipendi migliori dopo averli sterminati - continua la Puglisi -. Invece ha solo trasformato le classi in carri bestiame dove si vive ammassati in violazione delle norme di sicurezza".

"Mente sapendo di mentire - incalza Antonio Borghesi di Italia dei valori -. Il governo ha prosciugato la scuola pubblica, le scuole cadono a pezzi e i tagli sono sotto gli occhi di tutti".

"Sono due anni e mezzo che la ministra va ripetendo sempre gli stessi slogan - aggiunge Mimmo Pantaleo della Cgil scuola - in realtà racconta menzogne, invece di riproporre vecchi slogan mediatici, deve solo dirci se pensa di aver migliorato la scuola o di averla peggiorata. Secondo noi l'ha peggiorata, per gli insegnanti nessun miglioramento, le classi sono piene fino a 30 alunni, i docenti non sono affatto troppi e lei vuole tagliarne altri 18 mila e ridurre di 45 mila il personale Ata in tre anni".

Mariolina Iossa

14 marzo 2011

 

 

 

L'intervista

Muti: "Salviamo la cultura

ucciderla è un vero crimine"

Parla il maestro dopo la serata eccezionale di sabato con il "Va' pensiero" contro i tagli cantato da tutta la sala "Emozioni uniche, ho tradito le regole per protesta"

L'intervista

Muti: "Salviamo la cultura

ucciderla è un vero crimine"

Parla il maestro dopo la serata eccezionale di sabato con il "Va' pensiero" contro i tagli cantato da tutta la sala "Emozioni uniche, ho tradito le regole per protesta"

Riccardo Muti sul palco del Teatro dell'Opera (Ansa)

Riccardo Muti sul palco del Teatro dell'Opera (Ansa)

ROMA - "Alla fine del Va' pensiero ho sentito gridare Viva l'Italia, d'istinto dal podio mi sono girato verso la platea e ho visto gruppi di persone alzarsi in ordine sparso. Finché erano tutti in piedi, anche il coro, a cantare il bis seguendo la mia richiesta. È stata un'onda crescente, per partecipazione e intensità. Un uomo di grande corporatura al centro della sala che è stato tra i primi ad alzarsi in piedi: era Gérard Depardieu. Nel nome di Verdi si è invocata la patria unita. Era come se stessi sognando, un'emozione mai provata in vita mia". Riccardo Muti il giorno dopo il Nabucco "irrituale" che all'Opera di Roma ha rotto i codici di un mondo fatto di ritualità come quello della lirica. Il messaggio dell'Unità d'Italia si è intrecciato all'appello contro i tagli alla cultura; una serata di forte presa emotiva che è andata al di là del risultato musicale.

La pioggia di volantini dal loggione (Ansa)

La pioggia di volantini dal loggione (Ansa)

Lei ha interrotto lo spettacolo mentre dal loggione scendeva una pioggia di volantini...

"Una scena viscontiana che ci riporta al film Senso. C'erano frasi sull'identità italiana, altri con su scritto Viva il presidente Napolitano o Muti senatore a vita che mi ha messo qualche imbarazzo. È stata una cosa assolutamente spontanea, non c'era nulla di preparato. Ho preso la parola per ricordare che la cultura è la guida della nostra società. Poi il Va' pensiero cantato da tutta la sala, c'erano coristi che piangevano. Un momento di grande italianità".

Nel 1986 fece il bis del Nabucco al suo primo 7 dicembre scaligero da direttore musicale.

"Sapevo di contravvenire alla regola di Toscanini, mi resi conto che la richiesta di bissare una pagina non roboante, non si tratta della cabaletta di un virtuoso ma della preghiera dolorosa di un popolo smarrito, si rifaceva allo spirito dei patrioti milanesi risorgimentali, come se si fosse reincarnata l'atmosfera della presa di coscienza dell'identità nazionale alla prima del 9 marzo 1842. A Roma è stata una serata completamente diversa".

 

I protagonisti del Nabucco (Ansa)

I protagonisti del Nabucco (Ansa)

Per il canto di tutta la sala.

"Per alcuni secondi sono stato titubante se rifarlo o meno, poi ho pensato che quelle parole, Oh mia patria sì bella e perduta, si sposano alla situazione tragica e ignominiosa dei tagli verso la cultura e quindi all'uccisione squilibrata, vile, assurda della nostra identità nazionale. Ho pensato al momento grave non solo della musica, parlo anche dei musei, di case editrici che mi hanno scritto e non possono più dare alle stampe, per la mancanza di fondi promessi, pubblicazioni internazionali su Clementi e Boccherini, mentre si spendono grandi somme per apparizioni di attori d'Oltreoceano alla tv. Allora mi sono detto: ma sì, coinvolgiamo tutta la sala. E dal podio ho visto quella scena straordinaria. L'80 per cento della sala ha dimostrato di conoscere bene il testo, si capisce quanto siamo legati al repertorio operistico, mentre il mondo attonito si chiede perché la cultura in Italia debba soffrire così".

 

Berlusconi nasce imprenditore, perché non capisce che la cultura porta denaro?

"Quando andai con la Scala in Giappone, sul made in Italy ci fu un'attenzione dei media tale per cui a Tokyo i ristoranti italiani superarono quelli francesi. È chiaro che dobbiamo preoccuparci di chi non arriva a fine mese e della sanità, ma uccidere la cultura in un Paese come l'Italia è un crimine contro la società. La cultura è il collante spirituale che tiene insieme un popolo".

 

Lo ribadirà il 21 marzo quando andrà nella tana del lupo, al concerto che terrà alla Camera dei Deputati?

"Tutto quello che faccio nasce spontaneamente, non mi sono mai preparato un discorso. Dipenderà dall'impatto con la presenza fisica delle persone. Io spero che prima del 21 ci sia una mobilitazione tale che le luci sul problema si siano già accese".

 

Il sindaco Alemanno nel suo intervento sembrava uno dell'opposizione...

"Ha pronunciato, anche come presidente dell'Opera, parole giuste e coraggiose a favore di un teatro che ha un potenziale enorme e che non vuole essere abbandonato".

 

Secondo lei c'è un disegno per distruggere una categoria dalla quale il governo non si sente appoggiato?

"Non credo, tutto nasce dal fatto che la cultura è considerata marginale, non importante; questo offende sia persone che, come me, non hanno bisogno di lavorare in Italia, sia i nostri artisti che vengono visti come questuanti con la mano tesa per avere qualche spicciolo in mano. Io mi sento offeso come cittadino italiano. Gli artisti sono fondamentali, tant'è vero che la prima cosa che fanno le dittature è tappare la bocca alle menti pensanti. Non sto dicendo che da noi c'è la dittatura, ma fatta qualche eccezione come il presidente Napolitano i politici pensano che la cultura sia un passatempo inutile".

Le è capitato il canto del muezzin a un concerto nel deserto tunisino, alla Scala suonò Traviata al piano per uno sciopero. Ora ha diretto artisti e pubblico per la prima volta...

"Sarà anche l'ultima".

Valerio Cappelli

"Corriere della sera", pagina 36

14 marzo 2011

 

 

 

 

2011-01-10

orfini (pd): "Le prese in giro del governo sul FUS non finiscono mai"

Tolti altri 27 milioni alla cultura, il sottosegretario: cinema e lirica a rischio

Giro: "Ci troviamo a scendere da 258 a 231 milioni. Così le riforme della lirica e del cinema si bloccheranno"

orfini (pd): "Le prese in giro del governo sul FUS non finiscono mai"

Tolti altri 27 milioni alla cultura, il sottosegretario: cinema e lirica a rischio

Giro: "Ci troviamo a scendere da 258 a 231 milioni. Così le riforme della lirica e del cinema si bloccheranno"

Il sottosegretario ai Beni Culturali, Francesco Maria Giro (Ansa)

Il sottosegretario ai Beni Culturali, Francesco Maria Giro (Ansa)

MILANO - Ancora meno soldi per la cultura. Altri 27 milioni di euro sono difatti congelati, almeno fino a fine anno. "Ci aspettavamo un reintegro fino a 414 milioni e invece ci troviamo a scendere ulteriormente da 258 a 231 milioni. Così le riforme della lirica e del cinema si bloccheranno. E l'allarme per Cinecittà diventa doppio". A parlare così, senza nascondere "stupore e amarezza" è il sottosegretario ai Beni Culturali, Francesco Maria Giro.

DOCCIA FREDDA - La doccia fredda sui già precari numeri della Finanziaria arriva con una nota del Mibac: dello stanziamento del Fondo unico spettacolo (Fus) per il 2011, pari a 258 milioni, ulteriori 27 milioni sono congelati fino alla fine dell'anno. "Nelle pieghe della legge di stabilitá per il 2011 - si apprende dal Ministero per i beni e le attività culturali - si annida un'amara sorpresa che lascia sgomenti ed interdetti: per effetto di alcuni commi che rinviano a provvedimenti del Ministero dell'Economia riguardo eventuali scostamenti dagli introiti preventivati dalla vendita delle frequenze radioelettriche, sono stati congelati ulteriori 27 milioni di euro del FUS, già ridotto quest'anno a poco meno di 260 milioni di euro".

"Siccome il congelamento vanifica la ripartizione ipotizzata fino a ieri sulla base di 258 milioni, bisognerà riprocedere ad una ripartizione che toglierà circa un ulteriore 10% ad ogni settore", spiega Giro. E i conti sono presto fatti. Sulla base di quel che resta del Fus, ovvero 231 milioni, applicando le aliquote vigenti per i vari settori, le fondazioni lirico-sinfoniche avranno circa 109 milioni, la musica circa 31, la danza circa 5, il teatro circa 37, il circo 3,4 milioni e il cinema circa 42 (di cui meno di 7 potrebbero essere destinati a Cinecittà).

PD - La voce dell'opposizione non tarda a farsi sentire: "Le prese in giro del governo sul Fondo unico dello spettacolo non finiscono mai. Oggi apprendiamo che alla già incredibile quantità di tagli,va aggiunta un'ulteriore consistente riduzione", dice Matteo Orfini, responsabile Cultura e informazione della segreteria nazionale del Pd.

Redazione online

09 marzo 2011

 

La laurea serve ancora

Si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio. Certo: in Italia c'è qualcuno, particolarmente dotato, che riesce a unire le due cose. Ma il poeta aveva capito. Quando entriamo nell'età dei padri, diventiamo paternalisti.

Perdonate quindi se, dopo aver letto i dati (Almalaurea) sull'università italiana, esprimo un'opinione. Non è proprio un consiglio. Diciamo un suggerimento strategico.

Un laureato 2005 ha oggi una busta-paga media di 1.295 euro; fosse andato all'estero sarebbe a 2.025 euro. I laureati che hanno trovato lavoro in Italia, un anno dopo la laurea, sono scesi del 7% (periodo 2007/2009). Il calo delle iscrizioni (meno 9% in quattro anni) mostra un cambiamento demografico (meno diciannovenni) ma anche la scarsa fiducia delle famiglie nello studio come mezzo di avanzamento.

Posso dirlo? Sbagliano. Se un ragazzo ha voglia di studiare, ed è portato per gli studi, non deve farsi spaventare. Per il bene suo e del Paese. L'università è un investimento su noi stessi, come ha ricordato Irene Tinagli sulla "Stampa". E, insieme alla scuola pubblica, resta l'ultimo grande frullatore sociale, capace di mescolare redditi censo e geografia. Se si ferma quello, siamo fritti.

E' vero che i giovani connazionali hanno motivi di protestare ("Uno spreco di risorse che li avvilisce e intacca gravemente l'efficienza del sistema produttivo", ha riassunto Mario Draghi). Ma studiare paga, anche in senso letterale. "Non bisogna guardare solo le retribuzioni iniziali - spiega Andrea Cammelli, presidente di Almalaurea - Se consideriamo l'intera vita lavorativa, un diplomato guadagna 100 e un laureato 155".

Voi direte: d'accordo, studiare. Ma dove, quanto, cosa? Semplifico (e mi scuso con i ragazzi).

DOVE In una buona università lontano da casa (a diciannove anni fa bene!). Vivere e studiare in una T Town (Trieste, Trento, Torino) o in una P City (Pavia, Pisa, Parma, Piacenza, Padova, Perugia, Palermo) cambia la prospettiva. Una laurea al Politecnico di Milano ha lo stesso valore legale di una laurea all'università di Bungolandia: ma un valore intellettuale, morale, sociale, pratico ed economico molto diverso. Le "università tascabili" fondate per accontentare sindaci, governatori, partiti e docenti hanno il destino segnato.

QUANTO Con ragionevole urgenza. I "fuori corso" sono malinconiche figure del XX secolo. Deve studiare chi sa farlo e ha voglia di farlo. Le università sono laboratori per il cervello, non parcheggi per natiche stanche.

COSA Quello che volete. Rifiutate il giochino, caro ai genitori, "quale facoltà offre più opportunità di lavoro". Tutte ne offrono, se avete attitudine, grinta, entusiasmo e successo. Nessuna ne offre, se vi rassegnate alla mediocrità. Scegliere per esclusione - magari giurisprudenza, rifugio degli indecisi - è una follia. Nei concorsi e negli studi professionali troverete ragazze e ragazzi che l'hanno scelta per passione e predisposizione; e vi faranno a fette. Un destino da salami, interamente meritato.

Beppe Severgnini

 

 

 

 

2011-01-07

Il ministro Gelmini: "Non è vero che la penalizziamo"

Scuola, taglio di 20mila docenti

"Nessun attacco alla scuola pubblica"

Il Miur comunica che a causa della riforma alle superiori vi saranno circa 8.000 docenti in esubero

Il ministro Gelmini: "Non è vero che la penalizziamo"

Scuola, taglio di 20mila docenti

"Nessun attacco alla scuola pubblica"

Il Miur comunica che a causa della riforma alle superiori vi saranno circa 8.000 docenti in esubero

"Scuola elementare a soqquadro"

MILANO - "Non ci sono nuovi tagli. Il piano di razionalizzazione viene confermato, credo che non ci saranno problemi di funzionamento". Il ministro dell' Istruzione Mariastella Gelmini annuncia che il governo ha stanziato le stesse risorse messe a disposizione dall'esecutivo di Romano Prodi sul comparto dell'educazione scolastica. "Non ci sono nuovi tagli - ha assicurato a margine della presentazione di una iniziativa con il Comune di Milano sull'educazione motoria - il piano di razionalizzazione viene confermato e sulle spese di funzionamento quest'anno non ci saranno problemi, a differenza dell'anno scorso". Il ministro dell'Istruzione ha annunciato anche che a breve sarà pubblicato un bando per il reperimento di nuovi presidi. "Sarà bandito al più presto un nuovo concorso - ha detto, anticipando quanto verrà deciso giovedì in un tavolo con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, - I presidi sono necessari e stiamo verificando i numero effettivo di necessità".

LA SCUOLA PUBBLICA- Il ministro Gelmini definisce "semplicemente un non senso" pensare che ci sia da parte del governo la volontà di penalizzare la scuola pubblica a favore di quella privata. "Pensare che culturalmente da parte del governo ci sia un attacco alla scuola pubblica - ha detto il ministro - fa comodo all'opposizione per poter andare in piazza. Lo faccia, ma da parte di questo governo non c'è e non c'è mai stato alcun attacco alla scuola pubblica. Io ritengo che la scuola sia sempre pubblica sia quando si tratta di scuola statale, sia di paritaria".

I TAGLI - Ma a parlare di tagli e a comunicarli ai sindacati qualche giorno fa è stato lo stesso ministero dell'Istruzione. Secondo il Miur sono 19.700 mila i tagli di "cattedre" nella scuola pubblica che si applicheranno a tutte le regioni italiane, ma soprattutto a quelle meridionali e nelle isole, dove il prossimo anno si registrerà un decremento degli alunni iscritti. Nell'incontro è stato anche confermato l'alto numero di insegnanti che lasceranno il servizio per andare in pensione: si tratta di 27.400 docenti, che sommati agli attuali 23mila posti vacanti lasciano il saldo delle cattedre a disposizione dei precari (circa 30mila) in positivo.

GLI ESUBERI - Il Miur, attraverso il direttore generale, Luciano Chiappetta, ha anche comunicato che soprattutto a causa dell'applicazione della riforma Gelmini alle superiori, nel prossimo anno vi saranno circa 8.000 docenti di ruolo in esubero: "Circa l'85% - commenta la Gilda degli insegnanti - può trovare una ricollocazione in base alle abilitazioni o ai titoli di studio posseduti e, quindi, mediante la mobilità volontaria. Solo circa 1.300 unità di personale docente in esubero si trova attualmente a disposizione, in quanto non dispongono di titoli spendibili". Nessuna indicazione è stata data, invece, a proposito delle novità sull'incremento dei licei musicali e coreutici, che dal prossimo anno scolastico diventeranno in tutto 40 e 10: di sicuro, per il momento, c'è solo il dato che l'85% delle richieste verranno respinte.

LA RETE PUBBLICA - Ma la Rete della Conoscenza non si tranquillizza con le parole del ministro e preannuncia che scenderà in piazza. "Il 12 marzo sembrano tutti per la scuola pubblica, ma non possiamo rilevare come attorno a questa data si sia stretta gente che fino a ieri non esitava a tagliare fondi alla scuola pubblica votando il Ddl Gelmini". Gli studenti, che hanno dato vita a 3 mesi di mobilitazioni in tutta Italia - fa notare la Rete - si sono opposti alle politiche di tagli alla scuola pubblica, per difendere il diritto allo studio, contro la precarizzazione e il licenziamento degli insegnanti, il finanziamento alle scuole private, il taglio delle ore e l'impoverimento della didattica, smascherando la falsa retorica sulla meritocrazia, e che hanno fatto vere proposte per migliorare la scuola, partendo dalla richiesta di un piano straordinario per l'edilizia scolastica, ai fondi per le scuole pubbliche, per il diritto allo studio e per la stabilizzazione dei docenti Precari. Hanno costruito una piattaforma chiara in difesa della scuola pubblica che hanno chiamato l'AltraRiforma della Scuola".

Nino Luca

07 marzo 2011

 

E col titolo di studio si fa ancora fatica a trovare lavoro

Università, crollano le iscrizioni

E tra i laureati è allarme lavoro nero

Tutte le facoltà perdono matricole: -5% nell'ultimo anno, -9,2% negli ultimi 4. In controtendenza gli atenei privati

E col titolo di studio si fa ancora fatica a trovare lavoro

Università, crollano le iscrizioni

E tra i laureati è allarme lavoro nero

Tutte le facoltà perdono matricole: -5% nell'ultimo anno, -9,2% negli ultimi 4. In controtendenza gli atenei privati

Università La Sapienza, Roma

Università La Sapienza, Roma

MILANO - Meno iscrizioni e meno laureati. È poco confortante la fotografia dell'università pubblica italiana scattata da due diversi rapporti, uno realizzato dal Cun (Consiglio universitario nazionale) e l'altro elaborato dal consorzio Almalaurea, entrambi presentati lunedì nella sede della Crui. Dal primo emerge che tutte le facoltà perdono iscrizioni (-5% nell'ultimo anno, -9,2% negli ultimi quattro), anche se le scientifiche tengono meglio e il Sud e il Centro Italia soffrono di più rispetto al Nord. Il dossier del Cun spiega anche che nel 2010 hanno scelto di proseguire gli studi all'università solo sei neodiplomati su dieci (il 62%, a fronte del 66% nel 2009, del 65% nel 2008 e del 68% nel 2007). In controtendenza gli atenei privati: un +2% di neoiscritti nel 2010 li porta dal 6,1% al 6,6% degli immatricolati totali in Italia negli ultimi quattro anni.

ARRETRANO I PICCOLI ATENEI - Sono i piccoli atenei (quelli cioè con diecimila iscritti) ad arretrare di più: le immatricolazioni dal 2009 al 2010 scendono dal 3,2% al 2,9%. Anche i medi atenei (fra i diecimila e i ventimila) passano dal 15,5% del 2009 al 15,3% del 2010. Tengono meglio i mega atenei (quelli cioè con più di quarantamila iscritti) con il 42,6% di immatricolazioni nel 2010 contro il 42,4 % nel 2009.

OCCUPAZIONE - Quanto all'occupazione, c'è da dire poi che in Italia i laureati sono ancora pochi, ma non vanno a ruba sul mercato del lavoro. Il dato emerge dal XIII rapporto Almalaurea. La laurea, è vero, continua a "pagare" visto che i laureati presentano un tasso di occupazione di oltre 11 punti percentuali maggiore rispetto ai diplomati e che anche la retribuzione premia i titoli di studio superiori. È indubbio, però, che, anche se un po' meno rispetto all'anno passato, i laureati fanno ancora fatica a trovare lavoro dopo aver messo in tasca il titolo di studio. Considerando i laureati del 2009 emerge che la disoccupazione aumenta, seppure in misura inferiore all'anno scorso, fra i triennali: dal 15 al 16% (l'anno precedente l'incremento era stato intorno ai 4 punti percentuali). La disoccupazione cresce anche fra i laureati specialistici biennali, quelli con un percorso di studi più lungo: dal 16 al 18% (la precedente rilevazione aveva evidenziato una crescita di oltre 5 punti percentuali). Ma sale pure pure fra gli specialistici a ciclo unico: dal 14 al 16,5%. Dilatando l'arco temporale (2005-2010) la quota di laureati pre-riforma occupati a cinque anni ha subito una contrazione di quasi 6 punti percentuali.

LAVORO NERO - Desta preoccupazione, inoltre, un altro fenomeno, il "lavoro nero" tra i laureati. Quelli che lavorano senza contratto, a un anno dal conseguimento del titolo di studio, raddoppiano tra gli specialistici biennali raggiungendo il 7%; per i laureati di primo livello i "senza contratto" passano dal 3,8 al 6%; gli specialistici a ciclo unico (ovvero i laureati in medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza), che registrano da sempre un valore più elevato, passano dall'8 a quasi l'11%. L'indagine mostra che a un anno dall'acquisizione del titolo, diminuisce il lavoro stabile in misura superiore alla contrazione registrata l'anno precedente per i laureati di ogni livello. Contemporaneamente si dilata la consistenza del lavoro atipico. La stabilit… riguarda cos il 46% dei laureati occupati di primo livello e il 35% dei laureati magistrali (con una riduzione, in entrambi i casi, di 3 punti percentuali rispetto all'indagine 2009).

Redazione online

07 marzo 2011

 

 

 

 

 

 

2011-02-28

l'attacco del premier: insegnanti inculcano principi diversi da quelli delle famiglie

Bersani difende la scuola pubblica

Berlusconi: "Travisate le mie parole"

La Gelmini: il premier ha difeso la libertà di scelta.

Ma il leader Pd: "Non permetteremo che la distrugga"

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Bersani (Ansa)

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MILANO - "La Gelmini dovrebbe dimettersi". È durissima la risposta di Pier Luigi Bersani al governo dopo l'attacco di Berlusconi contro la scuola pubblica ("gli insegnanti inculcano principi diversi da quelli delle famiglie"). Per la cronaca Berlusconi ha detto di essere stato frainteso. "Se la Gelmini fosse un vero ministro, invece che arrampicarsi sui vetri per difendere Berlusconi, dovrebbe prendere atto degli inaccettabili attacchi che ha rivolto agli insegnanti e alla scuola pubblica e dovrebbe dimettersi" scandisce il segretario del Pd. Dal canto suo il capogruppo Pd alla Camera Dario Franceschini ha lanciato su Twitter la proposta di una grande manifestazione: "Tutti di nuovo in piazza, come le donne il 13 febbraio, senza simboli e bandiere, a difendere la scuola pubblica dagli insulti di Berlusconi".

BERLUSCONI: "FRAINTESO DALLA SINISTRA, COME SEMPRE" - "Come al solito, anche le parole che ho pronunciato sulla scuola pubblica sono state travisate e rovesciate da una sinistra alla ricerca, pressoché ogni giorno e su ogni questione possibile, di polemiche infondate, strumentali e pretestuose" ha affermato Silvio Berlusconi in una nota diffusa da Palazzo Chigi: "Desidero perciò chiarire nuovamente, senza possibilità di essere frainteso, la mia posizione sulla scuola". "Il mio governo - aggiunge - ha avviato una profonda e storica riforma della scuola e dell'Università, proprio per restituire valore alla scuola pubblica e dignità a tutti gli insegnanti che svolgono un ruolo fondamentale nell'educazione dei nostri figli in cambio di stipendi ancora oggi assolutamente inadeguati. Questo non significa - sottolinea - non poter ricordare e denunciare l'influenza deleteria che nella scuola pubblica hanno avuto e hanno ancora oggi culture politiche, ideologie e interpretazioni della storia che non rispettano la verità e al tempo stesso espropriano la famiglia dalla funzione naturale di partecipare all'educazione dei figli".

GELMINI - Della questione ha parlato anche la stessa Gelmini: "Il pensiero di chi vuol leggere nelle parole del premier un attacco alla scuola pubblica è figlio dell'erronea contrapposizione tra scuola statale e scuola paritaria. Per noi, e secondo quanto afferma la Costituzione italiana, la scuola può essere sia statale sia paritaria. In entrambi i casi è un'istituzione pubblica, cioè al servizio dei cittadini". Silvio Berlusconi, ha aggiunto il ministro dell'Istruzione, ha solo difeso la libertà di scelta educativa delle famiglie. Ma Bersani insiste: "La scuola pubblica è nel cuore degli italiani. Con richiami di sapore antico, Berlusconi se la prende con comunisti e gay, insultando così l'intelligenza e la coscienza civile del Paese. All'elenco, stavolta ha aggiunto gli insegnanti della scuola pubblica. Uno schiaffo inaccettabile a chi lavora con dedizione in condizioni rese sempre più difficili dal governo. La scuola pubblica è il luogo in cui l'Italia costruirà il suo futuro. Non permetteremo che Berlusconi la distrugga".

BOCCHINO - Anche Futuro e Libertà, per voce del vice presidente Italo Bocchino, prende posizione contro le parole di Berlusconi. "Possono il centrodestra italiano e la destra nazionale immersa culturalmente nell'Italia di Giovanni Gentile screditare così il grande patrimonio educativo, istruttivo e culturale rappresentato dalla nostra scuola? Possono il centrodestra italiano e la destra nazionale mortificare così il popolo di insegnanti sottopagati che ogni giorno forma i nostri figli? Il vero centrodestra, quello di Fini e di Fli, sta dalla parte della scuola pubblica, così come prevede la Costituzione, senza nulla togliere alla scuola privata, che in parte svolge una funzione molto positiva - scrive sul sito di Generazione Italia -. In Italia esistono tre tipi di scuole private: quella cattolica va sostenuta e rispettata per quanto di buono fa, poi c'è la scuola privata che funge da diplomificio a pagamento e che andrebbe chiusa e, infine, la scuola privata per i figli dei ricchi, utile a farli diventare di norma ignoranti, ma poliglotti".

VENDOLA - Per Nichi Vendola il Paese deve investire nella scuola "perché è il cuore della crescita economica". Il leader del Sel si rivolge al premier: "Capisco che lei sente inimicizia verso la scuola pubblica perché è stata la crisi della scuola pubblica nel quindicennio delle sue televisioni a creare un'egemonia culturale che serve a questa classe dirigente ad avere una generazione narcotizzata dal trash e dalla pornografia". Duro infine il commento dell'Italia dei Valori: "Che nel programma di Berlusconi ci fosse lo smantellamento della scuola pubblica e un sistema scolastico strutturato sulle scuole per ricchi era cosa tristemente nota - afferma il capogruppo al Senato Felice Belisario -. Le sue parole, indegne di un capo di governo, offendono le decine di migliaia di insegnanti che ogni giorno, lavorando in condizioni spesso difficilissime, hanno contribuito e contribuiscono a fare dell'Italia un Paese migliore. Smantellare la scuola pubblica significa uccidere il futuro del Paese".

Redazione online

27 febbraio 2011

 

 

"Mai adozioni a coppie gay e mai matrimoni tra omosessuali"

Berlusconi: "Ancora vivo il pericolo comunista"

Il premier: "Nella scuola pubblica gli insegnanti inculcano principi diversi da quelli delle famiglie"

"Mai adozioni a coppie gay e mai matrimoni tra omosessuali"

Berlusconi: "Ancora vivo il pericolo comunista"

Il premier: "Nella scuola pubblica gli insegnanti inculcano principi diversi da quelli delle famiglie"

Silvio Berlusconi (Reuters)

Silvio Berlusconi (Reuters)

MILANO - Il pericolo del comunismo è ancora vivo in Italia, mai adozioni per singole e coppie gay, le unioni omosessuali non saranno mai equiparate a quelle tra un uomo e una donna, mai la patrimoniale, un attacco durissimo alla scuola pubblica. Sono le linee indicate da Silvio Berlusconi al congresso dei Congresso dei Cristiano riformisti, dopo essere intervenuto anche a quello del Partito repubblicano e aver inviato un messaggio ai giovani del Pdl.

COMUNISTI - "La storia del comunismo con oltre 100 milioni di morti alle nostre spalle non è ancora alle nostre spalle", ha spiegato il capo del governo. "Si sono trasformati in laburisti in Gran Bretagna, in socialdemocratici in Germania mentre quelli di casa nostra erano e sono tuttora comunisti. Ed è per questo che sono in campo".

SCUOLE PUBBLICHE PERICOLOSE - È probabilmente pensando alle infiltrazioni nella società civile delle idee comuniste che Berlusconi si è scagliato contro la scuola pubblica, rivendicando la libertà di iscrivere i figli in altri istituti, visto che in quelli di Stato "gli insegnanti inculcano idee diverse da quelle che vengono trasmesse nelle famiglie".

COPPIE GAY - "Finché governeremo noi, non ci saranno mai equiparazioni tra le coppie gay e la famiglia tradizionale, cosi come non saranno mai possibili le adozioni di bambini per le coppie omosessuali", afferma il Cavaliere.

PATRIMONIALE - "Noi sosteniamo la famiglia davvero non come la sinistra che vuole andarla a rapinare con una bella patrimoniale. Ma fino a quando siamo noi al governo non ci sarà mai una patrimoniale", ha detto il premier.

GOVERNO - Berlusconi ha annunciato che a breve sarà aumentato il numero dei sottosegretari e ci sarà un Consiglio dei ministri straordinario per la riforma della giustizia e delle intercettazioni.

BUNGA BUNGA - Il presidente del Consiglio ha anche trovato l'occasione di dare una sua versione di che cosa sia il bunga bunga ormai famoso in tutto il mondo: "Non è quello che viene descritto. Andiamo a scherzare, a ridere, a fare quattro salti, a bere qualcosa, ma sempre con grande eleganza e senso di rispetto per tutti, nell'ambito di una casa dove non possono che succedere cose moralmente a posto".

FINOCCHIARO - "Anche oggi siamo alle solite. Il Presidente Berlusconi ha invaso le tv e le agenzie di stampa con le sue parole, i suoi annunci e la sua propaganda". È la reazione di Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato, alle parole del premier. "In ben tre occasioni diverse - rileva - come un attore alla fine della sua carriera che propone sempre lo stesso stanco repertorio, anche oggi il premier ha parlato di comunisti, riforma della giustizia che è sempre domani ma non arriva mai, di intercettazioni, di Libia (oggi, dopo essersi preoccupato di non disturbare Gheddafi, è dalla parte del popolo), di economia, di patrimoniale, di coppie gay, di bunga bunga, dell'aumento dei sottosegretari, ecc, ecc. Ormai siamo alla bulimia dell'oratoria berlusconiana. Ma è l'unica cosa che gli è rimasta. Ormai Berlusconi parla solo ma non governa più. I problemi del Paese non sono nella sua agenda, e in quella del Parlamento. Nella sua agenda ci sono solo i suoi interessi", ha concluso la Finocchiaro.

Redazione online

26 febbraio 2011(ultima modifica: 27 febbraio 2011)

 

 

 

 

 

2011-02-26

"Mai adozioni a coppie gay e mai matrimoni tra omosessuali"

Berlusconi: "Ancora vivo il pericolo comunista"

Il premier: "Nella scuola pubblica gli insegnanti inculcano principi diversi da quelli delle famiglie"

"Mai adozioni a coppie gay e mai matrimoni tra omosessuali"

Berlusconi: "Ancora vivo il pericolo comunista"

Il premier: "Nella scuola pubblica gli insegnanti inculcano principi diversi da quelli delle famiglie"

Silvio Berlusconi (Reuters)

Silvio Berlusconi (Reuters)

MILANO - Il pericolo del comunismo è ancora vivo in Italia, mai adozioni per singole e coppie gay, le unioni omosessuali non saranno mai equiparate a quelle tra un uomo e una donna, mai la patrimoniale, un attacco durissimo alla scuola pubblica. Sono le linee indicate da Silvio Berlusconi al congresso dei Congresso dei Cristiano riformisti, dopo essere intervenuto anche a quello del Partito repubblicano e aver inviato un messaggio ai giovani del Pdl.

COMUNISTI - "La storia del comunismo con oltre 100 milioni di morti alle nostre spalle non è ancora alle nostre spalle", ha spiegato il capo del governo. "Si sono trasformati in laburisti in Gran Bretagna, in socialdemocratici in Germania mentre quelli di casa nostra erano e sono tuttora comunisti. Ed è per questo che sono in campo".

SCUOLE PUBBLICHE PERICOLOSE - È probabilmente pensando alle infiltrazioni nella società civile delle idee comuniste che Berlusconi si è scagliato contro la scuola pubblica, rivendicando la libertà di iscrivere i figli in altri istituti, visto che in quelli di Stato "gli insegnanti inculcano idee diverse da quelle che vengono trasmesse nelle famiglie".

COPPIE GAY - "Finché governeremo noi, non ci saranno mai equiparazioni tra le coppie gay e la famiglia tradizionale, cosi come non saranno mai possibili le adozioni di bambini per le coppie omosessuali", afferma il Cavaliere.

PATRIMONIALE - "Noi sosteniamo la famiglia davvero non come la sinistra che vuole andarla a rapinare con una bella patrimoniale. Ma fino a quando siamo noi al governo non ci sarà mai una patrimoniale", ha detto il premier.

GOVERNO - Berlusconi ha annunciato che a breve sarà aumentato il numero dei sottosegretari e ci sarà un Consiglio dei ministri straordinario per la riforma della giustizia e delle intercettazioni.

BUNGA BUNGA - Il presidente del Consiglio ha anche trovato l'occasione di dare una sua versione di che cosa sia il bunga bunga ormai famoso in tutto il mondo: "Non è quello che viene descritto. Andiamo a scherzare, a ridere, a fare quattro salti, a bere qualcosa, ma sempre con grande eleganza e senso di rispetto per tutti, nell'ambito di una casa dove non possono che succedere cose moralmente a posto".

FINOCCHIARO - "Anche oggi siamo alle solite. Il Presidente Berlusconi ha invaso le tv e le agenzie di stampa con le sue parole, i suoi annunci e la sua propaganda". È la reazione di Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato, alle parole del premier. "In ben tre occasioni diverse - rileva - come un attore alla fine della sua carriera che propone sempre lo stesso stanco repertorio, anche oggi il premier ha parlato di comunisti, riforma della giustizia che è sempre domani ma non arriva mai, di intercettazioni, di Libia (oggi, dopo essersi preoccupato di non disturbare Gheddafi, è dalla parte del popolo), di economia, di patrimoniale, di coppie gay, di bunga bunga, dell'aumento dei sottosegretari, ecc, ecc. Ormai siamo alla bulimia dell'oratoria berlusconiana. Ma è l'unica cosa che gli è rimasta. Ormai Berlusconi parla solo ma non governa più. I problemi del Paese non sono nella sua agenda, e in quella del Parlamento. Nella sua agenda ci sono solo i suoi interessi", ha concluso la Finocchiaro.

Redazione online

26 febbraio 2011

 

 

 

 

 

 

 

2011-02-10

I NODI

Lo stop alla festa per l'Unità d'Italia Gelmini: "Scuole aperte"

Dubbi sulla celebrazione, tensione nel governo Bossi: si lavori. La Meloni: non ci sono solo i soldi

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Il ministro Gelmini con il presidente Napolitano premia uno studente (Ansa)

Il ministro Gelmini con il presidente Napolitano premia uno studente (Ansa)

ROMA - "Penso che il 17 marzo le scuole debbano restare aperte". Per il suo annuncio Mariastella Gelmini sceglie il Consiglio dei ministri: dopo Confindustria, la Lega ed il presidente dei garanti per le celebrazioni Giuliano Amato, anche lei si schiera per una festa dei 150 anni dell'unità nazionale passata al lavoro. "La ricorrenza - dice - potrà essere celebrata in classe durante l'orario normale dedicando una particolare attenzione a quel momento storico così importante. Un modo per dare più valore a questo appuntamento, altrimenti si correrebbe il rischio di considerarlo solo un giorno di vacanza in più". Per questo il ministero dell'Istruzione sta preparando una circolare che spiegherà alle scuole come comportarsi.

La decisione era stata presa pochi giorni fa: scuole e uffici pubblici chiusi nel 150° anniversario della proclamazione del Regno d'Italia, nel settore privato una giornata pagata come festivo. Ma appare sempre più probabile un ripensamento. Ufficialmente Silvio Berlusconi ha chiesto di riflettere sulla questione. Ma il sottosegretario Gianni Letta, che pure aveva parlato di "scelta scritta nella legge", ha provato a convincere i ministri ex An, quelli che difendono la festa con maggiore fermezza. Durante la riunione a Palazzo Chigi, convocata per le misure sull'economia, la discussione diventa accesa. Specie tra Umberto Bossi e Giorgia Meloni, che si affrontano con una durezza senza precedenti.

Il leader leghista dice che "bisogna lavorare" perché il "ponte sarebbe pericolosissimo in un momento di crisi come questo e non credo che gli imprenditori sarebbero contenti". Ma soprattutto aggiunge che la "festa sarà percepita in modo diverso a seconda dei luoghi". Il ministro della Gioventù non frena il suo carattere: "Una nazione non è fatta solo di soldi, non potete ridurre il 17 marzo ad una festa di serie B". Secondo Meloni anche tenere aperte le scuole è sbagliato perché "nulla garantisce che in aula si parli davvero dell'unità d'Italia". La voce sale di tono, i due torneranno a litigare anche dopo la fine delle riunione. Intanto al tavolo si consuma un altro scontro, quello tra Roberto Calderoli e Ignazio La Russa che sulla questione avevano già duellato a distanza. A poco servono le parole di Maurizio Sacconi e Paolo Romani che provano a mettere tutti d'accordo.

Alla fine nessuna sintesi, restano solo le divisioni: "La decisione è stata rinviata - dice il ministro del Welfare Sacconi - ma ne parleremo. Stiamo cercando una soluzione che non pesi sulla crescita economica e allo stesso tempo consenta un'adeguata celebrazione di un evento al quale diamo significato ogni 50 anni".

Lorenzo Salvia

10 febbraio 2011

 

 

 

 

 

 

 

 

2011-02-01

Ma diminuiscono nel complesso le persone in cerca di occupazione

Disoccupazione giovanile a livelli record

L'Istat: a dicembre il tasso per la generazione tra i 15 e i 24 anni è salito al 29%. E' il dato più alto dal 2004

Ma diminuiscono nel complesso le persone in cerca di occupazione

Disoccupazione giovanile a livelli record

L'Istat: a dicembre il tasso per la generazione tra i 15 e i 24 anni è salito al 29%. E' il dato più alto dal 2004

Giovani precari ad una manifestazione a Roma (Fotogramma)

Giovani precari ad una manifestazione a Roma (Fotogramma)

ROMA - Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a dicembre è salito al 29% dal 28,9% di novembre, segnando così un nuovo record, si tratta, infatti, del livello più alto dall'inizio delle serie storiche mensili, ovvero dal gennaio del 2004. Lo comunica l'Istat in base a dati destagionalizzati e a stime provvisorie. Il tasso di disoccupazione a dicembre, invece, resta stabile all'8,6%, lo stesso livello già registrato a novembre (rivisto al ribasso dall'8,7%).

PROSPETTIVE PIU' SERENE - Il numero delle persone in cerca di occupazione a dicembre risulta, rispetto a novembre, in diminuzione dello 0,5%, ovvero di 11 mila unità, una discesa dovuta esclusivamente alle donne. Inoltre, il numero di occupati a livello congiunturale rimane invariato, con un tasso di occupazione stabile al 57% su base mensile. I tecnici dell'Istat spiegano che "a chiusura del 2010 le condizioni del mercato del lavoro appaiono un po' più serene, da autunno l'occupazione ha smesso di scendere e la disoccupazione nell'ultimo bimestre, novembre e dicembre, ha preso a calare. L'unico elemento che stona - aggiungono - è la disoccupazione giovanile, che ancora una volta torna a scalare posizioni, segnando un nuovo record".

IL MINISTRO SACCONI - "Nella rilevazione mensile dell'Istat il mercato del lavoro si conferma stabile in un contesto europeo altrettanto stabile". Lo sottolinea il ministro del lavoro, Maurizio Sacconi, spiegando che "si è fermata la caduta dell'occupazione tanto che rispetto al mese si registrano 11 mila disoccupati in meno". "Il tasso di disoccupazione italiano è all'8,6% - prosegue il ministro - quasi un punto e mezzo al di sotto della media europea. La crescita in tutto l'Occidente, anche per i caratteri di selettività che la contraddistinguo, non è sempre accompagnata da nuova occupazione e spesso si traduce come in Italia in aumento delle ore lavorate da parte degli stessi occupati. Le incertezze che permangono sulla ripresa contraggono le nuove assunzioni - rileva - e inducono a consolidare anche attraverso gli ammortizzatori sociali i rapporti di lavoro in essere. Per i giovani - ricorda Sacconi - il Piano del Governo, anche con misure specifiche di incentivazione, si rivolge soprattutto all'investimento nelle competenze e, in particolare, ai contratti di apprendistato che integrano apprendimento e esperienza lavorativa".

L'OPPOSIZIONE ALL'ATTACCO - Non si è fatta attendere anche la voce dell'opposizione. Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, ha detto che ci troviamo davanti a un'altra "pessima notizia dal fronte lavoro. Ancora un aumento dei lavoratori e delle lavoratrici che, perchè scoraggiati, rinunciano a cercare lavoro. Le generazioni più giovani - dice - passano dalla precarietà alla disoccupazione senza speranza. Non è soltanto conseguenza della crisi globale, è anche colpa grave di un governo concentrato da mesi sulle ragazzine a casa Berlusconi e di un ministro del Lavoro impegnato a tempo pieno a dividere i sindacati e a colpire i diritti dei lavoratori. Berlusconi si deve dimettere. L'Italia ha bisogno di un governo per le riforme, per la crescita e il lavoro".

(Fonte: Ansa)

01 febbraio 2011

 

 

2011-01-24

FRONTE COMUNE

Lavoro, la class action dei precari

Rivolta contro il "collegato lavoro": scaduto il termine per poter contestare eventuali licenziamenti illegittimi

FRONTE COMUNE

Lavoro, la class action dei precari

Rivolta contro il "collegato lavoro": scaduto il termine per poter contestare eventuali licenziamenti illegittimi

MILANO – Allo scoccare della mezzanotte si è perso l'ultimo treno. O almeno, la deadline del 23 gennaio imposta dalle legge 183/2010 – meglio conosciuta come "collegato-lavoro" – pretendeva di operare una scelta, netta, senza ritorno (e con il rischio di inimicarsi l'azienda o l'ente pubblico per il quale si presta la propria opera): impugnare o meno l'eventuale licenziamento irregolare o il mancato rinnovo contrattuale. E i dati – diffusi dalle principali sigle sindacali del Paese – testimoniano che i "precari" hanno fatto fronte comune contro una legge che il Tribunale di Trani ha ritenuto di dover sollevare il giudizio di costituzionalità.

IL COLLEGATO LAVORO – In attesa del responso della Consulta, quali sono i motivi che hanno originato questa levata di scudi contro la legge 183/2010 (collegata alla manovra di finanza pubblica 2009-2013)? Innanzitutto proprio i tempi d'impugnazione, accorciati a due mesi, per poter contestare eventuali licenziamenti ritenuti "illegittimi". E il termine è scaduto proprio ieri (la legge era entrata in vigore il 24 novembre, ndr.). Da oggi, quindi, si perde ogni diritto per una norma retroattiva, che vale anche per tutti i contratti in essere e naturalmente per quelli futuri. Ma nel mirino è finita anche la disposizione che riduce l'ammontare del risarcimento per il lavoratore assunto illecitamente con un contratto a termine (nell'ordinanza il giudice di Trani ritiene si sia calpestato il principio di uguaglianza dell'articolo 3 della Costituzione). Una norma "tagliola", l'ha bollata la Cgil, tale da determinare una sanatoria al rovescio, "perché tanti precari - si legge in una nota del sindacato - non verranno a sapere in tempo che i termini sono cambiati", e un'impennata del contenzioso, "l'esatto contrario di quanto il governo dichiara di voler perseguire" con l'allargamento del ricorso all'arbitrato. Mentre Giorgio Santini, segretario generale aggiunto Cisl, ritiene che "sia stata messa in atto un'informazione capillare in tempi stretti, che certamente ha fatto aumentare del 20% i ricorsi rispetto alla media". Ma al netto delle contrapposizioni, si tratta di una legge che si pone la finalità di "riorganizzare gli enti, modificare la disciplina dei congedi, delle aspettative e dei permessi e adottare misure contro il lavoro sommerso".

LE NOVITA' – Eccone alcune.

1) La mobilità: "in caso di conferimento di funzioni statali ad altri enti – si legge in Gazzetta Ufficiale – si applica l'articolo che regolamenta il tema delle eccedenze di personale". Che impone come limite massimo tre anni, al termine dei quali, in assenza di riassorbimento all'interno di un'altra amministrazione scatta il licenziamento.

2) Il part-time: aumenta il potere discrezionale delle amministrazioni. In particolare entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge, possono ridiscutere tutti i part-time già concessi.

3) Pensionamento a 70 anni: è prevista la possibilità per i medici pubblici e i dirigenti sanitari di andare in pensione, su propria istanza, a 70 anni di età (è stata cancellata la possibilità di restare in servizio al massimo fino a 67 anni di età).

4) Conciliazione: è cancellata l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione nelle controversie e il prestatore di lavoro può decidere se ricorrere all'arbitrato preventivamente.

5) Legge 104: per l'assistenza ai portatori di handicap il collegato-lavoro ha stabilito che – salvo per i figli in condizione di handicap grave – il diritto ai permessi è riconosciuta a una sola persona.

6) I potenziali interessati – E' la stessa Cgil a quantificarli tra i 100mila e i 150mila in tutta Italia. Di certo riguarda moltissimi lavoratori – spesso non "contrattualizzati" a tempo indeterminato – ma in particolare medici, insegnanti, amministrativi nel pubblico impiego e nel privato, dipendenti Rai (e nel campo della comunicazione) e delle Poste.

Fabio Savelli

24 gennaio 2011

 

 

 

2011-01-22

L’ipotesi di aumentare i contratti finanziati dallo Stato e di riconvertire i piccoli ospedali

In Italia mancheranno 20 mila medici

Più pensionati che nuovi ingressi. E il governo vara il Piano sanitario

L’ipotesi di aumentare i contratti finanziati dallo Stato e di riconvertire i piccoli ospedali

In Italia mancheranno 20 mila medici

Più pensionati che nuovi ingressi. E il governo vara il Piano sanitario

ROMA - È un’emorragia inesorabile. Se non verrà tamponata porterà in breve al dissanguamento della sanità pubblica in termini di medici. I dirigenti ospedalieri, i primari e gli aiuti per usare termini più masticati dai cittadini, sono in via di estinzione. Uno dei problemi urgenti da risolvere secondo lo schema di Piano sanitario nazionale per il triennio 2011-2013 approvato ieri dal Consiglio dei ministri nella sua forma preliminare. Il documento che indica obiettivi e correttivi è all’inizio del cammino. Dovrà essere votato dal Parlamento.

Tra i capitoli nevralgici, le risorse umane. Previsioni nere. La stima è che entro il 2015 diciassettemila medici lasceranno ospedali e strutture territoriali per aver raggiunto l’età della pensione. In parte non verranno rimpiazzati per la crisi economica e i tagli del personale. In parte mancheranno i rincalzi. Dovremo anche noi ricorrere all’assunzione di stranieri come Gran Bretagna e Stati Uniti?

La crisi italiana si avvertirà in modo sensibile a partire dal 2012, avvio di un "saldo negativo tra pensionamenti e nuove assunzioni". La forbice tra chi esce e chi entra tenderà ad allargarsi anche per penuria di nuovi professionisti sfornati dalle scuole di specializzazione. Squilibrio ancora più evidente nelle Regioni in deficit che devono gestire rigidi piani di rientro.

I tecnici del ministro della Salute, Ferruccio Fazio, propongono correttivi che consistono nell’aumento di risorse finanziarie per la formazione degli specialisti. Bisognerebbe innalzare il numero dei contratti finanziati dallo Stato. Ora sono 5 mila, insufficienti. L’analisi va nel dettaglio. Dal 2012 al 2014 è prevista una carenza di 18 mila medici che diventeranno 22 mila dal 2014 al 2018. Legato a questo il problema degli specializzandi in medicina veterinaria, odontoiatria, farmacia, biologia, chimica, fisica e psicologia che oggi non ricevono borse di studio. Per la loro formazione viene indicata una copertura per 800-1.000 contratti. Per Stefano Biasioli, segretario della Confedir, la confederazione dei dirigenti in pubblica amministrazione, "lo squilibrio tra necessità e programmazione nelle scuole di specializzazione è un fenomeno già presente che si sta aggravando anche perché il numero di posti nelle scuole non viene adattato alle esigenze di mercato". Alcune specialità sono in uno stato di sofferenza cronica. Anestesia, radiologia, pediatria, nefrologia, geriatria (con la popolazione che invecchia) e tutta la chirurgia. "Si guadagna molto poco agli inizi, si rischia molto. Due ragioni per scegliere altre strade", testimonia le difficoltà dei colleghi il trapiantologo Antonio Pinna.

Il Piano sanitario individua altri ingranaggi da cambiare nella sanità. Occorre riqualificare la rete ospedaliera con la riconversione degli ospedali di piccole dimensioni e la loro trasformazione nei nuovi modelli di offerta territoriali sviluppati dalle Regioni. Va rivista, poi, la rete dei laboratori di analisi, mal distribuiti. Soprattutto in considerazione della sua importanza: il 60-70% delle decisioni cliniche partono da qui. Il Piano si sofferma anche sul tema delle vaccinazioni con particolare attenzione a quella antimorbillo.

Margherita De Bac

22 gennaio 2011

 

 

 

Il governo ha 120 giorni di tempo per varare il piano di riqualificazione degli edifici

"Quelle classi hanno troppi alunni"

Il Tar dice basta alle "aule-pollaio"

Accolto il ricorso del Codacons. La Gelmini: sono solo lo 0,4 per cento

Il governo ha 120 giorni di tempo per varare il piano di riqualificazione degli edifici

"Quelle classi hanno troppi alunni"

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Accolto il ricorso del Codacons. La Gelmini: sono solo lo 0,4 per cento

Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini

Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini

ROMA - Dice la legge che nelle nostre scuole c’è un limite al numero di alunni per classe: deroghe comprese 27 alle elementari, 28 alle medie, 30 alle superiori. Dice sempre la legge che la stanza dovrebbe essere grande abbastanza: per ogni alunno poco meno di due metri a disposizione.

Il Codacons ha trovato 275 "classi pollaio" che non rispettano queste regole, ha chiesto l’intervento del Tar con uno dei primi esempi di class action, cioè di azione collettiva fatta con un singolo esposto. E ieri il Tribunale amministrativo ha dato ragione all’associazione dei consumatori. Adesso il ministero dell’Istruzione ha 120 giorni di tempo per mettere a punto un piano di riqualificazione dell’edilizia scolastica.

Cosa succede? Nell’immediato nulla, perché il ministero presenterà ricorso al Consiglio di Stato. Siamo solo alla prima puntata. Ma al di là degli effetti pratici, la sentenza del Tar tocca una questione importante. Quest’anno, per ridurre i costi, l’obiettivo fissato dalla Finanziaria era di aumentare il rapporto studenti/ insegnanti di 0,4 punti. Uno studente in più ogni due professori. E, anche se non direttamente, la sentenza del Tar critica questa tendenza: "Il maggior affollamento delle aule e la relativa inidoneità delle stesse a contenere gli alunni in condizioni di sicurezza, salubrità e vivibilità costituisce implicazioni di carattere strutturale non risolubile attraverso misure di carattere meramente organizzativo, ma unicamente affrontabile attraverso una mirata riqualificazione edilizia degli edifici e delle aule".

Più che il numero dei professori, quindi, il Tribunale amministrativo chiede un intervento sugli edifici: ristrutturazione dei vecchi istituti, costruzione di nuovi, tutto pur di risolvere la situazione. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini parla di "ricorso destituito di ogni fondamento ". Concentrandosi sulle scuole superiori, dove il problema affollamento è più grave, aggiunge che le "classi con più di 30 alunni sono appena lo 0,4% del totale" e sono il "risultato delle preferenze delle famiglie per alcuni istituti o sezioni". Ma le condizioni disastrose di molte scuole e aule? "Abbiamo già stanziato un miliardo di euro e assegnato una prima tranche di 358 milioni per avviare gli interventi più urgenti".

Il Codacons, invece, canta vittoria: "Ora il ministro Gelmini— dice il presidente Carlo Rienzi — dovrà preparare un piano in grado di rendere sicure le aule ed evitare il formarsi di classi da 35/40 alunni. Se non lo farà saremmo costretti a chiedere la nomina di un commissario che si sostituisca al ministro". Sostiene il Codacons che "insegnanti e genitori i cui figli sono costretti a studiare in aule pollaio potranno chiedere un risarcimento fino a 2.500 euro in relazione al danno esistenziale subito". In realtà la strada è tutt’altro che semplice: in Italia la class action non prevede la possibilità di chiedere un risarcimento alla pubblica amministrazione. Sarebbe necessario un altro ricorso, quindi, davanti al Tribunale ordinario. In ogni caso quello di ieri è un segnale importante che arriva alla vigilia di un altro giorno delicato. Proprio oggi scadono i termini per impugnare i contratti a termine da parte dei precari (della scuola ma non solo) che chiedono assunzione a tempo indeterminato e gli scatti di anzianità. Un’altra class action che, dicono Flc, Cgil e Gilda, ha fatto arrivare al ministero dell’Istruzione 40 mila ricorsi.

L. Sal.

22 gennaio 2011

 

 

2011-01-11

DA "OK SALUTE"

Alberto Zangrillo: "Mio figlio

bocciato a quei test iniqui di medicina"

Il medico personale di Berlusconi si confessa nel mensile in edicola: "Questi quiz d'ingresso non servono a stabilire se i ragazzi hanno attitudine a diventare bravi dottori"

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Alberto Zangrillo, medico personale di Berlusconi, dirige l'unità operativa di anestesia e rianimazione generale e la terapia intensiva cardiochirurgica al San Raffaele di Milano (Reuters)

Alberto Zangrillo, medico personale di Berlusconi, dirige l'unità operativa di anestesia e rianimazione generale e la terapia intensiva cardiochirurgica al San Raffaele di Milano (Reuters)

MILANO - Quanto può star male un genitore davanti alla delusione di un figlio che vede infrangersi il sogno? Moltissimo, più di quanto avessi mai immaginato. L’ho provato sulla mia pelle tre anni fa, quando il mio primogenito non è riuscito a sostenere con esito positivo gli ormai famigerati test d’ingresso per la facoltà di Medicina. Più o meno 100 domande in 100 minuti: un quiz che comprende quesiti di diverse discipline, dai classici all’attualità, cui rispondere peraltro in condizioni di grande stress. Mio figlio voleva seguire le mie orme. Negli ultimi tre anni di liceo era nata in lui una passione fortissima per la professione medica. Chiedeva del mio lavoro, mi tampinava con continue domande e pretendeva che gli raccontassi i particolari delle mie giornate in ospedale. Dopo la maturità, ha passato l’estate sui libri. Cultura generale, logica, biologia, chimica, fisica, matematica. Lo guardavo, un po’ allibito, studiare tomi, allenarsi sui fac-simile dei test, esercitarsi con le prove degli anni passati. Per quanto mi riguarda, gli avevo consigliato di prepararsi anche in inglese. La frustrazione di non passare quelle prove fu grande per mio figlio. Ma al di là di questa vicenda, che mi ha coinvolto personalmente come genitore, trovo, dal mio punto di vista di medico e professore universitario, che le modalità che regolano l’accesso alle facoltà di medicina siano deludenti e inique. A oggi, si decide in un quiz di poche ore del futuro, del progetto di vita di un giovane; si stabilisce in base a questa performance se quel ragazzo o quella ragazza potranno diventare dei buoni medici, se hanno attitudine per questa disciplina. Credo che rispondere a 100 domande in 100 minuti non ci dia alcuna garanzia di selezionare veramente le risorse migliori, quelle che saranno per esempio in grado di gestire quel particolare equilibrio psicologico richiesto a chi lavora in corsia e di condividere con gli altri quelle qualità umane che deve possedere chi è a contatto con i pazienti e la loro sofferenza.

Genitori, come comportarsi se l'esame è un fallimento

La copertina di 'Ok Salute' di gennaio

La copertina di "Ok Salute" di gennaio

Io non sarei stato ammesso

Nella mia professione mi è capitato di incontrare e di dover disilludere medici già formati che, pur avendo avuto risultati eccellenti in prestazioni nozionistiche, non erano in grado di rapportarsi al malato o di lavorare in squadra. Ci vuole tempo. Bisogna lasciare spazio ai ragazzi perché prendano confidenza con la materia ed entrino nel vivo della pratica quotidiana prima di mettere loro un bollino: in o out. Sarei dell’avviso di creare dei questionari di valutazione da svolgere in itinere. Poi, penserei a un percorso prefissato e rigido: un tot di esami in un tot di semestri. Se non stai al passo, se non cresce in te la responsabilità allo studio e all’applicazione puntuale e costante, allora sì, sei fuori. Ai miei tempi, quando la prospettiva di diventare medico era più fortunata si diceva "per fare il medico ci vuole passione". Lo si ripeteva in un modo forse un po' convenzionale, con una frase che col tempo si è logorata. Ma adesso per realizzare questa passione bisogna fornire una buona performance in un quiz e non mi pare certo un salto di qualità. Con una prova del genere, sarei stato bocciato anch’io. Sono entrato a Medicina quasi per ripicca, per dimostrare alla mia professoressa di matematica del liceo che non ero un ragazzo da zero, come pensava. Ero così poco avvezzo all’ambiente medico che ogni volta che entravo in ospedale avevo una crisi lipotimica, cioè svenivo, per colpa dell’odore di disinfettante.

Si può essere giudicati così?

Ai miei tempi non c’erano test, però so bene che a vent’anni non ero certo pronto per essere giudicato idoneo o meno alla professione. Quella della sfiducia di un’insegnante nei miei confronti fu una spinta negativa, ma fondamentale, nel farmi fare una scelta che non sarei credibile se definissi ponderata. I miei presupposti erano insufficienti, erano una sorta di sfida e credo che la mia storia rappresenti una prova del fatto che per diventare un buon medico non occorre superare un test che fa una sorta di selezione profilattica. La passione non è un innamoramento, un’idea, un’immagine di sé, ma è quella responsabilità che nasce, cresce, matura nel tempo e che costringe a un lavoro costante. Ho iniziato studiando come un pazzo la teoria, poi mi sono appassionato alla pratica. Ho capito che fare il medico era la mia vocazione e solo allora ho scelto l’anestesia come specialità. Le mie abilità le ho affinate dopo, le mie peculiarità le ho scoperte cammin facendo.

Alberto Zangrillo

(testo raccolto da Francesca Gambarini)

11 gennaio 2011

 

 

 

2010-12-24

i sì sono stati 161, 98 i no e 6 gli astenuti

Università, la riforma Gelmini è legge

Dopo la lunga maratona, il via libera definitivo a Palazzo Madama. Fli vota con il Pdl, l'Udc si astiene

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ROMA - La riforma Gelmini è legge. L'aula del Senato ha infatti dato il via libera definitivo al testo sull'università approvandolo con 161 sì, 98 no e 6 astenuti. Hanno votato a favore Pdl, Lega e Fli. Hanno votato contro Pd e Idv. Si sono astenuti (anche se al Senato vale come voto contrario) Udc, Api, Svp e Union Valdotaine. "La riforma verrà attuata fin dal prossimo anno accademico" ha annunciato il ministro dell'Istruzione nel corso della registrazione di Porta a Porta. La Gelmini ha sottolineato che entro i prossimi sei mesi tutti gli adempimenti e i decreti attuativi saranno approvati.

LE REAZIONI - Governo e maggioranza hanno salutato il via libera alla riforma come un "grande traguardo". È un "passaggio chiave della legislatura" ha detto Maurizio Gasparri. Il presidente dei senatori del Pdl ha inoltre invitato il capo dello Stato ad ascoltare "anche le ragioni di coloro che sono favorevoli alla riforma dell’Università, come ha ricevuto le associazioni studentesche in dissenso". Per il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, la riforma segna la fine della "ricreazione" nel sistema educativo iniziata nel 1968. Plauso anche da parte di Confindustria, secondo cui la riforma Gelmini "consegna finalmente al Paese un sistema universitario nuovo che mette al centro i giovani". Critiche dall'opposizione. "Una cosa che il ministro Gelmini non dice mai - ha dichiarato la capogruppo del Pd Anna Finocchiaro - è che questa è una legge delega e che ci sono ancora circa 50 decreti attuativi da varare. Occorrerà che Camera e Senato tornino con le commissioni a occuparsene. Mi auguro - ha concluso - che in quella sede si possa ancora fare qualche passo in avanti".

TESTO BLINDATO- La maggioranza ha blindato il testo prima del via libero definitivo, evitando di far passare provvedimenti che richiedano un successivo passaggio parlamentare alla Camera. Alcune contraddizioni tra diversi articoli dello stesso testo, evidenziate con forza dalle opposizioni, saranno corrette, come ha annunciato lo stesso ministro Maria Stella Gelmini, nel decreto "Milleproroghe".

"PROTESTE SENZA INCIDENTI" - Alla Camera, intanto, il ministro dell'Interno Roberto Maroni è intervenuto sulle mobilitazioni degli studenti e ha sottolineato che "la giornata di ieri si è svolta ovunque senza incidenti" a differenza di quanto accaduto lo scorso 14 dicembre a Roma. In quell'occasione si registrarono momenti di vera e propria guerriglia urbana e la giornata si concluse con diversi fermi di polizia. "Non c'è stato nessun incidente degno di nota - ha aggiunto il ministro - salvo a Palermo" dove ci sono stati tentativi di assalto alla sede della Regione Sicilia e alla Questura. "Brutta cosa - ha detto Maroni - l'assalto a questa, simbolo della lotta alla mafia. Vedere lanciare pietre, bottiglie e uova contro un avamposto della lotta alla mafia mi ha profondamente rattristato". Il ministro ha concluso affermando che il "diritto al dissenso è sacrosanto e sarà sempre garantito dalle forze dell'ordine ma la violenza sarà sempre contrastata con ogni mezzo".

Redazione online

23 dicembre 2010(ultima modifica: 24 dicembre 2010)

 

 

 

 

LA SCHEDA

Riforma Gelmini, ecco cosa cambia

Lotta agli sprechi e alla parentopoli, soldi solo in base alla qualità e nuova governance

LA SCHEDA

Riforma Gelmini, ecco cosa cambia

Lotta agli sprechi e alla parentopoli, soldi solo in base alla qualità e nuova governance

MILANO - Lotta agli sprechi e a parentopoli; stop ai rettori a vita; autonomia delle università coniugata con una forte responsabilità finanziaria, scientifica, didattica; soldi solo in base alla qualità (gli atenei gestiti male ne riceveranno meno) e fine dei finanziamenti a pioggia; reclutamento e governance secondo criteri meritocratici e di trasparenza. Sono queste le principali novità della riforma dell'università approvata dal Senato in via definitiva.

ADOZIONE DI UN CODICE ETICO per evitare incompatibilità e conflitti di interessi legati a parentele. A questo proposito viene anche stabilito che per partecipare ai concorsi non si dovranno avere, all'interno dell'ateneo, parentele fino al quarto grado. Alle università che assumeranno o gestiranno le risorse in maniera non trasparente saranno ridotti i finanziamenti del Ministero.

LIMITE MASSIMO AL MANDATO DEI RETTORI di complessivi 6 anni, inclusi quelli già trascorsi prima della riforma. Un rettore potrà rimanere in carica un solo mandato e sarà sfiduciabile.

DISTINZIONE NETTA DI FUNZIONI TRA SENATO E CDA: il Senato avanzerà proposte di carattere scientifico, ma sarà il CdA ad avere la responsabilità chiara delle assunzioni e delle spese. Il Cda vrà almeno 3 membri esterni su 11. Il presidente potrà essere esterno. Presenza qualificata degli studenti negli organi di governo.

DIRETTORE GENERALE AL POSTO DEL DIRETTORE AMMINISTRATIVO: il direttore generale avrà compiti di grande responsabilità e dovrà rispondere delle sue scelte, come un vero e proprio manager dell'ateneo.

NUCLEO DI VALUTAZIONE D'ATENEO A MAGGIORANZA ESTERNA per garantire una valutazione oggettiva e imparziale.

GLI STUDENTI VALUTERANNO I PROFESSORI e questa valutazione sarà determinante per l'attribuzione dei fondi dal Ministero.

FUSIONE ATENEI: ci sarà la possibilità di unire o federare università vicine, anche in relazione a singoli settori di attività, di norma in ambito regionale, per abbattere costi e aumentare la qualità di didattica e ricerca.

RIDUZIONE DEI SETTORI scientifico-disciplinari, dagli attuali 370 alla metà (consistenza minima di 50 ordinari per settore). No a micro-settori che danneggiano la circolazione delle idee e danno troppo potere a cordate ristrette.

RIORGANIZZAZIONE INTERNA DEGLI ATENEI: riduzione molto forte delle facoltà che potranno essere al massimo 12 per ateneo.

RECLUTAMENTO DI GIOVANI STUDIOSI: introdotta l'abilitazione nazionale come condizione per l'accesso all'associazione e all' ordinariato. L'abilitazione è attribuita da una commissione nazionale sulla base di specifici parametri di qualità. I posti saranno poi attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università, cui potranno accedere solo gli abilitati. Tra i punti salienti: Commissioni di abilitazione nazionale autorevoli con membri italiani e, per la prima volta, anche stranieri; cadenza regolare annuale dell'abilitazione a professore, al fine di evitare lunghe attese e incertezze; distinzione tra reclutamento e progressione di carriera.

ACCESSO DI GIOVANI STUDIOSI: Il ddl introduce interventi volti a favorire la formazione e l'accesso dei giovani studiosi alla carriera accademica. Tra i punti salienti: revisione e semplificazione della struttura stipendiale del personale accademico per eliminare le penalizzazioni a danno dei docenti più giovani; revisione degli assegni di ricerca per introdurre maggiori tutele, con aumento degli importi; abolizione delle borse post-dottorali, sottopagate e senza diritti; nuova normativa sulla docenza a contratto: riforma del reclutamento.

GESTIONE FINANZIARIA: Introduzione della contabilità economico-patrimoniale uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra Istruzione e Tesoro: i bilanci dovranno rispondere a criteri di maggiore trasparenza. Commissariamento e tolleranza zero per gli atenei in dissesto finanziario. VALUTAZIONE DEGLI ATENEI: Le risorse saranno trasferite dal ministero in base alla qualità della ricerca e della didattica. Fine della distribuzione dei fondi a pioggia. Obbligo di accreditamento, quindi di verifica da parte del ministero di tutti i corsi e sedi distaccate per evitare quelli non necessari e valutazione dell'efficienza dei risultati da parte dell'Anvur.

OBBLIGO PRESENZA DOCENTI A LEZIONE: avranno l'obbligo di certificare la loro presenza a lezione. Questo per evitare che si riproponga senza una soluzione il problema delle assenze dei professori negli atenei. Viene per la prima volta stabilito inoltre un riferimento uniforme per l'impegno dei professori a tempo pieno per il complesso delle attività didattiche, di ricerca e di gestione, fissato in 1500 ore annue di cui almeno 350 destinate ad attività di docenza e servizio.

SCATTI STIPENDIALI SOLO AI PROFESSORI MIGLIORI. Si rafforzano le misure annunciate nel DM 180 in tema di valutazione dell'attività di ricerca dei docenti. In caso di valutazione negativa si perde lo scatto di stipendio e non si può partecipare come commissari ai concorsi.

DIRITTO ALLO STUDIO E AIUTI AGLI STUDENTI MERITEVOLI - Delega al governo per riformare organicamente la legge 390/1991, in accordo con le Regioni per spostare il sostegno direttamente agli studenti per favorire accesso agli studi universitari e mobilità. Inoltre sarà costituito un fondo nazionale per il merito al fine di erogare borse di merito e di gestire su base uniforme, con tassi bassissimi, i prestiti d'onore.

MOBILITÀ DEL PERSONALE - Sarà favorita la mobilità tra gli atenei, perchè un sistema senza mobilità interna non è un sistema moderno e dinamico. Possibilità per chi lavora in università di prendere 5 anni di aspettativa per andare nel privato senza perdere il posto. (Fonte Ansa)

23 dicembre 2010

 

 

2010-12-23

LA PROTESTA

Studenti: in 10 mila contro il Ddl Gelmini

"Grazie Napolitano, ci tratta da adulti"

Corteo sulla A24. Traffico il tilt. Applausi alle finestre. L'appello: il presidente ha capito, ora tocca al governo

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Il corteo degli studenti alla partenza dall'università La Sapienza (foto Ansa)

Il corteo degli studenti alla partenza dall'università La Sapienza (foto Ansa)

ROMA - Sono tornati in piazza gli studenti italiani, a Roma e in tante città, in vista dell’approvazione definitiva al Senato del ddl Gelmini di riforma dell’università. Stavolta, però la protesta ha assunto toni diversi dal 14 dicembre. I cortei si sono tenuti senza incidenti e alle 17.30 una delegazione di universitari rappresentanti delle associazioni studentesche è stata ricevuta dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

"Finalmente abbiamo trovato un interlocutore serio che ci ha ascoltato", ha commentato al termine dell'incontro protrattosi fino alle 19 un rappresentante della delegazione. "Queste manifestazioni di un'intera generazione devono far riflettere il nostro attuale governo - ha aggiunto lo studente - che deve senza se e senza ma, affrontare la questione. Ringraziamo il presidente Napolitano perchè siamo stati finalmente trattati da adulti". Dal canto suo il Capo dello Stato si sarebbe congratulato per la manifestazione che si è svolta in maniera pacifica.

MANIFESTAZIONE DI CIVILTA' - Lo avevano annunciato gli studenti: niente scontri né tentativi di entrare in zona rossa, anche perchè nessuno dubita che il ddl verrà approvato, nonostante i ritardi per il caos di ieri sul voto degli emendamenti. La manifestazione che mercoledì 22 ha portato in piazza nella Capitale circa 10 mila studenti, non ha puntato verso il "triangolo del potere" Camera-Senato-palazzo Chigi, bensì verso la zona est della città: viale dell'Università, viale Regina Elena, scalo San Lorenzo, Pigneto, Porta Maggiore, Casilino, via Prenestina. Intorno alle 16.15 il corteo principale si è concluso con il rientro dei manifestanti alla Sapienza. Ma intorno alle 17 altri piccoli cortei sono ripartiti dall'università: uno si è diretto alla sede della Cgil; in via Morgagni sono quindi sopraggiunti alcuni reparti della Celere per fermarli; quindi il corteo è stato deviato alla sede della Cisl in via Po.

Gli studenti bloccano la tangenziale Est (Ansa)

Gli studenti bloccano la tangenziale Est (Ansa)

FANTASIA IN MARCIA - Come avevano promesso, la loro protesta è stata ironica, imprevedibile e fantasiosa. "Lasceremo i palazzi del potere nella solitudine della loro miseria e andremo in altrove", avevano annunciato gli studenti. E così hanno fatto, andando a cercare la gente comune, i lavoratori, gli abitanti di quartieri periferici come Pigneto e Prenestino (dove sono stati applauditi dalla gente alle finestre), per poi risolversi all'unico blitz che ha portato davvero disagi più pesanti: l'occupazione della Tangenziale Est e di un tratto del raccordo della A24 Roma-L'Aquila, conclusasi intorno alle 14.40, quando si erano già formate lunghe code di auto.

Intorno alle 16.15, giunti di nuovo a piazzale Aldo Moro, davanti alla Sapienza, gli studenti hanno di fatto sciolto il corteo principale. Alcuni di loro si sono recati a Scienze politiche per un omaggio all'operaio morto nei lavori di ristrutturazione; sulla palizzata del cantiere hanno scritto: "Oggi è morto un operaio. La colpa è dei padroni". Nel pomeriggio, alle 17, una loro delegazione è stata ricevuta dal Capo dello Stato: presenti 11 studenti, rappresentanti di tutte le associazioni universitarie, dai collettivi all'Udu.

Gli studenti in corteo sulla A24

Gli studenti in corteo sulla A24

NAPOLITANO: SI ALL'INCONTRO - Il presidente della Repubblica aveva annunciato già nel primo pomeriggio l'intenzione di ricevere al Quirinale gli studenti che protestano contro la riforma dell’università e che il 20 avevano preparato una lettera, scritta dai collettivi studenteschi della Sapienza, per chiedergli di non firmare il ddl Gelmini. "Non firmi - avevano scritto gli studenti - sarà così in piazza anche lei al nostro fianco. Se porrà la Sua firma alla legge Gelmini Lei sancirà la cancellazione del Diritto allo Studio, uno dei diritti fondamentali della Costituzione intesa come patto fondante della nostra società, che garantisce equità e democrazia".

"NON VI BLINDATE NEI PALAZZI" - Al termine dell'incontro, gli studenti hanno spiegato: "Abbiamo posto al Presidente le nostre questioni. In questi mesi non abbiamo mai ricevuto risposte dal Governo. Invece il presidente, durante l'incontro, ha rimarcato l'importanza dell'ascolto e siamo sicuri che avrà modo di riflettere e valutare. Per noi è importante che ci abbia ricevuto la più alta carica dello Stato". Sicuramente, secondo gli studenti, "si tratta di un buon risultato" e "la grande manifestazione di mercoledì è il segnale che il movimento studentesco è intelligente e sa interloquire con le istituzioni". E Luca Cafagna, uno dei delegati, ha lanciato un appello: "Adesso il governo apra un confronto con noi, perchè non è possibile chiudersi dentro le zone rosse e blindarsi nei palazzi".

I cortei degli studenti: Roma I cortei degli studenti: Roma I cortei degli studenti: Roma I cortei degli studenti: Roma I cortei degli studenti: Roma I cortei degli studenti: Roma I cortei degli studenti: Roma I cortei degli studenti: Roma

Lo striscione in testa al corteo (Ansa)

Lo striscione in testa al corteo (Ansa)

PACCHI REGALO - Ad aprire il corteo partito dalla Sapienza, in mattinata, c'era uno striscione con su scritto "Noi soli nella zona rossa voi liberi per la città", firmato studenti per lo sciopero generale. Sempre in testa al corteo - oltre agli ormai noti book-bloc - gli scudi di gomma con su scritti i titoli dei classici della letteratura. Molti studenti tenevano in mano pacchi regalo simbolici con su scritte le richieste e li consegnavano mano a mano. Uno è stato consegnato al Policlinico Umberto I in polemica con la Parentopoli alla Sapienza. Un altro è stato destinato alla Cgil: conteneva la richiesta di sciopero generale. Uno ai dipendenti dell'Atac, dopo le polemiche sullo scandalo assunzioni, con un biglietto: "Scioperate con noi".

Tra le scritte in corteo: "Basta veline in Parlamento", "Abolizione legge 30 sulla precarietà", "Fuori i corrotti dal Parlamento". Il corteo si è poi diretto alla Tangenziale est. Su Via Prenestina, dalle finestre della sede del ministero delle Finanze, sono arrivati applausi ai manifestanti. Applausi anche dai palazzoni a ridosso della tangenziale. I manifestanti urlavano al megafono: "Ci scusiamo per il disagio". Il traffico nella zona è andato in tilt per almeno tre ore.

TANGENZIALE BLOCCATA - Pesanti i disagi quando il corteo è arrivato, intorno alle 13.15, all’imbocco della Tangenziale Est su via Prenestina e gli studenti lo hanno bloccato dirigendosi in direzione del centro. La tangenziale è stata chiusa in quel tratto fin quasi alle 15. Ma quando è stata resa nota la notizia della morte di un operaio tunisino deceduto nei lavori di ristrutturazione della facoltà di Scienze Politiche, gli studenti hanno deciso di tornare alla Sapienza.

"Avevamo progettato altre iniziative di protesta contro il ddl Gelmini, ma a causa della morte dell'operaio all'interno della stessa città universitaria abbiamo deciso di tornare alla Sapienza", hanno spiegato alcuni loro rappresentanti. Prima del dietrofront, però, l'ultimo blitz: sul raccordo della A24, l'autostrada Roma-L'Aquila. Sulla bretella, gli studenti diretti all'Università sonorimasti fino alle 14.50 Poi hanno liberato le carreggiate per uscire a Casalbertone e tornare verso gli atenei.

Slogan, colori e regali al corteo degli studenti

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Gli studenti in corteo porgono fiori alle forze dell'ordine (foto Jpeg)

Gli studenti in corteo porgono fiori alle forze dell'ordine (foto Jpeg)

ALLA SAPIENZA - Cappelli da Babbo Natale, maschere che richiamano il film "V per Vendetta" e "waka waka" anti Gelmini, coppie che girano con cartelli "Padre" e "Figlia" contro l'invito del senatore Pdl Gasparri ai genitori perchè tenessero a casa i ragazzi. Alla Sapienza fin dal mattino erano comparsi i primi striscioni: su uno il Dante Alighieri di "Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza". All'ingresso della cittadella universitaria era stato poi srotolato uno striscione con scritto "Zona rossa per il ddl Gelmini".

Imponente lo schieramento di forze dell'Ordine: camionette della Polizia presidiavano fin dall'alba i varchi d'accesso alla piazza, ma a prevalere è stata la goliardia. In tanti si sono presentati Costituzione alla mano, altri con stralci degli articoli della Carta Costituzionale copiati su grandi cartelli. Moltissimi anche giornalisti e operatori.

Un'immagine del corteo degli studenti medi (AgfRoma)

Un'immagine del corteo degli studenti medi (AgfRoma)

STUDENTI MEDI - Gli gli studenti dei licei romani scesi in piazza contro il ddl Gelmini sono partiti da piazza Trilussa e hanno sfilato su viale di Trastevere. Quindi, anziché puntare sul ministero della Pubblica Istruzione, hanno attraversato le strade del quartiere romano decidendo di dirigersi verso il Gianicolo. I ragazzi hanno manifestato pacificamente intonando cori e mostrando le mani dipinte di bianco in segno di pace.

Molti liceali marciavano impugnando palloncini colorati e intonando cori di sfottò al premier: "Se c'hai i capelli è grazie alla ricerca". Il loro corteo, comunque, si è concluso senza incidenti né provocazioni intorno alle 14.30.

La zona sotto controllo

La zona sotto controllo

ZONE VIETATE - Il centro di Roma è rimasto in ogni caso blindato èper tutta la giornata, anche se le camionette e i blindati a guardia delle zone sensibili e dei varchi a rischio sono rimasti parcheggiati sui marciapiedi. La questura aveva previsto e istituito una zona di guardia (guarda la mappa) per impedire che manifestanti arrivassero nelle zone delle aule parlamentari e della sede del governo. Ma non è mai parsa questa l'intenzione degli studenti, che volevano invece dimostrare come il loro intento non fosse di seguire i gruppi di teppisti che avevano provocato gli scontri del 14 dicembre. Tutto questo, spiegavano alla vigilia, nonostante "l'atteggiamento provocatorio mostrato dalla Questura in questi giorni": tant’è che non era stato neanche avanzata alla Questura richiesta di autorizzazione a sfilare in centro. Lo slogan dei blitz del 22 è stato sempre "Liberi per la città", ma il sottotitolo poteva essere: senza accettare provocazioni.

FONTANONE COLORATO - Tra i blitz da segnalare anche un'azione da neo futuristi: alcuni giovani hanno gettato colorante rosso nelle acque del Fontanone dell'Acqua Paola sul Gianicolo. Sul posto vigili urbani e polizia. Il Fontanone sarebbe stato subito svuotato. L'allarme era stato lanciato da alcuni passanti. Il gesto è stato rivendicato da "Lotta studentesca", che ha compiuto gesti simili in altre città: "A Roma, abbiamo colorato la fontana del Gianicolo, luogo simbolo della città, dove in epoche passate si è fatta la storia d’Italia. Un atto d’accusa soprattutto contro i grandi baroni universitari, come il Rettore de La Sapienza Frati ed il Rettore di Tor Vergata Lauro che, per non saper né leggere e né scrivere, hanno pensato bene, il primo, di promuovere Ordinario il figlio Giacomo, ed il secondo di promuovere Associato la nuora Paola Rogliani, prima dell’entrata in vigore delle sedicente riforma. Una vergogna!".

POLEMICHE SU STUDENTI DEL PDL - Polemiche e sarcasmo per il presunto "blitz" degli studenti appartenenti ai "Giovani del Pdl" che avrebbero violato la zona rossa di massima sicurezza per portare nel centro della Capitale un flash-mob a favore della riforma Gelmini. "Ma come? - chiedevano i manifestanti sulla Tangenziale avvisati dal tam tam dei giornalisti che li seguivano - Noi non possiamo avvicinarci e loro li lasciano entrare in zona rossa? E' ridicolo".

Il flash mob dei pidiellini di "Officina Futura" avrebbe portato un gruppo di universitari e ricercatori dell'associazione tra Campo dei Fiori e piazza Navona, spingendosi fino all'angolo con il Senato, per dire "sì alla riforma Gelmini" e "no all'università dei Baroni". Tra gli striscioni e i cartelli anche "No ai tagli alla ricerca", "sì al dialogo con gli studenti", "sì alla libertà di manifestare".

Simona De Santis

22 dicembre 2010(ultima modifica: 23 dicembre 2010)

 

 

 

 

2010-12-03

l'iter in parlamento

Senato, la discussione sulla riforma dell'università slitta dopo la fiducia

La minoranza si oppone al dibattito prima del voto

sul governo, previsto per il 14 dicembre

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MILANO - Niente riforma dell’università in Senato prima che si voti la fiducia. La riforma sarà dunque discussa nell'Aula di Palazzo Madama dopo il dibattito sul governo Brevisto previsto per martedì 14 dicembre: lo ha deciso la conferenza dei capo gruppo al cui interno c'è stata la ferma opposizione delle minoranze contro ogni ipotesi di calendarizzare il provvedimento prima del dibattito sulla fiducia.

LA MEDIAZIONE DI SCHIFANI - Il presidente dei senatori del PdL, Maurizio Gasparri, aveva proposto di calendarizzare il ddl Gelmini già nella prossima settimana in modo da approvarlo prima del dibattito sulla fiducia, in programma per il 13 dicembre. Contro la proposta di Gasparri si sono schierate le opposizioni. È stato il presidente del Senato, Renato Schifani, a mediare fra le due posizioni e a suggerire la convocazione di una nuova conferenza dei capigruppo per martedì 14 dicembre così da prevedere la rapida calendarizzazione del ddl Gelmini. Rispetto alle posizioni inconciliabili di maggioranza e opposizione, il capogruppo finiano al Senato Pasquale Viespoli ha suggerito di procedere, la prossima settimana, a una serie di audizioni sul ddl Gelmini "senza che questo costituisca una furbata o una scorciatoia" per chiunque pensasse di arrivare al voto del provvedimento.

RISCHI - "L’opposizione, per motivi di pura propaganda politica, mette a rischio provvedimenti urgenti e indispensabili per l’università italiana", ha commentato il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. "Senza l’approvazione rapida del ddl non si potranno bandire posti da ricercatore, non potranno essere garantiti gli scatti di stipendio, non saranno banditi nuovi concorsi. Sono comunque fiduciosa: il 14 dicembre il governo Berlusconi incasserà la fiducia del Parlamento e il ddl diventerà legge entro l’anno. Il governo Berlusconi potrà dunque proseguire la sua opera riformatrice nell’interesse del Paese".

02 dicembre 2010

CONTRO IL DDL GELMINI SULLA RIFORMA DELL'UNIVERSITA'

Scuola, ancora cortei e occupazioni

Da Roma 3 lettera-appello a Napolitano

Si allargano le agitazioni: dal Convitto nazionale, a Cinecittà all'Eur. Gli universitari al Presidente: difenda la Costituzione. Lui: leggerò e risponderò

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ROMA - Ancora occupazioni. Ancora cortei. E pure una lettera a Napolitano. Gli studenti non mollano. Universitari e liceali. A Roma la protesta contro il ddl Gelmini sulla riforma universitaria, approvato alla Camera martedì 30 novembre, non si ferma e anzi coinvolge sempre più studenti, dal centro alla periferia. E riesce ad unire per una volta rappresentanti di studenti di destra e sinistra.

Striscioni a Roma Tre per il presidente Napolitano

Striscioni a Roma Tre per il presidente Napolitano

LA LETTERA A NAPOLITANO - E giovedì mattina, gli studenti di Roma 3 hanno accolto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, arrivato in facoltà per un convegno sull'opera di Piero Sraffa, con striscioni e appelli: "Presidente almeno tu non ci abbandonare", era una delle scritte. Poi, i rappresentanti di alcuni di loro hanno consegnato al Capo dello Stato una lettera-appello: "Noi studenti siamo del parere che questa riforma, nei suoi contenuti e nei suoi passaggi fondamentali, vada contro i principi cardine della nostra Costituzione e dunque non può diventare legge", è uno dei passaggi della lettera. "Per questo motivo - prosegue la missiva degli studenti - facciamo appello a lei, Presidente, affinché il suo ruolo di supremo garante della Costituzione, possa difendere la nostra legge fondamentale e i valori in essa racchiusi poiché il giorno in cui essa si svuoterà di tali significati, allora anche del nostro futuro non resterà altro che una bolla di sapone vuota pronta a esplodere al primo soffio vento".

Napolitano riceve la lettera degli universitari (Ansa)

Napolitano riceve la lettera degli universitari (Ansa)

"RISPONDERO' DOPO AVERLA LETTA" - "Ho ricevuto una lettera, risponderò dopo averla letta e riflettuto". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha poi risposto così ai giornalisti che gli chiedevano un commento alla lettera-appello.

Aristotele occupato (Eidon)

Aristotele occupato (Eidon)

LE OCCUPAZIONI - Se vanno avanti le occupazioni promosse dal Blocco Studentesco nei licei Mameli, Farnesina e Bernini, ma anche all'Augusto e il Calamandrei, è delle prime luci del mattino di giovedì l'occupazione del liceo scientifico Aristotele in via Cesare Pavese all'Eur, decisa mercoledì nel corso di un'assemblea studentesca e messa in atto alle 6.30 da un gruppo di circa 150 studenti. Incatenati anche i cancelli della sede centrale di via dei Sommozzatori per impedire l'accesso ai locali della scuola. Sempre in zona Eur, i militanti di Lotta Studentesca, dopo aver occupato con successo nei giorni scorsi l'Avogadro e il Ruiz, questa mattina hanno proseguito con il liceo Elsa Morante di via Alessandro Volta.

CINECITTA' - Occupato anche il liceo artistico Giorgio De Chirico di Cinecittà a cui segue l'occupazione di tutti i licei del Municipio X. Non solo. Giovedì mattina, un corteo non autorizzato svoltosi in zona Cinecittà Est, ha visto coinvolti anche i ragazzi dell'università di Tor Vergata, con la via Tuscolana bloccata per qualche minuto. Un altro corteo non autorizzato si è svolto anche in zona Prati Fiscali e ha visto una grande partecipazione degli studenti del liceo scientifico Pacinotti.

Studenti all'ingresso del Convitto Nazionale (Jpeg)

Studenti all'ingresso del Convitto Nazionale (Jpeg)

CONVITTO NAZIONALE - Proteste anche al convitto nazionale Vittorio Emanuele II dove questa mattina circa 300 studenti delle scuole superiori non sono entrati ed hanno manifestato davanti all'entrata di piazza Monte Grappa esponendo due striscioni: "Assemblea straordinaria" e "Il convitto manifesta". Tra alcuni manifestanti serpeggiava la voglia di occupare l'istituto ma nessuno ci ha pensato concretamente perché, spiegano, "questo è un convitto, ci abitano dentro il rettore e i convittori e occupare sarebbe sequestro di persona". Oggi, alla scuola in cui studiano tra gli altri il figlio di Gianni Alemanno, la figlia di Francesco Storace e, alle elementari, del ministro Angelino Alfano, era previsto l'arrivo, per un convegno, anche del ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ma i ragazzi assicurano: "Non abbiamo manifestato per impedirle di venire o per bloccarla, anche perché il convegno era previsto nel pomeriggio e noi abbiamo protestato la mattina. È stato quasi un caso...". Due i principali motivi della protesta che potrebbe ripetersi anche domani mattina: "la riforma Gelmini" e "i problemi della scuola".

"NESSUNA OCCUPAZIONE" - "Purtroppo noi non possiamo occupare perché questo è un convitto e sarebbe sequestro di persona - spiega Elena del classico -, ma l'avremmo fatto. Questa mattina siamo in 300 a protestare qui davanti e abbiamo lasciato a chi voleva il diritto di entrare. Sono, infatti, entrati una cinquantina di ragazzi, tra cui il figlio di Alemanno. Mentre, per quanto riguarda il figlio di Alfano... lui è solo alle elementari". "Non sappiamo ancora se domani protesteremo di nuovo, nè se entreremo a scuola - aggiungono Adriano e Pierluigi, altri due manifestanti -. Avevamo proposto al rettore un'autogestione per parlare dei problemi della nostra scuola e della riforma Gelmini, ma lui non ha accettato". "Oggi la maggior parte dei ragazzi non sono entrati - riferisce all'uscita da scuola un professore di italiano delle superiori - ma l'attività didattica non è stata bloccata. Quei pochi che erano in classe hanno fatto lezione".

C. Vol.

02 dicembre 2010

Una quindicina di studenti si è introdotta nell'Accademia durante la notte

Protesta studenti, occupata Brera

e i licei Parini e Manzoni

Assemblee e iniziative per sensibilizzare docenti e allievi sul tema dei tagli previsti dal ddl Gelmini

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MILANO - Ancora proteste questa mattina all'Accademia di Brera e nei due licei più importanti di Milano. Un piccolo gruppo di studenti, legati ai manifestanti che martedì hanno protestato in corteo contro il ddl Gelmini, hanno occupato l'Accademia di Belle arti. L'azione sarebbe stata compiuta intorno alle 4 di notte. Ad accorgersi dell'ingresso non autorizzato di estranei sarebbe stato, secondo indiscrezioni, l'istituto di vigilanza che si occupa dell'Accademia. Gli studenti, entrati in una quindicina, hanno ostruito il passaggio alle entrate dell’accademia lasciando libero soltanto l’ingresso principale. L’occupazione prosegue con assemblee e continue iniziative per sensibilizzare docenti e allievi sul tema dei tagli previsti dal ddl Gelmini, approvato alla Camera. Alle 17.45 gli studenti hanno organizzato un "flash mob", un corteo improvvisato dedicato a Mario Monicelli, in via Brera. "Attraverseremo le vie del centro di Milano - avevano annunciato gli studenti - per restituire un po' di cultura autoprodotta e genuina ad un paese che se l'è fatta rubare sotto al naso per vent'anni".

I LICEI - Al liceo classico Parini, secondo quanto riferiscono gli studenti, l'autogestione è stata trasformata in occupazione in seguito ad un'assemblea in cui è stato messo ai voti il cambio di tipologia di protesta. "La riforma è passata - fanno sapere gli studenti - per cui abbiamo deciso di alzare il livello della protesta occupando la scuola". Durante la giornata sono in programma assemblee per decidere le attività che si svolgeranno nelle classi. Continua anche l’occupazione al liceo Manzoni, iniziata nei giorni scorsi, in cui gli studenti hanno deciso di continuare la protesta. Proseguono le occupazioni negli istituti Hajek, Severi e Pascal. Autogestioni al Caravaggio, San Vito, al liceo linguistico Manzoni di via Rubattino e all’Erasmo da Rotterdam di Sesto San Giovanni. In mobilitazione anche il liceo scientifico Cremona di viale Marche, i cui studenti martedì hanno occupato i binari della stazione Garibaldi per poi manifestare davanti a Palazzo Marino.

IN STATALE - Resiste intanto il gruppo di studenti che nel tardo pomeriggio di martedì ha occupato alcune aule della sede distaccata della Statale in via Santa Sofia. Una decina di manifestanti, che hanno fatto irruzione dopo un inseguimento con le forze dell’ordine da piazza Missori, era già stata identificata in serata. L’occupazione prosegue anche nella facoltà di Scienze Politiche, in via Mascagni, dove i giovani erano entrati già dallo scorso lunedì pomeriggio al termine del corteo organizzato dai ricercatori saliti sul tetto della facoltà di Fisica nei giorni precedenti.

Redazione online

01 dicembre 2010(ultima modifica: 02 dicembre 2010)

Annunciato dal ministro Bondi, sarà presentato al Consiglio dei ministri

Piano straordinario per Pompei

Ritorno della soprintendenza autonoma con poteri più incisivi per la tutela del sito

Annunciato dal ministro Bondi, sarà presentato al Consiglio dei ministri

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Ritorno della soprintendenza autonoma con poteri più incisivi per la tutela del sito

Uno scorcio del sito archeologico di Pompei (Ansa)

Uno scorcio del sito archeologico di Pompei (Ansa)

MILANO - Il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, ha annunciato che presenterà in uno dei prossimi Consigli dei ministri provvedimenti d'urgenza e misure per il recupero del patrimonio archeologico. Tra i punti qualificanti ci sono il ritorno della soprintendenza autonoma di Pompei con poteri più incisivi per la tutela del sito; il piano straordinario di manutenzione con aumento di personale tecnico e invio immediato di archeologi, architetti e operai specializzati per realizzare tutti gli interventi necessari. È stato deciso al temine di un incontro in cui erano presenti tra gli altri il ministro, il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro e il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro.

SOPRINTENDENTE - Nel corso dell'incontro - spiega il ministero - "è stata unanimemente condivisa la necessità di affrontare immediatamente le criticità connesse al sito archeologico di Pompei, adottando quanto prima, anche con provvedimenti d'urgenza, misure per il recupero del patrimonio archeologico. In particolare - sottolinea Bondi - verrà ricostituita la soprintendenza autonoma di Pompei e il soprintendente dovrà essere dotato di poteri più incisivi per la tutela del sito. Inoltre saranno individuati gli strumenti necessari per l'adozione di un piano straordinario di manutenzione con l'aumento del personale tecnico addetto e con l'invio immediato di una task force composta da archeologi, architetti e operai specializzati per realizzare tutti gli interventi necessari". Il ministro e i rappresentanti della Regione Campania e della Provincia di Napoli hanno concordato "una linea comune per il miglior utilizzo dei fondi europei sulle aree archeologiche interessate e l'esigenza di destinazione dei fondi Fas anche per l'area di Pompei". Infine, è stato deciso di "proseguire gli studi per la costituzione di un'eventuale fondazione, strumento essenziale per l'apporto di capitali privati".

Redazione online

02 dicembre 2010

 

2010-11-30

A Roma e Milano le manifestazioni principali. occupati i binari della stazione termini

Studenti contro il ddl Gelmini,

cortei e caos in tutte le città italiane

"Vogliamo che si fermino e lo chiediamo paralizzando il Paese per un giorno". In piazza anche i ricercatori

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Un momento della protesta di martedì mattina a Roma (Ansa)

Un momento della protesta di martedì mattina a Roma (Ansa)

MILANO - "Fermatevi". Lo chiedono al governo gli studenti d'Italia e promettono che non smetteranno di farlo. E che oggi, nel giorno della mobilitazione nazionale, il loro messaggio sarà forte e chiaro e arriverà con iniziative che "paralizzeranno il Paese". È iniziata all'insegna di queste parole e di questi propositi la manifestazione di studenti, ricercatori e dottorandi che hanno organizzato cortei e raduni in tutte le principali città italiane per protestare contro la riforma universitaria voluta dal governo. Un giorno di caos totale - è questo l'obiettivo - per far sentire la loro voce e chiedere ancora una volta al Parlamento di bloccare l'approvazione del ddl Gelmini che proprio oggi va in aula.

I cortei degli studenti in Italia I cortei degli studenti in Italia I cortei degli studenti in Italia I cortei degli studenti in Italia I cortei degli studenti in Italia I cortei degli studenti in Italia I cortei degli studenti in Italia I cortei degli studenti in Italia

CENTRI URBANI BLOCCATI - La promessa di paralizzare le città è stata mantenuta. Già dalle prime ore del mattino si sono registrati disagi nei principali centri urbani, dovuti agli spostamenti dei gruppi di manifestanti verso le aree di raduno. E le tensioni sono cresciute via via con l'entrata nel vivo delle manifestazioni. A Roma è stata transennata piazza Montecitorio per evitare il bis di quanto successo al Senato la scorsa settimana e nel primo pomeriggio la polizia ha caricato gli studenti in via del Corso.

Intorno alle 17:30 i manifestanti hanno occupato i binari di Termini: centinaia di studenti sono entrati nello stazione principale della Capitale, lanciando cori, sventolando striscioni e accendendo fumogeni, quindi sono scesi sui binari, bloccandoli. Il tutto è durato poco più di un'ora, poi il corteo si è diretto verso La Sapienza da dove era partito martedì mattina. Complessivamente, ha reso noto il gruppo Ferrovie dello Stato, sono state 17 le stazioni prese di mira dagli studenti nel corso delle manifestazioni contro il ddl Gelmini. A metà pomeriggio risultavano ancora occupate le stazioni di Torino Porta Nuova, Torino Porta Susa, Milano Rogoredo, Pisa Centrale e Venezia Santa Lucia. A Padova e a Pisa i maggiori disagi per il traffico ferroviario. A Milano si sono registrati blocchi e lanci di uova e l'occupazione temporanea delle stazioni ferroviarie Cadorna e Garibaldi, oltre ad alcuni scontri tra manifestanti e polizia in via dell'Orso. Anche a Brescia ci sono stati tafferugli tra studenti e forze dell'ordine in piazza della Loggia dove i manifestanti hanno cercato di entrare nel palazzo comunale: dai ragazzi sono partiti lanci di bottiglie contro gli agenti che, a loro volta, hanno fatto ricorso al manganello. Un giovane è stato fermato. A Pisa un corteo di circa cinquemila studenti ha bloccato nel tardo pomeriggio il casello di ingresso sulla A12. Il blocco è durato trenta minuti circa e il tratto compreso tra Pisa centro e Livorno è stato chiuso al traffico in entrambi sensi di marcia. A Palermo il coordinamento "Studenti Medi" e gli universitari di Lettere e Filosofia e Scienze ha "occupato" simbolicamente la Cattedrale. A Napoli il corteo è stato preceduto da uno striscione dedicato a Mario Monicelli, morto suicida lunedì sera: "Caro Mario, la faremo 'sta rivoluzione", è stato scritto dai manifestanti. I quali, durante il corteo, hanno gettato sacchetti di immondizia davanti all'ingresso della Provincia e a quello della Regione. A Venezia gli studenti hanno assediato la stazione ferroviaria con forti ripercussioni sul traffico ferroviario. A Bari la protesta è andata in scena al teatro Petruzzelli dove una delegazione ha effettuato una occupazione simbolica esponendo da un balcone uno striscione con la scritta "Gelmini cala il sipario". A Bologna la protesta è arrivata a bloccare il tratto urbano della A14, dove però il traffico era stato precedentemente deviato dalla polizia stradale. C

Studenti in corteo

Studenti in corteo Studenti in corteo Studenti in corteo Studenti in corteo Studenti in corteo Studenti in corteo Studenti in corteo

"VOGLIONO UCCIDERE L'UNIVERSITÀ" - "In queste settimane -si legge in una nota dell'Udu, l'Unione degli universitari - centinaia d'iniziative di contestazione contro la Riforma dell'università si sono moltiplicate in giro per il paese, occupazioni delle facoltà, dei tetti, blocchi del traffico, cortei, occupazione dei principali monumenti del nostro paese. Iniziative che avevano una sola richiesta: bloccare il ddl e salvare l'università pubblica dalla sua morte". "Con questo disegno di legge -aggiunge l'Udu- il governo vuole l'eutanasia del sistema universitario. Sistema, che noi per primi da anni diciamo che non va, ma questa riforma non è la medicina, ma il suo veleno mortale. Questa è una riforma che taglia il fondo per le borse di studio, introduce un'idea di merito finta, diminuisce drasticamente la rappresentanza studentesca elimina la figura del ricercatore e soprattutto taglia il finanziamento al fondo di finanziamento ordinario. Tagli che decreteranno la chiusura di molti atenei. Noi non difendiamo i baroni, ma li vogliono cacciare. Loro stanno con lei, non con noi".

Redazione online

30 novembre 2010

 

 

 

 

Passa un emendamento di Fli su cui c'era il parere contrario dell'esecutivo

Riforma università: governo, doppio ko Berlusconi: "Andate a studiare"

Il premier: "Gli studenti veri stanno a casa a studiare, quelli in giro a protestare sono dei centri sociali"

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Il tabellone luminoso di Montecitorio che certifica il sì all'emendamento Granata su cui il governo aveva espresso parere contrario (Ansa)

Il tabellone luminoso di Montecitorio che certifica il sì all'emendamento Granata su cui il governo aveva espresso parere contrario (Ansa)

MILANO - La riforma dell'università continua ad essere una vera e propria via crucis per il governo. Dopo le sconfitte dei giorni scorsi l'esecutivo è stato ancora una volta battuto due volte nell'Aula della Camera. La prima volta su un emendamento del gruppo di Futuro e Libertà all'articolo 19 della riforma dell'Università, relativo agli assegni di ricerca. Il testo, su cui c'era il parere contrario di governo e commissione Bilancio, è stato approvato con 277 sì e 257 no. L'emendamento, a firma di Fabio Granata, è relativo, come detto, all'articolo 19 sugli assegni di ricerca che prevede che la norma non possa portare "oneri aggiuntivi" anziché "nuovi o maggiori oneri" com'era la versione precedente. La relatrice Paola Frassinetti, Pdl, minimizza, spiegando che si tratta di un emendamento "tecnico" che non incide sull'impianto della riforma.

SECONDO KO - La seconda volta il governo è andato sotto su tre emendamenti identici di Fli, Api e Pd che prevedono la soppressione della "clausola di salvaguardia" inserita nella riforma dell'università. Con l'approvazione degli emendamenti è stata eliminata la norma che prevedeva una sorta di "commissariamento" per il Ministero dell'Istruzione da parte del ministero dell'Economia nel caso in cui si fossero verificati o fossero in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa.

La discussione del ddl era iniziata in contemporanea alle manifestazioni e ai cortei che i coordinamenti di studenti, ricercatori e dottorandi hanno organizzato in tutta Italia per chiedere all'esecutivo di fare dietrofront su una riforma che viene considerata penalizzante.

"ANDATE A STUDIARE" - Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di rientro a Palazzo Grazioli, ha liquidato le manifestazioni dicendo che "gli studenti veri stanno a casa a studiare, quelli in giro a protestare sono dei centri sociali e sono fuori corso". E quanto al ddl in discussione alla Camera ha spiegato che "quella in Parlamento è una buona riforma che favorisce gli studenti, i professori e più in generale tutto il mondo accademico e dunque deve passare se vogliamo finalmente ammodernare l'università". Quanto alle critiche arrivate da più parti, il capo del governo ha rilevato che "è stata discussa con tutte le parti in causa, modificata, migliorata e credo che meglio di così non si potesse proprio fare". Inoltre, ha aggiunto, "introduce maggiore meritocrazia ed è davvero un vantaggio per tutti".

FINI - Critico sulle manifestazioni anche il presidente della Camera Gian Franco Fini: "Gli estremisti che hanno bloccato Roma e causato gravi incidenti non hanno reso un buon servizio alla stragrande maggioranza di studenti scesi in piazza con motivazioni non totalmente condivisibili ma certamente animate da una positiva volontà di partecipazione e di miglioramento delle condizioni della nostra Università". "Per questo - conclude - esprimo la mia solidarietà alle forze di polizia, ai cittadini romani e ai tantissimi giovani in buona fede, la cui protesta è stata strumentalizzata".

SCHIFANI - "I gravi incidenti che oggi hanno paralizzato la città di Roma non hanno certamente giovato alla vita democratica e a chi voleva manifestare pacificamente" sostiene il presidente del Senato, Renato Schifani. "Gli attacchi alle forze dell'ordine - osserva Schifani - sono da condannare assieme ad ogni altra forma di violenza e di facile strumentalizzazione".

BERSANI - Di tutt'altro parere il leader del Pd Pier Luigi Bersani che spiega: "Mi pare che nella stragrande maggioranza studenti e ricercatori si sono mossi in modo pacifico. Ha impressionato la città militarizzata, mai vista Roma così, e se si è arrivati a questa tensione è per irresponsabilità del governo che ha perso la testa e la presa sui problemi del paese". Bersani attacca il governo sottolinendo che "non sarà in grado di portare a termine questa riforma nella sua applicazione". "Non riapriamo il tema di chi è fuori corso perchè creerebbe nella maggioranza più imbarazzi di quelli provocati da Wikileaks" ha aggiunto il segretario del Pd rispondendo ai giornalisti sulle affermazioni del premier Berlusconi sul fatto che i "bravi" studenti sono a casa a studiare e non in piazza.

POLEMICA SICUREZZA- Roma è stata "assediata da una vera e propria tenaglia militare, che ricorda altre epoche e altre capitali: Roma blindata e sequestrata come Santiago del Cile" ai tempi di Pinochet fa eco a Bersani Nichi Vendola, presidente di Sinistra ecologia libertà, sulla gestione dell'ordine pubblico da parte del ministro dell'Interno, Roberto Maroni.

E da quest'ultimo arriva immediata la replica alle accuse di Vendola: " "Io ho il compito di gestire l'ordine pubblico e evitare incidenti e l'assalto ai luoghi sacri della democrazia, come avvenuto la scorsa settimana in Senato. E mi pare che tutto sta avvenendo con grande responsabilità delle forze dell'ordine che hanno subito violenza e stanno gestendo una situazione molto complicata".

LA NORMA ANTI-PARENTOPOLI - Tra gli altri voti collegati al ddl di riforma universitaria va segnalato quello sulla norma cosiddetta "anti-parentopoli". La proposta del governo, concretizzata in un subemendamento della commissione, è passata con il voto favorevole di maggioranza e opposizione. A favore ha votato anche Fli, mentre dall'Idv è giunto un voto contrario. La nuova norma prevede che siano esclusi dalla chiamata candidati che siano parenti e affini "fino al quarto grado compreso, un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata; o con il rettore, il direttore generale o con un consigliere di amministrazione dell'ateneo". Contraria l'Idv, che pure ha presentato un emendamento anti-parentopoli perchè, come ha spiegato in aula Borghesi, "un professore, con una lettera di appena due righe può facilmente uscire da un dipartimento e il giorno stesso, con un altrettanto breve missiva, rientrarvi. Non va inoltre dimenticato che, secondo la Cassazione, nepotismo e familismo sono reati. Questo subemendamento che propone la nuova linea del governo, svuota di contenuto il nostro emendamento. Per questo non possiamo votarlo".

LIMITI PER I DOCENTI A CONTRATTO - Un altro emendamento, quello presentato dall'on Mazzarella del Pd, avrà invece come effetto lo stop alla proliferazione dei docenti a contratto nelle università. Il testo è stato appoggiato anche dalla maggioranza e prevede che "i contratti a titolo gratuito non possono superare nell'anno accademico il 5% dell'organico dei professori e ricercatori di ruolo in servizio presso l'ateneo". Inoltre, in base ad un emendamento a prima firma di Latteri, Gruppo Misto, i contratti di docenza (oggi spesso abusati per coprire i vuoti di organico) possono essere rinnovati per "un periodo massimo di cinque anni".

Redazione online

30 novembre 2010

 

 

 

 

 

 

2010-11-25

IL MINISTRO: "Se IL TESTO viene stravoltO, lo ritiro". Bersani: "Lo faccia e discutiamo"

Università, slitta la riforma

Alla Camera le opposizioni (più Gelmini e Alfano per errore) votano a favore di un emendamento di Fli

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MILANO - Dopo essere finito sotto due volte martedì e una mercoledì a Montecitorio, il governo viene di nuovo battuto alla Camera su un emendamento di Futuro e libertà nel disegno di legge di riforma dell'università su cui l'esecutivo aveva dato parere contrario. L'emendamento all'articolo 16, di cui è primo firmatario Fabio Granata (Fli), è passato con 261 no, 282 sì e tre astenuti. L'approvazione dell'emendamento è stata accolta con applausi da parte dell'opposizione.

VOTO - Il voto finale di Montecitorio sul provvedimento, che era atteso nel pomeriggio, slitta a martedì, poi il ddl passerà al Senato. Il ministro Mariastella Gelmini, dopo la nuova battuta d'arresto alla Camera, ha riferito che l'emendamento approvato non è "particolarmente significativo, ma se saranno votati emendamenti il cui contenuto stravolge il senso della riforma, mi vedrei costretta a ritirarla". Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, coglie al volo l'idea del ministro: "Gelmini ritiri subito il ddl e iniziamo a discutere come correggere alcune distorsioni di questa legge e come trovare risorse per sostenere diritto allo studio e alla ricerca. Il ministro mi dà dello studente ripetente", ha aggiunto Bersani. "Domani metterò su internet il mio voto di laurea e di tutti gli esami sostenuti. Mi aspetto che Gelmini faccia altrettanto, compreso il giro turistico a Reggio Calabria", ha detto il leader del Pd riferendosi all'esame di Stato di abilitazione come avvocato che il ministro bresciano svolse nel capoluogo calabrese.

GELMINI E ALFANO - Tra l'altro i ministri Gelmini e Angelino Alfano per errore avevano votato a favore dell'emendamento, errore da loro stesso subito denunciato con richiesta di correzione del risultato della votazione. "Se anche i due ministri, seppure erroneamente, votano con le opposizioni è un buon segnale per chi in tutta Italia sta protestando", ha commentato Roberto Giachetti (Pd), ripreso però subito dal presidente di turno dell’assemblea, Rosy Bindi: "Non confonda le scelte politiche con la semplice distrazione, che può capitare anche a chi siede al governo".

SFIDUCIA - Dario Franceschini, capogruppo del Pd, ha commentato così il risultato: "I numeri per la sfiducia ci sono: si tratta solo di verificare la volontà politica di far cadere il governo". Ha replicato il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto: "La maggioranza non è in balia di nessuno. La verifica vera sull’esistenza o meno della maggioranza ci sarà il 14 dicembre: se ci sarà una maggioranza occasionale, provocatoria o raccogliticcia, chiederemo al presidente della Repubblica di tornare dal corpo elettorale". Secondo il ministro Alfano, "si trattava di un emendamento del tutto ininfluente rispetto alla legge, ma rientra in un copione: una o due volte al giorno bisogna far andare sotto il governo per dimostrare l'indispensabilità di Fli".

MARCEGAGLIA - Sul dibattito è intervenuta anche Emma Marcegaglia. Il presidente della Confindustria chiede "a tutte le forze politiche di approvare nel più breve tempo possibile la riforma dell'università, pur se è perfettibile, perché introduce elementi importanti per una governance più efficiente e per una migliore valutazione del merito. Sarebbe veramente inaccettabile che per litigi interni cadesse".

Redazione online

25 novembre 2010

 

 

 

Alla Camera ripreso l'esame del ddl. Gelmini: "Senza riforma atenei in bancarotta"

Proteste degli studenti, blitz al Colosseo

Cortei in tutta Italia e occupazioni in molti atenei.

A Firenze tafferugli tra polizia e manifestanti

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Corteo degli studenti uiversitari a Torino (Ansa)

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MILANO - Scontri a Firenze tra studenti e polizia e blitz al Colosseo: in tutta Italia si protesta contro la riforma universitaria mentre prosegue alla Camera l'esame del disegno di legge in questione con il governo di nuovo battuto su un emendamento di Futuro e libertà. A Roma gli studenti sono riusciti a entrare all'interno dell'Anfiteatro Flavio e affacciandosi dal secondo anello hanno esposto uno striscione che reca la scritta "Nessun taglio, nessun profitto". Poi hanno dato vita a un corteo all'interno del monumento simbolo della Capitale. In molti hanno gridato in coro "Siamo noi i veri leoni" e hanno acceso fumogeni rossi, tra lo stupore dei turisti presenti. Il blitz al Colosseo è durato pochi minuti e non ha creato particolari tensioni.

La rivolta degli studenti in tutta Italia La rivolta degli studenti in tutta Italia La rivolta degli studenti in tutta Italia La rivolta degli studenti in tutta Italia La rivolta degli studenti in tutta Italia La rivolta degli studenti in tutta Italia La rivolta degli studenti in tutta Italia La rivolta degli studenti in tutta Italia

GELMINI - Nel caso in cui la riforma risulterà stravolta "sarò costretta a ritirarla", è l'avvertimento lanciato da Mariastella Gelmini dopo il nuovo ko alla Camera. In mattinata, intervenendo a Mattino Cinque, il ministro dell'Istruzione aveva ribadito che le risorse per l'università sono state trovate e sono del tutto sufficienti. "Senza la riforma le università vanno verso la bancarotta e saranno "commissariate" dalle banche", aveva detto. "Nella legge di stabilità è stato stanziato un miliardo di euro, una cifra sufficiente per far fronte non solo alle spese di funzionamento dell'università, ma anche al diritto allo studio". Per quanto riguarda la protesta, Gelmini ritiene che "l'elemento più anomalo è la saldatura tra baroni e una parte degli studenti".

PROTESTE - Sul fronte delle proteste, gli studenti universitari, dopo il sit-in di mercoledì e il blitz al Senato, hanno proseguito le manifestazioni contro la riforma Gelmini. A Roma rinforzati i presidi delle forze dell'ordine che hanno bloccato gli accessi per impedire l'accesso in piazza Montecitorio. In mattinata davanti alla Sapienza di Roma, la cui inaugurazione dell'anno accademico (prevista venerdì) è stata rimandata dal rettore, è comparso uno striscione: "Libertà per gli studenti - due, ndr - arrestati". A Milano un corteo di circa 400 gli studenti degli istituti superiori ha attraversato il centro: tensioni con la polizia al Politecnico e in piazzale Loreto, due ragazzi sono rimasti contusi. A Napoli, la sede dell’Università degli studi Orientale è stata occupata così come il rettorato dell'Università Federico II. A Palermo sei cortei formati un migliaio di studenti si sono diretti all'Ufficio scolastico provinciale e in seguito hanno bloccato la stazione per un'ora e l'ingresso al porto. A Bari una ventina di studenti ha occupato la facoltà di ingegneria del Politecnico. A Torino sfidando il freddo i ricercatori dell'università hanno trascorso la seconda notte sul tetto della sede delle facoltà umanistiche, sono state occupate le sedi del Politicnico e ci sono stati picchetti davanti alle facoltà di fisica e chimica. Inoltre davanti alla sede della Regione Piemonte sono stati lanciati uova e fumogeni e la stazione di Porta Susa è stata bloccata per mezz'ora. Ad Ancona un gruppo di studenti ha occupato il tetto della facoltà di ingegneria del Politecnico. A Bologna un corteo di qualche centinaio di studenti ha creato qualche difficoltà agli autobus in centro. A Firenze carica di alleggerimento delle forze dell'ordine davanti a scienze sociali dove si erano raccolti circa 500 giovani dei collettivi di sinistra, che protestavano contro la partecipazione del sottosegretario Daniela Santanchè a un dibattito sull'immigrazione. In precedenza dai manifestanti erano stati lanciati alcuni fumogeni. A Cagliari è proseguita l'occupazione del tetto del Palazzo delle scienze: agli studenti si sono associati alcuni ricercatori. A Pisa gli studenti sono saliti sulla Torre Pendente e hanno srotolato uno striscione.

Redazione online

25 novembre 2010

 

 

 

NO GELMINI

Studenti in piazza contro i tagli

Il corteo dei liceali in solidarietà con i coetanei di Roma, coinvolti mercoledì nei tafferugli davanti al Senato

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Scontri con la polizia (foto Procopio)

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MILANO - "Blocchiamo il ddl Gelmini, fermiamo tutto, dimettetevi tutti ora!": questo il testo dello striscione di apertura del corteo di circa 500 studenti delle scuole superiori, che ha percorso il centro di Milano. Partita da piazza Cairoli intorno alle 10, la manifestazione ha avuto al momento un primo momento di tensione intorno alle 10.45 in via Manin, quando una trentina di giovani hanno fatto irruzione nella sede dell’Agenzia delle Entrate e alcuni di loro sono poi saliti al primo piano dove da un balcone hanno calato uno striscione con la scritta "Più soldi alla scuola, zero alla guerra". La facciata della sede è stata colpita da uova e vernice. L'"assalto" è durato pochi minuti, poi gli studenti hanno abbandonato l’edificio lasciando lo striscione appeso al balcone. Al corteo, ripartito verso Porta Venezia, si è aggiunto un piccolo gruppo dei centri sociali. La protesta, organizzata dopo i tafferugli di ieri a Palazzo Madama, si è svolta in contemporanea con i lavori sulla riforma dell’Università nell’aula di Montecitorio.

Corteo e scontri con la polizia

Corteo e scontri con la polizia Corteo e scontri con la polizia Corteo e scontri con la polizia Corteo e scontri con la polizia Corteo e scontri con la polizia Corteo e scontri con la polizia Corteo e scontri con la polizia

VERNICE SU SCUOLA PRIVATA - Lancio di vernice azzurra anche sulla porta d’ingresso della scuola privata europea di viale Majno. Dall’altra parte della stessa strada le forze dell’ordine in assetto antisommossa hanno bloccato l’accesso alla redazione di Libero. La manifestazione ha creato alcuni disagi al traffico in piazza Oberdan, viale Majno e all’incrocio con viale Piave. Attimi di tensione durante il corteo quando alcuni partecipanti alla manifestazione hanno circondato l'inviato del Corriere che stava seguendo in diretta la manifestazione, cercando di farlo allontanare verso il marciapiede. Il giornalista si è rivolto ai presenti e tutto si è risolto in pochi istanti con l'intervento di altri ragazzi che si sono scusati con lui. Dal corteo, espressioni di solidarietà agli immigrati che da una ventina di giorni manifestano sulla torre dell'ex Carlo Erba, a Milano: "In questa città - hanno urlato gli studenti dei Collettivi - per farci ascoltare bisogna occupare o salire sui palazzi e sulle torri". Il corteo ha quindi raggiunto il Politecnico dove si è congiunto con quello degli universitari.

TENSIONI AL POLITECNICO - A sorpresa un corteo partito da piazza Leonardo Da Vinci, davanti all'ingresso principale del Politecnico, ha fatto ingresso dentro un'ala dell'università, sorprendendo le forze dell'ordine. Gli studenti, due o trecento, hanno fatto irruzione in un'ala del Politecnico entrando da via Boiardo, e l'hanno attraversata velocemente e incitando gli universitari a unirsi a loro in corteo. Poi sono usciti dalla parte opposta, in via Ampere. Il blitz dentro il Politecnico, avvenuto di fronte a docenti e studenti abbastanza perplessi, è stato improvvisato quando le forze dell'ordine si sono schierate per impedire loro di proseguire in via Boiardo verso la stazione di Lambrate. In quell'occasione ci sono stati momenti di tensione e la polizia, per contenerli, ha dovuto brevemente utilizzare la forza.

DUE CONTUSI A LORETO - In piazzale Loreto, all'angolo con viale Gran Sasso, manifestanti e forze dell'ordine sono arrivati due volte al contatto. Nel primo caso si è trattata di una carica di alleggerimento, nel secondo caso i tafferugli sono esplosi con maggiore violenza. Le cariche, a colpi di manganello, sono scattate sulla scala della stazione e lungo i binari del tram. Sono due i giovani rimasti contusi alla testa e al volto da alcune manganellate. Un centinaio di studenti ha presidiato per un paio d'ore l’incrocio tra viale Abruzzi e viale Gran Sasso, circondati da poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa. Il corteo degli studenti si è poi mosso verso la facoltà di Fisica della Statale, dove una trentina di ricercatori del Politecnico è salita sul terrazzo per protestare contro il ddl Gelmini.

RICERCATORI SUL TETTO - "Vogliamo una discussione pubblica, con un vero contraddittorio, perché la gente non sa che cosa si sta facendo all'Università", hanno chiesto i ricercatori. "Sono mesi che protestiamo - dice Alessandro Dama, ricercatore - nonostante manifestazioni, mozioni di facoltà e del Consiglio Accademico che sostegno le nostre ragioni e le nostre perplessità non riusciamo ad ottenere l'attenzione dei media e del pubblico. Non è un caso se un'università ha comprato una intera pagina, a pagamento quindi, su un quotidiano (il Corriere, ndr). E di conseguenza la Gelmini riesce così a spacciare una riforma contro i giovani come una riforma contro i baroni". "Ci stiamo organizzando per la notte, perché abbiamo deciso di proseguire il presidio, per ora rimarremo qui questa notte con un gruppetto di una quindicina di colleghi, poi si vedrà", ha spiegato uno dei coordinatori della protesta.

"CARICATI SELVAGGIAMENTE" - Gli organizzatori del corteo, dal tetto della Facoltà di Fisica, hanno parlato di "carica selvaggia" e di "brutale aggressione" da parte delle forze dell'ordine. La questura ha invece precisato che in entrambi i casi si è trattato di brevi tafferugli per impedire al corteo di recarsi, in un caso a occupare la stazione Fs di Lambrate, e nell'altro di continuare a sciamare per le vie della città e che comunque "si trattava di percorsi non autorizzati", diversi da quelli concordati per il corteo. Durante la conferenza stampa sul tetto del Politecnico, gli organizzatori del corteo hanno parlato di 6-7 feriti tra i manifestanti. Il 118 ha trasportato una sola persona da viale Abruzzi: si tratta di uno studente di 18 anni dell'Istituto Manzoni, che è stato portato al Fatebenefratelli in codice verde. Il giovane, la cui posizione giuridica è in corso di valutazione da parte della questura, avrebbe riportato un "trauma cranico e una contusione facciale". Altri due o tre manifestanti, durante i tafferugli sono stati visti doloranti, tra cui un paio di ragazze. Secondo gli studenti sono andati da soli al pronto soccorso per farsi sottoporre ad accertamenti. La questura ha precisato che a parte il diciottenne che si trova al Fatebenefratelli, non ci sono stati fermati.

DE CORATO: DANNI PER 60 MILA EURO - "Almeno 60mila euro". A tanto ammontano, secondo il vicesindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo De Corato, i danni provocati dal corteo degli studenti. Un corteo, "il 18esimo da inizio anno", che per De Corato si è trasformato nell'"ennesimo brutto spettacolo e che si è distinto, tra l'altro, per i tafferugli con le forze dell'ordine in via Boiardo, a Loreto e viale Abruzzi, l'occupazione dell'Agenzia delle Entrate e l'irruzione in Università". Disordini che "mascherano l'ennesimo flop perché il canovaccio è stato recitato dallo 0,3% degli studenti milanesi (500 persone su 150 mila), ma costerà alla collettività".

Redazione online

25 novembre 2010

 

 

 

BOTTA E RISPOSTA

Bersani sfida Gelmini: "Ecco i miei 30"

Gelmini al leader Pd: "Studente ripetente"

Lui mette i voti online e attacca: "Lo faccia pure lei"

BOTTA E RISPOSTA

Bersani sfida Gelmini: "Ecco i miei 30"

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La copia del libretto universitario di Bersani pubblicata su Facebook dal leader del Pd -

La copia del libretto universitario di Bersani pubblicata su Facebook dal leader del Pd -

MILANO - Il ministro dell'Istruzione in persona gli ha dato dello "studente ripetente", criticando la sua scelta di salire sui tetti della Sapienza. E Pier Luigi Bersani non l'ha mandata proprio giù. Orchestrando una replica degna di nota: la pubblicazione, sulla bacheca di Facebook, di una copia del suo libretto universitario. Una sfilza di 30 o 30 e lode e un solo 28 i voti collezionati all'università di Bologna (guarda).

"FACCIA ALTRETTANTO" - "Come promesso, ecco i miei voti del corso di Filosofia, Storia del cristianesimo in cui mi sono laureato con 110 e lode" scrive online il segretario dei democratici. Invitando Mariastella Gelmini a fare la stessa cosa. Il guanto di sfida Bersani lo aveva lanciato al ministro già nell'aula di Montecitorio: "Pubblicherò su Internet tutti i voti di tutti i miei esami del mio corso di laurea. Mi aspetto che il ministro faccia altrettanto, completo di "giro turistico" a Reggio Calabria". Una dura replica alle critiche della titolare dell'Istruzione, che aveva bocciato l'iniziativa del leader del Pd di salire sui tetti con gli universitari. "Non si capisce se in veste di segretario precario del Pd, piuttosto che di studente ripetente" aveva detto il ministro a Mattino Cinque riferendosi a Bersani. "Il Pd - ha aggiunto la Gelmini - ha scelto di non discutere nemmeno la riforma, questa come quelle della scuola e della Pubblica amministrazione. Ho stima di alcuni parlamentari del Partito democratico, che purtroppo rappresentano una minoranza e che si battono per le riforme. Ma oggi il Pd è quello di Bersani che, appunto, sale sui tetti".

IL LIBRETTO - "Studente ripetente" non è certo l'appellativo più appropriato per Bersani, stando almeno al suo libretto universitario. Tutti 30, in alcuni casi cum laude, in materie come Letteratura italiana, Storia romana, Medievale, moderna, del Risorgimento, Storia della Chiesa, Storia del cristianesimo, Antropologia culturale, Storia delle dottrine politiche, Psicologia, Storia della filosofia, della filosofia antica e medievale, Filosofia della storia. Solo un 28, il voto più basso, in Letteratura latina. A questo punto non resta che vedere se la Gelmini raccoglierà la sfida.

Redazione online

25 novembre 2010

 

La copia del libretto universitario di Bersani pubblicata su Facebook dal leader del Pd - ] La copia del libretto universitario di Bersani pubblicata su Facebook dal leader del Pd -

 

 

 

 

 

 

 

 

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L'esame di abilitazione all'albo nel 2001.

Il ministro dell'Istruzione: "Dovevo lavorare subito"

Novantatré per cento di ammessi agli orali! Come resistere alla tentazione? E così, tra i furbetti che nel 2001 scesero dal profondo Nord a fare gli esami da avvocato a Reggio Calabria si infilò anche Mariastella Gelmini. Ignara delle polemiche che, nelle vesti di ministro, avrebbe sollevato con i (giusti) sermoni sulla necessità di ripristinare il merito e la denuncia delle condizioni in cui versano le scuole meridionali. Scuole disastrose in tutte le classifiche "scientifiche" internazionali a dispetto della generosità con cui a fine anno vengono quasi tutti promossi.

La notizia, stupefacente proprio per lo strascico di polemiche sulla preparazione, la permissività, la necessità di corsi di aggiornamento, il bagaglio culturale dei professori del Mezzogiorno, polemiche che hanno visto battagliare, sull'uno o sull'altro fronte, gran parte delle intelligenze italiane, è stata data nella sua rubrica su laStampa.it da Flavia Amabile. La reazione degli internauti che l'hanno intercettata è facile da immaginare. Una per tutti, quella di Peppino Calabrese: "Un po' di dignità ministro: si dimetta!!" Direte: possibile che sia tutto vero? La risposta è nello stesso blog della giornalista. Dove la Gelmini ammette. E spiega le sue ragioni.

Un passo indietro. È il 2001. Mariastella, astro nascente di Forza Italia, presidente del consiglio comunale di Desenzano ma non ancora lanciata come assessore al Territorio della provincia di Brescia, consigliere regionale lombarda, coordinatrice azzurra per la Lombardia, è una giovane e ambiziosa laureata in giurisprudenza che deve affrontare uno dei passaggi più delicati: l'esame di Stato.

Per diventare avvocati, infatti, non basta la laurea. Occorre iscriversi all'albo dei praticanti procuratori, passare due anni nello studio di un avvocato, "battere" i tribunali per accumulare esperienza, raccogliere via via su un libretto i timbri dei cancellieri che accertino l'effettiva frequenza alle udienze e infine superare appunto l'esame indetto anno per anno nelle sedi regionali delle corti d'Appello con una prova scritta (tre temi: diritto penale, civile e pratica di atti giudiziari) e una (successiva) prova orale. Un ostacolo vero. Sul quale si infrangono le speranze, mediamente, della metà dei concorrenti. La media nazionale, però, vale e non vale. Tradizionalmente ostico in larga parte delle sedi settentrionali, con picchi del 94% di respinti, l'esame è infatti facile o addirittura facilissimo in alcune sedi meridionali.

Un esempio? Catanzaro. Dove negli anni Novanta l'"esamificio" diventa via via una industria. I circa 250 posti nei cinque alberghi cittadini vengono bloccati con mesi d'anticipo, nascono bed&breakfast per accogliere i pellegrini giudiziari, riaprono in pieno inverno i villaggi sulla costa che a volte propongono un pacchetto "all-included": camera, colazione, cena e minibus andata ritorno per la sede dell'esame.

Ma proprio alla vigilia del turno della Gelmini scoppia lo scandalo dell'esame taroccato nella sede d'Appello catanzarese. Inchiesta della magistratura: come hanno fatto 2.295 su 2.301 partecipanti, a fare esattamente lo stesso identico compito perfino, in tantissimi casi, con lo stesso errore ("recisamente" al posto di "precisamente", con la "p" iniziale cancellata) come se si fosse corretto al volo chi stava dettando la soluzione? Polemiche roventi. Commissari in trincea: "I candidati — giura il presidente della "corte" forense Francesco Granata — avevano perso qualsiasi autocontrollo, erano come impazziti". "Come vuole che sia andata? — spiega anonimamente una dei concorrenti imbroglioni —. Entra un commissario e fa: "Scrivete". E comincia a dettare il tema. Bello e fatto. Piano piano. Per dar modo a tutti di non perdere il filo".

Le polemiche si trascinano per mesi e mesi al punto che il governo Berlusconi non vede alternative: occorre riformare il sistema con cui si fanno questi esami. Un paio di anni e nel 2003 verrà varata, per le sessioni successive, una nuova regola: gli esami saranno giudicati estraendo a sorte le commissioni così che i compiti pugliesi possano essere corretti in Liguria o quelli sardi in Friuli e così via. Riforma sacrosanta. Che già al primo anno rovescerà tradizioni consolidate: gli aspiranti avvocati lombardi ad esempio, valutati da commissari d'esame napoletani, vedranno la loro quota di idonei raddoppiare dal 30 al 69%.

Per contro, i messinesi esaminati a Brescia saranno falciati del 34% o i reggini ad Ancona del 37%. Quanto a Catanzaro, dopo certi record arrivati al 94% di promossi, ecco il crollo: un quinto degli ammessi precedenti.

In quei mesi di tormenti a cavallo tra il 2000 e il 2001 la Gelmini si trova dunque a scegliere, spiegherà a Flavia Amabile: "La mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi troppo a lungo agli studi, mio padre era un agricoltore. Dovevo iniziare a lavorare e quindi dovevo superare l'esame per ottenere l'abilitazione alla professione". Quindi? "La sensazione era che esistesse un tetto del 30% che comprendeva i figli di avvocati e altri pochi fortunati che riuscivano ogni anno a superare l'esame. Per gli altri, nulla. C'era una logica di casta, per fortuna poi modificata perché il sistema è stato completamente rivisto". E così, "insieme con altri 30-40 amici molto demotivati da questa situazione, abbiamo deciso di andare a fare l'esame a Reggio Calabria".

I risultati della sessione del 2000, del resto, erano incoraggianti. Nonostante lo scoppio dello scandalo, nel capoluogo calabrese c'era stato il primato italiano di ammessi agli orali: 93,4%. Il triplo che nella Brescia della Gelmini (31,7) o a Milano (28,1), il quadruplo che ad Ancona. Idonei finali: 87% degli iscritti iniziali. Contro il 28% di Brescia, il 23,1% di Milano, il 17% di Firenze. Totale: 806 idonei. Cinque volte e mezzo quelli di Brescia: 144. Quanti Marche, Umbria, Basilicata, Trentino, Abruzzo, Sardegna e Friuli Venezia Giulia messi insieme.

Insomma, la tentazione era forte. Spiega il ministro dell'Istruzione: "Molti ragazzi andavano lì e abbiamo deciso di farlo anche noi". Del resto, aggiunge, lei ha "una lunga consuetudine con il Sud. Una parte della mia famiglia ha parenti in Cilento". Certo, è a quasi cinquecento chilometri da Reggio. Ma sempre Mezzogiorno è. E l'esame? Com'è stato l'esame? "Assolutamente regolare". Non severissimo, diciamo, neppure in quella sessione. Quasi 57% di ammessi agli orali. Il doppio che a Roma o a Milano. Quasi il triplo che a Brescia. Dietro soltanto la solita Catanzaro, Caltanissetta, Salerno. Così facevan tutti, dice Mariastella Gelmini. Da oggi, dopo la scoperta che anche lei si è infilata tra i furbetti che cercavano l'esame facile, le sarà però un po' più difficile invocare il ripristino del merito, della severità, dell'importanza educativa di una scuola che sappia farsi rispettare. Tutte battaglie giuste. Giustissime. Ma anche chi condivide le scelte sul grembiule, sul sette in condotta, sull'imposizione dell'educazione civica e perfino sulla necessità di mettere mano con coraggio alla scuola a partire da quella meridionale, non può che chiedersi: non sarebbero battaglie meno difficili se perfino chi le ingaggia non avesse cercato la scorciatoia facile?

Gian Antonio Stella

04 settembre 2008(ultima modifica: 05 settembre 2008)

 

 

 

 

 

 

 

2010-11-24

PUBBLICA ISTRUZIONE

Università, riparte la protesta:

occupate 5 facoltà, ricercatori sul tetto

Contestazioni da Fisica a Filosofia contro la riforma Gelmini. Mercoledì sit-in alla Camera di 18 collettivi

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PUBBLICA ISTRUZIONE

Università, riparte la protesta:

occupate 5 facoltà, ricercatori sul tetto

Contestazioni da Fisica a Filosofia contro la riforma Gelmini. Mercoledì sit-in alla Camera di 18 collettivi

ROMA - Ricercatori sul tetto. Assemblee e facoltà occupate. L’università si mobilita mentre riprende l’iter parlamentare per l’approvazione della Riforma Gelmini. Martedì pomeriggio, in piazza Borghese a Roma, i Ricercatori della Rete 29 Aprile e i Ricercatori Precari sono saliti sopra il tetto del dipartimento di storia dell’Architettura.

"Intendiamo rimanerci ad oltranza – fanno sapere i ricercatori – finché non verrà accantonata l’approvazione della riforma Gelmini. Siamo costretti difatti ad arroccarci su un edificio di un sapere ancora pubblico per difenderlo dagli attacchi di un Governo che vuole privatizzare l’intero sistema universitario – continuano dalla Rete 29 Aprile – partendo dagli Atenei con il taglio al FFO e la riforma Gelmini che in queste ore sta per essere approvata alla Camera".

Studenti de La Sapienza in assemblea (Eidon)

Studenti de La Sapienza in assemblea (Eidon)

DORMIRE A MEDICINA – Intanto all’università La Sapienza si susseguono le assemblee: "Abbiamo occupato il dipartimento di Fisica", fanno sapere gli studenti di Anomalia Sapienza. E anche gli studenti di Ingegneria sono fermamente intenzionata ad occupare – sarebbe la seconda volta in un mese – la sede della facoltà a San Pietro in Vincoli. E' lo stesso edificio, infatti, dove a inizio ottobre scorso studenti e ricercatori di Ingegneria occuparono con le tende il chiostro della facoltà.

Anche Medicina ha ripreso la pre-occupazione e martedì sera gli studenti dormiranno nel Dipartimento di Igiene per poi partecipare al sit-in davanti alla Camera. Occupate in serata anche le facoltà di Filosofia e Scienze Politiche alla Sapienza. Gli studenti de La Sapienza rilanciano sul (rinnovato) sito del movimento ateneinrivolta.org, la mobilitazione contro il ddl Gelmini: "Questa settimana blocchiamo l’approvazione del decreto", annunciano gli universitari.

PRECARI IN BILICO – Stessi obiettivi, stesse rivendicazioni vengono dai ricercatori universitari e ricercatori precari. "Questa è una riforma che trasforma le nostre Università in aziende – spiegano ancora in un comunicato i ricercatori saliti sul tetto della facoltà di Architettura – che privatizza i nostri Consigli di Amministrazione, che trasforma il diritto allo studio in un debito da contrarre con le banche".

E proseguono: "Una riforma che riporta il livello di istruzione universitario ad essere un bene di lusso, non accessibile se non a chi è in condizioni economiche agiate per studiare in pochi atenei di eccellenza privati".

Le tende nel chiostro di San Pietro in Vincoli il ottobre (foto da Studenti e Ricercatori di Ingegneria)

Le tende nel chiostro di San Pietro in Vincoli il ottobre (foto da Studenti e Ricercatori di Ingegneria)

SULL'ORLO DEL BARATRO - Dalla Rete 29 Aprile ribadiscono: "Siamo sull’orlo del baratro per l’istruzione pubblica in Italia, proprio come noi sopra questo tetto. Siamo sempre stati disponibile a parlare con tutti per discutere dei mali dell’università e di come si risolvono – continuano i ricercatori – ma i baroni e gli interessi particolari hanno sempre impedito di affrontare in maniera coraggiosa le problematiche dei nostri atenei. Questa riforma però non è né coraggiosa né risolutiva, tutt’altro". Sul tetto, a sostegno dei precari, sono saliti martedì sera anche i ricercatori dell'Unione degli universitari: "Resistiamo nonostante il freddo", dice Giorgio Paterna dell'Udu.

PRESIDIO ALLA CAMERA – E le associazioni universitarie saranno in sit-in permanente davanti alla camera a partire dalle 10 di mercoledì 24 novembre: qui, i ricercatori terranno corsi in piazza. "La settimana prossima rappresenta il momento decisivo per chiunque creda nelle libertà di istruzione, ricerca ed insegnamento - spiegano gli universitari - nella dignità del lavoro, nel diritto al futuro delle generazioni più giovani. Il fallimento del tentativo di accelerazione portato avanti dal governo lo scorso ottobre dimostra come la (ex?) maggioranza parlamentare sia particolarmente vulnerabile alle manifestazioni di dissenso provenienti dalla parte sana dell’università".

APPELLO AGLI ACCADEMICI - In un comunicato sottoscritto da 18 sigle – Link Coordinamento Universitario, associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani, associazione docenti universitari, associazione nazionale docenti, solo per citarne alcune – ricercatori e professori lanciano "un forte appello al mondo accademico chiedendo di avviare iniziative per tutto il corso della settimana ed invitiamo, in particolare, il corpo docente – concludono i ricercatori – alla mobilitazione anche ricorrendo alle forme di protesta già sperimentate durante la protesta contro i tagli della legge 133 (didattica alternativa, lezioni all'aperto, dibattito sulle conseguenze del DdL)".

Simona De Santis

23 novembre 2010

 

 

 

NELL'ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI VITO SCAFIDI

"Di scuola non si può morire"

Sit-in dei licei a Montecitorio

Davanti alla Camera, la protesta del collettivo Senza Tregua: bruciato pupazzo del ministro Gelmini

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Davanti alla Camera, la protesta del collettivo Senza Tregua: bruciato pupazzo del ministro Gelmini

Fuoco al pupazzo con l'effige della Gelmini (Jpeg)

Fuoco al pupazzo con l'effige della Gelmini (Jpeg)

ROMA - "Di scuola non si può morire", è lo striscione che i licei romani hanno portato sotto a Montecitorio nel giorno dell'anniversario della morte di Vito Scafidi, il ragazzo che il 22 novembre 2008 perse la vita in classe a Rivoli (Torino), mentre sedeva dietro al suo banco, per la caduta di un controsoffitto.

Ma un sit-in in memoria del giovane organizzato davanti alla Camera - cui partecipavano decine di ragazzi delle scuole romane, dal Righi al Giulio Cesare passando per l'istituto Armellini e il Torricelli - si è trasformato in una manifestazione dai toni preoccupanti. Alcuni ragazzi del collettivo Senza Tregua hanno dato fuoco ad un pupazzo con il volto di Maria Stella Gelmini. Il feticcio del ministro è andato a fuoco in pochi attimi.

 

Uno degli striscioni in piazza Montecitorio (Ansa)

Uno degli striscioni in piazza Montecitorio (Ansa)

LA PROTESTA - Davanti a Montecitorio erano almeno in 500 per la protesta organizzata dal collettivo Senza Tregua, che lunedì ha presentato un dossier sulle condizioni dell'edilizia scolastica. In segno di rabbia per la situazione pietosa degli edifici i ragazzi hanno organizzato un lancio di rotoli di carta igienica. "Nella nostra scuola d'estate si muore di caldo, d'inverno di freddo", racconta un ragazzo al megafono, "vogliamo delle scuole vere". Gli studenti parlano di bagni che perdono, di scuole-prefabbricato, di nidi di piccioni nei controsoffitti e dicono "basta, dateci strutture adeguate". Al sit-in partecipano anche alcune scuole di Montesacro (tra queste Orazio e Nomentano), che sono arrivate dopo aver bloccato la Nomentana.

La protesta dei liceali dell'Orazio (Ansa)

La protesta dei liceali dell'Orazio (Ansa)

IL DOSSIER - Istituto Giovanni Falcone, una volta scuola elementare e oggi scuola superiore. Con tutte le difficoltà dovute ad una inadeguatezza delle strutture. A partire dalle classi. Tra tutte, una. Misura 25 metri quadri, al suo interno ci sono ben 15 banchi per ben 36 studenti il che vuol dire anche tre studenti in banchi che sono da due. Questo è soltanto uno dei casi venuto fuori dall'inchiesta sull'edilizia scolastica condotta dal collettivo romano Senza Tregua.

TRENTA ISTITUTI - Un gruppo di giovani, armati di macchine fotografiche, nel giro di due settimane è riuscito a raccogliere materiale su 30 scuole sparse in tutta Roma: classi sovraffollate, crepe nei muri, uscite di sicurezza chiuse con tanto di catene e lucchetti. "Ci manca solo Ostia, è stato un gran lavoro", racconta, all'agenzia Dire, Alessandro Mustillo, responsabile del collettivo. Tutto parte dalla scomparsa di Vito Scafidi. Pochi anni prima, nel 2002, la tragedia dei bambini di San Giuliano di Puglia, morti sotto le macerie della loro scuola, crollata per il terremoto.

Redazione online

23 novembre 2010

 

 

 

universita'

Occupazioni, assemblee e maratone

La rivolta degli studenti alla Gelmini

Occupazioni, assemblee, lezioni in piazza, maratona in notturna di corsi non stop allestita con la collaborazione dei docenti di quattro facoltà. A Pisa, chiesta la sospensione della didattica: tutto contro il ddl Gelmini

FIRENZE - Occupazioni, assemblee, lezioni in piazza, maratona in notturna di corsi non stop allestita con la collaborazione dei docenti di quattro facoltà. Queste alcune delle iniziative messe in campo dai collettivi studenteschi dell’ateneo fiorentino, mentre la Camera discute la riforma Gelmini dell’Università. Nella notte, si legge infatti in una nota, il collettivo di Scienze ha occupato la sede del polo scientifico di ateneo a Sesto Fiorentino e un dipartimento di Matematica.

La mobilitazione è proseguita con una "grande assemblea" in un altro plesso accademico, quello di viale Morgagni, mentre sempre nel polo di viale Morgagni, dalle 20 prenderà via una maratona non stop di lezioni in notturna, organizzata dai collettivi in collaborazione con docenti delle facoltà di ingegneria, scienze, medicina e farmacia, che si alterneranno in cattedra fino alle otto di domani mattina. Chiuderà il ciclo di corsi una nuova assemblea del polo, sempre nel plesso di viale Morgagni. Intanto, il collettivo di Scienze ha annunciato "iniziative di protesta nelle mense universitarie", mentre nella centrale piazza Santissima Annunziata, ci sono state le lezioni all’aperto a cura di alcuni studenti e professori della facoltà di Scienze della Formazione.

Facoltà occupate, assemblee un po' ovunque e almeno duemila studenti mobilitati. È il bilancio della giornata di protesta contro il ddl Gelmini che si è svolta all’Universtà di Pisa, alla quale hanno aderito anche l’associazione nazionale dei docenti e i ricercatori. Studenti, docenti e ricercatori si sono confrontati sugli effetti della riforma nelle diverse assemblee di facoltà e sette di esse (lettere, giurisprudenza, scienze, scienze politiche, ingeneria, lingue ed economia) sono state occupate. Assemblee affollate anche ad agraria, farmacia - nei pressi della quale gli studenti hanno rallentato il traffico esponendo striscioni contro il ddl Gelmini - e a medicina, dove l’assemblea è diventata permanente all’interno di un’aula autogestita. In una nota i ricercatori universitari denunciano "il blitz dei deputati della maggioranza che hanno abrogato persino gli emendamenti al ddl presentati da loro stessi, tra cui l’esenzione dall’obbligo di restituzione dei buoni studio per gli studenti laureati con il massimo dei voti, la definizione di una soglia di retribuzione minima di 20 mila euro annui per gli assegni di ricerca, il ripristino per i giovani ricercatori degli scatti di anzianità soppressi lo scorso agosto e il finanziamento della retribuzione integrativa per i ricercatori che svolgono didattica o attività gestionali".

Il ddl Gelmini viene poi definito "un provvedimento sbagliato, che umilia l’università pubblica e lo stesso ministro dell’Istruzione, da oggi subordinato a quello dell’Economia". Infine, si dichiarano "indisponibili a svolgere esami e a far parte di qualunque commissione, ove non ne abbiano l’obbligo per legge". La richiesta di sospensione della didattica avanzata dagli studenti , che hanno bloccato il traffico, non è stata accolta da rettore e presidi che pur impegnandosi "a riportare le ragioni della protesta in tutte le sedi istituzionali a cominciare dalla Crui" hanno assicurato "che non mancheranno di adoperarsi affinchè sia comunque salvaguardata la regolarità dell’anno accademico".

23 novembre 2010

 

 

 

2010-11-19

previsti contributi anche per gli istituti migliori: si comincia a pisa e a siracusa

La Gelmini e i professori meritevoli

"Come premio una mensilità in più"

Illustrato il progetto che inizierà in via sperimentale in venti scuole tra Napoli e Torino

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La Gelmini e i professori meritevoli

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Illustrato il progetto che inizierà in via sperimentale in venti scuole tra Napoli e Torino

Il ministro Mariastella Gelmini

Il ministro Mariastella Gelmini

MILANO - Un premio, pari quasi a una mensilità di stipendio, ai professori particolarmente meritevoli. È quanto prevede uno dei progetti, annunciati dal ministro Mariastella Gelmini, che partirà, per ora, in venti scuole tra Torino e Napoli. La gratifica agli insegnanti che più di altri si rimboccano le maniche non è l'unica novità annunciata dalla Gelmini. Come ai professori, anche agli istituti scolastici in generale converrà darsi da fare perché, grazie a un altro progetto, alcune scuole potranno rimpinguare le casse: se dimostreranno, infatti, di aver migliorato i livelli di apprendimento degli studenti e raggiunto certi standard riceveranno un contributo fino a un massimo di 70 mila euro. Come per il premio agli insegnanti, anche in questo caso si comincerà in via sperimentale, dalle scuole medie delle province di Pisa e Siracusa (per la durata dell'intero triennio).

MINISTRO SODDISFATTO - Le novità sono state salutate con soddisfazione dalla Gelmini, che ha parlato di "giorno storico", sottolineando come per la prima volta parta un'iniziativa concreta per introdurre il merito nel sistema d'istruzione italiano. "Finalmente - ha detto - si iniziano a valutare i professori e le scuole su base meritocratica. Premi dunque ai migliori e non soldi legati solo all'anzianità di carriera che comunque, grazie allo sforzo del governo, sono stati garantiti a tutto il settore".

SCATTI RIPRISTINATI - A quest'ultimo proposito, infatti, il ministro ha illustrato ai sindacati il decreto interministeriale che consente il pagamento degli scatti d' anzianità maturati dal personale della scuola. Le sperimentazioni messe in campo saranno finanziate con una parte del 30% dei risparmi ottenuti grazie alla razionalizzazione della spesa, al netto naturalmente delle risorse destinate al recupero degli scatti. Lo scorso febbraio il ministro ha istituito un Comitato Tecnico Scientifico (CTS) che ha l'obiettivo di proporre l'istituzione di un sistema nazionale di valutazione e di miglioramento della didattica. E il Comitato ha proposto al ministro i due progetti illustrati in giornata.

I DUE PROGETTI - Quello relativo alle scuole prevede che esse vengano valutate prendendo in considerazione il livello di miglioramento dell'apprendimento degli studenti individuato attraverso i test Invalsi ma anche una serie di indicatori che vanno dal rapporto scuola-famiglia alla gestione delle risorse, ai livelli di abbandono. Il verdetto è affidato a un team di osservatori esterni composto da un ispettore e da due esperti indipendenti. Sulla base dei risultati verrà quindi formulata da una Commissione tecnica regionale una graduatoria. Alle scuole che si collocheranno nella fascia più alta sarà assegnato un premio, fino ad un massimo di 70mila euro. Per il progetto destinato agli insegnanti, che aderiranno volontariamente alla sperimentazione, in ogni scuola verrà costituito un "nucleo" di valutazione composto dal preside, da due professori eletti dal Collegio dei docenti e dal presidente del Consiglio di Istituto (in qualità di osservatore). La valutazione terrà conto di curriculum vitae e documento di valutazione. Ma non solo. Il "nucleo" dovrà considerare anche il giudizio sui docenti espresso da genitori e studenti. Gli insegnanti meritevoli saranno premiati entro aprile/maggio 2011. (Fonte Ansa)

18 novembre 2010

 

 

 

2010-11-17

Scuola - MANIFESTAZIONI PER difendere il DIRITTO ALLO STUDIO

Scuola, cento cortei contro la Gelmini

Tensione a Milano e a Palermo

Spaccata la vetrina di una banca nel capoluogo lombardo. Lancio di uva e raid in rettorato in Sicilia

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MILANO - Cortei in tutta la Penisola mercoledì mattina per la Giornata internazionale del diritto allo studio e contro i tagli alla scuola. Da Milano a Palermo, passando per Torino, Milano, Genova, Trieste, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Regio Calabria gli studenti scendono in piazza: più di cento i cortei.

GELMINI - Per il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini "la protesta ripropone vecchi slogan di chi vuole mantenere lo status quo, di chi è aprioristicamente contro qualsiasi tipo di cambiamento". "Bisogna avere il coraggio di cambiare - ha detto il ministro - È indispensabile proseguire sulla strada delle riforme: dobbiamo puntare a una scuola di qualità, più legata al mondo del lavoro e più internazionale".

MILANO - Alcuni momenti di tensione si sono registrati a Milano. La vetrina della filiale di Banca Fideuram, in corso di Porta Romana, in centro, è stata danneggiata a colpi di mazza da alcuni ragazzi incappucciati. Nell'ingresso dell'istituto alcuni cittadini hanno assistito, impauriti, all'attacco, mentre i giovani colpivano più volte la vetrata, scheggiandola in più punti. "Sono arrivati di corsa, incappucciati, e hanno incominciato a colpire con una mazza il vetro", hanno raccontato piuttosto scosse le persone all'interno. Numerose scritte con vernice spray sono state lasciate sulle vetrine di banche e negozi lungo il corteo. Ragazzi con il viso coperto hanno tracciato scritte come "La crisi ve la creiamo noi" e "Assassini, m..." sulle vetrine delle filiali della Monte dei Paschi di Siena in largo Cairoli, della Banca Popolare di Lodi in via Orefici e della Bpm e Banca d'Etruria in via Mazzini. Gli imbrattatori hanno colpito anche su alcuni negozi all'inizio di via Torino. Numerosi i fumogeni accesi, uno dei quali in piazza Missori ha incendiato un piccolo distributore di annunci in carta. Sul cavalcavia prima del Provveditorato un centinaio di ragazzi incappucciati ha fronteggiato per un po' la polizia, che ha impedito loro di avvicinarsi.

Gli studenti in piazza Gli studenti in piazza Gli studenti in piazza Gli studenti in piazza Gli studenti in piazza Gli studenti in piazza Gli studenti in piazza Gli studenti in piazza

PALERMO - Circa ottomila giovani a Palermo - tra liceali e universitari - hanno preso parte ai due cortei che hanno letteralmente bloccato la città. Oltre 7 mila gli studenti delle scuole superiori radunatisi in piazza Politeama e partiti in corteo per le vie del centro, sotto le insegne del Coordinamento studenti medi, preceduti dalla striscione "Non contate sul nostro silenzio ma solo sulla nostra rabbia". Intanto, da via Archirafi, erano partiti oltre mille universitari e precari della ricerca, organizzati dal coordinamento degli studenti "Indisponibili". I liceali hanno lanciato uova contro il Banco di Sicilia, "un'azione - spiega il coordinamento - per ribadire che questa crisi gli studenti non la vogliono pagare". Gli universitari che - dietro lo striscione "Riprendiamoci il futuro contro i tagli e il ddl Gelmini" - hanno indossato maschere bianche a testimoniare "l'invisibilità in cui è relegato il mondo dell'università nei piani del governo". Il corteo degli studenti medi si è poi unito a quello degli universitari all'incrocio tra via Roma e corso Vittorio Emanuele. Al termine della manifestazione, gli universitari hanno fatto irruzione nella sede del rettorato: hanno invaso e bloccato il senato accademico per protestare contro il taglio del 90% delle borse di studio, contro la riforma Gelmini la cui discussione alla Camera è prevista per domani, e contro l'offerta formativa "scadente e rattoppata" varata per questo anno accademico dal rettore Roberto Lagalla. Sul corteo dei collettivi studenteschi di questa mattina è critico il coordinamento Studenti In Movimento: "È la rappresentazione del movimento studentesco che non vogliamo, quello assistito dai sindacati e dai partiti. Non possiamo fare a meno di notare come nelle nostre giornate di mobilitazione l'intera classe docente fissa compiti in classe e se ne infischia dei cortei, mentre per i cortei dei collettivi accade l'inverso e cioè che a rischiare richiami e sanzioni sono gli studenti che non scioperano". Conclude il coordinamento: "La forza dei movimenti studenteschi di Palermo si vedrà martedì 23 quando ci saranno le elezioni alla Consulta provinciale degli studenti e si voterà il segretario della Cps. Finalmente i numeri parleranno chiaro, si vedrà chi davvero rappresenterà la maggioranza degli studenti di Palermo e provincia".

ROMA - "Crediamo che sia necessario garantire a tutti il diritto di manifestare, per questo chiediamo pacificamente di arrivare sotto Montecitorio". Così gli studenti in corteo a Roma. "Avevamo chiesto l'autorizzazione ad arrivarci- spiega Claudio Riccio di Link-Coordinamento universitario- ma ci è stata negata. Ci hanno dato il via libera per piazza Navona che, però, non è simbolica. Noi vogliamo arrivare dove a giorni si discuterà la riforma Gelmini".

BARI - Diverse centinaia di studenti delle scuole superiori e dell'università stanno sfilando in corteo attraverso le strade del centro di Bari per la giornata di mobilitazione nazionale contro la riforma Gelmini. Al suono dei tamburi che ritmano gli slogan contro il ministro e sulle note di "Bella ciao", il corteo è partito dalla piazza antistante l'ateneo Barese e sta procedendo a zig zag per le vie del centro per raggiungere la piazza della Prefettura. I testa al corteo gli studenti hanno issato una grande croce di cartone, ricoperta da foto di studenti e da un libro, che raffigura la morte dela cultura e dello studio. In testa al corteo sfila anche l'assessore regionale pugliese per il diritto allo studio, Alba Sasso.

Redazione online

17 novembre 2010

 

 

 

 

 

 

2010-10-18

I giudizi del network di laureati italiani con esperienza di lavoro all'estero

Classifica: è la Bocconi la prima università italiana. Politecnico al terzo posto

Classifica di Vision. I parametri: ricerca, impatto occupazionale, finanziamenti

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Classifica: è la Bocconi la prima università italiana. Politecnico al terzo posto

Classifica di Vision. I parametri: ricerca, impatto occupazionale, finanziamenti

MILANO - La Bocconi scalza il Politecnico di Milano e diventa la prima università italiana. È quanto emerge dalla classifica degli atenei presentata da Vision, il network di laureati italiani con esperienza di lavoro all'estero che già lo scorso anno aveva pubblicato una graduatoria analoga. Lo studio tiene conto di diversi aspetti tra cui la presenza di studenti stranieri, la produzione di ricerca rilevante, l'impatto occupazionale, la capacità di attrarre finanziamenti e quella di influenzare l'opinione pubblica. Per trovare il Politecnico milanese bisogna scendere al terzo posto, dopo la sorprendente Università di Bologna, che fa un balzo dal sesto posto dell'anno scorso al secondo. Esce dal podio il Politecnico di Torino, terzo lo scorso anno, che perde una posizione. Al quinto e al sesto posto due atenei romani, che migliorano entrambi di quattro posizioni rispetto al 2009: il Campus Bio-Medico e la Luiss. Sempre di quattro posti sale l'Università di Firenze, settima; mentre ancora meglio fanno l'Università di Padova, ottava (+11 posizioni); La Sapienza di Roma, nona (+13 posizioni) e l'Università di Torino, decima (+10 posizioni). Fuori dalle prime dieci, un piccolo miglioramento per la Vita Salute San Raffaele di Milano, dal 14esimo all'11esimo posto, e poi tre atenei che invece l'anno scorso erano nella top ten: l'Università di Pisa, dodicesima (-5 posizioni); quella di Milano, tredicesima (-8 posizioni); e quella di Perugia, quattordicesima (-10 posizioni). Chiude il lotto delle migliori 15 l'Università di Parma, che perde due posizioni. Viene confermata la forte concentrazione territoriale delle migliori università: otto sono nel centro, sei nel nord-ovest. Per trovare un ateneo del sud bisogna scendere fino al 39esimo posto, dove c'è l'Università di Messina (fonte: Ansa).

18 ottobre 2010

 

 

 

Per i 200 anni della Scuola Normale Superiore di Pisa

Università: Napolitano, "Sono preoccupato come voi studenti"

"Conto sul vostro sentimento di responsabilità, al di là di ogni momento di comprensibile frustrazione"

Per i 200 anni della Scuola Normale Superiore di Pisa

Università: Napolitano, "Sono preoccupato come voi studenti"

"Conto sul vostro sentimento di responsabilità, al di là di ogni momento di comprensibile frustrazione"

MILANO - "Condivido la forte preoccupazione di studenti e docenti per le difficili condizioni del sistema universitario che nessuno può fingere di ignorare". Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel discorso in occasione dei 200 anni della Scuola Normale Superiore di Pisa. "Conto sul vostro sentimento di responsabilità al di là di ogni momento di comprensibile frustrazione", ha aggiunto il capo dello Stato.

"DIFFICILI CONDIZIONI" - "Senza interferire nelle discussioni e nelle decisioni che hanno luogo al governo e in Parlamento", ha aggiunto Napolitano, "sento il dovere di riaffermare il rilievo prioritario che va attribuito, non solo a parole ma con i fatti, alla ricerca e all'alta formazione e dunque all'università. Sono qui oggi ben consapevole che le tensioni sociali e politiche proprie di una fase complessa e critica dell’economia e della vita pubblica stanno attraversando l’Italia e l’Europa e hanno investito il sistema universitario e le sue problematiche", ha affermato il presidente. "Per rivendicare mezzi finanziari adeguati a partire dai prossimi mesi", sottolinea però il Capo dello Stato, bisogna "aprirsi a misure di rigorosa razionalizzazione e qualificazione nell'impiego delle risorse con tutto quello che ciò comporta dal punto di vista del governo dell'università così da elevarne efficienza e rendimento". Fuori dal teatro dove si è svolta la cerimonia, una settantina di studenti universitari hanno protestato contro la riforma Gelmini e i tagli all’istruzione.

Redazione online

18 ottobre 2010

 

 

 

IL BICENTENARIO DELLA SCUOLA FONDATA NEL 1810 DA NAPOLEONE

Napolitano alla Normale per i 200 anni

L'appello degli allievi: salvate l'università

A Pisa tra gli studenti del prestigioso istituto:

la vita di collegio, le lezioni e l'allarme per il futuro

IL BICENTENARIO DELLA SCUOLA FONDATA NEL 1810 DA NAPOLEONE

Napolitano alla Normale per i 200 anni

L'appello degli allievi: salvate l'università

A Pisa tra gli studenti del prestigioso istituto:

la vita di collegio, le lezioni e l'allarme per il futuro

PISA - Enzo indossa una felpa con il cappuccio e le scarpe sportive. Rosa è graziosa nei suoi jeans e il lupetto. Hanno poco più di vent’anni ma sulle spalle l’eredità illustre - e forse a volte un po’ ingombrante - di tre premi Nobel e di due presidenti della Repubblica. Allievi della Scuola Normale Superiore di Pisa, festeggiano insieme con i compagni e i professori, i duecento anni dell’istituto che ha formato, tra gli altri, Enrico Fermi, Carlo Rubbia, Giosuè Carducci, Giovanni Gronchi e Carlo Azeglio Ciampi. 18 ottobre 1810 – 18 ottobre 2010: fu Napoleone Bonaparte a istituire, due secoli fa, la Normale come succursale dell’École Normale Supérieure di Parigi. Per celebrare la ricorrenza, arriva a Pisa il capo dello Stato Giorgio Napolitano: sarà lui quest’anno a consegnare i diplomi di licenza a un centinaio di normalisti.

IL MESSAGGIO – Nei giorni del dibattito e delle proteste sulla riforma universitaria – gli allievi della Scuola coglieranno l’occasione per far risuonare un appello alla classe politica e al mondo accademico. Nel corso della cerimonia, i diplomandi leggeranno una lettera - ricevuta in anteprima dal Corriere.it – in cui esprimeranno la loro "preoccupazione per il futuro dell’istruzione e della ricerca, per la sopravvivenza di un vero diritto allo studio di qualità, per la realizzazione professionale di molti giovani". Esplicito l’allarme per i "pesanti tagli ai finanziamenti" e la cosiddetta fuga dei cervelli: "L’investimento dello Stato su di noi rischia ora più che mai di andare disperso. Sentiamo profondamente la responsabilità di adoperarci affinché la società italiana possa godere pienamente i frutti dell’investimento che ha fatto su di noi". Leggi il documento

Enzo Busseti e Rosa Fasan

Enzo Busseti e Rosa Fasan

IL MERITO –"Alla Normale si entra con un concorso pubblico, cui può partecipare chiunque. Nel mio caso c’erano centinaia di ragazzi" spiega Rosa Fasan, 21 anni, triestina, al terzo anno di Lettere moderne. Ci accoglie nella sua stanza, in uno dei collegi della Scuola. Ai circa sessanta allievi ammessi ogni anno – divisi tra le classi di Scienze e di Lettere – la Normale offre infatti vitto e alloggio. In cambio, devono garantire la media del ventisette (senza mai scendere sotto al ventiquattro in ogni singolo esame) e superare una serie di obblighi didattici in più rispetto ai colleghi dell’università di Pisa. "Il normalista segue due percorsi paralleli: quello di qualunque altro studente dell’ateneo e quello della Normale, con una serie di corsi, seminari e prove aggiuntive" chiarisce Rosa. Un doppio lavoro: "Al primo anno avevamo tutte le mattine lezione all’università; due pomeriggi alla settimana, dalle due alle sette, laboratorio; ogni sera due ore di corsi interni alla Normale e il poco tempo libero serviva per riordinare gli appunti" racconta Enzo Busseti, 23 anni, di Cassano Spinola (Alessandria), laureando con una tesi su fisica e finanza.

CHANCE - Non solo privilegi e genialità, quindi, ma anche fatica, dedizione e, talora, la competizione che si può scatenare tra i primi della classe che si trovano improvvisamente a convivere. "So che è una palestra per il futuro, ma quest’ultimo aspetto è quello che meno mi piace della Scuola" confessa Rosa. Sia per lei che per Enzo, tuttavia, la Normale rappresenta soprattutto una speranza per il futuro: "Mi auguro che mi dia maggiori sbocchi" dice Enzo. Intanto ci sono anche opportunità di crescere nel presente. Come la convivenza - e le amicizie - che si creano tra gli studenti delle materie scientifiche e di quelle umanistiche ("scienziati" e "letterati", come li chiamano qui fin dal primo anno): "I collegi sono il meglio che ci offre la Normale: un luogo di socializzazione e di scambio d’idee" sostiene Enzo.

IL DIBATTITO – I giorni del bicentenario, coinciso con quelli della discussione sulla riforma universitaria, offrono anche lo spunto per una riflessione sullo stato dell’istruzione e sul ruolo della Normale nell’Italia di oggi. Fondata per trasmettere norme – da qui l’origine del nome - ai futuri insegnanti delle superiori, la Scuola si è trasformata nel tempo in un centro per la formazione di ricercatori e docenti universitari. Un obiettivo perseguito ancora oggi, sebbene le difficoltà di sbocco professionale negli atenei italiani stiano spingendo gli allievi a tentare anche strade alternative. "Il mestiere di giovane è difficile – ammette il direttore Salvatore Settis -. Il normalista però, abituato a ragionare in modo libero, è mediamente più attrezzato degli altri studenti". Il problema piuttosto, aggiunge, "è che il lavoro si trova sempre più spesso all’estero e non in Italia". Nessun nuovo commento, infine, sull’inchiesta della procura di Pisa e della Corte dei conti della Toscana – scaturita da una lettera anonima - su presunti utilizzi indebiti di un alloggio, una carta di credito e veicoli intestati alla Scuola. Subito dopo la notizia, un paio di settimane fa, la Normale aveva diffuso un comunicato in cui ribadiva "la correttezza delle procedure seguite e la piena fiducia che tali insinuazioni troveranno totale chiarimento negli approfondimenti in corso".

FUTURO - Dopo la festa per i duecento anni, il prossimo passo sarà il cambio della guardia al vertice. Settis lascia la direzione della Scuola al fisico della materia Fabio Beltram. "Ho avuto fortuna ad essere direttore in questi ultimi undici anni – commenta –: la Scuola è cresciuta molto e abbiamo preso coscienza della nostra nuova missione europea. Penso che il mio successore abbia tutte le doti per continuare su questa strada. E portare la Scuola Normale a nuove altezze".

Alessia Rastelli

arastelli@corriere.it

17 ottobre 2010(ultima modifica: 18 ottobre 2010)

 

 

 

 

Il premier aveva definito "famigerato" il Pm del processo Mills

Il Csm difende De Pasquale

dopo gli attacchi di Berlusconi

La prima commissione ha dato il via libera all'apertura di una pratica a tutela del giudice

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Fabio De Pasquale, pm del processo Mills

Fabio De Pasquale, pm del processo Mills

ROMA - La prima commissione del Csm ha dato il via libera, a maggioranza, all'apertura di una pratica a tutela del pm del processo Mills, Fabio De Pasquale, definito "famigerato" dal premier Silvio Berlusconi nel suo intervento alla festa del Pdl a Milano.

La commissione, presieduta da Guido Calvi (laico del Pd) si riunirà martedì per decidere se avviare richieste istruttorie sul caso De Pasquale. Calvi - secondo quanto si è appreso - conta di chiudere già la prossima settimana, quando la commissione deciderà se predisporre o meno un documento a tutela del pm da inviare alla discussione del plenum.

 

18 ottobre 2010

 

2010-10-14

la ragioneria dello stato boccia alcune norme: nuovo stallo

"Non ci sono fondi per i ricercatori"

Slitta la riforma dell'Università

Il nodo riguarda le coperture di alcuni emendamenti

Fli: "Trovare le risorse o rinviare il ddl"

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Slitta la riforma dell'Università

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Il ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini

Il ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini

MILANO - Slitta ancora la riforma dell'Università. Il disegno di legge, approvato al Senato lo scorso 29 luglio tra le proteste di molti ricercatori, docenti e studenti, doveva approdare giovedì alla Camera. L'inizio dell'esame, però, è stato inizialmente spostato di un giorno dalla conferenza dei Capigruppo di Montecitorio. Un ritardo dovuto all'analisi tecnica della Ragioneria Generale dello Stato, che ha di fatto stroncato le modifiche apportate a Montecitorio alla riforma. Più tardi, però, i ministri dell'Economia e dell'Istruzione, Giulio Tremonti e Mariastella Gelmini, in una riunione con la presidente della commissione Cultura Valentina Aprea, la relatrice Paola Frassineti, Fabrizio Cicchitto e Fabio Granata hanno deciso di rinviare l'esame del testo dopo la fine della sessione bilancio. Non prima, dunque, di fine novembre o inizio dicembre.

GELMINI - "Il Miur ha presentato una riforma, moderna e innovativa, che ha l'ambizione di rilanciare l'università italiana - commenta la Gelmini. - Ora tocca al Parlamento approvarla e al ministero dell'Economia valutarne la copertura". "Accolgo positivamente - prosegue il ministro - il fatto che il centrodestra ritenga l'università una priorità. Arrivati a questo punto, ha ragione la maggioranza quando chiede di legare e contestualizzare le riforme alle risorse".

LE COPERTURE - Il "nodo" evidenziato dalla Ragioneria è infatti proprio quello delle coperture del provvedimento, in particolare la norma sul piano di sei anni di concorsi per nove mila ricercatori universitari. Un punto che "Futuro e Libertà" considera "dirimente", ovvero l'assunzione dei ricercatori prevista nell'articolo 5 bis: oltre al parere contrario si contesta anche la quantificazione stessa dei costi, chiedendo l'acquisizione di una relazione tecnica. "Il governo - aveva commentato Chiara Moroni dopo il primo rinvio - deve trovare la copertura, semmai rinviando l'esame del provvedimento a dopo la Finanziaria". "Le bugie hanno le gambe corte - commenta dal canto suo Marco Meloni, Responsabile per il Pd di Università e Ricerca. - Dopo aver impegnato per una settimana Parlamento e mondo dell'Università a discutere di un emendamento sui ricercatori comunque del tutto insufficiente, oggi abbiamo avuto l'ennesima riprova che delle promesse del governo in fatto di risorse per l'università non ci si può minimamente fidare". "La Gelmini ormai - prosegue Meloni - non è in grado di assumere alcun impegno: prenda atto del suo fallimento, rinunci all'estremo tentativo di trovare la copertura finanziaria per qualche decina di milioni di euro che non risolverebbero alcun problema e al tentativo di approvare con un blitz una pessima legge. E lasci al Parlamento la responsabilità di definire nella legge di bilancio le risorse da destinare all'Università".

Redazione online

13 ottobre 2010(ultima modifica: 14 ottobre 2010)

 

 

 

 

2010-10-04

ATENEI

Università, la riforma a rischio

Voto slittato, corsa per salvarla. Un bonus

per i ricercatori. Le reazioni dopo il sì del Senato

ATENEI

Università, la riforma a rischio

Voto slittato, corsa per salvarla. Un bonus

per i ricercatori. Le reazioni dopo il sì del Senato

Il ministro dell'Istruzione Università e Ricerca Maria Stella Gelmini

Il ministro dell'Istruzione Università e Ricerca Maria Stella Gelmini

ROMA - La strada è in salita e piena di curve (politiche) pericolose. Per salvare la riforma dell'università il governo è pronto addirittura a cambiare strategia. E a giocarsi l'ultima carta: far modificare il calendario dei lavori alla Camera e progettare un intervento a favore dei ricercatori, la categoria più critica verso il ddl Gelmini.

Il problema numero uno è proprio quello dei tempi. Giovedì scorso l'esame della riforma da parte dell'Aula di Montecitorio è stato spostato dal 5 al 14 ottobre. Sembra poco, in realtà cambia tutto. Il 15 ottobre, cioè il giorno dopo, alla Camera comincia la sessione di bilancio che dura circa un mese e per regolamento costringe tutti gli altri provvedimenti ad aspettare in coda. Se sarà confermata la data del 14, quindi, la riforma non solo non sarà approvata prima che l'attività accademica entri nel vivo, come era nelle intenzioni del governo anche per evitare le proteste. Ma finirà su un binario morto, specie considerando l'eventualità delle elezioni anticipate a marzo, che comincia ad essere evocata anche all'interno della maggioranza e del governo.

Sarebbe una sconfitta per il centrodestra, che su questa riforma ha investito parecchio. E la fine di un disegno di legge che non solo ridisegna il sistema di governo delle università, riducendone l'autonomia, ma distribuisce le risorse in base alla qualità della ricerca e della didattica e reintroduce il concorso nazionale per i docenti. Misure, e il vero nodo è questo, che il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha definito condizione essenziale per ripianare almeno in parte il taglio da un miliardo e 350 milioni di euro previsto nel 2011 per l'intero settore.

Ce ne è abbastanza perché la maggioranza tenti di modificare il calendario della Camera mettendo sul tavolo della prossima conferenza dei capigruppo due ipotesi: anticipare l'esame dell'Aula all'11 di ottobre oppure rimandare al 18 l'inizio della sessione di bilancio. In tutti e due i casi ci sarebbe qualche giorno per approvare in Aula la riforma e poi tornare al Senato, dove votare prima che anche lì cominci la sessione di bilancio. Possibile cambiare una decisione presa solo pochi giorni fa? Difficile ma non impossibile.

Il rinvio della settimana scorsa non è stato il frutto solo delle perplessità dell'opposizione sul disegno di legge ed in particolare sulla sua copertura finanziaria. Ma è stato uno dei primi segnali di un clima politico generale mutato, a poche ore dal voto di fiducia al governo Berlusconi che non ha certo chiuso le ferite del centrodestra. Non è dunque da escludere che un esame a freddo della questione possa portare ad una scelta diversa.

Per provare a spingere in questa direzione i tecnici del ministero dell'Istruzione stanno studiando la fattibilità di un emendamento che arriva dall'opposizione e prevede per i ricercatori un'indennità didattica, cioè una piccola aggiunta in busta paga. Per legge i ricercatori che lavorano nelle università non sono tenuti ad insegnare. La realtà è ben diversa, perché sulle loro spalle pesa circa il 40 per cento della didattica. Proprio per questo, in segno di protesta contro la riforma Gelmini, quasi la metà dei ricercatori ha annunciato che da quest'anno non farà lezione. L'indennità didattica sarebbe un modo per venire incontro alle loro proteste e - visto che l'idea originale è del pd Luigi Nicolais - anche alle perplessità dell'opposizione. Ma è una strada davvero percorribile?

Anche considerando una somma contenuta (intorno ai 150 euro netti al mese) e tenuto conto che i ricercatori che fanno lezione sono circa 15 mila, si arriverebbe ad un costo di 45 milioni di euro l'anno. Non pochi dal momento che basterebbe qualche milione in meno per far partire quel piano di assunzioni di professori associati (9-10 mila in sei anni) che nelle intenzioni del governo rappresenta la strada maestra per risolvere la questione ricercatori, per la quale si esclude qualsiasi ipotesi di stralcio. I tecnici del ministero al momento sono scettici. Ma pur di riuscire a tirar fuori la riforma dal binario morto dove è inaspettatamente finita, correzioni fino a qualche giorno fa impensabili adesso hanno tutto un altro aspetto.

Lorenzo Salvia

04 ottobre 2010

 

 

 

 

LA MAGGIORANZA E LA RIFORMA GELMINI

L’universita’ dimenticata

LA MAGGIORANZA E LA RIFORMA GELMINI

L’universita’ dimenticata

Il governo e la sua maggioranza, o ciò che ne resta, accumulano autogol. Non sono bastati la disastrosa gestione del conflitto fra Berlusconi e Fini e il suo impatto negativo, registrato dai sondaggi, sui consensi al governo. Adesso, la maggioranza è anche decisa a giocarsi credibilità e aperture di credito faticosamente ottenute, grazie al lavoro dei ministri migliori, presso settori qualificati dell’opinione pubblica. Mi riferisco al probabile affossamento della riforma universitaria. La riforma era in dirittura di arrivo (l’inizio della discussione alla Camera era prevista per il 4 ottobre). I capigruppo hanno deciso il rinvio al 14 ottobre.

Dieci giorni soltanto ma sufficienti per affossare il provvedimento. Infatti, il 15 ottobre comincia la sezione di bilancio e la discussione dovrà essere subito sospesa per almeno un mese. Non solo la riforma non arriverà in porto prima dell’inizio dell’anno accademico. Ma, probabilmente, a causa dei vincoli dei calendari parlamentari e delle risse nella maggioranza, finirà per slittare sine die (si veda la puntuale ricostruzione fatta oggi, su questo giornale, da Lorenzo Salvia). Con le probabili elezioni a primavera che ormai incombono, se ne riparlerà nella prossima legislatura.

La riforma del ministro Mariastella Gelmini è un ambizioso tentativo di ridare slancio all’istruzione superiore. Non è perfetta. Ci sono anche cose che non convincono. Ma è sicuramente il frutto di uno sforzo encomiabile di affrontare di petto i problemi dell’Università. Chi la rifiuta in blocco lo fa per faziosità ideologica oppure perché appartiene ai settori più conservatori del mondo universitario. Molti, però, fra gli universitari, si rendono conto che il provvedimento è indispensabile. I rettori più consapevoli della necessità della riforma e anche tanti professori la aspettano con più fiducia che apprensione. Ed è un merito della Gelmini e del suo lavoro. Anche gli imprenditori attendono il provvedimento essendo chiaro che miglioramenti sensibili del capitale umano (della preparazione dei nostri laureati) saranno necessari, nei prossimi anni, all’economia italiana. Il varo della riforma era insomma un test atteso da m o l t i p e r v a l u t a r e l’affidabilità dell’esecutivo.

Che fanno allora il governo (il "governo del fare" come piace definirlo al presidente del Consiglio) e la sua maggioranza? Rinviano la riforma e ne mettono a rischio l’attuazione. Mandano un altro pessimo segnale al Paese e mettono in difficoltà quei rettori che avevano dato fiducia alla Gelmini. Sembra difficile attribuire queste scelte sciagurate ad altro se non a una grave forma dimiopia politica. Varare una così importante riforma significherebbe dire al Paese: è vero, siamo immersi in risse continue, ma sappiamo anche, su questioni concrete come il destino dell’istruzione superiore, portare a termine i nostri progetti. Forse, ai capigruppo di maggioranza converrebbe ripensarci. Cosa resterà altrimenti? Solo la rissa quotidiana e la prospettiva, che non dovrebbe essere allettante per la maggioranza, di uscirne alla fine con le ossa rotte.

Angelo Panebianco

04 ottobre 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-09-22

Al Quirinale l'inaugurazione dell'anno scolastico

Insegnanti, l'appello di Napolitano:

"Occorre motivarli e investire"

"Puntare sul merito e qualificare i precari". E sulla necessità d'investire: in passato non si è fatto abbastanza

Al Quirinale l'inaugurazione dell'anno scolastico

Insegnanti, l'appello di Napolitano:

"Occorre motivarli e investire"

"Puntare sul merito e qualificare i precari". E sulla necessità d'investire: in passato non si è fatto abbastanza

ROMA - La prima campanella è gia suonata da diversi giorni in tutta Italia, ma a inaugurare ufficialmente l'anno scolastico 2010-2011 è stato, martedì pomeriggio al Quirinale, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Per elevare la qualità dell'insegnamento - ha detto il capo dello Stato -, occorre motivare gli insegnanti e richiedere che abbiano una adeguata formazione, ma anche offrire loro validi strumenti formativi e di riqualificazione. E su tutto questo è necessario investire". Riferendosi agli investimenti il presidente ha poi aggiunto: "Nel passato non lo si è fatto abbastanza e si sono prodotte situazioni pesanti. Occorre dunque qualificare e riqualificare coloro che aspirano ad una assunzione a tempo indeterminato".

"RIFORMARE CON GIUDIZIO" - "Nel portare avanti l'impegno comune e categorico per la riduzione del debito pubblico - ha aggiunto il presidente della Repubblica - bisogna riconoscere la priorità della ricerca e dell'istruzione nella ripartizione delle risorse pubbliche disponibili". Secondo l'inquilino del Colle, occorre "riformare con giudizio, occorre sanare squilibri, disparità, disuguaglianze che - ha aggiunto - si presentano anche nell'Istruzione che dovrebbe servire proprio a colmare le disuguaglianze". Inoltre "occorre partire da diagnosi adeguate".

Redazione online

21 settembre 2010

 

 

 

2010-09-19

dopo la richiesta del ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini

Adro, il sindaco: "Rimuovo i simboli soltanto se me lo chiede Bossi"

Il leader della Lega: "Forse ne ha messi troppi". Maroni: era sufficiente intitolare la scuola a Miglio

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Uno zerbino con il simbolo del Sole delle Alpi (foto Cavicchi)

Uno zerbino con il simbolo del Sole delle Alpi (foto Cavicchi)

MILANO - "Se me lo dice Bossi, rimuovo i simboli non domani, ma ieri". Così il sindaco di Adro, Oscar Lancini, ha risposto ad una domanda su cosa intenda fare dopo che il ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini lo ha invitato a rimuovere il simbolo del Sole delle Alpi dal polo scolastico del suo Comune. Lancini ha però aggiunto: "Se lo tolgo dalla scuola, allora faccio lo stesso con gli edifici pubblici su cui è presente da secoli. Altrimenti niente". Sabato sera, alla festa della Lega Nord Romagna, a Forlì, Bossi ha risposto a una domanda sulla scuola di Adro e sui simboli disseminati ovunque: "Il sindaco forse ne ha messi troppi. Avrebbe potuto farne uno bello, che bastava. Questi simboli la Lega li ha fatti diventare politici, ma sono graffiti delle Alpi. E a Brescia ce ne sono tantissimi". Il sindaco Lancini c'è rimasto male: "Sono sorpreso di quello che ho letto sui giornali. Io comunque ho ricevuto i complimenti dei vertici leghisti". Domenica ad Adro è arrivato il vicesindaco leghista di una comune della provincia di Bergamo, appunto per complimentarsi con Lancini.

Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione

Il ministro dell' Interno, Roberto Maroni, "condivide" le parole del leader della Lega: "Intitolare la scuola a Miglio è stata una grande idea ma io mi sarei fermato lì", ha detto il ministro durante l'inaugurazione di un asilo nido in una villa confiscata alla criminalità organizzata a Lonate Ceppino (Varese). "Miglio vuol dire tutto - ha aggiunto Maroni - è stato l'inventore delle tre macroregioni e quindi anche della padania".

Redazione online

19 settembre 2010

 

 

 

2010-09-18

LA POLEMICA di ADRO. Il sindaco: "Sono stupito"

"Via i simboli padani dalla scuola"

Lettera del ministro Gelmini al sindaco della cittadina lombarda. "Rimuovere il sole delle Alpi"

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Lettera del ministro Gelmini al sindaco della cittadina lombarda. "Rimuovere il sole delle Alpi"

MILANO - Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, con una lettera fatta inviare nei giorni scorsi dal direttore dell'ufficio scolastico della Lombardia, ha chiesto al sindaco di Adro (Brescia) di "adoperarsi per la rimozione dal polo scolastico del simbolo" noto come il "sole delle Alpi". E' quanto apprende l'Ansa.

LA MISSIVA - Nella lettera, firmata dal direttore Giuseppe Colosio, viene dato atto al sindaco di Adro di aver realizzato "attrezzature didattiche all'avanguardia", ma è anche spiegato che non può essere nascosto il fatto che "il sole delle Alpi" è uno dei simboli utilizzati dalla Lega, il movimento politico al quale appartiene la maggioranza dell'amministrazione comunale di Adro. Nella lettera si ricorda l'attenzione mediatica di questi giorni e si sottolinea che è dovere dell'amministrazione evitare che la politica di parte entri nella scuola: la delicatezza della funzione - si legge nel testo - impone di intervenire anche in caso di solo sospetto, per evitare ogni possibile strumentalizzazione.

Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione Scuola di Adro, simboli e contestazione

IL SINDACO: "STUPITO" - Si dice "stupito". Il sindaco di Adro, Danilo Oscar Lancini, al quale è arrivata una lettera dal direttore dell'Ufficio scolastico della Lombardia, ma "suggerita" dal ministro dell'Istruzione, Maristella Gelmini, perchè si adoperi "per la rimozione dal polo scolastico del simbolo" della Lega, noto come il "Sole delle Alpi". "Mi sembrava che il ministro avesse capito- ha aggiunto Lancini secondo quanto riferito da Sky- che il Sole delle Alpi è un simbolo del territorio e non di un partito".

18 settembre 2010

 

 

 

2010-09-15

"Servono più risorse per la scuola ma anche più qualità e merito"

"La politica ritrovi moralità e idealità"

Napolitano: "Bisogna costruire qualcosa di simile al clima di grande slancio che c'era nel 1945"

"Servono più risorse per la scuola ma anche più qualità e merito"

"La politica ritrovi moralità e idealità"

Napolitano: "Bisogna costruire qualcosa di simile al clima di grande slancio che c'era nel 1945"

Giorgio Napolitano (LaPresse)

Giorgio Napolitano (LaPresse)

MILANO - " Bisogna costruire qualcosa di simile al clima di grande slancio che c'era nel 1945, dopo la guerra. Si era molto motivati. Occorre un rilancio morale e ideale della politica, che è ricerca delle soluzioni possibili ma richiede preparazione e moralità". E' questo il pensiero del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano sulla crisi politica, pensiero che emerge dalle risposte ad alcune domande fatte dai giovani partecipanti al Giffoni Film Festival.

SCUOLA - Il capo dello Stato ha poi affrontato con i ragazzi le tematiche relative alla crisi in cui si dibatte il sistema scolastico: "Servono più risorse per la scuola ma anche più qualità in termini di attività formative e impegno a produrre buoni risultati. Certo dipende dalle risorse, dagli ordinamenti ma anche dagli insegnanti".

LA PROSPETTIVA DELLA COSTITUZIONE - "Non dimentichiamo che nella Costituzione della Repubblica - ha aggiunto Napolitano - ci si riferisce ai capaci e ai meritevoli, cioè la costituzione indica una strada che e quella di di conoscere e incoraggiare il merito, chi si applica di più e chi realizza di più e bisogna andare avanti in questa direzione".

PRESIDENTE DI TUTTI - "Il mio dovere è quello di rimanere fuori dalla mischia perchè così ha voluto chi ha scritto la Costituzione. Io sarò il presidente di tutti fino all'ultimo giorno del mio mandato" ha aggiunto ancora Napolitano. A chi gli domandava quale fosse il "trucco" del presidente della Repubblica per rimanere neutrale senza tradire le proprie idee, il capo dello Stato ha risposto: "Non c'è nessun trucco. Si può essere neutrali senza tradire le cose in cui si crede".

Redazione online

15 settembre 2010

 

 

 

2010-09-14

il ministro dell'istruzione: "testo che ha determinato la nascita della civiltà in cui viviamo"

"Leggiamo la Bibbia nelle scuole"

La Gelmini: "E' un'iniziativa a cui sono favorevole come ministro, come credente e come cittadina"

il ministro dell'istruzione: "testo che ha determinato la nascita della civiltà in cui viviamo"

"Leggiamo la Bibbia nelle scuole"

La Gelmini: "E' un'iniziativa a cui sono favorevole come ministro, come credente e come cittadina"

Maria Stella Gelmini (Emblema)

Maria Stella Gelmini (Emblema)

MILANO - Una proposta che farà discutere. "La lettura della Bibbia nelle scuole è un'iniziativa a cui sono favorevole come ministro, come credente e come cittadina italiana". Lo scrive il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini sul periodico cattolico "Famiglia Cristiana".

LA PROPOSTA - "La scuola - spiega la Gelmini - deve istruire i ragazzi ma deve anche formare dei cittadini responsabili e degli adulti consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri. Questo insieme di valori e insegnamenti, nel mondo occidentale, è rappresentato dalla tradizione cristiana". Per il ministro Gelmini, "è quindi importante che i nostri figli, nel bagaglio di conoscenze che la scuola deve garantire loro, possano incontrare fin da subito un testo che ha determinato la nascita della civiltà in cui viviamo e che parla ai cuori e alle coscienze di tutti". Del resto, ricorda, "l'Occidente è stato edificato sugli insegnamenti del cristianesimo ed è impossibile, senza comprendere questa presenza, studiare la sua storia, capire la filosofia, conoscerne l'arte e la cultura" nè si può "dialogare e confrontarsi in modo proficuo con le altre culture". "In una fase della storia che richiede il più ampio sforzo per sconfiggere l'odio, dobbiamo - conclude la Gelmini - fare in modo che i nostri giovani siano consapevoli della propria identità per potersi confrontare con le altre e crescere e vivere nel rispetto reciproco". La lettera del ministro Gelmini "benedice" il lancio della Bibbia pocket del gruppo editoriale San Paolo, allegata questa settimana a Famiglia Cristiana e distribuito da giovedì 16 settembre nelle librerie, nelle parrocchie, negli aeroporti, nelle stazioni, negli autogrill, nei supermercati e nelle grandi catene di elettronica. Obiettivo dell'iniziativa: diffondere un milione di copie del testo sacro in tutt'Italia.

Redazione online

14 settembre 2010

 

 

 

 

2010-09-13

E sul "Sole delle Alpi" nella scuola di Adro: "Per i simboli della sinistra mai lamentele..."

Gelmini: "Tutti gli anni ci sono proteste

Ma ora gli insegnanti raccolgano la sfida"

Il ministro inaugura l'anno scolastico al policlinico Gemelli: "Precari? Siglati accordi con le Regioni"

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Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini (Eidon)

Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini (Eidon)

ROMA - "Non ricordo un anno scolastico che non sia stato accompagnato da una serie di polemiche e proteste". Così il ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini ha risposto ai cronisti che le chiedevano un commento sulle proteste dei precari, non ultima quella di ieri allo Stretto di Messina. "Rispetto - ha detto il ministro che oggi ha inaugurato l'anno nella sezione scuola del Policlinico Gemelli a Roma - tutti coloro che protestano. Credo che questo non sia comunque il primo anno che accade". Sulla questione dei precari, il ministro ha ribadito di aver già risposto, "dopo di che - ha aggiunto - voglio sottolineare che quest'anno la scuola mette al centro gli studenti e non gli interessi corporativi. È fondamentale il diritto dei ragazzi ad avere una scuola di qualità indipendentemente dal loro ceto sociale e dalla regione di appartenenza".

IL NODO PRECARI - L'anno scolastico, ha assicurato il ministro, partirà regolarmente. "Proprio ieri - ha spiegato - abbiamo effettuato un controllo con gli uffici scolastici regionali e riteniamo che l'anno scolastico possa essere avviato in maniera regolare. Tutte le immissioni in ruolo sono state fatte così come le supplenze sono state assegnate. Per quanto riguarda i precari sono stati siglati gli accordi con le Regioni. Il lavoro oneroso che si compie tra fine agosto e i primi di settembre è stato completato nel migliore dei modi".

LA RIFORMA E LA "SFIDA" - In ogni caso, ha fatto notare Gelmini riferendosi alla scuola superiore, "il governo ha predisposto questa riforma ma la sfida deve essere raccolta innanzitutto dagli insegnanti perchè a loro tocca l'onere di applicarla e di collaborare per rendere la scuola davvero un'istituzione eccellente". "Occorre restituire a questa realtà che credo sia uno degli elementi unificanti del paese - ha poi sottolineato - la giusta considerazione e il giusto valore. Oggi la sfida è degli insegnanti".

IL CASO ADRO - Infine le è stato chiesto un commento sull'apposizione del "sole delle Alpi", uno dei simboli della Lega Nord, sull'edificio della scuola di Adro, nel Bresciano. "Coloro che hanno polemizzato contro il sindaco di Adro - ha detto il ministro . dovrebbero farlo anche le molte volte che ci sono simboli della sinistra che entrano nelle aule. È molto più facile che si verifichino queste situazioni piuttosto che trovare simboli della Lega". Comunque il ministro ha ribadito che la scuola va tenuta "fuori da polemiche politiche. Prendo atto che il sindaco di Adro ha specificato che il simbolo è stato usato non perchè della Lega, ma perchè appartenente all'iconografia del Comune".

Redazione online

13 settembre 2010

 

 

Meno ore di lezione e tetto alle assenze Parte la nuova scuola

In mille classi salta il limite del 30 % agli immigrati

Tutti in classe - Il ritorno

Meno ore di lezione e tetto alle assenze Parte la nuova scuola

In mille classi salta il limite del 30 % agli immigrati

Studenti del liceo Tasso di Roma (Italyphotopress)

Studenti del liceo Tasso di Roma (Italyphotopress)

ROMA—Le nuove superiori, con il liceo scientifico senza il latino e il classico con meno geografia e più matematica. Il tetto del 30% per gli stranieri che alla fine ha partorito un topolino, fatto di pochi spostamenti e un migliaio di classi in deroga. E poi la riduzione dell’orario scolastico, il badge per gli studenti, la bocciatura automatica con più di 50 assenze. In questo primo giorno di scuola ci sono tante novità, ma anche tanti vecchi problemi: non solo i precari che aspettano in lista da anni ma anche le classi sovraffollate, i presidi che mancano, gli edifici fuori norma.

Nuove superiori La riforma parte dalle prime classi (quasi 600 mila studenti), mentre chi è più avanti continuerà lungo il vecchio percorso. Gli indirizzi dei licei vengono ridotti a sei, cancellando le 356 sperimentazioni del passato. Per numero di iscritti resta in testa lo scientifico con 115 mila studenti, il triplo del classico. Il liceo delle scienze umane, che prende il posto delle vecchie magistrali, è stato scelto da 27 mila ragazze e ragazzi. Mentre quelli musicale e coreutico (che prepara alla danza) arrivano insieme a poco più di mille iscritti, coprendo comunque tutti i posti disponibili. La tesserina magnetica distribuita due anni fa a molti liceali potrà essere usata per registrare ingresso ed uscita. Ma a decidere sul badge sono i singoli istituti.

Materie Non c’è solo il latino che scompare dallo scientifico e la geografia che al classico dà la precedenza alla matematica. In tutti gli indirizzi vengono potenziate le ore di scienze, fisica e matematica, da sempre il punto debole dei nostri studenti. Si vedrà se basterà per risolvere il problema oppure se quello che serve è un nuovo metodo. Potenziato anche lo studio delle lingue straniere, obbligatorio in tutti e cinque gli anni dei licei. All’ultimo anno un materia non linguistica sarà insegnata direttamente in inglese, come già sperimentato in diverse scuole. Considerando tutte le materie il numero totale di ore a settimana si riduce: negli istituti tecnici e professionali, ad esempio, si scende da 36 a 32. In tutti gli indirizzi, però, si allunga la durata delle lezioni, da 50 a 60 minuti.

Tetto stranieri Il tetto per gli stranieri viene applicato per la prima volta: in ogni classe non è possibile superare il 30% del totale degli alunni. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha detto più volte che serve per integrare i ragazzi che arrivano da altri Paesi. La circolare è stata firmata dopo l’archiviazione della proposta della Lega, che premeva per le classi di inserimento, cioè riservate agli stranieri messi male con l’italiano. Ma quali sono stati gli effetti pratici del tetto? Pochi. Prima il ministero ha chiarito che non rientrano nel 30% gli stranieri nati in Italia e in ogni caso quelli che parlano bene la nostra lingua. Poi ha detto che nelle situazioni più difficili le classi sarebbero state autorizzate a superare quella soglia. Le deroghe sono state poco meno di mille, soprattutto in Lombardia e Veneto, ma anche in Toscana e Lazio. Alla fine, anche per il taglio degli organici, gli spostamenti per restare sotto la soglia sono stati pochi mentre chi la superava continua a farlo. La prova che molto spesso la politica parla tanto di scuola ma la scuola reale è un’altra cosa.

Classi affollate Per legge il limite massimo di alunni dovrebbe essere 25, ma si può sforare se non è possibile formare un’altra classe. Il limite, quindi, è teorico ed è sempre stato superato. Ma con i tagli degli organici degli ultimi anni la situazione si è fatta più seria. Il record spetta ad un istituto tecnico di Genova con 38 studenti. Ma è ancora presto per dire quanto è aumentato l’affollamento in generale. Nei primissimi giorni di lezione, di solito si procede a una serie di spostamenti per tamponare le situazioni più pesanti.

Cattedre vuote Un altro problema ricorrente ancora più grave quest’anno. La nomina dei supplenti annuali è sempre un’operazione complicata, specie nelle grandi città. Stavolta è partita più tardi del solito perché la manovra economica aveva bloccato le assunzioni nella pubblica amministrazione fermando le immissioni in ruolo che devono essere fatte prima. Tolto lo stop alle assunzioni, la macchina è ripartita ma ha faticato parecchio a recuperare il ritardo. Nelle grandi città alcuni supplenti non saranno in cattedra nei primissimi giorni.

Assenze La regola valeva già per le scuole medie, adesso viene estesa alle superiori. Chi supera le 50 assenze nel corso dell’anno sarà bocciato automaticamente, a prescindere dai voti. La misura è stata estesa non solo per frenare le occupazioni e le autogestioni. Ma soprattutto per rispondere ai diplomifici, le scuole private che regalano promozione e maturità anche a chi frequenta poco.

Edifici non a norma Su 40 mila edifici scolastici circa 15 mila non sono a norma. Quasi uno su due. In 2.400 casi c’è addirittura l’amianto. Il governo ha annunciato l’impiego di un miliardo di euro entro un anno e mezzo. Ma quei soldi non sono sufficienti per tutti i lavori necessari.

Stipendio È una delle grandi preoccupazioni degli insegnanti. La manovra economica ha congelato gli scatti d’anzianità per tre anni. Ma probabilmente gli scatti non torneranno più. Il ministro dell’Istruzione ha detto che saranno sostituiti con aumenti legati al merito. Ma il problema è studiare e mettere a regime un sistema per capire quali sono gli insegnanti più bravi e trovare i soldi necessari. Per il momento è solo una promessa, mentre gli scatti sono stati tolti per davvero.

Lorenzo Salvia

13 settembre 2010

 

 

 

 

PRIMO GIORNO DI SCUOLA

Tagli Gelmini, la rivolta dei caschi gialli

Studenti mobilitati: sit-in a Trastevere

Proteste con gli elmetti davanti a due licei romani

"per proteggerci dalle macerie causate dal ministro"

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La protesta degli studenti davanti al liceo Tasso di Roma (Ansa)

La protesta degli studenti davanti al liceo Tasso di Roma (Ansa)

ROMA - Un sit-in al ministero e due proteste davanti ai licei Tasso e Montessori. Comincia con le bandiere in piazza il primo giorno di scuola nella Capitale. Le associazioni anti-Gelmini continuano la mobilitazione contro la riforma della pubblica istruzione e i tagli agli organici. E arriva un nuovo simbolo: il casco giallo da operai, contro le "macerie" del sistema scolastico e per dire: "La scuola la ricostruiamo noi".

Per cominciare, alle 15.30 di lunedì 13 settembre centinaia di studenti si ritrovano per un sit-in a Roma davanti al ministero dell’Istruzione dell'Università e della Ricerca (Miur): la Rete degli Studenti annuncia che per l'occasione lancerà "la prima data di mobilitazione studentesca che aprirà l’autunno caldo della scuola". E anche a Frosinone, al liceo classico Turriziani, gli studenti promettono di farsi sentire.

 

Caschi gialli da operai: i nuovi simboli scelti dagli studenti per dire no alle macerie della scuola e gridare: la ricostruiamo noi (Ansa)

Caschi gialli da operai: i nuovi simboli scelti dagli studenti per dire no alle macerie della scuola e gridare: la ricostruiamo noi (Ansa)

PROTESTA NAZIONALE - Dopo i precari, che domenica per alcune ore hanno creato disagi al flusso sullo Stretto dei Messina, gli studenti promettono manifestazioni in tutte le 10 regioni italiane dove lunedì si torna sui banchi. Volantinaggi, esposizioni di striscioni, manifestazioni e sit-in "per ribadire il loro no agli 8 miliardi di euro sottratti al comparto con la finanziaria del 2008" saranno organizzati anche Venezia (liceo Foscarini), Torino (via Bligny e corso Dante), Perugia (piazzale Anna Frank), Grosseto (istituto agrario Leopoldo II di Lorena). Martedì 14, proteste a Bologna (istituto tecnico Aldini). Il 15 settembre a Palermo (Vittorio Emanuele III), il 16 a Caltanissetta e il 25 a Lentini.

Le associazioni non intedono dare tregua "a questo governo: saremo in prima linea - dice Monica Usai, dell’Unione degli Studenti - contro i tagli agli organici e al piano di offerta formativa, per opporci all’idea della Gelmini di una scuola svuotata di senso, fabbrica di precarietà e individualismo". Per questo nel primo giorno di scuola "porteremo avanti le nostre battaglie assieme agli insegnanti, ai precari, ai genitori e a tutti coloro che hanno a cuore la scuola pubblica italiana".

(Lapresse)

(Lapresse)

VESTITI DA OPERAI - "Saremo davanti alle nostre scuole con i caschetti gialli da lavoro - annuncia Sofia Sabatino, portavoce della Rete degli studenti - per proteggerci la testa dalle macerie che la Gelmini e Tremonti hanno causato e daremo inizio alla nostra ricostruzione". Secondo Sabatino "non si può considerare la scuola un’azienda in dissesto economico, i saperi un capitolo di bilancio sul quale risparmiare, le nostre vite uno spreco di denaro. Saremo noi studenti, insieme a tutte le componenti della scuola, a ricostruire pezzo su pezzo le nostre scuole".

Redazione online

13 settembre 2010

 

 

 

LA POLEMICA

Il "no" della Gelmini

al marchio Lega sui banchi

Il ministro sulla scelta nel Bresciano: "Estremismo folk. Forse nemmeno nel Carroccio la condividono"

LA POLEMICA

Il "no" della Gelmini

al marchio Lega sui banchi

Il ministro sulla scelta nel Bresciano: "Estremismo folk. Forse nemmeno nel Carroccio la condividono"

Il ministro Gelmini

Il ministro Gelmini

ROMA — Non condivide il "folklore" del sindaco di Adro (Brescia) il ministro della Pubblica istruzione Mariastella Gelmini. Prende le distanze dalla scelta di quel sindaco (Oscar Lancini) che ha voluto, e da poco inaugurato, una scuola con il simbolo celtico stampato sui banchi, sulle vetrate, sui cestini della carta straccia e persino sullo zerbino dell’ingresso. Il simbolo divenuto il segno distintivo della Lega, il Sole delle Alpi. "Francamente — dice il ministro — il sindaco Lancini ci ha abituato ad un certo folklore, ad un certo estremismo che non condivido ovviamente in quanto ministro dell'Istruzione" .

Non va molto oltre Gelmini, e del resto ha ben altro di cui occuparsi in questi giorni di proteste dei precari e con l’imminente apertura delle scuole. Ma aggiunge quello che sembra più una speranza che una certezza: "Forse nemmeno tutto il partito della Lega può condividere queste esasperazioni che non fanno bene neanche a quel movimento", e così chiude la partita. Non basta però all’opposizione la presa di distanza del ministro. Il responsabile della scuola per il Pd, Francesca Puglisi, dice che questa faccenda della scuola con i simboli del partito leghista è "inqualificabile" e che "i simboli devono essere rimossi immediatamente e il ministro Gelmini deve farsi carico di far rispettare la legalità violata. Non si tratta di dare una tiratina di orecchie riducendo il tutto a semplice folklore. Qui si tratta di far rispettare, in maniera rigorosa, l’indispensabile separazione tra interessi pubblici e privati, evitando pericolose commistioni tra piani istituzionali diversi". Anche il portavoce dell’Italia dei valori, Leoluca Orlando, attacca la Lega per quella scuola che è stata trasformata "in una sede di propaganda politica" e chiede un intervento duro del governo contro queste posizioni "estreme, antisemite e lontane anni luce da un Paese civile e democratico".

"Inaccettabile", dice persino il senatore di Futuro e Libertà, il finiano Giuseppe Valditara, che si occupa di scuola e di università. "Inaccettabile perché nelle scuole pubbliche non si può fare propaganda politica. Avrei potuto ancora capire se la scuola fosse stata "marchiata" con lo stemma della Regione Lombardia, ma quello è un simbolo di partito. Mi auguro che il ministro dia una risposta con un maggior senso dello Stato. Non si può parlare solo di folklore, perché di folklore in folklore si lanciano precisi messaggi".

Non è la prima volta che il sindaco di Adro fa parlare di sé. Qualche mese fa aveva annunciato che avrebbe lasciato senza mensa i bambini delle famiglie non in regola con il pagamento della retta. Le polemiche sono divampate per giorni. Adesso il Sole delle Alpi marchiato su ogni suppellettile della scuola intitolata a Gianfranco Miglio riconquista, per conto di Lancini, i titoli dei giornali. Come il crocifisso in ogni aula, non solo appeso ad un chiodo ma bloccato al muro con le viti perché, ha detto il sindaco, "a nessuno venga in testa di toglierli o di coprirli". La scuola leghista di Adro continuerà a far parlare la politica ma dalla Lega, in risposta al "non condivido" del ministro, è arrivata ieri sera la precisazione del parlamentare della Lega Nord Davide Caparini, che sembra spostare la questione dai simboli di partito ai simboli culturali e geografici in genere. "Credo che le parole del ministro Gelmini siano state male interpretate — ha detto Caparini —. La domanda si riferiva alla censura dei simboli di partito nelle scuole, non è certo il caso di Adro e del Sole delle Alpi che ricorre nell’iconografia di quel paese al punto da essere raffigurato anche nella Chiesa più antica e prestigiosa".

Mariolina Iossa

13 settembre 2010

 

 

 

I partiti e i giovanissimi

L'uso politico dei bambini

e la nuova dottrina di Adro

Dai manifesti di Pci e Dc ai piccoli finiani in marcia

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Un tappeto con la scritta ''Polo scolastico - Gianfranco Miglio'' nella scuola di Adro, nel Bresciano, dove tutto è segnato con il ''Sole delle Alpi'', marchio della Lega

Un tappeto con la scritta "'Polo scolastico - Gianfranco Miglio'" nella scuola di Adro, nel Bresciano, dove tutto è segnato con il ''Sole delle Alpi'', marchio della Lega

Dice la Padania: coinvolgere nella politica "innocenti e disinformati bambini" è "meschino e spregevole". Dice Berlusconi: "È inaccettabile strumentalizzare i bambini". Dice la Gelmini: "È vergognoso che si strumentalizzino i bambini". Ma se la pensano così (a ragione) per i piccoli portati nelle piazze "rosse", come possono tacere su quella scuola di Adro marchiata di simboli leghisti? Sia chiaro, quel sindaco del Carroccio non ha scoperto niente di nuovo. L'indottrinamento dei fanciulli è da sempre una fissa di chi pensa di avere la verità in tasca. Lo hanno fatto i comunisti coi giovani pionieri devoti a Peppone Stalin che correvano per casa annunciando la rivoluzione: "Budet revolucija!". Lo hanno fatto i fascisti coi balilla che a scuola studiavano che "gli italiani, siccome sono i più richiamati dalla Santa Provvidenza, hanno tredici comandamenti. I primi dieci della tavola di Mosè e poi c'è Credere, Obbedire, Combattere". Lo hanno fatto i nazisti partendo da quanto aveva scritto Hitler nel "Mein Kampf": "Lo Stato razzista deve considerare il bambino come il bene più prezioso della nazione".

Per carità, ogni paragone tra la scuola di Adro e quelle in cui gli scolari intonavano "Heil Hitler! Sia lodato Gesù Cristo in eterno, amen", sarebbe una forzatura esagerata. La tragedia, è noto, si ripete spesso in farsa. Ma certo l'iniziativa di Oscar Lancini, il sindaco bossiano che ha tappezzato col marchio leghista del sole delle Alpi tutta la nuova scuola elementare, dai tavoli ai banchi, dai cestini dell'immondizia alle finestre, è una cosa sgradevolmente nuova perfino nel tormentone dell'uso e dell' abuso dei bambini nelle faccende della politica nostrana. Non c'è mai stato molto rispetto per i minori, dalle nostre parti. Basti ricordare i manifesti del Pci del 1946 con due fratellini che in mezzo a un campo di grano, mentre sventolano una bandiera rossa e una tricolore, invitavano a votare contro la monarchia. O i manifesti della DC. La bimba terrorizzata davanti ai cingoli d'un carro armato marchiato con falce martello. La mamma che protegge i figlioletti: "Madre! Salve i tuoi figli dal bolscevismo!". Il piccolo democristiano che esulta: "Mamma e papà votano per me". Lo scolaretto che tiene un comizio ai compagnucci: "E se papà e mamma non andranno a votare, noi faremo la pipì a letto!"

Né si può dire che le cose siano cambiate col passare degli anni. Lo ricorda una foto di bambini che sfilano per le vie di Milano nel ‘69 col fazzoletto rosso al collo e il "libretto rosso" in mano tra uno sventolio di bandiere dei marxisti leninisti. O l'immagine di una femminista "'n zacco alternativa" che nel 1975 tira a una manifestazione per l'aborto un carrettino dove due bimbe mostrano un cartello: "È più bello nascere se si è desiderati". O ancora la poesia letta in apertura di un congresso radicale da una "tesserata di quattro anni", Altea: "In un bel vaso di porcellana / era rinchiusa una bella cinesina / che danzava una danza americana / con il capitano della Marina. Ciao e buon congresso!" . Per non dire di quel maestro che alla periferia milanese spiegava ai bambini un alfabeto tutto suo (C come Castro, F come fucile, R come rivoluzione…) o delle processioni dei nostalgici alla tomba del Duce a Predappio con figli al seguito con fez e manganellino: "Tu levi la piccola mano, / con viso di luce irradiato. / Tu sei quel bambino italiano, / che il Duce a cavallo, ha incontrato. / Il Duce ti guarda, o innocenza. / Sull'erba, che sfiori, gli appare / la dolce e radiosa semenza…".

Si poteva sperare che cambiasse tutto con la seconda Repubblica? Magari! L'esordio, spettacolare, fu di Maria Pia Dell'Utri il giorno in cui spiegò come mai era nato a casa sua, per iniziativa a suo dire della figlioletta Araba, il primo "Baby club di Forza Italia": "Mi ha detto: "Mamma, posso essere anch'io presidente di un club di Forza Italia per bambini?" E io: "Ma certo amore, è una splendida idea, chissà come sarà contento papà"". La bimba, spiegò la madre al giornale del quartiere ripreso da Concita de Gregorio, aveva "voluto uno striscione con scritto "Silvio facci sempre vedere i cartoni"" perché "i bambini temevano che se Berlusconi avesse perso le elezioni loro non avrebbero più avuto cartoni animati in tv".

Da allora, ne abbiamo viste, letteralmente, di tutti i colori. Neonati comunisti col pugnetto alzato per "il manifesto". Piccoli finiani (non ancora antiberlusconiani) in marcia contro i leghisti con le magliette che dicevano: "Io sono italiano". Giovanissimi crociati in calzamaglia o con strampalati costumi pseudo-celtici sui palchi dei comizi di Bossi. Devoti chierichetti al "family day". Famigliole felici e avanguardiste arruolate per i manifesti di Forza Nuova. Cuccioli di "black block" o "Tute Bianche" trascinati da babbi e mammine ai cortei alternativi. Tranne il "piccolo kamikaze coi candelottini alla cintura", non ci siamo fatti mancare niente. E ogni volta: scandalo! Da parte di chi, si capisce, stava sull'altro fronte. Indimenticabile un Maurizio Gasparri da antologia: "Trovo sgradevole l'uso dei bambini nelle manifestazioni. È sbagliato strumentalizzare e disinformare i bambini portandoli nei cortei. È una cosa gravissima e chi lo fa è un cattivo genitore". E con chi si fa fotografare al corteo del Family Day del 12 maggio? Con la sua figlioletta. Che porta al collo il badge con nome, cognome e partito di appartenenza: Alleanza Nazionale. Proprio perché questo è un tema che più di altri richiede coerenza, val la pena dunque di ricordare i giudizi della destra sui bambini portati in piazza un paio di anni fa contro Maria Stella Gelmini. "La marcia su Roma dei bambini", titolò scandalizzata la Padania, dedicando al tema altri titoli come "Che pena i bimbi in piazza". "E’ odioso vedere certi insegnanti e certi genitori, spesso senza aver letto una riga del decreto, sfruttare i bambini per la protesta", tuonò il segretario romagnolo della Lega Gianluca Pini. E via così, fino ai durissimi giudizi già ricordati del capo del governo e di Maria Stella Gelmini. La quale oggi pensa che la scelta di indottrinamento leghista della scuola di Adro sia "folklore". Ma va?

Gian Antonio Stella

13 settembre 2010

 

 

 

2010-09-11

Intervento "contro i baroni dell'Università e la moltiplicazione dei corsi di laurea"

"I rettori italiani? Come l'Urss"

Tremonti tra gli studenti: il fallimento degli atenei è una follia

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Giulio Tremonti (Emblema)

Giulio Tremonti (Emblema)

ROMA - "La riforma dell'Università è positiva ma bisogna porre fine ai poteri dei baroni". Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti per il secondo giorno consecutivo sale in cattedra e mette nel mirino il sistema di governance delle università italiane. Lo ha fatto l'altro giorno a Roma partecipando alla festa dei giovani di destra Atreju 2010, lo ha ribadito ieri sollecitato dalle domande degli studenti durante una sorta di lectio magistralis fatta a Frascati per chiudere la Summer School della Fondazione Magna Carta di Gaetano Quagliariello.

"Io ho avuto un'esperienza con la nomenclatura sovietica - ha detto scherzando ma mica tanto il ministro/professore - ed è stata con alcuni esponenti universitari". Poi spiega meglio: "Se uno vuole avere un'idea di cosa era l'università sovietica bisogna avere un contatto con la conferenza dei rettori". La platea, per la maggior parte laureati, applaude e il ministro divertito procede.

"Dentro l'Università ci sono forti discontinuità - ha spiegato Tremonti citando l'esempio di quella di Siena che è "fallita" -, ora io capisco che possa fallire un'azienda ma una università è una cosa un po' strana per non parlare del fatto che in molte parti del Paese ci sono università che aprono sedi secondarie nel territorio delle altre". Per il ministro dell'Economia la riforma dell'università progettata dalla collega Mariastella Gelmini è una "buona riforma che deve evitare gli effetti choc ma allo stesso tempo porre fine alla follia delle università che falliscono, dei corsi di laurea che si moltiplicano e dei poteri di "baroni e similbaroni"".

 

L'altro giorno al Celio aveva confessato che se si fosse trovato oggi, e non trent'anni fa, a diventare docente non ci sarebbe riuscito. "I concorsi sono locali e non ho i contatti giusti". Tremonti poi scherza con gli studenti e ammette di essere anche lui un "barone" anzi un "ex barone", un professore in scienza della finanza dal 1974 all'Università di Pavia ora in aspettativa. Suo maestro è stato Gian Antonio Micheli, a sua volta allievo di Calamandrei, e questo ricordo gli da' lo spunto per dare un'altra bacchettata al sistema universitario made in Italy. "Ho insegnato anche a Oxford, Cambridge e Friburgo ma oggi non avrei i titoli per vincere una cattedra", continua Tremonti che nel 2003 ha ideato - trovando sponda con il ministro dell'Istruzione dell'epoca Letizia Moratti - l'Istituto italiano di Tecnologia (Iit) con sede a Genova per introdurre in Italia un laboratorio di cervelli sul modello del bostoniano Mit. Non è un problema solo di baroni ma di sistema. "Giorni fa ho parlato con ricercatori americani - dice ancora il ministro - che mi raccontavano come da loro docenti normali fanno cose straordinarie, in Italia docenti straordinari non riescono a fare nemmeno le cose normali".

Roberto Bagnoli

Roberto Bagnoli

11 settembre 2010

 

 

 

2010-09-10

conferenza stampa a Palazzo Chigi: le nuove modalità per diventare insegnanti

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Mariastella Gelmini (foto Massimo Di Vita)

Mariastella Gelmini (foto Massimo Di Vita)

ROMA - "È difficile fare previsioni, ma secondo stime del ministero nei prossimi anni ci saranno molti pensionamenti e quindi nell'arco di 6-7 anni c'è la ragionevole certezza che gli attuali 220mila precari saranno assorbiti dal sistema d'istruzione". Lo ha assicurato il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi per presentare le nuove modalità per diventare insegnanti. "Questo - ha proseguito - agevolerà la condizione dei nuovi insegnanti. Dal 2011 le nuove lauree partiranno in base al sistema di programmazione".

LE REGOLE - Il ministro dell'Istruzione ha presentato le nuove regole per diventare insegnanti: un anno di tirocinio per legare teoria a pratica, attivazione solo in base alla necessità per evitare il precariato, più inglese e competenze tecnologiche. La Gelmini, dopo la firma del Regolamento sulla formazione iniziale dei docenti, ha illustrato il progetto: "Si passa dal sapere al sapere insegnare - ha detto il ministro - con il nuovo tirocinio ci si forma soprattutto sul campo. Il tirocino avverrà direttamente in classe sotto la guida di un docente tutor per avere maggiori garanzie di risultato". L'anno di tirocino, "parte già da quest'anno". "Il numero di nuovi docenti sarà deciso in base al fabbisogno - ha detto ancora - e con la fine del precariato sarà consentito ai giovani l'inserimento immediato in ruolo". Fondamentali l'inglese e le nuove tecnologie: "Ci sarà più inglese e sarà necessaria la certificazione B2 in lingua inglese per abilitarsi - ha continuato il ministro - ci sarà un'utilizzazione delle nuove tecnologie in tutte le materie di insegnamento". "Oggi - ha osservato Gelmini - inseriamo un nuovo tassello nella riforma destinata a cambiare il nostro sistema scolastico. Un tassello fondamentale, perchè riguarda la formazione iniziale dei futuri insegnanti. Prevediamo una selezione severa, doverosa per chi avrà in mano il futuro dell'Italia e sostituiamo alle vecchie SSIS un percorso di lauree magistrali specifiche e un anno di tirocinio coprogettato da scuole e università, concentrato nel passaggio dal sapere al saper insegnare".

IL TIROCINIO - Con il nuovo sistema per insegnare nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria, ha spiegato il ministro Gelmini, "sarà necessaria una laurea quinquennale, a numero programmato con prova di accesso, che consentirà di conseguire l'abilitazione per la scuola primaria e dell'infanzia; sono rafforzate le competenze disciplinari e pedagogiche; è aumentata la parte di tirocinio a scuola ed è previsto un apposito percorso laboratoriale per la lingua inglese e le nuove tecnologie". Per insegnare nella scuola secondaria di primo e secondo grado, ha proseguito il ministro, "sarà necessaria la laurea magistrale ad hoc completata da un anno di Tirocinio formativo attivo; è prevista una rigorosa selezione per l'ingresso alla laurea magistrale a numero programmato basato sulle necessità del sistema nazionale di istruzione, composto da scuole pubbliche e paritarie; l'anno di Tirocinio formativo attivo contempla 475 ore di tirocinio a scuola (di cui almeno 75 dedicate alla disabilità) sotto la guida di un insegnante tutor. Rispetto al percorso SSIS (Scuola di Specializzazione per l'Insegnamento Secondario), si prende il meglio di quella esperienza, evitando la ripetizione degli insegnamenti disciplinari, approfonditi già nella laurea e nella laurea magistrale, per concentrarsi sul tirocinio (incrementato), sui laboratori e sulle didattiche. Chiudono le SSIS per le secondarie di primo e secondo grado e al loro posto si dà vita al Tirocinio Formativo Attivo della durata di un anno, terreno di incontro tra scuola e università". Durante il tirocinio, sarà dedicato "ampio spazio all'approfondimento della didattica con esperienze sul campo che facilitino il passaggio dal sapere al sapere insegnare". Con questo regolamento, ha sostenuto il ministro, "è stato dato pieno riconoscimento al sistema nazionale dell'istruzione (formato dalle istituzioni scolastiche statali e paritarie), tanto nel coinvolgimento nei tirocini quanto nel calcolo dei fabbisogni del personale docente, e si inizia a prevedere la possibilità di svolgere tirocini anche nelle strutture di istruzione e formazione professionale dove è in atto la sperimentazione dell'obbligo formativo e nei Centri per l'istruzione degli adulti. Inoltre gli Uffici scolastici regionali organizzeranno e aggiorneranno gli albi delle istituzioni scolastiche accreditate che ospiteranno i tirocini sulla base di appositi criteri stabiliti dal ministero, evidenziandone buone prassi e specificità. Gli USR avranno anche funzione di controllo e di verifica sui Tirocini. Sino alla costituzione degli albi, le Università scelgono liberamente le scuole, di concerto con gli USR che mantengono compiti di vigilanza".

Redazione online

10 settembre 2010

 

 

 

Como - premiato dal ministro Gelmini per il lavoro con le nuove tecnologie

Solo mezza cattedra e 600 euro

al mese al miglior prof d'Italia

Avrà 8 ore a settimana. Richiesto in Usa: "Collaborerò via web, ma credo nel mio lavoro in Italia"

Como - premiato dal ministro Gelmini per il lavoro con le nuove tecnologie

Solo mezza cattedra e 600 euro

al mese al miglior prof d'Italia

Avrà 8 ore a settimana. Richiesto in Usa: "Collaborerò via web, ma credo nel mio lavoro in Italia"

Luca Piergiovanni, 37 anni: premiato come "miglior insegnante d'italia", è precario con 8 ore a settimana

Luca Piergiovanni, 37 anni: premiato come "miglior insegnante d'italia", è precario con 8 ore a settimana

COMO - Professor Piergiovanni, quanto prende attualmente di stipendio? "Mah, il primo cedolino deve ancora arrivare, ma credo sarà attorno ai 600 euro netti". Seicento euro netti sono la paga che il ministero della Pubblica istruzione corrisponde a colui che il ministero stesso ha dichiarato miglior insegnante d'Italia. E ci sarebbe pure da consolarsi, perché fino a pochi giorni fa Luca Piergiovanni, docente di lettere, non poteva contare nemmeno sulle 8 ore settimanali nella scuola media di Olgiate Comasco a cui è stato assegnato dal Provveditorato agli studi di Como. Chiuse dentro la vicenda del professor Piergiovanni, 37 anni, conterraneo di un grande educatore come don Lorenzo Milani, ci sono tutte le contraddizioni che accompagnano la situazione della scuola italiana.

L'insegnante, fino allo scorso anno in servizio alle medie di Uggiate Trevano, sempre nel Comasco, si è visto assegnare dal ministro Mariastella Gelmini un riconoscimento quale docente più brillante nel campo dell'innovazione didattica: un premio frutto di un lavoro che Piergiovanni porta avanti da anni con i suoi ragazzi, incrociando sapientemente programmi ministeriali e uso delle nuove tecnologie. Ma il ministero, alla fine dello scorso anno scolastico, ha dovuto "licenziare" il professore, che in quanto precario ha dovuto cedere il posto ad altri.

Si è corso il concreto pericolo che "il miglior insegnante d'Italia" rimanesse a spasso, poi è saltato fuori uno "spezzone" di cattedra a Olgiate ed è toccato fare buon viso a cattivo gioco. "L'ufficio scolastico provinciale - specifica il diretto interessato - mi ha detto che mi assegnerà alcune ore aggiuntive per diffondere negli istituti della zona i programmi che ho messo a punto. Speriamo in bene". Il lavoro di Piergiovanni ha attirato anche l'attenzione degli Usa e della prestigiosa università di Yale, che al professorino italiano ha offerto una collaborazione.

"In tanti - racconta - mi hanno detto che sono matto a lasciarmi sfuggire un'occasione del genere ma non è così. Intanto la collaborazione ci sarà, seppure solo via web ma poi trasferirmi in America avrebbe significato tagliare i ponti con la scuola in Italia. Sarò uno stupido, ma io in questo lavoro, qui nel mio Paese, ci credo ancora". Resta da capire come sia possibile che lo stesso ministero da un lato dica a Piergiovanni che è il più bravo di tutti, dall'altro gli decurti lo stipendio e rischi di perderne le capacità. "Io una risposta in tasca non ce l'ho - risponde il docente -, ma di sicuro devono essere rivisti i metodi di reclutamento della classe insegnante e ne deve essere svecchiata l'età. L'informatica ha cambiato le nostre vite, non è più possibile ignorarlo quando ci si deve rivolgere ai "nativi digitali" che sono gli attuali studenti. Ma pare sia ancora difficile da noi fare passare un discorso del genere".

Claudio Del Frate

09 settembre 2010(ultima modifica: 10 settembre 2010)

 

 

 

 

2010-09-07

Presentato a Parigi il rapporto annuale sull'Educazione

Pagella Ocse alla scuola italiana: bocciata

Spesa agli ultimi posti e sbilanciata: si investe solo il 4,5% del Pil, meno del Brasile. Record di ore tra i banchi

Presentato a Parigi il rapporto annuale sull'Educazione

Pagella Ocse alla scuola italiana: bocciata

Spesa agli ultimi posti e sbilanciata: si investe solo il 4,5% del Pil, meno del Brasile. Record di ore tra i banchi

MILANO - La scuola italiana? Bocciata. Ci si passa fin troppo tempo, con risultati scarsi. E' snobbata dagli studenti stranieri. Riceve le briciole delle finanze pubbliche. Il corpo insegnanti è sottopagato e poco stimolato. Resta alta la percentuale di abbandoni. E’ quanto emerge dal rapporto annuale "Education at a Glance" dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo), che calcola, fra l'altro, il rendimento degli investimenti in educazione, confrontando i costi dell'istruzione e l'assenza di un guadagno durante il corso di studi, con le prospettive salariali. L’Ocse sottolinea che la preparazione e l’adeguata formazione sono e saranno la leva principale per uscire dalla crisi; dai dati pubblicati risulta che nel nostro paese c’è ancora molto da fare.

"Il miglioramento dei sistemi educativi nell'area Ocse sarà un'impegno e una sfida formidabile" per i governi e la loro politica pubblica, ha detto il segretario generale dell'organizzazione parigina, Angel Gurria, nell'editoriale di presentazione del nuovo Outlook sull'Istruzione presentato oggi a Parigi. Secondo Gurria "con la crisi economica molti paesi Ocse fronteggiano la doppia sfida di mantenere finanze pubbliche sostenibili sostenendo allo stesso tempo la crescita economica". In questo senso, ha aggiunto "l'istruzione rappresenta un grosso capitolo della spesa pubblica" e anche "un investimento essenziale per sviluppare il potenziale di crescita a lungo termine dei Paesi e rispondere ai cambiamenti tecnologici e demografici che stanno rimodellando i mercati del lavoro".

LA SPESA PER LA SCUOLA - L'Italia spende il 4,5% del Pil nelle istituzioni scolastiche (un dato rimasto costante dal 1995 al 2007), contro una media Ocse del 5,7%. Solo la Repubblica Slovacca spende meno tra i Paesi industrializzati. Persino il Brasile - con il 5,2% - e l'Estonia (5%) spendono di più. Gli Usa - tra i pochi ad aver incrementato la spesa negli anni presi in considerazione - spendono il 7,6%. Nel suo insieme, la spesa pubblica nella scuola (inclusi sussidi alle famiglie e prestiti agli studenti) è pari al 9% della spesa pubblica totale, il livello più basso tra i Paesi industrializzati (13,3% la media Ocse) e l'80% della spesa corrente è assorbito dalle retribuzioni del personale, docente e non, contro il 70% medio nell'Ocse. La spesa media annua complessiva per studente è peraltro di 7.950 dollari, non molto lontana dalla media (8.200), ma focalizzata sulla scuola primaria e secondaria a scapito dell'università dove la spesa media per studente inclusa l'attività di ricerca è 8.600 dollari contro i quasi 13mila Ocse.

SPESA PIU' ALTA PER STUDENTE - La spesa cumulativa per uno studente dalla prima elementare alla maturità è di 101mila dollari (contro 94.500 media Ocse), cui vanno aggiunti i 39mila dollari dell'università contro i 53mila della media Ocse. Nella scuola primaria il costo salariale per studente è 2.876 dollari, 568 dollari in più della media Ocse, ma il salario medio dei docenti è inferiore di 497 dollari alla media Ocse che è di 34.496 dollari. A spingere in alto i costi sono le maggiori ore di istruzione (+534 dollari), il minore tempo di insegnamento (+202 dollari) e le dimensioni delle classi (+330 dollari). Il copione si replica nella scuola media con un costo salariale per studente di 3.495 dollari contro una media Ocse di 2.950, mentre nei licei il costo (3.138 dollari) è di 312 dollari inferiore alla media Ocse, risentendo in particolare del divario rispetto al salario medio dei docenti (744 dollari in meno della media che è pari a 42.300 dollari).

DOCENTI SOTTOPAGATI - In Italia il top del salario per i docenti arriva dopo oltre 30 anni di lavoro. E l'incremento dall'inizio della carriera alla pensione è piuttosto basso. Ad esempio, un docente delle superiori comincia con poco più di 28mila euro all'anno di salario e arriva a 44mila solo alla fine della propria carriera. La media Ocse è la seguente: si comincia con più di 35mila euro e si approda a oltre 54mila, ma dopo 24 anni e non 35 come in Italia. Anche la media europea è ben superiore a quella italiana. La Germania è un altro mondo: un prof delle superiori comincia con uno stipendio annuale di oltre 51mila euro per approdare, dopo 28 anni di lavoro, a oltre 72mila euro. I nostri docenti sono ai livelli dei colleghi sloveni, che, però, arrivano al top del salario dopo 13 anni.

PIU' TEMPO SUI BANCHI -In Italia le ore di istruzione previste sono ben 8.200 tra i 7 e i 14 anni. Solo in Israele i ragazzi stanno più a lungo sui banchi e la media Ocse si ferma a 6.777. Le dimensioni delle classi inoltre sono maggiori rispetto alla media Ocse e il rapporto studenti/insegnante è tra i più bassi (10,6 alla scuola primaria contro media 16,4).

PIU' DIPLOMATI, POCHI LAUREATI - Cresce il livello di istruzione. Ma se la percentuale di diplomati, ormai, supera la media Ocse (da noi sono l'85% - erano il 78% nel 2000 - . La media è 80%), restiamo invece su livelli più bassi per quanto riguarda i laureati: da noi sono il 32,8% (si tratta soprattutto di donne), contro una media Ocse del 38%. Il "balzo" è legato all'arrivo delle lauree brevi che ha portato a un 20% di laureati nel 2008, ma solo tra i 24 e i 34 anni. Percentuale che si dimezza tra i 45 e i 54 (12%) e si abbatte al 10% tra i 55 e 64 anni. Nel complesso la media dell'istruzione terziaria nel Paese resta minimale rispetto a quella dei cosiddetti paesi più "ricchi": solo il 2,4% di tutta la popolazione contro il 33,5% degli Usa, il 14,7% del Giappone, il 5,8% della Germania. Da rilevare anche che tra la popolazione tra i 24 e i 64 anni le persone che si sono fermate alla licenza media sono il 47%.

POCO ATTRAENTE - Scarsa l'attrattiva della scuola italiana per gli studenti stranieri, principalmente perchè ci sono pochi corsi offerti in inglese: nel 2008, 3,3 milioni di studenti universitari hanno scelto di andare all'estero per i loro studi, ma solo il 2% ha scelto l'Italia. Tra le mete più ambite figurano gli Stati Uniti (scelti dal 18,7% degli studenti stranieri), il Regno Unito (10%), la Germania e la Francia (7,3%).

Redazione online

07 settembre 2010

 

 

STUDIO USA sugli INTERNET-DIPENDENTI

L'occhio a facebook fa sbagliare i compiti

E, soprattutto, la ricerca dimostra che il cervello dei giovani non è capace di fare più cose allo stesso tempo

STUDIO USA sugli INTERNET-DIPENDENTI

L'occhio a facebook fa sbagliare i compiti

E, soprattutto, la ricerca dimostra che il cervello dei giovani non è capace di fare più cose allo stesso tempo

MILANO - Tenere aperto Facebook mentre si studia e buttargli un occhio anche solo saltuariamente avrebbe una pessima influenza sulle performance scolastiche, con punteggi significativamente più bassi del 20% rispetto a quelli raggiunti dagli studenti-modello che evitano distrazioni di ogni sorta. A dirlo, uno studio su 219 studenti americani condotto da un team di psicologi dell’olandese Open University e pubblicato sulla rivista Computers in Human Behaviour che pare scardinare la teoria secondo la quale il cervello dei giovani sia più abile nel multitasking (ovvero, fare più cose contemporaneamente) evidenziando, in realtà, che coloro che sono soliti usare i social network mentre sono impegnati sui libri ottengono un punteggio medio (calcolato da 0 a 4) di molto inferiore a quello di chi studia e basta: siamo, infatti, nell’ordine del 3.06 contro il 3.82. Ma se tre quarti dei Facebook-dipendenti dice di non credere affatto che passare del tempo sui social network pregiudichi i loro voti scolastici (anche se il restante quarto ammette l’effetto negativo di tale comportamento), quelli che preferiscono anteporre lo studio alle chat online assicurano che la mancanza di distrazioni si traduce in un +88% di tempo medio passato sui libri.

IL TEMPO DEL WEB - "Il problema – ha spiegato il professor Paul Kirschner, autore dello studio, al londinese Daily Mail - è che molti tengono costantemente aperti Facebook o altri social network, ma anche i programmi di posta e le chat, mentre sono impegnati a fare altro, convinti così di riuscire a fare più cose in meno tempo. In realtà, la nostra indagine, come pure ricerche precedenti, ha dimostrato che, al contrario, agendo in questo modo si allunga il tempo necessario a portare a termine il nostro compito e aumentano anche gli errori. E ci aspettiamo di vedere risultati simili anche in studenti più giovani del campione testato, a conferma che l’idea che i ragazzi possano fare più cose contemporaneamente e che si debbano adeguare i nostri sistemi educativi per stare al passo coi tempi sia solo una convinzione oggi di moda". Nel maggio scorso un sondaggio online della rivista dell’Università di Cambridge, The Tab, aveva evidenziato come il 56,5% degli studenti passasse più tempo sul web che sui libri, con addirittura il 63,9% dedito a Facebook e simili. E se il 57,4% si era detto convinto che tale pratica alla lunga pregiudicasse i voti finali e l’80,56 aveva pure ammesso la possibile esistenza di una "dipendenza da internet", per il 53,7% degli intervistati tale comportamento non poteva essere considerato patologico bensì figlio dei tempi.

Simona Marchetti

07 settembre 2010

 

 

 

Studio Il progetto dei ministri Gelmini e Brunetta. Interessate soprattutto le superiori

Tremila scuole già collegate online Ai genitori voti e assenze in diretta

Creato un portale: le famiglie avranno password e privacy garantita

Studio Il progetto dei ministri Gelmini e Brunetta. Interessate soprattutto le superiori

Tremila scuole già collegate online Ai genitori voti e assenze in diretta

Creato un portale: le famiglie avranno password e privacy garantita

ROMA - Parlare con la scuola attraverso il web, sapere tutto del proprio figlio, il suo rendimento scolastico per prima cosa, ma anche poter chiedere certificati, per esempio i nulla osta, vedere su schermo pagelle e persino i voti dei compiti e delle interrogazioni, controllare che il ragazzo non faccia assenze ingiustificate, perché in questo caso si viene avvisati con una mail o un sms. E ancora prenotare i colloqui con i professori, leggere avvisi e circolari e ogni altra comunicazione che interessi, per esempio quelle che riguardano le uscite didattiche e le gite scolastiche di più giorni.

La rivoluzione digitale comincia da questo mese, sono già tremila le scuole che hanno aderito al progetto dei ministri Gelmini e Brunetta, il portale Scuola Mia attivo dallo scorso febbraio. Tremila istituti, pensano al ministero della Pubblica amministrazione, sono un buon numero perché rappresentano un terzo del totale e ben il 50 per cento delle superiori e dei licei, tre milioni di alunni. Secondo il ministero della Pubblica istruzione, più realisticamente, la novità riguarderà presto un milione e mezzo di studenti, in primo luogo quelli delle superiori.

È proprio il portale Scuola Mia, al quale qualunque genitore può accedere, soltanto con password personale per garantire la privacy di tutti, a permettere questo. Il portale consente a ciascun istituto di attivare tutti i servizi elencati o anche soltanto alcuni di questi, secondo le scelte singole di dirigenti e di professori. "L'autonomia scolastica è pienamente rispettata, ogni scuola deciderà su base volontaria se stare oppure no dentro il portale", dicono al ministero di viale Trastevere. Potranno farlo, e qui entrano in gioco le risorse economiche, senza bisogno di attivare un software proprio, quindi con un grosso risparmio da parte delle scuole visti i costi, a volte proibitivi (anche 2.500 euro a software), dei sistemi di gestione dei registri elettronici. "La scuola si rinnova, guarda al futuro e noi vogliamo cambiarla anche investendo nuove risorse in tecnologie e innovazione", ha commentato al Corriere della Sera il ministro Maria Stella Gelmini.

Il futuro della scuola telematizzata è anche, naturalmente, il passato di tutti quegli studenti che riuscivano a nascondere ai genitori sia i cattivi voti sia le bigiate a scuola. Adesso per mamma e papà sarà molto più semplice sapere quanto studiano i loro ragazzi. O almeno potranno farlo chi ha un computer e il collegamento a Internet.

Secondo gli ultimi dati Istat, infatti, se quasi 8 famiglie su 10 con figli minorenni posseggono un computer, solo 6 hanno l'accesso ad Internet. Annunciata già da due anni, la scuola sul web, che non sarà comunque pienamente realizzata prima del 2012, non piace molto agli studenti, che sentono il controllo familiare come una pressione insopportabile, tanto è vero che sono state tante le polemiche scoppiate quando alcuni licei, a Roma e a Milano, hanno attivato da sé perlomeno il servizio degli sms per le assenze dei figli. Ma non tutti i genitori sono favorevoli a ricevere queste informazioni.

Con il portale Mia Scuola potranno decidere di non attivare questo servizio e di limitarsi a usare Internet per pagare le tasse o per fare le iscrizioni da casa.

Mariolina Iossa

07 settembre 2010

 

 

 

 

2010-09-05

Scuola. Lombardia e Marche le regioni più aperte, scientifico e commerciale osano di più

Un anno a studiare all'estero,

solo un prof su tre dice sì

Rapporto di Intercultura: in troppi frenano i ragazzi per paura che restino indietro nel programma

Scuola. Lombardia e Marche le regioni più aperte, scientifico e commerciale osano di più

Un anno a studiare all'estero,

solo un prof su tre dice sì

Rapporto di Intercultura: in troppi frenano i ragazzi per paura che restino indietro nel programma

ROMA - Un anno di high school negli Stati uniti per i più fortunati. Lo studio in inglese di una materia "normale" come la fisica (sì, è una materia normale). Ma anche uno straniero come vicino di banco o il semplice gemellaggio con un liceo di un altro Paese. Mescolare per bene, in tutto gli ingredienti sono 16, ed ecco servito l'indice di internazionalizzazione delle scuole italiane. La buona notizia è che stiamo lentamente allargando il nostro grado di apertura al mondo. Quella cattiva è che ci sono ancora troppe resistenze. E a volte sono proprio i professori a frenare i ragazzi perché, sguardo severo dietro gli occhiali, "se parti poi resti indietro con il programma".

A raccontare tutto è il secondo rapporto dell'Osservatorio sull'internazionalizzazione delle scuole, promosso dalla Fondazione Intercultura e dalla Fondazione Telecom Italia, che sarà presentato martedì mattina a Milano. L'anno scorso l'indice medio nazionale aveva raggiunto quota 37. Adesso abbiamo fatto tre passettini in più, siamo a 40. La ricerca - una serie di interviste ai presidi di scuole superiori realizzato da Ipsos - si è concentrata su cinque regioni. Le Marche sono internazionali come la Lombardia (43), la Toscana sta nel mezzo con 40, mentre più indietro annaspano la Puglia con 36 e il Molise con 34. Il liceo scientifico è più internazionale del classico, l'istituto commerciale più di quello tecnico. Le cose vanno un po' meglio, "eppur ci si muove" dice il rapporto in prima pagina. "Oggi - dice Roberto Ruffino, segretario generale della Fondazione Intercultura - la scuola non deve preparare più a vivere nel paesello d'origine ma a diventare cittadini del mondo. Ed i progetti internazionali, tutti, sono il modo migliore per farlo. La maggior parte degli insegnanti lo sa bene".

Ma non sempre va così. Perché le scuole non partecipano a queste attività? Dietro l'impossibilità di trovare finanziamenti, al primo posto, c'è la scarsa adesione da parte degli insegnanti, con il 35%. Certo, la ricerca è basata sulle interviste anonime a 494 presidi: la tentazione dello scaricabarile va messa nel conto. Ma c'è anche un'altra tabella che fa riflettere. Spostiamo la lente d'ingrandimento sui ragazzi che vanno a studiare un anno all'estero, l'attività promossa fin dal 1955 proprio da Intercultura anche con una serie di borse di studio. Solo un professore su tre, sempre secondo i presidi, collabora attivamente al progetto. Il 58% subisce passivamente la scelta della scuola, mentre il 10% "cerca di dissuadere gli studenti dalla partecipazione". Addirittura.

"Sì - dice Francesco Maria Orsolini, preside del liceo classico Stelluti di Fabriano che partecipa da anni a queste iniziative - c'è ancora chi pensa che partire faccia restare i ragazzi indietro con il programma. Per fortuna nella mia scuola non succede, ma è un atteggiamento che conosco. Ed è sbagliatissimo". Chi studia un anno all'estero, in effetti, può saltare una parte del programma della scuola di provenienza. Per questo, al rientro, deve superare degli esami che certificano il riallineamento. "Ma siamo flessibili - dice ancora il preside del liceo di Fabriano - e poi con internet i professori che proprio ci tengono possono seguire i ragazzi anche dall'altra parte dell'oceano".

In parte il problema è fisiologico. "Il preside - dice Ruffino, il segretario della fondazione Intercultura - vede la scuola nel suo complesso, il professore guarda alla sua materia. L'ossessione del programma può scattare". Ma è sbagliato ridurre tutto ad una questione didattica: "Chi parte allarga i suoi orizzonti. E questo arricchisce la cultura di una persona e lo aiuta pure a trovare un lavoro migliore".

Lorenzo Salvia

05 settembre 2010

 

 

 

 

2010-09-03

DURO MONITO DELL'AVVENIRE. POI LA PRECISAZIONE: "INVITO NON RIVOLTO CONTRO IL MINISTRO"

Caos scuola, altolà dei vescovi

"Nessuno speculi sulla pelle dei ragazzi"

"Avvio dell’anno confuso e con ombre. Dalla Gelmini partita personale e politica"

DURO MONITO DELL'AVVENIRE. POI LA PRECISAZIONE: "INVITO NON RIVOLTO CONTRO IL MINISTRO"

Caos scuola, altolà dei vescovi

"Nessuno speculi sulla pelle dei ragazzi"

"Avvio dell’anno confuso e con ombre. Dalla Gelmini partita personale e politica"

Il ministro dell'Istruzione Gelmini (AP)

Il ministro dell'Istruzione Gelmini (AP)

MILANO - Nell'anno scolastico che sta per cominciare "non si guardi ad altri interessi" che non siano quelli dei ragazzi", non si sfrutti il loro nome per richieste e pretese, per quanto comprensibili. Non si faccia carriera sulla loro pelle". Il che vale "per il Ministro, e per ogni adulto che ha una funzione nella scuola". Il duro monito è contenuto in un editoriale del giornale dei vescovi Avvenire, che esce all'indomani della conferenza stampa del ministro Maria Stella Gelmini.

LA POLEMICA - "La signora ministro - afferma l'articolo - ha affrontato con gagliarda e dunque controversa volontà riformatrice sia l'Università che la scuola. Una partita personale e politica su cui sta scommettendo molto". Sulla quale il giudizio dei vescovi rimane sospeso. Nonostante gli sforzi, infatti, anche per "interessi corporativi" e i "molti problemi lasciati per strada" "anche quest'anno il panorama dell'avvio" del nuovo anno scolastico appare - a giudizio di Avvenire - "confuso e pieno di ombre". "Speriamo - auspica l'articolo - che prevalga in tutte le parti la buona volontà di salvaguardare l'essenziale", e di evitare, anche e soprattutto "là dove le condizioni non sono buone" che "si esacerbi il tutto, ma si faccia in modo che i bambini e i ragazzi non patiscano maggiore disagio". In giro - osserva Avvenire - "ci sono un sacco di furbastri che campano sulla e nella scuola e però dei ragazzi gliene interessa assai meno del giusto". Mentre "trattare male la scuola - avverte il giornale dei vescovi - è "il reato più grave oggi in Italia", oltre che un peccato ignominioso. E chi lo fa meriterebbe di essere portato davanti ad un "plotone di esecuzione" di ragazzi armati di "pistole ad acqua, elastici, schioppi di legno o mitragliette con i suoni elettronici". Un plotone che, a guardare come vanno le cose "sarebbe schierato dalla mattina alla sera".

LA PRECISAZIONE - "Il mio editoriale sull'Avvenire di oggi non era rivolto contro il Ministro Gelmini o contro qualcuno tra i tanti adulti impegnati nella scuola". È quanto afferma in una dichiarazione Davide Rondoni, autore di un editoriale pubblicato da Avvenire sulla situazione della scuola. L'editoriale "era piuttosto un invito rivolto a tutti, ai politici, come agli insegnanti, stabili o precari che siano, e anche ai sindacalisti a tenere bene a mente qual è lo scopo della scuola: i nostri figli. Vedo che paradossalmente il mio invito a non strumentalizzare la scuola è già stato strumentalizzato".

LA GELMINI REPLICA - "Ho letto l'editoriale di Avvenire e devo dire che l'ho condiviso" ha detto il ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini. La Gelmini ha quindi aggiunto di avere anche letto la precisazione di Rondoni, l'autore dell'editoriale, dopo la polemica su un presunto attacco dei vescovi alla politica del ministro. "Credo - ha spiegato la Gelmini - non fosse necessaria perché chi legge in maniera disinteressata quell'editoriale non trova alcun attacco al ministro dell'Istruzione". "Mi sembrava - ha concluso - un invito giusto e condivisibile di abbassare i toni e soprattutto di non strumentalizzare la scuola. Sono le stesse parole che ho utilizzato ieri nella conferenza stampa".

Redazione online

03 settembre 2010

 

 

 

messaggio di Benedetto XVI in occasione della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù

Il Papa ai giovani: "Il lavoro

è importante ma conta di più la fede"

"I veri punti fermi risiedono nell'insieme dei valori che provengono dal Vangelo"

messaggio di Benedetto XVI in occasione della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù

Il Papa ai giovani: "Il lavoro

è importante ma conta di più la fede"

"I veri punti fermi risiedono nell'insieme dei valori che provengono dal Vangelo"

(Ap)

(Ap)

CITTÀ DEL VATICANO - Il Papa si rivolge ai giovani e tocca uno dei punti più delicati nel loro orizzonte attuale: il lavoro. "La domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante", ma i veri "punti fermi" per i giovani risiedono nella fede e nell' "insieme dei valori che sono alla base della società" e che "provengono dal Vangelo". Lo afferma papa Benedetto XVI nel messaggio inviato ai giovani di tutto il mondo in occasione della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù, in programma a Madrid dal 16 al 21 agosto del 2011.

MONDO SENZA DIO DIVENTA INFERNO - I cristiani, e soprattutto i giovani, non devono lasciarsi "sedurre dal modo di pensare laicista" "che vuole emarginare Dio dalla vita delle persone e della società, prospettando e tentando di creare un paradiso senza di Lui", mentre "l'esperienza insegna che "il mondo senza Dio diventa un 'inferno". Nel messaggio per la Giornata mondiale della Gioventù 2011, papa Benedetto XVI mette in guardia contro i "pericoli" del "relativismo diffuso". Una tendenza che - osserva - sta riportando il mondo ai tempi dei Colossesi ai quali scriveva san Paolo; un mondo in cui "prevalgono gli egoismi, le divisioni nelle famiglie, l'odio tra le persone e tra i popoli, la mancanza di amore, di gioia e di speranza"."Al contrario - aggiunge il Papa - là dove le persone e i popoli accolgono la presenza di Dio", "si costruisce concretamente la civiltà dell'amore". Ai cristiani "sedotti" dal laicismo, a quelli "attratti da correnti religiose che allontanano dalla fede in Gesù Cristo" e a quanti "hanno semplicemente raffreddato la loro fede, con inevitabili conseguenze negative sul piano morale", Benedetto XVI ricorda che la Croce non deve far "paura, perchè sembra essere la negazione della vita", ma ne rappresenta invece "il contrario": "la sorgente della vita eterna". E solo Cristo - conclude - "può liberare il mondo dal male e far crescere il regno di giustizia, di pace e di amore al quale tutti aspiriamo".

 

 

 

 

2010-09-02

conferenza stampa a Palazzo Chigi per illustrare le novità dell'anno scolastico 2010/2011

La Gelmini si difende: "Ereditato

un numero spaventoso di precari"

"Sono stati distribuiti posti di cui la scuola non aveva bisogno. Nessun governo può assorbire 200mila precari"

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"Sono stati distribuiti posti di cui la scuola non aveva bisogno. Nessun governo può assorbire 200mila precari"

Mariastella Gelmini durante la conferenza stampa

Mariastella Gelmini durante la conferenza stampa

ROMA - "Non incontrerò i precari. Anche perché ad oggi non sappiamo nemmeno chi ha perso realmente il posto. Le persone che protestano lo fanno senza essere state ancora escluse". Lo ha detto il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi per illustrare le novità dell'anno scolastico 2010/2011. "La protesta - ha aggiunto - è legittima, ma non del tutto motivata. Non voglio essere coinvolta - ha proseguito - in una contrapposizione politica che determina un clima negativo sull'inizio dell'anno scolastico. Il mio compito oggi è garantire il corretto avvio dell'anno". "Sono disponibile al confronto, non alle polemiche" ha detto riferendosi alla richiesta dei precari, in sciopero della fame da alcuni giorni. "Auspico un confronto nel merito di ciò che si può fare e non di ciò che si vorrebbe". "L’attenzione al precariato - ha detto Gelmini - c’è da anni : se si tratta di ragionare su dati veri la mia disponibilità c’è, ma quando scopro che a protestare sono militanti politici, iscritti anche a Italia dei valori, non credo che si possa alimentare questo genere di polemica".

I NUMERI - "I precari che noi ereditiamo sono un numero spaventoso" si è poi difesa la Gelmini. "Se consideriamo precari anche coloro che hanno fatto una sola supplenza - ha aggiunto -, sono 229 mila a fronte di 700 mila insegnanti già impegnati". "Credo che politica del passato debba fare una forte autocritica. Per fare consenso a buon mercato sono stati distribuiti posti di cui la scuola non aveva bisogno. Nessun governo può assorbire 200 mila precari", ha sottolineato il ministro. "Il 97% delle risorse della scuola serve a pagare il personale, serve un riequilibrio. Non possiamo dimenticarci degli studenti, l'investimento in qualità non può essere limitato al 3% totale del bilancio dell'istruzione". Ai precari della scuola "va la massima solidarietà, anche in maniera completa" ha detto comunque la Gelmini, lanciando un appello alle forze politiche affinchè "non si strumentalizzi il disagio".

IL TAVOLO - "Ogni anno, la scuola pubblica avrà a disposizione un miliardo di euro per la qualità. Noi, attraverso un decreto, andremo incontro ai professori che non si vedranno pregiudicati nei loro diritti, e abbiamo aperto un tavolo per il merito coi sindacati e abbiamo proposto due strade, quella sindacale o quella legislativa, perché in Europa solo Italia e Grecia non hanno un avanzamento per merito degli insegnanti. Non vi è una disattenzione da parte di questo governo sul tema scuola, perché parlano i fatti, che avranno la meglio sulla demagogia di certe manifestazioni che rendono difficile l'inizio di questo anno scolastico" ha detto il ministro.

TEMPO PIENO E SOSTEGNO - Poi gettando acqua sulle polemiche legate al tempo scuola, il ministro, sottolineando che "i numeri sono numeri", ha evidenziato che "il tempo pieno è aumentato, per il biennio 2009-2011, del 3,5%. Nel prossimo anno scolastico le classi a tempo pieno, grazie all'eliminazione delle compresenze, passeranno da 36.493 a 37.275". E veniamo al sostegno. "Nell'anno scolastico 2010-2011 gli insegnanti di sostegno aumentano di tremila posti, passando da 9044 a 93100. Non è vero, come qualcuno ha scritto, che li abbiamo tagliati. L'anomalia è in come le Asl certificano la disabilità". "Alcuni abusi ci sono - ha proseguito - noi stiamo monitorando la situazione. Non deve essere sperperato denaro pubblico per disabili che non esistono, e faccio in questo senso un appello alle autorità sanitarie".

I TEST - "Sono contraria all'abolizione dei test" per l'accesso alle facoltà di Medicina. Rispondendo quindi in merito alle polemiche legate ai test di accesso alle facoltà a numero chiuso e, in particolare, a Medicina, che iniziano proprio oggi, il ministro si è detta convinta "ci debba essere un modo oggettivo per selezionare decine di migliaia di studenti che vogliono accedere alla facoltà di medicina". Certo, ha sottolineato, "ci sono margini di miglioramento ma sono limitati. Qualcuno propende per far pesare di più il voto di maturità dei ragazzi ma -ha concluso- oggi non c'è una misurazione oggettiva dei ragazzi al termine della scuola superiore", non quindi questa la strada migliore.

LE NOVITÀ - Infine ha illustrato le novità per il prossimo anno annunciando: "Da quest'anno non si potranno superare i cinquanta giorni di assenza, pena la bocciatura". La novità, ha detto, "servirà anche a bloccare la prassi di certi diplomifici dove si arriva al diploma pur avendo frequentato poco o nulla". Ed entro l'anno 2010 verrà bandito un nuovo concorso per diventare presidi che prevede "3.000 nuovi posti". "Abbiamo aperto un tavolo con i sindacati", ha infine detto il ministro, per introdurre la progressione in carriera degli insegnanti basata sul merito. Non tardano ad arrivare le polemiche: "la scuola affonda mentre la Gelmini sogna", è il commento di Francesca Puglisi del Pd e Silvana Mura (Idv) sottolinea come il ministro neghi la difesa del posto di lavoro.

Redazione online

02 settembre 2010

 

 

 

 

 

La lotteria dei test

I test universitari sono un classico italiano: il proposito è lodevole, la buona volontà innegabile, il metodo sbagliato. Incapaci di soddisfare la domanda, ministri e rettori hanno deciso di ridurre l’offerta, adottando il numero chiuso. Un tempo i ragazzi italiani lottavano per entrare in aule affollate; oggi affrontano quiz esoterici. Sempre test d’ingresso sono. Siamo passati dallo stadio alla lotteria.

Si inizia oggi con medicina: 80 domande a risposta multipla, 8.775 posti a disposizione, circa 90 mila candidati, nessuna graduatoria nazionale. Poi tocca a odontoiatri, veterinari, architetti, professioni sanitarie, formazione primaria. In totale, 52.788 posti. Scienze della comunicazione, psicologia, scienze politiche e ingegneria adottano il numero programmato o prove di valutazione. Alcune università private stabiliscono il numero di posti disponibili.

Cosa non va, nel numero chiuso? Restiamo a medicina. Per cominciare, non tiene conto dei risultati delle superiori. Il motivo è noto: ci sono scuole italiane che i voti li assegnano, altre li regalano. L’università Bocconi di Milano, che prende in considerazione la media del terzo e quarto anno, è stata criticata: chi ha scelto un liceo severo, di fatto, viene penalizzato. Anche l’università americana valuta i candidati durante le superiori. Ma il meccanismo — basato sul Sat (Scholastic Assessment Test) — è nazionale, rodato (esordì nel 1901) e offre garanzie.

Seconda debolezza. I test non affiancano i colloqui attitudinali: li sostituiscono. Come accade in altri settori italiani—dagli appalti al fisco — la norma ingessata v i e n e p r e f e r i t a a l l a discrezionalità ingestibile. L’esperienza, purtroppo, porta a credere che gli attuali docenti riuscirebbero a intrufolare figli e nipoti. Avere un Ordinario per papà, in Italia, è diverso dall’avere un papà ordinario.

Resta un fatto: ogni professione richiede predisposizione e passione—e con i quiz non si vedono. È fondamentale sapere come morì Gandhi, per chi desidera diventare oculista (attentato? avvelenamento? incidente aereo? infarto?). Tutti conosciamo bravi medici che a diciott’anni, a quella domanda, non avrebbero saputo rispondere (forse nemmeno ora: attentato di un fanatico indù, 1948). Un sistema che prevedesse accesso libero, e una barriera al secondo anno, potrebbe essere la soluzione. A patto di trovare strutture e personale per accogliere le matricole (docenti, aule, laboratori, dormitori): ma dove sono? I posti- letto in "case dello studente " in Italia sono il 2%, in Francia, Germania e Spagna tra il 25% e il 40%.

Terza debolezza: il sistema non è elastico. Non tiene conto delle necessità che cambiano. Trent’anni fa, forse, sfornavamo troppi medici; oggi, di sicuro, ne produciamo troppo pochi. Se le malattie respiratorie sono la terza causa di morte in Italia, perché a Pavia ci sono soltanto tre specializzandi in pneumologia, e altri cinque tra Milano e Brescia? Dieci anni fa erano quindici a Milano e una dozzina a Pavia. Risultato: importiamo medici stranieri. La Francia modula l’accesso a medicina secondo la demografia: una buona idea.

Tre debolezze e molta ansia. Questo è il cocktail che attende centinaia di migliaia di studenti nei prossimi giorni. Vogliamo dircelo, almeno tra noi adulti (i ragazzi stanno esercitandosi ai quiz, non ci staranno a sentire)? La Repubblica fondata sullo stage — quella che propone tirocini malpagati e lavoretti precari — ai suoi figli dovrebbe almeno offrire un’università serena, e una speranza vera.

Beppe Severgnini

02 settembre 2010

 

 

 

 

2010-07-29

Parlamento

Università, via libera alla riforma

Ok in Senato al ddl Gelmini. Taglio alle facoltà

Parlamento

Università, via libera alla riforma

Ok in Senato al ddl Gelmini. Taglio alle facoltà

MILANO - L’aula del Senato ha approvato con 152 sì, 94 no e 1 astenuto il ddl Gelmini di riforma dell’università che ora passa alla Camera. Hanno votato a favore, insieme alla maggioranza, Pdl e Lega Nord, anche l’Api di Francesco Rutelli e l’Svp. Vengono introdotte molte novità, ma non l'abbasamento dell'età pensionabile da 70 a 65 anni, una proposta dal Pd fatta propria dal ministro. Il nuovo provvedimento si limita ad eliminare il cosiddetto biennio Amato, fatte salve solo le posizioni di chi abbia già iniziato ad usufruirne. In questo modo, i docenti ordinari dovranno lasciare le cattedre a 70 anni, senza possibilità di prolungare la permanenza al lavoro come invece accade oggi. Al contrario, si fissa a 68 anni il limite per gli associati.

IL TAGLIO DELLE FACOLTA' - Per risparmiare risorse la nuova legge prevede la fusione degli atenei più piccoli e la razionalizzazione delle facoltà, che per ogni ateneo non potranno essere più di 12. Saranno inoltre passati in rassegna tutti gli oltre 500 corsi di laurea oggi attivi in Italia, l'obiettivo è eliminare tutti quelli considerati antieconomici, seguiti cioè da un esiguo numero di studenti. a riforma renderà difficile il mantenimento in vita degli atenei, delle facoltà e dei dipartimenti accademici meno efficienti: tanto per cominciare, e per quelli con problemi di bilancio, è previsto il commissariamento. Sulla falsa riga dell'orientamento preso tre anni fa, le università che continueranno a utilizzare più del 90% dei finanziamenti statali per le spese fisse (personale e ammortamenti) verranno inibite dal bandire concorsi per nuove assunzioni.

RETTORI - A meno di due anni dalla prima legge Gelmini che ha avviato il processo di riforma degli atenei italiani, il ministro dell'Università porta a casa un altro risultato con una riforma complessiva del sistema accademico. Tra le novità, si interviene sulla governance fissando ad 8 anni la durata massima dei mandati dei rettori (attualmente ci sono rettori in carica da oltre 20 anni), e introducendo la possibilità di sfiduciare i magnifici. I capi di ateneo inadeguati, in futuro, potranno incorrere in una mozione di sfiducia da parte del Senato Accademico. Chi ha amministrato male potrà essere messo da parte, dunque. Ma ai senatori accademici servirà comunque una maggioranza qualificata (3/4 dei membri) per poter proporre la mozione al corpo elettorale. Cambiano anche le norme sulla composizione dei consigli di amministrazione, che dovranno avere obbligatoriamente avere un minimo di 3 componenti esterni se i membri sono 11 in totale, 2 se sono meno di 11. Fra questi, diversamente da quanto prevedeva il testo originario, non vanno computati i rappresentanti degli studenti, che dunque si aggiungono ad essi. Fissato un tetto massimo di membri anche per il Senato accademico: 35. Il presidente del Cda potrà essere esterno.

RICERCATORI A TEMPO - Cambia anche il sistema di reclutamento dei ricercatori, che saranno selezioni con il cosiddetto "tenure-track": nuovi contratti a tempo determinato (minimo 3 massimo 5 anni) seguiti da contratti triennali 'al termine dei quali se il ricercatore sarà ritenuto valido dall'ateneo sarà confermato a tempo indeterminato come associato. In caso contrario terminerà il rapporto con l'università. Si abbassa, quindi, l'età in cui si può cercare di entrare in ruolo, da 36 a 30 anni, e cresce anche il primo stipendio da 1.300 a 2.000 euro.

IL NUOVO CONCORSO - Per accedere ai ruoli di docente ordinario o associato diventa indispensabile l'abilitazione scientifica nazionale, una sorta di concorso unico a cadenza annuale. Una sorta di concorso unico nel quale i candidati saranno valutati sulla base di specifici parametri di qualità. I vincitori saranno inseriti in un albo dal quale gli atenei dovranno pescare se decidono di assumere nuovi professori. Le singole università non potranno più bandire singoli concorsi, una pratica che in passato aveva ostacolato merito e trasparenza.

CODICE ETICO - Dopo l'ondata di scandali e il dilagare del nepotismo, la nuova legge introduce un principio deontologico di massima, obbligando gli atenei a dotarsi di un codice etico sul reclutamento e sull'attività dei docenti universitari. L'obiettivo principale è impedire casi di incompatibilità e conflitti di interesse legati a parentele.

LA PAGELLA DEI DOCENTI - L'Anvur, l'agenzia statale per la valutazione dell'attività di ricerca, monitorerà costantemente la produzione scientifica dei docenti italiani. Ogni tre anni ciascun docente dovrà presentare una relazione sul proprio operato. Chi dovesse non rispettare i parametri di produttivitàsalteranno gli scatti di stipendio. I soldi risparmiati confluiranno in un fondo di ateneo per la premialità dei docenti migliori. Inoltre, sarà impossibile partecipare ai bandi concorsuali, sia come candidati che come commissari. Inoltre, i docenti avranno l'obbligo di certificare la loro presenza a lezione. Almeno 350 ore dovranno essere destinate ad attività di docenca e servizio per gli studenti.

MERITO STUDENTI - Nasce un fondo nazionale per il merito al fine di erogare borse di merito e di gestire su base uniforme, con tassi bassissimi, i prestiti d'onore.

RICERCA, CAMBIA L'ASSEGNAZIONE DEI FONDI - Il testo della legge di riforma recepisce un emendamento proposto dal senatore del Pd Ignazio Marino che cambia il sistema di assegnazione dei fondi per la ricerca. Il capitale di circa 1 miliardo di euro fino ad oggi veniva gestito dai singoli direttori di dipartimento, ora una commissione di pari, formata per un terzo da docenti stranieri, stabilirà quali progetti di ricerca e in che entità, devono essere finanziati.

Redazione online

29 luglio 2010

 

 

2010-07-25

La nascita dell’Anvur, l’agenzia indipendente che valuta gli atenei e lo stato della ricerca, gli incentivi ai "virtuosi", le nuove dinamiche della formazione e dell’insegnamento. Dopo l’editoriale di Francesco Giavazzi del 22 luglio e l'intervento di Michele Salvati del giorno successivo, si apre il dibattito. Ecco gli articoli di Giavazzi e Salvati e le lettere arrivate finora.

Le università sotto esame di Francesco Giavazzi

Mandatemi in pensione ma tutelate la qualità di Michele Salvati

 

 

 

24 luglio 2010(ultima modifica: 25 luglio 2010)

 

 

 

LA RIFORMA E LA FINE DEI CONCORSI

Le università sotto esame

LA RIFORMA E LA FINE DEI CONCORSI

Le università sotto esame

La cosa più rilevante accaduta in questi mesi nell’università è la nascita dell’Anvur, un’agenzia indipendente il cui compito è valutare gli atenei e lo stato della ricerca. Più importante della stessa legge di riforma che l’aula del Senato inizia oggi a discutere: perché gli incentivi sono spesso più efficaci delle leggi.

Dallo scorso anno, una quota (il 7%) dei fondi che lo Stato trasferisce alle università viene assegnata sulla base di un esperimento di valutazione, effettuato prima della nascita dell’Anvur. Le università migliori ricevono un premio che può essere cumulato nel tempo. Nel 2011 atenei virtuosi (ad esempio i Politecnici di Torino e Milano) potrebbero quindi ricevere fino al 14% in più, una cifra che li metterebbe ampiamente al riparo dai tagli orizzontali previsti dalla Finanziaria.

In altre sedi, invece, il taglio complessivo potrebbe superare il 14%. Poiché i fondi pubblici ormai servono a mala pena a pagare gli stipendi, le università peggiori, per sopravvivere, dovranno attuare ampie riorganizzazioni, ad esempio chiudere i dipartimenti responsabili per la modesta valutazione dell’intero ateneo.

L’efficacia dell’Anvur dipenderà dalle persone chiamate a guidarla. I primi passi lasciano ben sperare. Il consiglio direttivo sarà individuato (riproducendo le modalità seguite per lo European Research Council, Erc) all’interno di una rosa di nomi indicati da cinque esperti. La presenza fra essi di Salvatore Settis e Claudio Bordignon, gli unici italiani che fanno parte del comitato scientifico dell’Erc, è una garanzia della qualità delle scelte. Se non vi saranno sorprese, l’autorevolezza e l’indipendenza dell’Anvur saranno in contro-tendenza rispetto ad un governo che dimostra un crescente fastidio

verso le agenzie indipendenti.

La fine dei concorsi universitari è l’aspetto più rilevante della riforma. Sono i tempi eterni e la corruzione dei concorsi che hanno indotto tanti giovani ad emigrare. Salvo il vaglio di una certificazione nazionale, le università potranno assumere chi ritengono a loro più adatto. È per questo motivo che l’Anvur è il vero perno della riforma: se l’agenzia non funzionasse, la nuova legge consentirebbe di assumere amici e parenti senza dover neppure truccare i concorsi.

In queste ore ricercatori e professori associati premono per essere tutti promossi ope legis. La nuova legge li protegge fin troppo. A chi già lavora nell’università riserva di fatto i due terzi di tutti i nuovi posti: solo un nuovo docente ogni tre proverrà da fuori. E la definizione di "esterno" non impedirà all’università di Trieste di assumere un suo allievo temporaneamente trasferito a Gorizia. In Senato numerosi emendamenti propongono di abbassare ancor più la quota di esterni.

Ma quanti nuovi posti vi saranno nei prossimi 5-6 anni? Pochissimi se i professori insistono per insegnare fino a 70 anni. Il Pd chiede che l’età di pensionamento sia abbassata a 65 anni, come accade quasi ovunque in Europa. Questo, e un graduale innalzamento della quota di fondi pubblici assegnata sulla base delle valutazioni, consentirebbe di non perdere una generazione di ricercatori. I professori resistono: non per insegnare fino a 70 anni, ma per non perdere potere. C’è una soluzione semplice per convincerli ad andare in pensione: prevedere che dopo i 65 anni non si possa più partecipare alla selezione dei nuovi docenti, né dirigere le Scuole di specializzazione, soprattutto quelle di medicina.

Francesco Giavazzi

22 luglio 2010

 

 

 

RIFORME BIPARTISAN

"Mandatemi pure in pensione

ma tutelate la qualità universitaria"

I mali degli Atenei non sono solo i professori ultra 65enni

RIFORME BIPARTISAN

"Mandatemi pure in pensione

ma tutelate la qualità universitaria"

I mali degli Atenei non sono solo i professori ultra 65enni

Chi scrive è un professore universitario, oppresso da un intollerabile senso di colpa: ha 73 anni ed è ancora in servizio. È vero che dovrà andare in pensione quest' anno, ma intanto ha sottratto un posto prezioso a docenti più giovani di lui e la recente proposta di pensionare gli universitari a 65 anni gli ha fatto venire in mente un vecchio racconto di Isaac Asimov nel quale - in un povero pianeta di una sperduta galassia - l' estrema penuria di risorse aveva indotto a sopprimere gli ultra-sessantacinquenni. Era l' unico modo egualitario per garantire la sopravvivenza della specie. Sto scherzando, naturalmente, ma non è uno scherzo la proposta del ministro Gelmini e del responsabile per l' Università del Pd, Marco Meloni, una volta tanto d' accordo. Si tratta di una proposta ragionevole? Quasi tutti i Paesi con cui ha senso confrontarci fissano dei tetti d' età rigidi per la permanenza in servizio: c' è anche da noi (in passato 72 anni, ora 70: il caso mio e di pochi altri è dovuto all' incrocio di normative speciali) e dunque la discussione verte se anticiparlo. In alcuni Paesi è ancor più basso: alcune Università italiane, specie quelle situate in luoghi turisticamente gradevoli, hanno potuto impiegare bravissimi professori stranieri costretti alla pensione dai loro ordinamenti (in Gran Bretagna, ad esempio, vale il limite dei 65 anni). Non c' è limite imperativo negli Stati Uniti, cui spesso guardano i riformatori della nostra Università: costringere al pensionamento ad un' età fissa chi non vuole pensionarsi sarebbe un caso di "age discrimination", parente stretta della discriminazione per sesso o per razza. Riassumendo: se valutata soltanto in riferimento alle pratiche altrui, la proposta Gelmini-Meloni non è palesemente anomala.

Dati i problemi in cui versa la nostra università, e che il ministro sta coraggiosamente affrontando, si tratta anche di una proposta ragionevole, condivisibile? È opportuno fissare anzitutto l' unico criterio appropriato per dare una risposta a questa domanda: date le risorse disponibili, è ragionevole quella soluzione che lascia in università i docenti più capaci, sia in termini di qualità della ricerca che di qualità della didattica, ed esistono oggi indicatori abbastanza affidabili per misurare entrambe. E, quanto alle risorse, mi limito a considerare quelle destinate all' Università. (Dal punto di vista della spesa pubblica nel suo insieme, un professore in servizio costa poco di più di un professore in pensione e nei prossimi anni il risparmio sarebbe minimo: si tratterebbe solo di una partita di giro, che sposta l' onere dal ministero all' ente previdenziale). Ma può darsi che il governo voglia risparmiare anche sulla spesa universitaria corrente restringendo l' organico dei professori, mandando in pensione gli ultra-sessantacinquenni e non sostituendoli, o sostituendoli solo parzialmente: per un governo (e soprattutto per un' opposizione) che altro non fanno se non proclamare che il destino dell' Italia si gioca sulla qualità dei suoi giovani, si tratterebbe di un' azione insensata, ma ci siamo abituati. Sia come sia, fissato l' organico obiettivo, perché raggiungerlo con questi tagli drastici? A seguito dell' effetto fisarmonica che è prevalso nel passato (ondate di assunzioni, seguite da lunghi periodi di blocco) nei prossimi cinque anni, con le attuali regole, già andranno in pensione circa 12.000 docenti. Se si impone la regola dei 65 anni se ne aggiungerebbero più di 7.000. Se non vengono sostituiti si ricade nell' insensatezza di cui dicevo. Se vengono sostituiti si riprodurrebbe l' effetto fisarmonica: data la disponibilità di posti, sarà molto difficile riempirli con giovani docenti di qualità adeguata.

Questo è un punto critico importante, ma non è il principale. Il principale riguarda quello che più sopra ho definito l' unico modo appropriato per giudicare sul merito della permanenza in servizio di un docente universitario, la qualità della ricerca e della didattica, valutate secondo criteri che cominciano ad essere disponibili. Chi ci assicura che tutti gli ultra-sessantacinquenni siano peggiori di tutti i docenti al di sotto di questa età? Chi ci garantisce che non perderemo risorse preziose? Le regole semplici sono stupide - ha detto Keynes e ripetuto Prodi a proposito delle percentuali di Maastricht - e solo la discrezione è intelligente. Se applicata, naturalmente, da persone competenti e oneste. Ma non è questa la via in cui vogliamo avviarci attraverso una incessante attività di valutazione? Attraverso incrementi stipendiali legati ai risultati di questa valutazione, e non uniformi secondo l' età? E applicati a tutti, prima e dopo i 65 anni. Se applicassimo seriamente questi criteri ho pochi dubbi che i ranghi dei professori, e non soltanto di quelli più anziani, si sfoltirebbero notevolmente e senza pregiudizio per l' Università.

Michele Salvati

24 luglio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-07-19

Sull'ex pm: "della sua laurea nessuno sapeva". Il leader dell'Idv: "Lo querelo"

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Poi attacca Di Pietro e Rosy Bindi

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Berlusconi con Rosy Bindi in un momento di 'tregua' ad un evento pubblico (Ansa)

Berlusconi con Rosy Bindi in un momento di "tregua" ad un evento pubblico (Ansa)

COMO - All'interno della maggioranza di governo ci sono solo "piccole incomprensioni". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che ha parlato all'università telematica Ecampus di Novedrate, nel Comasco, l'ateneo privato creato dal fondatore del Cepu, Francesco Polidori. La visita del premier ad un istituto non statale è avvenuta a due giorni dall'approdo in Parlamento della riforma dell'università pubblica voluta dal ministro Mariastella Gelmini.

LA BINDI E LA BELLEZZA - Nel corso del faccia a faccia con gli studenti, che erano stati invitati via mail, Berlusconi ha fatto battute pesanti su Antonio Di Pietro e sulla presidente del Pd, Rosy Bindi. "Mi accusano sempre di circondarmi di belle ragazze senza cervello - avrebbe detto il premier secondo quanto riferito da alcuni partecipanti alle agenzie di stampa -. Ecco invece qui delle belle ragazze che si sono laureate con il massimo dei voti e che non assomigliano certo a Rosy Bindi". Non è la prima volta che Berlusconi attacca la deputata del Pd sull'aspetto fisico: nell'ottobre 2008, intervenendo al telefono a Porta a Porta, l'aveva definita "più bella che intelligente". Il Cavaliere ha rinvangato indirettamente alcune vecchie polemiche sul conseguimento della laurea da parte dell'ex pm: "Quando studiavo io, lo sapeva tutto il condominio e tutti stavano attenti a non fare rumore per permettermi di studiare per poi festeggiare una volta superati gli esami. Non si capisce invece perché nel paese di Di Pietro nessuno sapesse della sua laurea".

"LO QUERELO, NON SI TIRI INDIETRO" - La risposta di Antonio Di Pietro non si è fatta attendere: "Berlusconi, invece di continuare a offendere la mia storia personale, rinunci ad avvalersi dell'insindacabilità prevista dall'articolo 68 della Costituzione, così vedremo davanti ai giudici chi ci capisce di più non solo di italiano ma anche di diritto". "Le sue dichiarazioni - aggiunge il leader dell'IdV - già più volte sono state ritenute diffamatorie dai giudici ma Berlusconi ha sempre approfittato dell'articolo 68 della Costituzione. Anche per queste sue ultime affermazioni lo querelerò augurandomi che si decida ad affrontarmi a viso aperto in un' Aula di Tribunale".

BINDI: "VOLGARITA' RIPETITIVE" - "Faccio i miei complimenti alle studentesse per il conseguimento della laurea - ha invece commentato Rosy Bindi replicando alle notizie diramate dalle agenzie -. Su quello che ha detto il presidente del Consiglio mi limito con tristezza a prendere atto che tra i tanti segnali della fine dell'impero c'è anche questa ormai logora ripetitività delle sue volgarità".

"FOLLIA CON METODO" - Decisamente negativo il commento dell'ex ministro dell'Università del governo Prodi, Fabio Mussi: "Da una parte Gelmini e Tremonti affamano la ricerca e l'università pubblica italiana, che, tra gli applausi di schiere di sciocchi laudatores, i quali peraltro sicuramente in futuro non si prenderanno alcuna responsabilità del disastro, saranno ridotte al grado zero della qualità e del merito. Dall'altra Berlusconi va in festosa visita all'universita telematica privata del Cepu. Sono ambedue scene tratte dal suicidio di una nazione moderna. Ma devo riconoscere che c'è del metodo in questa follia".

 

19 luglio 2010

 

 

 

2010-07-01

Istruzione - Quasi tutti gli studenti concludono il quinquennio. "La modifica sarà graduale"

Università, il flop della laurea breve "Funziona poco, la correggeremo"

Il ministro Gelmini: con quel diploma si fatica a trovare un lavoro

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ROMA—"Nel tempo si dovranno apporre correttivi al cosiddetto "3+2", senza stravolgere un sistema che ha già subito tanti scossoni". Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ospite di "Radio anch’io", ammettendo che "il sistema del "3+2" sicuramente ha dato meno risultati di quanto ci si aspettasse". "Ma non si può continuamente—ha osservato il ministro — ripartire da zero. Oggi abbiamo questo sistema, in molti casi alla laurea triennale non sono conseguite opportunità occupazionali facili e certamente nel tempo bisognerà apporre correttivi ".

Con la riforma degli ordinamenti didattici del’99, accanto alla classica laurea a ciclo unico (quadriennale o quinquennale) sono stati introdotti la laurea triennale, detta Laurea (L) e la Laurea Specialistica o Magistrale, altri due anni di specializzazione (LS) e il sistema dei Crediti Formativi Universitari (CFU). Le lauree triennali, pensate per un inserimento più rapido nel modo del lavoro, sarebbero dovute aumentare. Sono passati dieci anni ma non si vede ancora il risultato sperato.

Il ministro non si sbilancia. Tuttavia il numero degli universitari che invece di fermarsi alla laurea triennale ha proseguito verso la specialistica è risultato molto più alto anche rispetto alle più pessimistiche previsioni. Negli altri paesi europei il 70 per cento dei laureati dopo 2 o 3 anni entra nel mondo del lavoro. A proseguire è solo il 30 per cento. Nel nostro Paese, anche se sui numeri e la loro interpretazione non c’è accordo — 10 anni forse sono pochi per trarre delle conclusioni—nessuno può negare che la tendenza sia esattamente contraria.

"Il "3+2" ha oggettivamente fatto moltiplicare i corsi di laurea, tuttavia si è appena concluso l’adeguamento ai nuovi ordinamenti e ora rifarli daccapo sarebbe traumatico — dice il senatore Giuseppe Valditara, relatore della Riforma universitaria in discussione al Senato —. Ci potrà essere nel tempo una graduale modifica del "3+2", soprattutto in quelle discipline che lo rivendicheranno. Giurisprudenza a suo tempo ha chiesto di avere un percorso unitario. Evidentemente in prospettiva si potranno studiare per le facoltà che lo richiedono forme più flessibili rispetto al modello attuale. L’unica cosa impensabile è un decreto del ministero che costringa le università a ricominciare tutto daccapo. Sarebbe il caos".

"La responsabilità — ribadisce il professor Guido Fiegna, membro del Cnvsu (Comitato nazionale valutazione sistema universitario) — è in parte attribuibile alle università che non hanno ridisegnato i corsi, cambiando la sequenza delle discipline, i tempi e i modi di insegnamento. In un certo senso gli atenei non sono riusciti o non hanno voluto incentivare l’uscita dal sistema universitario dei laureati triennali".

Tra le spiegazioni, non mancano quelle più maliziose: in certe aree disciplinari l’ingresso nel modo del lavoro di un consistente numero di laureati triennali avrebbe potuto provocare un eccesso di docenti. Ma esiste anche una diretta responsabilità di chi controlla la domanda di laureati. "Purtroppo — conclude Valditara —ci sono stati pochi sbocchi, soprattutto nella Pubblica amministrazione. Perché quasi tutti gli studenti concludono il quinquennio invece di defluire dal sistema universitario dopo 3 anni? In realtà proprio a partire dalla Pubblica amministrazione gli sbocchi concreti, è un dato di fatto, sono pochi. Bisognerebbe cominciare a lavorare proprio da lì per assicurare delle opportunità ai laureati triennali ".

Giulio Benedetti

01 luglio 2010

 

 

REPUBBLICA

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2011-08-04

 

 

 

 

 

2011-06-20

UNIVERSITA'

Atenei, ecco le "eccellenze" italiane

CLASSIFICHE:

ATENEI FACOLTA'

SPECIALE REPUBBLICA GUIDA ALL'UNIVERSITA'

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Bologna in testa, le "piccole" spiccano

Medicina a Padova, architettura a Ferrara, scienze a Trento. È la classifica delle facoltà stilata dalla Grande Guida all'Università Repubblica-Censis

di FABIO TONACCI

Atenei, ecco le "eccellenze" italiane Bologna in testa, le "piccole" spiccano La guida delle Università italiane di Repubblica

La migliore facoltà di Medicina in Italia? È di sicuro a Perugia. E certamente anche a Milano. E poi a Verona, a Pavia, ce n'è una a Firenze, un'altra a Siena, e perché no una a Brescia... A sentire l'opinione degli universitari iscritti, l'Italia è piena di "migliori facoltà di medicina". Ognuno rivendica la superiorità dell'ateneo che ha scelto, o dovuto scegliere. Gli studenti e anche i professori. Ma la migliore facoltà di medicina in Italia è solo una: quella dell'università di Padova. Non per simpatia, per merito. I suoi docenti sono di altissimo livello, così come le aule, i computer in dotazione, la biblioteca e tutte le altre strutture (didattica, voto 109). La percentuale degli studenti che portano a termine il ciclo di studi nei tempi stabiliti è tra le prime in Italia (produttività, 100). Ha ottimi rapporti con università estere (relazioni internazionali, 96). Produce progetti di ricerca innovativi e di qualità, riconosciuti universalmente nel settore medico (ricerca 110). Meriti che gli valgono, nella classifica del Censis delle "vere" migliori facoltà italiane, una valutazione complessiva di 103,8 punti su un massimo di 110 (e un minimo di 66). L'eccellenza italiana doc. E tra i grandi atenei Bologna "la dotta" si conferma al primo posto, come nel 2010.

Una valutazione che è stata fatta, ateneo per ateneo, facoltà per facoltà, sulla base di quattro parametri oggettivi, costruiti con dati reali e indicatori forniti dalle stesse università. Ne è venuta fuori una guida utile per il neodiplomato che non vuole basarsi solo sulle chiacchiere per scegliere, e utilissima al genitore che deve fare i conti con eventuali spostamenti fuori sede.

E così si scopre che bisogna andare a Bologna per avere il top della facoltà di Psicologia, che prende il voto pieno, 110, per la didattica e la produttività. Per diventare medici e avere il posto assicurato o quasi (lavora il 97,2 per cento di chi si laurea nel settore sanitario, secondo i dati del consorzio universitario AlmaLaurea) bisogna trasferirsi a Padova: non c'è solo la miglior facoltà di Medicina e Chirurgia (103,8 punti contro i 98,2 di Perugia e Milano Bicocca), ma anche quella di Veterinaria. A Ferrara invece si trova il gotha di Architettura (con un punteggio di 105,4 ha scavalcato in questa materia l'università di Sassari, fino all'anno scorso in cima alla classifica).

Per il corso di laurea in Economia, la tappa obbligata per chi vuole il massimo è ancora l'università di Padova, mentre è in calo quella di Trento, passata dal secondo al quinto posto nella graduatoria. Per Farmacia, Trieste ha scalzato Bologna, finita al quarto posto. Giurisprudenza, una delle facoltà con più iscritti in Italia, ha la sua espressione massima nell'ateneo di Siena, ma da segnalare il gran passo in avanti fatto da quello di Udine, dal diciasettesimo al sesto posto in un anno. Il salto di qualità dell'ateneo friulano non si registra soltanto nelle materie giuridiche. Udine primeggia nella classifica di Lettere e Filosofia (nel 2010 era settima), Lingue e Letterature straniere, Scienze della Formazione. Roma vince la "gara" tra facoltà di Scienze Motorie, Milano è la capitale morale di Ingegneria, con il Politecnico che ottiene un punteggio di 101,6, seguito poco più indietro da quello di Torino.

Non sempre, però, le migliori facoltà si trovano negli atenei più grandi. Il Censis li ha valutati sui parametri dei servizi offerti, delle borse di studio, delle strutture, della rete Internet e dei rapporti internazionali. Se è vero che Bologna (90,7 di punteggio) è in testa nella sezione "big", quelli con più di 40 mila iscritti (Milano è sesta, la Sapienza di Roma settima), l'eccellenza si trova negli atenei medi come quello di Trento, che ha raccolto un punteggio medio di 101,4 grazie soprattutto al numero e alla consistenza delle borse di studio offerte agli iscritti e alla qualità ottima del collegamento a Internet di aule e laboratori.

(20 luglio 2011)

 

 

 

 

2011-06-16

UNIVERSITÀ

Corsi di laurea a numero chiuso

tra novità c'è il punteggio minimo

Le decisioni del ministero per i test d'accesso alle facoltà a numero programmato. Per la prima volta gli studenti dovranno ottenere un voto minimo per accedere. I test di Medicina e Odontoiatria validi in entrambi i corsi e in alcune aree si sperimenta la graduatoria unica tra diversi atenei

di SALVO INTRAVAIA

Corsi di laurea a numero chiuso tra novità c'è il punteggio minimo

ROMA - Novità in vista per l’accesso alle università a numero programmato. Il ministero dell’Istruzione, università e ricerca ha reso noto, questa mattina, il decreto che fissa le regole per l’accesso ai corsi universitari a numero chiuso: Medicina e chirurgia, Odontoiatria e protesi dentaria, Medicina veterinaria, Architettura e Professioni sanitarie. Manca all’appello, al momento, soltanto il corso di Scienze della formazione primaria, che è stato riformato dalla riforma Gelmini.

Le novità più importanti, annunciate in parte dallo stesso ministro alcuni mesi fa, riguardano il test di Medicina e Odontoiatria. La prova sarà unica per entrambe le facoltà e si svolgerà su tutto il territorio nazionale il prossimo 5 settembre. Il candidato che lo volesse potrà far valere il proprio test per entrambi i corsi di studio. Avrà, in questo modo, più possibilità di farcela. In passato, si è verificato che studenti esclusi con un certo punteggio a Medicina, sarebbero stati idonei ad Odontoiatria. Dal prossimo anno questo problema sarà superato.

Un’altra importante novità riguarda la "soglia minima di ingresso" per il punteggio. Fino all’anno scorso, per ogni singola facoltà, la graduatorie di merito si scorreva fino alla concorrenza di tutti i posti messi a concorso dal ministero, per l’ateneo e la facoltà in questione. Da quest’anno le cose cambieranno: chi, pur essendo in posizione utile, dovesse andare al di sotto dei 20 punti, sugli ottanta previsti, rimarrà fuori ugualmente. La soglia minima di ingresso è, infatti, di venti punti.

Tra le novità anticipate dalla Gelmini era stata ipotizzata una graduatoria nazionale, un modo per correggere una anomalia del meccanismo di accesso: i primi degli esclusi negli "atenei difficili", i più richiesti, sarebbero riusciti a farcela negli atenei "più facili", quelli meno richiesti. Per quest’anno la graduatoria nazionale non è passata, ma il ministero, aggregando alcune sedi limitrofe, ha lanciato una sperimentazione che riguarda anche gli altri corsi.

Il test di Medicina veterinaria, in programma per il 6 settembre, potrà valere contemporaneamente per Bologna, Milano, Parma e Padova. Stesso discorso, sempre su Veterinaria, per gli atenei di Teramo e Camerino. Per Medicina, sono stati aggregati gli atenei di Udine e Trieste. Al Sud, gli aspiranti Ingegneri/Architetti di Napoli (Federico II) e Salerno, giorno 7 settembre, si ritroveranno a partecipare in un’unica aggregazione territoriale.

Per le professioni sanitarie – Ostetrica, Infermiere, ecc. – la prova si svolgerà l'8 settembre alle ore 11 e il candidato potrà esprimere, come l’anno scorso, fino a tre opzioni. I test per Medicina, Odontoiatria, Veterinaria e per le Professioni sanitarie saranno composti da 80 domande di cultura generale e logica, chimica, biologia, matematica e fisica, da svolgere in due ore.

Novità nel test per l’accesso alla facoltà di Architettura dove, anziché con domande di chimica e biologia, gli studenti dovranno cimentarsi con quesiti di storia e disegno. Il decreto, invece, non si esprime sul peso che avranno le domande di cultura generale, criticate da più parti. Il ministro aveva pensato di sostituire parte delle domande di cultura generale con domande di logica e gli esperti che formuleranno i test sono sempre in tempo a farlo.

(16 giugno 2011)

 

 

LAVORO

Gli ingegneri non conoscono crisi

"Sono i più richiesti dalle imprese"

La situazione rispetto a qualche anno fa è peggiorata, ma restano quelli che trovano un impiego con meno difficoltà. Ma per fare muovere davvero l'occupazione ci vorrebbero politiche di innovazione e un piano energetico. O iniziative come quella ideata da Obama di FEDERICO PACE

Gli ingegneri non conoscono crisi "Sono i più richiesti dalle imprese"

SEMPRE meglio essere ingegneri. Anche in tempi di crisi. Trovare un impiego è ormai un'impresa, ma per chi è come loro, è un po' meno difficile. Se è vero che anche il complesso e diversificato mondo degli ingegneri sta pagando i conti di un'economia che non vuole tornare a dare respiro e lavoro, è pur vero che questi superman dell'occupazione sono stati colpiti meno degli altri. E per gli anni a venire saranno ancora loro a covare le migliori speranze, in gran parte del mondo: nei Paesi che stanno crescendo più di tutti, ma anche negli Stati Uniti che lottano per mantenere una leadership ormai in discussione, così come in Europa e in Italia.

"Per ogni posto di lavoro che si crea ci sono più di quattro persone che lo cercano. Ma quando si passa a posizioni scientifiche e a alta tecnologia avviene il contrario." Così Barack Obama lunedì scorso in occasione della sua visita alla Cree, un'azienda ad alta tecnologia produttrice di semiconduttori a Durham nella Carolina del Nord. I mestieri introvabili ci sono anche negli Usa. E per invertire la tendenza, e per "riportare la gente al lavoro", in piena emergenza occupazionale, il presidente si appresta a lanciare una serie di iniziative. Tra le prime ad essere annunciate c'è proprio il piano che guarda ai giovani. Un progetto che prevede aiuti e stimoli, ogni anno, per 10 mila studenti di ingegneria e altri corsi scientifici.

Negli Stati Uniti solo il 14 per cento dei ragazzi si iscrive in corsi dell'area Stem, ovvero scienze, tecnologia, ingegneria e matematica. Obama vuole che siano di più. Per farlo però, sembra che non toccherà il budget. Anche perché, ora che non ha più la maggioranza nel Congresso, non può permetterselo. Saranno le imprese private a partecipare al programma e a promuovere lo studio di queste materie. Offriranno incentivi agli studenti e aiuteranno le università a finanziare i corsi di formazione. Le aziende poi si impegnano anche a raddoppiare il numero di stage. Il presidente statunitense con questa iniziativa conferma la convinzione che gli Stati Uniti potranno mantenere la leadership solo se continueranno a investire nelle tecnologie e nelle innovazioni.

Nella classifica americana delle professioni emergenti da qui al 2018, realizzata dal Bureau of Labor Statistics, quella con il più alto tasso di crescita è l'ingegnere biomedico. Nei prossimi anni, dice il ministero Usa del Lavoro, la richiesta da parte delle imprese di questa professione crescerà del 72 per cento. Sarà l'invecchiamento della popolazione a rendere sempre più necessarie moderne strumentazioni e apparecchiature mediche. E chi saprà metterle a punto sarà sempre più ambito.

Anche in Italia gli ingegneri sono tra i più "occupabili" sul mercato. Secondo i dati di Unioncamere nel 2010 i laureati del gruppo di ingegneria sono quelli di cui le imprese hanno più bisogno. Considerando le diverse declinazioni della professione, si arriva quasi a 40 mila. Settemila in più di quanto non erano stati nel 2009. Quelli più ricercati sono gli elettronici e dell'informazione insieme a quelli civili e ambientali. Per ogni quattro laureati che vengono assunti dalle imprese italiane, uno è sempre un ingegnere. E anche in considerazione del numero di persone che escono dalle facoltà di ingegneria, per Unioncamere, il grado di copertura dell'offerta totale è il più alto di tutti i gruppi di corsi (il 60,9 per cento).

Il mercato sembra dare opportunità agli ingegneri anche in realtà fino a oggi considerate lontane. "Fino a qualche anno fa - spiega Massimiliano Pittau, direttore del Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri - avevamo una sistema produttivo che di fatto non riusciva ad assorbire tutta la produzione di laureati in ingegneria e, quando l'assorbiva, non lo faceva sempre nel modo migliore. Molti ingegneri in realtà utilizzavano solo una parte della competenze accumulate nel corso degli studi. Inoltre, la forza lavoro di ingegneria veniva assorbita solo dalle grandi imprese e non riuscivamo a occupare gli ingegneri nelle piccole e medie imprese. Qualcosa però, ora sta cambiando in meglio".

Certo non è sempre azzurro il cielo sopra le teste degli ingegneri. E' cresciuto il tasso di disoccupazione anche per loro. Le assunzioni a tempo indeterminato sono crollate. Ma sono sempre il 20 per cento superiori a quelle degli altri laureati. Soffrono, ma da una posizione di vantaggio. Secondo il rapporto Occupazione e remunerazione degli ingegneri in Italia, messo a punto in questi giorni dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli ingegneri, a cinque anni dalla laurea solo il 2,8 per cento degli ingegneri è senza lavoro mentre per la media dei laureati è pari al 7,7 per cento. Nel nostro Paese, scrivono gli autori del rapporto, esiste comunque una disomogenea distribuzione territoriale di domanda e offerta di lavoro. In Lombardia, Lazio e Veneto non ci sono sufficienti ingegneri per soddisfare il fabbisogno del sistema produttivo. Mentre in Campania, Sicilia e Emilia Romagna, al contrario, c'è un surplus di laureati immessi sul mercato. Molti, come riporta il rapporto, si muovono proprio per compensare questa disomogeneità. Quelli che restano e non si muovono, finiscono per incappare nella "sottoutilizzazione" nella "sottoremunerazione".

Nel medio termine, comunque, gli ingegneri sono quelli che possono temere di meno rispetto a quasi tutti gli altri laureati. Secondo i dati previsionali dell'Isfol, da qui al 2014 nel nostro sistema produttivo, per loro ci sarà una variazione occupazionale positiva pari all'8,4 per cento. Valore di gran lunga superiore all'andamento generale del mercato del lavoro che sarà pressoché stagnante (-0,2 per cento). Ci saranno più di 15 mila posti incrementali. Soprattutto ingegneri meccanici e elettrotecnici.

Avrebbe senso replicare il piano di Obama anche in Italia? Cosa si dovrebbe fare per puntare di più su questo tipo di figure? Da noi, più che una crescita del numero degli iscritti sembra servire altro. "Se si avviassero delle politiche basate sullo sviluppo delle nostre filiere ad alta innovazione sarebbe tutto più semplice - dice Massimiliano Pittau, direttore Centro Studi del Consiglio Nazionale degli ingegneri -. Allo stato attuale con politiche di innovazione che latitano, senza una politica energetica, ci ritroviamo a essere, ad esempio nelle rinnovabili, un paese di installatori. Usiamo tecnologia francese per l'eolico, per il solare installiamo tecnologia tedesca o cinese di seconda mano. E sarebbe stato lo stesso pure per il nucleare. Se si volesse davvero fare qualcosa, si dovrebbe puntare a sviluppare un filiera interna per le rinnovabili".

(15 giugno 2011)

 

 

IL CASO

Scuola, nuovo blitz della Lega

"Stop ai supplenti meridionali"

La proposta del Carroccio in un emendamento al dl Sviluppo: "Punti in graduatoria in base alla residenza, così i prof del Sud non supereranno quelli del Nord"

Scuola, nuovo blitz della Lega "Stop ai supplenti meridionali"

di CATERINA PASOLINI

"No all'invasione del nord da parte di insegnanti meridionali". È questo l'obiettivo dichiarato dei leghisti che hanno presentato un emendamento al decreto legge sullo sviluppo che prevede 40 punti in più in graduatoria per i professori residenti nelle località dove vogliono insegnare. La proposta del Carroccio è che dal prossimo anno scolastico nelle graduatorie vengano assegnati quaranta punti in più agli insegnanti che sono residenti nella provincia dove vogliono lavorare. Una richiesta di modifica che spacca la maggioranza e provoca le proteste dell'opposizione che parla di "Razzismo e incostituzionalità".

L'obiettivo principale sembra sia consentire ai docenti delle regioni del nord di non esser sorpassati nelle liste dagli aspiranti professori del sud. Come dice a chiare lettere Paola Goisis, deputata leghista che così sintetizza il suo emendamento: "No all'invasione da parte degli insegnanti meridionali. No allo stravolgimento delle graduatorie. Come Lega dobbiamo tutelare i nostri docenti. Ci sarà un'invasione di persone dal sud perché da noi ci sono più possibilità di inserimento". Anche se, paradossalmente, la misura penalizzerebbe anche i trasferimenti all'interno della stessa Regione, da Varese a Milano, per fare un esempio.

Non è la prima volta che si prova a bloccare i trasferimenti: negli anni passati sia in Friuli che Piemonte i consiglieri della Lega hanno approvato provvedimenti volti a favorire gli "insegnanti regionali" o comunque locali rispetto a quelli arrivati da altre zone del paese. Decisioni bocciate a febbraio dalla Consulta che ha dichiarato incostituzionale anche un norma favorita dal ministro Gelmini. Approvata dal governo nel 2009 stabiliva l'impossibilità di spostarsi da una provincia all'altra, se non in coda alle liste invece che col proprio punteggio.

"Viola il principio di uguaglianza", disse la Consulta, ed è probabile che finisca così anche quest'ultima proposta della Lega. L'emendamento ieri ha infatti spaccato la maggioranza - il governo non ha dato parere favorevole ma si è rimesso alla decisione dell'aula - mentre dall'opposizione arrivano accuse pesanti. "Questo è inqualificabile razzismo. La qualità degli insegnati deve essere valutata in base alla preparazione e dedizione al lavoro, non in base alla loro residenza o regione di appartenenza", dice Leoluca Orlando, portavoce dell'Italia dei valori.

Il Pd considera l'emendamento una manovra elettorale per riconquistare la base in vista della riunione a Pontida. "Il Carroccio segue la logica della doppia verità: con una mano taglia 132 mila posti di lavoro nella scuola e con l'altra oggi fa propaganda con una promessa di un bonus per i precari del nord", denuncia Francesca Puglisi, responsabile scuola della segreteria del Partito democratico.

"Senza contare", aggiunge la collega di partito Ghizzoni, "che il premio previsto dal partito di Bossi è in palese contrasto con la recente direttiva dello stesso ministro Gelmini che ha riaperto le graduatorie consentendo il trasferimento di provincia e imponendo almeno 5 anni di permanenza".

(15 giugno 2011)

 

 

 

Il "3+2", cronaca di una riforma incompiuta

di Manuel Massimo

Due livelli di formazione accademica: il primo ciclo, triennale, per ricevere una formazione generale di base utile per proseguire gli studi ma anche una preparazione ad hoc professionalizzante, immediatamente spendibile sul mercato del lavoro; un secondo "step" formativo specialistico, biennale, per qualificarsi in un ambito specifico approfondendo conoscenze e competenze acquisite nel triennio. L’architettura del cosiddetto "3+2", la riforma universitaria varata nel 1999, ha modificato profondamente gli atenei senza riuscire però a raggiungere i risultati sperati: dopo dodici anni i numeri certificano il sostanziale fallimento di un sistema nato con l’obiettivo principale di anticipare l’ingresso dei nostri neolaureati nel mondo del lavoro, soprattutto per colmare il gap con l’Europa. Lo dimostra anche l’aumento delle iscrizioni ai corsi di laurea a ciclo unico - come Medicina e Giurisprudenza - che negli ultimi cinque anni sono cresciute circa del 10 per cento (con un’incidenza sul totale degli iscritti che è passata dal 6,4 per cento del 2005/2006 al 16,1 per cento del 2009/2010).

Un po’ di storia

Alla Riforma del 1999 - che ha introdotto per la prima volta in Italia la novità del "3+2" e dei crediti formativi universitari (Cfu) - sono seguiti altri provvedimenti legislativi che, tra il 2004 e il 2008, hanno ridisegnato la fisionomia degli atenei: una riorganizzazione accademica che ha riformato le classi di laurea (ciascuna con specifici obiettivi formativi e sbocchi professionali), avendo però l’effetto collaterale di moltiplicare i corsi facendo lievitare le spese in un sistema già affetto da sottofinanziamento cronico. Una situazione sotto gli occhi di tutti, tanto che anche il ministro competente Mariastella Gelmini a luglio del 2010 parlò apertamente di "flop del 3+2" e di "necessarie modifiche da apportare al sistema". Sistema che, però, ancora stenta a decollare.

2010, i conti non tornano

La più solenne bocciatura del "3+2" è firmata Corte dei conti e reca la data "14 aprile 2010". Il "Referto sul sistema universitario" dei magistrati contabili non lascia adito a dubbi: "Il doppio ciclo (laurea triennale e laurea specialistica) non ha prodotto i risultati attesi né in termini di aumento dei laureati, né in termini di miglioramento dell’offerta formativa". Nel documento si segnala anche l’alta percentuale di abbandoni al primo anno, l’aumento sproporzionato delle sedi decentrate e il consistente incremento dei professori a contratto, docenti "low cost" esterni ai ruoli universitari canonici. Ma il principale obiettivo mancato del "3+2" riguarda - sempre secondo la Corte - proprio l’aspetto che doveva rappresentare il suo punto di forza: "Il sistema non ha migliorato la qualità dell’offerta formativa nemmeno in termini di più efficace spendibilità del titolo nell’ambito dello spazio comune europeo".

L’obiettivo mancato

Dati alla mano, il "3+2" mostra tutte le sue criticità. Come sottolinea Roberto Ciampicacigli, direttore di Censis Servizi, i numeri certificano il flop: "L’altissimo tasso di passaggio di neolaureati di primo livello che s’iscrivevano alla magistrale (specie nei primi anni di riforma, ndr) doveva suonare come un campanello d’allarme: nell’anno accademico 2005/2006 questo tasso è stato dell’81,1 per cento e l’ultimo dato disponibile - relativo all’a.a. 2009/2010 - ci dice che il 54,3 per cento dei laureati di primo livello s’iscrive ad un corso magistrale. Poco più di uno studente su due". In definitiva l’obiettivo principale della riforma - vale a dire anticipare l’ingresso dei laureati nel mondo del lavoro - non è stato raggiunto: "Oggi" continua Ciampicacigli "ci si riesce a laureare in meno tempo rispetto al vecchio ordinamento, ma il corso dura solo 3 anni rispetto ai 4 o 5 precedenti: questo, dunque, rappresenta un obiettivo raggiunto solo in parte".

La rimonta del "ciclo unico"

La progressiva diminuzione del tasso di passaggio dalla triennale alla magistrale, soprattutto a partire dal 2005, dipende da almeno tre fattori che concorrono a questo risultato, come spiega Ciampicacigli: "Ci si iscrive di meno alle magistrali o perché si sta già facendo un percorso accademico a ciclo unico, o perché si sceglie di puntare direttamente su un master di primo livello, oppure perché si è talmente sfiduciati nell’esito formativo che si decide di non continuare gli studi". In base ai dati che fornisce il Miur per successive elaborazioni statistiche, però, questo fenomeno non può essere "misurato" compiutamente: l’Anagrafe degli studenti presenta una certa "opacità" e non si può avere accesso al monitoraggio completo e puntuale che segue gli universitari nel corso di tutta la loro carriera accademica. In definitiva si ragiona sui numeri, non sulle persone.

Liceizzazione e crescita culturale

Un altro aspetto da non sottovalutare quando si parla di "3+2" riguarda il cosiddetto fenomeno della "liceizzazione": la frequenza di un corso di laurea triennale è stata vissuta infatti - soprattutto dagli studenti - come una prosecuzione "soft" della scuola superiore, alla stregua di un "superliceo". L’iscrizione all’università, inoltre, viene "scelta" anche per "continuare a studiare in attesa di un’occupazione", specie laddove le offerte di lavoro scarseggiano. Questo fatto ha portato, involontariamente, al raggiungimento di un obiettivo che la riforma non aveva preventivato, come spiega Roberto Ciampicacigli: "Negli ultimi anni si è prodotta una crescita culturale, non foss’altro perché c’è stato un incremento degli immatricolati e dei laureati triennali: un fenomeno dal forte significato sociale".

Laureati e fuoricorso

La serie storica dei laureati - ricostruita in base a un’elaborazione di Censis Servizi su dati dell’Ufficio di statistica del Miur - indica che nel periodo compreso tra il 2000 e il 2009 si è registrato un forte aumento dei "neodottori" e una drastica riduzione della percentuale dei fuoricorso. Nell’università pre-riforma, nel 2000 su circa 160mila laureati solo il 19,5 per cento conseguiva il titolo in corso (cifra che nel 2002 si attestava invece al 23,8 per cento, con un lieve miglioramento); nel 2005, invece, su oltre 300mila neolaureati la percentuale di "regolari" saliva al 42,8 per cento, rimanendo sostanzialmente stabile su questo valore anche nel 2009 (con un lieve decremento, però, del numero di laureati che scendeva a circa 293mila).

Il ritardo dell’Italia

Come sottolinea Andrea Cammelli - direttore del Consorzio AlmaLaurea - presentando i dati del XIII Rapporto sul "Profilo dei laureati italiani", anche nel post-riforma la posizione dell’Italia nel panorama internazionale è ancora "di retroguardia". "In realtà a lievitare, più che i laureati sono stati i titoli universitari, passati dai 172mila del 2001 ai 293mila del 2009. Nella documentazione più recente Ocse, relativa al 2008, il ritardo dell’Italia nel contesto internazionale emerge purtroppo in tutta la sua ampiezza: fra i giovani italiani di età 25-34 anni i laureati costituivano il 20 per cento contro la media dei paesi Ocse pari al 35 per cento (il 24 per cento in Germania, il 38 per cento nel Regno Unito, il 41 per cento in Francia, il 42 per cento negli Stati Uniti, il 55 per cento in Giappone).

La strategia della lumaca

Il nostro Paese risulta ancora lontano anche dall’obiettivo strategico pari al 40 per cento della popolazione di 30-34 anni laureata, che la Commissione europea ha individuato come mèta da raggiungere entro il 2020. Un risultato che, allo stato attuale di crescita, sembra davvero fuori dalla nostra portata, come evidenzia Cammelli: "Nella fascia di età 30-34 anni, strategica per realizzare la società della conoscenza e per competere a livello internazionale, fra il 2004 e il 2009 la presenza di laureati in Italia è cresciuta solo dal 16 al 19 per cento".

 

IL CASO

"Troppo tempo per diventare medici"

e il governo taglia un anno di studi

Via al piano Fazio-Gelmini. "Così l'Italia avrà più specialisti". L'ipotesi è di accorciare le scuole di specializzazione

di PAOLA COPPOLA

"Troppo tempo per diventare medici" e il governo taglia un anno di studi

ROMA - Meno anni in aula per i futuri camici bianchi. Accorciare il percorso di studio di medicina, riducendo gli anni necessari per la specializzazione o lo stesso percorso di laurea. L'ipotesi è sul tavolo del ministro della Sanità Ferruccio Fazio che lavora d'intesa con quello dell'Istruzione Mariastella Gelmini e trova d'accordo anche l'ordine dei medici. "Stiamo parlando di una riduzione del percorso universitario in medicina", ha annunciato da Padova, a margine di un convegno, Fazio confermando le anticipazioni fatte in una intervista al "Giornale" dal titolare di viale Trastevere, che non aveva precisato in quale punto del percorso di formazione dei futuri medici - se durante la laurea, la specializzazione o il dottorato - dovrebbe avvenire il "taglio".

"Porteremo a quattro anni le specializzazioni che ora sono di cinque, importando il modello europeo e rimanendo nei suoi limiti. In pratica, dove in Europa le specializzazioni sono inferiori ai cinque anni lo saranno anche in Italia. Il percorso - ha continuato Fazio - potrebbe essere abbastanza rapido anche se va normato". Per il ministro si potrebbero ridurre anche i corsi di laurea, è "più difficile, ma possibile": si potrebbe incorporare nell'ambito dei sei anni quello dell'esame di Stato, ha chiarito. Se invece "vogliamo rivedere oltre il complesso della riduzione del curriculum formativo credo che ciò sia possibile ma potrebbe richiedere più tempo".

E che la riduzione dovrebbe riguardare la durata delle scuole di specializzazione è stato confermato dal rettore della Sapienza, Luigi Frati. Che ha precisato: l'accorciamento porterebbe "a un aumento dei posti disponibili, che passerebbero da 5000 a 6000 l'anno e questo permetterebbe di ovviare alla carenza di specializzandi: una misura positiva". Formazione più rapida ma anche la necessità di rivedere il piano di addestramento: "Per gli specializzandi in Chirurgia - ha anticipato il preside - è fondamentale introdurre da subito la pratica degli atti operatori".

Sul "taglio" ci sarebbe un accordo di massima: quattro anni per le scuole di specializzazione mediche, cinque per quelle chirurgiche. Favorevole anche il preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia della Cattolica di Roma, Rocco Bellantone, "purché non si tratti di un taglio tout court che risponda solo all'esigenza di avere un maggior numero di laureati nei prossimi anni".

Davanti alla proposta resta cauto il presidente del Cun, Andrea Lenzi, che ha ricordato alcuni paletti ineludibili. Oggi tra corso di laurea e specializzazione gli anni di formazione possono superare i 12-13 anni. Ridurre questo periodo "è un'iniziativa utile se ben studiata", ha spiegato il presidente della Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo), Amedeo Bianco. "L'importante è intervenire sulle scuole di specializzazione, migliorando e potenziando le attività professionalizzanti". E ha proposto di rendere "da subito" operativi i giovani medici, "metterli prima a contatto con la prevenzione, l'assistenza, il mestiere già durante la scuola di specializzazione, integrando momenti formativi e pratica professionale, coinvolgendo i servizi sanitari regionali".

(12 luglio 2011)

 

 

 

2011-04-16

IL CASO

Berlusconi attacca ancora la scuola pubblica

"Insegnanti con valori contrari alla famiglia"

Messaggio del premier alla riunione dell'Associazione delle mamme: "Ora potete scegliere liberamente quale educazione dare ai vostri figli e sottrarli ai professori di sinistra". Insorge l'opposizione: "Parole ignobili", Bersani: "Perché non va ad insegnare nelle scuole?"

Berlusconi attacca ancora la scuola pubblica "Insegnanti con valori contrari alla famiglia" Silvio Berlusconi

PADOVA - Silvio Berlusconi, in un messaggio inviato a Padova a una riunione dell'Associazione nazionale delle mamme, ha sottolineato che i genitori oggi possono scegliere liberamente "quale educazione dare ai loro figli e sottrarli a quegli insegnamenti di sinistra che nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi dal quelli della famiglia".

Un attacco frontale contro la scuola pubblica che richiama quello già fatto dal premier alla fine dello scorso febbraio in un intervento al congresso dei cristiano riformisti 1. In quell'occasione il presidente del Consiglio, citando a sua volta il suo discorso del '94 in occasione dell'avvio del suo impegno politico, aveva detto: "Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori".

Il premier oggi, parlando poi dell'azione del governo ha ricordato l'introduzione di leggi contro la violenza sessuale e il reato di stalking. Si è detto quindi convinto delle grandi capacità delle donne: "siete più brave di noi uomini, a scuola, sul lavoro, siete più puntuali , più precise e più responsabili. Anche per questo ho voluto che nel nostro governo ci fossero ministri donne e mamme che sono attivissime

e bravissime".

"Care mamme - ha concluso - vi garantisco che il governo continuerà a lavorare con lo stesso entusiasmo e con lo stesso impegno per valorizzare il vostro ruolo nella famiglia nel mondo del lavoro e nella società". Berlusconi nella nota si è congedato con "un bacio e un saluto affettuoso a tute voi con l'augurio che possiate realizzare tutti i progetti e i sogni che avete nella mente e nel cuore".

L'intervento del premier ha fatto subito scattare le proteste dell'opposizione. "Le parole di Berlusconi sulla scuola pubblica sono un ignobile attacco, privo di qualsiasi giustificazione reale. Il capo del governo - afferma il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi - dovrebbe difendere e valorizzare il pilastro educativo del paese, non additarlo come esempio negativo. Queste parole aiutano a comprendere la vera missione che il governo ha portato avanti in questi anni: tagliare i fondi alla scuola pubblica per aiutare quelle private. L'istruzione pubblica è un valore costituzionale da difendere e ampliare. Berlusconi chieda scusa a tutti gli insegnanti, che, pur in condizioni difficili, continuano a svolgere egregiamente il loro ruolo".

il leader del Pd Pier Luigi Bersani replica alle parole del presidente del Consiglio: "Perchè Berlusconi non va direttamente nelle scuole a inculcare i valori della famiglia, visto che se ne intende?", ha detto Bersani a una manifestazione del Pd sui 150 anni dell'unità d'Italia, premettendo di "dover intervenire sull'ennesima uscita di quell'ignobile stupidario quotidiano che ci propina il nostro premier". Il leader del Pd ha aggiunto ironicamente: "Mettiamo cartello davanti alle scuole: qui si inculcano i valori della famiglia, orario diurni, serali e quant'altro. Firmato Berlusconi".

Anche il segretario generale della Cgil Susanna Camusso ha commentato le affermazioni del premier: "Di che famiglia parla Berlusconi? E perché ne parla?", ha detto durante il suo intervento all'assemblea nazionale dei delegati della Consulta.

"Con il governo Berlusconi - rincara la responsabile politiche per la famiglia e terzo settore del Pd Cecilia Carmassi - ogni donna che aspetta un figlio è a rischio licenziamento". "Sulla famiglia e sulle donne, solo retorica e falsità - aggiunge - non so con quale faccia, Berlusconi possa affermare di sostenere e tutelare la maternità quando uno dei primi atti del suo governo è stato quello di cancellare il divieto delle dimissioni in bianco: con il governo Berlusconi ogni donna che aspetta un figlio è a rischio licenziamento attraverso la pratica di far firmare alle donne, al momento dell'assunzione, un foglio di dimissioni in bianco".

Dura anche la presa di posizione dei rappresentanti del mondo della scuola. Le parole di Silvio Berlusconi sulla scuola pubblica pronunciate a Padova, denuncia il segretario generale Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, "sono eversive perché mirano a cancellare la libertà d'insegnamento". "Sappia Berlusconi - avverte il sindacalista - che non riuscirà a trasformare gli insegnanti in suoi portavoce o nelle veline delle sue televisioni". Per Pantaleo si tratta di "un ulteriore attacco ai valori della Costituzione: appare chiaro come le controriforme della Gelmini mirino unicamente a distruggere l'istruzione pubblica e la libertà nelle scuole e nelle università pubbliche. Un presidente del Consiglio e un governo moralmente impresentabili non hanno alcun diritto di attaccare il diritto allo studio e la dignità dei docenti". Pantaleo ha annunciato che il sindacato risponderà "con lo sciopero generale del 6 maggio e con una mobilitazione immediata nelle scuole e nelle università".

Anche l'Unione degli studenti definisce le parole del presidente del Consiglio "immonde e indegne". "Siamo stanchi di questo governo - aggiunge una nota - che taglia miliardi alla scuola pubblica e se ne vanta, mentre migliaia di docenti precari non trovano lavoro, mentre si abbassa il livello della formazione, mentre centinaia di migliaia di studentesse e studenti vivono il dramma di tasse, trasporti, libri di testo che hanno costi elevatissimi".

(16 aprile 2011)

 

IL CASO

Berlusconi attacca ancora la scuola pubblica

"Insegnanti con valori contrari alla famiglia"

Messaggio del premier alla riunione dell'Associazione delle mamme: "Ora potete scegliere liberamente quale educazione dare ai vostri figli e sottrarli ai professori di sinistra". Insorge l'opposizione: "Parole ignobili", Bersani: "Perché non va ad insegnare nelle scuole?"

Berlusconi attacca ancora la scuola pubblica "Insegnanti con valori contrari alla famiglia" Silvio Berlusconi

PADOVA - Silvio Berlusconi, in un messaggio inviato a Padova a una riunione dell'Associazione nazionale delle mamme, ha sottolineato che i genitori oggi possono scegliere liberamente "quale educazione dare ai loro figli e sottrarli a quegli insegnamenti di sinistra che nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi dal quelli della famiglia".

Un attacco frontale contro la scuola pubblica che richiama quello già fatto dal premier alla fine dello scorso febbraio in un intervento al congresso dei cristiano riformisti 1. In quell'occasione il presidente del Consiglio, citando a sua volta il suo discorso del '94 in occasione dell'avvio del suo impegno politico, aveva detto: "Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori".

Il premier oggi, parlando poi dell'azione del governo ha ricordato l'introduzione di leggi contro la violenza sessuale e il reato di stalking. Si è detto quindi convinto delle grandi capacità delle donne: "siete più brave di noi uomini, a scuola, sul lavoro, siete più puntuali , più precise e più responsabili. Anche per questo ho voluto che nel nostro governo ci fossero ministri donne e mamme che sono attivissime

e bravissime".

"Care mamme - ha concluso - vi garantisco che il governo continuerà a lavorare con lo stesso entusiasmo e con lo stesso impegno per valorizzare il vostro ruolo nella famiglia nel mondo del lavoro e nella società". Berlusconi nella nota si è congedato con "un bacio e un saluto affettuoso a tute voi con l'augurio che possiate realizzare tutti i progetti e i sogni che avete nella mente e nel cuore".

L'intervento del premier ha fatto subito scattare le proteste dell'opposizione. "Le parole di Berlusconi sulla scuola pubblica sono un ignobile attacco, privo di qualsiasi giustificazione reale. Il capo del governo - afferma il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi - dovrebbe difendere e valorizzare il pilastro educativo del paese, non additarlo come esempio negativo. Queste parole aiutano a comprendere la vera missione che il governo ha portato avanti in questi anni: tagliare i fondi alla scuola pubblica per aiutare quelle private. L'istruzione pubblica è un valore costituzionale da difendere e ampliare. Berlusconi chieda scusa a tutti gli insegnanti, che, pur in condizioni difficili, continuano a svolgere egregiamente il loro ruolo".

il leader del Pd Pier Luigi Bersani replica alle parole del presidente del Consiglio: "Perchè Berlusconi non va direttamente nelle scuole a inculcare i valori della famiglia, visto che se ne intende?", ha detto Bersani a una manifestazione del Pd sui 150 anni dell'unità d'Italia, premettendo di "dover intervenire sull'ennesima uscita di quell'ignobile stupidario quotidiano che ci propina il nostro premier". Il leader del Pd ha aggiunto ironicamente: "Mettiamo cartello davanti alle scuole: qui si inculcano i valori della famiglia, orario diurni, serali e quant'altro. Firmato Berlusconi".

Anche il segretario generale della Cgil Susanna Camusso ha commentato le affermazioni del premier: "Di che famiglia parla Berlusconi? E perché ne parla?", ha detto durante il suo intervento all'assemblea nazionale dei delegati della Consulta.

"Con il governo Berlusconi - rincara la responsabile politiche per la famiglia e terzo settore del Pd Cecilia Carmassi - ogni donna che aspetta un figlio è a rischio licenziamento". "Sulla famiglia e sulle donne, solo retorica e falsità - aggiunge - non so con quale faccia, Berlusconi possa affermare di sostenere e tutelare la maternità quando uno dei primi atti del suo governo è stato quello di cancellare il divieto delle dimissioni in bianco: con il governo Berlusconi ogni donna che aspetta un figlio è a rischio licenziamento attraverso la pratica di far firmare alle donne, al momento dell'assunzione, un foglio di dimissioni in bianco".

Dura anche la presa di posizione dei rappresentanti del mondo della scuola. Le parole di Silvio Berlusconi sulla scuola pubblica pronunciate a Padova, denuncia il segretario generale Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, "sono eversive perché mirano a cancellare la libertà d'insegnamento". "Sappia Berlusconi - avverte il sindacalista - che non riuscirà a trasformare gli insegnanti in suoi portavoce o nelle veline delle sue televisioni". Per Pantaleo si tratta di "un ulteriore attacco ai valori della Costituzione: appare chiaro come le controriforme della Gelmini mirino unicamente a distruggere l'istruzione pubblica e la libertà nelle scuole e nelle università pubbliche. Un presidente del Consiglio e un governo moralmente impresentabili non hanno alcun diritto di attaccare il diritto allo studio e la dignità dei docenti". Pantaleo ha annunciato che il sindacato risponderà "con lo sciopero generale del 6 maggio e con una mobilitazione immediata nelle scuole e nelle università".

Anche l'Unione degli studenti definisce le parole del presidente del Consiglio "immonde e indegne". "Siamo stanchi di questo governo - aggiunge una nota - che taglia miliardi alla scuola pubblica e se ne vanta, mentre migliaia di docenti precari non trovano lavoro, mentre si abbassa il livello della formazione, mentre centinaia di migliaia di studentesse e studenti vivono il dramma di tasse, trasporti, libri di testo che hanno costi elevatissimi"

(16 aprile 2011)

 

 

LE PROTESTE

Gli studenti contro gli attacchi del premier

"Non crede nella scuola pubblica? Vada a casa"

I ragazzi contro le nuove accuse del premier agli insegnanti. "Ci siamo stufati, se non crede nella Costituzione, si dimetta". E parte una nuova ondata di mobilitazioni: primo appuntamento il 19 aprile di CARMINE SAVIANO

Gli studenti contro gli attacchi del premier "Non crede nella scuola pubblica? Vada a casa"

Silvio Berlusconi torna ad attaccare 1 la scuola pubblica, che "inculca ideologie e valori diversi da quelli della famiglia". E la reazione degli studenti, di chi vive ogni giorno la scuola, non si fa attendere. Il messaggio è firmato dalla Rete degli Studenti: "Il premier come al solito ci delizia con uno dei suoi show che hanno come protagonisti i comunisti, gli insegnanti di sinistra e le scuole private, paladine della libertà". Uno show che stanca, annoia: "Se il premier la pensa in modo diverso dalla Costituzione lo pregiamo di andare a casa". Poi l'appello: "Tutti in piazza il 19 aprile".

"Ci siamo stufati". E si torna a difendere la dignità e il valore dei loro insegnanti. "La scuola pubblica italiana non inculca e le famiglie e le mamme d'Italia saranno veramente libere, così come gli studenti, quando avranno la possibilità di frequentare una scuola pubblica che funziona, aperta a tutti, di tutti e di qualità". Non manca la stanchezza. Per un governo il cui scopo principale sembra essere quello di mettere a rischio il futuro dei giovani italiani: "Ci siamo seriamente stufati di dover difendere continuamente la scuola pubblica dagli attacchi del presidente del consiglio. La scuola è pubblica. E se Berlusconi è di un altro parere non può governare l'Italia e lo preghiamo di andare a casa".

L'ipoteca

sul futuro. Toni simili anche dall'Unione degli Studenti: "Questo attacco fatto di uscite pubbliche, ma soprattutto di politiche devastanti per la formazione e di chi vivi questi luoghi ha oltrepassato ogni limite". E ancora: "l'assenza di politiche che difendano la scuola pubblica, è la cifra della nostra ribellione a questo governo". Sotto accusa il caos provocato dalla legge Gelmini, la diffusione dei diplomifici, i tagli al personale e l'incuria per l'edilizia scolastica. Ipoteche che pesano sul presente e sul futuro degli studenti.

19 aprile. Poi l'annuncio di nuove mobilitazioni. "Il 19 quindi le studentesse e gli studenti saranno in piazza in oltre 50 città italiane per preparare lo sciopero generale del 6 maggio". E non solo proteste. Ma proposte, diffusione di conoscenze e informazioni. Ancora dall'Unione degli Studenti: "Chiederemo risorse per il diritto allo studio, un vero welfare per scegliere i nostri percorsi di vita senza legami e il libero accesso alla cultura. E' arrivato per noi il momento di riprendere parola e cacciare questo Governo che ci sta togliendo ogni diritto".

La Cgil. Per Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, "le parole del presidente del Consiglio contro la scuola pubblica sono eversive perché mirano a cancellare la libertà d'insegnamento. È Un ulteriore attacco ai valori della Costituzione". Per Pantaleo, "un presidente del Consiglio e un Governo moralmente impresentabili non hanno alcun diritto di attaccare il diritto allo studio e la dignità dei docenti". Poi l'invito a partecipare, compatti, allo sciopero genarale indetto dalla Cgil per il 6 maggio. "Berlusconi sappia che non riuscirà a trasformare gli insegnanti in suoi portavoce o nelle veline delle sue televisioni".

AteneinRivolta. E la condanna per le parole di Berlusconi arriva anche dal mondo dei collettivi universitari: "È una retorica del governo che va avanti da anni". Poi la precisazione: "La scuola pubblica non è in mano ai comunisti, è ancora una scuola che riesce a formare persone libere in grado di pensare ed agire con la propria mente. Forse proprio questo dà fastidio al governo".

Vendola. "Io capisco benissimo Berlusconi. Lui è un grande pedagogo, gli insegnanti che considera adeguati sono Lele Mora, Fabrizio Corona ed Emilio Fede". Così il leader di Sel. Vendola ha aggiunto che "la pedagogia di Berlusconi è la pedagogia di Ruby. La stessa Gelmini persegue un disegno organico: una scuola è un'università che sono scomparse dal centro della scena sociale, si sono aziendalizzate e quindi non educano più alla società, ma al mercato. Si vive in una grande azienda - ha aggiunto - e la scuola viene soppiantata dalla cattedra del trash televisivo dei reality".

(16 aprile 2011)

 

 

2011-04-15

LA SENTENZA

Tar: "illegittimi" i tagli al personale

Battaglia sulle graduatorie dei precari

Il Tribunale amministrativo del Lazio boccia le circolari della Gelmini che hanno "eliminato" 67 mila cattedre in due anni: al momento nessuno può prevedere le conseguenze. L'Avvocatura dello Stato: impossibile impedire lo spostamento di provincia senza una legge ad hoc

di SALVO INTRAVAIA

Tar: "illegittimi" i tagli al personale Battaglia sulle graduatorie dei precari Il ministro Gelmini

I tagli agli organici del personale scolastico sono illegittimi: lo ha stabilito una sentenza del Tar del Lazio. Intanto, la partita dell'aggiornamento delle graduatorie dei precari potrebbe trasformarsi in una battaglia politica dagli esiti imprevedibili. Quella del Tar Lazio di ieri, per il ministero dell'Istruzione, è l'ennesima bocciatura da parte della giustizia amministrativa, dopo quelle relative alle graduatorie ad esaurimento, alle classi sovraffollate e quella sulle riduzioni di orario per gli istituti tecnici e professionali, solo per citare le ultime in ordine di tempo. Questa volta, a ricorrere contro i provvedimenti del ministero sono stati un Comune (quello di Fiesole), la Flc Cgil e diversi genitori.

Secondo i giudici, sono due i motivi che hanno determinato l'annullamento delle circolari ministeriali sul taglio di 67 mila cattedre negli anni scolastici 2009/2010 e 2010/2011. Il primo, riguarda lo strumento utilizzato da viale Trastevere per alleggerire gli organici del personale docente: una semplice circolare ministeriale che si appoggiava su una bozza di decreto interministeriale. Per sforbiciare 42 mila posti l'anno scorso e 25 mila quest'anno "l'amministrazione ha diramato la circolare", la numero 38/09, "allegando un mero 'schema' di decreto interministeriale, non ancora formalmente in vigore", scrivono i giudici.

Il secondo motivo attiene alla procedura seguita. "In particolare - si legge nel dispositivo - lo schema di decreto, non solo sarebbe da ritenersi atto privo di attuale efficacia

giuridica, ma sarebbe altresì approvato senza il 'previo parere delle Commissioni parlamentari competenti' invece espressamente prescritto dalla norma". Insomma, ancora una volta, come più volte lamentato dalle opposizioni, sarebbe stato esautorato il Parlamento. Al momento nessuno è in grado di prevedere gli effetti del provvedimento del Tar.

Una cosa è certa, per effetto del taglio di 87 mila cattedre in tre anni, migliaia di supplenti hanno perso posto e stipendio e milioni di bambini e studenti italiani hanno perso decine di ore di lezione in classe. Per non parlare delle migliaia di docenti di ruolo costretti a fare le valigie, magari dopo anni di servizio nella stessa scuola, perché con la riforma Gelmini la loro materia è stata falcidiata. Ricominciando, in qualità di docente "sovranumerario", a fare il pendolare e, non più giovanissimo, a percorrere decine di chilometri per recarsi a scuola.

In queste ore si fanno sempre più insistenti le voci di un prossimo decreto sull'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento dei precari con la possibilità per gli stessi di cambiare provincia. Dopo la recente sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittime le graduatorie "di coda" inventate dalla Gelmini, arriva il parere dell'Avvocatura dello Stato richiesto da viale Trastevere, secondo il quale non è possibile impedire lo spostamento di provincia senza una norma di legge ad hoc.

A questo proposito, il ministero starebbe per emanare, quindi, un decreto di aggiornamento delle graduatorie con il quale consentirà l'inserimento "a pettine" - cioè con il proprio punteggio - ma in una sola provincia. Una notizia che è attesissima da migliaia di precari meridionali, pronti a fare le valigie alla volta delle regioni del Nord, dove le cattedre a disposizione sono tantissime e le probabilità di lavorare aumentano in modo esponenziale.

Ma, da tempo, l'ipotesi non piace alla Lega, che col senatore Mario Pittoni si è fatto promotore di una proposta di legge che prevede liste regionali suddivise in due sezioni: A e B. Questa volta, però, il ministero è tra l'incudine e il martello: qualche giorno fa 61 deputati, quasi tutti meridionali, hanno chiesto al ministro Gelmini di portare la questione in Parlamento. Un chiaro avvertimento al governo: con i tempi che corrono un provvedimento di legge pro-Lega potrebbe riservare brutte sorprese.

(15 aprile 2011)

 

 

 

INCHIESTA /5

Riforma "a costo zero" pagata dagli studenti

Aumenti delle tasse per sopravvivere ai tagli

A fronte di un sottofinanziamento statale, università costrette a chiedere "un aiuto concreto" ai propri iscritti. Tra forzature, proteste e retromarce. Inchiesta su alcuni casi segnalati dai lettori di MANUEL MASSIMO

Riforma "a costo zero" pagata dagli studenti Aumenti delle tasse per sopravvivere ai tagli

Nuove fasce di contribuzione, controlli fiscali più serrati, rimodulazioni degli importi da pagare: gli atenei, per compensare il taglio del Fondo di Finanziamento Ordinario (Ffo) e per far quadrare i bilanci, dovranno cercare di massimizzare le entrate delle tasse universitarie. Un problema che interessa, a macchia di leopardo, molte realtà accademiche sparse in tutta Italia: a fronte di un sottofinanziamento statale le università saranno costrette a chiedere "un aiuto concreto" ai propri iscritti per sopravvivere. Al momento la situazione è fluida, difficile fare previsioni: c'è chi ha già aumentato le tasse lo scorso anno e sta pensando a un "ritocchino" per il prossimo; chi non ha alzato gli importi ma ha ridotto giocoforza il capitolo "diritto allo studio"; chi, ancora, pescherà principalmente nelle tasche dei fuoricorso. Il trend comunque è chiaro: la Riforma dell'Università "a costo zero" - secondo la vulgata cara al ministro Gelmini - verrà pagata soprattutto dagli studenti.

Catania, caso emblematico. A giugno scorso il Senato Accademico ha deliberato l'aumento delle tasse, una decisione praticamente obbligata, come spiega il rettore Antonio Recca: "Non si è potuto procedere in modo diverso, considerata la necessità di compensare, almeno parzialmente, i gravi tagli operati dal governo nazionale al finanziamento ministeriale delle università statali. Tagli che hanno prodotto una situazione di difficoltà

finanziaria e che rischiano di mettere in crisi l'equilibrio di bilancio degli atenei nell'esercizio 2011, con la prevista riduzione dei circa 20 punti percentuali dell'Ffo". E nuovi tagli porterebbero ad ulteriori ritocchi verso l'alto della retta d'iscrizione.

Lecce, facoltà di extra-gettito. L'Università del Salento a metà febbraio ha deciso di applicare dei "filtri di merito" alle due fasce di reddito più basse, per racimolare proprio lì l'extra-gettito (1,6 milioni di euro, ndr) necessario a chiudere il bilancio. Una manovra che l'Unione degli Universitari di Lecce ha avversato fin dal primo momento - considerandola come "un mezzo per poter riempire il buco creato dai tagli ai fondi ministeriali" - promuovendo la campagna contro il caro-tasse "io non merito l'aumento". Dopo cinquanta giorni di protesta, a fine marzo il Consiglio di Amministrazione dell'ateneo salentino ha fatto un passo indietro sul provvedimento, mitigando la portata degli aumenti già approvati: 765mila euro di extra-gettito saranno infatti coperti dai fondi della Regione Puglia (per 710mila) e dalla Commissione Diritto allo Studio (per altri 55mila), abbassando complessivamente del 48% la quota degli aumenti previsti.

"Serve un'inversione di tendenza". Il neopresidente della Crui Marco Mancini, rettore della Tuscia di Viterbo, appena insediatosi ha denunciato la situazione precaria in cui versa l'intero comparto accademico: "Il progressivo definanziamento dell'università sta conducendo l'innovazione nel nostro Paese a minimi epocali, che difficilmente potremo recuperare se la tendenza non si inverte immediatamente. Proseguire sulla strada che vede l'alta formazione e la ricerca come spese e non come investimenti equivale a mettere una pesantissima ipoteca sul futuro di intere generazioni". Un progetto di rilancio che non si può certo fare "a costo zero": "Accanto all'impegno dell'università nei confronti della società è necessaria una rinnovata presa di coscienza da parte dello Stato e della politica rispetto alla partita che si sta giocando sul piano internazionale".

Roma, tra rimodulazioni e controlli. I principali tre atenei pubblici della Capitale stanno cercando di fronteggiare la situazione ciascuno a suo modo. La Sapienza "per il 2011/2012 non prevede alcun aumento delle tasse, fatto salvo l'adeguamento all'inflazione". D'altra parte l'intero sistema di tassazione è stato rivisto l'anno scorso, con effetti sull'a. a. in corso: non aumenti generalizzati ma rimodulazione delle fasce di contribuzione - i redditi più alti hanno pagato di più - e potenziamento dei controlli. Tor Vergata, dal canto suo, "non ha ancora preso una decisione definitiva" e affronterà il problema in Senato Accademico tra maggio e giugno: "Presumibilmente un aumento ci sarà, ma non si può dire ora di quale entità", fanno sapere dal secondo ateneo capitolino. A Roma Tre, invece, nessun aumento, come sottolinea il rettore Guido Fabiani che aggiunge: "Attualmente è in vigore un sistema - concordato con le rappresentanze studentesche - che definisce circa 20 fasce contributive in rapporto al reddito".

Politecnici, nessun aumento di rilievo. I tre Politecnici statali italiani si pongono in netta controtendenza rispetto al trend generalizzato di crescita delle pressione fiscale sugli iscritti: quello di Torino "ha scelto di procedere semplicemente all'adeguamento Istat delle tasse, senza applicare ulteriori aumenti"; in quello di Milano "dal 2005/2006 le tasse non variano". Un discorso a parte merita quello di Bari, che proprio l'anno scorso ha modificato il sistema di tassazione, come spiega il rettore Nicola Costantino: "Nel 2010 il Politecnico di Bari era l'università con le tasse più basse d'Italia. Ha rivisto il proprio regolamento-tasse operando su tre fronti: combattendo l'evasione fiscale, attraverso l'obbligo della certificazione ISEEU; aggiungendo due aliquote per i redditi più alti; infine, rimodulando le detrazioni per merito e gli aumenti per i fuoricorso".

Atenei off-limits per i fuoricorso. Nell'assegnazione dei fondi ministeriali alle università la percentuale di studenti fuoricorso incide negativamente: per questo alcuni atenei, dove il problema è particolarmente "sentito", corrono ai ripari emanando provvedimenti "retroattivi" di decadenza dagli studi. Lo scorso giugno l'Università di Cagliari ha deciso di affrontare in primis la situazione dei fuoricorso-storici del vecchissimo-ordinamento (ante 509/1999, ndr): la decadenza scatterà una volta raggiunto il doppio della durata legale del corso di studi; stessa sorte - a partire, però, dal 2012 - anche per gli iscritti agli ordinamenti successivi. Il Senato Accademico dell'Università di Palermo - il 18 gennaio, con un provvedimento analogo - ha operato una "stretta" sui fuoricorso: con l'espressione burocratica "il doppio della durata legale più uno" si stabilisce, senza ulteriori deroghe, il parametro da rispettare per poter continuare a sperare nell'agognato "pezzo di carta".

(continua)

(15 aprile 2011)

 

 

IL CASIO

Diritto allo studio stile Pdl

doppio taglio per le borse studio

La denuncia dagli studenti dell'Udu dopo un incontro al Ministero: per il 2011 il fodo era stato ridotto a 125milioni, ma viene ulteriormente decurato di altri 23. "E' una conseguenza della riduzione dei trasferimenti alle Regioni" di SALVO INTRAVAIA

Borse di studio universitarie alleggerite e decreto sul diritto allo studio in alto mare. Gli studenti dell'Udu, seduti al tavolo ministeriale che si dovrebbe occupare del decreto legislativo sulla "Revisione della normativa di principio in materia di diritto allo studio", scoprono che l'esecutivo ha operato un taglio netto del 18 per cento sulle somme stanziate per il 2011 dalla Finanziaria. Motivo? Il taglio ai trasferimenti alle regioni, che hanno spinto le stesse a investire più risorse nei trasporti pubblici, e i mancati introiti della vendita delle frequenze televisive, il cui bando è ancora al palo.

Ma non solo. Il decreto in questione, uno dei 48 che daranno attuazione alla riforma Gelmini dell'università, parte in salita e per evitare di scriverne uno vuoto di contenuti occorre modificare la legge 240. "Ancora una volta - dichiara Gianluca Scuccimarra, dell'Unione degli universitari - a fare le spese dell'incapacità di questo governo sono i soggetti più deboli come gli studenti che vedranno ancora una volta negato il proprio diritto ad avere una borsa di studio". Secondo quanto comunicato al tavolo dai tecnici del ministero, "il Fondo integrativo per le borse di studio, che per il 2011 doveva essere di 125 milioni e 245 mila euro, passa a 101 milioni e 628 mila euro: ben 23 milioni e 617 mila euro in meno".

"Il taglio è dovuto, per 11 milioni circa, ai tagli ai trasferimenti da parte dello stato alle Regioni, le quali, messe con le spalle al muro

dal governo, avrebbero scelto di investire sui trasporti pubblici, con conseguente riduzione da parte del Ministero dell'economia di tutti gli altri capitoli di spesa; dall'altro (12 milioni circa) all'accantonamento da parte del ministero dell'Economia dovuto alla mancata vendita delle frequenze televisive". L'altra questione riguarda quello che gli studenti definiscono uno "strafalcione legislativo" che probabilmente bloccherà i lavori della commissione.

La delega conferita dal Parlamento al ministro per l'istruzione riguarda la "revisione della normativa sul diritto allo studio, al fine di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l'accesso all'istruzione superiore e definizione dei livelli essenziali delle prestazioni erogate dalle università statali". Ma i rappresentanti della Conferenza delle regioni hanno fatto notare che la materia è di competenza delle stesse regioni e non dello stato. Ma, allora, cosa dovrebbe contenere il decreto legislativo?

La formulazione della legge, spiegano gli studenti, "riduce incredibilmente la portata della tanto decantata riforma del diritto allo studio. L'errore - continua Scuccimarra - blocca di fatto i lavori della riforma del diritto allo studio universitario. E il tavolo stesso si è interrogato sull'eventualità di bloccare i lavori finché la situazione non sarà risolta. Cosa peraltro estremamente complicata in quanto si dovrebbe mettere mano nuovamente alla legge Gelmini, il cui iter parlamentare è stato come sappiamo estremamente lungo e travagliato".

Ma gli studenti temono che, com'è successo per le borse di studio e per il fondo per il merito, ad ispirare la riforma del diritto allo studio possano essere i risparmi. E partendo dall'analisi dei dati e dopo una serie di assemblee territoriali hanno elaborato una proposta in 10 punti. La prima richiesta riguarda la creazione di un vero e proprio Welfare studentesco: un sistema integrato di beni e servizi destinato agli studenti in quanto soggetti sociali. Auspicano, poi, una certa Uniformità dei livelli essenziali delle prestazioni: attualmente, in ogni regione esiste un sistema di servizi diverso che varia dall'importo delle borse, alla diversità di beneficiare su alcuni servizi fino all'assenza totale di prestazioni.

"È necessario - spiegano gli studenti - prevedere dei livelli minimi delle prestazioni uguali in tutta Italia su borse di studio, trasporti, alloggi, ristorazione, accesso alla cultura, assistenza sanitaria". Ma chiedono anche più Finanziamenti e un Organo nazionale di programmazione e monitoraggio degli interventi, attualmente inesistente. Le Borse di studio, assegnate secondo criteri di reddito e di merito, secondo il decalogo degli universitari, devono rimanere lo strumento principe del diritto allo studio, con tempi certi nelle erogazioni e uguali in tutte le regioni. E ancora: agevolazioni nei Trasporti per gli studenti pendolari, Accesso alla cultura, libero e gratuito su tutto il territorio nazionale, Assistenza sanitaria all'interno delle sedi universitarie, più posti nelle residenze universitarie e l'Affitto sociale per i fuorisede. E più mense universitarie.

Salvo Intravaia

(13 aprile 2011)

 

 

2011-04-12

LE GRADUATORIE

Precari, il ministero si arrende al Tar

Vittoria per tremila supplenti del sud

Reinseriti "a pettine" nelle liste delle province del nord tremila insegnanti meridionali che erano stati fatti finire in coda. E ora la Gelmini inventa gli elenchi di serie B per evitare le immissioni in ruolo di SALVO INTRAVAIA

Precari, il ministero si arrende al Tar Vittoria per tremila supplenti del sud

VITTORIA di 3 mila precari della scuola, patrocinati dall'Anief. Dopo quasi due anni di contenzioso, il ministero dell'Istruzione ha deciso di inserire 3 mila supplenti, quasi tutti meridionali, a "pettine" nelle graduatorie provinciali dove prima si trovavano "in coda". Per ottenere quello che Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, ha definito "una vittoria dello stato di diritto" è stata necessaria una strigliata del commissario ad acta, nominato dal Tar Lazio nel 2009 per eseguire le sentenze sull'inserimento a pettine pronunciate dai giudici amministrativi della Capitale. E adesso, quasi mille di questi precari vittoriosi potrebbero ottenere addirittura l'immissione in ruolo, sfuggita soltanto perché inseriti nella lista di serie B, inventata dalla Gelmini.

Tutto inizia due anni fa, quando si aggiornano le graduatorie dei precari della scuola. Le liste provinciali "di merito" vengono congelate - non è possibile spostarsi di provincia - ma, oltre all'aggiornamento del punteggio nella propria provincia, viene data la possibilità a tutti di scegliere altre tre graduatorie, dove essere inseriti "in coda". Centinaia di precari meridionali, quelli con i punteggi più alti, decidono di rivolgersi al Tar, che a giugno del 2009 dà loro ragione. E a ottobre dello stesso anno arriva anche il pronunciamento del Consiglio di stato: le graduatorie suddivise in fasce sono incostituzionali. Ma il governo nicchia e pochi giorni dopo il Tar Lazio commissaria il

ministero dell'Istruzione, nominando un dirigente del ministero della Funzione pubblica, Luciano Cannerozzi De Grazia, per l'esecuzione della precedente sentenza.

Sulla vicenda, che tocca da vicino gli interessi della Lega al nord, si scatena la bagarre e il governo pensa ad una soluzione legislativa. Che arriva a fine novembre col decreto salva-precari: una norma di interpretazione autentica della precedente legge del 2006, che trasforma le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento. Ma i giudici amministrativi non ci stanno e sollevano l'eccezione di incostituzionalità della legge. A questo punto, in attesa del pronunciamento dei giudici della Consulta, il commissario ad acta si ferma. E passa più di un anno.

A febbraio del 2011 arriva la sentenza della Corte costituzionale che dichiara illegittime le graduatorie di coda. Ma il 21 marzo, il direttore generale del ministero Luciano Chiappetta scrive ai provveditori agli studi (ora dirigenti degli ambiti territoriali provinciali) spiegando loro che "con riferimento ad eventuali richieste del commissario ad acta relative all'esecuzione delle ordinanze cautelari del Tar Lazio di cui al contenzioso in oggetto, si ritiene di non doversi procedere ai richiesti inserimenti in graduatoria".

E lo scorso 4 aprile Cannerozzi De Grazia invia una missiva di fuoco ai provveditori agli studi ricordando loro che, essendo "venute meno le motivazioni per cui lo scrivente aveva sospeso la propria esecuzione del giudicato", occorre procedere come indicato dalla sentenza del Tar. Anche perché l'ulteriore inerzia potrebbe configurare "responsabilità di natura penale, amministrativa e contabile per l'avvenuta omissione di atti d'ufficio e per danno erariale da parte di tutti i responsabili". Così, cinque giorni fa Chiappetta fa marcia indietro: "Facendo seguito alla nota di questa direzione del 21 marzo 2011, alla luce della nota di risposta del Commissario ad acta datata 4 aprile 2011, si ritiene doversi procedere alle modifiche delle graduatorie nei termini previsti

dalla medesima"

"In Italia vige ancora lo stato di diritto - dichiara Pacifico - E' stato dato corso finalmente alla giustizia e merito ad un sindacato che ha sempre difeso i principi della nostra Costituzione. Ora chiediamo la stabilizzazione di tutti i precari sui posti vacanti e disponibili e lo sblocco degli scatti d'anzianità per il personale di ruolo".

Ma la partita delle graduatorie non è chiusa. Il ministero non ha ancora comunicato come intenderà applicare la sentenza della Consulta al prossimo aggiornamento. Sicuramente, le graduatorie di coda verranno cancellate e, secondo i rumors ministeriali, dovrebbe restare anche l'impossibilità di trasferimento di provincia: solo aggiornamento del punteggio.

E su questo punto, la palla passa alla politica. Alcuni giorni fa, sessanta deputati di tutti gli schieramenti e quasi tutti meridionali hanno chiesto al ministro Gelmini di investire della questione il Parlamento. In gioco ci sono gli interessi di migliaia di supplenti originari del sud Italia, che con il loro punteggio possono lavorare soltanto al nord, e gli interessi elettorali dei parlamentari locali, sollecitati dal proprio elettorato. Uno di loro, durante un dibattito pubblico, si è spinto a dire che su questa questione "potrebbe cadere il governo". In affetti i 60 deputati firmatari della richiesta potrebbero fare da ago della bilancia, vista la risicata maggioranza del governo alla Camera.

Ma il ministro Gelmini deve fare anche i conti con le pressioni della Lega, che con il suo capogruppo in commissione Cultura alla camera, Mario Pittoni, sta per proporre una revisione complessiva del meccanismo di attribuzione delle supplenze basato su graduatorie regionali suddivise in due blocchi: A e B. Nel primo andranno di diritto tutti gli iscritti nelle attuali graduatorie provinciali ad esaurimento della regione interessata. Nel secondo si inseriranno coloro che usciranno con le nuove regole per la formazione iniziale dei docenti, partite qualche settimana fa, ma anche tutti coloro che, dalle altre regioni, "vorranno mettersi in gioco", spiega Pittoni. In sostanza, i precari meridionali che aspirassero ad una cattedra al Nord, dovranno sottoporsi ad un nuovo esame per essere ammessi ad insegnare in Padania.

(12 aprile 2011)

 

 

 

12 aprile 2011

A LEZIONE DI MESTIERI

Scuole professionali,

in 6 mesi si trova lavoro

L’allarme lo aveva lanciato don Bosco un secolo e mezzo fa, quando per primo si fece carico dei ragazzi esclusi dalla scuola. Anche oggi i dati sulla dispersione scolastica confermano la gravità della situazione e la sussistenza di una vera e propria emergenza educativa: il 30% degli iscritti alla prima superiore non arriva al diploma e più di 117mila giovani tra i 14 e i 17 anni sono fuori da qualsiasi percorso formativo. Il difficile lavoro di recupero (umano, sociale e lavorativo) di queste persone ricade in molti casi sull’istruzione professionale, che intercetta il 20% circa degli studenti italiani. A questo variegato sistema di istruzione, composto dagli Istituti professionali di Stato (che "pesano" per circa il 16% dell’intero sistema scolastico, con poco più di 382mila iscritti) e dai Centri di formazione professionale (che si attestano intorno al 5% del totale, con circa 100mila studenti), è dedicato il Rapporto sulla sussidiarietà 2010, che sarà presentato oggi al Senato.

Transizione scuola-lavoro. Realizzato attraverso interviste a un campione di 400 studenti "diplomati" nel 2008 negli Istituti professionali di Stato e di altrettanti ragazzi "qualificati", lo stesso anno, nei Centri di formazione professionale di quattro regioni (Lazio, Lombardia, Piemonte, Sicilia), il Rapporto 2010 si sofferma, tra l’altro, sulla capacità di questi sistemi formativi di favorire la transizione al lavoro. Ottimi i risultati: mediamente quasi sette ragazzi su dieci trovano un’occupazione entro sei mesi dal diploma. In particolare, per i qualificati nei Cfp, il 51% ha trovato lavoro entro un semestre, con picchi del 60,2% in Lombardia. Per i diplomati agli Ips, il 62% ha trovato un posto in sei mesi, con il Piemonte al 70,3%.

La ricerca si sofferma pure sulla tipologia del contratto. Mentre il 17% dei qualificati ai Cfp ha avuto un contratto a tempo indeterminato e il 19% a tempo determinato, il 25% ha lavorato sulla base di un accordo informale senza contributi; una tipologia che assomiglia molto al cosiddetto "lavoro nero". Situazione simile per i diplomati agli Ips: il 20% ha avuto un contratto a tempo indeterminato, il 24% a tempo determinato e il 17,2% un accordo informale senza contributi.

Studenti soddisfatti. Pur con alcune differenze, sia nei Cfp che negli Ips è molto alta la soddisfazione degli studenti circa l’aiuto ricevuto dai docenti su problemi di studio e apprendimento e problemi individuali: l’88% si dichiara "abbastanza" o "molto" soddisfatto. Buono anche il giudizio complessivo sull’insegnamento ricevuto, con appena l’8% dei diplomati e il 4,5% dei qualificati che si dichiarano "insoddisfatti" del percorso scolastico seguito.

Eccellenze del sistema. Proprio per recuperare anche gli insoddisfatti, il Rapporto analizza quattordici soggetti erogatori di formazione professionale, presentati come "buone prassi", eccellenze del sistema a cui guardare.

Come è sottolineato nelle conclusioni, "il primo e più importante aspetto generativo di queste eccellenze sta nell’importanza data a un’educazione intesa in modo non ridotto, che considera la personalità del ragazzo in tutti i suoi fattori, rispetto a impostazioni che riducono l’educazione all’apprendimento o peggio all’addestramento".

Un altro particolare evidenziato nelle realtà analizzate è il "passaggio dal concetto di successo scolastico a quello di successo formativo: l’obiettivo è stimolare in ogni allievo l’espressione delle proprie potenzialità, realizzando una "pedagogia del successo", che non porta alla selezione dei migliori, ma al raggiungimento degli obiettivi prefissati da parte del maggior numero di allievi".

Lavorare in rete. Infine, tra le caratteristiche delle eccellenze analizzate, c’è la "capacità di lavorare in rete, con una reale apertura al mondo, inteso sia come contesto territoriale, sia come concezione generale". Il che significa anche intessere una serie di rapporti, "fare con" per il bene comune. "Il farsi compagno di un pezzo di strada – si legge nelle conclusioni – è il metodo che connota le relazioni di questi soggetti, da quelle del tutor con il ragazzo, a quelle dell’artigiano che si rende disponibile a insegnare un mestiere, fino al rapporto con l’autorità locale, che ha la responsabilità di favorire un reale processo di sussidiarietà, sorreggendo iniziative in grado di fornire risposte concrete e nuove a bisogni emergenti".

 

 

2011-04-08

IL CASO

Bunga bunga e battutacce agli studenti

Imbarazzo per il nuovo show del premier

Esibizione di Berlusconi davanti a una platea di neolaureati del progetto "Campus Mentis". Dal palco il Cavaliere inanella i suoi "cavalli di battaglia". Comprese le battute a luci rosse. Gelo del pubblico per una gag sul sesso orale

Bunga bunga e battutacce agli studenti Imbarazzo per il nuovo show del premier

ROMA - Come una convention. Con battute, applausi e l'elenco delle tecniche per "vendere" se stessi e un prodotto. Mancavano le majorettes ma le risate della platea (a volte forzate) e il Cavaliere nei panni del bravo presentatore rendevano comunque bene l'idea. Silvio Berlusconi torna a indossare i panni del venditore, in perfetto stile Publitalia, regalando un'ora di vero e proprio show alla platea dei neolaureati del progetto "Campus Mentis" dell'Università La Sapienza. Dal palco il Cavaliere inanella, uno dietro l'altro, i suoi "cavalli di battaglia". Comprese le battute a sfondo sessuale che, ormai, sembrano diventate una costante delle sue apparizioni pubbliche 1. La reazione della platea e del ministro Giorgia Meloni che lo affianca, oscilla tra qualche risate e alcuni momenti di vero imbarazzo.

VIDEO Nessuno ride alla barzelletta 2

Davanti ad una platea di ventenni e trentenni, il premier si sente a suo agio. Ricorda quando anche lui era giovane e bacchetta un neolaureato poco intraprendente che dice di volere fare solo "un po'" di carriera. "Solo un po' di carriera? Così cominci male - lo sgrida il Cavaliere - devi dire

un carrierone. Sei tu che devi importi agli altri, non sono gli altri che devono accettarti". Ed eccolo il Berlusconi che invoca ottimismo e ambizione. E che dice ai ragazzi "di girare con il sole in tasca pronto per essere donato agli altri con gioia". Per poi gonfiare il petto: "Sentivo incredulità e anche scherno intorno a me quando fissavo dei traguardi, ma li ho sempre raggiunti...".

Poi tocca al look, altro tasto che il premier considera fondamentale. All'attuale presidente del Senato Renato Schifani consigliò di fare piazza pulita del "riporto", al ragazzo calvo che siede in prima fila offre "il telefono del mio dottore, così avrai una chioma come dovrebbero averla tutti i giovani". Ed ancora: al giovane che ha dimenticato di radersi rifila una bacchettata: "La barba induce diffidenza nell'interlocutore, può nascondere una malformazione. Se troppo vasta può nascondere l'espressione del viso". A tutti, o quasi, aggiusta la giacca, il nodo della cravatta, contesta l'abbinamento dei colori: "Con un vestito blu - dice - non si mettono le scarpe marroni".

Puntare in alto. Non porsi limiti, continua il Cavaliere. Che passa in rassegna i suoi successi: a partire dal Milan, per arrivare a palazzo Chigi: "Volevo entrare in politica e due mesi dopo ero presidente del consiglio". Ambizione e volti glabri, insomma. "Fissatevi un traguardo che dentro di voi sentite di poter raggiungere, molto, molto ambizioso - scandisce il Cavaliere - Dedicate la vita a raggiungerlo, dimenticate ciò che vi può distrarre. Nei confronti dei vostri parenti, amici e collaboratori dovete essere sempre in grado di dare voi qualcosa a loro". Fosse anche un complimento. E qui Berlusconi ricorda quando i suoi collaboratori lo sfidarono a trovare qualcosa di carino da dire a ognuno degli invitati a una cena. Il premier, sempre più attore, mima l'arrivo di una persona vistosamente claudicante, e fa capire che non sarebbe stato facile trovare anche in lui da elogiare. "Beh, gli ho detto: complimenti per la vigorosa stretta di mano, si vede che lei ha una grande forza interiore ...". E se non basta ecco "un regalino alle segretarie, così quando chiederete un appuntamento a qualcuno avrete un trattamento di favore".

Il meglio, però, deve ancora arrivare. Ovvero la fase a luci rosse. Si comincia così. Due ragazze laureate salgono sul palco. Il Cavaliere le accoglie in questi termini: "Siete così brave che mi viene voglia di invitarvi al bunga bunga".

GUARDA IL VIDEO 3

Finale con barzelletta. Pochi secondi e si scopre che ruota intorno al sesso orale, con un dibattito italo-tedesco se sia meglio dedicarcisi con birra o champagne. La platea sorride con qualche imbarazzo. Finisce così. Senza un accenno all'emergenza immigrazione, alla rivoluzione ai vertici delle Generali e a tutte le questioni che segnano pesantemente la vita del Paese. Forse perché parlando di cose del genere si ride poco.

(08 aprile 2011)

 

 

 

 

2011-04-05

IL CASO

e-Campus, il "made in Cepu" ai raggi X

"Autonomia poca, professori pochissimi"

L'università telematica cara a Berlusconi e istituita per decreto nel 2006 "non ha ancora raggiunto i livelli di autonomia necessari". Dai tutor alle tasse alla didattica, tutti i punti critici, passati in rassegna dal Comitato nazionale di valutazione universitaria di MANUEL MASSIMO

e-Campus, il "made in Cepu" ai raggi X "Autonomia poca, professori pochissimi"

ROMA - Una dettagliata relazione di diciotto cartelle piena di nomi e cifre, con ben ventidue tabelle esplicative: il Cnvsu (Comitato Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario) ha passato ai raggi X il primo triennio di attività dell'università telematica e-Campus incrociando i dati forniti dall'ateneo con quelli presenti nelle banche dati del Miur e ispezionando la sede centrale di Novedrate, in provincia di Como. Un'istantanea in chiaroscuro dove, però, le ombre prevalgono sulle luci: l'università telematica - tanto cara a Silvio Berlusconi e istituita per decreto a gennaio del 2006 (con parere contrario di Cun e Cnvsu, ndr) grazie alla firma dell'allora ministro dell'Istruzione uscente Letizia Moratti - dopo tre anni di attività "non ha ancora raggiunto i livelli di autonomia necessari, risultando tuttora dipendente e condizionata dalla Fondazione che ne ha originariamente determinato l'attivazione". Già: la Fondazione e-Campus che ha come presidente onorario il vulcanico Francesco Polidori. Sì, proprio lui: il fondatore del Cepu (Centro Europeo Preparazione Universitaria), nonché di Grandi Scuole, la struttura che offre preparazione per il recupero degli anni scolastici.

E-learning in outsourcing. Il punto di forza dell'ateneo virtuale - che, va ricordato, rilascia titoli accademici con pieno valore legale - paradossalmente risiede proprio nelle infrastrutture utilizzate per lo svolgimento delle attività: ai 23.507 mq della sede centrale di Novedrate,

infatti, si aggiungono i 900 della sede di Roma (nella centralissima via del Tritone) e i 500 di quella di Messina. Stupisce, però, che i laboratori informatici a disposizione degli iscritti coprano complessivamente appena 230 mq e garantiscano 30 postazioni in tutto (accessibili per 44 ore alla settimana). Un'altra anomalia che si evince dal report del Cnvsu riguarda la gestione delle infrastrutture tecnologiche: l'ateneo telematico ha esternalizzato tutti i servizi informatici affidandosi principalmente alla società di servizi Fraccano Holding Srl (partecipata al 48% dalla Cesd Srl, proprietaria del marchio Cepu) che cura "la manutenzione del sistema e della piattaforma, l'assistenza tecnologica necessaria nonché la trasposizione dei materiali didattici in modalità e-learning".

Ricercatori in cattedra. La critica più stringente da parte del Cnvsu, però, riguarda l'esiguità dei docenti di ruolo dell'ateneo: "Alla data del 08/02/2011 - scrivono gli ispettori di Piazzale Kennedy - nella banca dati ministeriale dei docenti universitari risultano per l'Università e-Campus 57 nominativi, di cui 1 professore straordinario, 4 professori straordinari a tempo determinato, 1 ricercatore non confermato e 51 ricercatori a tempo determinato". Aggiungendo che: "Alla data della visita (avvenuta il 29/11/2010, ndr) risultavano in servizio alcuni professori straordinari a tempo determinato, tra i quali nessuno risultava aver conseguito idoneità nelle procedure comparative per professori ordinari (fonte: banca dati ministeriale), la cui qualifica è stata pertanto attribuita in base alla riconosciuta (dall'ateneo) elevata qualificazione scientifica e professionale". Tanto per mettere i puntini sulle i.

Didattica a contratto. Anche per quel che concerne le retribuzioni destinate ai ricercatori, secondo il Cnvsu, i conti non tornano: "Da piano finanziario presentato per gli anni 2011-2015, appare che la quota stanziata per le retribuzioni dei ricercatori sia decisamente inferiore a quanto stabilito per le retribuzioni di analoghe posizioni nelle università statali anche se, per gli atenei non statali, tali prescrizioni non sono vincolanti". Segue poi un dettagliatissimo elenco - suddiviso per corso e facoltà - in cui si evidenzia in che modo l'ateneo copre "operativamente" i cfu (creditivi formativi universitari) erogati dai corsi: i ricercatori a tempo determinato ne garantiscono ben il 56,1%, i professori ordinari a tempo determinato appena il 2,7%. Il restante 41,2% è coperto da docenti a contratto, tra cui spiccano i nomi di Marcello Dell'Utri e di Vittorio Sgarbi.

"I tutor? Li sceglie Cepu". La scarsa autonomia didattico-gestionale dell'ateneo si può evincere anche dall'appalto esterno dell'attività di tutorato per gli iscritti: "I tutor - sottolinea il Cnvsu - vengono reclutati, sulla base di metodologie e processi di selezione stabiliti dall'ateneo, a cura di una società esterna in base ad apposita convenzione: la Cesd Srl". Non una semplice coincidenza: e-Campus ha con Cesd/Cepu un rapporto molto forte, quasi simbiotico. Lo certifica anche la relazione sulla gestione del bilancio al 31/12/2009 della Cesd Srl: "In forza della convenzione stipulata, nel corso del 2008, con l'Università Telematica e-Campus si è incrementato notevolmente il numero di studenti affidati in tutoria alla nostra azienda dalla stessa Università e-Campus". Due realtà, insomma, molto vicine.

Più tasse per tutti. Chi sono gli studenti dell'ateneo made in Cepu? L'identikit tracciato dal Cnvsu ci dice che l'età anagrafica degli iscritti è mediamente maggiore di 35 anni, mentre quella degli immatricolati si attesta intorno ai 25 anni; la tipologia del diploma di provenienza sia degli iscritti che degli immatricolati è nella maggior parte dei casi riconducibile a maturità tecnica, con voto di uscita tra 60 e 80 centesimi. L'Anagrafe Nazionale degli Studenti - al 03/11/2010 - riporta 4.463 come numero di iscritti ai corsi per l'a. a. 2009/2010: meno della metà di 9.430, numero minimo ipotizzato dal piano finanziario nel novembre 2005, in fase progettuale. Anche per questo l'ateneo "ha deliberato un aumento delle tasse di iscrizione, contrariamente a quanto ipotizzato nel piano finanziario a supporto della istanza di attivazione, laddove si prevedeva di mantenere costante la quota pro-capite nell'arco temporale di sette anni accademici", sottolinea il Cnvsu.

Criticità da sanare. La relazione del Cnvsu individua, in conclusione, una serie di problemi su cui e-Campus deve ancora lavorare: in primis "perfezionare il grado di autonomia dell'Ateneo rispetto al ruolo della Fondazione", poi "la necessità di dotarsi di docenza qualificata e stabile" utilizzando il personale a tempo determinato solo come "complemento all'attività didattica stabile assegnata a personale docente di ruolo". E ancora: "I meccanismi di selezione dei tutor appaiono adeguati, anche se la loro delega a società esterna non garantisce un costante presidio da parte dell'ateneo". Per questo: "Alla luce di tutto quanto esposto, il Comitato ritiene che la successiva verifica (tra due anni) dovrà registrare la risoluzione delle attuali criticità riscontrate".

(04 aprile 2011)

 

 

2011-04-04

L'INCHIESTA /4

Lauree che scompaiono, accorpamenti pazzi

le denunce dei lettori sul caos-università

Razionalizzare le facoltà e tagliare i fondi. Più i docenti mandati in pensione e non sostituiti. Così i "requisiti minimi" per far sopravvivere un corso diventano una bomba che spazza via anche veri fiori all'occhiello degli atenei. Da Astrofisica a Scienze sociali, a Scienza delle investigazioni. Lasciando gli studenti nel guado di MANUEL MASSIMO

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* Atenei, così la Gelmini smarrisce i 6 miliardi stanziati dall'Europa

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* Così la riforma Gelmini ha fermato le università

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Cronache di chiusure annunciate: dal prossimo anno accademico alcuni corsi di laurea, in base alla normativa vigente, potrebbero non essere attivati per la mancanza dei "requisiti minimi di docenza". L'Effetto-Gelmini, in questo caso, non è prodotto diretto della Legge di Riforma entrata in vigore a fine gennaio, ma parte da più lontano: precisamente dal Decreto Ministeriale n. 17 del 22 settembre 2010 che fissa i "paletti" numerici da rispettare per essere in regola e poter continuare ad erogare un corso presente nell'offerta formativa d'ateneo. La razionalizzazione dei corsi di laurea, che dal punto di vista squisitamente economico-finanziario può rappresentare una boccata d'ossigeno per i bilanci accademici, prevede due soluzioni: la soppressione o l'accorpamento. Provvedimenti che, uniti al blocco del turn-over e ai pensionamenti previsti nei prossimi anni, metteranno a dura prova gli atenei riducendo il bacino di docenti per coprire i corsi attivati. Con il risultato che l'offerta formativa delle università pubbliche subirà, nel suo complesso, un forte ridimensionamento. Sono due degli argomenti che ricorrono nelle storie raccontate dai lettori di Repubblica.it. Abbiamo approfondito.

MANDATECI LE VOSTRE SEGNALAZIONI 1

Soppressi o accorpati? I requisiti minimi di docenza - vale a dire "il numero di docenti di ruolo complessivamente necessari, calcolato ipotizzando una situazione teorica di impegno nelle attività didattiche esclusivamente di un singolo corso di studio", secondo la formula ministeriale - prevedono 12 docenti per i corsi di laurea (triennali) e 8 per quelli magistrali (biennali); per i corsi magistrali a ciclo unico di 5 anni il corpo docente di ruolo dev'essere pari a 20 unità, per quelli a ciclo unico di 6 anni il numero-minimo sale a 24. Con l'obiettivo di mettere "un limite alla proliferazione degli insegnamenti", si rischia però - come ci hanno segnalato molti lettori in occasione della precedente puntata dell'inchiesta - di "tagliare le gambe" a iniziative didattiche valide e con concrete prospettive lavorative post-laurea, cancellandole o ridimensionandole fortemente.

"Fiore all'occhiello" spezzato. Alla Federico II di Napoli il corso di laurea magistrale in Astrofisica e Scienze dello Spazio è stato disattivato il 16 marzo su delibera del Consiglio di Facoltà: dal prossimo anno accademico non accetterà più nuove immatricolazioni. "Quella del Senato Accademico - si legge nella nota pubblicata sul sito dell'università - non è stata una decisione insensata, perché, con la nuova legislazione, i corsi di laurea poco popolati incidono negativamente e pesantemente sul finanziamento dell'università". Effettivamente questo corso di laurea magistrale negli ultimi due anni aveva avuto una media di 12 iscritti (anziché 15, minimo previsto dai regolamenti ministeriali). Ma tutti i laureati, come precisa anche l'ateneo, "hanno finora trovato un inserimento nel mondo della ricerca scientifica nazionale e in special modo internazionale, dando una chiara indicazione di successo e competitività". Un corso "fiore all'occhiello" sacrificato per mere ragioni di budget.

Genova senza Servizio Sociale. Nell'ateneo del capoluogo ligure il corso di laurea magistrale in Servizio Sociale e Politiche Sociali è a rischio chiusura, come conferma il preside della Facoltà di Giurisprudenza Paolo Comanducci: "Detto semplicemente: il Miur pretende, a priori e in astratto, che per attivare i corsi di studio proposti una Facoltà abbia un numero di docenti considerato sufficiente sulla base di una formuletta matematica elaborata dal Ministero". Per scongiurare la chiusura del corso, d'intesa con il rettore, è stata chiesta una deroga al Miur, ma ancora non è giunta una risposta ufficiale. Intanto la Regione e l'Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali stanno manifestando preoccupazione per la paventata chiusura del corso in questione: si tratta, infatti, di un percorso di studi necessario per accedere ai ruoli apicali dei Servizi pubblici nell'area socio-sanitaria.

L'Aquila, stop alle indagini. Ha quasi duemila iscritti, registra un alto tasso d'immatricolazioni, è l'unico in tutta Italia: eppure il corso di laurea in Scienze dell'Investigazione dell'Università degli Studi dell'Aquila sta lottando per sopravvivere e, se non riuscirà a trovare i docenti per raggiungere il minimo previsto dal Miur, dal prossimo anno accademico sarà costretto a chiudere i battenti. Il professor Francesco Sidoti, presidente del corso di laurea, ha scritto un accorato appello all'intera comunità accademica aquilana per rendere partecipi tutti del paradosso: per la mancanza di quattro docenti un corso con una precisa identità giuridica, colonna portante dell'ateneo e apprezzato anche in ambito internazionale non potrà essere attivato. Puntualizzando: "Nelle università italiane il settore della sicurezza è stato lasciato drammaticamente allo sbando in questi anni. Siamo il paese di Cesare Beccaria e di Giovanni Falcone; un tempo la criminologia italiana è stata la prima nel mondo. Di tutto questo nelle aule universitarie c'è ben poco, per motivi interni - legati agli aspetti corporativi, clientelari e familistici del sistema - e per motivi esterni se possibile ancor più deleteri: la mancanza di idee chiare e di lungimiranza".

Triennali sfoltite, magistrali stabili. Capitolo accorpamenti. In molte università si sta rimodulando l'offerta formativa puntando sulla riduzione dei corsi di laurea triennali - meno numerosi e più "generalisti" - cercando di mantenere la specializzazione sui corsi magistrali. La Facoltà di Ingegneria dell'Università di Palermo, ad esempio, ha seguito questa strada operando fusioni mirate tra corsi affini, come conferma il preside Fabrizio Micari: "Dal prossimo anno accademico saranno accorpati i corsi triennali di Civile ed Edile e, nella sede distaccata di Agrigento, quelli di Gestionale ed Informatica. In tal modo i nostri corsi triennali scenderanno da 12 a 10 mentre rimarrà inalterato il numero di corsi di laurea magistrale (14 di cui una a ciclo unico quinquennale)". Ritocchi omogenei anche per Ingegneria a Parma: tre corsi triennali "vicini" - Informatica, Elettronica, Comunicazioni - confluiranno in uno solo che sarà suddiviso in tre curricula. Invariata l'offerta specialistica. Ma non sempre gli accorpamenti seguono criteri logici di prossimità e affinità: a livello di dipartimenti in alcuni casi il principale obiettivo - non dichiarato ma evidente - è quello di creare nuovi soggetti "di peso" all'interno di atenei, derogando al principio dell'omogeneità.

Il "caso" maxidipartimenti. All'Università di Padova il processo di aggregazione dei dipartimenti è cominciato lo scorso anno, in base alle linee guida del Senato Accademico che anticipavano la Riforma Gelmini. Marco Maggioni, rappresentante in CdA del Sindacato degli Studenti Link, sottolinea alcuni "casi" anomali nel nuovo assetto dipartimentale. Il più eclatante è quello del costituendo maxidipartimento "Filosofia, Sociologia, Psicologia Applicata": "L'aggregazione di tutti questi dipartimenti - spiega Maggioni - non è basata su una comunanza a livello di ricerca o di didattica, bensì sulla volontà di costituire una struttura abnorme dal punto di vista numerico: avrà più di 150 docenti". E il suo direttore designato - l'ex rettore dell'ateneo patavino Vincenzo Milanesi, delegato all'istruzione del bilancio - ha portato in commissione statuto la proposta di dare più risorse ai dipartimenti numericamente più consistenti. Solo un caso? Un altro dato interessante a proposito di accorpamenti "pazzi" è quello legato alle "spartizioni" di alcuni piccoli dipartimenti, uno per tutti "Geografia": è stato fagocitato da realtà più grandi, dividendo i suoi docenti tra Geologia, Scienze Politiche e Scienze del Mondo Antico.

(continua)

(04 aprile 2011)

 

 

2011-04-03

L'INCHIESTA /4

Lauree che scompaiono, accorpamenti pazzi

le denunce dei lettori sul caos-università

Razionalizzare le facoltà e tagliare i fondi. Più i docenti mandati in pensione e non sostituiti. Così i "requisiti minimi" per far sopravvivere un corso diventano una bomba che spazza via anche veri fiori all'occhiello degli atenei. Da Astrofisica a Scienze sociali, a Scienza delle investigazioni. Lasciando gli studenti nel guado di MANUEL MASSIMO

Lauree che scompaiono, accorpamenti pazzi le denunce dei lettori sul caos-università

* Atenei, così la Gelmini smarrisce i 6 miliardi stanziati dall'Europa

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* Esami spostati, lauree in forse, più tasse L'effetto-Gelmini è il caos negli atenei

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* Così la riforma Gelmini ha fermato le università

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Cronache di chiusure annunciate: dal prossimo anno accademico alcuni corsi di laurea, in base alla normativa vigente, potrebbero non essere attivati per la mancanza dei "requisiti minimi di docenza". L'Effetto-Gelmini, in questo caso, non è prodotto diretto della Legge di Riforma entrata in vigore a fine gennaio, ma parte da più lontano: precisamente dal Decreto Ministeriale n. 17 del 22 settembre 2010 che fissa i "paletti" numerici da rispettare per essere in regola e poter continuare ad erogare un corso presente nell'offerta formativa d'ateneo. La razionalizzazione dei corsi di laurea, che dal punto di vista squisitamente economico-finanziario può rappresentare una boccata d'ossigeno per i bilanci accademici, prevede due soluzioni: la soppressione o l'accorpamento. Provvedimenti che, uniti al blocco del turn-over e ai pensionamenti previsti nei prossimi anni, metteranno a dura prova gli atenei riducendo il bacino di docenti per coprire i corsi attivati. Con il risultato che l'offerta formativa delle università pubbliche subirà, nel suo complesso, un forte ridimensionamento. Sono due degli argomenti che ricorrono nelle storie raccontate dai lettori di Repubblica.it. Abbiamo approfondito.

MANDATECI LE VOSTRE SEGNALAZIONI 1

Soppressi o accorpati? I requisiti minimi di docenza - vale a dire "il numero di docenti di ruolo complessivamente necessari, calcolato ipotizzando una situazione teorica di impegno nelle attività didattiche esclusivamente di un singolo corso di studio", secondo la formula ministeriale - prevedono 12 docenti per i corsi di laurea (triennali) e 8 per quelli magistrali (biennali); per i corsi magistrali a ciclo unico di 5 anni il corpo docente di ruolo dev'essere pari a 20 unità, per quelli a ciclo unico di 6 anni il numero-minimo sale a 24. Con l'obiettivo di mettere "un limite alla proliferazione degli insegnamenti", si rischia però - come ci hanno segnalato molti lettori in occasione della precedente puntata dell'inchiesta - di "tagliare le gambe" a iniziative didattiche valide e con concrete prospettive lavorative post-laurea, cancellandole o ridimensionandole fortemente.

"Fiore all'occhiello" spezzato. Alla Federico II di Napoli il corso di laurea magistrale in Astrofisica e Scienze dello Spazio è stato disattivato il 16 marzo su delibera del Consiglio di Facoltà: dal prossimo anno accademico non accetterà più nuove immatricolazioni. "Quella del Senato Accademico - si legge nella nota pubblicata sul sito dell'università - non è stata una decisione insensata, perché, con la nuova legislazione, i corsi di laurea poco popolati incidono negativamente e pesantemente sul finanziamento dell'università". Effettivamente questo corso di laurea magistrale negli ultimi due anni aveva avuto una media di 12 iscritti (anziché 15, minimo previsto dai regolamenti ministeriali). Ma tutti i laureati, come precisa anche l'ateneo, "hanno finora trovato un inserimento nel mondo della ricerca scientifica nazionale e in special modo internazionale, dando una chiara indicazione di successo e competitività". Un corso "fiore all'occhiello" sacrificato per mere ragioni di budget.

Genova senza Servizio Sociale. Nell'ateneo del capoluogo ligure il corso di laurea magistrale in Servizio Sociale e Politiche Sociali è a rischio chiusura, come conferma il preside della Facoltà di Giurisprudenza Paolo Comanducci: "Detto semplicemente: il Miur pretende, a priori e in astratto, che per attivare i corsi di studio proposti una Facoltà abbia un numero di docenti considerato sufficiente sulla base di una formuletta matematica elaborata dal Ministero". Per scongiurare la chiusura del corso, d'intesa con il rettore, è stata chiesta una deroga al Miur, ma ancora non è giunta una risposta ufficiale. Intanto la Regione e l'Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali stanno manifestando preoccupazione per la paventata chiusura del corso in questione: si tratta, infatti, di un percorso di studi necessario per accedere ai ruoli apicali dei Servizi pubblici nell'area socio-sanitaria.

L'Aquila, stop alle indagini. Ha quasi duemila iscritti, registra un alto tasso d'immatricolazioni, è l'unico in tutta Italia: eppure il corso di laurea in Scienze dell'Investigazione dell'Università degli Studi dell'Aquila sta lottando per sopravvivere e, se non riuscirà a trovare i docenti per raggiungere il minimo previsto dal Miur, dal prossimo anno accademico sarà costretto a chiudere i battenti. Il professor Francesco Sidoti, presidente del corso di laurea, ha scritto un accorato appello all'intera comunità accademica aquilana per rendere partecipi tutti del paradosso: per la mancanza di quattro docenti un corso con una precisa identità giuridica, colonna portante dell'ateneo e apprezzato anche in ambito internazionale non potrà essere attivato. Puntualizzando: "Nelle università italiane il settore della sicurezza è stato lasciato drammaticamente allo sbando in questi anni. Siamo il paese di Cesare Beccaria e di Giovanni Falcone; un tempo la criminologia italiana è stata la prima nel mondo. Di tutto questo nelle aule universitarie c'è ben poco, per motivi interni - legati agli aspetti corporativi, clientelari e familistici del sistema - e per motivi esterni se possibile ancor più deleteri: la mancanza di idee chiare e di lungimiranza".

Triennali sfoltite, magistrali stabili. Capitolo accorpamenti. In molte università si sta rimodulando l'offerta formativa puntando sulla riduzione dei corsi di laurea triennali - meno numerosi e più "generalisti" - cercando di mantenere la specializzazione sui corsi magistrali. La Facoltà di Ingegneria dell'Università di Palermo, ad esempio, ha seguito questa strada operando fusioni mirate tra corsi affini, come conferma il preside Fabrizio Micari: "Dal prossimo anno accademico saranno accorpati i corsi triennali di Civile ed Edile e, nella sede distaccata di Agrigento, quelli di Gestionale ed Informatica. In tal modo i nostri corsi triennali scenderanno da 12 a 10 mentre rimarrà inalterato il numero di corsi di laurea magistrale (14 di cui una a ciclo unico quinquennale)". Ritocchi omogenei anche per Ingegneria a Parma: tre corsi triennali "vicini" - Informatica, Elettronica, Comunicazioni - confluiranno in uno solo che sarà suddiviso in tre curricula. Invariata l'offerta specialistica. Ma non sempre gli accorpamenti seguono criteri logici di prossimità e affinità: a livello di dipartimenti in alcuni casi il principale obiettivo - non dichiarato ma evidente - è quello di creare nuovi soggetti "di peso" all'interno di atenei, derogando al principio dell'omogeneità.

Il "caso" maxidipartimenti. All'Università di Padova il processo di aggregazione dei dipartimenti è cominciato lo scorso anno, in base alle linee guida del Senato Accademico che anticipavano la Riforma Gelmini. Marco Maggioni, rappresentante in CdA del Sindacato degli Studenti Link, sottolinea alcuni "casi" anomali nel nuovo assetto dipartimentale. Il più eclatante è quello del costituendo maxidipartimento "Filosofia, Sociologia, Psicologia Applicata": "L'aggregazione di tutti questi dipartimenti - spiega Maggioni - non è basata su una comunanza a livello di ricerca o di didattica, bensì sulla volontà di costituire una struttura abnorme dal punto di vista numerico: avrà più di 150 docenti". E il suo direttore designato - l'ex rettore dell'ateneo patavino Vincenzo Milanesi, delegato all'istruzione del bilancio - ha portato in commissione statuto la proposta di dare più risorse ai dipartimenti numericamente più consistenti. Solo un caso? Un altro dato interessante a proposito di accorpamenti "pazzi" è quello legato alle "spartizioni" di alcuni piccoli dipartimenti, uno per tutti "Geografia": è stato fagocitato da realtà più grandi, dividendo i suoi docenti tra Geologia, Scienze Politiche e Scienze del Mondo Antico.

(continua)

(01 aprile 2011)

 

 

IL CASO

Prof precari, incubo per il governo

60 parlamentari scrivono alla Gelmini

I ricorsi si moltiplicano dopo le sentenze di risarcimento e pende la più grande class-action. Il blocco dei trasferimenti travolge i deputati meridionali (di tutti i partiti) che si attivano. Riunione d'emergenza con Tremonti: a rischio oltre 4 miliardi di SALVO INTRAVAIA

Prof precari, incubo per il governo 60 parlamentari scrivono alla Gelmini

Monta la polemica politica sull'aggiornamento delle liste provinciali dei supplenti. Sessanta deputati di tutti gli schieramenti politici chiedono al ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, di investire il Parlamento della complessa questione dei precari della scuola. Mentre la maggioranza è intenta a cercare una soluzione per evitare di essere travolta dalle richieste di risarcimento danni e di immissioni in ruolo forzose imposte dai giudici del lavoro di mezza Italia. In ballo ci sono 4 miliardi di euro, ma forse anche sei. Tre giorni fa, per cercare una via d'uscita, si è svolta una segretissima riunione tra quattro ministri e un rappresentante sindacale. Ma non è trapelato nulla della discussione.

"Egregio ministro - scrivono i 60 deputati alla Gelmini - in queste ultime settimane, ognuno di noi è stato interessato da una problematica che riguarda il dicastero da Ella presieduto. Si tratta della, ormai nota, vicenda dell'aggiornamento delle graduatorie dei docenti e dei trasferimenti degli stessi in una provincia diversa da quella di provenienza". La questione sta letteralmente facendo impazzire i parlamentari meridionali, pressati dalle migliaia di supplenti in servizio al Nord che fra qualche settimana saranno costretti a fare le valigie alla volta di casa, restando senza lavoro e stipendio.

Tra i firmatari, spiccano i nomi di quasi tutti i deputati del Pdl eletti nelle circoscrizioni meridionali. "L'argomento interessa, da tempo, il Parlamento e gli ultimi due governi che

si sono succeduti. Recentemente continua la missiva - è intervenuta anche una sentenza della Corte costituzionale e l'autorevole intervento del Presidente della Repubblica, in occasione del 'milleproroghe'. Ovviamente, la questione non è semplice né di facile soluzione. Per tale ragione - scrivono piuttosto infastiditi i rappresentanti del popolo - siamo convinti della necessità di un pieno coinvolgimento parlamentare volto ad istruire al meglio il percorso".

Migliaia di supplenti, forse 20/30 mila, temono che la strada tracciata dal ministero per il prossimo aggiornamento delle graduatorie dei precari sia proprio quella delineata nella lettera inviata due giorni fa dai tecnici del ministero all'Avvocatura dello stato per un parere legale. L'ipotesi è quella di aggiornamento del punteggio nella sola graduatoria di merito, senza possibilità di trasferimento di provincia, e cancellazione delle cosiddette graduatorie di "coda", dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale. Ma la complessa decisione, oggi, si intreccia con le migliaia di richieste di stabilizzazione e risarcimento danni avanzate dai supplenti.

Non ultima la megaclass-action di 40 mila precari di scuola e università annunciata dal Codacons. A fare drizzare letteralmente i capelli al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, la sentenza del giudice del lavoro di Genova che ha condannato il ministero a pagare quasi mezzo milioni di euro a titolo di risarcimento danni in favore di soli 15 precari. Ma anche le centinaia di richieste di assunzione avanzate ai giudici per il semplice fatto di essere stati in servizio continuativo per tre anni. E le richieste di integrazione di ore di sostegno da parte dei genitori degli alunni disabili. Per disinnescare la bomba ad orologeria accesa dai giudici, che secondo calcoli ministeriali riguarda almeno 65 mila precari, il ministero ha ipotizzato un piano di assunzioni.

C'è chi parla di 50 mila immissioni in ruolo diluite in quattro/cinque anni, chi si spinge fino a 65 mila e c'è chi ne chiede almeno 30 mila da settembre. Ma salterebbero i vincoli di bilancio. Per prendere tempo, viale Trastevere intenderebbe impugnare i provvedimenti dei giudici del lavoro, ma il problema verrebbe spostato soltanto di alcuni mesi. Intanto, i precari pressano. E si sono creati due partiti: i favorevoli all'inserimento a pettine e al trasferimento di provincia e i contrari a tale ipotesi. In gioco c'è il posto di lavoro per i prossimi due anni. Due supplenti su 3 iscritti nelle graduatorie provinciali sono meridionali, ma la maggior parte dei posti vacanti è nelle regioni settentrionali.

Nel 2007, con l'intento di eliminare il precariato della scuola, l'allora ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni trasformò le graduatorie "permanenti" in graduatorie "ad esaurimento", bloccando i trasferimenti di provincia e, al contempo, varando un megapiano di 150 mila assunzioni in tre anni. Quando a Palazzo della Minerva arrivò la Gelmini e in via XX settembre Tremonti, il piano di stabilizzazione dei precari venne cancellato, mentre il blocco dei trasferimenti di provincia restò in vigore.

Per addolcire la pillola alle migliaia di precari meridionali alla disperata ricerca di una cattedra e uno stipendio, la ministra di Leno inventò le graduatorie "di coda": una specie di lista secondaria, che seguiva la cosiddetta graduatoria di merito. Due anni fa i precari della scuola ebbero la possibilità di aggiornare il punteggio - per il biennio 2009/2010 e 2010/2011 - nella provincia in cui si trovavano inseriti ai tempi di Fioroni e, in più, poterono scegliere altre tre province in cui inserirsi in "coda". La trovata consentì a migliaia di insegnanti delle regioni del Sud di lavorare al Nord. Ma il mese scorso i giudici della Consulta hanno dichiarato illegittime "le code".

"In attesa della risposta dell'Avvocatura - osserva Maristella Curreli, presidente nazionale dei Comitati insegnanti precari - la situazione dei precari della scuola è di fatto bloccata". "Il ministero - spiega - ora si propone di avviare l'aggiornamento delle graduatorie considerando solo un'iscrizione e facendo decadere l'opzione per le altre tre province. Ripeto attualmente 'non sappiamo di che morte morire'". "Per fronteggiare una pioggia di ricorsi - conclude - il ministero sta pensando a una soluzione che prevede anche un piano di assunzioni. Per ridurre al massimo i ricorsi - rimarca la Curreli - sarebbe meglio che il ministero facesse una bella immissione in ruolo".

Mentre la Flc Cgil ribadisce "che le sentenze e le direttive vanno applicate e non 'aggirate' per nascondere l'incapacità e l'inadeguatezza del ministro di turno". Cisl e Uil scuola, affiancate dallo Snals, chiedono al governo "una soluzione politica della questione di precari della scuola". Mentre l'Anief chiede l'inserimento a "pettine" da subito dei precari nelle diverse liste provinciali. Intanto, i bene informati sono certi che il governo per uscire dal guado opterà per un decreto-legge, possibilmente condiviso anche dalle opposizioni. Ma su tutta la partita vigila il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, già intervenuto poche settimane fa sul tema, costringendo l'esecutivo ad espungere dal Milleproroghe il congelamento biennale delle graduatorie.

(01 aprile 2011)

 

 

 

2011-03-30

INCHIESTA / 3

Atenei, così la Gelmini smarrisce

i 6 miliardi stanziati dall'Europa

A fronte dei tagli, il Ministero sta per lasciare non spesi fondi Ue pari al costo dell'intera Università. Scadranno tra poco più di un anno. Niente ricerca in 4 regioni del Sud. E Bruxelles ha bocciato anche le modalità di gestione di CORRADO ZUNINO

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* Esami spostati, lauree in forse, più tasse L'effetto-Gelmini è il caos negli atenei

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* Così la riforma Gelmini ha fermato le università

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ROMA - Il ministero dei tagli, la Pubblica istruzione che con l'ultima riforma ha portato via 400 milioni all'università italiana, non sa spendere 6,2 miliardi che l'Europa ci offre chiedendoci di investirli nel futuro. Sono i fondi Pon (Programma operativo nazionale) sulla Ricerca e competitività, i più grandi tra i fondi strutturali Ue, previsti per l'arco temporale 2007-2013. Siamo nel 2011 inoltrato e sembriamo avviati a ripetere l'exploit del 2000-2006: missione di spesa europea fallita.

Accade che nel solco degli obiettivi di Lisbona, la grande assise europea del Duemila che avrebbe voluto trasformare in dieci anni l'Europa "nella più competitiva e dinamica economia della conoscenza", l'Unione europea abbia messo nella disponibilità del ministero delle Finanze (Tremonti) e operativamente del Miur (Gelmini) 6,2 miliardi da destinare alla ricerca e sviluppo in quattro regioni a reddito basso: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. I luoghi attraverso i quali questi denari avrebbero dovuto essere impegnati sono individuati innanzitutto nelle università, leve, sostiene l'Europa, di buona produttività, presidi di un'economia fondata sulla ricerca.

Questa somma, 6,2 miliardi (che sale a 8,6 miliardi se si considerano le tranche gestite direttamente dalle quattro Regioni), è pari al costo annuale dell'intera università italiana ed è quattro volte maggiore dell'assegno messo a disposizione dalla Commissione europea per tutte le altre 16 regioni italiane. Già, il Pil in ricerca e sviluppo dell'Italia meridionale, se questi denari fossero davvero investiti, passerebbe dallo 0,78% attuale all'1,22% superando i valori del Nord. Il problema è che gli impegni di spesa sono partiti con tre anni di ritardo, nel 2009, e le percentuali dei fondi fin qui utilizzate sono davvero basse, residuali. Secondo le stime della società Vision, basate sui dati della Ragioneria di Stato, allo scorso febbraio i fondi impegnati erano stati il 19,88% (1,62 miliardi) e i pagamenti il 10,37% (644,6 milioni). Un risultato peggiore di quello realizzato dai governi succedutisi tra il 2000 e il 2006.

Il sottosegretario all'Istruzione, il lucano Guido Viceconte, alla Camera ha confermato "una serie di slittamenti del programma e il suo significativo ritardo" e ha rilevato: "L'assorbimento delle risorse nelle regioni della convergenza rappresenta un problema di notevole rilevanza". Tutto dipende, sostiene Viceconte, dal fatto che sulla stessa questione agiscono due ministeri diversi: per dare un'accelerazione alle pratiche, ha spiegato, alcuni dirigenti del programma Pon sono stati cambiati. Il sottosegretario ha parlato di 1873 progetti finanziati in quattro aree tematiche per 915 milioni di euro totali. Cifre in linea con quelle offerte da "Vision". Il deputato Pd Sandro Gozi, autore sul tema di un'interrogazione parlamentare, incalza: "Non ci sono soldi pubblici e sui fondi europei per la ricerca il governo riesce a impegnare, dico impegnare non spendere, una cifra che oscilla tra il 14 e il 20 per cento a seconda delle voci che consideriamo. Mi sembra una scandalo la cui gravità viene sottovalutata".

La macroscopica opportunità sprecata diventa ancora più stridente se si pensa che, oggi, ogni anno, 24 mila studenti meridionali decidono di iscriversi in un'università al Nord e 15 mila laureati del Sud ogni stagione si trasferiscono alla conclusione degli studi. Nonostante il livello di risorse distribuite, nessuna delle università meridionali si classifica tra le prime venti nelle graduatorie nazionali. Fonti della Commissione europea hanno ricordato, infine, come per cinque volte - cinque - la Ue abbia bocciato il sistema di "governo, controllo e monitoraggio del Pon" perché non dava sufficienti garanzie di efficienza e legittimità degli interventi. Bruxelles ha accusato i nostri ministeri di aver organizzato bandi che coinvolgevano solo banche italiane e ha bloccato pezzi di finanziamento.

(continua)

(30 marzo 2011)

 

 

Concorsi truccati all'università

indagati 22 docenti di diritto

Le accuse: associazione per delinquere, corruzione, abuso d'ufficio e falsità ideologica. Perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni private dei professori di undici città italiane

Concorsi truccati all'università indagati 22 docenti di diritto

Accordi, scambi di favori, sodalizi e patti di fedeltà. Così - secondo la procura di Bari - sono stati pilotati dal 2006 ad oggi i concorsi pubblici per docenti di prima e seconda fascia di diritto costituzionale, ecclesiastico e diritto pubblico applicato in alcune università italiane. A decidere in anticipo quelli che dovevano essere i risultati delle prove per conquistare le cattedre di ordinario e associato sarebbe stata un'associazione per delinquere composta da professori universitari.

Per questo nell'inchiesta dei pm baresi Renato Nitti e Francesca Romana Pirrelli si ipotizza il reato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, al falso e all'abuso d'ufficio. Ventidue i docenti di 11 facoltà italiane indagati per aver manipolato "l'esito di molteplici procedure concorsuali pubbliche bandite" attraverso una rete criminale che la Guardia di finanza di Bari ritiene di aver individuato dopo due anni di indagini. Proprio per cercare ulteriori riscontri sull'esistenza del gruppo criminale, militari del nucleo di polizia tributaria hanno compiuto perquisizioni in uffici universitari e studi professionali dei docenti delle università di Milano, Bari, Roma, Napoli, Bologna, Firenze, Piacenza, Macerata, Messina, Reggio Calabria e Teramo.

Nel capoluogo lombardo hanno subito perquisizioni Giuseppe Ferrari, ordinario di diritto pubblico e comparato dell'Università Bocconi, e i professori Giuseppe Casuscelli e Enrico Vitali, entrambi docenti di diritto canonico ed ecclesiastico all'Università statale. Quattro i prof indagati a Bari: Aldo Loiodice, docente di diritto costituzionale alla facoltà di giurisprudenza; Gaetano Dammacco, ordinario di diritto canonico ed ecclesiastico alla facoltà di scienze politiche; Roberta Santoro docente aggregato della facoltà di Scienze politiche e Maria Luisa Lo Giacco, ricercatrice di diritto ecclesiastico.

L'indagine è stata avviata nel 2008 ed avrebbe quasi subito svelato l'esistenza di alcuni concorsi pubblici truccati attraverso un meccanismo di accordi e scambi di favori. Come aveva già evidenziato un'altra indagine, sempre della procura di Bari, che nel giugno 2004 portò all'arresto di cinque docenti di cardiologia. Circa un anno fa - sei anni dopo gli arresti e otto anni dopo l'avvio dell'indagine - la procura ha chiesto il rinvio a giudizio degli indagati, accusati di aver gestito un sistema criminale dei concorsi nazionali per ordinario, associato e ricercatore di cardiologia nelle facoltà di Bari, Firenze e Pisa. Ora il fascicolo è all'attenzione del gup che dovrà decidere sul rinvio a giudizio. Per il lungo periodo trascorso, alcuni reati sono già caduti in prescrizione e tutti gli altri saranno prescritti tra non molto tempo.

(30 marzo 2011)

 

IL CASO

Disabili, centinaia di sentenze

condannano i tagli della Gelmini

I casi di La Spezia e Foggia portano alla luce sentenze in tutte Italia che accolgono le denunce delle famiglie e impongono di ripristinare le ore di sostegno. E scoppia il caso Milano: il prossimo anno le elementari rischiano di avere classi con disabili sovraffollate di SALVO INTRAVAIA

Disabili, centinaia di sentenze condannano i tagli della Gelmini

Alunni disabili privati del sostegno per mesi, classi che ne ospitano "troppi" e, come se non bastasse, sovraffollate. Per far quadrare i conti nella scuola pubblica, il governo Berlusconi ha di fatto tagliato il sostegno agli allievi più deboli: i portatori di handicap. E le associazioni che difendono i diritti dei disabili denunciano "tagli indiscriminati alla spesa per l'istruzione statale, con conseguente sovraffollamento delle classi", e preoccupanti "forme di concentrazione di soli alunni con disabilità in totale violazione della normativa apparentemente integra sull'inclusione scolastica".

Dopo l'articolo pubblicato da Repubblica.it 1, il vaso di Pandora dei "tagli" al sostegno operato dalla coppia Tremonti-Gelmini è stato scoperchiato. E a poco valgono i numeri citati dalla ministra sull'incremento dei posti in organico di sostegno, perché i tribunali certificano che il taglio c'è stato. Secondo il dossier sui tagli agli organici pubblicato qualche giorno fa dalla Cisl scuola, "il tetto dei 90 mila posti in organico di sostegno "è stato superato di circa 4 mila unità posti nell'anno scolastico 2010/11 per effetto della sentenza 80/2010 della Corte Costituzionale".

In appena 7 mesi di scuola, sono state 4 mila le sentenze di condanna emesse dai Tar di tutta Italia a favore degli alunni disabili. Cui occorre aggiungere 4 milioni di spese legali sostenute dall'amministrazione.

L'ultima notizia arriva dalla Puglia: appena tre settimane fa, il Tar locale ha condannato l'amministrazione scolastica pugliese 2 ad integrare le ore di sostegno a ben 60 alunni disabili di tutti gli ordini di scuola. Altre 88 sentenze sfavorevoli al ministero sono state pronunciate dal Tar di Napoli. E la direzione scolastica regionale della Sicilia è stata condannata ad un maxi pagamento delle spese legali.

Nonostante la sentenza della Corte costituzionale del febbraio scorso, che giudica illegittimo il tetto agli organici di sostegno imposto dal precedente esecutivo, per oltre metà dell'anno scolastico genitori e figli dei 60 alunni vincitori del magaricorso pugliese si sono dovuti accontentare, di quel che passava il convento. "Nei confronti di ognuno dei minori - recita la sentenza dello scorso 3 marzo della sezione di Bari - con apposita diagnosi funzionale, l'Unità multifunzionale medica della A. S. L. ha richiesto la presenza in classe di insegnante di sostegno per un numero determinato di ore", ma "con gli impugnati provvedimenti dirigenziali gli istituti scolastici presso i quali gli alunni sono iscritti per l'anno scolastico 2010/2011 hanno ridotto le ore di presenza dell'insegnante di sostegno".

Quella di Bari è solo una delle tantissime sentenze che condannano il ministero a restituire il maltolto agli alunni disabili incappati nelle cesoie del governo. "Nel solo mese di gennaio - denuncia Giusppe Adernò, preside dell'istituto Parini di Catania - il Tar di Palermo ha emesso 35 sentenze a favore di altrettante richieste dei genitori che reclamavano il diritto di avere assegnato il docente di sostegno" per i propri figli. Il Tar ha inoltre condannato "la Direzione scolastica regionale e gli Uffici scolastici provinciali a provvedere alla nomina dei 35 docenti e a pagare le spese connesse al procedimento: circa tremila euro per ogni sentenza".

Tra ottobre e dicembre, i giudici amministrativi siciliani hanno emesso altre 34 sentenze analoghe, per un totale complessivo di circa 200 mila euro di spese legali a carico dell'amministrazione. Qualche esempio concreto? Al piccolo N. P., che frequenta la scuola elementare Giovanni XXIII di Palermo, sono state assegnate quest'anno soltanto 15 ore settimanali di sostegno, mentre ha diritto a 24 ore alla settimana. Mentre a due ragazzi con disabilità grave che frequentano l'istituto tecnico commerciale Sciascia di Agrigento sono state assegnate 9 ore settimanali, in luogo delle 18 a cui hanno diritto.

Ma non solo: due giorni fa a Milano è scoppiato il caso delle classi prime elementari con disabili che il prossimo anno sforeranno il tetto massimo di 20 alunni, potendo senza limite arrivare a 27 alunni. A chiederlo è stato l'Ufficio scolastico regionale della Lombardia con una apposita circolare. "Classi da 27 bambini sono già una follia - tuona Giovanni Del Bene, preside del comprensivo Cadorna - ma i disabili non possono stare in ambienti così affollati". "L'anno prossimo - spiega - in una mia prima ci sarà un alunno autistico molto grave: solo il rumore lo mette in difficoltà. Come faccio a metterlo in una classe con altri 26 alunni?".

Ma cosa prevede la normativa? In presenza di disabili, specialmente se gravi, è prevista la riduzione del numero di alunni a 20. E va da sé che in una classe non bisognerebbe inserirne più di uno. Ma la realtà è un'altra. Quest'anno, le classi con oltre due alunni H, da tre in su, sono migliaia. E in alcuni casi si arriva anche a quattro. Per questa ragione la mozione dell'ultimo congresso Fish (la Federazione italiana superamento handicap) parla di "tagli indiscriminati alla spesa per l'istruzione statale con conseguente sovraffollamento delle classi" che "stanno determinando forme di concentrazione di soli alunni con disabilità in totale violazione della normativa apparentemente integra sull'inclusione scolastica".

E "chiede a tutti i Parlamentari di far propria una proposta di legge della Fish che riprenda i temi trattati nella relazione al fine di assicurare una effettiva attuazione della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità" e "rinnova e sollecita l'incontro di confronto e chiarimento con il ministro dell'Istruzione avanzata insieme da Fish e Fand (Federazione nazionale tra le Associazioni delle Persone con Disabilità).

(29 marzo 2011)

 

 

 

2011-03-27

LA POLEMICA

Tagli ai disabili, Gelmini condannata

E scoppia il caso Giochi studenteschi

Il Tribunale della Spezia ha giudicato discriminatoria la condotta del Ministero denunciato da uno studente: dovrà ripristinare le ore di sostegno e pagare le spese. Intanto il ministro non riesce a placare la polemica sulla esclusione dalle gare sportive nazionali di SALVO INTRAVAIA

"Condotta discriminatoria" . Così Il tribunale della Spezia ha giudicato la decisione del ministro Gelmini di ridurre le ore di insegnamento di sostegno. Ed è stasta denunciata da uno studente disabile di un istituto superiore della città ligure. Il giudice ha condannato il Ministero a ripristinare le ore di sostegno e a pagare le spese processuali. I genitori del ragazzo hanno contestato il contrasto fra i tagli della Gelmini e il diritto alla tutela delle persone con disabilità. "L'articolo 3 della Costituzione - si legge nel ricorso - promuove la piena attuazione del principio di parità di trattamento" e con il provvedimento ministeriale "viene leso il diritto del disabile all'istruzione".

E intanto non si placa la polemica per l'esclusione degli alunni disabili dai giochi sportivi studenteschi. Tanto che la commissione Cultura della Camera sconfessa il ministro dell'Istruzione presentando una risoluzione bipartisan che chiede lumi. Dopo l'intervento del ministro, che ha bollato come "falsa" la notizia, sull'argomento torna l'Italia dei valori. La prima a chiedere lumi sull'esclusione degli alunni con handicap dalle finali nazionali di Corsa campestre è stata la deputata del Pd, Manuela Ghizzoni, che si è affidata ad una interrogazione parlamentare.

"L'esclusione dei ragazzi disabili dalle finali dei giochi sportivi studenteschi è gravissima e in netto contrasto con le norme di legge sull'integrazione scolastica, che da sempre costituisce un punto

di forza del nostro sistema educativo", tuonava una settimana fa la Ghizzoni. La deputata, in occasione delle finali nazionali di Corsa campestre disputate a Novi (Vi) lo scorso 20 marzo, ha messo sul banco degli imputati la modulistica, inviata dal ministero alle scuole quest'anno, che "non prevede quella abitualmente prevista per gli studenti disabili".

Chiedendo all'inquilino di viale Trastevere, come "il ministero intenda ovviare ad una situazione discriminatoria che contrasta con la piena inclusione di questi alunni, anche attraverso progetti di diversità motoria e sportiva, quale obiettivo prioritario della scuola dell'autonomia". "Dall'anno scolastico 2009/2010 - ha risposto la ministra - le finali nazionali dei Giochi si svolgono nelle discipline organizzate dalle rispettive federazioni sportive, a proprio totale carico". "Tale decisione - prosegue il ministro - deriva da accordi intercorsi con il Coni, per un'equilibrata ripartizione dei compiti e dei relativi oneri finanziari".

E quindi la frase di rito. "E' destituita di fondamento la notizia, apparsa su alcuni media, secondo cui i disabili sarebbero esclusi dalla pratica sportiva nella scuola italiana". "Si tratta - conclude il ministero - di una tesi falsa, usata strumentalmente per ragioni di lotta politica e non per tutelare gli interessi dei disabili". Ma la risposta non convince il portavoce alla Camera dell'Italia dei valori, Leoluca Orlando Cascio, che minaccia di portare il ministro Gelmini davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo. "Valuteremo in sede europea - dichiara il deputato dell'Italia dei valori - se sussistono gli elementi per denunciare il ministro della 'distruzionè italiana, Mariastella Gelmini, alla Corte europea dei diritti dell'uomo, per la violazione dell'articolo 26 della Carta Ue dei diritti dei disabili".

"I diversamente abili, infatti - aggiunge Orlando - sono stati esclusi lo scorso week-end dalle finali nazionali italiane di corsa campestre dei Giochi, perché mancavano i moduli per iscriverli alla gara, documenti che il ministro Gelmini avrebbe dovuto inviare alle scuole". La "dimenticanza" per Orlando si configura come "una grave discriminazione che ricorda di vicino quelle dei nazisti e il silenzio del ministro, che non ha neanche ritenuto opportuno chiedere scusa ai ragazzi e alle loro famiglie, è ancora più grave e ignobile". Anche i deputati della VII commissione di Montecitorio vogliono vederci chiaro.

La risoluzione chiede al governo di intervenire "per ovviare ad una situazione discriminatoria che contrasta con la piena inclusione di questi alunni prevista dagli obiettivi prioritari della scuola dell'autonomia, anche attraverso progetti di diversità motoria e sportiva". I deputati chiedono anche un finanziamento ad hoc a favore del Comitato paralimpico "affinché esso possa svolgere con continuità la sua funzione e possa programmare le sue attività". Bollando l'esclusione di quest'anno come azione "in netto contrasto con le norme di legge sull'integrazione scolastica degli alunni con disabilità che da sempre costituisce un punto di forza del sistema educativo italiano".

L'ultima nota ministeriale sui giochi sportivi studenteschi - dello scorso 8 aprile - in effetti dà conto di una certa confusione sul tema e di qualche "dimenticanza". I Giochi sportivi studenteschi vengono "ormai da anni supportati finanziariamente con risorse provenienti dal fondo della legge 440/97", quella sul finanziamento dell'Autonomia, si legge nella nota. "Nell'esercizio 2009 il fondo non è stato reso disponibile e la sua utilizzazione è slittata nel corrente esercizio finanziario", prosegue la circolare. Ma "l'entità delle risorse fruibili per lo specifico fine è stata definita di recente e ciò rende solo ora possibile fornire notizie in ordine alla somma su cui può fare affidamento ciascun Ufficio scolastico regionale.

E' opportuno precisare - continua - che le somme esposte nel piano di riparto, pur certe nel loro importo, potranno essere erogate soltanto quando la conclusione delle operazioni di variazione del bilancio renderà possibile operare contabilmente". Ma siamo ad aprile e l'anno scolastico 2009/2010 volge al termine. Viale Trastevere, a questo punto decide di farsi carico delle "spese relative allo svolgimento dei Giochi sportivi studenteschi nelle fasi provinciali e regionali". Mentre "le finali nazionali saranno organizzate con spese integralmente a carico delle federazioni sportive nazionali che intenderanno effettuarle". Tuttavia, spiega la nota, "ad oggi, non è ancora esaustivamente definito il quadro delle federazioni sportive che organizzeranno detti eventi".

E "ritenendo necessario dare priorità alle discipline coinvolte nelle manifestazioni sportive scolastiche internazionali del 2011 (atletica leggera, pallacanestro, nuoto, calcio, tennis, orienteering), gli oneri relativi ai trasporti per le finali nazionali delle summenzionate discipline saranno sostenuti da ciascun Ufficio scolastico regionale con le somme loro assegnate". Si tratta delle contestate fasi nazionali? Spulciando, inoltre, tra le Norme tecniche sui Giochi, emanate l'anno scorso, si scopre che le fasi nazionali dei Giochi sono previste anche per gli alunni con disabilità, che possono iscriversi "ad una sola delle gare individuali in programma".

Ovviamente, non per tutti gli sport. Ma a sorpresa tra le discipline di Atletica leggera rivolte ai disabili è prevista la Corsa campestre: proprio la disciplina oggetto della interrogazione parlamentare della deputata del Pd. Ma questo, forse valeva per l'anno scolastico 2009/2010. Per il 2010/2011 non ci sono né note né circolari.

(25 marzo 2011)

 

 

 

Studenti, mobilitazioni di primavera

L’AltraRiforma riparte dalla Capitale

di MANUEL MASSIMO

Dalla Mole al Colosseo. Il movimento di contestazione studentesca, che nel pieno dell'autunno caldo aveva presentato a Torino il progetto AltraRiforma - un'alternativa dal basso alla Legge Gelmini - con la primavera torna in prima linea a Roma per fare il punto della situazione in vista delle mobilitazioni previste nelle prossime settimane che culmineranno nello sciopero generale indetto dalla Cgil per il 6 maggio. Una due-giorni full immersion sui problemi concreti dell'università, organizzata da Link - Coordinamento Universitario, che ha visto la partecipazione di 200 studenti provenienti da 21 atenei italiani. Un importante momento di confronto attraverso workshop tematici da cui sono emerse precise indicazioni sui problemi prioritari da affrontare.

All'ordine del giorno l'aggiornamento dei contenuti dell'AltraRiforma. In tema di diritto allo studio e welfare studentesco l'università non dà risposte adeguate: il provvedimento più urgente sarebbe di garantire la copertura finanziaria totale delle borse di studio - con almeno 321 milioni di euro - per mettere fine alla farsa degli "idonei non beneficiari", meritevoli ma senza borsa per mancanza di fondi. Un altro aspetto centrale, specie per i fuorisede, riguarda le politiche abitative e le residenze per gli studenti: per cercare di migliorare la situazione attuale si potrebbe guardare al modello francese che prevede contributi ad hoc per gli affitti.

La situazione economico-finanziaria in cui versano gli atenei è il vero problema "strutturale" alla base delle disfunzioni accademiche: 1,5 miliardi di tagli in 5 anni - cominciati nel 2008 - stanno indebolendo un sistema già fragile. In questo frangente l'aumento indiscriminato delle tasse universitarie può essere scongiurato soltanto attraverso un'oculata politica di contenimento dei costi da parte dello Stato. Possibili rimedi? Abolizione delle Province, controlli serrati all'evasione fiscale all'interno dei singoli atenei e lotta senza quartiere agli affitti in nero per gli studenti.

Un altro punto nodale riguarda il "peso" della componente studentesca all'interno degli organi accademici, ancora troppo scarso: in primis andrebbe portato almeno al 15%, poi alla rappresentatività per delega andrebbero affiancati anche strumenti di democrazia diretta come il referendum nelle singole università - su temi d'interesse generale - e assemblee periodiche d'ateneo (con dibattito pubblico e question time, ndr) per creare partecipazione e coinvolgere realmente gli studenti nelle scelte che incidono sul loro futuro.

La contestazione al modello Gelmini verrà portata avanti negli atenei ma continuerà anche con manifestazioni e iniziative pubbliche, come conferma Claudio Riccio, referente nazionale di Link: "Il nostro obiettivo è di allargare la piattaforma dei contenuti e coinvolgere nella protesta anche il fronte pacifista e i lavoratori precari, sempre meno tutelati. Il percorso di avvicinamento allo sciopero generale del 6 maggio prevede almeno due tappe fondamentali: il 2 aprile, con manifestazioni in tutta Italia contro la guerra in Libia, e il 9 aprile, quando scenderemo in piazza contro la precarietà".

(27 marzo 2011)

 

 

 

Padova. La denuncia di 14 studenti emiliani: "Cure rifiutate perché non veneti"

Il caso a Montegrotto Terme: 14 alunni del liceo scientifico Zanelli di Reggio Emilia vittime di intossicazione. Ma il medico non li visita. Con una staffetta di ambulanze portati all'ospedale di Abano Terme. Protesta della scuola contro l'Usl

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MONTEGROTTO. Quattordici studenti emiliani intossicati chiamano la Guardia medica e si sentono rispondere che non possono essere curati perché non veneti. E' la vicenda denunciata dalle insegnanti del liceo scientifico Zanelli di Reggio Emilia, che hanno presentato un esposto ai carabinieri di Abano Terme. I ragazzi infatti sono stati poi portati con una staffetta di ambulanze all'ospedale di Abano e qui curati. Una vicenda che suscita reazioni nel mondo della sanità veneta. "E' assurdo", dice l'assessore regionale, il leghista Luca Coletto.

La denuncia degli studenti però contrasta con la ricostruzione della vicenda fatta dall'Usl 16, che ribadisce: "Mai rifiutate le cure ai non veneti" (LEGGI)

I ragazzi sono rimasti vittime di un'intossicazione alimentare o provocata dall'acqua di una piscina termale. Erano in gita scolastica a Montegrotto: colpiti 14 studenti su 21 di una quarta del liceo "Zanelli" di Reggio Emilia. La scuola emiliana ha intenzione anche di presentare una relazione alla direzione generale dell'Asl 16 di Padova.

''Ho chiesto al dirigente del pronto soccorso di Abano - ha spiegato la vicepreside Lorella Chiesi, subito allertata dalle insegnanti presenti alla gita - Mi ha detto di non essere a conoscenza di alcuna legge di questo tipo, tanto più che la zona di Padova richiama turisti da tutto il mondo''.

Gli studenti erano arrivati in treno a Montegrotto martedì; i pasti erano forniti dall'hotel. A mezzogiorno ai ragazzi veniva dato un cestino da viaggio per il pranzo al sacco, mentre la cena veniva consumata in albergo. Giovedì sera parecchi ragazzi si sono sentiti male e le insegnanti hanno chiamato la guardia medica, sentendosi dire - affermano - questa risposta: "Non possiamo curare i non veneti", richiamandosi a una legge regionale. Da qui la richiesta di intervento al 118. Dopo alcune ore di visite e cure i giovani sono stati dimessi.

 

''Il comandante dei carabinieri di Abano - ha aggiunto la vicepreside - mi ha detto che avrebbero fatto accertamenti sia a livello alimentare, sia sulla piscina termale. Interverranno anche i Nas''. Venerdì i ragazzi sono rientrati a Reggio, non in treno ma più comodamente con un pullman, e hanno poi commentato l'episodio su Facebook, con un album fotografico intitolato "Che gita... che finale!".

L'assessore leghista Coletto: "Interverremo". ''Non esiste al mondo che in una struttura sanitaria veneta possano essere rifiutate le cure a qualcuno che ne ha bisogno''. L'assessore veneto alla sanità, il leghista Luca Coletto replica così alle accuse rivolte all'operatore della guardia medica di Montegrotto. ''Apprendo la notizia con grande rammarico - afferma Coletto - e assicuro che la prima cosa che farò da subito è quella di andare a fondo di questa vicenda, senza escludere la possibilità di assumere provvedimenti nei confronti di chi si fosse reso responsabile di questi comportamenti'.

Il direttore dell'Usl: "Noi abituati a lavorare con i turisti". Non nasconde il proprio stupore il direttore generale dell'Ulss 16 Fortunato Rao: "L'ospedale di Abano - puntualizza - è abituato a lavorare molto di più con i turisti che con i residenti, trattandosi di una località che richiama turisti termali da tutto il mondo, e assicura protezione sanitaria agli ospiti degli alberghi. Avvierò le verifiche per capire cosa è accaduto''.

27 marzo 2011

 

 

2011-03-25

INCHIESTA / 2

Esami spostati, lauree in forse, più tasse

L'effetto-Gelmini è il caos negli atenei

Non solo il blocco per l'organizzazione di didattica e ricerca. La riforma sta producendo disagi e ostacoli enormi per gli studenti che vedono cambiare all'improvviso i loro percorsi di studio. O, soprattutto, si trovano in assenza di certezze. Segnalate casi e disfunzioni di MANUEL MASSIMO

Esami spostati, lauree in forse, più tasse L'effetto-Gelmini è il caos negli atenei

* Così la riforma Gelmini ha fermato le università

articolo

Così la riforma Gelmini ha fermato le università

Allarmi e proteste ormai non si contano: le funzioni della ricerca (tutte), la chiamate di progettisti, associati e docenti sono bloccate. La legge - e si sapeva - ha bisogno di molteplici decreti che il governo dimentica. La Legge Gelmini, varata con l'intento di "mettere ordine" negli atenei, sta producendo situazioni caotiche fin dalla sua entrata in vigore, ormai due mesi fa. Sono gli effetti macroscopici che abbiamo raccontato nella prima puntata di questa inchiesta.

LEGGI LA PRIMA PUNTATA 1

Ma non si tratta di fisiologici "effetti collaterali": l'Effetto-Gelmini sta colpendo i gangli del sistema universitario omettendo di dare risposte certe, coperture di spesa e soluzioni pratiche per i mille problemi con cui devono confrontarsi ogni giorno studenti, docenti e tutte le altre figure che animano il variegato microcosmo universitario. Le disfunzioni riguardano molteplici aspetti della vita tra le mura accademiche: lo testimoniano le centinaia di segnalazioni che quotidianamente riceve il nostro sito, le migliaia di discussioni aperte sui forum della Rete, le innumerevoli iniziative promosse "dal basso" - praticamente in ogni ateneo e in tutte le facoltà - per portare a conoscenza situazioni locali di "disagio" rispetto a un progetto di "riordino" del sistema universitario che sta producendo invece un "blocco forzato", soprattutto per l'assenza di linee-guida da seguire e per la mancanza di un disegno veramente organico di riforma.

Razionalizzazione o tagli? Uno dei cavalli di battaglia della Legge Gelmini - che il ministro ripete spesso come un vero e proprio "mantra" - è stato quello della "lotta agli sprechi": "Con la Riforma dell'Università ci sarà una razionalizzazione delle risorse". All'atto pratico questa dichiarazione di buonsenso si traduce in determinate azioni che il Miur metterà in atto fin dal prossimo anno accademico: l'accorpamento e/o la cancellazione di corsi di laurea per mere ragioni di budget d'ateneo, mettendo totalmente in secondo piano la didattica e la ricerca.

Accorpamenti e cancellazioni. L'antipasto è stato servito a fine febbraio con l'annuncio del "progetto pilota" di riorganizzazione dei sette atenei campani: il "contenimento del numero dei corsi di studio per evitare inutili sovrapposizioni" ha portato alla soppressione di trentaquattro corsi e all'eliminazione di sei sedi decentrate, tra cui quella della facoltà di Giurisprudenza di Nola (città natale del filosofo Giordano Bruno e sede di Tribunale) che attualmente conta 7 mila iscritti. Ma il piatto forte di questa "razionalizzazione" arriverà scaglionato nei prossimi anni: a Bologna (il più antico ateneo d'Europa) entro il 2013 le attuali ventitré facoltà dovrebbero diventare dodici, o ridursi addirittura soltanto a cinque attraverso maxi-accorpamenti eterogenei per rispettare i rigidi dettami della Legge. Su questa scia, a Catania la facoltà di Lingue finirà inglobata in Lettere e Filosofia. E così via.

Senza appello. La contrazione degli appelli d'esame è una situazione comune a tutte le facoltà e va a "colpire" soprattutto chi si è iscritto con un vecchio ordinamento ormai "in scadenza". La politica di concentrazione dei momenti di verifica sta portando a situazioni di disagio in moltissime facoltà: chi di regola aveva 5 appelli ordinari e 2 appelli straordinari per tutte le materie si è ritrovato quest'anno con un appello ordinario in meno e con l'impossibilità di sostenere esami in quelli straordinari, riservati a fuoricorso e ripetenti. Queste regole stanno generando un circolo vizioso: in questo modo, infatti, è molto più facile andare fuoricorso o essere ripetenti perché non si ha la possibilità di rimediare "in corso" a eventuali battute d'arresto.

Ricerca solo per pochi. La Legge Gelmini, all'articolo 18 comma 5, prevede che solo alcune figure possano svolgere progetti di ricerca e partecipare ai gruppi che se ne occupano. Restano fuori - come denuncia il Coordinamento Precari dell'Università - gli assegnisti e chi non è "strutturato". Ma, come sottolinea Link - Coordinamento Nazionale Universitario, questa situazione tocca anche gli studenti delle lauree triennali che potranno portare avanti soltanto lavori compilativi per la tesi: chi sta svolgendo progetti di ricerca e tesi sperimentali non ha più la copertura legale per farlo e rischia di essere allontanato dai laboratori ed escluso dai gruppi di ricerca. E così: "La riforma che dovrebbe avvicinare gli studenti al mondo del lavoro, in realtà impedisce loro di fare un'esperienza reale di ricerca sperimentale fin dai primi tre anni di università".

Tassati e tartassati. "L'aumento delle tasse è una extrema ratio che non vogliamo prendere in considerazione". Il ministro Mariastella Gelmini rassicura gli studenti, eppure alcuni atenei hanno già cominciato a ritoccare verso l'alto la retta annuale. Ad esempio il 15 febbraio il Senato Accademico dell'Università di Tor Vergata ha deliberato un aumento indiscriminato delle tasse universitarie per tutti gli studenti nella misura del 13%, indipendentemente dalla condizione economica in cui versano. E questa non sarebbe una conseguenza diretta dell'entrata in vigore della Riforma Gelmini? Ormai dovrebbe essere abbastanza chiaro che le "riforme a costo zero", specie in un settore delicato e complesso come quello accademico, non esistono e non possono funzionare: un ateneo, proprio come una macchina, ha bisogno di carburante (cioè risorse) per funzionare e di continua manutenzione degli ingranaggi per restare in carreggiata ed evitare di andare in panne.

(continua)

(23 marzo 2011)

 

 

2011-03-22

INCHIESTA / 1

Così la riforma Gelmini

ha fermato le università

Allarmi e proteste ormai non si contano: la legge - e si sapeva - ha bisogno di molteplici decreti che il governo dimentica: le funzioni della ricerca (tutte), la chiamate di progettisti, associati e docenti sono bloccate. Risparmi? No, paralisi di CORRADO ZUNINO

Così la riforma Gelmini ha fermato le università

ROMA - La Legge Gelmini, oggi, ha fermato le università italiane. A partire dal mondo della ricerca, l'asset più citato, il più fragile in verità. Il motivo principe del motore fermo, e quindi dello spaesamento di matricole, studenti di lungo corso, assegnisti, ricercatori, finanche dei "prof" vicini alla cattedra, dipende dal fatto che la riforma universitaria è un tomo lungo e complesso e i decreti attuativi di cui abbisogna per essere trasformata in sostanza richiederebbero Consigli dei ministri in seduta permanente e non occupati dall'incandescente quotidianità della cronaca nazionale e internazionale.

Ci sono tre fonti che oggi consentono di certificare il "blocco universitario": le voci degli studenti universitari, i blog dei ricercatori (in particolare della Rete 29 Aprile), le proiezioni della Cgil scuola e ricerca. Uno dei nodi universitari è il nuovo ciclo del dottorato di ricerca: non può essere avviato perché occorrerebbe un decreto ministeriale, appunto, su proposta dell'Anvur, l'associazione nazionale di valutazione che è ancora lontana dall'essere operativa. Con la riforma tutte le borse di studio post-laurea sono state abolite, ad eccezione degli assegni di ricerca: i nuovi assegni sono bloccati, però, perché occorre un decreto ministeriale che ne fissi l'importo minimo. Gli assegnisti, va ricordato, nelle università italiane sono 16 mila.

Non è ancora chiaro se si potranno

far partire i bandi per i nuovi ricercatori a tempo determinato: secondo la Cgil violerebbero la legge Tremonti che riduce drasticamente la possibilità di assunzioni a tempo determinato nella pubblica amministrazione (le assunzioni del 2011 dovranno essere inferiori al 50% delle assunzioni dell'anno precedente). E, tra l'altro, occorrerebbero regolamenti d'ateneo che oggi non possono vedere la luce visto che siamo ancora alla fase precedente ai regolamenti: la revisione degli statuti. Lo hanno già messo in evidenza gli universitari della Rete della conoscenza: la "Gelmini" esclude dalla partecipazione ai progetti di ricerca gli attuali borsisti e contrattisti, gli studenti della triennale e delle scuole di specializzazione, gli studiosi stranieri. Difficile non pensare che questa scelta non sia impugnabile come "discriminazione".

Sono bloccate, e il motivo va ricercato nella necessità di mettere a posto i regolamenti d'ateneo, le chiamate su posti di associato dei futuri abilitati e poi chi volesse assumere qualcuno degli attuali idonei non chiamati (oltre 1.500) non potrebbe beneficiare dei fondi del piano straordinario previsto dall'ultima legge di stabilità (anche qui siamo in attesa di un decreto ministeriale).

Questo è lo stato dell'arte dell'università italiana. Se si guarda in avanti, la situazione si fa disperante. Nel 2012 la maggior parte degli atenei italiani, condannati a bilanci in rosso fisso, potrebbe trovarsi nell'impossibilità di reclutare docenti, a tempo determinato, a tempo indeterminato, per i vincoli finanziari aggravati dai nuovi tagli al finanziamento ordinario e dalle nuove regole di calcolo dei costi. La Cgil stima che il pensionamento previsto per il prossimo quinquennio porterà fuori dal sistema universitario il 50% dei professori ordinari e il 25% di associati e ricercatori: la metà non sarà reintegrata e ogni anno l'università italiana assisterà alla fuoriuscita di 600 professori ordinari mentre l'ingresso dei mille associati annunciati sarà frenato dal fatto che il 50% degli atenei non potrà fare assunzioni. Il taglio ai corsi di studio eccessivi e bizzarri, così voluto dal ministro Gelmini, si realizzerà naturalmente per la moria degli insegnanti.

I ricercatori? Tra pensionamenti e passaggi alla docenza si ridurranno di 2.000 l'anno. Un ricercatore borsista dell'Università di Parma, Cristian Cavozzi, dipartimento di Scienze della terra, ha segnalato la personale situazione. Il borsista da tre anni è impegnato insieme ad altri due colleghi in un progetto di ricerca finanziato interamente dall'Eni, ma nell'ultima stagione tutto è stato bloccato dall'Eni: "Non rientra più nelle forme contrattuali previste dal decreto legge". Sui 2 milioni di euro di importo globale, ai tre ricercatori da laboratorio di Parma sono spettati 180 mila euro a testa nel 2009 e altrettanti nel 2010. Per il 2011 la legge Gelmini non prevede il rinnovo per il bando ad hoc. Laura Romanò, rappresentante dei ricercatori, conferma: "Mancano i decreti attuativi, la legge ha azzerato tutto. Si rischia di andare avanti così per molto tempo". I tre ricercatori propongono una "moratoria" in nome del buon senso: "Non si potrebbe concedere una deroga alle borse in fase di rinnovo? Almeno prorogarle di qualche mese per dare un minimo di garanzie di continuità ai progetti di ricerca in corso". "La riforma", spiega Alessio Bottrighi, presidente dell'Associazione precari della ricerca, "non chiarisce se i vecchi assegni di ricerca possono essere rinnovati. E per i nuovi bisogna attendere il decreto del ministro". I vuoti normativi, dice Mimmo Pantaleo, segretario della Cgil scuola, "sta bloccando ogni forma di reclutamento e portando ad autentici licenziamenti di massa".

(22 marzo 2011)

 

LA PROTESTA

"Cultura e spettacolo al collasso, stop ai tagli"

Mobilitazione in teatri, cinema e musei

Contro il crollo della spesa statale per il settore, iniziativa nazionale il 26, 27 e 28 marzo. Si conclude al regio di Torino, con un incontro pubblico, fra denunce e proposte

di ALESSIA MANFREDI

"Cultura e spettacolo al collasso, stop ai tagli" Mobilitazione in teatri, cinema e musei Volantini in difesa del settore spettacolo alla rappresentazione del Nabucco, al teatro dell'Opera di Roma

ROMA - Tre giornate per dire no ai tagli per la cultura e lo spettacolo. Tre appuntamenti per informare e sensibilizzare cittadini, opinione pubblica e rappresentanti politici ed istituzionali, perché il settore, dal teatro alla danza, dalla musica al cinema, è in ginocchio. E il crollo di spese statali e sovvenzioni per l'anno in corso rischia di compromettere la sopravvivenza di moltissime attività, e di cancellare qualcosa come 220mila posti di lavoro, solo nello spettacolo. A rischio sono realtà di primo piano, note a tutti, pezzi della nostra storia: come Cinecittà Luce, che potrebbe chiudere i battenti; il teatro La Fenice di Venezia, che in questa situazione può garantire stipendi solo fino a luglio, o il festival delle letterature di Mantova, appuntamento di respiro internazionale, che quest'anno vedrà i finanziamenti del comune ridotti della metà.

Tre giorni per la cultura. Alzano la voce Federculture, Agis, Anci, Upi, la conferenza delle regioni e Fai e presentano la loro mobilitazione per il 26, 27 e 28 marzo: tre giornate nazionali dedicate alla cultura e allo spettacolo, presentate oggi a Roma. Date in cui, su tutto il territorio nazionale, cinema, teatri, musei, biblioteche e luoghi della cultura diventeranno centri di mobilitazione, in cui distribuire volantini e manifesti informativi, per spiegare i motivi della iniziativa. Nelle sale cinematografiche verrà proiettato lo spot "Divieto di cultura", realizzato apposta. Si conclude il 28 marzo al

Teatro Regio di Torino con un incontro pubblico di denuncia e di proposta. Per far ritirare il fiato ad un settore che è sinonimo di prestigio, e, più prosaicamente, produce ogni anno valore per 40 miliardi di euro, incidendo per il 2,6 per cento sul Pil nazionale.

Molte voci si sono levate con forza negli ultimi mesi per chiedere un ripensamento del governo sulla riduzione dei finanziamenti, denunciando una situazione ormai ai limiti, che ha portato anche a dimissioni eccellenti come quelle di Andrea Carandini 1dal Consiglio del Mibac. Il lancio di volantini 2 al Teatro dell'Opera di Roma, in occasione del Nabucco per le celebrazioni del 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia, ha riacceso i riflettori sul problema. Una marcia indietro è stata promessa a parole dal ministro Tremonti 3al maestro Riccardo Muti, per ristabilire il Fus, Fondo unico per lo spettacolo. Ma lo stato di crisi è senza precedenti nella storia repubblicana, denunciano gli addetti ai lavori. E non si paventa più una recessione, ma la vera e propria chiusura delle aziende e della produzione del settore, denuncia Roberto Grossi, presidente di Federculture: "Non bastano più le rassicurazioni verbali, in passato già disattese. Attendiamo atti concreti", dice Grossi.

Otto richieste. Sono otto le richieste rivolte al governo e al Parlamento dai promotori dell'iniziativa: Affermare la centralità della cultura nelle politiche economiche e sociali nazionali come strumento reale e documentato di crescita civile ed economica; assicurare livelli certi e adeguati di finanziamento del settore che ne permettano l'esistenza e lo sviluppo, iniziando dal reintegro del Fondo Unico dello Spettacolo; introdurre forme di incentivazioni fiscali per le donazioni a favore della cultura; garantire il tax-credit e il tax-shelter al cinema, attraverso risorse pubbliche o coinvolgendo tutte le realtà che utilizzano il prodotto film e non gravando sugli spettatori e/o sulle sole imprese dell'esercizio cinematografico; sostenere l'occupazione e lo sviluppo delle professionalità del settore, anche attraverso opportuni interventi formativi; investire su una efficace valorizzazione e tutela del nostro patrimonio culturale ed ambientale, coinvolgendo anche gli enti locali; promuovere i processi di modernizzazione nella gestione e nella produzione, anche sostenendo la creatività giovanile; attuare, infine, politiche culturali di livello europeo.

I tagli per il 2011. Anche il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, ha ricordato il valore centrale della cultura, della scienza e dell'istruzione, definendo poco intelligenti i tagli 4in questi campi. E il dossier dei tagli per il 2011 presentato dai promotori della mobilitazione fotografa una realtà a dir poco preoccupante: negli ultimi cinque anni l'intervento dello Stato nella cultura è sceso di oltre il 30 per cento. La dotazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali solo nell'ultimo anno, tra il 2010 e il 2011, è diminuita del 14,6 per cento, passando da 1.710 a 1.459 milioni di euro. A ciò va aggiunto il crollo del finanziamento statale dello spettacolo: il Fondo Unico per lo Spettacolo raggiunge nel 2011 il suo minimo storico: lo stanziamento sarà di 231 milioni di euro, quasi la metà del finanziamento del 2010 (-43,52 per cento). Non è difficile capire che le ripercussioni sui diversi settori dello spettacolo saranno pesantissime, dalle fondazioni liriche al cinema, alle attività circensi, alla danza.

Bisogna poi considerare che anche la riduzione dei trasferimenti statali per il 2011 alle Regioni - pari complessivamente a 4 miliardi - e a Province e Comuni - rispettivamente pari a 300 milioni e 1,5 miliardi - avrà inevitabilmente ricadute anche sulla spesa in cultura delle amministrazioni locali. Al taglio dei trasferimenti a Regioni ed Enti locali si aggiungono, poi, norme che impediscono a questi enti di spendere risorse dei loro bilanci, come ad esempio la limitazione al 20 per cento di quanto speso nel 2009 per mostre e promozione.

Nel 2009 lo spettacolo, nel complesso, ha generato una spesa del pubblico di quasi 3,5 miliardi di euro. Impiega 250mila lavoratori fissi, e con gli stagionali si arriva a 500mila. Gli scenari che si aprono, per la cultura italiana, rischiano di compromettere seriamente la sopravvivenza di moltissime attività. Sul fronte dello spettacolo, dicono gli organizzatori della mobilitazione, il taglio del 40 per cento delle risorse statali si tradurrà in tagli della stessa entità per la produzione e occupazione. Nel settore si perderanno 220mila posti di lavoro. Qualche esempio concreto? La danza riceverà la metà dei fondi rispetto al 2009 e centinaia, fra danzatori e maestranze, pederanno il posto. La Fondazione Santa Cecilia a Roma, per la riduzione del contributo del Fus, dovrà far calare il sipario su produzioni e terminare attività come la bibliomedioteca o la Juniororchestra. La biblioteca di storia patria a Napoli ha già chiuso, quella nazionale di Firenze resta aperta solo mezza giornata.

Una situazione paradossale: la cultura è l'attività che "più di ogni altra rende riconoscibile e qualifica nel mondo il nostro Paese" ricorda Andrea Ranieri, responsabile cultura dell'Anci e assessore alla cultura del comune di Genova. "Ma il nostro governo sembra non saperlo", dice. Oltre ai tagli, preoccupa anche il fatto che è tutto fermo anche sul fronte delle riforme, sottolinea il vicepresidente dell'Agis, Maurizio Roi. "La legge quadro è bloccata - ha detto al Giornale dello Spettacolo -, non ci sono state risposte alla richiesta di modifica dei regolamenti, non è stata concessa l'apertura del tavolo sulle misure di protezione sociale dei lavoratori, tutte le promesse sono state puntualmente disattese". Uno stallo in cui lavorare diventa impossibile: "Così si distrugge ogni possibilità che amministratori seri e lavoratori di Teatri seri possano esercitare la propria responsabilità", sostiene Sergio Escobar, direttore del Piccolo di Milano. Anche la Biennale di Milano è in sofferenza: senza una cifra minima non si può progettare la prossima mostra, avverte il presidente Paolo Baratta.

Per questo parte questo weekend la mobilitazione, ma già da domani ci saranno iniziative: a Roma, alle 14:30 in piazza Montecitorio ci sarà una manifestazione in difesa della danza, indetta da Federdanza Agis. Giovedì alle 11:30 è in programma un sit-in di protesta al ministero dell'economia. Venerdì 25 è sciopero generale della produzione culturale e dello spettacolo, con la serrata dei teatri. Da sabato, poi, si parte con la tre giorni nazionale, in tutta Italia. E il 27 marzo il settore teatrale italiano non festeggerà la giornata mondiale del teatro.

(22 marzo 2011)

 

L'INIZIATIVA

I precari si mobilitano in Rete

"Siamo stanchi, ad aprile in piazza"

L'appuntamento in molte città italiane."Questo governo distrugge il futuro". Dai lavoratori agli astudenti alle associzioni, le adesioni si moltiplicano di CARMINE SAVIANO

I precari si mobilitano in Rete "Siamo stanchi, ad aprile in piazza"

Riprendersi il futuro. Ora, perché "la vita non aspetta". E qui, in Italia, perché "questo paese non ci somiglia, ma non abbiamo nessuna intenzione di abbandonarlo". Aumentano le adesioni a "Il nostro tempo è adesso" 1, la mobilitazione lanciata in rete da un gruppo di giovani italiani. Precari ma agguerriti. Stanchi ma decisi ad agire per cambiare lo status quo. Con una svolta generazionale che cancelli rendite, raccomandazioni, clientele. Dalla convivenza incivile a una nuova Italia. L'appuntamento è in piazza, nelle città italiane, il 9 aprile.

L'appello. Le parole de 'Il nostro tempo è adesso viaggiano e si diffondono in Rete. E grazie al web crescono, attirando sempre più consensi. "Questo grido è un appello a tutti a scendere in piazza: a chi ha lavori precari o sottopagati, a chi non riesce a pagare l'affitto, a chi è stanco di chiedere soldi ai genitori, a chi chiede un mutuo e non glielo danno, a chi il lavoro non lo trova e a chi passa da uno stage all'altro". E ancora: "alle studentesse e agli studenti che hanno scosso l'Italia, a chi studia e a chi non lo può fare, a tutti coloro che la precarietà non la vivono in prima persona e a quelli che la 'paganò ai loro figli".

"Questo governo distrugge il futuro". E le adesioni sono numerose. Le ultime, in ordine di tempo, sono quelle degli studenti dell'Unione degli Universitari e della

Rete degli studenti. Che scrivono: "Non siamo più disposti ad aspettare, a delegare ad altri il nostro presente, a berci ancora una volta la storiella del futuro che prima o poi arriverà, quel lontano futuro in cui finalmente sarà il nostro momento". Poi l'individuazione delle cause. Tutte politiche: "Questo governo sta distruggendo il nostro presente e il nostro futuro. Distrugge scuole e università con tagli indiscriminati e riforme scellerate, dequalifica il lavoro condannandoci a una dipendenza a vita dalle nostre famiglie, a dover vivere con l'angoscia di un contratto che scade e una borsa di studio che non ci viene più data".

Un paese nell'ombra. Poi i numeri. Quelli dell'economia, indicatori che descrivono il presente dei ragazzi italiani in modo spietato. Diciannove, come la percentuale di laureati italiani nella fascia d'età dai 20 ai 30 anni. In Europa la media è del quaranta. Ventinove, la percentuale di giovani tra i 14 e i 24 anni che ha lasciato gli studi. 827, gli euro in busta paga di un neolaureato. Due anni fa erano più di mille e cento. Un paese grigio, nell'ombra. Dove la precarietà si fa vita, "assenza quotidiana di diritti". E studio, casa, reddito, salute diventano parole sempre più lontane dal quotidiano.

Le adesioni. Alla manifestazione del 9 aprile hanno aderito già tante parti della società civile. Tra le associazioni: Articolo 21, Prossima Italia, Valigia Blu, Pugliamo l'Italia, Errori di Stampa, Popolo Viola, Reset Italia, European Alternatives. Poi i Lavoratori Phonomedia in lotta di Catanzaro, Donne di Classe, Arte della Resistenza. Tra i personaggi della cultura e dello spettacolo: Silvia Avallone, Valerio Mastandrea, Jasmine Trinca, Dario Vergassola, Ascanio Celestini, Luciano Gallino, Giulia Innocenzi, Michele Serra e Margherita Hack. In cantiere anche incontri e iniziative preparatorie. Come quella di stasera a Roma. Per fare il punto della situazione e mettere a punto i dettagli per il nove aprile.

(22 marzo 2011)

 

 

 

2011-03-20

MOVIMENTI

Di Carmine Saviano

19

mar

2011

"Abroghiamo la riforma Gelmini"

In campo contro la riforma. Un referendum per abrogare la riforma Gelmini. Per ridurre la distanza tra palazzo e società bloccando una legge che cancella diritti e possibilità. E’ la proposta lanciata in da alcuni collettivi studenteschi. "Non siamo feticisti dello strumento referendario e riteniamo che di esso si è eccessivamente abusato. Ma quando è stato utilizzato per questioni di grande importanza, il quorum è stato abbondantemente raggiunto". Un’ipotesi per continuare la protesta. E per richiamare in azione tutte le parti della società civile che lo scorso dicembre hanno manifestato contro la distruzione dell’università italiana.

Rilanciare il movimento. Le argomentazioni sono contenute in un appello che il collettivo romano K5 ha pubblicato sul suo blog. Prima una dichiarazione di principio: "il referendum è uno strumento pensato dai costituenti proprio per colmare situazioni, come l’attuale, di distanza abissale tra palazzo e società". Poi la tattica: "la battaglia referendaria consentirebbe di avere obbiettivi di breve periodo, si pensi alla raccolta firme, fondamentali per riavvicinare le tante persone non militanti abituali che però si sono mobilitate nello scorso autunno". E inoltre, "riaprirebbe il dibattito sull’istruzione pubblica". A lanciare l’iniziativa anche il gruppo "Docenti preoccupati" dell’università di Bologna.

Dal sito di repubblica

http://k5.splinder.com/post/24315045/apppello-per-il-referendum-abrogativo-della-legge-gelmini

Collettivo Studi Orientali K5

APPPELLO PER IL REFERENDUM ABROGATIVO DELLA LEGGE GELMINI

venerdì, 18 marzo 2011 16:43

Siamo studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori e docenti, parte di quella comunità accademica che nello scorso autunno ha espresso tutta la propria avversione al disegno di distruzione dell’Istruzione pubblica posto in campo dal governo. Nonostante le grandi mobilitazioni, animate da un diffuso malessere sociale e da un’angoscia esistenziale di una generazione a cui è stato negato tutto, a partire dal diritto al futuro sempre più caratterizzato da incertezza, precarietà e disoccupazione, non possiamo non prendere atto della sconfitta, non essendo stati raggiunti i due principali obbiettivi che il movimento si era posto: bloccare il ddl Gelmini e mandare a casa il governo. D’altro canto, non poteva essere altrimenti, dati i rapporti di forza in Parlamento. Tuttavia quel grande movimento qualcosa di importante ha prodotto, se si considera la grande simpatia che ha suscitato presso l’opinione pubblica, simpatia che significa una sola cosa: consapevolezza dell’importanza della scuola e dell’Università pubblica per il futuro dei giovani, che è poi il futuro del paese. Quel movimento è arrivato ad un passo dalla vittoria, ha costretto a rinviare l’approvazione definitiva della controriforma fino alla vigilia di natale, sebbene sull’impostazione di fondo del ddl Gelmini vi fossero convergenze trasversali in Parlamento: gli studenti hanno imposto all’opposizione parlamentare che, fino all’esplosione delle mobilitazioni, si era mostrata dialogante con il governo e sostanzialmente concorde con il provvedimento, di assumere una posizione di netta opposizione, se non di ostruzionismo. Ma, quel movimento, più di ogni altra cosa, ha palesato la distanza siderale tra le istituzioni e la società reale, la società di chi lavora e spera che i propri figli, attraverso lo studio, possano emanciparsi; in una battuta, il movimento ha posto in evidenza la solitudine dei palazzi del potere, trasformati in quei giorni in mercati a prezzo di saldo! La breccia che quel movimento ha aperto nell’opinione pubblica e l’importanza delle istanze portate avanti è stata poi riaffermata e rafforzata dalla volontà del Presidente della Repubblica di incontrare una delegazione del movimento, una volontà che scaturiva anche da un messaggio forte e chiaro lanciato dal movimento, quello per cui la battaglia in difesa dell’istruzione pubblica è battaglia in difesa della Costituzione, non solo di suoi singoli articoli, come il 34, ma del suo senso più profondo, e cioè quello per cui tutti i cittadini partecipino consapevolmente e democraticamente a determinare la politica del paese: tale visione presuppone necessariamente che sia garantito a tutti i cittadini, senza distinzioni di reddito, il raggiungimento dei più elevati livelli di istruzione, perché è solo la cultura che fornisce senso critico e capacità di discernimento, unici veri antidoti contro il buio della ragione, foriero di tante sventure per l’umanità. Senza dimenticare che il diritto all’Istruzione è ormai un diritto umano fondamentale, recepito anche dall’articolo 26 della Carta delle Nazioni Unite. Alla luce delle considerazioni che precedono, in una fase come l’attuale, in cui il movimento pare vivere una situazione di stanca, dobbiamo porci il tema del rilancio di una forte mobilitazione in difesa dell’Istruzione pubblica, che è dovere morale prima ancora che politico. A tal proposito osserviamo che, nonostante il fondamentale sciopero generale del 6 maggio,da costruire e generalizzare ulteriormente, non possiamo ritenere che sia quello sciopero a rilanciare il movimento, perché si pone troppo in là nel tempo. Esso deve invece costituire il punto di arrivo di una nuova forte mobilitazione che parta in ogni singola facoltà, e affinché ciò si realizzi proponiamo di lanciare un referendum abrogativo del ddl Gelmini. Non siamo feticisti dello strumento referendario e riteniamo che di esso si è eccessivamente abusato, ragione per la quale spesso non si è raggiunto il quorum: va tuttavia ricordato che quando si è svolto referendum su questioni di grande importanza, che toccavano tutti gli italiani, il famigerato quorum è stato abbondantemente raggiunto, è il caso del referendum costituzionale del 2006, troppo presto dimenticato; d’altro canto esso è pur sempre uno strumento di democrazia diretta, pensato dai costituenti proprio per colmare situazioni, come l’attuale, di distanza abissale tra palazzo e società. Inoltre la battaglia referendaria consentirebbe di avere obbiettivi di breve periodo, si pensi alla raccolta firme, fondamentali per riavvicinare le tante persone non militanti abituali che però si sono mobilitate nello scorso autunno; ancora, riaprirebbe il dibattito sull’istruzione pubblica già sopito nuovamente. Ipotesi alternative sono difficilmente percorribili e d’altra parte potremmo concretizzare quel grande consenso di cui il movimento ha goduto, raccogliendo rapidamente le firme, raggiungendo il quorum e determinando effetti devastanti per l’attuale quadro politico; infine esso consentirebbe di ripetere l’esperienza del referendum sull’acqua pubblica che ha visto partecipe la parte migliore della società italiana.

Collettivo K5 Studi Orientali – La Sapienza

Collettivo di Giurisprudenza – La Sapienza

Collettivo di Psicologia – La Sapienza

Docenti Preoccupati – UniBo

 

 

 

2011-01-18

IL CASO

Il giallo delle prove Invalsi

scricchiola il "sistema Gelmini"

Le prove per testare il livello di preparazione degli alunni italiani in programma a maggio, ma restano i dubbi sulla loro obbligatorietà e i cobas hanno lanciato una campagna che le contesta. I dubbi dell'avvocato dello Stato di SALVO INTRAVAIA

Il giallo delle prove Invalsi scricchiola il "sistema Gelmini"

Giallo sulle prove Invalsi, in calendario dal 10 al 13 maggio prossimi, le prove che testano il livello di preparazione degli alunni italiani. Sono obbligatorie o le scuole possono decidere di non farle? Egli insegnanti sono obbligati a somministrare i test? Dopo la lettera dell'avvocato dello Stato, Laura Paolucci, e la presa di posizione dei Cobas, la questione è tutt'altro che chiara. E le prove Invalsi, che per la prima volta diventano obbligatorie anche al superiore, rischiano di naufragare. I presidi delle scuole superiori si riuniscono, si chiamano e si interrogano sul da farsi. Alcuni chiedono al collegio di esprimersi in merito, altri inviano circolari perentorie: sono obbligatorie e occorre svolgerle. Ma come stanno in effetti le cose?

Le scuole hanno l'obbligo fare svolgere agli alunni delle scuole elementari (seconda e quinta), medie (prime) e superiori (seconda) le prove predisposte dall'Invalsi annualmente, ma gli insegnanti della scuola non hanno nessun obbligo di somministrare i questionari, di compilare le relative schede, né tanto meno di sorvegliare le classi durante lo svolgimento delle prove. Si tratterebbe, per i docenti, di lavoro straordinario che il capo d'istituto dovrebbe trovare il modo di retribuire con un compenso a parte. Se tutti i docenti a maggio si rifiutassero di "collaborare" con l'Invalsi, con quale personale potrebbe assicurare lo svolgimento delle prove il dirigente scolastico?

Ma c'è di più: le scuole non hanno fondi da distribuire per un'attività che non è

contemplata nel contratto di lavoro degli insegnanti e che non si saprebbe neppure come classificare. Secondo i Cobas, che stanno portando avanti una campagna nelle scuole per fare saltare le prove, "tutto il lavoro richiesto ai docenti per la somministrazione dei test non è obbligatorio". Tutte le operazioni connesse con i test Invalsi comportano un lavoro aggiuntivo che non rientra fra i compiti "obbligatori" del docente e che, quindi, non è tenuto a svolgerlo. I docenti che decidessero di accettare tale compito aggiuntivo devono comunque essere remunerati con il fondo di istituto.

Linea sostanzialmente confermata dall'avvocato dello Stato, Laura Paolucci, in una missiva pubblicata sul sito dell'Ufficio scolastico regionale del Piemonte: le prove sono obbligatorie per le scuole e il collegio dei docenti non ha nessun potere di deliberare in merito. Gli obblighi di lavoro dei docenti sono articolati in "attività di insegnamento" e "attività funzionali all'attività di insegnamento". La somministrazione delle prove Invalsi non può essere considerata, ovviamente attività di insegnamento, né attività funzionale, in quanto il contratto le elenca. E tra queste troviamo: la preparazione delle lezioni e delle esercitazioni; la correzione degli elaborati; la cura dei rapporti individuali con le famiglie. Ma anche la partecipazione ai consigli di classe, ai collegi dei docenti, i ricevimenti con le famiglie e gli scrutini.

Di eventuali prove, come quelle Invalsi, non vi è traccia. Ma alcuni presidi contano di aggirare l'ostacolo organizzando la somministrazione delle prove durante le ore di lezione. E' possibile, in questo modo, risolvere il problema? Gli insegnanti, a questo punto, sono obbligati a svolgere un'attività diversa da quelle previste dalla cosiddetta "funzione docente"? La questione non mancherà di aprire altre polemiche, almeno fino a maggio.

Ma è l'intero sistema di valutazione messo in piedi dal ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, che nel complesso scricchiola. Il milleproroghe ne ha disegnato l'architettura in questo modo: l'Indire (l'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa), che si occuperà della valutazione degli insegnanti; l'Invalsi, che testa la preparazione degli alunni, e il "corpo ispettivo", che valuterà le scuole e i dirigenti scolastici. Un sistema che si regge su "tre gambe".

Ma l'Invalsi, prima gamba del sistema di valutazione, è zoppa: potrebbe avere in futuro difficoltà a somministrare le prove agli alunni, perché nel contratto dei docenti non è previsto nessun impegno in tal senso. La seconda gamba, l'Indire, non c'è. E' stato chiuso con la finanziaria e nel 2007 e l'altro istituto, l'Ansas (l'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica) - che secondo i decreti del ministro Gelmini dovrebbe svolgere un ruolo di consulenza riguardo ai progetti sul merito lanciati a Milano, Napoli e Torino, per gli insegnanti, e a Siracusa, Pisa e Cagliari, per le scuole - è stato prorogato di un anno, ma non ha tra le sue competenze quelle di valutare scuole e insegnanti. Insomma, un pasticcio.

La cosa è emersa in commissione Cultura al Senato qualche giorno fa. "Pur prendendo atto - ha dichiarato il sottosegretario Giuseppe Pizza - delle dichiarazioni rese dal rappresentante del governo in commissione, secondo cui si tratta di un errore tecnico, resta da chiarire se è intenzione del governo attribuire all'Ansas anche compiti di valutazione ovvero modificare diversamente la norma sul milleproroghe".

C'è poi il corpo ispettivo, la terza gamba, che però ha il personale ai minimi termini. E il concorso in fase di svolgimento si preannuncia in salita: per un pasticcio nel bando, tantissimi esclusi ai test di ammissione si sono rivolti al Tar e la selezione, che comunque vadano le cose non si completerà prima di un anno, potrebbe subire uno stop, lasciando il sistema zoppo anche della terza gamba.

(18 marzo 2011)

 

 

 

2011-01-15

L'INIZIATIVA

Le dieci risposte agli studenti

"Tornare a investire sul sapere"

L'Unione aveva lanciato in rete un questionario dedicato ai partiti, per misurare il loro impegno sul mondo della scuola. Per ora hanno risposto Pd e Idv, vediamo come

di CARMINE SAVIANO

Le dieci risposte agli studenti "Tornare a investire sul sapere"

Dieci domande sui temi dell'istruzione e della scuola pubblica. 1 Un questionario lanciato in rete dall'Unione degli Studenti. E a cui hanno risposto Antonio Di Pietro per l'Italia dei Valori. E Manuela Ghizzoni, Giovanni Bachelet, Maria Coscia, Letizia De Torre, Rosabruna De Pasquale, Emilia De Biasi, Riccardo Franco Levi, Eugenio Mazzarella, Giovanna Melandri, Caterina Pes, Sabina Rossa, Tonino Russo, Alessandra Siragusa, Francesca Puglisi e Luigi Nicolais per il Partito Democratico.

Ecco le loro posizioni.

1) I nostri istituti cadono a pezzi, il 50% delle scuole non è a norma, solo con un piano di investimenti per 14 miliardi di euro si potrà risolvere il problema dell'edilizia scolastica. Vi impegnate a votare in Parlamento l'adeguato finanziamento della legge 23/96 per la messa in sicurezza degli edifici scolastici?

Pd: Sí: il piano straordinario per l'edilizia scolastica è una delle "Dieci proposte per la scuola di domani". In quel documento abbiamo reclamato risorse, snellimento delle procedure e soluzioni innovative dal punto di vista architettonico, edilizio ed energetico.

Idv: Sì. L'IdV intende attuare le politiche necessarie a garantire a tutti gli studenti la sicurezza e la vivibilità dei plessi scolastici. Inoltre intendiamo vigilare sul rispetto delle leggi sulla sicurezza e agibilità, che risultano puntualmente disattese a causa dei tagli attuati da

questo governo, la cui più diretta e tangibile conseguenza è il sovraffollamento delle aule.

2) Il diritto allo studio nel nostro paese è inesistente. Da anni chiediamo una legge quadro che stabilisca i livelli essenziali delle prestazioni e adeguamenti finanziamenti alla Regioni per garantire a tutti gli studenti, come sancito dalla Costituzione, borse di studio, trasporti e servizi. Vi impegnate a promuovere in Parlamento questa legge?

Pd: Sí, una tale legge è ingrediente irrinunciabile alla piena attuazione dell'autonomia scolastica e del Titolo V della Costituzione per quel che riguarda l'istruzione. La normativa in materia dovrebbe affrontare globalmente il "diritto alla conoscenza per tutti" al fine di garantire a ciascuno opportunità formative per tutto l'arco della vita.

Idv: Sì. Siamo dell'opinione che la legge quadro debba contemplare come parametri sia il merito che il reddito.

3) Molti studenti sono inseriti in percorsi di alternanza scuola-lavoro e stage senza alcun diritto, tutela o garanzia di qualità di questo canale formativo. Vi impegnate a votare in Parlamento uno statuto dei diritti degli studenti in stage, per garantire che si tratti di un vero percorso di formazione e non di semplice manodopera gratuita per le imprese?

Pd: Sí, accompagnando lo statuto dei diritti ad interventi normativi e finanziari grazie ai quali esso non rimanga lettera morta, oppure ottenga l'effetto involontario di impedire l'alternanza fra scuola e lavoro. Abbiamo invece contrastato, con tutti gli strumenti parlamentari a disposizione, l'apprendistato selvaggio introdotto da questo governo e il relativo abbassamento dell'obbligo scolastico da 16 a 15 anni.

Idv: Sì, l'IdV ha già avuto occasione di esprimere la sua posizione in merito all'obbligo scolastico che, a nostro avviso, deve essere innalzato al diciottesimo anno di età. In merito all'alternanza scuola-lavoro, un punto chiave del nostro programma prevede proprio, per gli istituti tecnici e professionali, l'individuazione di percorsi strutturati di alternanza scuola-lavoro attraverso la formula degli stages, integrati al curricolo e funzionali al raggiungimento degli obiettivi disciplinari, ma che non compromettano la possibilità degli studenti di continuare il loro percorso scolastico anche in prospettiva del proseguimento degli studi universitari.

4) Nel 2000 il centrodestra e il centrosinistra hanno votato insieme la legge di parità che permette alle scuole private di accedere a finanziamenti sottratti alla scuola pubblica. Vi impegnate ad abrogare questa legge, riconoscendone la deriva che ha avuto soprattutto negli ultimi anni?

Pd: No. Anzitutto va precisato che la legge 62/2000 (parità scolastica) non fu affatto approvata insieme da centrosinistra e centrodestra: nel 2000 il centrodestra votò compatto contro. La legge passò con i soli voti del centrosinistra, che la riteneva essenziale per mettere ordine nei finanziamenti alla scuola privata e per finanziare le scuole materne comunali. Infatti, anche se molti lo ignorano, le "scuole paritarie" o "scuole non statali" che la legge 62 integra nel sistema nazionale della pubblica istruzione non sono solo le "parificate". Sono paritarie e ricevono finanziamenti da questa legge anche le scuole comunali e provinciali, che contribuiscono in modo decisivo al diritto dei bambini a frequentare scuola pubblica dell'infanzia. "Per questi motivi, nel 2000, votò a favore la quasi totalità dei parlamentari che sosteneva l'allora Governo di centrosinistra (oggi distribuiti fra PD, Idv, SeL e Comunisti Italiani)".

Attualmente alle scuole paritarie sono stanziati ogni anno un po' meno di 500 milioni, cioè circa un centesimo dei fondi destinati dal ministero alle scuole statali: una cifra che evidentemente non compensa i miliardi tagliati dalla Gelmini alla scuola statale. Non è la scuola paritaria che impoverisce quella statale, è il Governo che impoverisce tutta la scuola pubblica destinandone le risorse ad altri scopi. La contrapposizione fra paritarie e statali serve alla propaganda di Berlusconi, che poi taglia i fondi a tutte e due. E' comunque vero che occorre un monitoraggio dell'applicazione della legge 62 soprattutto su due fronti: l'accreditamento e la valutazione delle scuole paritarie, e la garanzia di una scuola laica e pluralista di qualità su tutto il territorio nazionale.

Idv: Sì. L'IdV si impegnerà affinché l'art. 33 della nostra Costituzione venga rispettato e le scuole private non costituiscano un onere per lo Stato. Tutte le nostre energie si riverseranno nella difesa della scuola pubblica statale, istituzione indispensabile per garantire pari opportunità a tutti i cittadini.

5) L'autonomia scolastica, invece di produrre protagonismo, partecipazione e qualità della didattica, ha prodotto dirigismo e autoritarismo. Siete disposti a votare in Parlamento una Carta dell'autonomia per garantire reale partecipazione alla vita scolastica da parte degli studenti e delle studentesse?

Pd: Una carta dell'autonomia non ci pare sufficiente a risolvere i problemi di una autonomia colpevolmente lasciata a metà e colpita da un diluvio di norme centralistiche dalla Gelmini; i problemi si risolvono completando normativamente l'autonomia ma soprattutto dotandola di risorse e valutazione di rango europeo, il contrario di quanto fa questo governo.

Idv: Sì. Siamo convinti che l'autonomia scolastica abbia fatto da apripista all'introduzione all'interno delle scuole di criteri aziendalistici e privatistici che, spesso in nome della competitività, ha sacrificato una seria riflessione di natura didattica e pedagogica. La partecipazione attiva e consapevole degli studenti alle attività della scuola è un elemento irrinunciabile, da potenziare all'interno in un progetto complessivo che valorizzi gli organi collegiali delle scuole.

6) Nel 2008 sono stati tagliati 8 miliardi di euro alla scuola pubblica, circa il 6% del suo bilancio. Gli effetti di questi tagli sono devastanti: scuole chiuse il pomeriggio, mancanza di strumenti didattici, carenza anche degli accessori più banali come gessetti e carta igienica: siete disposti a tagliare le spese militari per finanziare una didattica di qualità?

Pd: Sì, senza venire meno al ruolo internazionale che compete al nostro Paese, come peraltro richiesto in una nostra mozione presentata alla Camera. Ma non dimentichiamo che la soluzione definitiva verrà da nuovi governanti capaci, quali sono stati Ciampi, Prodi e Padoa Schioppa, di far quadrare i conti anche in tempi difficili senza danneggiare la scuola. Il governo attuale ha massacrato la scuola e ha pure peggiorato i conti. I tagli alla scuola hanno invece finanziato operazioni sbagliate come il taglio dell'ICI ai ricchi, il salvataggio dell'Alitalia e le spese pazze di Bertolaso e della cricca.

Idv: Sì. Uno dei cavalli di battaglia dell'IdV in questi anni di mobilitazione in difesa della scuola pubblica è stato proprio la necessità di tagliare le spese militari e finanziare quelle per l'istruzione e la ricerca.

7) Sono circa 700 mila gli studenti migranti nelle scuole pubbliche italiane. Siete disposti a votare un piano straordinario per garantire l'integrazione di questi studenti con programmi di scolarizzazione ad hoc?

Pd: Sí. Il tema della varietà delle lingue, delle culture e delle fedi è sempre più importante per la scuola italiana. E' stata depositata una proposta di legge che istituisce un fondo per l'insegnamento della lingua italiana, per la formazione di docenti e dirigenti e per altre iniziative legate all'interculturalità nella scuola. "Integrazione" è un termine limitativo: una delle "Dieci proposte per la scuola di domani" parla di promozione della cittadinanza attiva in una società e in una scuola sempre più interculturale. Secondo noi la scuola può e deve dare un contributo decisivo alle grandi sfide culturali e globali del mondo di oggi.

Idv: Sì. Siamo sempre stati favorevoli alla necessità di garantire un'effettiva integrazione per gli studenti non di madrelingua italiana. Abbiamo combattuto strenuamente contro i tagli alle ore di italiano previsti dalla riforma Gelmini delle superiori, anche nella consapevolezza della maggior presenza di studenti stranieri nelle nostre scuole.

8) L'Italia è il fanalino di coda in Europa per il tasso di dispersione scolastica: ha una media del 20% con picchi del 30% in regioni come Veneto e Calabria. Cosa fareste per limitare questo fenomeno?

Pd: Sul versante dei percorsi scolastici occorre una riforma capace di aggredire l'età critica della dispersione. Si dovranno rivedere, se necessario, durata e modalità didattiche. Si dovrà curare l'orientamento, prevedere per tutti l'alternanza scuola-lavoro, sottrarre istruzione e formazione professionale al destino di Cenerentola riportandole a livelli europei. Occorre però anche ricordare che la dispersione scolastica fotografa il contesto e che ad essa segue quasi sempre l'esclusione sociale, il degrado e, in alcune zone, il reclutamento nella malavita organizzata. Per questo, ben prima delle scuole medie, risultano essenziali al contrasto alla dispersione sia la scolarizzazione precoce, sia il potenziamento della scuola dell'infanzia e del tempo pieno nella scuola primaria, presente in percentuale irrisoria nel Sud: il contrario di quanto fatto negli ultimi anni dall'attuale governo nazionale.

Idv: Per combattere seriamente la dispersione scolastica, a nostro avviso, vanno messe in campo varie strategie: ridurre il numero degli alunni nelle classi per consentire realmente agli insegnanti la possibilità di elaborare e realizzare percorsi di apprendimento individualizzati; effettuare una seria attività di orientamento nella scelta dei corsi di studi che gli studenti dovranno intraprendere; favorire la continuità dei curricula e creare momenti di raccordo tra i diversi gradi del nostro sistema di istruzione, come prevede il nostro programma di riforma della scuola.

9) A scuola l'unica religione che si insegna è la religione cattolica. Siete disposti a votare un provvedimento, nel rispetto della laicità dello stato, finalizzato a una scuola che insegni storia delle religioni?

Pd: All'epoca della revisione del Concordato, Scoppola ed altri proposero di sostituire l'insegnamento della religione cattolica con la storia delle religioni. La proposta non fu raccolta. Senza modificare gli accordi concordatari è invece possibile aggiungere un insegnamento di questo tipo, attento alle tradizioni religiose oggi presenti in Italia; è una proposta di legge che è stata promossa da alcuni deputati del PD. Tutto il PD ha piú volte reclamato, a gran voce, il finanziamento dell'ora alternativa alla religione, la cui assenza è un'offesa alle libertà religiose e calpesta il diritto di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica.

Idv: Il monopolio esclusivo della religione cattolica rappresenta sicuramente un forte limite al processo di integrazione culturale che noi auspichiamo. Facciamo però una proposta ancora più laica: perché non pensare ad attivare l'insegnamento di cittadinanza e Costituzione da affidare ad insegnanti di discipline giuridiche?

10) In questi mesi abbiamo riempito le piazze e le strade con manifestazione e cortei, siamo saliti sui monumenti, abbiamo occupato scuole e università, rivendicato un futuro di dignità, libero dalla schiavitù della precarietà e dall'obbligo dell'emigrazione. Che soluzioni proponete come alternativa alla fuga?

Pd: Un governo capace di rimettere in piedi l'economia del Paese e farlo risorgere dalle macerie morali, civili, sociali e culturali del berlusconismo al tramonto; di far ripartire l'economia scommettendo sul superamento delle disparità sociali e territoriali, sulla crescita e la migliore distribuzione della ricchezza non a spese dei saperi, ma grazie al loro rilancio. Il nostro governo di domani.

Idv: Siamo convinti che una seria politica di investimenti nella cultura e nella ricerca, unita alla lotta contro ogni forma di precariato e flessibilità selvaggia del mondo del lavoro, possa favorire la ripresa economica e civile del nostro Paese e costituisca la risposta alla ormai ineludibile richiesta di migliorare la qualità delle nostre vite.

(15 marzo 2011)

 

 

 

FINANZIARIA

Beni culturali: "Troppi tagli nel settore"

Carandini si dimette da consiglio Mibac

Il professore di archeologia, nominato presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali dal ministro Bondi nel 2009 ha motivato la propria decisione data "l'impossibilità del ministero di svolgere quell'opera di tutela e sviluppo del patrimonio culturale". Il Pd: "Berlusconi dovrebbe chiedere scusa alla cultura italiana"

Beni culturali: "Troppi tagli nel settore" Carandini si dimette da consiglio Mibac Andrea Carandini

ROMA - Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali, si è dimesso. Lo si è appreso dal ministero dei Beni culturali. Le dimissioni irrevocabili sono state rassegnate "nella constatazione dell'impossibilità del ministero di svolgere quell'opera di tutela e sviluppo del patrimonio culturale stante la progressiva e massiccia diminuzione degli stanziamenti di bilancio".

Il Consiglio superiore, spiega il ministero per i Beni e le Attività Culturali (MIBAC) in una nota, che ha preso atto dell'irrevocabilità delle dimissioni, "condividendo le considerazioni del presidente Carandini, ha sospeso la seduta in attesa che il ministro Bondi compia un atto politico responsabile che garantisca il positivo interessamento del Parlamento e del governo riguardo la drammatica situazione i cui versano i Beni culturali".

Carandini era stato nominato presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali dal ministro Bondi il 25 febbraio 2009 al posto del dimissionario Salvatore Settis che aveva lasciato l'incarico per dissenso sulla gestione e sulla tutela della politica culturale del governo. Carandini è professore ordinario dal 1980 e dal 1992 insegna archeologia presso l'Università di Roma 'La Sapienza' ed è uno dei più illustri e autorevoli archeologi a livello internazionale.

Le reazioni. "Berlusconi dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa alla cultura italiana per le dimissioni di Andrea Carandini, grande archeologo

e persona perbene che oggi si è ribellato all'assassinio della cultura italiana". È quanto dichiara il vicepresidente dei senatori del Partito democratico Luigi Zanda. "Di fronte all'agonia del cinema, della musica e del teatro italiani, di fronte al taglio delle risorse per la conservazione e per la tutela del patrimonio artistico, di fronte alla crisi del sistema museale, dopo le proteste di Riccardo Muti, Bruno Cagli, Daniel Barenboim e Sergio Escobar, adesso per la seconda volta nel giro di due anni il Consiglio superiore dei Beni culturali vede il suo presidente dimettersi per protesta nei confronti delle scelte del governo Berlusconi", sottolinea Zanda. Di una scelta di grande dignità fatta da Carandini parla Francesco Rutelli, leader di Alleanza per l'Italia: "Spero - ha aggiunto - che il governo ascolti la voce di Andrea Carandini perché la tutela del patrimonio non perda l'apporto del meglio della cultura nazionale. Qualcun altro, Bondi, avrebbe dovuto dimettersi - ha concluso - per evitare che si dimettesse Carandini". "Le dimissioni dal Consiglio Superiore per i Beni culturali e paesaggistici del MIBAC del professor Andrea Carandini, personalità di straordinario prestigio scientifico e non ideologicamente fazioso, dicono che la crisi del Ministero dei Beni Culturali è un dato drammatico e reale e che va affrontato al di fuori degli schieramenti di parte e con spirito di servizio per il bene del Paese", ha commentato il presidente dell'Udc, Rocco Buttiglione. Uno spiraglio a un possibile ritorno di Carandini lo apre il sottosegretario ai Beni Culturali, Francesco Giro, che in una nota scrive: "Ho letto la lettera con la quale il professor Andrea Carandini ha oggi annunciato le proprie dimissioni al cospetto del Consiglio superiore dei beni culturali...Se da un lato -spiega Giro- la lettera del professor Carandini esprime un netto dissenso rispetto alla riduzione dei finanziamenti destinati alla cultura, dall'altro lato rivela una disponibilità a proseguire il proprio impegno alla guida del Consiglio superiore purché si assumano a breve termine scelte concrete a sostegno del patrimonio culturale nazionale".

(14 marzo 2011)

 

LA POLEMICA

"Gelmini mente, private più ricche

e 130mila posti in meno in 3 anni"

Risposta durissima della Cgil alle affermazione del ministro in tv: "I docenti sono stati falcidiati, i fondi in dieci anni sono crollati da 259 a 88 milioni mentre quelli per le paritarie sono raddoppiati". E il prossimo anno la scure si abbatterà ancora di SALVO INTRAVAIA

"La Gelmini "ribalta la realtà". L'uscita pubblica di ieri sera del ministro dell'Istruzione alla trasmissione "Che tempo che fa", condotta da Fabio Fazio, fa insorgere la Cgil e moltiplica le polemiche sulla scuola. Il ministro ha affermato sostanzialmente tre cose: che gli insegnanti in Italia sono troppi e che il governo si è limitato a contenere la pianta organica dei docenti; che ci sono più bidelli che carabinieri e le scuole restano sporche; che le manifestazioni di piazza a difesa della scuola pubblica sono poco credibili perché chi protesta poi manda i figli nelle paritarie.

"Siamo senza parole - commenta Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil - Una ministra senza credibilità e senza pudore, da un lato difende il presidente del consiglio quando attacca gli insegnanti e dall'altro si fa promotrice del miglioramento della qualità della scuola pubblica. Ma di quale qualità sta parlando Gelmini? I dati la smentiscono clamorosamente". E giù un lungo elenco di numeri. "Dal prossimo anno ci saranno 19 mila e 700 docenti e 14 mila 500 amministrativi in meno, che si aggiungono ai clamorosi tagli degli ultimi due anni. Altro che contenimento della pianta organica, come affermato dal ministro".

Ma la partita riguarda anche i finanziamenti alle paritarie, espressamente citate dal presidente Berlusconi nelle ultime settimane. "Le scelte politiche del governo di centro destra, in carica pressoché ininterrottamente

da 11 anni, hanno messo alle corde la scuola pubblica, impoverendola di fondi, insegnanti e personale ausiliario, tecnico e amministrativo: 130 mila posti in meno in tre anni", spiega la Cgil. Mentre i fondi per le scuole paritarie sono passati dai 297 milioni di euro del 2000 ai 528 del 2011. E le scuole statali? Gli stanziamenti per la legge 440/97, quella per il miglioramento dell'offerta formativa, sono crollati da 259 milioni, nel 2001, a quasi 88 nell'anno in corso.

Stesso discorso gli stanziamenti per il funzionamento didattico e amministrativo delle scuole: 331 milioni nel 2011 e 122 quest'anno. I dati Ocse 2010, poi - conclude Pantaleo - ci raccontano una realtà diversa: l'Italia investe meno nella scuola, il 4,5 per cento in rapporto al Pil contro una media del 5,7 per cento. E disinveste anche in ricerca e università pubblica. Le scuole sono in rosso e sono costrette a fare affidamento sui contributi volontari delle famiglie e mentre la scuola pubblica languiva, la scuola privata godeva dei finanziamenti statali pressoché inalterati".

(14 marzo 2011)

 

 

 

 

 

2011-01-14

RICERCA

Barroso; "Non intelligente tagliare l'istruzione"

Fini: "Servono risorse per la riforma Gelmini"

Il presidente della Commissione Ue riceve la laurea honoris causa in giurisprudenza in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 2010-2011 della Luiss. Troppi bidelli? Sindacati contro il ministro

Barroso; "Non intelligente tagliare l'istruzione" Fini: "Servono risorse per la riforma Gelmini" Manuel Barroso

ROMA - "Non è intelligente tagliare la scienza, l'istruzione e la cultura". Il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, ricevendo la laurea honoris causa in giurisprudenza in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 2010-2011 dell'Università Luiss, sottolinea così il ruolo fondamentale dell'Istruzione nello sviluppo del Paese. Una dichiarazione, accolta da un applauso della platea, che arriva dopo le proteste per l'entrata in vigore della riforma Gelmini.

Quella stessa riforma che, ieri, il ministro ha difeso da Fabio Fazio 1e che oggi trova un plauso anche nelle parole di Gianfranco Fini. "Rende più competitiva la nostra università" dice il presidente della Camera. Che, se vede un rischio, lo vede nelle risorse. "Il punto è il sottofinanziamento. La riforma sarà ancora più efficace se ci sarà la ripresa economica e di conseguenza con maggiori investimenti pubblici". E sul tema delle risorse ha insistito anche la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia: "Bisogna investire nella crescita, nell'università e nella scuola. Dobbiamo e possiamo fare di più, questo è uno dei pochi campi in cui il governo deve continuare a investire soldi".

E alla Gelmini che aveva parlato di scuole sporche e di bidelli "più numerosi

dei carabinieri", replicano i sindacati. Se le scuole italiane sono sporche si vede che la gestione non è adeguata - dice il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti - Chi la gestisce la scuola? Non noi. I bidelli non sono troppi". Mentre per il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, è noto "che molte scuole sono incustodite per la mancanza di bidelli e che gli insegnanti italiani hanno gli stipendi più bassi d'Europa".

(14 marzo 2011)

 

 

L'INTERVISTA

Muti: "Io ribelle dal podio

un urlo per salvare la cultura"

Il maestro che ha trionfato all'Opera di Roma racconta come è nata l'idea di far intonare "Va pensiero" al pubblico

di ERNESTO ASSANTE

Muti: "Io ribelle dal podio un urlo per salvare la cultura" Riccardo Muti

ROMA - Riccardo Muti in prima fila contro i tagli alla cultura. Contro "la riduzione al nulla" della nostra cultura. La serata di sabato, per la prima di Nabucco all'Opera di Roma, si è trasformata in una straordinaria manifestazione sulle note del "Va pensiero".

Maestro Muti, una serata davvero speciale...

"Veramente fuori dalla norma, non preparata, ci tengo molto a dirlo. Io penso che i direttori d'orchestra non dovrebbero parlare dal podio, ma ieri, dopo l'intervento del sindaco di Roma, era necessario, importante, che anche il musicista prendesse la parola. Per un musicista come me che poi ha la fortuna di girare il mondo e vedere la realtà italiana dalle altre nazioni, e quindi soffrire per la situazione. Era doveroso parlare. Ma pensavo di aver terminato lì, dopo aver detto: 'Il 9 marzo del 1842 Nabucco debuttava come opera patriottica tesa all'unità ed all'identità dell'Italia. Oggi, 12 marzo 2011 non vorrei che Nabucco fosse il canto funebre della cultura e della musica'. Perché una nazione che perde la propria cultura perde la propria identità".

Cos'è accaduto allora?

"E' chiaro che il 'Va pensiero', al di la delle assurdità che si dicono dell'inno nazionale, è un canto che esprime in maniera intensa l'animo degli italiani, una nostalgia, un senso di preghiera, una profondità mediterranea che Verdi attribuisce al popolo degli ebrei schiavi ma che gli italiani hanno scelto come bandiera del

loro Risorgimento. E quando l'ho diretto la prima volta ho sentito, quando il coro ha cantato "oh mia patria si bella e perduta", che quel momento fosse carico della situazione drammatica non solo per le istituzioni ma anche per la vita delle persone chiamate a studiare nei conservatori, nelle accademie, nelle università. Ho sentito che quel grido veniva dal profondo dell'animo, un grido vero da parte di chi sta vivendo questo dramma, uomini e donne che producono cultura nel nostro Paese. E lo fanno nel disinteresse sempre più grande da parte di chi deve preservare la cultura, non solo per rispetto del paese ma anche per il rispetto del mondo verso l'Italia. Il mondo non guarda a noi per le tecnologie, facciamo cose importanti ma quando si pensa all'Italia si pensa ai poeti, ai pittori, ai musicisti, ai nostri musei e teatri, a ciò che l'Italia rappresenta. È pieno di italiani - ricercatori, studiosi, medici - che sono nelle grandi università, come quelle americane, e fanno ben parlare di sé. Giovani che si fanno stimare fuori dall'Italia, perché da noi trovano difficoltà. Noi non possiamo vedere questa barca affondare, sabato sentivo che il 'Va pensiero' era questo grido".

E ha deciso di sorprendere tutti

"Dovevo decidere: faccio il bis come viene chiesto, una ripetizione consolidata nell'abitudine, oppure offro a questa ripetizione un carattere nuovo, aderente alla situazione? ho pensato, il coro ha cantato, 'Oh mia patria, si bella e perduta' e sicuramente se perdiamo al cultura andiamo in questa direzione, facciamo che questo grido sia contro questa operazione di riduzione al nulla della nostra cultura. Allora ho invitato, dato che il discorso doveva essere globale, tutti a cantare. Non mi aspettavo che l'intero teatro si unisse, tutti sapevano il testo. Poi, come in una situazione surreale, dal podio ho visto le persone alzarsi a piccoli gruppi, per cui tutto il teatro alla fine era in piedi, fino alle ultime gradinate. Era una specie di coralità straziata e straziante, un grido che invocava il ritorno alla luce della cultura che è la colonna portante dell'Italia, sono le nostre radici".

E il pubblico si è commosso.

"Si, ho visto nelle prime file diverse persone con le lacrime agli occhi. E' la dimostrazione di un popolo che si sente fortemente unito, al di la dei proclami. E della straordinaria attualità di Verdi, valido anche per il futuro, con la sua grande universalità. Verdi parla all'uomo dell'uomo e resterà sempre collegato alla nostra realtà, sempre assolutamente attuale".

(14 marzo 2011)

 

 

IL CASO

Dopo il C-day polemiche su Ingroia

Il Pdl attacca, comizio di Ferrara al Tg1

Critiche dopo la partecipazione del procuratore alla manifestazione di Roma a favore della Costituzione, in cui ha definito quella sulla giustizia una "controriforma". Il Giornale ne chiede le dimissioni, Pd e Idv lo difendono. E Vietti: "Magistrati siano liberi di esprimere la propria opinione"

Dopo il C-day polemiche su Ingroia Il Pdl attacca, comizio di Ferrara al Tg1 Il pm Antonio Ingroia alla manifestazione di Roma in difesa della Costituzione

ROMA - Dal palco di piazza del Popolo di Roma, durante il Costituzione day 1, il procuratore aggiunto Antonio Ingroia definisce "controriforma" quella della giustizia e scoppiano le polemiche. In prima pagina il Giornale ne pubblica la foto e attacca senza mezzi termini: "Questo magistrato deve dimettersi". Nessun commento da parte del premier Silvio Berlusconi, ma è eloquente l'attacco che è partito da esponenti politici a lui più vicini, come Fabrizio Cicchitto che ha parlato di "appropriazioni indebite" del giorno della Costituzione.

In serata, interviene Giuliano Ferrara, intervistato da Susanna Petruni in diretta al Tg1. L'occasione è il lancio della trasmissione "Radio Londra". Ferrara attacca Ingroia e dice: "Se i magistrati fanno i comizi, i politici potrebbero anche fare le sentenze". Un riferimento polemico a Napolitano: "E' lui il presidente del Csm, dovrebbe dire qualcosa". Lo spot per la trasmissione: "Sono schierato, non come Santoro, Lerner, Dandini, Floris" ha aggiunto ironicamente. "Dirò delle cose scomode, non dirle rende il paese più povero e anche più stupido". In tutto, oltre tre minuti e mezzo. Protesta l'Idv: "Il Tg1 si conferma tg ad personam. porteremo il caso in vigilanza".

L'INTERVENTO DI FERRARA 2

Cicchitto polemico. "Quello del procuratore Ingroia è un autentico caso. Un pm impegnato in indagini delicatissime concernenti i rapporti mafia-politica e che nel contempo partecipa a manifestazioni politiche, sviluppa attacchi politici; in sostanza è ormai un personaggio politico di prima fila e rappresenta una contraddizione devastante per l'equilibrio del sistema. Ci auguriamo che quanto prima, magari fra una pratica a tutela e l'altra, il Csm si occupi di questo caso gravissimo", attacca Cicchitto, presidente dei deputati del pdl.

Il ministro della Giustizia Alfano dice che non ci sarà alcuna richiesta di procedimento disciplinare nei confronti del pm che ieri è intervenuto dal palco alla manifestazione nella capitale. "Non ci penso proprio", spiega il Guardasigilli. "Ha partecipato ad una manifestazione contro il governo. Ci mancherebbe che la politica si mettesse a chiedere le dimissioni di un magistrato. Ma ne deve rispondere alla sua coscienza, alla legge e alla deontologia", conclude Alfano.

Vietti lo difende. A difesa del procuratore di Palermo si è espresso il vice presidente del Csm Vietti: "Si deve consentire a tutti, anche ai magistrati, di dire ciò che pensano" della riforma costituzionale della giustizia. Il vicepresidente invita però tutti ad un atteggiamento misurato: "In linea generale raccomanderei su questa materia una grande prudenza, un grande equilibrio e una grande sobrietà a tutti, sia ai magistrati sia alla politica sia ai giornalisti", in riferimento alla prima pagina del Giornale di oggi.

L'attacco ad Ingroia è indegno per il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti. "Come tutti sanno è un magistrato serio e rigoroso, un allievo di Borsellino che non ha mai rinunciato alla lotta contro le mafie e per la legalità", dice Giulietti. "Per questo ha parlato ad una iniziativa per il Tricolore e la Costituzione e per questo alcuni politici della destra berlusconiana si sono indignati. Per loro è grave che un giudice ami la legge e la Costituzione invece è normale che un imputato minacci i suoi giudici e possa farlo con una videocassetta trasmessa a reti semiunificate", aggiunge.

E' la dimostrazione dell'intento punitivo della riforma, commenta dal Pd il senatore Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia: "Dopo aver approvato una riforma che compromette l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, adesso si vuole anche mettere il bavaglio ai magistrati", dice, mentre per l'Italia dei Valori l'attacco contro il pm è dimostrazione del degrado del Pdl: "Le manifestazioni di piazza del 12

marzo sono nate come iniziative in difesa della Costituzione. Considerare come una posizione di parte o addirittura una colpa la difesa della legalità, della democrazia e dei principi sanciti dalla Carta è soltanto la conferma del degrado di questa maggioranza", sottolinea il portavoce Leoluca Orlando.

(13 marzo 2011)

 

L'INTERVISTA

Ingroia: "Ho diritto di criticare la riforma

ci fu la stessa intolleranza su Borsellino"

Dopo le contestazioni seguìte alla sua partecipazione al C-Day, parla il magistrato. "Non era una manifestazione di partito ma un'iniziativa in favore della Costituzione". "Non mi sembrano affatto sobri gli attacchi che gettano fango su chi non la pensa allo stesso modo"

di SALVO PALAZZOLO

Ingroia: "Ho diritto di criticare la riforma ci fu la stessa intolleranza su Borsellino" Antonino Ingroia

PALERMO - "La magistratura non vuole sostituirsi al potere legislativo - dice il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia - ma nel rispetto del potere legislativo un magistrato può esprimere il suo punto di vista tecnico su scelte che rischiano di essere uno strappo rispetto ai principi fondanti dell'assetto costituzionale della giustizia e ai diritti fondamentali dei cittadini".

Qualcuno, senza toni polemici, rileva però il rischio che l'italiano medio possa restare disorientato rispetto ad alcune prese di posizione pubbliche dei magistrati nel dibattito politico. Cosa ne pensa?

"Non vedo affatto questo disorientamento, ma un desiderio diffuso di capire e sentire pareri diversi. Poi, ci sono gli italiani, e sono tanti, vittime di una disinformazione massiccia. La stessa che anni fa attaccò Paolo Borsellino, quando fece una denuncia pubblica sul calo di tensione nella lotta alla mafia. Era una denuncia che investiva contemporaneamente la politica e la magistratura. L'attacco fu non sui contenuti che Borsellino esprimeva, ma direttamente alla sua persona. Oggi, vedo la stessa intolleranza. Certo, con uno spiegamento di uomini e mezzi molto più massiccio".

Ieri, il Giornale le ha dedicato il titolo di apertura: "Questo magistrato deve dimettersi. Il pm Ingroia getta la maschera e attacca il governo in piazza".

"Già in passato ho avuto modo di sentirmi diffamato, mi sono rivolto alle vie legali e ho avuto soddisfazione.

Anche questa volta, vedo un intento denigratorio. Darò mandato ai miei legali di valutare i presupposti per un'azione legale".

Quale significato ha dato alla sua partecipazione al "C-day"?

"Intanto, non era una manifestazione di partito. Era solo un'iniziativa in difesa della Costituzione 1. Non vedo nulla di strano che un magistrato vi partecipi e dica la sua su un progetto di riforma costituzionale della giustizia".

Il vicepresidente del Csm, Vietti, si è appellato alla "sobrietà" dei magistrati. Il suo intervento è stato sobrio?

"Fortemente critico, ma sobrio. Credo di avere il diritto, ma anche il dovere di fare sapere il punto di vista dei magistrati su una questione che riguarda tutti. Non mi sembrano affatto sobri, invece, gli attacchi che gettano fango su chi non la pensa allo stesso modo. Ecco perché ho apprezzato le parole del ministro della Giustizia, che mostra tolleranza nei confronti delle opinioni diverse".

Berlusconi parla invece di "dittatura della magistratura". È una chiusura al dialogo con i magistrati sui temi della riforma?

"Non ci si può abituare a questi attacchi a testa bassa. Il confronto, anche aspro, su un tema così delicato è assolutamente necessario. Spero ancora che il clima possa rasserenarsi, anche se le premesse non sembrano delle migliori".

Il tema della partecipazione dei magistrati al dibattito politico è argomento di discussione anche all'interno dell'Associazione nazionale magistrati.

"La posizione dell'Anm è abbastanza chiara. Partecipazione non è sintomo di schieramento con questa o quella parte politica. E in passato nelle mie posizioni, come in quelle di altri magistrati, non sono state risparmiate critiche anche a iniziative legislative che venivano da maggioranze diverse da quella attuale. Non ci si può accusare di partigianeria".

Alla manifestazione del "C-Day" è arrivato anche un messaggio di adesione del presidente dell'Anm, eppure le critiche pesanti sono arrivate solo dopo il suo intervento. Si è fatto un'idea del perché?

"Io ho detto esattamente le stesse cose degli altri esponenti dell'Anm. Non voglio pensare che ci sia un collegamento con le indagini e i processi di cui mi sto occupando. Se così fosse, saremmo ben al di là dell'attacco alla magistratura, questa sarebbe una sorta di caccia al pm che viene percepito come minaccioso. Mi auguro davvero che non sia così".

(14 marzo 2011)

 

 

SCUOLA

Gelmini: "Gli insegnanti sono troppi

in piazza chi manda i figli alle private"

Il ministro ospite di Fabio Fazio a "Che tempo che fa": "Per questo li paghiamo troppo poco". Polemica con i manifestanti di sabato

Gelmini: "Gli insegnanti sono troppi in piazza chi manda i figli alle private"

MILANO - La ricetta di Maristella Gelmini è: "Meno insegnanti, più soldi". Questo il succo di una intervista del ministro a Che tempo che fa sui RaiTre. Perché "gli insegnanti sono troppi rispetto al bisogno in Italia, e sono pagati pochissimo proprio perchè sono troppi. Dobbiamo pagarli adeguatamente, ma se cresce il numero all'infinito sono proletarizzati". E a proposito di posti di lavoro, il ministro se la prende anche con i bidelli. "Un altro problema, per esempio, è che ce ne sono quasi duecentomila e spendiamo seicentomila euro per le pulizie. Ci sono più bidelli che carabinieri e abbiamo le aule sporche".

Per la Gelmini "il vero punto non è quello delle risorse, ma come vengono investite. Il governo non ha fatto tagli alla scuola, ma agli sprechi. La spesa per la scuola negli ultimi anni è infatti aumentata del 30 per cento, non è diminuita".

Poi una polemica frontale con la manifestazione 1 in tutta Italia per la Costituzione e la scuola pubblica. "Una manifestazione assolutamente legittima, ma che nasce da un presupposto sbagliato: che il governo abbia attaccato la scuola pubblica". E ancora: "Molti scesi in piazza mandano i figli alla scuola paritaria. Non è una contraddizione, ma lo trovo incongruente, forse non hanno fiducia nella

scuola pubblica". Il ministro ribadisce che nell'ultima riforma "non ci sono stati tagli alla scuola, ma tagli agli sprechi".

(13 marzo 2011)

 

 

2011-01-13

IL C-DAY

Un milione di italiani in piazza

per difendere Costituzione e scuola

Manifestazioni in Italia e all'estero. Ognuna caratterizzata da un'iniziativa particolare. La più grande a Roma. Milano, performance di Dario Fo. A Torino il pianto del soprano Cristina Cordero mentre canta l'Inno di Mameli applaudita dalla gente

Un milione di italiani in piazza per difendere Costituzione e scuola L'Orchestra del Regio di Torino in piazza

ROMA - Più di un milione di persone ha partecipato alle manifestazioni in difesa della Costituzione e della Scuola pubblica, che si sono tenute in oltre 100 città in Italia e all'estero. E' la cifra che hanno fornito gli organizzatori del C-Day. La più grande si è svolta a Roma 1, con un corteo che da piazza della Repubblica ha raggiunto Piazza del Popolo. Di diverso avviso il Viminale che ha diffuso i dati "ufficiali": sono state quarantatremila le persone che hanno partecipato oggi in varie città italiane alla mobilitazione nazionale a difesa della Costituzione e della scuola pubblica.

GUARDA LE FOTO 2

La manifestazione principale è stata organizzata a Roma con la partecipazione di circa venticinquemila persone, sempre secondo i dati della questura. A Bologna hanno partecipato in cinquemila alla manifestazione con corteo; una cifra analoga si è contata a Firenze; numeri minori si sono avuti a Padova (duemila persone), Vicenza (duemila persone) e Reggio Emilia (mille persone).

STRISCIONI E MANIFESTI 3

A organizzare le manifestazioni sono stati l'associazione Articolo 21, il Popolo Viola ed altre associazioni. Alle iniziative hanno partecipato anche insegnanti e studenti per difendere la scuola pubblica. Ovunque, senza bandiere di partito, gli italiani convinti che il governo Berlusconi stia intaccando i valori della Costituzione, sono scesi in piazza, unendo trasversalmente posizioni politicamente differenti, ma tutte accumunate proprio dalla difesa della Carta costituzionale, della formazione scolastica e della cultura.

LE IMMAGINI DEI LETTORI / 1 4

Alle manifestazioni 5 hanno partecipato anche numerosi esponenti politici, da Pierluigi Bersani, segretario del Pd ad Antonio Di Pietro, leader dell'Idv, da Fabio Granata del Fli a Nichi Vendola, leader del SeL. Partecipazione compatta del mondo della cultura e dello spettacolo, con Dario Fo a Milano e Roberto Vecchioni a Roma che hanno infiammato le piazze. Nella capitale ha aderito anche il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara, che ha parlato dal palco.

Il corteo di Roma. Una bandiera tricolore 6grande 60 mq ha aperto il corteo romano che è sfilato per le vie del centro, fino a Piazza del Popolo. Brevi momenti di tensione quando gli studenti provenienti dalla Sapienza hanno cercato di raggiungere prima Piazza di Spagna e poi, dopo aver attraversato la folla in piazza del Popolo, hanno proseguito sul lungotevere, dirigendosi prima verso il Vaticano e poi tornando indietro fino alla Bocca della Verità, al Circo Massimo. La manifestazione in piazza del Popolo si è aperta e conclusa con l'Inno di Mameli.

LE IMMAGINI DEI LETTORI /2 7

Milano, performance di Dario Fo. Diverse migliaia di persone si sono radunate in Largo Cairoli. Alla manifestazione è intervenuto anche il premio nobel Dario Fo che, riscuotendo applausi continui ha detto: "Ho sognato di svegliarmi in un'Italia con gli arabi qui e con Bossi e tutti i leghisti scappati in Svizzera". Ha partecipato anche Salvatore Borsellino. Alla manifestazione ha aderito anche l'Udc.

IL VIDEO DI DARIO FO 8

Trieste, elmetti tricolore. Trecento persone hanno manifestato nella mattinata indossando elmetti tricolore.

TUTTI I VIDEO 9

Napoli, bagno in mare . Manifestazione a cui hanno partecipato centinaia e centinaia di persone e che si è conclusa poi a Posillipo con un bagno in mare al grido di "Viva la Costituzione.

Torino, il soprano in lacrime. Grande manifestazione iniziata davanti al Teatro Regio con l'orchestra che ha suonato il "Va' Pensiero". La soprano Cristina Cordero 10 è scoppiata in lacrime quando la folla l'ha acclamata durante il canto dell'Inno di Mameli.

Firenze, "Bella Ciao". Giornata di mobilitazione con oltre ottomila persone in corteo che cantavano l'Inno di Mameli e "Bella Ciao".

Siena, sit in nella provincia. Sit in e presidi nel capoluogo toscano e nella provincia.

Bologna per la scuola pubblica. Tremila in corteo: "La scuola pubblica è il diritto allo studio".

Genova, panini e Costituzione. Centinaia in piazza hanno distribuito panini "riempiti" di poesie e articoli della Costituzione

Palermo, per la cultura. Manifestazione in piazza Verdi a cui hanno partecipato migliaia di persone.

Mestre, lettura in piazza. Cinquecento manifestanti al presidio. Sono stati letti gli articoli della Costituzione.

Padova, flash mob Corteo con duemila persone che hanno attraversato il centro cittadino. Davanti al Caffé Petrocchi c'è stato un "flash mob" organizzato dagli studenti.

Pescara, l'Inno di Mameli. Duecento manifestanti hanno percorso le strade cittadine cantando l'Inno di Mameli e declamando gli articoli della Costituzione.

Aosta, Costituzione e scuola. Cento in piazza anche in Valle d'Aosta, per difendere Costituzione e scuola pubblica.

Perugia in difesa dei magistrati. Centinaia di persone hanno attraversato le strade cittadine gridando slogan contro Berlusconi e il tentativo di cambiare la Carta Costituzionale. Cartelli e volantini anche in difesa della scuola pubblica e dei magistrati.

Pesaro, lettura colettiva. In cento hanno letto articoli della Costituzione.

Pisa e Livorno unite per la Costituzione. Anche nelle due città toscane iniziative in piazza per leggere pubblicamente gli articoli della Costituzione.

Potenza e Catanzaro per la "Carta". Manifestazioni nel centro cittadino caratterizzate dalla lettura della Costituzione e da slogan in difesa della scuola pubblica e della magistratura.

Proteste anche all'estero. Manifestazioni di italiani che vivono all'estero e che vogliono difendere la Costituzione si sono svolte a Francoforte (la più numerosa con centinaia di manifestanti) e a Lille, in Francia, organizzate dalle comunità italiane locali. Altre iniziative si sono tenute ad Amsterdam, Bruxelles, Edimburgo, Ginevra, Helsinki, Madrid, Londra, Praga, Siviglia. Lei motiv per tutte l'Inno di Mameli, e qualche variazione sul tema Iitalia come 'Libertà' di Giorgio Gaber, 'Viva l'italia" di Francesco De Gregori e la più ironica "'Italia sì, Italia no" di Elio e le Storie tese.

(12 marzo 2011)

 

 

 

2011-01-12

Diretta

Costituzione e scuola pubblica

manifestazioni in 100 città

A Roma il corteo principale per difendere la Carta e l'istruzione. Previste proteste anche nelle città europee. La Bindi: "In piazza per riscattare la dignità della nostra democrazia". La manifestazione nella capitale aperta dallo striscione "E' W la Costituzione" e da un tricolore grande 60 metri quadri. Centinaia di bandiere tricolori assieme a quelle delle organizzazioni sindacali della scuola. Un gruppo di alunni delle elementari con lo striscione: "La scuola è una cosa meravigliosa". Inno di Mameli e "Bella Ciao" le canzoni più "gettonate" tra i manifestanti. Alla manifestazione di Roma ha aderito anche Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati.

(Aggiornato alle 18:12 del 12 marzo 2011)

18:12

Pisa e Livorno, si legge la Costituzione in piazza 63 –

A Pisa e a Livorno, i manifestanti si sono riuniti per leggere passi della Costituzione, in particolare i Principi fondamentali e gli articoli 33 e 34 dedicati alla scuola. Analoghe iniziative si sono svolte in altre città toscane.

18:11

Pesaro, in cento leggono la Costituzione 62 –

Un centinaio tra studenti delle scuole superiori e genitori si sono dati appuntamento questo pomeriggio per un corteo che è sfilato lungo il centro di Pesaro nell'ambito della manifestazione nazionale 'marcia per la Costituzione'. Senza insegne di partito e striscioni, con in mano il Tricolore, i partecipanti hanno scelto i punti strategici del centro per leggere i principali articoli della Costituzione.

17:54

Vendola: "Costituzione carta d'identità della nostra dignità" 61 –

"Difendiamo con le unghie e con i denti questa Costituzione che è la carta d'identità della nostra dignità". Lo ha detto questa sera a Bari Nichi Vendola, governatore della Puglia, parlando ad alcune centinaia di persone riunite nei pressi del municipio per la manifestazione in difesa della Costituzione convocata dal movimento Libertà e giustizia e dal popolo Viola.

17:49

Piazza del Popolo, fischi all'annuncio di un videomessaggio di Berlusconi 60 –

Alla notizia, data dal palco del C-day dal portavoce di Articolo 21, Beppe Giulietti, dell'arrivo di un nuovo videomessaggio del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, le migliaia di manifestanti che sono a Piazza del Popolo hanno fischiato per alcuni minuti.

17:48

Pescara, duecento manifestanti in piazza 59 –

Bandiere tricolori, palloncini, musica e circa duecento manifestanti, oggi pomeriggio, hanno riempito Piazza Sacro Cuore, a Pescara, in occasione della mobilitazione nazionale a difesa della Costituzione e della scuola pubblica. All'iniziativa, promossa a Pescara dalla Cgil e dall'Associazione nazionale partigiani (Anpi) hanno aderito studenti, cittadini, insegnati, forze politiche, sindacali e sociali. Ai manifestanti è stato anche distribuito un libretto con alcuni articoli della Costituzione stampato dal patronato Inca -Cgil.

17:43

Vecchioni infiamma piazza del Popolo 58 –

Come un leader politico. Roberto Vecchioni comincia a cantare la sua 'Chiamami ancora amore' e davanti a lui una grande 'piazza Sanremo' si infiamma.L'esibizione del cantautore milanese è stata il momento più emozionante della manifestazione in difesa della Costituzione, organizzata a Roma in pazza del Popolo. La folla ha intonato insieme al cantautore l'ultimo successo di Vecchioni e lo ha accompagnato con uno sventolare di bandiere tricolore.

17:34

Sassari, 500 in piazza 57 –

Circa 500 persone hanno partecipato a Sassari, in piazza d'Italia, alla manifestazione "A difesa della Costituzione" organizzata dall'associazione Articolo 21. Tanti i cittadini intervenuti che hanno portato in piazza il tricolore. L'attore sassarese Sante Murizi ha letto una lettera dello scrittore ed ex magistrato Salvatore Mannuzzu. Alla manifestazione è intervenuta anche Anna Sanna, ex sindaco di Sassari dal 1995 al 2000, l'unica donna ad aver ricoperto l'incarico di primo cittadino.

17:30

Studenti verso Bocca della Verità, lungotevere bloccato 56 –

Il corteo degli studenti sta transitando sul lungotevere all'altezza del Palazzaccio. Il corteo, secondo quanto si apprende dagli organizzatori, dovrebbe arrivare all'altezza di Bocca della Verità.

17:28

Padova, 2000 in corteo. "flash Mob" davanti al Caffè Pedrocchi 55 –

Un corteo di quasi 2000 persone ha concluso a Padova la manifestazione in difesa dalla Costituzione promossa da una quarantina di sigle di rappresentanza del mondo sindacale e sociale. In primo piano gli studenti medi, che intorno allo storico caffè Pedrocchi, fulcro nel '48 dei moti rivoluzionari padovani, hanno dato vita ad un flash mob in cui alternandosi a coppie hanno letto a gran voce gli articoli fondamentali della Carta, oltre a quelli inerenti i principi in difesa della scuola pubblica. I giovani hanno distribuito ai passanti 200 copie della Costituzione.

17:23

Cinquecento in piazza a Mestre 54 –

Oltre cinquecento persone, una stima non ancora ufficiale, hanno affollato Piazzetta Coin a Mestre (Venezia), in centro città per la manifestazione del Costituzione Day collegata alla grande iniziativa in corso a Roma.

17:11

Natale (Fnsi): Difendere l'art. 21 della Costituzione 53 –

"In piazza oggi c'è l'Italia, non c'è una categoria. Noi siamo qui perchè l'articolo 21 non è il più importante della Costituzione ma all'informazione stanno arrivando ogni giorno attacchi: il primo aprile c'è il rischio che Berlusconi possa comprare il Corriere della Sera. Hanno tirato fuori dal cassetto la legge contro le intercettazioni. Dobbiamo difendere il diritto della gente a sapere". Lo ha detto il presidente dell'Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi), Roberto Natale.

17:09

Fassino: "La gente vuole vivere in un paese in cui legge e scuola siano uguali per tutti" 52 –

"La gente vuole vivere in un paese diverso da quello del berlusconismo. Un paese in cui la legge è uguale per tutti, in cui la scuola è uguale per tutti, in cui le persone sono rispettate nella loro dignità. C'è voglia di un Paese normale". Lo ha detto Piero Fassino, candidato sindaco di Torino, al 'Costituzione day'.

17:04

Marino: "Manifestazione di tutti gli italiani" 51 –

Il costituzione day è "una bella manifestazione di tutti gli italiani che si rispecchiano nei valori della costituzione". Lo afferma il senatore del partito democratico Ignazio Marino presente oggi al corteo di Roma. "Una bella manifestazione, di gente perbene, che si rispecchia nei valori della Costituzione e si impegna in prima persona quando li vede messi in discussione",

17:01

Studenti lasciano piazza del Popolo 50 –

Una parte degli studenti sta lasciando in corteo piazza del Popolo e si dirige sul Lungotevere.

16:57

Cgil: "Manifestazione un buon segno di resistenza" 49 –

"Un buon segno per non mollare nella difesa della Carta costituzionale italiana". Così il segretario della Cgil di Roma e Lazio, Claudio Di Berardino, ha commentato la manifestazione che si sta tenendo in queste ore a Roma, in Piazza del Popolo.

16:54

Finocchiaro (Pd): "L'Italia s'è desta" 48 –

Ricorre a un verso dell'Inno di Mameli, Anna Finocchiaro, per sottolineare il successo della manifestazione per la Costituzione a Roma. "L'Italia s'è desta", ha sottolineato infatti la presidente dei senatori del Pd,

16:52

Fo: "Sogno che Bossi scappi in Svizzera" 47 –

"Io sogno, sogno di accorgermi che gli arabi sono arrivati qui e Bossi è scappato in Svizzera assieme a tutti i leghisti". Così il Premio Nobel, Dario Fo ha terminato il suo intervento sul palco della manifestazione organizzata in Largo Cairoli a Milano a tutela della Costituzione.

16:51

Palermo, manifestazione in piazza Verdi 46 –

A Palermo precari della scuola, dell'università, organizzazioni studentesche, sindacati, politici e cittadini. In tanti hanno voluto prendere parte al C-Day, la giornata a difesa della Costituzione e, quindi, anche della scuola, dell'università e della cultura, in piazza Verdi, davanti al Teatro Massimo.

16:48

Ingroia: "In gioco il vostro futuro" 45 –

"La posta in gioco ha a che fare non tanto con il nostro presente, ma con il vostro futuro". A dirlo è stato il pubblico ministero Antonio Ingroia, dal palco della manifestazione per la Costituzione a Roma.

16:47

Piazza del Popolo. Giornalista libico: "Non fate distruggere la Costituzione" 44 –

"Faremo la Resistenza come voi avete fatto 60 anni fa. Da 42 anni non c'è una costituzione in Libia, ma una dittatura". Lo ha detto il giornalista libico Farid Adly durante il suo intervento a piazza del Popolo sul palco del C-day, manifestazione indetta oggi a Roma in difesa della Costituzione italiana. "Non è possibile scendere in piazza (in Libia) - ha aggiunto - ho amici che hanno passato la vita in carcere solo perchè hanno criticato il governo con un articolo. Aiutateci a difendere la nostra gente e non fate distruggere la vostra Costituzione".

16:45

Genova, in piazza cantando l'Inno d'Italia 43 –

Cantando l'Inno d'Italia e distribuendo panini con dentro poesie al posto del prosciutto, centinaia di persone sono scese in piazza oggi pomeriggio a Genova per la mobilitazione organizzata da Articolo 21 e Libertà e Giustizia per difendere la Costituzione e la scuola pubblica.

16:43

Palamara (Anm): Aderisco alla manifestazione in difesa della Costituzione 42 –

"Aderisco e sono vicino alla vostra iniziativa condividendone le finalità volte a tutelare i principi contenuti nella nostra Carta costituzionale". E' il messaggio inviato da Luca Palamara, presidente dell'Anm, in occasione del C-day. "L'Associazione nazionale magistrati", scrive Palamara, "si riconosce in questi principi ed è oggi più che mai impegnata a difendere nell'interesse della collettività, e cioè di tutti voi, l'autonomia e l'indipendenza della magistratura".

16:41

Bologna, manifestazione per la scuola pubblica 41 –

Manifestazione anche a Bologna, oggi pomeriggio, in difesa della scuola pubblica. Circa 3mila persone sono partite in corteo, nel pieno centro città. Tra i manifestanti insegnanti, genitori e molti bambini, di cui una ventina con palloncini colorati in mano, in testa al corteo e dietro allo striscione con lo slogan: "Noi siamo il diritto allo studio, noi siamo la scuola pubblica".

16:36

Studenti: Slogan polemici contro gli organizzatori della manifestazione 40 –

Il corteo degli studenti sta entrando con il furgone del Sound system a piazza del Popolo dove è in corso la manifestazione del "C day". Slogan polemici contro gli organizzatori della manifestazione definiti "ipocriti" e "collusi con il potere". "Ricordiamo le rivolte di Tunisia, Egitto e Libia, 14 dicembre sempre", urlano gli studenti riferendosi alla manifestazione di circa tre mesi fa quando nella capitale scoppiarono gravi incidenti.

16:34

Gino Strada: "Costituzione umiliata dalla classe politica italiana" 39 –

Il fondatore di Emergency, Gino Strada, è intervenuto questo pomeriggio a Mestre insieme con altre 400 persone circa alla manifestazione in difesa della Carta Costituzionale. "La Costituzione - ha detto Strada - è stata stuprata, umiliata, vilipesa da tutta la classe politica italiana. Trovo perfino indegno che i partiti si presentino in piazza oggi per difenderla, dopo che hanno votato a favore della guerra, del prevalere del privato sul pubblico". "L'unico modo - ha concluso - è che i cittadini riprendano ad organizzarsi autonomamente, riscrivendo le regole del vivere civile"

16:25

Fiorella Mannoia: "In piazza contro l'illegalità dilagante" 38 –

"La gente va in piazza perchè l'illegalità in Italia è dilagante". Così la cantante Fiorella Mannoia durante il C-day organizzato in difesa della Costituzione. "Ogni volta che c'è una manifestazione le si dà un titolo - ha aggiunto - ma oggi è più ampia. E' per la legalità, per la Costituzione, per la scuola, per le pari opportunità, per contrastare la volgarità e perchè siamo stanchi". "Siamo stati zitti per troppo tempo - ha concluso Mannoia - è ora che la gente si faccia sentire".

16:23

Aosta, cento in piazza per la Costituzione 37 –

Più di un centinaio di persone si sono ritrovate oggi ad Aosta davanti al monumento dedicato ai caduti della Resistenza per la manifestazione in difesa della Costituzione promossa dall'Anpi. Tra i partecipanti erano presenti i segretari del Pd Valle d'Aosta, Raimondo Donzel e della Federazione della sinistra valdostana, Francesco Lucat.

16:19

Gli studenti tornano nel percorso originario del corteo 36 –

Dopo una trattativa tra manifestanti e forze dell'ordine, gli studenti hanno fatto dietrofront e sono tornati nel precedente percorso che transita su Trinità de' Monti in direzione piazza del Popolo.

16:18

Corteo a Firenze sulle note dell'Inno di Mameli e "Bella Ciao" 35 –

Da una parte sventolano tricolori sulle note dell'Inno di Mameli, dall'altra bandiere rosse con falce e martello, sulle note di Bella ciao. Sono oltre cinquemila, per la questura, molti di più per gli organizzatori, i manifestanti che sfilano per il centro di Firenze a difesa della Costituzione.

16:10

Spezzone corteo studenti bloccato a piazza di Spagna 34 –

Un gruppo di studenti dello spezzone del corte C day, ha deviato poco fa per la discesa di via San Sebastianello cercando di raggiungere piazza di Spagna ma trovando, a metà della strada, il blocco degli agenti della Finanza. Il corteo stava transitando per Trinità de' Monti sulla cui scalinata erano già schierati gli agenti in assetto anti-sommossa. Al momento i due gruppi, divisi da un'ottantina di metri, si fronteggiano.

16:01

Milano, anche Dario Fo alla manifestazione 33 –

Oltre un migliaio di persone si sono radunate in Largo Cairoli a Milano, in occasione della giornata a difesa della Costituzione. A presentare la manifestazione Piero Ricca, divenuto noto per aver dato del 'puffone' al premier in tribunale a Milano, che sta facendo alternare sul palco gli ospiti. Poco fa è arrivato sotto il palco Dario Fo accolto da numerosi applausi.

15:57

Piazza del Popolo, minuto di silenzio per le vittime del terremoto 32 –

Solidarietà al popolo giapponese con un minuto di silenzio per ricordare le vittime del terremoto è arrivata da piazza del Popolo dove è in corso la manifestazione del "C day". Prima dell'inizio degli interventi, l'orchestra "Resistenza musicale" ha suonato il Nabucco cantato a gran voce dai manifestanti. Sul palco intento sono stati letti alcuni articoli della Costituzione. "E' viva la costituzione", è il grande slogan che campeggia sul palco.

15:55

Articoli della Costituzione letti dal palco dagli attori 31 –

A piazza del Popolo stanno per cominciare gli interventi dal palco degli attori, tra gli altri, di Ottavia Piccolo, Monica Guerritori, Ascanio Celestini, Paola Lavini e Francesco Testa che leggeranno i primi articoli della costituzione. Per ricordare la vicinanza con la battaglia del popolo libico parlerà un giornalista libico, Farid Adli

15:47

Piazza del Popolo: Si canta "Va pensiero" 30 –

La folla di piazza del Popolo, riunita per manifestare in difesa della Costituzione, ha intonato il 'Va pensiero' di Verdi. Dal palco è stato letto poi il primo articolo della Costituzione, tra gli applausi della folla.

15:46

Volantinaggi e presidi anche a Siena 29 –

Presidii nel senese per la giornata in difesa della Costituzione e della scuola pubblica si sono svolti oggi pomeriggio a Siena, nella centrale piazza Salimbeni, e a Poggibonsi, in piazzale Rosselli. Questa mattina invece il Partito Democratico senese ha organizzato una serie di volantinaggi davanti alle scuole superiori del capoluogo e della provincia.

15:44

Santelli, Pdl: "Brandiscono la Costituzione come un'arma per dividere" 28 –

"Coloro che si autoproclamano novelli sacerdoti della Carta Costituzionale dovrebbero innanzitutto accettare il vero spirito dei Costituenti. È abbastanza inquietante che le vestali della Costituzione siano spesso coloro che in realtà ne privilegiano una lettura di parte, la loro, stravolgendone la portata storica e politica. Più che alla Carta costituzionale molti sembrano affezionati ad un'interpretazione partigiana e settaria di questa. È inoltre grave che la Costituzione scritta nel difficile tentativo di unire, sia brandita come un'arma per dividere". Lo sostiene Jole Santelli, vicepresidente dei deputati del Pdl

15:42

Corteo di Roma arrivato in Piazza del Popolo 27 –

Il corteo di Roma è arrivato in piazza del popolo, ma la coda è ancora a Largo di Santa Susanna. Sono migliaia i manifestanti. Fra poco dovrebbero cominciare i comizi sul palco. Il corteo è stato accolto dalle note di "Viva l'Italia" e dagli altoparlanti è stato più volte scandito "Ben arrivati amici della Costituzione"

15:36

Manifestazione anche a Francoforte per la Costituzione italiana 26 –

Manifestazione a Francoforte per difendere la Costituzione italiana: sono presenti studenti della comunità italiana in Assia, esponenti politici dell'Emilia Romagna, i giornalisti del "Corriere d'Italia" che ha sede nella città tedesca, i rappresentanti della Consulta degli immigrati emiliano-romagnoli e il segretario della FNSI, Franco Siddi. Tutti hanno in mano il libro della Costituzione italiana

15:33

Milano, centinaia di manifestanti in Largo Cairoli 25 –

"Meno Corruzione, più' Costituzione", "Adesso basta! difendiamo la Costituzione" e anche "Uniti per la scuola di tutti per difendere il futuro delle nuove generazioni". Sono alcuni degli striscioni portati in Largo Cairoli dove è da poco iniziato il "Costituzione day", la manifestazione per la difesa della Costituzione. Al presidio stanno partecipando diverse centinaia di persone.

15:32

Torino, l'orchestra del teatro Regio apre la manifestazione 24 –

Con l'inno di Mameli l'orchestra del Teatro Regio di Torino, sfidando la pioggia, ha dato inizio alla manifestazione "Difendiamo la Costituzione" che ha radunato migliaia di persone in piazza Castello. I musicisti hanno suonato anche il "Và pensiero", dal Nabucco di Giuseppe Verdi, "scritto per unire - ha detto il direttore - e non per dividere", prima di tornare nel teatro (che si affaccia sulla piazza) per le prove.

15:31

In lacrime il soprano Cristina Cordero mentre canta l'Inno di Mameli 23 –

E' scoppiata in lacrime mentre cantava l'inno di Mameli. Cristiana Cordero, soprano dell'orchestra del Teatro Regio di Torino, non ha saputo trattenere l'emozione quando le migliaia di persone in piazza Castello accorse per la manifestazione in difesa della Costituzione si sono unite al coro dei musicisti. "Piango per la mia patria - ha detto al termine dell'esecuzione - perchè non posso concepire che venga distrutto il patrimonio culturale del nostro Paese, e da anni è ormai in corso un vero e proprio attentato alla cultura".

15:30

Studenti in coda al corteo di Roma 22 –

Il corteo degli studenti ha raggiunto a via Barberini quello dei C Day partito da piazza della Repubblica. Lo spezzone degli studenti in coda al corteo principale, dove spiccano tricolori e striscioni sulla Costituzione, sta intonando canti come "Figli della stessa rabbia".

15:11

Franceschini: "Ci sono gli anticorpi a difesa della Costituzione" 21 –

Oggi a sfilare per le vie di Roma in difesa della Costituzione "c'è tanta gente. Segno che la democrazia ha molti anticorpi più forti del virus di Berlusconi". Lo ha detto Dario Franceschini

14:59

Corteo Roma, presenza politici bipartisan dal Pd al Fli 20 –

Tra la folla, rigorosamente senza simboli di partito, anche numerosi esponenti politici di tutte le opposizioni. Folta la delegazione del Pd, con il segretario Pier Luigi Bersani. E' di primo piano anche la rappresentanza di Futuro e libertà, con Flavia Perina, Aldo Di Biagio e l'ex sottosegretario Buonfiglio.

14:57

I manifestanti cantano l'Inno di Mameli. I commercianti applaudono 19 –

Mentre il corteo di Roma attraversa via Sistina è un'unica voce quella che canta l'inno di Mameli. I manifestanti, infatti, a braccio, hanno intonato l'inno italiano raccogliendo gli applausi e la solidarietà dei tanti negozianti della via.

14:46

Bersani: "Una piazza per l'alternativa" 18 –

"Non è una piazza contro, è una piazza per un'alternativa". Così il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, descrive la manifestazione a difesa della costituzione a Roma alla quale partecipa insieme ad altri esponenti del suo partito."Non c'è un animo contro, è una piazza per una italia diversa", spiega Bersani. "Politica e società civile insieme per una strada di speranza e di ricostruzione".

14:44

Bandiera della pace lunga 25 metri nel corteo a Roma 17 –

Non c'è solo la bandiera italiana a colorare il festoso corteo che gira per le vie di Roma per difendere la Costituzione italiana e la scuola pubblica. Un'enorme bandiera della pace, lunga 25 metri ricorda al nostro Paese che la nostra Costituzione stabilisce esplicitamente che l'Italia ripudia la guerra. A portarla la Tavola della pace.

14:42

Cartelli con art. 34 della Costituzione: "La scuola è aperta a tutti" 16 –

Moltissimi i cartelli con l "articolo 34" che girano nel corteo: "La scuola è aperta a tutti i capaci e i meritevoli anche se privi di mezzi hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi".

14:35

Sugli zainetti dei bambini in piazza cartelli con l'art. 3 della Costituzione 15 –

Un gruppo di bambini che regge lo striscione colorato, hanno tutti attaccato dietro il proprio zainetto l'artcolo 3 che recita "Tutti i cittadini hano pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinione politica, condizioni personali e sociali".

14:33

"La Costituzione non si tocca" gridano i manifestanti 14 –

Le note di "Elio e le storie Tese" e di Jovanotti stanno facendo da colonna sonora al corteo in corso a Roma. Sono alcune migliaia le persone che stanno prendendo parte alla manifestazione. "La Costituzione non si tocca", è uno degli slogan che grida la piazza.

14:31

Salatto (Fli) "La piazza non serve" 13 –

"Il ricorso alla piazza non ha alcun senso e non rispecchia il nostro modo di fare politica". Così l'eurodeputato di Fli, Potito Salatto. Mentre alcuni parlamentari di Futuro e Libertà hanno scelto di essere oggi in piazza con chi manifesta per la Costituzione, Salatto sottolinea la necessità di dialogare per le riforme.

14:29

Partito anche il corteo degli studenti dalla "Sapienza" 12 –

"Oggi chi la 'difende', ieri chi l'ha distrutta. Giù le maschere". Dietro questo striscione circa 200 studenti sono partiti in corteo dall'università di Roma, La Sapienza, per "difendere la Costituzione e la scuola pubblica". Il corteo arriverà in piazza della Repubblica. La manifestazione degli universitari non raggiungerà piazza del Popolo ma devierà il percorso anche in polemica con alcune personalità che interverranno dal palco in piazza del Popolo e che, dicono "fino a ieri non avevano mai difeso la scuola pubblica".

14:16

Partito corteo a Roma: in testa striscione "E' W la Costituzione" 11 –

Il corteo da piazza della Repubblica è appena partito. In testa uno striscione con scritto "E' W la Costituzione". Una marea di bandiere tricolori unite a quelle gialle della Gilda degli insegnanti. Un gruppo di ragazzini delle elementari con orecchie di cartone da asino sostiene uno striscione "La scuola è una cosa meravigliosa". Lungo il passaggio del corteo cittadini leggono gli articoli principali della Costituzione

14:03

Roma, tricolore di 60 metri quadri 10 –

Comincia a riempirsi piazza della Repubblica da dove, tra breve, partirà il corteo che accompagna la manifestazione "C day", dedicata alla difesa della Costituzione italiana. In piazza, pronti a partire, alcune centinaia di persone. Ad aprire il lungo serpentone un tricolore di 60 metri quadrati sostenuto da 60 volontari. Un'altra grande bandiera è stata portata nella storica piazza capitolina cucita con i colori della pace.

14:02

Corteo a Napoli stamattina e tuffo in acqua a Posillipo 9 –

Alcune centinaia di persone questa mattina a Napoli hanno partecipato al corteo in difesa della Costituzione promosso in molte città italiane. I cittadini, senza bandiere di partito ma solo con il tricolore, hanno attraversato le vie del centro per raggiungere piazza del Plebiscito dove sono stati letti alcuni articoli della Costituzione. A Posillipo un gruppo di persone si è tuffato nelle acque gelide del golfo al grido di "w l'Italia".

13:59

Roma, Piazza della Repubblica già gremita 8 –

Piazza della Repubblica a Roma, da dove partirà la manifestazione in difesa della Costituzione e dell'istruzione, è già gremita di manifestanti.

13:55

Fassino: "Riaffermare il principio di legalità" 7 –

"Viviamo in tempi nei quali nulla è Scontato. Al contrario riaffermare principi di legalità, di democrazia, di rispetto della dignità delle persone è oggi tanto più necessario di fronte ad una destra che non conosce limiti nel destrutturare e nel delegittimare i valori dell'antifascismo e della costituzione e le istituzioni della repubblica". Lo ha scritto Piero Fassino in un messaggio rivolto all'Associazione nazionale partigiani, in occasione della manifestazione a difesa della Costituzione.

13:54

Di Pietro: "L'Idv aderisce anche per promuovere referendum" 6 –

Di Pietro: "Oggi l'IdV partecipa con entusiasmo e impegno in tutte le città italiane dove si svolge la giornata in difesa della Costituzione mandando un messaggio in più, è il primo impegno concreto della società civile per invogliare i cittadini ad andare a votare il referendum sul legittimo impedimento perchè solo così ci possiamo liberare di Berlusconi".

13:51

Granata (Fli): "Manifesto senza imbarazzo" 5 –

"Vado in piazza - dice Fabio Granata - la manifestazione l'abbiamo organizzata anche noi. Non provo nessun imbarazzo e lo dico da uomo di destra. La Costituzione rappresenta il tessuto connettivo della nazione. A qualcuno fa comodo strumentalizzare la manifestazione per parlare di santa alleanza: quell'ipotesi non è attuale, visto che la situazione è cambiata"

13:50

Cagliari, 500 in piazza 4 –

Circa cinquecento persone, con bandiere tricolore (una issata anche su una gru a decine di metri) e in mano il libro della Costituzione, si sono radunate stamane a Cagliari, davanti al Palazzo di Giustizia, per la manifestazione promossa in tutta Italia a difesa della Carta costituzionale

13:49

La Bindi: "Riscattare la dignità della democrazia" 3 –

"La mobilitazione nazionale di oggi in difesa della Costituzione è un altro momento significativo di partecipazione civica e popolare. Le cento piazze italiane si riempiranno di cittadini consapevoli che questo è il tempo di riscattare la dignità della nostra democrazia". Lo afferma Rosy Bindi

13:48

Triste, elemetti tricolore 2 –

Circa trecento persone sono scese in piazza stamani a Trieste a difesa della Costituzione e per proteggere la scuola pubblica, con tanto di elmetti bianchi "di salvaguardia". In piazza dell'Unità d'Italia, ai piedi della Prefettura, si sono riuniti studenti e cittadini di ogni età con il Tricolore, o bandiere gialle, divenute il simbolo dell'istruzione pubblica nelle recenti manifestazioni. Hanno quindi alternato piccoli comizi alla lettura di alcuni articoli della Costituzione

13:47

Cortei in 100 città 1 –

Si svolgeranno in cento città le manifestazioni a difesa della Costituzione e della scuola pubblica

(12 marzo 2011)

 

 

 

2011-01-11

LA PROTESTA

Domani l'altra Italia scende in piazza

E L'Europa risponde, da Siviglia a Bruxelles

Ultimi ritocchi degli organizzatori a ventiquattr'ore dalla manifestazione "A difesa della Costituzione". Manifestazione a Roma e in oltre cento città italiane. Cortei anche in numerose città d'Europa di CARMINE SAVIANO

Domani l'altra Italia scende in piazza E L'Europa risponde, da Siviglia a Bruxelles Il volantino della manifestazione

ROMA - Contro gli attacchi ai diritti e alla scuola pubblica. Per difendersi dalle riforme di Giustizia e Università. L'altra Italia scende in piazza "A difesa della Costituzione" 1. Mancano meno di ventiquattr'ore. E tra gli organizzatori il conto alla rovescia è già scattato. Occhi puntati su piazza del Popolo a Roma. E su altre cento città italiane. La mobilitazione nazionale lanciata da Articolo 21 2, Libertà e Giustizia 3 e Valigia Blu 4 ha fatto il pieno di adesioni. C'è anche il Popolo Viola 5. Partiti, associazioni, sindacati e personaggi della cultura e dello spettacolo. Un fronte democratico. Unito dalla necessità di lasciarsi alle spalle il berlusconismo e le sue scorie.

LO SPECIALE 6 / LO SPOT 7

Tra luoghi simbolo. Il corteo che attraverserà la capitale partirà alle 14 da piazza della Repubblica. In testa un tricolore da 200 metri quadrati. Poi, Costituzione alla mano,

via per le strade del centro cittadino. L'arrivo a piazza del Popolo. Dove sul palco si alterneranno artisti, costituzionalisti, attori e musicisti. Da Ottavia Piccolo a Monica Guerritore a Ascanio Celestini. Fino alla grande orchestra che eseguirà Dies Irae di Mozart e il Va' pensiero di Verdi. Molto attese le parole di Roberto Vecchioni 8, prof e anche vincitore dell'ultima edizione del Festival di Sanremo 9. Tra gli altri interventi: un genitore della scuola di Adro (quella "invasa" dai simboli leghisti 10 del Sole delle Alpi), rappresentanze del popolo libico, il presidente della Federazionale Nazionale della Stampa 11 Roberto Natale, il costituzionalista Alessandro Pace.

Nelle altre città. Quello che viene fuori è un network spontaneo di cittadini. Una communty che utilizzando gli strumenti messi a disposizione dalla rete è riuscita a stilare un denso calendario di iniziative. Tutte per il pomeriggio di domani. Da Napoli a Milano, passando per Andria, Cosenza, Perugia, Martina Franca, Piombino, Rovigo e Trieste. Sit-in, flash mob, micro-cortei in cento città. Una protesta diffusa con ramificazioni anche in Europa: presìdi negli stessi orari a Londra, Amsterdam, Siviglia, Parigi, Praga, Bruxelles, Edimburgo. E dalla Spagna: "Sono un italiano residente in Madrid - si legge in un messaggio inviato agli organizzatori della giornata - con altri concittadini stiamo organizzando un flashmob per manifestare il nostro appoggio alla mobilitazione". In scaletta la lettura di articoli dela Costituzione, "affinché anche il pubblico spagnolo possa ascoltare parte del contenuto della Carta".

Gli studenti. Rappresenteranno di sicuro la parte più animata e colorata della manifestazione. Ritornano in piazza dopo le manifestazioni dello scorso dicembre. Studenti e docenti, i partigiani della conoscenza. Insieme per dire "basta" alle politiche del governo su scuola pubblica e istruzione. Dall'Unione degli Universitari 12: "Il 12 marzo noi studenti non staremo a guardare. Scenderemo in piazza contro un governo che continuamente calpesta e umilia la Costituzione Italiana e la nostra dignità di cittadini". E ancora: "Siamo felici che finalmente l'opinione pubblica si sia accorta di quello che sta succedendo alle nostre scuole. E chiediamo a tutti di scendere in piazza al nostro fianco, di non lasciarci soli come troppo spesso è successo quest'autunno".

I partiti. All'appello non manca nessuno. In piazza del Popolo saranno presenti anche i militanti dei partiti del centrosinistra. Pd, Idv, Sinistra e Libertà e Federazione della Sinistra. E non mancano adesioni da singoli esponenti del Terzo Polo. Aderiscono a distanza, in collegamento web da Parigi, i finiani de "Il Futurista 13", la rivista online nata dalle ceneri di Fare Futuro Web Magazine. In piazza anche la Cgil. E le associazioni e i comitati non si contano. Un elenco che sfiora quota cento. In aggiornamento costante. Tra le ultime adesioni quella dei "Poeti contro l'oblio", in piazza del Popolo per ribadire la "necessità sociale della memoria per tutto il Paese".

Gli umori. Dal comitato promotore: "Ci aspettiamo una bella giornata di sole tanta partecipazione e tanta gioia di stare insieme. Per poter dire ancora una volta che la Costituzione è viva, è bella, e non si tocca. Attenzione però questo non vuol dire che non può essere corretta (come già in passato è stato fatta) ma non può essere modificata e soprattutto non in nome dell'interesse di uno solo, ma del Paese". E sulla grande partecipazione degli italiani all'estero: "Sentono il dovere di contribuire perché il Paese sia all'altezza dei sogni e delle aspettative delle giovani generazioni che vanno via per disperazione".

(11 marzo 2011)

 

 

 

2011-01-10

I TAGLI DEL GOVERNO

Fus, via altri 50 milioni di euro

Il mondo dello spettacolo in rivolta

Aggiunti ai 27 milioni "congelati" ieri, fanno in totale 77 milioni. Bondi: "Confido in chi verrà dopo di me, spero che abbia la forza per ribaltare la situazione". A rischio anche la tutela del patrimonio archeologico e i musei.Addetti ai lavori sul piede di guerra. L'opposizione: "Un massacro"

Fus, via altri 50 milioni di euro Il mondo dello spettacolo in rivolta Una manifestazione contro i tagli alla cultura

ROMA - Sandro Bondi è ancora in carica, ma parla ormai da ex ministro dei Beni culturali. All'indomani della notizia del congelamento di ulteriori 27 milioni 1 dal Fondo unico dello spettacolo. "Comprendo la preoccupazione e la delusione del mondo della cultura in seguito alle ultime notizie riguardanti una ulteriore previsione di riduzione degli investimenti - ha detto - a questo punto posso solo confidare che chi mi succederà a breve abbia l'autorevolezza e la forza di porre rimedio e invertire l'attuale situazione". Peraltro, piove sul bagnato: i tagli - o le risorse "congelate", per usare il termine tecnico - per il complesso della cultura assommano in totale a 77 milioni di euro. Ai 27 di ieri se ne sono aggiunti oggi, nuova "amara sorpresa" (così Bondi l'aveva definita ieri), altri 50 che riguardano l'intero comparto gestito dal ministero dei Beni culturali. Il mondo dello spettacolo è in rivolta e punta alla manifestazione di sabato 12 marzo come momento principale per rovesciare la situazione.

Cinecittà a rischio chiusura 2 / L'appello 3

Il motivo del nuovo "taglio"

è sempre lo stesso: gli effetti - ricorda la Uil Beni culturali - della norma sui risultati dell'asta per le frequenze per le tlc contenuta in Finanziaria. Nel caso in cui si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alla previsione, il ministro dell'Economia e delle finanze provvede, con proprio decreto - dice la norma - alla riduzione lineare, fino alla concorrenza dello scostamento finanziario riscontrato, "delle missioni di spesa di ciascun ministero". Per il ministero dei Beni culturali, spiega ancora la Uil, la previsione ha comportato a far data da oggi il congelamento di 70 milioni: una mazzata che, per il sindacato, significa "la paralisi operativa di tutta l'attività istituzionale del ministero Beni culturali".

A riconoscerlo è lo stesso sottosegretario Francesco Giro: con i tagli è in crisi l'intero settore. Per il Fus poi scende nel dettaglio ricordando che, rispetto alle vecchie risorse, la musica è scesa da 56 a 35 milioni, la lirica da 196 a 122, la danza da 9 a 5, il teatro da 67 a 42, il cinema da 76 a 47. Uno sfacelo, senza appunto parlare dei 50 milioni per tutto il resto che significa - sempre per Giro - mettere in difficoltà la sopravvivenza dei beni, la tutela del patrimonio archeologico, i musei. Addetti ai lavori e opposizione non sono gli unici a protestare: lo stesso sindaco di Roma Gianni Alemanno chiede l'intervento di Berlusconi contro tagli insostenibili.

Il mondo del cinema è in prima fila: da Paolo Virzì a Silvio Orlando ai Centoautori 4, tutti chiedono una reazione forte, consci tra l'altro anche del rischio chiusura per Cinecittà Luce. Il maestro Pappano bolla il taglio come frutto di "ignoranza totale" e il direttore di S. Cecilia Bruno Cagli, dopo aver detto che tutto il tagliabile è stato tagliato, annuncia le sue dimissioni per il prossimo 14 marzo.

L'opposizione, da Rutelli a Melandri, da Vita a Borghesi, a Chiti alla Cgil, al Pd (che parla di "metodo Marchionne") non solo denuncia il "massacro" della cultura ma chiede con forza a Bondi di farsi da parte subito. Poi ci sono le associazioni di settore: dall'Anac, a Federculture, Federcultura, Arci, Movem09, a Legacoop: tutte schierate contro una politica considerata suicida per il settore. L'Agis annuncia che non parteciperà più alle attività consultive del ministero dei Beni culturali toccando così un punto decisivo: dovrebbe infatti essere la Commissione spettacolo (organo consultivo) a indicare la ripartizione tra i vari settori del Fus. Ma la settimana scorsa la Commissione non si è riunita per protesta contro l'inadeguatezza del vecchio Fus. Figurarsi ora.

(10 marzo 2011)

 

 

 

IL MESSAGGIO

Napolitano: "La crisi si supera

investendo su scuola e ricerca"

Nuovo monito del capo dello Stato a favore dei giovani e della loro formazione: "Prestare ascolto alle pressanti richieste e fornire risposte concrete"

Napolitano: "La crisi si supera investendo su scuola e ricerca" Giorgio Napolitano

ROMA - Nuovo monito di Giorgio Napolitano a favore dei giovani e della necessità di investire sul loro futuro a partire dalla formazione: "E' essenziale promuovere l'innalzamento degli standard formativi e valorizzare le migliori energie intellettuali e creative: soltanto investendo su tali priorità sarà possibile superare le attuali difficoltà di ordine economico e sociale ed affrontare efficacemente le grandi sfide del nostro tempo", sottolinea il presidente della Repubblica in un messaggio di saluto inviato in occasione della conferenza internazionale "Capitale umano e occupazione nell'area europea e mediterranea", in corso a Bologna 1.

"Occorre - ha ribadito - come ho più volte sottolineato, prestare ascolto alle pressanti richieste provenienti dal mondo giovanile e fornire risposte concrete a generazioni di studenti che troppo spesso vedono ostacolato il percorso di crescita personale e professionale e vanificate la fiducia e la speranza che hanno motivato il loro impegno nello studio e nella ricerca".

"L'indubbio rilievo del tema affrontato merita il più ampio approfondimento, anche in relazione al particolare contesto italiano - sottolinea ancora il capo dello Stato - nell'auspicio che il consolidamento della collaborazione scientifica fra gli istituti univesitari e di ricerca nell'area mediterranea potrà contribuire

a rafforzare il processo di arricchimento professionale e di integrazione culturale".

"L'articolato programma di interventi e di relazioni - ha concluso Napolitano nel suo messaggio - costituisce un'importante occasione di confronto sulle modalità della formazione accademica e professionale nei diversi paesi presi in esame e sulle reali opportunità di inserimento nel mercato del lavoro offerte ai più giovani".

(10 marzo 2011)

 

 

 

2011-01-07

OCCUPAZIONE

Laureati travolti dalla crisi

bassi stipendi e più precarietà

Peggiorano ancora i dati su retribuzioni, occupazione e stabilità. Raddoppia il fenomeno di chi non ha neppure un contratto. I laureati di famiglie operaie guadagnano quasi duecento euro al mese in meno dei colleghi di estrazione borghese. I risultati del rapporto di AlmaLaurea su 400mila giovani

di FEDERICO PACE

Laureati travolti dalla crisi bassi stipendi e più precarietà

LA CRISI non smette di far male. Anche a chi, come i laureati, possiede più strumenti culturali e professionali per reagire ai mutamenti. I numeri parlano chiaro. Gli stipendi perdono ancora potere d'acquisto, le chance di trovare un posto si riducono ulteriormente e i contratti precari sono ormai routine. Intanto risuonano altri due campanelli d'allarme: il lavoro nero raddoppia e la classe sociale di provenienza non smette di condizionare i destini dei giovani. Tanto che tra i "figli" si perpetuano le differenze e le disparità dei "padri", anche laddove non avrebbero più alcuna giustificazione. Sia in termini di euro guadagnati che di riconoscimenti e identificazione nel lavoro.

A richiamare l'attenzione sulla questione giovanile, è il nuovo rapporto di AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei neolaureati. Presentata oggi a Roma presso la sede della Crui, l'indagine ha coinvolto 400 mila ragazzi e, con una gran mole di dati, invita operatori e politici a considerare con attenzione la necessità di approntare strumenti per evitare che una risorsa preziosa vada dissipata con inevitabili danni per l'intero Paese. I risultati saranno discussi anche nell'ambito della conferenza internazionale sul capitale umano e l'occupazione che a Bologna, tra giovedì e venerdì prossimi, vedrà confrontarsi decisori, responsabili d'azienda, operatori e esperti del settore.

La disoccupazione non smette di crescere. Sia che si esca con la "triennale",

sia che lo si faccia con la specialistica, i senza lavoro continuano ad aumentare. Oggi, il 16,2 per cento dei laureati "brevi" è disoccupato a un anno dal conseguimento del titolo di studio. Nel 2008 erano l'11 per cento. Dalla specialistica non arrivano numero migliori. L'involuzione, semmai, è ancora più accentuata: i disoccupati quest'anno sono il 17,7 per cento (erano il 10,8 per cento). Certo è che comunque i laureati nel tempo dimostrano performance migliori dei diplomati. Durante l'intera vita lavorativa, hanno un tasso di occupazione superiore di undici punti percentuali a quella dei diplomati che, senza dubbio, stanno pagando più dolorosamente la crisi. Ad ogni modo, dice l'indagine, diminuisce anche la quota dei laureati che risultano impiegati cinque anni dopo aver conseguito il titolo. In questo caso il campione osservato è quello dei laureati pre-riforma. Tra il 2005 e il 2010 la contrazione è di quasi cinque punti percentuali. Cinque anni fa erano il 90,3 per cento quelli che erano riusciti a trovare impiego. Oggi sono l'85,6 per cento.

TABELLA I LAUREATI E LA DISOCCUPAZIONE 1

Economia meglio, biologia peggio. A tre anni dalla laurea, il 75 per cento dei laureati con la specialistica hanno un impiego mentre il 13 per cento è ancora senza e ne sta cercando uno. Tra le diverse facoltà le disparità sono evidenti e indicative, semmai ce ne fosse ancora bisogno, della diversa accoglienza che il mercato dà loro a seconda dei percorsi di studio. I picchi interessano, oltre a chi esce dal percorso medico e professioni sanitarie (98 per cento), i laureati del gruppo economico-statistico, di architettura (entrambi quasi 86 per cento) e quelli di ingegneria (84,7 per cento). All'estremo opposto, i laureati nel gruppo geo-biologico (47,1 per cento), chimico-farmaceutico (48,5 per cento), giuridico (50,2 per cento) e scientifico (62,3 per cento).

Ancora più incertezza. Il peggioramento delle condizioni contrattuali dei primi impieghi è comunque costante. I contratti atipici oggi interessano più di quattro laureati "brevi" su dieci. Allo stesso tempo i rapporti di lavoro stabili sono passati dal 50,7 per cento al 46,2. Peggiori sono anche le performance, a un anno dalla laurea, di chi consegue la specialistica. Quest'anno hanno un contratto atipico il 46,4 per cento (erano il 41,4 nel 2008) mentre solo il 35 per cento è riuscito a strappare un contratto stabile. Per chi è uscito dagli atenei cinque anni fa, dato questo che riguarda in particolare i laureati pre-riforma, la stabilità dell'occupazione coinvolge il 71 per cento dei casi.

TABELLA I CONTRATTI 2

Il lavoro nero. La cifra che desta più di qualche preoccupazione è quella relativa alla crescita dei "senza contratto". Sempre più giovani laureati lavorano senza avere avuto la possibilità di firmare un contratto. Con il conseguente venire meno di quei diritti che spettano a ogni lavoratore. Niente contributi e niente assicurazione, tanto per fare un esempio. Tra chi ha concluso la specialistica, i laureati occupati senza contratto sono quest'anno il 7 per cento (il doppio di quanti erano nel 2008). Sono aumentati anche i laureati "brevi": oggi sono costretti a lavorare in nero il 6 per cento (erano il 3,8 per cento). Tra gli specialistici a ciclo unico, la quota è quasi dell'11 per cento.

Il continuo arretramento degli stipendi. I guadagni perdono ancora di peso e la paga smette, ancor di più, di essere una retribuzione capace di pagare quello che serve per una vita da adulto. In questi anni lo stipendio dei laureati "brevi", in termini reali, è scesa del 5 per cento. Andamento ancora più penalizzante per chi porta a compimento la specialistica. Per loro la caduta del potere di acquisto è stata del 10 per cento. E' chiaro che a chi entra nel mondo del lavoro, a ragione o a torto, le imprese stanno dando sempre meno. Ma anche chi ha alle spalle un po' di anni di esperienza vede peggiorare la propria condizione. A cinque anni dalla laurea, il potere d'acquisto delle retribuzioni dei laureati con un impiego è diminuito, in cinque anni, di quasi il dieci per cento.

TABELLE GLI STIPENDI E LA CLASSE SOCIALE 3 / LE RETRIBUZIONI PER LE DIVERSE DISCIPLINE 4

La società immobile. C'è poi la questione dell'ascensore sociale. O meglio della sua assenza. Chi merita di salire i gradini delle classi sociali e realizzare ambizioni, in Italia ci riesce meno che altrove. A cinque anni dal titolo, dicono gli autori dell'indagine, il 73 per cento dei laureati di estrazione borghese ha un contratto stabile. Riesce lo stesso solo al 68 per cento dei loro coetanei di famiglie operaie. Simili disparità si ripropongono nell'ambito retributivo. I laureati della borghesia, dopo cinque anni, hanno uno stipendio di 1.404 euro mentre per chi ha un'estrazione operaia la retribuzione mensile si ferma a 1.249 euro.

La fuga dei cervelli. Non si arresta così il fenomeno di chi, volente o nolente, lascia l'Italia. Quest'anno tra i laureati specialistici quelli che hanno scelto di lavorare all'estero sono il 4,5 per cento. Anche qui, in qualche modo, si ripropone il tema della famiglia. E dell'aiuto, in diverse forme, che essa può dare. La maggior parte di loro proviene da famiglie economicamente favorite, risiede e ha studiato al Nord. E già durante l'università ha avuto esperienze di studio al di fuori del proprio Paese. Fuori dall'Italia spesso le condizioni sono migliori. Ad un anno dalla laurea, ha un lavoro stabile il 48% degli italiani occupati all'estero, 14 punti percentuali in più rispetto al complesso degli specialistici italiani occupati in patria. Inoltre, gli specialistici che si sono trasferiti all'estero guadagnano 1.568 euro. Chi rimane si deve accontentare di 1.054 euro.

La Commissione Europea ha fissato al 40 per cento l'obiettivo strategico della quota di laureati per la popolazione di età tra 30 e 34 anni. Da raggiungere entro il 2020. Oggi in Italia non siamo neppure alla metà, mentre poca attenzione viene riservata anche agli investimenti nell'istruzione e nella ricerca. Sbaglia, ci dice l'Europa, chi crede che il destino dei laureati appartenga solo a loro e non a quello di tutto una nazione.

(07 marzo 2011)

 

 

OCCUPAZIONE

Laureati travolti dalla crisi

bassi stipendi e più precarietà

Peggiorano ancora i dati su retribuzioni, occupazione e stabilità. Raddoppia il fenomeno di chi non ha neppure un contratto. I laureati di famiglie operaie guadagnano quasi duecento euro al mese in meno dei colleghi di estrazione borghese. I risultati del rapporto di AlmaLaurea su 400mila giovani

di FEDERICO PACE

Laureati travolti dalla crisi bassi stipendi e più precarietà

LA CRISI non smette di far male. Anche a chi, come i laureati, possiede più strumenti culturali e professionali per reagire ai mutamenti. I numeri parlano chiaro. Gli stipendi perdono ancora potere d'acquisto, le chance di trovare un posto si riducono ulteriormente e i contratti precari sono ormai routine. Intanto risuonano altri due campanelli d'allarme: il lavoro nero raddoppia e la classe sociale di provenienza non smette di condizionare i destini dei giovani. Tanto che tra i "figli" si perpetuano le differenze e le disparità dei "padri", anche laddove non avrebbero più alcuna giustificazione. Sia in termini di euro guadagnati che di riconoscimenti e identificazione nel lavoro.

A richiamare l'attenzione sulla questione giovanile, è il nuovo rapporto di AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei neolaureati. Presentata oggi a Roma presso la sede della Crui, l'indagine ha coinvolto 400 mila ragazzi e, con una gran mole di dati, invita operatori e politici a considerare con attenzione la necessità di approntare strumenti per evitare che una risorsa preziosa vada dissipata con inevitabili danni per l'intero Paese. I risultati saranno discussi anche nell'ambito della conferenza internazionale sul capitale umano e l'occupazione che a Bologna, tra giovedì e venerdì prossimi, vedrà confrontarsi decisori, responsabili d'azienda, operatori e esperti del settore.

La disoccupazione non smette di crescere. Sia che si esca con la "triennale",

sia che lo si faccia con la specialistica, i senza lavoro continuano ad aumentare. Oggi, il 16,2 per cento dei laureati "brevi" è disoccupato a un anno dal conseguimento del titolo di studio. Nel 2008 erano l'11 per cento. Dalla specialistica non arrivano numero migliori. L'involuzione, semmai, è ancora più accentuata: i disoccupati quest'anno sono il 17,7 per cento (erano il 10,8 per cento). Certo è che comunque i laureati nel tempo dimostrano performance migliori dei diplomati. Durante l'intera vita lavorativa, hanno un tasso di occupazione superiore di undici punti percentuali a quella dei diplomati che, senza dubbio, stanno pagando più dolorosamente la crisi. Ad ogni modo, dice l'indagine, diminuisce anche la quota dei laureati che risultano impiegati cinque anni dopo aver conseguito il titolo. In questo caso il campione osservato è quello dei laureati pre-riforma. Tra il 2005 e il 2010 la contrazione è di quasi cinque punti percentuali. Cinque anni fa erano il 90,3 per cento quelli che erano riusciti a trovare impiego. Oggi sono l'85,6 per cento.

TABELLA I LAUREATI E LA DISOCCUPAZIONE 1

Economia meglio, biologia peggio. A tre anni dalla laurea, il 75 per cento dei laureati con la specialistica hanno un impiego mentre il 13 per cento è ancora senza e ne sta cercando uno. Tra le diverse facoltà le disparità sono evidenti e indicative, semmai ce ne fosse ancora bisogno, della diversa accoglienza che il mercato dà loro a seconda dei percorsi di studio. I picchi interessano, oltre a chi esce dal percorso medico e professioni sanitarie (98 per cento), i laureati del gruppo economico-statistico, di architettura (entrambi quasi 86 per cento) e quelli di ingegneria (84,7 per cento). All'estremo opposto, i laureati nel gruppo geo-biologico (47,1 per cento), chimico-farmaceutico (48,5 per cento), giuridico (50,2 per cento) e scientifico (62,3 per cento).

Ancora più incertezza. Il peggioramento delle condizioni contrattuali dei primi impieghi è comunque costante. I contratti atipici oggi interessano più di quattro laureati "brevi" su dieci. Allo stesso tempo i rapporti di lavoro stabili sono passati dal 50,7 per cento al 46,2. Peggiori sono anche le performance, a un anno dalla laurea, di chi consegue la specialistica. Quest'anno hanno un contratto atipico il 46,4 per cento (erano il 41,4 nel 2008) mentre solo il 35 per cento è riuscito a strappare un contratto stabile. Per chi è uscito dagli atenei cinque anni fa, dato questo che riguarda in particolare i laureati pre-riforma, la stabilità dell'occupazione coinvolge il 71 per cento dei casi.

TABELLA I CONTRATTI 2

Il lavoro nero. La cifra che desta più di qualche preoccupazione è quella relativa alla crescita dei "senza contratto". Sempre più giovani laureati lavorano senza avere avuto la possibilità di firmare un contratto. Con il conseguente venire meno di quei diritti che spettano a ogni lavoratore. Niente contributi e niente assicurazione, tanto per fare un esempio. Tra chi ha concluso la specialistica, i laureati occupati senza contratto sono quest'anno il 7 per cento (il doppio di quanti erano nel 2008). Sono aumentati anche i laureati "brevi": oggi sono costretti a lavorare in nero il 6 per cento (erano il 3,8 per cento). Tra gli specialistici a ciclo unico, la quota è quasi dell'11 per cento.

Il continuo arretramento degli stipendi. I guadagni perdono ancora di peso e la paga smette, ancor di più, di essere una retribuzione capace di pagare quello che serve per una vita da adulto. In questi anni lo stipendio dei laureati "brevi", in termini reali, è scesa del 5 per cento. Andamento ancora più penalizzante per chi porta a compimento la specialistica. Per loro la caduta del potere di acquisto è stata del 10 per cento. E' chiaro che a chi entra nel mondo del lavoro, a ragione o a torto, le imprese stanno dando sempre meno. Ma anche chi ha alle spalle un po' di anni di esperienza vede peggiorare la propria condizione. A cinque anni dalla laurea, il potere d'acquisto delle retribuzioni dei laureati con un impiego è diminuito, in cinque anni, di quasi il dieci per cento.

TABELLE GLI STIPENDI E LA CLASSE SOCIALE 3 / LE RETRIBUZIONI PER LE DIVERSE DISCIPLINE 4

La società immobile. C'è poi la questione dell'ascensore sociale. O meglio della sua assenza. Chi merita di salire i gradini delle classi sociali e realizzare ambizioni, in Italia ci riesce meno che altrove. A cinque anni dal titolo, dicono gli autori dell'indagine, il 73 per cento dei laureati di estrazione borghese ha un contratto stabile. Riesce lo stesso solo al 68 per cento dei loro coetanei di famiglie operaie. Simili disparità si ripropongono nell'ambito retributivo. I laureati della borghesia, dopo cinque anni, hanno uno stipendio di 1.404 euro mentre per chi ha un'estrazione operaia la retribuzione mensile si ferma a 1.249 euro.

La fuga dei cervelli. Non si arresta così il fenomeno di chi, volente o nolente, lascia l'Italia. Quest'anno tra i laureati specialistici quelli che hanno scelto di lavorare all'estero sono il 4,5 per cento. Anche qui, in qualche modo, si ripropone il tema della famiglia. E dell'aiuto, in diverse forme, che essa può dare. La maggior parte di loro proviene da famiglie economicamente favorite, risiede e ha studiato al Nord. E già durante l'università ha avuto esperienze di studio al di fuori del proprio Paese. Fuori dall'Italia spesso le condizioni sono migliori. Ad un anno dalla laurea, ha un lavoro stabile il 48% degli italiani occupati all'estero, 14 punti percentuali in più rispetto al complesso degli specialistici italiani occupati in patria. Inoltre, gli specialistici che si sono trasferiti all'estero guadagnano 1.568 euro. Chi rimane si deve accontentare di 1.054 euro.

La Commissione Europea ha fissato al 40 per cento l'obiettivo strategico della quota di laureati per la popolazione di età tra 30 e 34 anni. Da raggiungere entro il 2020. Oggi in Italia non siamo neppure alla metà, mentre poca attenzione viene riservata anche agli investimenti nell'istruzione e nella ricerca. Sbaglia, ci dice l'Europa, chi crede che il destino dei laureati appartenga solo a loro e non a quello di tutto una nazione.

(07 marzo 2011)

 

 

MOVIMENTI

Di Carmine Saviano

OCCUPAZIONE

Laureati travolti dalla crisi

bassi stipendi e più precarietà

Peggiorano ancora i dati su retribuzioni, occupazione e stabilità. Raddoppia il fenomeno di chi non ha neppure un contratto. I laureati di famiglie operaie guadagnano quasi duecento euro al mese in meno dei colleghi di estrazione borghese. I risultati del rapporto di AlmaLaurea su 400mila giovani

di FEDERICO PACE

Laureati travolti dalla crisi bassi stipendi e più precarietà

LA CRISI non smette di far male. Anche a chi, come i laureati, possiede più strumenti culturali e professionali per reagire ai mutamenti. I numeri parlano chiaro. Gli stipendi perdono ancora potere d'acquisto, le chance di trovare un posto si riducono ulteriormente e i contratti precari sono ormai routine. Intanto risuonano altri due campanelli d'allarme: il lavoro nero raddoppia e la classe sociale di provenienza non smette di condizionare i destini dei giovani. Tanto che tra i "figli" si perpetuano le differenze e le disparità dei "padri", anche laddove non avrebbero più alcuna giustificazione. Sia in termini di euro guadagnati che di riconoscimenti e identificazione nel lavoro.

A richiamare l'attenzione sulla questione giovanile, è il nuovo rapporto di AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei neolaureati. Presentata oggi a Roma presso la sede della Crui, l'indagine ha coinvolto 400 mila ragazzi e, con una gran mole di dati, invita operatori e politici a considerare con attenzione la necessità di approntare strumenti per evitare che una risorsa preziosa vada dissipata con inevitabili danni per l'intero Paese. I risultati saranno discussi anche nell'ambito della conferenza internazionale sul capitale umano e l'occupazione che a Bologna, tra giovedì e venerdì prossimi, vedrà confrontarsi decisori, responsabili d'azienda, operatori e esperti del settore.

La disoccupazione non smette di crescere. Sia che si esca con la "triennale",

sia che lo si faccia con la specialistica, i senza lavoro continuano ad aumentare. Oggi, il 16,2 per cento dei laureati "brevi" è disoccupato a un anno dal conseguimento del titolo di studio. Nel 2008 erano l'11 per cento. Dalla specialistica non arrivano numero migliori. L'involuzione, semmai, è ancora più accentuata: i disoccupati quest'anno sono il 17,7 per cento (erano il 10,8 per cento). Certo è che comunque i laureati nel tempo dimostrano performance migliori dei diplomati. Durante l'intera vita lavorativa, hanno un tasso di occupazione superiore di undici punti percentuali a quella dei diplomati che, senza dubbio, stanno pagando più dolorosamente la crisi. Ad ogni modo, dice l'indagine, diminuisce anche la quota dei laureati che risultano impiegati cinque anni dopo aver conseguito il titolo. In questo caso il campione osservato è quello dei laureati pre-riforma. Tra il 2005 e il 2010 la contrazione è di quasi cinque punti percentuali. Cinque anni fa erano il 90,3 per cento quelli che erano riusciti a trovare impiego. Oggi sono l'85,6 per cento.

TABELLA I LAUREATI E LA DISOCCUPAZIONE 1

Economia meglio, biologia peggio. A tre anni dalla laurea, il 75 per cento dei laureati con la specialistica hanno un impiego mentre il 13 per cento è ancora senza e ne sta cercando uno. Tra le diverse facoltà le disparità sono evidenti e indicative, semmai ce ne fosse ancora bisogno, della diversa accoglienza che il mercato dà loro a seconda dei percorsi di studio. I picchi interessano, oltre a chi esce dal percorso medico e professioni sanitarie (98 per cento), i laureati del gruppo economico-statistico, di architettura (entrambi quasi 86 per cento) e quelli di ingegneria (84,7 per cento). All'estremo opposto, i laureati nel gruppo geo-biologico (47,1 per cento), chimico-farmaceutico (48,5 per cento), giuridico (50,2 per cento) e scientifico (62,3 per cento).

Ancora più incertezza. Il peggioramento delle condizioni contrattuali dei primi impieghi è comunque costante. I contratti atipici oggi interessano più di quattro laureati "brevi" su dieci. Allo stesso tempo i rapporti di lavoro stabili sono passati dal 50,7 per cento al 46,2. Peggiori sono anche le performance, a un anno dalla laurea, di chi consegue la specialistica. Quest'anno hanno un contratto atipico il 46,4 per cento (erano il 41,4 nel 2008) mentre solo il 35 per cento è riuscito a strappare un contratto stabile. Per chi è uscito dagli atenei cinque anni fa, dato questo che riguarda in particolare i laureati pre-riforma, la stabilità dell'occupazione coinvolge il 71 per cento dei casi.

TABELLA I CONTRATTI 2

Il lavoro nero. La cifra che desta più di qualche preoccupazione è quella relativa alla crescita dei "senza contratto". Sempre più giovani laureati lavorano senza avere avuto la possibilità di firmare un contratto. Con il conseguente venire meno di quei diritti che spettano a ogni lavoratore. Niente contributi e niente assicurazione, tanto per fare un esempio. Tra chi ha concluso la specialistica, i laureati occupati senza contratto sono quest'anno il 7 per cento (il doppio di quanti erano nel 2008). Sono aumentati anche i laureati "brevi": oggi sono costretti a lavorare in nero il 6 per cento (erano il 3,8 per cento). Tra gli specialistici a ciclo unico, la quota è quasi dell'11 per cento.

Il continuo arretramento degli stipendi. I guadagni perdono ancora di peso e la paga smette, ancor di più, di essere una retribuzione capace di pagare quello che serve per una vita da adulto. In questi anni lo stipendio dei laureati "brevi", in termini reali, è scesa del 5 per cento. Andamento ancora più penalizzante per chi porta a compimento la specialistica. Per loro la caduta del potere di acquisto è stata del 10 per cento. E' chiaro che a chi entra nel mondo del lavoro, a ragione o a torto, le imprese stanno dando sempre meno. Ma anche chi ha alle spalle un po' di anni di esperienza vede peggiorare la propria condizione. A cinque anni dalla laurea, il potere d'acquisto delle retribuzioni dei laureati con un impiego è diminuito, in cinque anni, di quasi il dieci per cento.

TABELLE GLI STIPENDI E LA CLASSE SOCIALE 3 / LE RETRIBUZIONI PER LE DIVERSE DISCIPLINE 4

La società immobile. C'è poi la questione dell'ascensore sociale. O meglio della sua assenza. Chi merita di salire i gradini delle classi sociali e realizzare ambizioni, in Italia ci riesce meno che altrove. A cinque anni dal titolo, dicono gli autori dell'indagine, il 73 per cento dei laureati di estrazione borghese ha un contratto stabile. Riesce lo stesso solo al 68 per cento dei loro coetanei di famiglie operaie. Simili disparità si ripropongono nell'ambito retributivo. I laureati della borghesia, dopo cinque anni, hanno uno stipendio di 1.404 euro mentre per chi ha un'estrazione operaia la retribuzione mensile si ferma a 1.249 euro.

La fuga dei cervelli. Non si arresta così il fenomeno di chi, volente o nolente, lascia l'Italia. Quest'anno tra i laureati specialistici quelli che hanno scelto di lavorare all'estero sono il 4,5 per cento. Anche qui, in qualche modo, si ripropone il tema della famiglia. E dell'aiuto, in diverse forme, che essa può dare. La maggior parte di loro proviene da famiglie economicamente favorite, risiede e ha studiato al Nord. E già durante l'università ha avuto esperienze di studio al di fuori del proprio Paese. Fuori dall'Italia spesso le condizioni sono migliori. Ad un anno dalla laurea, ha un lavoro stabile il 48% degli italiani occupati all'estero, 14 punti percentuali in più rispetto al complesso degli specialistici italiani occupati in patria. Inoltre, gli specialistici che si sono trasferiti all'estero guadagnano 1.568 euro. Chi rimane si deve accontentare di 1.054 euro.

La Commissione Europea ha fissato al 40 per cento l'obiettivo strategico della quota di laureati per la popolazione di età tra 30 e 34 anni. Da raggiungere entro il 2020. Oggi in Italia non siamo neppure alla metà, mentre poca attenzione viene riservata anche agli investimenti nell'istruzione e nella ricerca. Sbaglia, ci dice l'Europa, chi crede che il destino dei laureati appartenga solo a loro e non a quello di tutto una nazione.

(07 marzo 2011)

 

2011-01-06

GIUSTIZIA

Berlusconi: giovedì riforma giustizia "epocale"

"Bonus scuole private, legge intercettazioni"

Il premier a tutto campo in due messaggi al Pdl. Insiste su critiche a insegnanti, preannuncia misure radicali in cdm. "Non ci saranno elezioni anticipate, maggioranza forte e Pdl al 30,6%". Ghedini: "Potrà partecipare a suoi processi solo di lunedì, scenderà in campo per difendersi". Mediatrade, subito rinvio al 28 marzo

Berlusconi: giovedì riforma giustizia "epocale" "Bonus scuole private, legge intercettazioni"

ROMA - "La sinistra ancora una volta non esita di fronte a nulla nell'ultimo disperato tentativo di ottenere con scorciatoie mediatico-giudiziarie quello che non riesce a ottenere nelle urne". Lo dice il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, in un messaggio inviato alla prima Conferenza nazionale sul lavoro e occupazione femminile del Pdl. E alla platea di donne ribadisce: "Chi cerca di strumentalizzare politicamente le donne non le difende, ma le mortifica". I guai giudiziari rimangono comunque in cima alle preoccupazioni del premier, che attraverso il suo legale fa sapere di essere pronto a "difendersi in aula".

Riforma della giustizia. Berlusconi ha poi confermato - parlando telefonicamente a una manifestazione Pdl ad Avezzano - che la riforma della giustizia è pronta e sarà presentata in Consiglio dei ministri giovedì: "Presenteremo la riforma della giustizia giovedì. E' una riforma che sarà epocale". Lo ha detto Silvio Berlusconi intervenendo telefonicamente ad una manifestazione del Pdl ad Avezzano. "Nessun governo mai ha fatto così bene", dice il premier. "Stiamo lavorando sulla riforma tributaria, è una cosa assolutamente importante, siamo rimasti a leggi di 40 anni fa", osserva il Cavaliere, "abbiamo poi - aggiunge il presidente del Consiglio - in programma il piano per il Sud".

Bonus per scuole private. Nell'intervento, a tutto campo dalle amministrative al nucleare,

il premier è tornato poi sulla polemica sulle sue dichiarazioni sulla scuola pubblica 1. "Abbiamo un'opposizione che dice solo bugie, menzogne, l'unica cosa che sa fare è quello di raccontare delle storie", afferma il Cavaliere. "Io non ho mai attaccato la scuola pubblica", osserva il presidente del Consiglio. "La scuola alla sinistra è servita solo come ammortizzatore sociale, come serbatoio politico", aggiunge il premier. "Abbiamo difeso la scuola pubblica con le riforme", e ribadisce la frase oggetto di polemica: di fronte a scuole in cui "vengono inculcati valori contrari a quelli dei genitori", "ho solo proposto un bonus per le famiglie meno abbienti che si trovino in questa situazione in modo che possano mandare i loro figli in una scuola privata".

Elezioni anticipate. "Non ci saranno elezioni politiche anticipate. Sarebbe veramente un danno per il nostro Paese dare un segnale di non avere stabilità di governo: sia per la finanza internazionale, che per quanto succede in Egitto in Tunisia e in Libia, è molto importante avere un governo stabile e nel pieno dei poteri". Berlusconi garantisce: "I sondaggi ci dicono che siamo sempre il primo partito in Italia, nonostante gli attacchi della sinistra e dei giornali: siamo al 30,6% quindi andiamo avanti con grande consenso", sottolineando che la sua maggioranza può contare sul 51% degli italiani e che è ora più solida anche grazie al fatto che non c'è più Fini con i suoi "no pregiudiziali a ogni riforma della giustizia". In particolare, il premier ha ora intenzione di procedere con uno dei provvedimenti più controversi, quello sulle intercettazioni: "Riprenderemo la legge bloccata da Fini".

Nessun attacco a istituzioni. "Noi abbiamo questa palla al piede della sinistra - ha detto ancora Berlusconi al telefono con Noi Riformatori ad Avezzano -, una sinistra che si inventa di tutto, adesso anche un mio attacco alle istituzioni, mentre è falso, sono io che subisco attacchi senza soluzione di continuità da 17 anni".

Avanti sul nucleare. "Il nucleare è l'unica alternativa possibile a petrolio e gas, oltre naturalmente alle fonti rinnovabili, che rappresentano una percentuale minima per il nostro fabbisogno", ha detto ancora Berlusconi, attaccando poi il "falso ambientalismo ideologico della sinistra" che "ha seminato un mare paure e ha bloccato fino a qui in Italia tutto ciò che negli altri paesi è stato normale, e quindi termovalorizzatori, le centrali nucleari ed anche le grandi opere". "Credo che dobbiamo andare avanti con decisione su questo terreno".

Il messaggio alle donne. "Il nostro governo ha lavorato per aumentare la sicurezza delle donne introducendo normative avanzate come quella contro lo stalking. Si è schierato in prima linea contro la violenza sulle donne, soprattutto le immigrate". Così Berlusconi si è rivolto con un messaggio ai partecipanti a 'Fattore D', la prima conferenza nazionale delle donne Pdl sul lavoro e l'occupazione femminile. Poi il Cavaliere ha aggiunto su quanto fatto dall'esecutivo: "Si è fatto promotore di azioni come quella del piano casa 2020 per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro. Il governo ha stanziato risorse per 40 milioni di euro per l'intervento in favore della conciliazione. Queste misure sono pilastri per la creazione di nuove famiglie. E' un impegno che sento di prendere per tutto il governo, in prima persona perchè dobbiamo lavorare tutti insieme, noi e voi, per il bene di questa nostra Italia".

L'offerta di Ghedini. "Il premier ritiene opportuno scendere in campo in prima persona per difendersi". Così Niccolò Ghedini, uno degli avvocati del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha spiegato la volontà del suo assistito di partecipare a tutte le udienze dei suoi processi a Milano. Per questo riferisce la sua disponibilità ad essere presente in aula anche per due udienze nello stesso giorno. Un''"offerta" resa nota da Ghedini prima di entrare nell'aula dove si è svolta l'udienza preliminare Mediatrade (subito rinviata al 28 marzo, per difetto di notifica): "Bisogna bilanciare gli impegni istituzionali di Berlusconi con quelli processuali. Ma lui è disponibile anche a doppie udienze, non a due dibattimenti, ma a un dibattimento e a un'udienza preliminare nello stesso giorno. Bloccare l'agenda di Berlusconi il lunedì è il massimo che si possa pretendere per un presidente del Consiglio". "La Corte Costituzionale -spiega il legale- valutando la legge sul legittimo impedimento ha chiesto che fosse possibile trovare degli spazi per il processo. Noi ci siamo attivati in questo senso e abbiamo proposto al presidente del tribunale, Livia Pomodoro, di celebrare i procedimenti solo il lunedì. Ed è il massimo che si possa chiedere ad un presidente del Consiglio. Da parte nostra c'è la disponibilità di celebrare i processi e rapidamente, per questo abbiamo dato la disponibilità del lunedì per le udienze".

(05 marzo 2011)

 

IL DOSSIER

L'uragano di tagli del governo sull'istruzione

Il prossimo anno saltano altre 20 mila cattedre

Anche il personale non docente subirà un nuovo salasso: avrà 14 mila posti in meno. Sono state 45 mila, pari al 51% del totale, quelle eliminate nelle regioni meridionali

di SALVO INTRAVAIA

L'uragano di tagli del governo sull'istruzione Il prossimo anno saltano altre 20 mila cattedre

ROMA - Mentre per le scuole paritarie il premier auspica un Buono-scuola, le statali vengono colpite da un autentico uragano di tagli. In tre anni di governo Berlusconi, insegnanti, alunni, dirigenti scolastici, bidelli, assistenti amministrativi, tecnici di laboratorio, supplenti e genitori hanno dovuto fare i conti con "risparmi" su tutti i capitoli: posti in organico, fondi e addirittura ore di lezione. Del resto, il buongiorno si vede dal mattino: nella prima Finanziaria, quella estiva del 2008, il governo somministrò alla scuola pubblica una vera e propria cura da cavallo: 132 mila posti in meno in un triennio e "sforbiciata" per 8 miliardi di euro netti.

Meno cattedre. La maggior parte del bilancio del ministero dell'Istruzione, circa il 94 per cento del totale, se ne va in stipendi del personale. E per "risparmiare" occorre tagliare le cattedre. Nel mese di giugno del 2008 il ministro Tremonti presentò il conto alla collega, Mariastella Gelmini: 87400 cattedre in meno in tre anni (45 mila al sud, pari al 51%)). Per il prossimo anno ne dovranno eliminare 19700. Risultato: riduzione delle ore di lezione per gli alunni e disoccupazione per migliaia di precari.

Bidelli, assistenti amministrativi e tecnici di laboratorio. La scure non ha risparmiato il cosiddetto personale non docente: bidelli, assistenti amministrativi e tecnici di laboratorio. L'ultima tranche di tagli prevede 14 mila posti in meno, che si aggiungono ai 30 mila già tagliati l'anno

scorso e quest'anno.

I supplenti. Anche nella scuola a pagare la "manovra" sono i più deboli: i supplenti. I dati dell'anno in corso non sono ancora disponibili, ma basta citare quelli degli ultimi due anni per comprendere la portata del fenomeno. In appena due anni, dal 2007/2008 al 2009/2010 quasi 25 mila supplenti con incarichi annuali hanno dovuto dire addio a stipendio e incarico.

Le classi. Nonostante il numero degli alunni in Italia non sia mai diminuito, in un triennio (dal 2007/2008 al 2010/2011) le classi sono calate di 10.617 unità. Va da sé che le classi sono sempre più affollate e non mancano aule con 30 o addirittura 35 alunni stipati dentro.

I fondi. Nel 1997 la scuola italiana entrò nell'era dell'Autonomia. Venne così stanziato un apposito budget che annualmente viene ripartito tra le 10 mila scuola del Paese. Anche questi trasferimenti sono stati colpiti: nel 2008 i fondi per la cosiddetta legge 440/97 sfioravano i 186 milioni. Due anni dopo si assottigliano a 127 milioni: meno 32 per cento.

Ore di lezione. La riforma Gelmini della scuola elementare (ora primaria), media e superiore si basa su un enorme incisione alle ore di lezione. Alle elementari le famiglie possono scegliere quattro moduli-orario: 24, 27, 30 e 40 ore settimanali. Alla media, le ore di lezione alla settimana passano a 30. In passato, le scuole elementari e medie funzionavano con un maggior numero di ore. Ma è alle superiori - a settembre scatta il secondo anno di riforma - che le ore di lezione vengono falcidiate. La Relazione tecnica parla chiaro: per tagliare le 87 mila cattedre previste, a regime, tutti gli studenti dei licei staranno in classe per 71 mila ore di lezione in meno, quelli dei tecnici riusciranno a evitare 240 mila ore di lezione a settimana e 223 mila in meno i compagni degli istituti professionali.

Inglese alla primaria. La scuola italiana non riesce a pagare 11200 insegnanti specialisti di inglese alla primaria. Per questa ragione la manovra Tremonti-Gelmini prevede la loro riconversione in insegnanti comuni. L'Inglese ai bambini dell'elementare verrà impartito da insegnanti che nel frattempo avranno seguito un corso di 400 ore.

Tempo prolungato alle medie. Tre anni fa le classi con orario a Tempo prolungato (fino alle 16) rappresentavano il 29 per cento del totale. Quest'anno sono il 21 su cento.

(06 marzo 2011)

 

 

 

 

 

 

 

 

2011-01-03

LA PROTESTA

Da Nord a Sud, con gli sms

un minuto di silenzio nelle scuole

In tanti istituti inscenata ieri una protesta simbolica organizzata con i messaggini. L'Unione dei sindacati di base chiede adesione allo sciopero generale dell'11 marzo, Rete e Unione Universitari annunciano la mobilitazione per il giorno successivo. Il preside del Liceo Beccaria di Milano: "Scuola pubblica, baluardo da difendere"

Da Nord a Sud, con gli sms un minuto di silenzio nelle scuole

Le parole del premier su una scuola pubblica da lasciarsi alle spalle perché portatrice di valori contrari al sentire della famiglia, hanno generato una generale ondata di protesta che lo stesso Berlusconi probabilmente non si aspettava. Così, mentre la piazza virtuale aperta da Repubblica.it sul "perché" difendere la scuola pubblica si riempie minuto per minuto di migliaia di commenti e testimonianze, la protesta sembra pronta a materializzarsi nelle piazze del mondo reale di tutto il Paese.

La Rete degli Studenti e l'Unione degli Universitari annunciano la mobilitazione per il 12 marzo, in coincidenza con la manifestazione a difesa della Costituzione promossa da Articolo 21. "L'attacco alla scuola - scrivono nel loro comunicato - è l'ennesimo di una lunga serie di tentativi di smantellamento del nostro sistema democratico". "Come studentesse e studenti e come cittadini - affermano - crediamo che sia arrivato il momento di smetterla, da mesi continuiamo a mobilitarci e il 12 marzo saremo di nuovo in piazza".

Intanto, una prima manifestazione esplicita di dissenso: con un passaparola spontaneo tra i docenti e gli studenti, in molte città intere scuole, singole classi, hanno osservato un minuto di silenzio in segno di lutto. Ecco alcune testimonianze.

La comunicazione della protesta spontanea corre veloce, attraversando il mondo della scuola. Alimentato via sms, il minuto di silenzio ieri è andato in scena negli istituti di

Mestre e nel veneziano 1, con gli istitutori avvertiti e coinvolti o, in caso contrario, comunque partecipi. A Padova 2, invece, il minuto è stato utilizzato dagli stessi insegnanti per parlare del valore della scuola, cosa che ha fatto infuriare l'assessore regionale all'Istruzione, Elena Donazzan, del Pdl. L'Itis Planck di Treviso 3chiede invece al premier di tacere appendendo una lettera aperta nella bacheca dell'istituto. Molti insegnati trevigiani hanno adottato il minuto di silenzio organizzato col tam tam dei telefonini, giunto a destinazione fino alle scuole del Trentino 4.

La catena dei messaggini funziona anche da Nord a Sud. A Bari 5va in scena lo stesso minuto di silenzio. Ed è bello scoprire che tutto è partito da un sms partito dal cellulare di una prof di Trento, inviato a una collega di Salerno, girato infine a una collega di Andria. In breve, le scuole del capoluogo e della provincia pugliese erano pronte all'azione. Il minuto di silenzio è perfettamente riuscito. Racconta Maria Corallo, insegnante di lettere, di non aver spiegato in anticipo ai suoi alunni il perché del minuto di silenzio, ma di aver chiesto loro di scrivere un insegnamento ricevuto dai professori. Fra le risposte: accettare i rimproveri e capire gli errori, rispettare gli altri, migliorarsi continuamente, crearsi un metodo di studio. "E le spedirò per posta a Berlusconi".

Clima torrido a Roma 6: volantinaggio degli alunni del Liceo Socrate alla Garbatella, docenti del liceo Montale e della scuola elementare Crispi di Monteverde che fanno lezione esponendo cartelloni a difesa della scuola pubblica, prof di liceo che portano in classe la Costituzione per leggere agli alunni gli articoli 33 e 34 sul libero insegnamento, sull'universalità e la gratuità dell'istruzione obbligatoria. Ma già fervono i preparativi per il ritorno della protesta nelle strade, non solo con flash mob e iniziative estemporanee. L'8 marzo partiranno gli scioperi a catena che investiranno quasi tutte le sigle sindacali: prima toccherà a Sisa e Usi, l'11 all'Usb, il 18 all'Anief, il 25 marzo alla Flc-Cgil. Appuntamento per tutti il 12 marzo con una manifestazione in "difesa della Costituzione e della scuola pubblica". Anche se gli universitari della Sapienza già pensano a una grande giornata di sciopero generale e a una giornata di mobilitazione a metà aprile.

A Firenze 7, con i docenti dei vari istituti che si dicono pronti a scendere in piazza e la Cgil-Flc che invita prof e studenti a lasciare messaggi indirizzati a Berlusconi e annuncia l'impegno del sindacato a manifestare il 12 marzo, anche senza insegne. La stessa Cgil-Flc conferma come anche a Bologna 8 e Palermo 9insegnanti, studenti e personalità istituzionali siano in pieno fermento, con il primo obiettivo di un sit-in in piazza. L'amaro commento di Cataldo Dinolfo, provveditore agli studi di Messina e Ragusa: "E' facile smantellare la scuola pubblica e dire che va male. La scuola pubblica è ormai alla deriva. Sta andando tutto allo sfascio solo tagli e niente assunzioni".

A Milano 10, Repubblica raccoglie l'opinione di Pietro De Luca 11, preside del Liceo Classico Virgilio. "La scuola pubblica è un baluardo da difendere - dice il preside -. Nei nostri licei e nei nostri istituti c'è l'occasione per un confronto aperto libero e democratico, senza dogmatismi, che favorisce, negli studenti, lo sviluppo di una coscienza critica. Questa è la grande ricchezza che si trova solo nella scuola pubblica statale".

Da Milano si fa sentire anche il Movimento Scuola Precaria - CPS. Per affermare che, "come insegnanti della scuola pubblica, siamo indignati di avere un presidente del Consiglio indagato per prostituzione minorile, che ha ospitato nella sua villa il mafioso Mangano e che ha fatto parte della loggia massonica P2". Salvo poi "negare tutto": "Gli insegnanti della scuola pubblica smentiscono dichiarando di esser stati fraintesi: volevamo dire che siamo orgogliosi di avere un presidente del Consiglio, gaudente viveur, ingiustamente indagato per prostituzione minorile, che ha avuto l'onore di ospitare nella propria casa un eroe alla stregua di Mangano e che ha fatto parte dell'esclusiva loggia massonica P2".

Sono i genitori a organizzare la protesta a Genova 12. Il Cogede, il comitato genitori democratici, sta lavorando all'organizzazione di un presidio entro fine settimana, davanti all'ufficio regionale della Pubblica Istruzione. Dall'ex Provveditorato in via Assarotti partirà un corteo verso la Prefettura per manifestare al rappresentante del governo, l'opinione dei genovesi con l'intenzione "di coinvolgere anche le associazioni degli insegnanti". Per difendere "con forza proprio la scuola statale, che ci garantisce un insegnamento non parziale" spiega Matteo Viviano, presidente del Cogede.

Da Nord ancora a Sud, a Napoli 13, dove il preside del liceo classico Pansini mette sulla prima pagina del sito della scuola le parole di Pietro Calamandrei, la "scuola pubblica è espressione di unità, di coesione, di uguaglianza civica, la scuola privata è espressione di varietà, che può voler dire eterogeneità di correnti decentratrici, che lo Stato deve impedire che divengano correnti disgregatrici". Le parole del premier riaccendono le accuse dei docenti per gli attacchi alla loro professionalità e allo stesso tempo per lo stato di semiabbandono in cui versa la qualità strutturale della scuola pubblica in Campania, senza risorse e gravata dai tagli. Sul fronte delle famiglie, il Forum regionale delle associazioni genitori democratici fa sapere che il 12 marzo ci sarà.

Intanto, i sindacati parlano apertamente di mobilitazione. L'Unione dei sindacati di base invita i lavoratori della scuola, ai quali la legge 146/90 impedisce di scioperare, a scendere in strada l'11 marzo per un corteo a Roma, partenza da piazza della Repubblica alle 9,30, in occasione dello sciopero generale proclamato da Usb, Slai Cobas, Snater e Cib-Unicobas. Uno sciopero a cui Ubs chiede di aderire anche a genitori e studenti "per rompere il silenzio, riaffermare la propria dignità e difendere la scuola pubblica statale per i propri figli e per il futuro del paese. La scuola di tutti, la propria scuola".

(01 marzo 2011)

 

 

 

 

 

 

 

2011-02-28

Scontro sull'istruzione, parla Bagnasco

"La Chiesa ha fiducia in tutta la scuola"

Due giorni dopo l'attacco del premier, parla il presidente della Cei : "Ci sta a cuore la formazione, a tutti i livelli". Il ministro Gelmini: "Nessuno vuole privatizzarla", ma i democratici rispondono: "E' vero, la volete uccidere", e indicono un sit in di protesta. Schifani: "Archiviare polemiche già chiarite". Su Repubblica.it uno speciale dedicato al tema, aperto ai commenti degli studenti

Scontro sull'istruzione, parla Bagnasco "La Chiesa ha fiducia in tutta la scuola"

ROMA - "Ci sta a cuore l'educazione in qualunque sede, statale o non statale". Il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, risponde così indirettamente alle polemiche suscitate dalle parole del premier, Silvio Berlusconi, secondo il quale la scuola pubblica "inculca" ai giovani valori contrari a quelli della famiglia.

AUDIO Le parole di Berlusconi sulla scuola pubblica 1

"Difendo la scuola pubblica": i vostri messaggi 2

"La Chiesa, come sempre, ha molta stima e fiducia nella scuola - afferma il capo dei vescovi italiani - perché è un luogo privilegiato dell'educazione, tanto più che siamo nell'ambito del decennio sulla sfida educativa, che la Cei ha scelto. Quindi ci sta a cuore l'educazione integrale anche attraverso la scuola e in qualunque sede, statale o non statale, l'importante è che ci sia questa istruzione ma anche questa formazione della persona che è scopo della scuola a tutti i livelli".

"Ci sono tantissimi insegnanti e operatori che, sappiamo, si dedicano al proprio lavoro con grande generosità, impegno e competenza, sia nella scuola statale che non statale. Quindi il merito va a loro - aggiunge Bagnasco -. Tutti ci auguriamo

che anche la libertà di scelta dei genitori nell'educazione dei figli possa essere concretizzata sempre più e meglio, ma questo riguarda un altro aspetto della scuola non statale. In generale, sicuramente tutti auspichiamo che la scuola, a tutti i livelli e in tutte le sedi, possa veramente rispondere ai desideri dei genitori per i loro figli".

Gelmini: "Nessuno vuole privatizzare". Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini risponde alle polemiche innescate dalle parole del premier: "Nessuno vuole privatizzare la scuola statale", ha affermato il ministro Gelmini, perché ha una funzione pubblica". Il ministro si è poi detta contraria a "dividere tra opposte tifoserie" perchè a suo avviso, "la polemica è stata mal posta". Gelmini ha aggiunto che "non c'è altra strada che aprire la formazione al settore produttivo per accorciare la carriera scolastica e di studio dei ragazzi", per colmare il gap tra domanda e offerta di lavoro. Il contratto di apprendistato "non è una forma di sfruttamento", e anzi va potenziato. "In Lombardia c'è un accordo secondo il quale la formazione professionale assorbe anni di obbligo scolastico".

Pd: "Volete uccidere la scuola". Il responsabile scuola della segreteria del Pd, Francesca Puglisi, risponde al ministro Gelmini: "Una volta tanto concordiamo con il Ministro della pubblica istruzione quando cerca di correggere il tiro del premier dopo le inqualificabili parole sulla scuola pubblica". Puglisi dice che "E' vero che il governo non vuole privatizzare la scuola, infatti vuole direttamente, lasciarla morire per favorire quella privata. E ha iniziato a farlo da tempo". Puglisi conclude: "questo è il risultato, infatti, dopo gli 8 miliardi di tagli in tre anni operati dal governo del quale la gelmini fa parte. Il resto, purtroppo, sono solo chiacchiere".

Schifani: "Polemiche già chiarite". Al commento del ministro Gelmini si aggiunge quello del presidente del Senato, Renato Schifani: "Spero che le polemiche di questi giorni sulla scuola vengano archiviate al più presto, perchè tra l'altro vi sono stati dei chiarimenti e dei controchiarimenti. Queste polemiche penso facciano parte del clima di forte tensione che stiamo vivendo, che non fa bene al Paese". "La scuola", continua Schifani, "svolge una funzione primaria: educa le future classi dirigenti del Paese e a questa va riconosciuto un ruolo indispensabile. C'è la scuola pubblica, c'è quella privata e vi è piena libertà di scelta", ha concluso il presidente del Senato.

Sit in a Palazzo Chigi. Il Pd ha promosso un sit-in sotto Palazzo Chigi per le 17,30 di martedì 1 marzo. Il nome della manifestazione è "Basta con la demolizione della scuola pubblica", saranno presenti tra gli altri e la presidente dell'Assemblea nazionale del Pd Rosi Bindi e i capigruppo Pd di Camera e Senato, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro.

(28 febbraio 2011)

 

 

 

L'OPPOSIZIONE

Bersani: "il premier schiaffeggia la scuola"

Replica del Cavaliere: "Travisate le mie parole"

Il leader Pd: E' nel cuore degli italiani, non permetteremo a Berlusconi di distruggerla". Anche i finiani all'attacco. Maria Stella Gelmini: "Da Berlusconi nessun attacco, solo la difesa della libertà di scelta educativa delle famiglie". Franceschini: "Subito in piazza, per difendere l'istruzione pluralista". ItaliaFutura: "Chi parla di bunga bunga lasci stare la formazione dei giovani"

Bersani: "il premier schiaffeggia la scuola" Replica del Cavaliere: "Travisate le mie parole"

ROMA - "La scuola pubblica è nel cuore degli italiani. Da Berlusconi arriva uno schiaffo inaccettabile". Così il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha replicato alle parole pronunciate ieri 1 da Silvio Berlusconi.

"Con richiami di sapore antico - dice Bersani - Berlusconi se la prende con comunisti e gay, insultando così l'intelligenza e la coscienza civile del Paese. All'elenco, Berlusconi stavolta ha aggiunto gli insegnanti della scuola pubblica. Uno schiaffo inaccettabile a chi lavora con dedizione in condizioni rese sempre più difficili dal governo. La scuola pubblica - prosegue il segretario del Pd - è il luogo in cui l'Italia costruirà il suo futuro. Noi siamo con la scuola pubblica - conclude - e non permetteremo che Berlusconi la distrugga".

Il premier non si è fatto attendere e ha smentito le sue stesse dichiarazioni: "Ancora una volta la sinistra ha travisato le mie parole". "Non ho mai attaccato la scuola pubblica", ha detto il Presidente del consiglio. "L'insegnamento libero ripudia l'indottrinamento" ha specificato il Cavaliere. "Ho solo denunciato l'influenza deleteria dell'ideologia". "Il mio Governo ha avviato una profonda e storica riforma della scuola e dell'Università, proprio per restituire valore alla scuola pubblica e dignità a tutti gli insegnanti che

svolgono un ruolo fondamentale nell'educazione dei nostri figli in cambio di stipendi ancora oggi assolutamente inadeguati". "Questo non significa - prosegue il premier - non poter ricordare e denunciare l'influenza deleteria che nella scuola pubblica hanno avuto e hanno ancora oggi culture politiche, ideologie e interpretazioni della storia che non rispettano la verità e al tempo stesso espropriano la famiglia dalla funzione naturale di partecipare all'educazione dei figli".

 

AUDIO Ecco cosa aveva detto il premier 2

A difendere Berlusconi era scesa in campo proprio il ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini: "Dal presidente del Consiglio non c'è stato alcun attacco alla scuola pubblica", ha detto. "Il presidente Berlusconi, intervenendo ieri al Congresso dei Cristiano Riformisti, ha ribadito la posizione contraria del governo alle adozioni da parte dei single e delle coppie gay, ha confermato l'impegno della maggioranza ad approvare quanto prima la legge sul testamento biologico e si è speso in difesa di un principio sacrosanto: la libertà di scelta educativa delle famiglie". "Il pensiero di chi vuol leggere nelle parole del premier un attacco alla scuola pubblica - rimarca il titolare del dicastero di viale Trastevere - è figlio della erronea contrapposizione tra scuola Statale e scuola Paritaria". "Per noi, e secondo quanto afferma la Costituzione italiana - conclude Gelmini - la scuola può essere sia Statale, sia Paritaria. In entrambi i casi è un'istituzione pubblica, cioè al servizio dei cittadini".

E immediatamente, Bersani ha risposto alla Gelmini: "Se fosse un vero ministro, invece che arrampicarsi sui vetri per difendere Berlusconi, dovrebbe prendere atto degli inaccettabili attacchi che il premier ha rivolto agli insegnanti e alla scuola pubblica e dovrebbe dimettersi".

Dal canto suo, la Gelmini ha ribadito, commentando la richiesta di dimissioni: "Bersani si rassegni, la scuola non è proprietà privata della sua parte politica".

Dario Franceschini, capogruppo Pd alla Camera propone l'immediata mobilitazione: "Tutti di nuovo in piazza, come le donne il 13 febbraio, senza simboli e bandiere, a difendere la scuola pubblica dagli insulti di Berlusconi".

Contro l'attacco del Cavaliere agli insegnanti si schiera anche Fli. Scrive Italo Bocchino sul sito di Generazione Italia: "Possono il centrodestra italiano e la destra nazionale immersa culturalmente nell'Italia di Giovanni Gentile screditare così il grande patrimonio educativo, istruttivo e culturale rappresentato dalla nostra scuola? Possono il centrodestra italiano e la destra nazionale mortificare così il popolo di insegnanti sottopagati che ogni giorno forma i nostri figli? Il vero centrodestra, quello di Fini e di Fli, sta dalla parte della scuola pubblica, così come prevede la Costituzione, senza nulla togliere alla scuola privata, che in parte svolge una funzione molto positiva. In Italia esistono tre tipi di scuole private".

"Ci vuole un Paese, presidente Berlusconi, che investe nella scuola pubblica perchè è il cuore della crescita economica". Lo dice Nichi Vendola, rispondendo alle critiche pronunciate ieri dal premier sulla scuola pubblica. "Capisco - ha aggiunto il leader di Sel rivolgendosi al premier - che lei sente inimicizia verso la scuola pubblica perchè è stata la crisi della scuola pubblica nel quindicennio delle sue televisioni a creare un'egemonia culturale che serve a questa classe dirigente ad avere una generazione narcotizzata dal trash e dalla pornografia". Per Vendola, Silvio Berlusconi è "intollerante e bigotto" e se avesse un "figlio gay" per il giovane sarebbe una "sofferenza". "Berlusconi, sei un bigotto: ieri sei andato a un congresso semisagrestanico, hai detto quelle cose per farti perdonare il bunga bunga, sei andato a quel congresso di sepolcri imbiancati per farti perdonare il bunga-bunga. Se avesse un figlio gay che sofferenza regalerebbe a quel figlio questo suo modo di essere intollerante e di vedere la vita senza rispetto per gli altri", ha concluso il leader di Sel.

Alle critiche verso Berlusconi da parte di Bersani, del Fli e di Vendola, risponde Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera: "E' singolare come una parte della ex maggioranza - il Fli - e l'opposizione con Bersani si trovino pronti nello strumentalizzare alcune frasi del premier. Da sempre il nostro pensiero è chiaro a riguardo. In una ottica di libertà,i cittadini devono essere messi nelle condizioni di potere scegliere se avvalersi della scuola pubblica o della scuola privata. Per il resto, nella scuola pubblica ci sono molti insegnanti che con abnegazione e competenza portano avanti in modo pluralista la loro professione".

Durissimi i commenti, invece, di ItaliaFutura, l'associazione presieduta da Luca Cordero di Montezemolo: "Non abbiamo mai usato argomenti di carattere morale a proposito di Berlusconi nè intendiamo iniziare a farlo ora. Ma esistono limiti alle esternazioni 'in libertà' che i cittadini possono sopportare. L'attacco di ieri del Presidente del Consiglio, presente il Ministro della Pubblica Istruzione Gelmini, ai valori (sbagliati) che la scuola pubblica trasmetterebbe ai ragazzi è inaccettabile e ridicolo". "Proprio in tema di valori i maestri e gli insegnanti che fanno un lavoro difficile e malpagato hanno veramente poco da imparare da Silvio Berlusconi. Lo spettacolo di un capo di Governo che attacca sul terreno morale gli insegnanti della scuola pubblica è l'ennesima, imbarazzante novità che l'Italia offre al mondo. E il presidente del Consiglio dovrebbe ricordarsi che il lavoro che gli italiani si attendono da lui è quello di far funzionare la scuola, che tra l'altro è il principale motore di una società più giusta e dinamica, e non quello di demolirne la legittimità".

"Ribadire l'importanza del diritto di scelta tra scuola pubblica e scuola privata (che in Italia ha una funzione importantissima e deve essere tutelato anche per le famiglie meno abbienti) non ha nulla a che vedere con gli slogan contro gli insegnanti. Tanto più che con l'invito venuto dallo stesso palco ad unirsi alle sue sedute di bunga bunga, che qualunque cosa siano dubitiamo possano rappresentare un alto momento di formazione delle coscienze giovanili, il 'duro monito' morale del premier è apparso ancor più inappropriato".

(27 febbraio 2011)

 

 

LE REAZIONI

L'indignazione dei prof corre sul web

e anche i sindacati insorgono

Indignazione, ma anche una rassegnata insofferenza, di fronte alle parole del premier sulla istruzione pubblica. "Un insulta alla nostra dignità". "E' il posto in cui si può riuscire a trasformare i sudditi in cittadini, è quello che non vogliono" di SALVO INTRAVAIA

L'indignazione dei prof corre sul web e anche i sindacati insorgono

Insegnanti, sindacati e dirigenti scolastici contro il premier per le offese al mondo della scuola rivolte ieri durante il convegno dei Cristiano-Riformisti. Ma soprattutto la protesta e l'indignazione del mondo della scuola: nei blog dei siti dedicati all'istruzione da ieri pomeriggio monta ora dopo ora. "Sono insegnante e contesto Berlusconi da molto prima di questa uscita - scrive F. R. - Ne dice tante. Non mi offendo neanche più. Vi prego soltanto di non farvi trascinare nelle polemiche senza senso che lui apre". "Evviva le idee politiche differenti, ma da anni non si discute più di quelle. La difesa del premier operata dai parlamentari e dagli opinionisti di destra non riguarda più la politica da non so quanto tempo - aggiunge Gabriele - I limiti si sono sorpassati da tempo, la dignità vorrebbe la presentazione di dimissioni, ma già questa richiesta presuppone buone intenzioni che palesemente non esistono più". Per Barbara Calamandrei "aveva già tutto chiaro: trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere. Ecco perché Berlusconi attacca la scuola statale".

Anche i blog meno noti sono stati presi d'assalto da coloro che volevano farsi sentire. "E' una vergogna", è il commento più ricorrente. Ma ci sono anche quelli ponderati e colti. Il sito salvalascuolapubblica si apre questa mattina con una osservazione. Berlusconi, "come presidente (la

minuscola è necessaria), ha giurato sulla Costituzione. Ma l'avrà letta? Rinfreschiamogli la memoria". E giù tutti gli articoli che si occupano della scuola, della libertà di insegnamento e di pensiero. Ma in rete è una valanga inarrestabile. Il popolo della scuola, come l'ha definito un lettore è fatto da milioni di persone. Oltre 800 mila insegnanti e 300 mila non docenti, quasi 8 milioni di alunni e 16 milioni di genitori, più dirigenti scolastici e quanti altri abbiano contati diretti o indiretti con le istituzioni scolastiche.

Anche un moderato come il presidente della più importante associazione di capi d'istituto italiana, Giorgio Rembado, si è espresso in maniera netta. "Mi pare un errore macroscopico quello che vuole accreditare una scuola statale orientata da una sola parte politica e per di più contro le famiglie", dichiara a Repubblica. "Non si può certo escludere che singoli insegnanti possano avere la tentazione di indottrinare piuttosto che educare - prosegue - ma non mi risulta che avvenga in maniera generalizzata. E' fuori dalla mia esperienza personale. Io piuttosto mi preoccuperei di non fomentare un conflitto già esistente fra scuola e famiglia".

E neppure i sindacati, che il governo definisce moderati, sono riusciti a tollerare le parole del premier. Il segretario generale della Cisl scuola Francesco Scrima, richiama il premier al "rispetto per il lavoro degli insegnanti che lavorano sodo, con dedizione e passione pur non essendo il loro impegno riconosciuto". "L'educazione e i valori - prosegue - devono essere trasmessi innanzitutto dalla famiglia e dalle società. Alla scuola non si può delegare tutto: non si può invocare la responsabilità della scuola che vive di valori in una società dove questi valori sono andati persi". Anche Massimo Di Menna, della Uil scuola, "le considerazioni del premier sono superficiali e preoccupanti perché la scuola pubblica italiana è frequentata dal 93 per cento degli studenti, di tutte le classi sociali, di ogni fascia economica e di ogni religione: è la sede del pluralismo e del rispetto reciproco. E fare una critica così sommaria alla scuola pubblica equivale a farla all'intero paese". "Parole gravi e preoccupanti quelle pronunciate dal presidente del Consiglio, che attaccano la sede del pluralismo del sapere e del rispetto reciproco", secondo Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil, va anche oltre: "Il premier non ha né l'autorità morale né quella etica per parlare di scuola pubblica", dice senza mezzi termini, "è evidente che dietro alle sue parole c'è l'idea di distruggere l'apprendimento garantito a tutti in favore di una scuola privata in cui diffondere il suo credo autoritario e regressivo di una società svuotata di ogni valore". E polemizza: "Chi fa bunga bunga non può parlare di scuola pubblica".

(27 febbraio 2011)

 

L'ANALISI

Il Cavaliere pronto a tutto

per l'appoggio della Chiesa

di NADIA URBINATI QUANTO ci costerà in termini di beni pubblici - come la legge, la scuola, i diritti individuali - la sopravvivenza di questo governo? La domanda non è per nulla retorica visto lo stile da riscossa ideologica con il quale un presidente del Consiglio sempre più debole, in picchiata nei sondaggi, cerca di riprendere in mano le sorti della sua carriera politica.

Alla disperata ricerca di sostegno nei settori dell'opinione pubblica a lui più tradizionalmente vicini, il premier ha messo in cantiere un sostanzioso paniere di beni pubblici da offrire alle gerarchie vaticane in cambio di un appoggio. La cronologia non inganna. Il 18 febbraio la delegazione del governo italiano, guidata da Berlusconi incontra la delegazione vaticana con Bertone e Bagnasco. Al centro del colloquio i temi di politica interna e di cosiddetta etica: l'assistenza spirituale negli ospedali e nelle carceri, la legge sul fine vita, la scuola paritaria e il "quoziente familiare". Il vertice è cortese ma si svolge con qualche imbarazzo: non c'è, ad esempio, il faccia a faccia con il premier. "Non era previsto", fa sapere il Vaticano. Berlusconi deve cercare di recuperare punti nei confronti della gerarchia cattolica. Ed ecco il discorso di due giorni fa: dopo solo una settimana egli rende al Vaticano ciò che aveva promesso e nel nome della libertà dell'individuo di cercare la propria felicità e "farsela" con le "proprie mani", assesta una serie di colpi durissimi ai diritti di libertà e poi al

bene pubblico della scuola, un diritto di cittadinanza prioritario.

Lo scambio con le gerarchie vaticane è nel solco dell'oliatissimo e secolare guicciardinismo gesuitico: si metta una pietra tombale sul vergognoso comportamento del premier in cambio di sostanziose concessioni sui diritti e la scuola confessionale (sofisticamente detta "privata"). All'autorità che ha il dovere legittimo di sottoporre la vita e la realtà mondana al giudizio morale nel nome di principi non compromissibili, come sono quelli del Vangelo, viene proposto di patteggiare su quei principi in cambio del ridimensionamento della scuola pubblica a favore della propria scuola di indirizzo religioso e dell'opposizione del Parlamento a ogni legge che cerchi di riconoscere le coppie omosessuali e che consenta l'adozione di bimbi da parte di adulti non sposati. Alla ricerca di una benedizione curiale il più immorale degli italiani si erge a educatore e modello di moralità, di sacralità e vocazione educatrice della famiglia. E tutto questo nel nome della libertà! La libertà dei genitori "di inculcare ai loro figli quello che essi vogliono" - come se i figli fossero proprietà dei genitori alla pari di un'automobile o di un'abitazione con la quale fare "quello che si vuole". Quel che a noi cittadini preme e deve premere non è come la Chiesa si comporterà di fronte alla tentazione di un "patto diabolico". Ciò che a noi preme soprattutto è l'uso di un bene pubblico - quindi non disponibile - per ragioni private, privatissime anzi.

Il premier in bilico sa quanto sia determinante l'appoggio della Chiesa. E' allora disposto a dileggiare gli insegnanti (da molti dei quali ha tra l'altro ricevuto il voto tre anni fa) in una strategia retorica che serve a gettare discredito sulla scuola pubblica per poi preparare il terreno ideologico che giustifichi ulteriori decurtazioni di mezzi e risorse all'istruzione. Non a caso il Giornale di famiglia, ieri puntava tutto sulla strategia seduttiva del Cavaliere nei confronti dei cattolici: intervista al cardinal Bagnasco e ampio risalto al discorso di Berlusconi in prima pagina e nelle pagine due e tre. Sulla scuola, spiega Il Giornale, "Berlusconi gioca di sponda con la Santa Sede sostenendo di fatto la scuola privata. Perché, spiega, 'gli insegnanti inculcano idee diverse da quelle che vengono trasmesse nelle famiglie'". In nome della libertà del premier - libertà dalla legge prima di tutto - tutti gli italiani dovrebbero vivere secondo le idee e le leggi che convengono al premier e a chi lo sostiene: questo è il senso della libera ricerca della felicità nell'Italia contemporanea.

(28 febbraio 2011)

 

Di Concetto Vecchio

28

feb

2011

Dio, scuola e Silvio

Antonio Mazzocchi e Berlusconi

Antonio Mazzocchi e Berlusconi

"Silvio olè!". Iniziato con una sberla alla scuola pubblica irrispettosa dei valori della famiglia e culminato con l’invito al bunga bunga (pare che tra le due cose non ci sia contraddizione), il comizio di Silvio Berlusconi, sabato dai Cristiano Riformisti, è stato salutato con un tellurico evviva dai cattolici in sala, tra cui alcuni monsignori: e il più appassionato nello spellarsi le mani sul palco era il segretario, Antonio Mazzocchi, un uomo la cui testa è piena della parola famiglia. Da settimane i suoi manifesti ("i valori della famiglia al centro della cristianità") riempiono le strade di Roma. Tuttavia per l’onorevole Mazzocchi "un politico non si giudica attraverso il confessionale". Ieri mattina una mano spazientita ha aggiunto due parole sul manifesto cristiano riformista di viale dell’Industria: "Ruby, 17 anni".

Silvio studiò dai salesiani, all’Istituto Sant’Ambrogio di via Copernico a Milano, prima le medie e poi il liceo (1947-1955). Guido Possa fu suo compagno di classe e il 2 gennaio a Stefano Lorenzetto del Giornale ha detto che non è vero che Silvio passava i compiti in classe in cambio di soldi, contraddicendo il ricordo di un altro alunno, Giulio Colombo, ("pretendeva caramelle, oggettini o 50 lire, ma se il compito non prendeva la sufficienza restituiva il compenso"); mentre è verissimo che era imbattibile nel propagandare il mensile Gioventù missionaria come imposto dai preti: "Capace da solo di far sottoscrivere centinaia di abbonamenti, noi al massimo una decina".

"Presidente prego sempre per lei!", confidò Totò Cuffaro a Berlusconi in una conversazione intercettata nel 2004.

Quindi mettendo in fila tutti questi particolari Gianni Baget Bozzo, dopo la morte della povera Eluana, scrisse un lungo articolo per dire che "Berlusconi è il vero leader morale dei cattolici". Pochi politici possono vantare lo stesso slancio filantropico: in un anno ha distribuito 483mila euro in bonifici a delle lavoratrici precarie del quartiere Olgettina, uno dei più difficili di Milano (come rivelato dai nostri Emilio Randacio e Piero Colaprico) e ha accolto nella sua reggia una minorenne extracomunitaria senza un tetto, Ruby Rubacuori, "la prima volta rimanemmo seduti sul mio letto a parlare di politica fino alle 4 del mattino" ha raccontato la ragazza sabato al Sun. (Ruby, cosa pensi della bozza Chiti?).

"Mi chiedono sempre quali sono le mie passioni" raccontò il premier il 10 dicembre 2008 mentre inaugurava un negozio di antiquariato in via dei Coronari a Roma. "Sono la caccia e le donne. E quando mi chiedono che tipo di caccia io subito rispondo: la caccia delle donne…" Silvio che sferza i maestri comunisti è lo stesso che all’indomani della cacciata di Fini commentò: "Ci sono rimasto malissimo quando ho scoperto che Bocchino era un deputato e non un punto del nostro programma" (Claudio Tito, Repubblica, 29 luglio 2010).

La verità è che c’è una metà degli italiani che non lo capisce. A questo proposito il 21 maggio 2006 – Prodi aveva appena vinto di misura – Silvio fece questo illuminante discorso ai militanti di Arcore: "Noi sappiamo essere ironici, loro alla mattina si affacciano alla finestra davanti a un parco pubblico, perché un giardino non sono capaci di farlo, poi si guardano allo specchio e si arrabbiano subito. Noi amiamo gli altri, non invidiamo nessuno, non odiamo nessuno. Siamo rispettosi degli altri e dei nostri genitori. Dall’altra parte non troverete nessuno che ha queste caratteristiche". Poi sfoderò il suo sorriso da cacciatore: "Care signore, adesso farò il capo dell’opposizione e rispetto agli impegni di quando ero capo del governo avrò più tempo libero"

Risero tutti di gusto, soprattutto le signore.

 

 

IL VOTO

Primarie boom, Fassino trionfa

a Torino votano in 53 mila

Doppiato Gariglio. Code ai seggi, il Pd stavolta fa il pieno. A Milano e Napoli, città più grandi, alle urne erano andati in 67 mila e in 42 mila

di PAOLO GRISERI

Primarie boom, Fassino trionfa a Torino votano in 53 mila Piero Fassino

Questa volta il Pd vince le primarie. A Piero Fassino va la prima battaglia per diventare sindaco di Torino. Ottiene il doppio dei voti del suo avversario, il giovane Davide Gariglio, che aveva fatto del rinnovamento generazionale il principale atout nella lotta tra candidati del partito di Pierluigi Bersani.

Fassino festeggia Lo speciale

I rappresentanti delle altre forze di centrosinistra si dividono meno del trenta per cento dei voti. Ma il vero vincitore della domenica torinese è il popolo delle file, quasi 53 mila elettori che si sono messi in coda fin dal mattino, spesso attendendo in mezzo alla strada di fronte ai camper trasformati in seggi, polverizzando ogni precedente record di affluenza in città.

AUDIO Un risultato straordinario

Alla fine dello scrutinio, l'ex segretario dei Ds ha raccolto 29.297 voti, pari al 55,28%; Gariglio il 27,39%, Gianguido Passoni il 12,42%; Michele Curto il 4,15% e Silvio Viale lo 0,76%. Alla consultazione hanno partecipato 53.185 persone, più o meno un elettore su 4 del centrosinistra. Fassino ha ricevuto le prime telefonate di congratulazioni da Bersani e Prodi. Anche l'ex leader dei Ds ha lanciato un appello simile a quello di Gariglio: "Adesso lavoriamo tutti uniti per la scaenza di maggio". Felice anche il sindaco uscente della città, Sergio Chiamparino. "La fase della mia successione inizia nel migliore dei modi. L'elevata affluenza al voto e la serenità e compostezza della partecipazione hanno riabilitato le primarie".

IL COMMENTO Una golden share da giocare bene

Questo è il responso di una domenica in cui protagonista assoluta è stata la partecipazione al voto. Del tutto inattesa in queste dimensioni, al termine di una campagna elettorale non sempre serena, giocata spesso sulla contrapposizione personale. Eppure, alle quattro del pomeriggio Giuseppe governa la fila che si snoda in silenzio di fronte al camper di piazza Guala, periferia sud di Torino, alle spalle di Mirafiori. Sono trenta, quaranta persone: "Alle 10 del mattino erano anche un centinaio". Ordinate e soprattutto silenziose: "Signora per chi vota?". "Ho deciso di venire qui, ma il voto è segreto. Non lo dico". Proprio come se quel camper parcheggiato di fianco a un'aiuola, in una piazza che conoscono tutti solo per essere una delle sedi dell'Aci della città, fosse un seggio vero, di elezioni vere, quelle in cui non si dichiara il voto a nessuno e, per favore, non dimenticate di riconsegnare la matita copiativa. L'età media della fila in questo pezzo di periferia supera chiaramente i 50 anni.

Ma non dappertutto è così. Al seggio di via Chiesa della Salute, alle spalle di quella che un tempo era la federazione torinese del Pci quando Fassino era segretario, in fila ci sono giovani e anziani. Giovanni, uno dei volontari al seggio, approfitta dell'occasione per prendere due piccioni con una fava: "Mentre aspettate di votare perché non firmate l'appello per le dimissioni di Berlusconi?".

Al circolo Garibaldi, zona Molinette, si presenta alle 19 il rettore del Politecnico, Francesco Profumo. Una ragazza con lo stemma di Michele Curto sulla giacca lo invita a trasferirsi cinquecento metri più in là: "Lei non è in questo seggio, professore. Non possiamo accettarla".

Alle 20 molti dei 73 seggi rimarranno aperti per smaltire la fila dei votanti. Alla fine i votanti saranno 52.922: un record. Basti il confronto con città molto più grandi: 42 mila votanti a Napoli, 67 mila a Milano. La partita di maggio si presenta meno difficile. Anche se il centrodestra annuncia battaglia candidando un giovane esponente del Pdl. Il nome sarà reso noto nelle prossime ore ma è chiaro che si giocherà tutto, anche qui, sul rinnovamento generazionale e Fassino sarà costretto a una nuova campagna elettorale in cui far valere il peso dell'esperienza.

(28 febbraio 2011)

 

 

ISTITUZIONI

Parlamento superattivo

per le leggi sulla giustizia

Openpolis: 60% del tempo dedicato alle norme penali. Spariti precari e lavoro. Le intercettazioni appassionano deputati e senatori più del doppio della corruzione

di ANTONELLO CAPORALE

Parlamento superattivo per le leggi sulla giustizia

ROMA - Un terzo dei parlamentari lavora, gli altri sonnecchiano. Più di quattrocento dei 630 deputati giunge alla Camera soltanto per votare. Pigia il pulsante, firma la presenza, raccoglie la diaria e torna a casa, tra gli affetti. Nessuna passione, molta distrazione.

Se la politica costa fatica, di quale impegno si compone il lavoro di un deputato o di un senatore? Un gruppo di esperti (analisti politici, matematici, statistici) s'è messo a far di conto, calcolando l'indice di produttività di ciascuno, il valore delle cose fatte, i temi approfonditi e quelli accantonati. Non è una novità, ma suona adesso come conferma ufficiale: tolti gli affari penali (che occupano molto spazio anche tra i pensieri del premier) la vita parlamentare si consuma stancamente. Anche in tempi di recessione economica, con macroscopici fattori di una crisi oramai endemica, le urgenze sono rivolte al processo. Le leggi sulla giustizia godono di una attenzione sei volte maggiore di quella destinata alla disoccupazione, molto più di cinque volte se raffrontata alla tutela del patrimonio artistico, alla ricerca scientifica o anche alle forme di lotta all'evasione fiscale. Se c'è un'ora di tempo, quaranta minuti vanno di là (processo giusto, breve, abbreviato, diritti degli imputati, diritto alla prescrizione, diritto alla privacy); i restanti vengono spalmati sul resto dello scibile.

I ricercatori di Openpolis 1 non valutano gli effetti politici, ma "pesano"

esclusivamente la quantità di attenzione destinata a un tema e la coerenza tra impegni elettorali e fatti prodotti. Un indice dà valore, secondo una griglia ascendente di punteggio, alle azioni messe in campo in una determinata materia (disegni di leggi, emendamenti, mozioni, leggi poi approvate, eccetera). Capita così di pesare l'impegno legislativo per regolamentare lotterie e concorsi a premio (indice 640) e scoprire che risulta tre volte maggiore di quello destinato alla lotta al precariato (indice 217). I problemi dei precari, per lo più giovani, sono così poco stimati che hanno la peggio persino su quelli legati alla professione dell'avvocatura, in genere esercitata da persone più mature e più abbienti. Anche la corruzione, e si sapeva, appassiona poco (indice 230), le intercettazioni molto di più (indice 496).

Openpolis monitora i quasi 150 mila politici italiani attraverso contributi volontari. Ciascun utente redige l'anagrafe dell'amministratore di turno coprendo una voce - sulla scorta del modello di wikipedia - che deve però essere sempre suffragata da una fonte attendibile e chiara. "Per tenere in piedi questa baracca servono 100mila euro all'anno. La metà di quanto guadagna in un anno un solo parlamentare - dice Vittorio Alvino, presidente dell'associazione - . Sono quattro soldi eppure rischiamo di non farcela".

Conoscere per deliberare. Conoscere soprattutto i nomi di coloro che si danno da fare, quelli che invece dormono, e gli altri politici che fanno fumo più dell'arrosto promesso. Anche qui distinte classifiche aiutano a individuare la qualità della produzione legislativa dei singoli. Vince la palma d'oro di Montecitorio Antonio Borghesi (Italia dei Valori) con uno score pari a 780, seguito da Pier Paolo Baretta (Pd) e Donato Bruno (Pdl). Al Senato vince Gianpiero D'Alia (Udc), score 1099, poi Carlo Vizzini (Pdl) e Felice Casson (Pd). Del partito di Berlusconi i due parlamentari più "fannulloni". Il senatore Sebastiano Burgaretta Aparo, (con un indice di 7,2), mentre alla Camera è Niccolò Ghedini (score 11,3), il superattivo avvocato del premier, a "snobbare" più di tutti i lavori di Montecitorio. Se è vero che quotidianamente scrive, cassa e modifica norme, è adesso certo che lo fa a Palazzo Grazioli. Poi evidentemente sigilla in busta e manda al Parlamento.

(28 febbraio 2011)

 

L'EX AMMINISTRATORE DELEGATO FIAT

Romiti contro Berlusconi

"Su scuola e giovani sbaglia"

"Gli insegnanti ci mettono abnegazione e amore, si sacrificano e le famiglie amano i maestri. Abbiamo un debito enorme rispetto alle generazioni attuali. Abbiamo avuto tanto e ora non possiamo dare altrettanto. E la situazione peggiora". "Spero che Mediaset non si interessi alla carta stampata, sarebbe un duro colpo alla libertà d'informazione"

Romiti contro Berlusconi "Su scuola e giovani sbaglia"

Romiti contro Berlusconi. Sul tema della scuola, dei giovani ma anche su quello delle concentrazioni editoriali. E l'ex amministratore delegato di Fiat e, oggi, presidente della Fondazione Italia-Cina, è critico anche sulla politica italiana rispetto alla Libia. Le sue parole sono state raccolte da Sky Tg24, nell'intervista di Maria Latella.

La scuola - "Il presidente del consiglio, se è convinto dell'inutilità della scuola pubblica, uscendo dalla sede dove ha fatto queste affermazioni, doveva chiamare il ministro della Pubblica istruzione e costringerla a dimettersi", ha spiegato Romiti. "Berlusconi non ha fatto un'affermazione vera, perché la maggioranza degli insegnanti ha pochi mezzi, guadagna pochissimo, eppure le famiglie amano maestri e maestre di scuola elementare". Gli insegnanti, afferma Romiti, "ci mettono molta abnegazione e amore. Si sacrificano".

I giovani - "I giovani hanno una sensibilità grandissima. Quando qualcosa non va lo dovrebbero dire. Oggi abbiamo perso un sentimento che è quello della vergogna. Non ci vergognamo più. I giovani devono intervenire. Giovani svegliatevi", ha spiegato. Quello che dice il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, "è vero" e sono "affermazioni molto sagge". "La nostra generazione - sottolinea Romiti - ha un debito enorme rispetto alle giovani generazioni attuali. Abbiamo avuto tanto dai nostri padri e dai nostri nonni e ora non possiamo

dare altrettanto ai nostri giovani. E il problema è che la situazione peggiora".

Concentrazioni editoriali - L'ex presidente di Rcs Cesare Romiti auspica che Mediaset non si interessi alla carta stampata sulla scorta della norma sugli incroci tra tv e stampa contenuta nel decreto milleproroghe. "Credo che sarebbe un passo ulteriore gravissimo della nostra economia e del nostro sistema di vita", ha detto Romiti, sottolineando che peggiorerebbe il "sistema di libertà" garantito dai giornali italiani. "Vedo che c'è un pò di turbolenza, mi auguro ci sia senso dello Stato", ha detto.

Durissimo anche con Fedele Confalonieri. L'ex presidente di Rcs ha affermato di non credere alle affermazioni del presidente di Mediaset che ha bollato come "stupidaggini" le ipotesi di un ingresso dell'azienda nella proprietà di quotidiani come 'Corriere della sera'. "Non ci credo - ha detto Romiti - perché quando uno fa queste dichiarazioni dietro chissà cosa ha".

"C'è un pò di turbolenza. Finchè sono rimasto in Rcs abbiamo fatto sì che ci fossero pochi azionisti. In pochi azionisti si governa meglio e nessuno di loro allora si era introdotto nei giornali. Oggi non è più cosi, allora facevamo diversamente". Romiti, auspica che venga tutelata la "libera informazione" che nasce dai giornali.

La Libia - "Guardo con grande preoccupazione a quello che sta succedendo in Libia. La Libia ci ha fatto comodo perchè ha investito in molte aziende italiane ma la politica avrebbe dovuto avere un atteggiamento diverso nei confronti della Libia. Da parte governativa, non da questo governo, siamo stati troppo accondiscendenti rispetto al Babbo Natale del deserto", ha sottolineato Cesare Romiti. "Avremmo dovuto mantenere più dignità e difendere meglio le nostre aziende", ha concluso l'ex presidente di Rcs.

Romiti ricorda anche i rapporti stretti tra Fiat e la Libia. "Era un periodo difficile, era l'inizio degli anni '70. Era un momento difficile per la Fiat e i libici si fecero avanti. Furono trattative lunghissime. Alla fine - sottolinea Cesare Romiti - proposero di partecipare all'aumento di capitale e di entrare nel capitale di Fiat. Ci preoccupava perchè all'epoca la Libia era quello che era. Chiedemmo agli Stati Uniti che ci raccomandava di non divulgare nessuna cosa sensibile e al presidente della Repubblica italiana che allora era Carlo Azeglio Ciampi e che mi abbracciò".

Per Romiti la decisione della Libia di partecipare allora al salvataggio di un'azienda italiana si spiega con il fatto che all'epoca "la Libia era talmente screditata che il fatto di fare un'operazione capitalistica e comportarsi bene gli permetteva di riacquistare un'autorevolezza nel mondo".

(27 febbraio 2011)

 

 

Come sopravvivere alla riforma

in Rete è boom di manuali

In attesa dei decreti attuativi e delle risorse negli atenei è il caos. Gli studenti si attrezzano e on line si moltiplicano consigli e idee per combattere la legge Gelmini

di CARMINE SAVIANO

Come sopravvivere alla riforma in Rete è boom di manuali

Semplificazione. Meritocrazia. Abolizione dei baronati. Un'università moderna ed efficiente, al passo con i tempi. Se sulla carta sono questi gli obiettivi della riforma Gelmini, in pratica, a due mesi dalla sua approvazione, gli effetti possono essere racchiusi in una sola parola: caos. Mancano ancora i decreti attuativi, le risorse, negli atenei si vive sulla difensiva. L'assenza di regolamentazione rende impossibile il lavoro di professori e ricercatori. E degli studenti, ovviamente. Che si attrezzano come possono. Come? Con veri e propri manuali di sopravvivenza. Vademecum accurati per restare vivi in quella giungla, a tratti anarchica, in cui giorno dopo giorno si trasforma l'Università italiana.

Stop Gelmini. Ci si affida all'intelligenza collettiva. Alla discussione e alla partecipazione. Si mettono in rete conoscenze e intuizioni. Un lavoro di gruppo coordinato dalle associazioni studentesche. Che trovano in rete i luoghi virtuali per dar vita alla propria controriforma. E' il caso di Stop Gelmini 1, un blog che raccoglie spunti e idee per combattere la riforma all'interno degli atenei. Queste le linee guida del progetto: "Per quanto approvata, l'iter di attuazione ci consente di portare dentro le facoltà e gli atenei una battaglia per sbarrare la strada alla riforma, utilizzando ogni mezzo a nostra disposizione". A essere messa sotto accusa è la logica emendativa della legge Gelmini, "che per noi è da respingere in toto".

Evitare

le trappole. Una delle prime realizzazioni è la pubblicazione di Come scansare le trappole della riforma 2, l'opuscolo realizzato da Link, Unione degli Studenti e Rete della Conoscenza. Che propone una sorta di autoregolamentazione dal basso della vita universitaria. I criteri: democrazia, partecipazione e trasparenza. Gli obiettivi: realizzare uno Statuto degli Studenti e sorvegliare i punti critici, le trappole appunto, della Gelmini. Come l'indiscriminato accorpamento delle facoltà e la discrezionalità nell'elezione di membri esterni nei consigli di amministrazione.

Manuali di sopravvivenza. Tecnicamente, il punto è la natura di legge delega della riforma Gelmini. Un contenitore ancora vuoto, con indicazioni di massima. E, ancora, l'articolazione interna dell'università e la riforma degli organi accademici sono i punti in cui gli atenei possono intervenire immediatamente. Proprio per garantire la partecipazione degli studenti a questi processi, la Rete Universitaria Nazionale 3 ha realizzato il "Manuale di sopravvivenza". Un'analisi dettagliata delle procedure messe in campo dalla Gelmini. Per consentire di controllare e prendere parte, in ogni momento, alla ristrutturazione dell'università.

Il Cun. E gran parte della battaglia contro la riforma Gelmini si è spostata nelle sedi ufficiali. Come il Cun, il Consiglio Universitario Nazionale, organo consultivo del ministero per l'Istruzione e l'università. Nelle ultime elezioni per il rinnovo dei membri, notevole successo della Rete 29 aprile, quelli del tetto della Sapienza, il gruppo di ricercatori italiani che ha animato una buona parte delle mobilitazioni dei mesi scorsi. La Rete è riuscita a far eleggere cinque dei propri ricercatori. Il biglietto da visita non lascia spazio a dubbi: "Non intendiamo fare polemica sterile: si apre una fase nuova, quella della messa a punto della riforma, la stesura dei nuovi statuti, la redazione dei decreti attuativi". Poi, l'avvertimento: "Nessuno potrà più far finta di ignorare le nostre idee, il vento di discussione che abbiamo alimentato, la realtà universitaria che rappresentiamo e che viviamo con il nostro lavoro". Dalle piazze alle aule. Una battaglia che continua. Per garantirsi un futuro attraverso la qualità nella formazione, la conoscenza e l'istruzione.

Le commissioni statuto. Altra sede dello scontro, le commissioni statuto. Ovvero gli organi preposti, in ogni ateneo, alla stesura delle nuove regole. "Dovranno stabilire i pilastri normativi delle facoltà", dice Giorgio Paterna, dell'Unione degli Universitari 4. "In queste commissioni ci sono due posti garantiti per le rappresentanze studentesche. E l'Udu è in prima fila nel creare una rete di rappresentanza aperta a tutti". Il problema è "il tentativo dei rettori di blindarne la composizione. E' la loro partita principale". Quella degli studenti, invece, "è creare una piattaforma comune, un modello esportabile a tutti gli atenei. Per aprire nuovi spazi di rappresentanza e difendere i nostri diritti".

(17 febbraio 2011)

 

 

LO STUDIO

Atenei europei, questioni di governance

studio comparato sui cambiamenti in atto

Parte il progetto internazionale True, una ricerca che riguarderà 24 istituti (tre per ognuno degli otto Paesi coinvolti). Per l'Italia scelte l'Alma Mater di Bologna, il Politecnico di Torino e l'università di Udine

di MANUEL MASSIMO

Atenei europei, questioni di governance studio comparato sui cambiamenti in atto Assemblea all'Alma Mater di Bologna

Entra nel vivo il progetto internazionale True (Transforming Universities in Europe) promosso dall'Esf (European Science Foundation), una ricerca di ampio respiro che vede coinvolti tre atenei "campione" in ciascuno degli otto Paesi oggetto di studio, per un totale di ventiquattro università europee. L'obiettivo dello studio comparato è di analizzare la governance degli atenei in questione per mettere in luce come i meccanismi che regolano il funzionamento all'interno delle mura accademiche influenzino sia l'organizzazione interna, sia più in generale il panorama europeo dell'educazione superiore. Indagando, in definitiva, sul rapporto tra governance e cambiamento organizzativo per delineare scenari e tendenze del futuro degli atenei in Europa su temi di cruciale importanza: la ricerca, la didattica e l'innovazione.

Microcosmi accademici. Il progetto True, coordinato dall'Università di Bergen, è frutto di un lavoro di squadra grazie alla fattiva collaborazione di tutti gli attori europei coinvolti nell'iniziativa: Francia, Germania, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Svizzera. Per l'Italia il responsabile scientifico dello studio è la dottoressa Emanuela Reale, primo ricercatore del Ceris (Istituto di ricerca sull'impresa e lo sviluppo) del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche); le tre università pubbliche coinvolte sono invece l'Alma Mater di Bologna, il Politecnico di Torino e l'ateneo di Udine. Il macro-progetto di ricerca viene portato avanti in maniera integrata, attraverso

un protocollo condiviso: un team di lavoro internazionale opera su un pool di ventiquattro atenei e tutto il materiale raccolto finisce in un repository comune da cui attingere per le proprie specifiche ricerche.

Le fasi del progetto. "Il programma True - sottolinea Emanuela Reale - è partito più di un anno fa: ora abbiamo definito il frame teorico di analisi e siamo pronti per entrare nella fase operativa. Tanti progetti nazionali che si ritroveranno in un unico studio comparato: il 2011 sarà dedicato alla raccolta dei dati, il 2012 alla loro elaborazione. Ma già alla fine di quest'anno contiamo di avere i primi risultati sulle tendenze di cambiamento in atto". La metodologia di analisi è mista: quantitativa (dati raccolti mediante questionari) ma anche qualitativa (interviste in profondità ai decisori politici): "Ogni stato porterà avanti uno specifico progetto di ricerca. Per l'Italia analizzeremo gli strumenti di policy sull'università a livello dei governi regionali e nazionali, inoltre anche a livello di Unione Europea, focalizzando l'attenzione su due grandi tematiche molto attuali: il finanziamento e la valutazione".

Bologna "la dotta" guarda al futuro. L'Alma Mater di Bologna è stata scelta come rappresentante dei grandi atenei di tradizione secolare, come sottolinea il prorettore alle Relazioni Internazionali Carla Salvaterra: "Bologna è un'Università di consolidata tradizione di ricerca e ha già all'attivo diverse partecipazioni a studi di questo genere, di riflessione sui processi di trasformazione dei sistemi universitari in un nuovo contesto globale. Questo progetto, nello specifico, è importante perché evidenzierà a livello europeo gli elementi comuni in contesti differenti, contribuendo efficacemente alla crescita dei singoli atenei, allo sviluppo dei sistemi universitari nazionali, in un'ottica di mantenimento delle singole specificità".

Università tecniche, il caso "PoliTo". Il Politecnico di Torino rappresenta invece il "campione" di studio per gli atenei tecnici, un ruolo che il rettore Francesco Profumo considera come un fiore all'occhiello: "Sono molto onorato che il Politecnico di Torino sia stato scelto per questa ricerca fra le Università tecniche di maggior prestigio, a testimonianza dell'attento lavoro che abbiamo realizzato in questi anni sui temi della governance dell'ateneo. Ritengo che sia fondamentale confrontarsi a livello europeo su queste tematiche, soprattutto in questo momento di profonda trasformazione che stanno vivendo le università".

Atenei giovani, Udine su tutti. Nell'ambito delle università di recente istituzione che presentano dinamiche di forte cambiamento, la scelta è caduta sull'ateneo di Udine, nato nel 1978 grazie alla mobilitazione della popolazione e delle istituzioni locali come risposta concreta al terremoto del Friuli che due anni prima aveva messo in ginocchio l'intera regione. E così oggi l'unica università istituita per volontà popolare completa il terzetto degli atenei italiani del progetto True: "Esprimo soddisfazione - sottolinea il rettore Cristiana Compagno - per il fatto che Udine sia stata selezionata fra una vasta rosa di Università. Si tratta di una ricerca che risulta di fondamentale importanza, anche in considerazione della centralità rivestita dal cambiamento delle Università in questo particolare momento".

Questioni di governance. L'entrata in vigore della Legge Gelmini rappresenta un aspetto importante d'attualità nell'economia dello studio a livello nazionale, ma il progetto True - come spiega la Reale - registrerà i cambiamenti sulla situazione globale: "Noi non osserviamo il cambiamento in base a una specifica riforma, ma in considerazione del problema generale di riforma". E per farlo - nella parte squisitamente qualitativa del progetto di ricerca - le interviste ai decisori politici daranno utili indicazioni per tracciare la strada dei possibili sviluppi futuri dell'università. Già pronta una lista di massima delle personalità da "interrogare": in primis il ministro Mariastella Gelmini, poi i parlamentari "esperti della materia", i presidenti del Cnvsu e del Civr. Infine i vertici dell'Anvur: proprio venerdì 18 febbraio il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva la nomina dei sette componenti del Consiglio Direttivo. Nella speranza che l'insediamento vero e proprio dell'Agenzia di Valutazione avvenga, però, in tempo utile per rientrare nel progetto. Burocrazia permettendo.

(22 febbraio 2011)

 

 

2011-02-26

IL SABATO DEL PREMIER

Adozioni, coppie gay e scuola pubblica

da Berlusconi offensiva a tutto campo

In tre diversi interventi il premier si erige a difensore della famiglia e va all'attacco dell'opposizione: "Provinciali e desolanti, sono ancora comunisti". Ottimismo sul governo: "Si rafforza, finiremo la legislatura"

Adozioni, coppie gay e scuola pubblica da Berlusconi offensiva a tutto campo Silvio Berlusconi

ROMA - Con tre interventi, due di persona e un messaggio scritto, per Silvio Berlusconi quello di oggi è stato un sabato di massimo impegno nella comunicazione. Crisi nordafricana, prospettive della politica italiana e poi una lunghissima tirata contro i rischi del comunismo e dello statalismo pronunciata al congresso dei Cristiani Riformisti sono stati i passaggi chiave della campagna mediatica del premier. Una frenesia che la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro liquida come "bulimia oratoria" di "un attore alla fine della sua carriera che propone sempre lo stesso stanco repertorio".

Attacco alla scuola pubblica. Particolarmente pesanti le parole pronunciate dal presidente del Consiglio davanti a alla platea cristiano-riformista, apparentemente disinteressata a chiedere conto al premier degli scandali a sfondo sessuale. Destinato a scatenare polemiche in particolare il passaggio in cui Berlusconi si è scagliato contro il rischio che ai genitori possa essere impedito di scegliere per i figli una scuola privata, lasciandoli così in balia di insegnanti che non sono in grado di educare in quanto "inculcano idee diverse da quelle che vengono trasmesse nelle famiglie". Cirtando il duo discorso del '94, il premier è andato a braccio e ha detto: "Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnati che

vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori".

Missione anticomunista. Il presidente del Consiglio ha rievocato la sua scelta di entrare in politica legandola al desiderio di salvare l'Italia da una presunta minaccia comunista, descrivendola come una sorta di missione. Ha quindi assicurato che finché il Pdl sarà al governo "non ci sarà mai un'equiparazione tra matrimoni tradizionali e unioni gay, così come non ci saranno adozioni per genitori single". Ribadendo che al momento eventuali elezioni anticipate sarebbero un male per il Paese, con il risultatao di un'impennata nel debito pubblico, non poteva mancare nell'intervento del premier il tema della giustizia. Berlusconi ha anticipato che oltre ad un aumento dei sottosegretari ci sarà presto un Consiglio dei ministri straordinario per affrontare la questione, compresa una legge per vietare le intercettazioni telefoniche "ora che Fini non ci impedisce più di presentarlo". "Per questo - ha ribadito - alla fine la diaspora del Fli farà bene alla maggioranza".

Gheddafi senza controllo. Prima delle vicende interne, intervenendo al congresso del Partito Repubblicano, Berlusconi aveva aggiornato il pubblico sulla situazione libica. "Ho notizie di qualche minuto or sono e pare che in Libia Gheddafi non controlli più la situazione". Davanti alla platea di un partito diviso tra un'anima filo governativa e un'altra schierata all'opposizione, il premier è stato accolto sia da applausi che da fischi.

Opposizione provinciale. "Sta cambiando lo scenario geopolitico e l'Italia ne è coinvolta - ha detto - Nessuno ha potuto prevedere quello che è successo in Libia e quello che è accaduto qualche settimana prima in Tunisia e in Egitto, e nessuno potrà prevedere cosa avverrà". "Speriamo che nei prossimi mesi sulla sponda nord del Meditrerraneo ci possano essere stati più liberi, ma il rischio è di trovarci paesi che ci facciano fare i conti con l'integralismo islamico" ha ammonito il presidente del Consiglio. "Non possiamo restare spettatori, né l'Ue né noi", ha insitito. "Sono desolanti le polemiche provinciali delle opposizioni in Italia sulla Libia e i piccoli tentativi di attaccare il governo su politiche che sono state sempre fatte da molto decenni", ha detto ancora il premier, aggiungendo che "l'opposizione con cui ci troviamo a doverci confrontare non ha mai rinunciato all'idea della spallata e alle trame di palazzo per ottenere i risultati che per altre strade non riescono ad ottenere".

Invito al bunga bunga. Berlusconi prima di congedarsi si è concesso anche una battuta delle sue. "Grazie per questo applauso, vi inviterei tutti al bunga bunga ma resterete delusi", ha detto a un gruppo di delegati che lo salutava calorosamente.

Governo saldo. Prima ancora del suo discorso al congresso repubblicano, Berlusconi era intervenuto sulle questioni di politica interna, attaccando anche in questo caso duramente le opposizioni, con un messaggio inviato in occasione della "Prima giornata di riflessione politica per i giovani del Pdl", che si svolgerà domani a Sorrento. "Il governo è saldo - ha spiegato - e continuerà a lavorare per tutta la legislatura, fino al 2013, per completare il programma di riforme che è stato premiato dagli italiani nelle elezione del 2008". La maggioranza - ha sottolineato il premier - si rafforza giorno dopo giorno mentre le forze di opposizione non hanno leader, programmi, idee. Lo diciamo chiaramente: noi andiamo avanti e vinceremo la sfida della modernizzazione del nostro paese, lo faremo grazie ai nostri valori e all'entusiasmo di tanti giovani che, come Voi, vogliono un'Italia più libera. Sento il Vostro sostegno e il Vostro affetto. Per questo Vi ringrazio, Vi invio il mio più cordiale saluto e Vi auguro di realizzare tutti i sogni e i progetti che avete nella mente e nel cuore".

Le reazioni. "Quando Berlusconi tira fuori la storiella dei comunisti è la prova che si trova in estrema difficoltà e non ha più argomenti da offrire agli italiani. Si rassegni, la sua storia politica è ormai al tramonto e non saranno i soliti e ormai stancati argomenti a cambiarne l'esito". Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria nazionale del Pd, commenta così l'intervento del premier al congresso dei Cristiano Riformatori.

(26 febbraio 2011)

 

 

BANKITALIA

Draghi, allarme crescita e giovani

"Stentiamo da quindici anni"

Dal governatore parole preoccupate sullo sviluppo e sulle nuove generazioni: "Risorsa sprecata, i salari di ingresso sono fermi da dieci anni". "Servono riforme coraggiose per l'efficienza del sistema"

Draghi, allarme crescita e giovani "Stentiamo da quindici anni"

VERONA - Allarme del governatore di Bankitalia per la crescita. "Stenta da 15 anni - ha detto questa mattina al Forex di Verona - i tassi di sviluppo del nostro paese sono attorno all'1%". La domanda interna, inoltre, rimane "debole", e per tornare allo sviluppo sarebbe necessario un assetto normativo ispirato pragmaticamente all'efficienza del sistema".

E ulteriore preoccupazione per i prossimi mesi arriva dalla situazione libica. "Nella nostra economia - spiega il numero uno di Palazzo Koch - un aumento del 20% del prezzo del petrolio determina una minor crescita del prodotto di mezzo punto percentuale nell'arco di tre anni".

Le riforme. "Si è già cominciato - dice Draghi -, ma azioni riformatrici più coraggiose migliorerebbero le aspettative delle imprese e delle famiglie e aggiungerebbero per questa via impulsi alla crescita". L'Italia, sottolinea ancora, "dispone di grandi risorse, ha molte aziende, una grande capacità imprenditoriale, la sua gente è laboriosa e parsimoniosa".

I salari dei giovani. "I salari d'ingresso dei giovani sul mercato del lavoro, in termini reali, sono fermi da oltre un decennio su livelli al di sotto di quelli degli anni Ottanta. E il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 30%. Si accentua la dipendenza, già elevata nel confronto internazionale, dalla ricchezza e dal reddito dei genitori". E' questa la spietata fotografia che il governatore

scatta sulla situazione economica che riguarda le giovani generazioni.

La spesa corrente e il fisco. Il contenimento della spesa corrente "dovrà proseguire anche oltre il 2012 - continua Draghi - e la sua composizione deve essere orientata a favore della crescita". E ancora: "Non vi sono altre strade per ridurre il disavanzo, visto che la pressione fiscale già supera di 3 punti quella media dell'area dell'euro. Maggiori entrate che si rendano disponibili grazie a recuperi di evasione dovranno essere usate per ridurre la pressione sui contribuenti che già pagano il dovuto".

La crisi. Per il governatore il ritorno "alla piena normalità" dei mercati monetari e finanziari che "stanno recuperando funzionalita" non saraà immediato, ma "richiederà tempo".

(26 febbraio 2011)

 

 

2011-02-19

LA LETTERA

Io, prof precaria e delusa vi dico

che imparare il latino non serve

Chi come me si è spaccato la schiena su versioni e poesie, ora si ritrova con un pugno d'aria

Tutti giorni questo Paese si burla di me e del mio lavorare per guadagnare 1.250 euro al mese

di OLGA RAVELLI*

Io, prof precaria e delusa vi dico che imparare il latino non serve Cicerone in Senato

Diciassette febbraio, giovedì, primo pomeriggio. Appena tornata da scuola. Mi chiedo spesso se ai giorni nostri valga o no la pena di insegnare la letteratura e, nel mio caso, il latino. Per me come docente, in quanto precaria e in quanto docente di lettere, la risposta è no. Alla luce della mia esperienza personale posso dire che il latino, la letteratura e la filosofia non servono a nulla.

IL SONDAGGIO Latino a scuola: sì o no?

Togliete queste materie dalla scuola, eviterete di far perdere tempo a quei pochi che passano i loro pomeriggi a spaccarsi la schiena su versioni, poesie e filosofi anziché fare altro di più divertente. Io non me la sento più di dire ai miei studenti di sacrificare ore di studio per il latino. L’ho fatto io, non fatelo voi ragazzi. Altrimenti farete la mia fine. Vi ritrovereste con un pugno d’aria, di parole che ormai oggi non hanno più senso per nessuno.

Pro patria mori... cantava il poeta. Ma chi vuole oggi, non dico morire, ma anche solo sacrificarsi per la patria? E cosa significa patria oggi? Io per prima sorrido di fronte a questo concetto astratto e lontano. E fallace, soprattutto. Ingannatore. Io non ho nessuna voglia di sacrificarmi per la terra dei padri, questa terra che mi ha preso in giro, che continua a prendermi in giro giorno dopo giorno, visto che un lavoro stabile non me lo sa dare, e nemmeno uno stipendio che gratifichi i sacrifici che ho fatto da ragazza studiando.

Tutti i giorni questa patria si burla di me, del mio lavorare per 1.250 euro al mese (se sono fortunata e ho la supplenza a tempo pieno, cosa che non accade sempre). E già, devo pure evitare di lamentarmi troppo, perché io sono tra i fortunati precari del Nord che almeno una supplenzina qua e là la beccano, magari a metà novembre, ma tanto con la disoccupazione si campa, precari a non far niente alla soglia dei 40 anni. Pro patria mori... bisogna essere fessi... E io sento invece di morire dentro di me ogni giorno di più, di non crederci ogni giorno di più, ogni mattina quando entro a scuola non vedo l’ora di uscirne e di fare altro, perché non sopporto più di dover prendere in giro me stessa e gli studenti.

Non dovete imparare a usare il cervello, perché vivrete male, sempre critici verso tutto, poco furbi, poco scaltri, poco sfrontati, sempre onesti, sempre fessi e sempre più soli. Come mi sento io. Onesta e fessa, e sola. Debole, sempre senza soldi, sensibile alle belle parole e alle romanticherie. E poi stanca. Stanca di tutto. Stanca di questa maledetta terra dei padri, che quando sono lontana mi manca terribilmente con tutti i suoi difetti. Arrabbiarsi non serve. Io personalmente non guardo nemmeno più il telegiornale. La politica italiana mi fa, nel migliore dei casi, sorridere. Cosa volete che insegni ai ragazzi? Ditemelo, io non lo so più.

(* insegnante precaria in un liceo dell’hinterland milanese)

(18 febbraio 2011)

 

 

2011-02-17

UNIVERSITA'

Come sopravvivere alla riforma

in Rete è boom di manuali

In attesa dei decreti attuativi e delle risorse negli atenei è il caos. Gli studenti si attrezzano e on line si moltiplicano consigli e idee per combattere la legge Gelmini

di CARMINE SAVIANO

Come sopravvivere alla riforma in Rete è boom di manuali

Semplificazione. Meritocrazia. Abolizione dei baronati. Un'università moderna ed efficiente, al passo con i tempi. Se sulla carta sono questi gli obiettivi della riforma Gelmini, in pratica, a due mesi dalla sua approvazione, gli effetti possono essere racchiusi in una sola parola: caos. Mancano ancora i decreti attuativi, le risorse, negli atenei si vive sulla difensiva. L'assenza di regolamentazione rende impossibile il lavoro di professori e ricercatori. E degli studenti, ovviamente. Che si attrezzano come possono. Come? Con veri e propri manuali di sopravvivenza. Vademecum accurati per restare vivi in quella giungla, a tratti anarchica, in cui giorno dopo giorno si trasforma l'Università italiana.

Stop Gelmini. Ci si affida all'intelligenza collettiva. Alla discussione e alla partecipazione. Si mettono in rete conoscenze e intuizioni. Un lavoro di gruppo coordinato dalle associazioni studentesche. Che trovano in rete i luoghi virtuali per dar vita alla propria controriforma. E' il caso di Stop Gelmini 1, un blog che raccoglie spunti e idee per combattere la riforma all'interno degli atenei. Queste le linee guida del progetto: "Per quanto approvata, l'iter di attuazione ci consente di portare dentro le facoltà e gli atenei una battaglia per sbarrare la strada alla riforma, utilizzando ogni mezzo a nostra disposizione". A essere messa sotto accusa è la logica emendativa della legge Gelmini, "che per noi è da respingere in toto".

Evitare

le trappole. Una delle prime realizzazioni è la pubblicazione di Come scansare le trappole della riforma 2, l'opuscolo realizzato da Link, Unione degli Studenti e Rete della Conoscenza. Che propone una sorta di autoregolamentazione dal basso della vita universitaria. I criteri: democrazia, partecipazione e trasparenza. Gli obiettivi: realizzare uno Statuto degli Studenti e sorvegliare i punti critici, le trappole appunto, della Gelmini. Come l'indiscriminato accorpamento delle facoltà e la discrezionalità nell'elezione di membri esterni nei consigli di amministrazione.

Manuali di sopravvivenza. Tecnicamente, il punto è la natura di legge delega della riforma Gelmini. Un contenitore ancora vuoto, con indicazioni di massima. E, ancora, l'articolazione interna dell'università e la riforma degli organi accademici sono i punti in cui gli atenei possono intervenire immediatamente. Proprio per garantire la partecipazione degli studenti a questi processi, la Rete Universitaria Nazionale 3 ha realizzato il "Manuale di sopravvivenza". Un'analisi dettagliata delle procedure messe in campo dalla Gelmini. Per consentire di controllare e prendere parte, in ogni momento, alla ristrutturazione dell'università.

Il Cun. E gran parte della battaglia contro la riforma Gelmini si è spostata nelle sedi ufficiali. Come il Cun, il Consiglio Universitario Nazionale, organo consultivo del ministero per l'Istruzione e l'università. Nelle ultime elezioni per il rinnovo dei membri, notevole successo della Rete 29 aprile, quelli del tetto della Sapienza, il gruppo di ricercatori italiani che ha animato una buona parte delle mobilitazioni dei mesi scorsi. La Rete è riuscita a far eleggere cinque dei propri ricercatori. Il biglietto da visita non lascia spazio a dubbi: "Non intendiamo fare polemica sterile: si apre una fase nuova, quella della messa a punto della riforma, la stesura dei nuovi statuti, la redazione dei decreti attuativi". Poi, l'avvertimento: "Nessuno potrà più far finta di ignorare le nostre idee, il vento di discussione che abbiamo alimentato, la realtà universitaria che rappresentiamo e che viviamo con il nostro lavoro". Dalle piazze alle aule. Una battaglia che continua. Per garantirsi un futuro attraverso la qualità nella formazione, la conoscenza e l'istruzione.

(17 febbraio 2011)

 

 

 

 

 

 

 

2011-02-10

IL CASO

Presidi contro la Gelmini

"Niente lezioni il 17 marzo"

Il leader dell'associazione nazionale presidi e alte professionalità, Giorgio Rembado: "Non si possono fare guerre di principio su una celebrazione così importante, le lezioni non svolte si potranno recuperare"

Presidi contro la Gelmini "Niente lezioni il 17 marzo"

ROMA - No alle lezioni in classe il 17 marzo, giorno della festa nazionale per il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia. È la posizione dei presidi, che non sono d'accordo con il 'ripensamento' annunciato ieri dal ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini e riportato dal Corriere della sera, secondo la quale le scuole dovrebbero restare aperte e festeggiare la ricorrenza anche in classe. Se per il ministro "la ricorrenza potrà essere celebrata in classe durante l'orario normale dedicando una particolare attenzione al momento storico", il leader dell'associazione nazionale presidi e alte professionalità, Giorgio Rembado, spiega che "non si possono fare guerre di principio su una celebrazione così importante".

"Poiché la ricorrenza - continua il rappresentante dell'Anp - si può celebrare solo in quell'occasione, se ne dovrà sicuramente parlare in classe, ma non è detto che si debba fare necessariamente il 17 marzo: si può anche creare un dibattito e un confronto sull'Unità d'italia il giorno prima o il giorno dopo".

Rembado ritiene quindi che il 17 marzo "le scuole potranno rimanere chiuse, per poi recuperare le lezioni non svolte quel giorno attraverso l'eliminazione di una delle vacanze meno rilevanti".

Azione universitaria: "Restino chiuse anche le Università". "Non solo scuole e uffici, ma anche le Università vengano chiuse per consentire agli studenti

di festeggiare correttamente la festa dell'Unità nazionale". Andrea Volpi, coordinatore nazionale di Azione universitaria, si inserisce nel dibattito sulla giornata di festa nazionale istituita per il 17 marzo. "Chiediamo al ministro Gelmini di esprimersi in tal senso e non di spalleggiare proteste strumentali su un tema che dovrebbe, questo più di altri, unire tutti gli italiani. Se questo non dovesse accadere- continua Volpi- saremo pronti anche a fare i picchetti e chiuderle noi, un gesto che è contrario al nostro modo di fare politica, ma la patria è un valore fondamentale per noi e dovrebbe esserlo per ogni italiano, e per la difenderlo siamo disposti ad andare contro a quelli che sono da sempre stati i nostri metodi. Conosciamo la sensibilità del ministro e ci meravigliamo della sua proposta di tenere aperte le scuole in un giorno di festa nazionale. Noi preferiamo la Gelmini che inserisce il discorso sulle Foibe nelle prove della maturità e non la Gelmini che rinuncia a festeggiare come si deve l'Unità d'Italia". E conclude: "Vorremmo ricordare a tutti questi neo-stacanovisti che la patria deve venire prima delle esigenze economiche di Confindustria e del folklore della Lega".

(10 febbraio 2011)

 

 

 

 

 

 

IL CASO

La battaglia delle gite scolastiche

lo sciopero dei prof divide gli studenti

Sospeso un viaggio su tre. Gli insegnanti: "Troppe responsabilità e ci hanno anche tolto la diaria. Meglio restare in classe". Gli albergatori: danni per oltre 100 milioni

di CORRADO ZUNINO

La battaglia delle gite scolastiche lo sciopero dei prof divide gli studenti

QUEST'ANNO la scuola non parte. Né per un giorno, né per il weekend. Niente città d'arte, né parchi a tema, figuriamoci Parigi e Barcellona. La protesta dei "prof" contro il ministro Gelmini - che con gli 8 miliardi di tagli all'Istruzione ha cancellato anche l'indennità di trasferta all'estero, 12 euro a docente - mantiene le promesse autunnali. Una scuola su tre, e dentro le singole scuole una classe su tre, nella stagione 2011 non porterà i ragazzi in gita scolastica. È un diluvio di no.

La riforma (di medie e superiori) è passata, ma la rabbia dei docenti resta alta. Dopo aver fatto saltare la sperimentazione sulla loro valutazione, in queste ore i "prof" registrano un clamoroso successo dell'ultima forma di protesta: 246 scuole, segnala il censimento del sito "controriformadocentiarrabbiati", hanno firmato delibere che annullano l'impegno degli insegnanti per le gite scolastiche. E senza "prof" non si va da nessuna parte: "Troppe responsabilità, nessun riconoscimento. Per viaggiare così è meglio restare in aula a far lezione". L'adesione è spalmata su tutto il paese, da Aosta ad Acireale, e cresce ogni settimana. Significativo il boicottaggio al Nord. Torino e il suo hinterland si confermano l'area scolasticamente più sindacalizzata - lo sciopero delle gite è appoggiato e aiutato dalla Cgil e dai gruppi di base - con 59 defezioni. Al liceo classico D'Azeglio il blocco si allarga a stage e soggiorni

all'estero, al circolo didattico Toscanini si specifica che sono soppresse anche "le uscite didattiche di una mattina". Quelle al Museo egizio, per esempio. La direttrice del museo, Eleni Vassilika, quest'anno ha registrato un calo dei biglietti per studenti dell'otto per cento e ha scritto una lettera alla Gelmini: "Non potete consentire ai genitori di accompagnare le classi?". Per tentare di arginare le defezioni, il governatore leghista Roberto Cota ha deciso di sostenere con un bonus economico le scuole piemontesi che realizzeranno viaggi d'istruzione e gemellaggi culturali. Ha avuto poca fortuna, fin qui: gli scioperi della gita sono stati proclamati anche a Biella e a Novara.

Trentaquattro scuole ferme ai banchi nella provincia di Venezia, diciannove a Lucca (metà delle superiori nella primavera entrante non partirà). Quattordici a Catania e a Roma. In tredici istituti perugini il dibattito è stato serrato, diversi studenti non volevano rinunciare al viaggio in pullman, la bevuta di gruppo, la serata collettiva in discoteca. Alla fine al classico Mariotti, all'Istituto Tecnico per geometri, alla media Grecchi e alla primaria Cannara lo sciopero ha riguardato tutti. Al liceo Pieralli e all'Orfini di Foligno, invece, vi parteciperà una classe ogni quattro. E ad amplificare il quadro negativo stanno arrivando gli stop alle gite decisi non contro la Gelmini, ma contro le occupazioni studentesche anti-Gelmini. In alcuni casi, di fronte a vandalismi gratuiti i presidi hanno scelto la linea dura con i ragazzi: viaggi sospesi ai licei romani Azzarita ed Evangelista Torricelli. I "prof" d'Italia stanno boicottando tutte le attività extra: gruppi sportivi, feste di fine anno, persino gli approfondimenti pre-universitari. Spesso contro la volontà di una fetta di studenti.

Lo sciopero delle gite si sente, albergatori e agenzie di viaggio alzano l'allarme. I "viaggi scolastici" muovono un milione e 300 mila studenti ogni anno e valgono 370 milioni di euro. Il calo dei fatturati, nel 2011, è valutabile attorno al 35%: centotrenta milioni, un disastro in appendice alla crisi strutturale. Agenzie di viaggio di Milano e Rimini si sono offerte di pagare la diaria ai "prof": non è bastato. Ezio Moretti, amministratore di Caravantours, racconta: "Oggi contiamo duecento gruppi di studenti in meno e a fine maggio saranno ottocento. Una perdita di 5 milioni di euro, un quinto del nostro fatturato. Abbiamo provato a far capire ai sindacati che così si mette a rischio un settore, niente. Abbiamo chiesto un intervento al ministro Brambilla, neppure ci ha risposto. Lavoro da trent'anni con professori e studenti, così male non è mai andata".

(10 febbraio 2011)

 

 

IL CASO

Supplenti, graduatorie nel caos

La Consulta boccia la Gelmini

La Corte Costituzionale dichiara illegittima la norma che impediva ai precari del sud di conservare il proprio punteggio se cambiavano provincia. In arrivo migliaia di ricorsi e richieste di risarcimento al ministero di SALVO INTRAVAIA

Supplenti, graduatorie nel caos La Consulta boccia la Gelmini

SBARRARE la strada ad un supplente che si vuole inserire in graduatoria a Varese solo perché è nato a Trapani è incostituzionale. Lo ha ribadito la Corte Costituzionale, bocciando le regole del ministero dell'Istruzione sulle graduatorie "di coda" dei precari della scuola. L'Italia è una sola e i titoli di studio hanno lo stesso valore in tutto il territorio nazionale, spiega la Consulta. Una verità che sembrava ovvia ai più, ma non alla Gelmini che, spinta dalla Lega, nel 2009 operò una sorta di protezionismo sulle graduatorie dei supplenti della scuola a favore dei prof settentrionali.

Attraverso un iter parlamentare piuttosto complesso del decreto-legge dal titolo "Disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l'anno 2009-2010", il governo in sede di conversione il legge introdusse un comma che di fatto blindava le graduatorie delle regioni padane, favorendo le supplenze e l'immissione in ruolo con un punteggio minimo agli insegnanti autoctoni. "Nelle operazioni di integrazione e di aggiornamento delle graduatorie - recita il comma incriminato - è consentito ai docenti che ne fanno esplicita richiesta, oltre che la permanenza nella provincia prescelta (...), di essere inseriti anche nelle graduatorie di altre province dopo l'ultima posizione di (terza) fascia nelle graduatorie medesime".

Fuori dal burocratese, la legge stabiliva che in occasione dell'aggiornamento delle graduatorie

per gli anni scolastici 2009/2010 e 2010/2011 chi si trovava inserito in una graduatoria provinciale per le supplenze e per metà delle immissioni in ruolo stabilite annualmente non poteva trasferirsi con proprio punteggio in un'altra provincia, se non "in coda". E non "a pettine" (secondo il punteggio maturato) come auspicavano gli interessati. La norma, come dimostrano gli ultimi dati pubblicati dallo stesso ministero, nei fatti "protegge" i supplenti settentrionali.

Ma adesso i giudici di Palazzo Spada sostengono che l'articolo in questione "si pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione". Già i giudici del Tar Lazio avevano considerato la legge in contrasto con uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento: l'uguaglianza fra tutti i cittadini. Il provvedimento "violerebbe l'art. 3 Cost. perché, in modo irragionevole e in violazione del principio di uguaglianza, prevede una diversa disciplina a seconda del momento in cui il docente chiede il trasferimento da una graduatoria provinciale ad un'altra", scrivevano i giudici del Tar Lazio.

"La disposizione impugnata - spiegavano i giudici amministrativi - introduce una disciplina irragionevole che limitata all'aggiornamento delle graduatorie e comporta il totale sacrificio del principio del merito posto a fondamento della procedura di reclutamento dei docenti e con la correlata esigenza di assicurare, per quanto più possibile, la migliore formazione scolastica".

La sentenza non mancherà di produrre ricadute politiche e economiche. Il Carroccio si batte da anni per una normativa "di favore" nei confronti degli insegnanti del nord, che però il governo non è riuscito ad assicurare. E il ministero, a questo punto, verrà quasi certamente travolto da migliaia di richieste di risarcimento danni da parte di coloro che si sono visti soffiare per due anni incarichi e immissioni in ruolo. L'Anief (l'Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione), nel ricordare di avere patrocinato i ricorsi che hanno portato alla bocciatura della norma, vede all'orizzonte 15 mila ricorrenti che possono reclamare il ruolo".

"A questo punto - dichiara il presidente nazionale dell'Anief, Marcello Pacifico, il ministro Gelmini dovrebbe prendere atto di non essere stata capace di gestire le graduatorie del personale docente, dovrebbe assumersi la responsabilità di aver creato un profondo danno erariale alle casse dello Stato e sanare la posizione dei ricorrenti aventi diritto, senza nulla togliere ai docenti già individuati nei contratti, come da prassi corrente". "Il tentativo del centrodestra, capitanato dal ministro Gelmini, di realizzare una vera e propria 'linea gotica' che impedisse, come fortemente auspicato dalla Lega Nord, la mobilità dei docenti sul territorio nazionale è fallito", dichiara Tonino Russo (Pd), componente della Commissione cultura della Camera dei Deputati.

"La sentenza avrà effetti devastanti - prosegue Russo - e l'amministrazione sarà costretta ad assumere tutti quei docenti che, collocati in coda, nelle graduatorie aggiuntive, si sarebbero trovati in posizione utile per l'immissione in ruolo". "Il ministro Gelmini - conclude - era stata, a suo tempo ed in numerose occasioni, messa di fronte alla palese irragionevolezza della norma, Purtroppo se ne è sonoramente infischiata con fare tutt'altro che istituzionale e privo di buon senso, esponendo l'amministrazione ad un danno erariale enorme".

(09 febbraio 2011)

 

 

 

 

2011-02-09

IL CASO

Supplenti, graduatorie nel caos

La Consulta boccia la Gelmini

La Corte Costituzionale dichiara illegittima la norma che poneva impediva ai precari del sud di conservare il proprio punteggio se cambiavano provincia. In arrivo migliaia di ricorsi e richieste di risarcimento al ministero di SALVO INTRAVAIA

Supplenti, graduatorie nel caos La Consulta boccia la Gelmini

SBARRARE la strada ad un supplente che si vuole inserire in graduatoria a Varese solo perché è nato a Trapani è incostituzionale. Lo ha ribadito la Corte Costituzionale, bocciando le regole del ministero dell'Istruzione sulle graduatorie "di coda" dei precari della scuola. L'Italia è una sola e i titoli di studio hanno lo stesso valore in tutto il territorio nazionale, spiega la Consulta. Una verità che sembrava ovvia ai più, ma non alla Gelmini che, spinta dalla Lega, nel 2009 operò una sorta di protezionismo sulle graduatorie dei supplenti della scuola a favore dei prof settentrionali.

Attraverso un iter parlamentare piuttosto complesso del decreto-legge dal titolo "Disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l'anno 2009-2010", il governo in sede di conversione il legge introdusse un comma che di fatto blindava le graduatorie delle regioni padane, favorendo le supplenze e l'immissione in ruolo con un punteggio minimo agli insegnanti autoctoni. "Nelle operazioni di integrazione e di aggiornamento delle graduatorie - recita il comma incriminato - è consentito ai docenti che ne fanno esplicita richiesta, oltre che la permanenza nella provincia prescelta (...), di essere inseriti anche nelle graduatorie di altre province dopo l'ultima posizione di (terza) fascia nelle graduatorie medesime".

Fuori dal burocratese, la legge stabiliva che in occasione dell'aggiornamento delle graduatorie

per gli anni scolastici 2009/2010 e 2010/2011 chi si trovava inserito in una in una graduatoria provinciale per le supplenze e per metà delle immissioni in ruolo stabilite annualmente non poteva trasferirsi con proprio punteggio in un'altra provincia, se non "in coda". E non "a pettine" (secondo il punteggio maturato) come auspicavano gli interessati. La norma, come dimostrano gli ultimi dati pubblicati dallo stesso ministero, nei fatti "protegge" i supplenti settentrionali.

Ma adesso i giudici di Palazzo Spada sostengono che l'articolo in questione "si pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione". Già i giudici del Tar Lazio avevano considerato la legge in contrasto con uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento: l'uguaglianza fra tutti i cittadini. Il provvedimento "violerebbe l'art. 3 Cost. perché, in modo irragionevole e in violazione del principio di uguaglianza, prevede una diversa disciplina a seconda del momento in cui il docente chiede il trasferimento da una graduatoria provinciale ad un'altra", scrivevano i giudici del Tar Lazio.

"La disposizione impugnata - spiegavano i giudici amministrativi - introduce una disciplina irragionevole che limitata all'aggiornamento delle graduatorie e comporta il totale sacrificio del principio del merito posto a fondamento della procedura di reclutamento dei docenti e con la correlata esigenza di assicurare, per quanto più possibile, la migliore formazione scolastica".

La sentenza non mancherà di produrre ricadute politiche e economiche. Il Carroccio si batte da anni per una normativa "di favore" nei confronti degli insegnanti del nord, che però il governo non è riuscito ad assicurare. E il ministero, a questo punto, verrà quasi certamente travolto da migliaia di richieste di risarcimento danni da parte di coloro che si sono visti soffiare per due anni incarichi e immissioni in ruolo. L'Anief (l'Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione), nel ricordare di avere patrocinato i ricorsi che hanno portato alla bocciatura della norma, vede all'orizzonte 15 mila ricorrenti che possono reclamare il ruolo".

"A questo punto - dichiara il presidente nazionale dell'Anief, Marcello Pacifico, il ministro Gelmini dovrebbe prendere atto di non essere stata capace di gestire le graduatorie del personale docente, dovrebbe assumersi la responsabilità di aver creato un profondo danno erariale alle casse dello Stato e sanare la posizione dei ricorrenti aventi diritto, senza nulla togliere ai docenti già individuati nei contratti, come da prassi corrente". "Il tentativo del centrodestra, capitanato dal ministro Gelmini, di realizzare una vera e propria 'linea gotica' che impedisse, come fortemente auspicato dalla Lega Nord, la mobilità dei docenti sul territorio nazionale è fallito", dichiara Tonino Russo (Pd), componente della Commissione cultura della Camera dei Deputati.

"La sentenza avrà effetti devastanti - prosegue Russo - e l'amministrazione sarà costretta ad assumere tutti quei docenti che, collocati in coda, nelle graduatorie aggiuntive, si sarebbero trovati in posizione utile per l'immissione in ruolo". "Il ministro Gelmini - conclude - era stata, a suo tempo ed in numerose occasioni, messa di fronte alla palese irragionevolezza della norma, Purtroppo se ne è sonoramente infischiata con fare tutt'altro che istituzionale e privo di buon senso, esponendo l'amministrazione ad un danno erariale enorme".

(09 febbraio 2011)

 

 

 

IL CASO

Perché ormai i nostri ragazzi

pensano che studiare sia inutile

Nell'ultimo libro di Paola Mastrocola la sconfitta degli insegnanti. Con un titolo provocatorio: "Togliamo il disturbo"

di PIETRO CITATI

Perché ormai i nostri ragazzi pensano che studiare sia inutile

Quando, l'estate, vado al mare, prendo volentieri l'ombra vicino ai capanni dove giocano i bambini. Ci sono bambini di due, tre, quattro, cinque, sei, sette anni: qualcuno viene da Torino, altri da Firenze, da Prato, da Padova, da Trieste; e le voci mescolano e confondono i loro accenti.

Mi piace ascoltare quel fitto o fittissimo chiacchiericcio infantile, interrotto da esclama zioni, grida, urla, pause, racconti. Fino a sette anni, i bambini parlano una lingua corposa, ricca, divertente: migliore di quella degli adulti che, lì vicino, fanno pettegolezzi o dicono barzellette. Poi vanno a scuola, ascoltano i discorsi dei professori e dei presidi, e la loro lingua si degrada.

Paola Mastrocola, che dedica un piacevolissimo libro alla scuola italiana (Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare, Guanda, tra qualche giorno in libreria), parla di rado delle chiacchiere infantili sulla spiaggia. C'è una sola condizione che le interessa: il ragazzo o la ragazza che frequentano le medie o la prima classe del liceo scientifico. Per loro, ha una passione insaziabile. Ogni mattina, alle sette e trenta, le ragazze si preparano per la scuola; jeans attillati, scarpine con un po' di tacco, cinturina di lamé, orologino Armani, brillante minutissimo alla narice destra, piccolo tatuaggio alla caviglia. Mezz'ora dopo, una massa scura occupa parlottando e fumacchiando la nebbia fitta che avvolge le scuole di Torino. I ragazzi e le ragazze hanno gli occhi cerchiati e tristi, il naso pieno di sonno, le spalle curve, le braccia penzolanti,

lo sguardo perduto nel nulla, la bocca semiaperta, i capelli stanchi. Sembrano posseduti dalla noia.

Nessuno, o quasi nessuno tra quei ragazzi perduti nella nebbia, ha voglia di andare a scuola. Nessuno si vergogna di questo rifiuto. Tutti detestano leggere o scrivere o ascoltare le lezioni. Qualche volta, basta ascoltarli per cinque minuti. Il lessico umano è immenso, ma i ragazzi ne conoscono pochissime parole: usano termini impropri, pasticciano, confondono ortografia e punteggiatura. Non sanno pensare. Non riescono a distribuire le idee e le sensazioni secondo una architettura. Elaborare i concetti e disporli nel tempo sembra, a ciascuno di loro, un'impresa disperatissima. Discorrono in modo vuoto e spento, con parole senza vita, senza agilità e movimento.

Paola Mastrocola ama i suoi ragazzi perennemente annoiati, e in quei lunghi sbadigli percepisce delusioni, desideri, speranze. Quando guarda verso le cattedre, si accorge che i professori non posseggono il dono di insegnare. Nel mondo e nei libri, non esiste quasi nulla di noioso: tutto è misterioso, concentrato, enigmatico, affascinante. Basta saper capire e interpretare: ma i professori lasciano spento ciò che era spento, morto ciò che era morto. Sopra il loro capo, ci sono i volti dei presidi: sopra quello dei presidi, i sottosegretari; sopra quello dei sottosegretari, l'intelligenza sovrana dei Ministri-Riformatori. I Ministri hanno pretese grandiose, che si possono riassumere in pochissime parole: smantellare, mattone dopo mattone, la scuola: distruggere in pochi anni, o pochi mesi, gli studi, la lingua, il lessico, i significati, i vocabolari. Bisogna ammettere che ci sono riusciti. Oggi, all'inizio del febbraio 2011, rimane soltanto una vaga sembianza di quella che fu la scuola italiana.

***

Nel 1943, avevo tredici anni, come gli alunni sonnacchiosi di Paola Mastrocola, e attraversavo le stesse esperienze. Non andavo mai a scuola: non studiavo né il latino né il greco. I bombardamenti di Torino avevano costretto la mia famiglia a rifugiarsi in un'immensa casa in Liguria, con stanze altissime, scale ombrose, soffitte che accoglievano uccelliere vaste come saloni. In quel piccolo paese di mare, vivevo quasi solo. La scuola del capoluogo vicino era chiusa perché gli aerei inglesi mitragliavano le strade: i miei due migliori amici erano stati fucilati durante un rastrellamento tedesco; e qualcosa nel mio contegno teneva lontani da me i ragazzi del paese, coi quali avrei voluto giocare a pallone.

Tutti i libri della mia casa di Torino erano finiti in una cucina abbandonata: identica a quella del Castello di Fratta. Mio padre li aveva sistemati a caso dentro vecchie librerie o lasciati dentro le casse. Dovunque mi avventurassi e esplorassi, l'immensa casa grondava di libri. Un avo aveva nascosto il suo Buffon, il suo Voltaire, la sua Encyclopédie dentro una cassapanca della soffitta: mia nonna aveva raccolto i romanzi della sua Bibliothèque rose, pubblicazioni audaci del Settecento, libri di spiritismo e di rivendicazioni femministe in una madia della stanza da pranzo: dal ripostiglio di cucina emergevano le storie di battaglia, gli studi di tattica e di strategia, che mio nonno militare aveva amato: nelle stanze da letto qualcuno aveva disseminato i fascicoli di un feroce romanzo antimassonico; mentre nel salotto facevano pompa di sé i volumi delle mediocri glorie letterarie della famiglia. Vivevo rinchiuso nella cucina-biblioteca, nella soffitta-biblioteca, nei ripostigli-biblioteca: in tutti gli angoli di quell'alveare ronzante di libri.

Fino allora avevo letto soltanto i romanzi di Salgari. All'improvviso, mi misi a leggere tutti i libri di casa: senza scelta né discernimento, perché la mia curiosità senza forma prendeva tutte le forme. Shakespeare nella versione ottocentesca di Andrea Maffei, i libri rosa di mia nonna, i racconti delle battaglie russo-giapponesi che mio nonno compilava per la Rivista militare, le meravigliose descrizioni di uccelli nella Histoire naturelle di Buffon, le voci dell'Encyclopédie sulle arti, la Storia delle crociate affidata alla penna fantastica di Gustave Doré. Non smettevo mai. Appena sveglio, scendevo in cucina: passavo tra i libri la mattina e il pomeriggio; e la voce di mia madre mi chiamava inutilmente a cena. Quelle letture mi hanno segnato per sempre: malgrado gli anni, sono rimasto un dilettante, a casa in tutti i luoghi e in nessun luogo. La biblioteca domestica, frutto casuale della sedimentazione del tempo, figlia delle generazioni, luogo aperto all'invincibile curiosità, è la più formativa che esista. Con tutte le sue lacune e stranezze, eccita la passione del libro molto più della biblioteca scolastica, dove i libri sono scelti e registrati in ordine, e sopravvivono soltanto i trionfatori della storia e della letteratura.

Finì la guerra. Giunse il 1945: abbandonai la biblioteca della casa al mare: ritornai a Torino; e, insieme ai miei compagni del D'Azeglio, cominciai a passeggiare lungo il Po, a discorrere di tutto - monarchia, repubblica, storia, filosofia, famiglia, scuola, scuola. Su tutto, avevo idee e contro-idee. Nel 1946 scrissi uno sciocchissimo articolo sul giornale scolastico. Sostenevo che bisognava smettere - per sempre - di imparare le poesie a memoria. Niente più Infinito, Chiare, fresche e dolci acque, terzo canto del Paradiso. Era una cosa meccanica: un'esperienza per parassiti; fatta apposta per quei bambini, che avevamo smesso di essere. Ero orgogliosissimo delle mie convinzioni.

Qualche anno dopo, mi resi conto che avevo torto. Imparare le poesie a memoria, richiamare e rispecchiare le parole, andare avanti e indietro, sillabare e risillabare, era un gioco bellissimo. Se dicevo e ripetevo tra me: Sedendo e mirando, interminati spazi: oppure herba et fior che la gonna leggiadra ricoverse; oppure Qual per vetri trasparenti e tersi o ver per acque nitide e tranquille: - la mente variava e arricchiva il vocabolario, rafforzava la scrittura mentale, imparava a pensare e a ripensare. Oggi, sono pieno di rimpianti. Mi ricordo tutti i versi che, per arroganza giovanile, ho dimenticato, e penso a quello che avrei potuto essere e non sono.

***

Malgrado la passione di Paola Mastrocola, temo che il suo libro sia troppo ottimista. In questi anni di presunte riforme, non assistiamo soltanto al disastro (certo più grave) della scuola italiana, ma a quello di tutta la scuola occidentale. In Gran Bretagna, il governo ha reso facoltativo, nel programma dei ragazzi più adulti, lo studio delle lingue straniere: questo studio - sostiene il Ministro - non serve più a niente, visto che, nel mondo, tutti letteralmente tutti, parlano e scrivono inglese. Per una volta, il ministro inglese è più sciocco di quello italiano: poiché immagina che la conoscenza di un'altra lingua sia soltanto un fatto utilitario: mentre arricchisce il lessico, la fantasia e l'intelligenza di chi la apprende. Il secondo esempio è ridicolo. Da qualche anno, gli studiosi di storia medioevale non conoscono più il latino di Gregorio di Tours o di Liutprando o di san Francesco. Anche questa conoscenza, suppongo, viene considerata inutile. Non è necessario conoscere un testo medioevale latino: bastano le traduzioni.

Un evento ancora più grave minaccia l'intera società occidentale. Le fabbriche americane o inglesi o francesi o italiane non producono più automobili o scarpe in Europa: le producono in Cina o in India; mentre l'Occidente è rimasto la sede della pura attività finanziaria ed economica. Così, in pochi anni, l'Europa ha perduto una vocazione essenziale: quella di costruire una seggiola, o un tavolo, o una lavatrice, o un computer. Non sappiamo più leggere, né scrivere, né conoscere le lingue straniere, né comporre un lavoro qualsiasi. Un tempo, l'Occidente era il luogo dell'esperienza e dell'avventura. Oggi, siamo diventati quello del niente e del vuoto.

(09 febbraio 2011)

 

 

L'INTERVENTO

E la lotta di classe

si sposta tra i banchi

Per decenni le aule sono state il luogo di incontro e di avvicinamento tra ceti diversi. Oggi le cose sono cambiate radicalmente: sotto il velo della "meritocrazia" il nostro Paese è tornato ad essere classista in modo feroce

di MARCO LODOLI

E la lotta di classe si sposta tra i banchi

Per alcuni decenni la scuola è servita anche ad avvicinare le classi sociali: nelle aule convergevano interessi e aspettative, si respirava la stessa cultura, si creavano possibilità per tutti. In fondo al viale si immaginava un mondo senza crudeli differenze, senza meschinità e ingiustizie. La conoscenza era garanzia di crescita intellettuale, e anche sociale ed economica. Chi studiava si sarebbe affermato, o quantomeno avrebbe fatto un passo in avanti rispetto ai padri. Tante volte abbiamo sentito quelle storie un po' retoriche ma autentiche: il padre tranviere che piangeva e rideva il giorno della laurea in medicina del suo figliolo, la madre che aveva faticato tanto per tirare su quattro figli, che ora sono tutti dottori.

Oggi le cose sono cambiate radicalmente. Chi viaggia in prima classe non permette nemmeno che al treno sia agganciata la seconda o la terza: vuole viaggiare solo con i suoi simili, con i meritevoli, gli eccellenti, i vincenti. "A me professò 'sto discorso del merito mi fa rodere. La meritocrazia, la meritocrazia... ma che significa? E chi non merita? E noi altri che stamo indietro, noi che non je la famo, noi non contiamo niente?". Questo mi dice Antonia e neanche mi guarda quando parla, guarda fuori, verso i palazzoni di questo quartiere di periferia, verso quei prati dove ancora le pecore pascolano tra gli acquedotti romani e il cemento. Qui la divina provvidenza del merito non passa, non illumina, non salva quasi nessuno.

Guardo la classe: Michela ha confessato che non può fare i disegni

di moda perché a casa non ha un tavolo, nemmeno quello da pranzo. Mangia con la madre e la sorella seduta sul letto, con il vassoio sulle ginocchia, in una casa che è letteralmente un buco. Roberta invece mi racconta che stanotte hanno sparato in faccia al migliore amico del suo fidanzato, "era uno che se faceva grosso, che stava sulle palle a tanti, ma nun era n'animale cattivo, nun se lo meritava de morì così a ventidue anni". Samantha invece trema perché stanno per buttarla fuori di casa, a lei e alla madre e ai due fratelli, lo sfratto ormai è esecutivo e i soldi per pagare l'affitto non ce li hanno, forse già stanotte li aspetta la macchina parcheggiata in uno slargo vicino casa, forse dovranno dormire lì, e lavarsi alla fontanella con gli zingari.

La miseria produce paura, aggressività, ignoranza, cinismo. In pochi hanno i libri di scuola, si va avanti a fotocopie, anche se ogni insegnante ha ricevuto solo centocinquanta fogli per tutto l'anno, "perché i tagli si fanno sentire anche sui cinque euro, la scuola non ha più un soldo". In queste scuole di periferia le tragedie si accumulano come legna bagnata che non arde e non scalda, ma fuma e intossica. Tumori, disoccupazione, cirrosi epatica, aborti, droga, incidenti stradali, strozzini, divorzi, risse: tutto s'ammucchia orrendamente, tutto si mette di traverso e oscura il cielo. A ragazzi così segnati, così distratti dalla vita storta, oggi devo spiegare l'iperbole e la metonimia, Re Sole e Versailles, Foscolo e il Neoclassicismo. E loro già sanno che è tutto inutile, che i posti migliori sono già stati assegnati, e anche quelli meno buoni, e persino quelli in piedi. Hanno già nel sangue la polvere del mondo, il disincanto.

"E non ci venissero a parlà di eccellenza che je tiro appresso er banco. Tanto ormai s'è capito come funziona sto mondo: mica serve che lavorino trenta milioni de persone, ne abbastano tre, e un po' di marocchini a pulì uffici e cessi. Il paese deve funzionà come n'azienda? E allora noi non serviamo, siamo solo un peso. Tre milioni de capoccioni, de gente che sa tutto e sa come mette le mani nei computer e nelle banche, e gli altri a spasso. Gli altri a rubà, a spaccià, in galera, ar camposanto, dentro una vita di merda". Forse ha ragione questa ragazza, suo padre ha "un brutto male", come direbbe il buongusto - "un cancro che lo spacca, professò", dice lei - forse è vero che non dobbiamo fare della meritocrazia un ulteriore setaccio: l'oro passa e le pietre vengono buttate via.

I ricchi hanno capito al volo l'aria che tira, aria da Titanic, e hanno subito occupato le poche scialuppe di salvataggio: scuole straniere, master, stage, investimenti totali nello studio. L'élite non ha più tempo né voglia di ascoltare le pene della nazione, le voci dei bassifondi: ha intuito il tracollo della scuola pubblica e ha puntato sulle scuole di lusso. E così la scuola non è più il luogo del confronto, della convergenza, dell'appianamento delle differenze e della crescita collettiva. Non si sta più tutti insieme a istruirsi per un futuro migliore, a sognare insieme. Chi ha i soldi il futuro se lo compra, o comunque si prepara a "meritarselo". Chi non ha niente annaspa nel niente e deve anche subire l'affronto dei discorsi sull'eccellenza. Ormai il nostro paese è tornato ad essere ferocemente classista, ai poveri gli si butta un osso e un'emozione della De Filippi, li si lascia nell'abbrutimento e nell'ignoranza, mentre ai ricchi si aprono le belle strade che vanno lontano: lontano da qui, da questa nazione che inizia a puzzare come uno stagno d'acqua morta.

(09 febbraio 2011)

 

 

 

 

 

2011-02-01

ISTAT

Sale la disoccupazione giovanile

Dicembre al 29%, record del 2004

L'Istituto rileva come il dato sia l'unica nota stonata in un quadro generale più confortante: a dicembre 2010 si è fermato il calo dell'occupazione, stabile la disoccupazione. Il numero di chi cerca lavoro cala dello 0,5 % rispetto a novembre, +2,5% rispetto a un anno fa. Germania: i senza lavoro ai minimi dal '92

Sale la disoccupazione giovanile Dicembre al 29%, record del 2004

ROMA - Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a dicembre 2010 è salito al 29%, con un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,4 punti percentuali rispetto a dicembre 2009, segnando così un nuovo record negativo. Si tratta, infatti, del livello più alto dall'inizio delle serie storiche mensili, ovvero dal gennaio del 2004. Lo comunica l'Istat in base a dati destagionalizzati e a stime provvisorie.

Come segnalano gli stessi tecnici dell'Istituto di statistica, il dato sulla disoccupazione giovanile è l'unico indicatore negativo in un quadro generale piuttosto confortante. "A chiusura del 2010 le condizioni del mercato del lavoro appaiono un po' più serene - rilevano gli statistici -, da autunno l'occupazione ha smesso di scendere e la disoccupazione nell'ultimo bimestre, novembre e dicembre, ha preso a calare. L'unico elemento che stona è la disoccupazione giovanile, che ancora una volta torna a scalare posizioni, segnando un nuovo record".

Dalle condizioni "più serene" del mercato del lavoro deriva un tasso di disoccupazione generale, in base a dati destagionalizzati e a stime provvisorie, che a dicembre resta stabile all'8,6%, lo stesso livello già registrato a novembre (rivisto al ribasso dall'8,7%). In confronto a dicembre 2009 il tasso di disoccupazione registra un aumento di 0,2 punti percentuali.

Il numero di occupati a dicembre 2010, sempre su dati destagionalizzati, risulta invariato sia rispetto a novembre

2010 sia su base annua. Il tasso di occupazione, pari al 57 per cento, risulta stabile rispetto a novembre e in riduzione di 0,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Il numero delle persone in cerca di occupazione risulta in diminuzione dello 0,5 per cento rispetto a novembre, e in aumento del 2,5 per cento rispetto a dicembre 2009. Il numero di inattivi di età compresa tra 15 e 64 anni a dicembre 2010 aumenta dello 0,1 per cento rispetto sia a novembre sia a dicembre 2009. Il tasso di inattività, pari al 37,6 per cento, è invariato rispetto al mese precedente e in diminuzione rispetto a dicembre 2009 (-0,1 punti percentuali).

Dalla Germania la nuova conferma che la "locomotiva" ha ripreso a marciare. Il numero dei disoccupati scende ai minimi dal 1992. A gennaio i senza lavoro sono diminuiti di 13.000 unità a 3.135 milioni, il livello più basso da novembre 1992, superate anche le previsioni che puntavano su un calo di 9mila unità, rispetto alla crescita, rivista, di 1.000 In dicembre. Lo ha comunicato l'Agenzia federale del Lavoro di Norimberga, precisando che il tasso di disoccupazione destagionalizzato è sceso dal 7,5% al 7,4%. Il tasso di disoccupazione non depurato dei fattori stagionali, invece, segna un rialzo considerevole: nel mese di gennaio è del 7,9%, rispetto al 7,2% segnato in dicembre e al 7,5% delle attese.

(01 febbraio 2011) © Riproduzione riservata

 

 

 

 

ESAMI

Maturità, scelte le materie della seconda prova

Latino al Classico, matematica allo Scientifico

L'annuncio, come l'anno scorso, è stato dato dal ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini dal suo canale su Youtube. Le prove scritte si terranno il 22 e il 23 giugno

Maturità, scelte le materie della seconda prova Latino al Classico, matematica allo Scientifico

ROMA - Latino al classico, matematica allo scientifico, lingua straniera al liceo linguistico: sono alcune delle materie scelte dal ministero dell'Istruzione per la seconda prova scritta all'esame di maturità 2011. Le materie, come l'anno scorso, sono state annunciate dal ministro Maria Stella Gelmini attraverso il suo canale su Youtube.

Padagogia è la materia scelta dal ministero dell'Istruzione per la seconda prova dei maturandi del liceo pedagogico. Per gli studenti del liceo Artistico ci sarà disegno geometrico, prospettiva e architettura. Per quanto riguarda gli istituti tecnici e professionali, ha aggiunto Gelmini, le materie sono: economia aziendale per l'istituto tecnico commerciale; costruzioni per l'istituto tecnico per geometri; tecnica turistica per l'istituto tecnico per il turismo; alimenti e alimentazione per l'istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione; tecnica amministrativa per l'istituto professionale per i servizi sociali. Infine, macchine a fluido è la materia stabilita per l'istituto professionale per tecnico delle industrie meccaniche. Per gli istituti tecnici e professionali sono state scelte materie "che, oltre a caratterizzare i diversi indirizzi di studio, hanno una dimensione tecnico-pratico-laboratoriale", spiega una nota del Miur. Per questa ragione la seconda prova può essere svolta, come per il passato, in forma scritta o grafica o scritto-grafica o scritto-pratica, utilizzando, eventualmente, anche i laboratori dell'istituto", si legge nel

comunicato che ha seguito il video del ministro.

Per il settore artistico (licei e istituti d'arte) la materia di seconda prova ha carattere progettuale e laboratoriale (architettura, ceramica, mosaico, marmo, oreficeria ecc.) e si svolge in tre giorni.

Si svolgono per la prima volta gli esami per le classi coinvolte nel progetto Esabac, finalizzato al rilascio del doppio diploma italiano e francese e attuato sulla base dell'accordo italo-francese sottoscritto il 24 febbraio 2009.

Le prove scritte si terranno il 22 giugno (prima prova) e il 23 giugno (seconda prova). Per la data della terza prova bisognerà aspettare un successivo decreto ministeriale. Tendenzialmente dovrebbe svolgersi lunedì 27 giugno.

(31 gennaio 2011)

 

 

2011-01-27

REPUBBLICA@SCUOLA

Giovani, cercasi futuro disperatamente

"Dateci la possibilità di guadagnarcelo"

Centinaia di storie dagli studenti delle scuole italiane per raccontare le loro aspettative per il domani. I vincitori della terza e quarta tappa del campionato di Repubblica@Scuola arrivano da Milano, Fusignano (Ravenna), Trento e Rimini. Tra manifestazioni e riforme, nei testi la tensione per le grandi attese si sovrappone alla rabbia e al disincanto di FEDERICO PACE

"Quando noi ragazzi eravamo all'asilo, le maestre ci chiedevano il nostro futuro lavoro. C'era chi diceva l'astronauta, chi la pop star ed anche il presidente. Poi, alle elementari dicevamo maestra, dottoressa, avvocato. Oggi, dalla terza media in su, a noi ragazzi del 2010, questa domanda non ce la pone più nessuno perché sa già la risposta: non lo so". Così inizia il racconto di Sara Karim 1, studentessa dell'istituto comprensivo Luigi Battaglia di Fusignano in provincia di Ravenna. E' lei, insieme ad Alessandro Fabbrica del liceo scientifico Cremona di Milano, a vincere la terza tappa del campionato di Repubblica Scuola. Appuntamento che ha visto misurarsi studenti di medie e superiori sul tema delle aspettative per il loro futuro.

C'è il carico emotivo delle grandi attese e l'acre sapore del disincanto assaporato per le prime volte. L'urgenza di affermare la propria identità e l'incertezza della strada da intraprendere. Resoconti in prima persona delle manifestazioni e cronache dai giorni dei dubbi e delle scelte. Sono tante le "tinte" scelte dai ragazzi che hanno scritto sulla testata del nostro progetto dedicato alle scuole (leggi tutti 2).

L'immagine riflessa. Alessandro, 3

il vincitore per la categoria delle superiori, ha scelto di descrivere le emozioni vissute durante l'attesa del pullman che lo porta a scuola. E' il suo ultimo anno di liceo. Un anno in cui il bisogno di fare un bilancio di quanto accaduto negli ultimi cinque anni si intreccia con la necessità di compiere una scelta sempre più prossima. "Aspettando l'autobus alla solita fermata - scrive Alessandro - osservavo la mia immagine riflessa in una pozzanghera che si deformava allungandosi o stringendosi al passare rasente delle macchine. Lo zaino in spalla e tante formule e pensieri nella mente in attesa di arrivare a scuola. Mi chiedevo se quello studente fossi proprio io o qualcun altro; se quell'immagine così tirata e mossa non volesse comunicarmi qualcosa. Mancava un solo anno alla fine del liceo; il percorso era stato lungo e faticoso. Ricordavo il primo giorno del mio ingresso fra i più grandi e l'entusiasmo che mi aveva accompagnato alla fine delle medie".

Sentirsi inadeguati. Mocci scrive: "A scuola, fin dalle elementari, ci parlano di grandi uomini. Di uomini immortali, impressi a lettere di fuoco nei libri di storia e nella memoria. Di uomini che hanno cambiato il mondo, di uomini rivoluzionari, straordinari. Di quei giganti sulle cui spalle camminiamo, corriamo, cresciamo e viviamo. E ci sentiamo troppo piccoli e impotenti, fa paura la prospettiva dell'oblio e di una vita scandita dal ritmo di una routine senza colpi di scena o successi o speranze, è disperato il nostro futuro, opaco e confuso. Finita (e forse mai iniziata) l'epoca in cui il futuro era sinonimo di promessa, sogno, riscatto, successo, ora ci si rassegna a una vita all'insegna della monotonia, della precarietà e della disillusione".

Meno di zero. Clic139 è pronta a ogni tipo di difficoltà. Ma si preoccupa per il fatto che queste, con molta probabilità, pure se affrontate con la dovuta attenzione non le permetteranno lo stesso di conquistarsi qualcosa per sé. "Vivo in una piccola realtà provinciale - scrive la studentessa - motivo per cui sarò costretta già dall'anno prossimo a studiare fuori regione. Mi rendo certamente conto che allontanarsi da casa (nonostante comporti, soprattutto i primi tempi, una sensazione di sradicamento) sia necessario, soprattutto per una personale crescita e maturazione, perché confrontarsi con giovani provenienti da realtà talvolta completamente diverse è un'occasione d'oro per ampliare le proprie vedute. Ma è la paura a rendere questo mio progetto, analogo a quello di moltissimi altri studenti, 'tendente al grigio': la paura di fare sacrifici, di dare il massimo e ricevere meno di zero, di finire nelle file dei tanti "professionisti della precarietà" di cui oggi tanto si parla".

Guadagnarsi il futuro. Poi c'è Cobaltina. Proprio nelle manifestazioni la studentessa ha trovato invece un punto da cui ripartire. "Allora cosa fare? Manifestare il disagio, con la seria convinzione che qualcosa cambierà se chi vive sulla propria pelle il peso del futuro si scuote dal torpore. Questa era l'aria che si respirava questa mattina, tantissimi ragazzi con mille speranze, tutti indirizzati verso un futuro ignoto, che maturavano passo dopo passo la certezza che bisogna avere forza e profonda convinzione per portare avanti i nostri ideali, il nostro bisogno di futuro, ma non di un futuro certo e sicuro, sarebbe troppo facile, vogliamo un futuro per cui sudare, ma esigiamo anche la possibilità di guadagnarcelo".

LA QUARTA TAPPA. Gli studenti di Repubblica Scuola si sono misurati anche sul tema dell'emergenza freddo e su quello del viaggio. Ad aggiudicarsi la quarta tappa sono stati, in questo caso, Tamara Principe 4 del Liceo Classico Giulio Cesare di Rimini. Nell'articolo ("Un viaggio di sola andata") ha raccontato il suo addio alla Svizzera in cui aveva vissuto la prima infanzia. "Era un'afosa giornata di agosto - così scrive Tamara - i vestiti si attaccavano alla pelle privandola del suo respiro. Ero triste, trattenevo a stento le lacrime e pensavo a quanti ricordi mi lasciavo alle spalle. Avrei voluto urlare: questo viaggio di sola andata 'non s'ha da farè ma non potevo, ero troppo piccola per oppormi al consenso 'supremo' dei genitori. Loro avevano deciso così: lasciamo la Svizzera e iniziamo una nuova vita nella nostra adorata Italia. E io? A me nessuno aveva mai chiesto il parere, non volevano sentire i miei capricci".

Fatima Bensabeur 5, studentessa della De Gasperi di Trento, si è invece aggiudicata il premio per la categoria delle medie inferiori. Fatima ha affrontato il tema dell'allarme neve e ha puntato il dito sull'inadeguatezza degli interventi di aiuto. "Ed i soccorsi dove sono? Dovrebbero intervenire prima che il disastro diventi una 'strage' di senzatetto e di automobilisti bloccati nelle autostrade! Sos neve: Se non possiamo avere un clima migliore, almeno che i soccorsi lo siano."

(26 gennaio 2011)

 

 

2011-01-26

LO STUDIO

Meno iscritti e laureati, prof in fuga

E dal governo più tagli all'università

I risultati del check-up annuale del Comitato di Valutazione sugli atenei: "Diminuiti corsi di studio e docenti, ma senza programmazione". Gli studenti che proseguono sono sotto la soglia del 50%. Irrilevante il numero degli alloggi di MANUEL MASSIMO

Meno iscritti e laureati, prof in fuga E dal governo più tagli all'università

La conferma arriva dal check-up annuale sullo stato di salute degli atenei italiani realizzato dal Cnvsu (Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario): l'università - soprattutto quella statale - sembra andare alla deriva e occorre un cambio di passo per poterne risollevare le sorti. I dati contenuti nell'Undicesimo Rapporto presentato oggi al Miur non lasciano adito a dubbi: nell'a. a. 2009/2010 si registra un calo degli immatricolati, una diminuzione degli iscritti e una riduzione dei laureati rispetto all'anno precedente. Un trend negativo, questo, che va a braccetto con il taglio degli interventi per il diritto allo studio: nel 2010 i fondi impiegati per l'erogazione delle borse di studio hanno subito una contrazione del 60% portando il fondo integrativo, di fatto, ai livelli di dieci anni fa.

Quale strategia? Il presidente del Cnvsu Luigi Biggeri, alla luce di queste cifre, sottolinea la necessità di operare una razionalizzazione del numero dei docenti e dei corsi di studio, di approntare una strategia condivisa e di ampio respiro: "L'Università ha operato sì una diminuzione dei corsi di studio e dei docenti negli ultimi anni, ma l'analisi d'insieme segnala che ciò è avvenuto in assenza di una reale e appropriata programmazione capace di tenere in considerazione il vero fabbisogno informativo e di ricerca". Programmare, dunque, per tempo accessi e concorsi per evitare vere e proprie "emorragie" di docenti. Un esempio concreto rende bene l'idea: entro il 2015, come

si evince dal Rapporto, usciranno dall'Università - per raggiunti limiti d'età - circa il 32% dei professori ordinari delle aree di Scienze Fisiche, Ingegneria Civile e Architettura.

Dove vanno le matricole? I diplomati che decidono di proseguire gli studi sono in lieve calo: i dati provvisori del 2009/2010 parlano del 65,7% (-0,3% rispetto all'a. a precedente), cifra comunque lontanissima rispetto al 74,5% che si registrava nel 2002/2003. Ma ponendo l'attenzione su chi ha fatto un percorso di studi regolare, cioè i maturi diciannovenni, ci si accorge che l'università italiana li attrae sempre meno: negli anni 2003-2006 la cifra era attestata al 56%, nel 2007/2008 scendeva al 50,8% e nel 2009/2010 crolla sotto la "soglia psicologica" del 50% arrivando ad appena 47,7%. Negli ultimi otto anni le matricole sono calate drasticamente: da oltre 338mila nel 2003/2004 a 293.179 nel 2009/2010.

Im-mobilità internazionale. I programmi di scambio culturale attivati dagli atenei italiani, sia in ambito europeo che extra-europeo, registrano alcune note positive in un contesto, però, complessivamente piuttosto asfittico. Se è vero che nell'a. a. 2008/2009 sono aumentati i flussi "in" e "out" - vale a dire quelli relativi agli studenti stranieri che trascorrono un periodo di studio nel nostro paese e viceversa - bisogna evidenziare che soltanto 4 iscritti su 100 al biennio di laurea specialistica si recano all'estero, percentuale che crolla all'1% tra gli iscritti alla triennale.

C'è borsa e borsa. I fondi per le borse di studio sono diminuiti drasticamente (del 60% nel 2010 rispetto ai 246 milioni di euro nel 2009, ndr) e gli importi minimi delle borse di studio per l'a. a 2010/2011 sono stati pari a 4.701 euro per i fuorisede, 2.590 per i pendolari e 1.770 per gli studenti in sede. Non tutti gli idonei, però, ricevono il sussidio: la media nazionale è pari all'81,8%, con grandi differenze geografiche. In regioni del Centro-Nord come Veneto (88,4%) e Marche (88,5%) la quasi totalità degli aventi diritto ottiene la borsa. Nel Mezzogiorno, invece, i valori medi di copertura sono appena superiori al 60%: dal minimo del Molise (42,8%) al massimo della Sardegna (85,7%). Una spiegazione risiede nel fatto che proprio in queste regioni si concentra la maggior percentuale di idonei per reddito: ben il 44,5% del totale.

Alloggi col lanternino. Alla fine del 2009 i posti-alloggio messi a disposizione da parte degli Enti per il diritto allo studio sono quasi 38mila: un numero che è cresciuto negli ultimi anni, sicuramente anche per effetto del cofinanziamento ministeriale al 50% del costo delle nuove costruzioni. Tuttavia - come sottolinea il Cnvsu - rapportando gli alloggi disponibili al numero degli idonei alla borsa di studio, i dati evidenziano che in Italia appena il 22% degli aventi diritto ha ottenuto un posto-alloggio nell'a. a. 2008/2009. Una percentuale che scende drasticamente al 2,1% se si rapporta il numero dei posti disponibili al totale degli iscritti.

(26 gennaio 2011

 

 

2011-01-25

IL PROGETTO

Occupazione giovanile, piano del governo

"Lavoro manuale, umiltà e contributi volontari"

Presentate dai ministri Sacconi, Gelmini e Meloni una serie di azioni per promuovere l'inserimento dei giovani. Rilancio del contratto di apprendistato, istituzione di 58 istituti tecnici superiori, curricula on line dei laureati nelle università, potenziamento del Sistema Excelsior di ROSARIA AMATO

Occupazione giovanile, piano del governo "Lavoro manuale, umiltà e contributi volontari" I ministri Gelmini, Meloni e Sacconi

ROMA - I giovani rischiano di andare in pensione con un'indennità da fame? I genitori la smettano di regalare auto ai figli laureati, e ai neodottori offrano piuttosto il riscatto dei contributi relativi agli anni dell'università. Il corso di laurea intrapreso è sbagliato rispetto alle esigenze del mercato, il ragazzo non trova lavoro? Accetti un contratto d'apprendistato e impari un mestiere. Soprattutto, sia umile: i giovani italiani soffrono di "inattitudine all'umiltà", afferma il ministro della Gioventù Giorgia Meloni (che però generosamente precisa che non bisogna mai generalizzare). Sono alcuni degli elementi del "Piano di azione per l'occupabilità dei giovani" presentato a Palazzo Chigi dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Maurizio Sacconi, dal ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini e dal ministro Meloni.

Il piano, ha spiegato Sacconi, che conta su risorse per circa un miliardo, di cui circa un quarto a carico del Fondo Sociale Europeo, ruota intorno al superamento del disallineamento tra scuola e università e mondo del lavoro, alla valorizzazione del contratto di apprendistato come strumento privilegiato d'ingresso nel mondo del lavoro, e del lavoro manuale come sbocco possibile per tutti i giovani disoccupati, laureati compresi. "C'è un pezzo di Paese che quando parli di lavoro manuale non capisce - ha osservato il ministro - ma per fortuna capisce la società". A lungo termine l'obiettivo, ha aggiunto però il ministro

Meloni, è molto più ambizioso: "Occorre scardinare il sistema Italia, fare una rivoluzione culturale che sia in grado di tirarci fuori dal '68, abbattere i privilegi acquisiti e adeguare la società al mercato del lavoro che cambia".

A proposito di adeguamenti, il ministro Sacconi ha confermato, rispondendo a una domanda a margine della conferenza stampa, che non vi sarà alcuna proroga a favore dei precari che avevano la possibilità di impugnare fino al 23 gennaio 1 il contratto di lavoro scaduto, contestando il licenziamento ingiusto o altre violazioni di legge. E ha confermato che andrà avanti con lo "Statuto dei lavori": "L'idea di un nuovo Statuto dei lavori è fare in modo che le parti possano adattare una parte delle norme dello Statuto dei lavoratori, quelle che non riguardano diritti universali e fondamentali, alle diverse condizioni di impresa di territorio o di settore".

Per favorire l'allineamento tra domanda e offerta di lavoro, il ministero del Welfare potenzierà il Sistema Informativo Excelsior, realizzato in collaborazione con Unioncamere, pubblicando non più ogni anno ma ogni tre mesi, e su base provinciale, "le principali tendenze delle professioni richieste dal mercato del lavoro". La diffusione di queste informazioni, ha ribadito il ministro Meloni, è quello di orientare al meglio il percorso di studi: "Se si dicesse a ogni studente che intende iscriversi a giurisprudenza che per gli avvocati il tasso di disoccupazione è al 30%, e chi lavora guadagna 900 euro al mese, mentre per gli infermieri il tasso di disoccupazione è zero, e lo stipendio di 1600 euro, probabilmente inciderebbe sulle scelte".

Ma ancora, secondo il governo, l'alto tasso di disoccupazione giovanile è dovuto soprattutto al fatto che nel mercato non si trovano le professionalità richieste dalle aziende, che sono eminentemente manuali, tecniche e di alta tecnologia. "C'è un atteggiamento talvolta passivo o distratto da parte delle nuove generazioni", scrive il ministro Meloni nella prefazione dell'opuscolo "Buon lavoro", distribuito dal ministero della Gioventù per far conoscere agli aspiranti lavoratori contratti e diritti. In questa direzione va pertanto, ha detto il ministro Gelmini, l'istituzione di 58 istituti tecnici superiori, che verranno denominati "Scuole speciali di tecnologia" e avranno il compito di formare super-tecnici nelle aree tecnologiche del piano di intervento Industria 2015: si tratta di un progetto al quale hanno aderito 16 Regioni.

Ancora, per favorire l'incontro tra domanda e offerta Meloni ha annunciato l'iniziativa "Campus Mentis", riservata ai 20.000 migliori laureati delle università pubbliche italiane, con l'obiettivo di metterli a contatto per una settimana con le aziende interessate ad assumere (la prima edizione dell'iniziativa, ancora sperimentale, riservata a 600 laureati, ha assicurato il ministro, ha permesso al 77% dei partecipanti di trovare lavoro entro un anno). Inoltre a tutte le università verrà chiesto di pubblicare sul loro sito i curricula dei neolaureti e di tenerli on line per almeno un anno.

Tra le iniziative ci sono anche la promozione degli stage, un bonus di 5000 euro per le aziende che assumano un giovane disoccupato con meno di 35 anni e figli a carico, la promozione d'iniziative a favore dell'"autoimprenditorialità". Si pensa poi di anticipare il tirocinio professionale agli ultimi anni di università. Annunciato inoltre "il potenziamento qualitativo delle ispezioni del lavoro anche nell'ottica del contrasto al sommerso giovanile", e azioni di "promozione della cultura della previdenza e della sicurezza sul lavoro nelle scuole". In particolare, viene istituito il primo appuntamento annuale "Un giorno per il futuro", che si realizzerà in tutte le scuole italiane il 20 maggio. Servirà, ha spiegato Sacconi, a sensibilizzare i giovani sul tema delle pensioni: l'Inps metterà a breve a disposizione una sorta di 'conto corrente' dei contributi, che anche i neolavoratori potranno consultare per capire a che punto è la loro situazione. Certo, non per sapere quale sarà l'ammontare della loro pensione perché, ha ammesso il ministro, ormai è impossibile vista l'evoluzione della normativa e del mercato.

(25 gennaio 2011)

 

 

 

 

LA POLEMICA

Niente storia, italiano e solo Nord

ecco l'università della Gelmini

Solo scienziati e università settentrionali nell'agenzia che valuta gli atenei e che deciderà sugli stanziamenti. La protesta di filosofi, storici, studiosi di letteratura e dei docenti del Mezzogiorno. "Una parte importante della ricerca rischia di vedersi ridurre i finanziamenti" di SIMONETTA FIORI

Le discipline umanistiche? Non esistono per il governo italiano. Non esiste la storia. Non esiste l'italianistica. Non esiste lo studio dell'arte e dell'archeologia. Non esistono la filosofia né l'estetica. Non esiste, in sostanza, quella tradizione di saperi che conserva il patrimonio e la memoria di un paese. Dal consiglio direttivo dell'Anvur (l'agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), nominato dal Consiglio dei ministri, sono stati esclusi gli studiosi delle scienze umanistiche. Ed è stato escluso l'intero Mezzogiorno, nel senso che non vi figura nessun rappresentante delle facoltà collocate a Sud di Roma.

All'agenzia spetta un compito fondamentale: giudicare la qualità degli atenei e degli enti di ricerca. Dalle valutazioni discendono i finanziamenti che premiano i risultati migliori. Per questa ragione l'esclusione dell'area umanistica solleva allarme e preoccupazione nella comunità intellettuale. E diventa anche un caso politico. "Ora che finalmente l'Agenzia viene attivata", ha dichiarato Luigi Zanda, vicepresidente del gruppo del Partito Democratico a Palazzo Madama, "il governo ricade nella cattiva abitudine di dividere la cultura tra discipline buone e discipline cattive, e le Università tra quelle del Nord e quelle del Sud". Uno squilibrio che non ha turbato i sonni di Giulio Tremonti, secondo alcuni preoccupato solo di analizzare il colore politico dei consiglieri: ma la sua "furibonda" telefonata alla Gelmini è stata smentita dal Miur. Mentre

Paola Binetti mugugna per la nomina dell'illustre genetista, del quale non gradisce il genere di ricerche. "Sono uno scienziato, non un agitatore politico", è la replica di Giuseppe Novelli.

Centrale rimane la questione dell'esclusione delle scienze umane e del Mezzogiorno. "Sbalordito" e "deluso" si dice Salvatore Settis, che fa parte del comitato che aveva proposto una rosa di quindici candidature al ministro Gelmini, la quale poi ha selezionato sette nomi rappresentativi delle varie aree disciplinari, ma non delle scienze umane. "Non riesco a comprendere le ragioni dell'esclusione", interviene lo studioso. "Abbiamo lavorato con serietà e rigore, mettendo in gioco la nostra esperienza internazionale e le nostre competenze. E ora vediamo che sono state tagliate fuori le scienze umane e l'intero Mezzogiorno". Nella rosa dei sette nomi approvati, compaiono due economisti (Fiorella Kostoris e Andrea Bonaccorsi), una sociologa (Luisa Ribolzi), un genetista (Novelli), un veterinario (Massimo Castagnaro), un fisico (Stefano Fantoni) e un ingegnere (Sergio Benedetto): in sostanza le scienze sociali (in larga rappresentanza), le scienze biomediche e le scienze fisiche. "È evidente la sproporzione", continua Settis, che nel suo comitato era l'unico rappresentante delle discipline escluse. In una lettera alla Gelmini ha chiesto che al più presto sia posto rimedio allo squilibrio.

Identiche perplessità provengono da Enrico Decleva, storico dell'età contemporanea e presidente della Conferenza dei Rettori. "Colpisce l'assenza delle discipline umanistiche. E colpisce anche la mancanza delle università del Mezzogiorno. Ma confido nel fatto che il governo provveda ad ampliare il consiglio direttivo".

In fermento è la comunità degli studiosi che operano nelle Facoltà di Lettere e Filosofia, le più penalizzare dalla scelta del ministro. "Il rischio è che alle nostre discipline vengano trasferiti parametri di valutazione che hanno senso solo in campo scientifico", interviene Amedeo Quondam, presidente degli italianisti. In un documento firmato dalle diverse associazioni - oltre gli italianisti, gli slavisti, i latinisti, gli storici dell'arte, i filosofi, gli studiosi di estetica, gli anglisti, gli storici dell'età medievale, moderna e contemporanea, la conferenza dei presidi di Lettere e Filosofia - si chiede che nel consiglio direttivo dell'Anvur "ci sia una rappresentanza qualificata dell'area umanistica" tenendo conto del fatto "che questo ampio settore ha da tempo elaborato una condivisa cultura della valutazione, in grado di tenere conto con equilibrio di quanto lo rende omogeneo a tutti gli altri settori e di quanto invece lo distingue". Valutarlo secondo criteri sbagliati, in sostanza, porterebbe danno alla memoria e al patrimonio di un paese già in forte crisi di identità.

(25 gennaio 2011)

 

 

 

2011-01-24

IL CASO

L'inghippo sugli stipendi dei prof

solo una parte prenderà gli aumenti

Ministero e parte dei sindacati avevano assicurato che gli scatti, bloccati dalla manovra, erano stati reintegrati. Ma ora, guardando le buste paga, per circa 400mila, questo avverrà con tre anni di ritardo. E parte l'allarme di SALVO INTRAVAIA

L'inghippo sugli stipendi dei prof solo una parte prenderà gli aumenti

Sorpresa amara in busta-paga per 300 mila docenti e 70 mila non docenti della scuola. Nel prospetto dello stipendio di gennaio, nonostante le rassicurazioni di parecchi sindacati e dello stesso governo, migliaia di insegnanti, bidelli e personale di segreteria scoprono che per ottenere il prossimo scatto di stipendio dovranno attendere otto anni, non più sei come stabilito dal contratto. Una enormità se si considera che il contratto della scuola è scaduto a fine 2009 e che nel frattempo il costo della vita crescerà almeno di 15 punti.

La notizia circola da diversi giorni in alcuni siti specializzati. Al momento, i più cauti battezzano la questione come semplice "giallo sugli scatti". Ma basta confrontare i prospetti di dicembre e gennaio inviati dal ministero dell'Economia agli interessati per comprendere la portata del blocco degli scatti, che alcuni sindacati giurano di avere disinnescato. Per comprendere la questione occorre fare un passo indietro, ritornando al mese di giugno del 2010, quando il governo sotto i colpi della crisi economica mondiale e della speculazione internazionale vara una megamanovra finanziaria da 25 miliardi.

In un primo momento, gli stipendi degli insegnanti vengono colpiti in tre modi: congelamento del rinnovo del contratto, già scaduto il 31 dicembre del 2009; blocco per un triennio degli scatti stipendiali automatici previsti dal contratto vigente e dirottamento della quota di risparmi destinata al merito per coprire debiti del governo nei confronti delle scuole. Di fronte

ad una simile batosta, opposizioni e sindacati alzano la voce e dopo diverse manifestazioni di piazza e una complessa trattativa con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, Cisl e Uil scuola e Snals strappano un impegno: il blocco degli scatti automatici viene scongiurato e saranno coperti con la quota di risparmi destinata al merito. Le scuole che vantano crediti nei confronti del ministero faranno come hanno fatto finora: si arrangeranno.

Ma, come sarebbe stato più logico fare, al momento di convertire in legge il decreto sulla manovra il Parlamento non cancella il famigerato comma 23 dell'articolo 9, che blocca gli scatti per il 2010, 2011 e 2012. Preferisce invece aggiungere a tre diversi articoli altri tre commi che solo letti insieme e con notevole sforzo interpretativo riconsegnano gli scatti a coloro che avrebbero dovuto percepirli nel 2010, 2011 e 2012. E, a riprova che "il pericolo è superato", pochi giorni fa arriva il decreto di Tremonti che assegna i fondi per il 2010. Lasciando intendere che una soluzione analoga sarebbe stata adottata anche per il 2011 e per l'anno successivo.

Ma la verità sembra un'altra: coloro che hanno ricevuto lo scatto di stipendio nel 2010, nel 2009 e nel 2008 restano fregati. Roberta è una insegnante di scuola dell'infanzia che ha ricevuto l'aumento di stipendio a settembre dello scorso anno e fino alla busta-paga del mese di dicembre il suo cedolino indicava il successivo scatto, pari a 2 mila euro l'anno circa, per il 2016. Ma nel prospetto del mese di gennaio, a sorpresa, scopre di "scattare" nel 2018: due anni dopo. Dovrà in sostanza attendere ben otto anni prima di ricevere un aumento di stipendio pari a 100 euro al mese netti.

Il conteggio effettuato da Osvaldo Roman, uno che se ne intende di questioni scolastiche, spiega che tutti i docenti con nove anni di anzianità di servizio perderanno 25 mila euro fino a fine carriera. Saranno un po' più fortunati coloro che devono rimanere in cattedra per meno tempo: da 18 mila euro a 4 mila per coloro che hanno 35 anni di servizio. Del resto, non è un segreto che con questa manovra sugli stipendi di docenti e Ata il governo intendeva racimolare un bel gruzzolo: 18 miliardi di euro con effetti fino al 2050, come si legge nella relazione tecnica allegata alla manovra.

(24 gennaio 2011)

 

 

 

2011-01-22

IL CASO

Aule-pollaio, sì alla class action

il Tar dà ragione alle famiglie

Il Tribunale amministrativo ammette la prima azione di questo genere contro la pubblica amministrazione. Con il taglio di 87mila cattedere molte scuole esplodono. E ora il ministero deve rispondere e prendere misure. Gelmini: "Ricorso infondato" di SALVO INTRAVAIA

Aule-pollaio, sì alla class action il Tar dà ragione alle famiglie

Il Tar del Lazio accoglie la prima class action italiana contro la Pubblica amministrazione: quella sulle cosiddette classi-pollaio. Ad annunciarlo è il Codacons, che l'anno scorso aveva promosso l'azione collettiva contro il ministero dell'Istruzione. Negli ultimi anni, anche a causa dell'aumento del numero degli alunni per classe deciso dal governo per tagliare 87 mila cattedre in tre anni, le classi si sono gradatamente riempite. Oggi, nonostante diverse normative italiane lo vietino espressamente, non è difficile trovare classi anche con 34/35 alunni, specialmente nei primi anni dei licei.

Per il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, il ricorso presentato al Tar del Lazio "è destituito di qualsiasi fondamento perché le classi con un numero di alunni pari o superiore a 30 sono appena lo 0,4% del totale". "Il sovraffollamento riguarda prevalentemente - aggiunge nel commentare la sentenza - la scuola secondaria di II grado e si lega soprattutto alle scelte e alle preferenze delle famiglie per alcuni istituti e sezioni". Il ministro assicura quindi che la questione della sicurezza e dell'edilizia scolastica "è da sempre una delle priorità del ministero" e precisa che "è già stato stanziato un miliardo di euro e assegnata una prima tranche di 358 milioni per avviare gli interventi più urgenti".

Il Codacons, per supportare il ricorso al Tar ha raccolto in un apposito elenco depositato ai giudici alcune classi nelle quali il numero di alunni supera

i limiti fissati dalla legge, "con grave danno - si legge in una nota dell'associazione dei consumatori - per la sicurezza di studenti e insegnanti". "Dal punto di vista della giurisdizione - spiega il comunicato - il Tar ritiene immediatamente applicabile la legge sulla class action contro le amministrazioni pubbliche, e legittima il Codacons ad agire in nome e per conto dei cittadini danneggiati dalla pubblica amministrazione".

Secondo quanto riferisce l'associazione, la sezione Terza bis del Tar del Lazio, presieduta da Evasio Speranza, scrive: "Sono in primo luogo da sciogliersi i dubbi circa i profili di ammissibilità dell'azione", in quanto "trattasi di uno strumento di tutela aggiuntivo rispetto a quelli previsti dal codice del processo, azionabile da singoli titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori".

Il pronunciamento, proprio alla vigilia della definizione degli organici per il prossimo anno scolastico, potrebbe mettere nei guai il ministero dell'Istruzione. Operazione, nella quale la mannaia della coppia Tremonti-Gelmini dovrebbe tagliare le "ultime" 20 mila cattedre e 15 mila posti di personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario). Anche perché "il ministro Gelmini dovrà emettere un piano in grado di rendere sicure le aule scolastiche" ed evitare classi-pollaio, spiegano dal Codacons. Ma potrebbe dare una boccata di respiro agli insegnanti che faticano ogni giorno di più a tenere a bada classi sempre più numerose.

(21 gennaio 2011)

 

 

 

IL CASO

Riforma atenei, nuove regole per i prof

Il Pd: "Ci risiamo, solo annunci"

Il governo vara il regolamento "per porre fine ai concorsi truccati". Introdotta l'abilitazione nazionale. "regole più stringenti per scongiurare accordi sottobanco". Nominati i membri dell'Agenzia di Valutazione di MANUEL MASSIMO

Riforma atenei, nuove regole per i prof Il Pd: "Ci risiamo, solo annunci"

Nuove regole per il reclutamento dei docenti universitari e nomina - in via preliminare - dei componenti del Consiglio Direttivo dell'Anvur (l'Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca). Questi i primi due provvedimenti "operativi" licenziati dal Consiglio dei Ministri di stamattina, il primo "utile" dopo la pausa natalizia: "Per far sì che la Riforma venga messa a regime subito", sottolineano dal Miur. In particolare il decreto attuativo sul reclutamento dei docenti - considerato il più urgente - arriva ben prima del limite dei 90 giorni di tempo previsto e introduce un sistema del tutto nuovo per la scelta dei professori, sulla carta a prova di "trucco".

I nuovi concorsi. "Il regolamento pone fine ai concorsi truccati e introduce l'abilitazione nazionale secondo criteri meritocratici e di trasparenza, i principi cardine del ddl Gelmini che vuole così colpire baronie, privilegi e sprechi". L'annuncio del Miur, piuttosto enfatico, certifica che - al momento - un discreto numero di chi siede in cattedra forse non dovrebbe starci. E così questo nuovo decreto rappresenterebbe la panacea di tutti i mali, per liberare finalmente l'università dai problemi che la affliggono. Un ritornello già sentito in passato: si rischia di ricadere nella politica degli annunci e dei buoni propositi di inizio anno.

Critiche dal Pd. La deputata Manuela Ghizzoni, capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera,

non usa mezzi termini e ritiene che il ministro abbia quantomeno sovrastimato la portata di questo nuovo provvedimento: "Per il bene delle università servono meno annunci e maggior impegno per un confronto costruttivo. Ci auguriamo che questo accada nei due decreti ministeriali che dovranno completare il nuovo sistema di reclutamento, sempre ammesso che questo modo di legiferare a scatole cinesi non paralizzi tutto il sistema".

Abilitazione nazionale. La principale novità contenuta nel decreto riguarda l'abilitazione scientifica nazionale che diventerà la condizione indispensabile per poter accedere al ruolo di professore associato o ordinario "attribuita da una commissione nazionale sulla base di specifici parametri di qualità". Un primo step cui seguiranno le selezioni bandite dalle singole università: a queste prove potranno accedere solo gli abilitati. Per entrare a regime, però, il nuovo sistema di reclutamento dovrà attendere due nuovi decreti: un primo, che dimezzerà i settori concorsuali (portandoli da 370 a 190); e un secondo che specificherà - all'interno di ciascuna area disciplinare - i requisiti di qualificazione scientifica richiesti sia ai commissari che ai candidati per l'abilitazione.

Tempistica e commissioni. Le procedure di abilitazione dovranno rispettare un calendario piuttosto rigido: saranno bandite inderogabilmente ogni anno nel mese di ottobre e si concluderanno cinque mesi dopo (a marzo dell'anno successivo, ndr); l'abilitazione avrà una durata quadriennale. Dal Ministero sottolineano che le nuove commissioni di abilitazione nazionale saranno "autorevoli" e composte da "cinque studiosi di elevata qualificazione scientifica di cui, per la prima volta, uno straniero o italiano attivo all'estero". Con regole più stringenti per scongiurare accordi sottobanco e favori incrociati tra commissari: abolizione della loro elezione e sorteggio tra coloro che presentano un curriculum scientifico di qualità.

L'Anvur che verrà. L'Anvur, l'agenzia che andrà a sostituire il Civr e il Cnvsu assorbendone le funzioni, ha ricevuto proprio oggi l'imprimatur dal Consiglio dei Ministri che ha approvato in via preliminare la nomina dei componenti del Consiglio Direttivo: una rosa di sette commissari che verrà ufficializzata dal Capo dello Stato dopo aver ricevuto il gradimento delle commissioni parlamentari. Due le donne: la professoressa Fiorella Kostoris, economista della Sapienza di Roma e già membro del Civr; e la sociologa dell'educazione Luisa Ribolzi, ordinario presso l'università di Genova. Gli altri cinque nominati sono: l'esperto di Telecomunicazioni Sergio Benedetto, ordinario al Politecnico di Torino; l'economista Andrea Bonaccorsi, ordinario a Pisa; l'anatomopatologo veterinario Massimo Castagnaro, ordinario che insegna a Padova ed è membro del Consiglio Superiore di Sanità; il fisico nucleare Stefano Fantoni, già direttore della Sissa di Trieste; infine il genetista Giuseppe Novelli, professore ordinario e preside della facoltà di Medicina e Chirurgia presso l'Università di Roma "Tor Vergata"

(21 gennaio 2011)

 

 

IL DOCUMENTO

Atenei, ora arriva la stangata

Ecco tutti i tagli della Gelmini

La Cgil ha sommato tutte le voci che tolgono fondi all'Università, dal 2008 in poi. Lo Stato sposterà finanziamenti per il 12,95% in meno. Poi non c'è più traccia delle risorse aggiuntive mentre la riforma prevede più spese a cui far fronte. E si dimezzano i fondi per alloggi, borse di studio, sport di MANUEL MASSIMO

Atenei, ora arriva la stangata Ecco tutti i tagli della Gelmini

Nel mare magnum delle cifre e delle voci di spesa, parlare genericamente di tagli al sistema universitario senza "quantificare" non aiuta a comprendere la dimensione del fenomeno. Per fare chiarezza la Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil, calcolatrice alla mano, ha ricostruito analiticamente tutti i tagli subiti dall'università dal 2008 al 2010 e ha fatto una proiezione per il triennio 2011-2013: ne emerge un quadro preoccupante in cui i dati parlano da soli. Nel documento del sindacato il 2011 è indicato come punto-di-non-ritorno verso un baratro finanziario che metterà in ginocchio il sistema: "Terminato l'effetto degli stanziamenti triennali del 2008 (598 milioni di euro) e del 2010 (998 milioni di euro), il sistema universitario dal 2011 deve fare i conti con gli ulteriori tagli lineari del 10% (circa 700 milioni di euro) previsti dalla legge di stabilità. Al di là dei proclami della Gelmini, è il prossimo triennio quello su cui la scure scenderà ancora più pesantemente sulle università".

FFO, tagli e ritagli. Il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), la principale fonte di entrata per le università statali, rappresenta la somma delle risorse stanziate dallo Stato ogni anno per il funzionamento del sistema accademico. Partendo dai 7,41 miliardi di euro del 2008 si arriverà ai 6,45 miliardi del 2013: un taglio netto del 12,95%, pari a circa 960 milioni di euro. Da notare, inoltre, che nel triennio appena trascorso (2008-2010) l'FFO effettivamente

assegnato è stato sempre inferiore a quello preventivato sulla carta (rispettivamente con riduzioni dell'1,75%, del 2,89% e del 2,97%), dunque la stima fatta dalla Flc Cgil è da considerare al ribasso.

Risorse aggiuntive? No grazie. Nel corso del triennio 2008-2010 sono confluite nell'FFO anche alcune risorse aggiuntive con vincoli di destinazione: 24 milioni di euro per gli assegni di ricerca, 1,65 miliardi di euro per il personale e la spesa corrente, 120 milioni di euro per i dottorati di ricerca; solo per il 2010, infine, un incremento una tantum di 400 milioni di euro per l'FFO. Ma di queste risorse aggiuntive, a partire da quest'anno, non c'è più traccia: in mancanza di manovre correttive ad hoc il taglio del Fondo rispetto al 2008 sarà dell'11,31% nel 2011, del 12,40% nel 2012 e del 12,95% nel 2013.

Università anno zero. La Flc Cgil sottolinea il cronico sottofinanziamento del sistema accademico, alle prese con spese crescenti e capitali sempre meno sostanziosi: "Nonostante il modesto apporto di risorse previsto, in extremis, dalla legge di stabilità i totali dell'FFO per il 2011, 2012 e 2013 mostrano valori significativamente inferiori a quello del 2010. Peraltro, oltre ai tagli subiti, gli atenei con queste risorse dovranno onorare le finalizzazioni previste dalla legge di finanziamento (costo delle chiamate dei professori di seconda fascia), nonché i costi derivanti dall'attuazione della riforma universitaria appena varata (11 milioni di euro per l'adeguamento del trattamento economico dei ricercatori e 3,5 milioni di euro per gli assegni di ricerca)".

Servizi a mezzo servizio. Le altre principali voci di spesa extra FFO vanno a finanziare principalmente i servizi destinati agli studenti ma anche i piani strategici di sviluppo delle università. Su questo versante i tagli operati a partire dal 2008 porteranno, di fatto, a un dimezzamento delle risorse nel 2013 per quanto riguarda i Centri Universitari Sportivi (da 11,19 a 5,36 milioni di euro, pari a -52,03%), l'allocazione prevista per il Piano triennale passerà da 92,27 a 44,77 milioni di euro (con un taglio netto di 47,5 milioni, pari a -51,80%), il Diritto allo studio sarà tagliato del 49,09% (passando da 151,98 a 77,37 milioni di euro). Fortemente ridimensionata, specie a partire da quest'anno, anche la quota di risorse destinata alle residenze studentesche: se nel 2008 l'importo destinato agli alloggi per gli studenti era di 31,33 milioni, nel triennio 2011-2013 la cifra che si potrà mettere a bilancio sarà di appena 18,66 milioni di euro all'anno (vale a dire -40,44%).

(20 gennaio 2011)

 

 

 

IL CASO

Statale, l'ultima infornata di parenti

nominati due figli di medici illustri

Il provvedimento in extremis: lunedì prossimo scatterà lo stop introdotto con la riforma Gelmini

Nel mirino le decisioni che riguardano Lorenzo Moja, figlio di Egidio, e Piero Montorsi, di Walter

di LAURA ASNAGHI

Statale, l'ultima infornata di parenti nominati due figli di medici illustri

Conto alla rovescia per la riforma Gelmini. Dal 29 gennaio entra in vigore la nuova legge che regola la vita dell’università e che mette al bando la "parentopoli" tra professori. E in vista di questa scadenza anche Milano corre ai ripari e regolarizza le ultime nomine che, dopo il 29, sarebbero immediatamente bollate come "fuori legge". "È il rush finale di Parentopoli — spiega un sindacalista che preferisce rimanere anonimo — un fenomeno che tocca tutti gli atenei, compreso quello della Statale di Milano".

A scatenare la polemica è la convocazione urgente del consiglio della facoltà di medicina dell’Università Statale, che si terrà lunedì pomeriggio nell’aula magna di via Festa del Perdono. Fra gli argomenti all’ordine del giorno, la nomina di quei ricercatori o medici che sono risultati idonei ai concorsi. E in questa tornata spiccano alcuni nomi di "figli di" o "fratelli di" cattedratici che già occupano posizioni di rilievo all’interno della facoltà.

Il sindacalista cita due casi di "persone sicuramente preparate e capaci ma che dopo il 29 gennaio non potrebbero essere più nominate alla Statale, per motivi di parentela". Si tratta di Lorenzo Moja, risultato vincitore per un posto di ricercatore in Igiene generale, medico dal brillante curriculum, figlio di Egidio Moja, professore di Psicologia clinica della Statale. L’altro caso riguarda Piero Montorsi, specialista in malattie cardiovascolari, figlio di Walter, il grande maestro della chirurgia scomparso a 87 anni e fratello di Marco, famoso chirurgo e anche lui con importante incarico alla Statale.

"Nessuno mette in discussione l’alto profilo di questi medici — spiega il sindacalista — ma una cosa è certa. Se le nomine non vengono fatte per tempo, la Statale si trova poi con le mani legate dalla legge Gelmini". Una legge molto discussa ma che su "parentopoli" è stata molto precisa. Visto che in molti atenei italiani si verificavano spesso casi di intere famiglie che monopolizzavano cattedre nelle stesso ateneo, per interrompere questa catena la Gelmini ha stabilito che d’ora in poi "non possono esserci più casi di parentela, che si estendono al quarto grado diretto e non, tra docenti che lavorano nello stesso ateneo".

Questo significa che figli, mogli ma anche cognati o nuore o generi non possono lavorare nella stessa università. "D’ora in poi — ricorda il sindacalista — non si possono più fare carriere di famiglia nello stesso solco universitario. Ognuno dovrà trovare strade diverse, dimostrando così che anche lontano da un padre di gran fama o di un fratello o di una sorella celebri, sono in grado di raggiungere gli alti vertici dell’università".

Milano, a differenza di altre città, non è mai stata al centro di scandali o di inchieste giudiziarie per nepotismo all’interno degli atenei. Ma di intrecci familiari tra i docenti universitari ce ne sono stati e ora, con la tornata di lunedì in Statale, si chiude un’epoca. Ancora per una volta sono ammesse nomine di medici che vantano parentele con cattedratici. Poi cala il sipario e inizia una nuova epoca. Di qui, il rush finale che non passerà certo inosservato.

(20 gennaio 2011)

 

 

 

2011-01-11

IL CASO

Tar Lazio: no alle classi-pollaio

Accolta la class action del Codacons, ricorso contro le aule in cui il numero degli alunni supera i 35-40

IL CASO

Tar Lazio: no alle classi-pollaio

Accolta la class action del Codacons, ricorso contro le aule in cui il numero degli alunni supera i 35-40

Un'aula scolastica affollata (Ansa)

Un'aula scolastica affollata (Ansa)

ROMA - Entro 120 giorni il ministero dell'Istruzione e il ministero dell'Economia doranno emanare il Piano generale di edilizia scolastica. L'ordine arriva dal Tar del Lazio che ha accolto una class action proposta dal Codacons contro le cosiddette 'classi-pollaiò, ovvero quelle aule scolastiche nelle quali il numero di alunni, attorno ai 35-40, supera i limiti fissati dalla legge.

"RISARCIMENTI" - "È stata accolta "la prima class action italiana contro la Pubblica Amministrazione". Questo il commento che arriva dal Codacons. "Ora il ministro Gelmini dovrà emettere un piano in grado di rendere sicure le aule scolastiche ed evitare il formarsi di classi da 35 o 40 alunni ciascuna", dichiara il presidente del Codacons, Carlo Rienzi. "Se non lo farà saremo costretti a chiedere la nomina di un commissario ad acta che si sostituisca al ministro ed ottemperi a quanto disposto dal Tar. Grazie a questa sentenza, inoltre, docenti e famiglie i cui figli sono stati costretti a studiare in aule pollaio, potranno chiedere un risarcimento fino a 2.500 euro in relazione al danno esistenziale subito", conclude Rienzi. Il Codacons sottolinea che "l'azione è stata avviata contro il Ministero della Pubblica Istruzione, e fa riferimento alle cosiddette "classi pollaio", ossia quelle aule scolastiche (che il Codacons ha raccolto in un apposito elenco depositato al Tar) nelle quali il numero di alunni supera i limiti fissati dalla legge, con grave danno per la sicurezza di studenti e insegnanti". "Dal punto di vista della giurisdizione - si fa notare - il Tar ritiene immediatamente applicabile la legge sulla class action contro le amministrazioni pubbliche, e legittima il Codacons ad agire in nome e per conto dei cittadini danneggiati dalla P.A.".

Redazione online

21 gennaio 2011

 

 

 

2010-01-09

IL DOSSIER

Corsi d'eccellenza e sussidi mirati

così l'Europa porta i ragazzi al successo

Quando l'economia si riprende, le aziende aprono subito le porte a nuove energie qualificate. Il nostro Paese ha fatto una scelta: proteggere i padri di famiglia e penalizzare invece i figli

di ETTORE LIVINI

Corsi d'eccellenza e sussidi mirati così l'Europa porta i ragazzi al successo

MILANO - L'Italia non è un Paese per giovani. Il triste primato tricolore nel campo della disoccupazione giovanile (peggio di noi nella Ue fanno solo Spagna, Slovacchia, Grecia e Svezia) arriva da lontano, ha radici antiche e conseguenze drammatiche: oggi solo un ragazzo tedesco su dieci in cerca di lavoro - tra i 15 e i 24 anni di età - non riesce a trovare occupazione. Mentre tra i suoi coetanei nel Belpaese sono ben tre su dieci quelli che spediscono un curriculum restando in vana attesa di una risposta positiva.

Perché? "Le spiegazioni sono articolate - dice Stefano Scarpetta, capo della divisione Politiche e analisi del lavoro all'Ocse - L'economia tricolore è meno brillante di quella del resto della Ue, l'accesso al lavoro più complesso". La realtà però è che la crisi ha sferrato ai giovani italiani un uno-due micidiale: "Da una parte i contratti atipici, quelli che hanno garantito loro un posto negli ultimi anni, sono stati i primi a essere tagliati - continua Scarpetta - Dall'altra il ricorso massiccio alla cassa integrazione è destinato a ingessare per un bel po' l'offerta in Italia". "Nel nostro Paese si è fatta una scelta precisa: tutelare i padri di famiglia - conferma Luca Paolazzi, direttore dell'Ufficio studi di Confindustria - A pagare così sono i figli, anche se in realtà dopo i 24 anni il divario occupazionale con il resto della Ue tende subito a restringersi".

In Europa la ricetta di maggior successo su questo fronte, numeri alla mano, è quella dell'Olanda. Dove la disoccupazione giovanile è ferma all'8,1%. Grazie a percorsi formativi molto più completi e qualificati e a una politica di assistenza - spiega Paolazzi - "concentrata più sul supporto all'individuo che alla famiglia, con strumenti come il sussidio di disoccupazione". La Germania, dove il tasso dei senza lavoro tra gli under 24 è sceso in due anni di un punto al 9,1%, ha usufruito come l'Italia di ammortizzatori simili alla cassa integrazione. Ma già da metà 2009 un sistema industriale più robusto come quello tedesco ha consentito di ridurre al minimo questi strumenti, riaprendo in sostanza il mercato del lavoro ai più giovani. Un po' come è successo in Francia. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, dove la flessibilità è al top e la rete di protezione sociale ha maglie molto meno fitte, la mobilità del lavoro a 360 gradi - spalmata cioè su tutte le fasce d'età - ha consentito di contenere (si fa per dire) la disoccupazione giovanile a livelli inferiori del 30% a quella tricolore.

Le statistiche - ammonisce però Paolazzi - vanno lette in controluce. "L'Italia è un mercato duale dove il peso della disoccupazione giovanile nel Mezzogiorno zavorra il dato complessivo - dice - e dove la formazione non prepara a dovere i giovani alla realtà professionale che li aspetta". Il problema però è che i ventenni del 2011 rischiano di trascinarsi a lungo il marchio della generazione perduta. "Gli studi sul mercato dopo i due choc petroliferi parlano chiaro - dice Scarpetta - I ragazzi di allora, oltre ad aver faticato più degli altri per trovare un posto, hanno continuato a registrare tassi di disoccupazione più elevati e a guadagnare di meno per anni". Come dire (meglio farlo sottovoce) che per i ragazzi di oggi il peggio deve ancora venire.

(08 gennaio 2011)

 

 

 

 

2010-01-08

Basta primo e secondo

a scuola il piatto è unico

Rivoluzione al via nei comuni del Nord: pasto più equilibrato e si risparmia. Ma è protesta. La sociologa: l'abitudine a una sola portata si diffonderà lentamente soprattutto al Sud dove resiste la tradizione del menu completo

di FRANCO VANNI

Basta primo e secondo a scuola il piatto è unico

MILANO- Bambini, mettetevi in fila che si va in pausa pranzo. Le mense scolastiche del Nord si adeguano ai riti del pasto "mordi e fuggi" dei lavoratori urbani, e il piatto unico prende il posto del primo e del secondo sulle tavole dei refettori. Succede nelle grandi città del Veneto come nei minuscoli Comuni del Comasco. E una sperimentazione è in corso anche a Milano. "Con il piatto unico i bambini avanzano meno cibo e si risparmia", sostengono i sindaci e gli assessori che credono nella rivoluzione del pranzo a scuola. "Il costume alimentare sta cambiando e non si torna indietro", sostengono i sociologi. "Risparmiando sui pasti si perde in qualità", replicano le mamme delle "Commissioni mensa". Un fatto è certo: il piatto unico a scuola è anzitutto un tentativo dei Comuni di risparmiare, vista la sofferenza dei conti dovuta al patto di stabilità, alla cancellazione dell'Ici e alla dieta finanziaria imposta dal governo.

Il Comune di Padova ha introdotto il piatto unico in mensa per tre giorni a settimana, e conta di risparmiare così 650 mila euro in un anno, riducendo gli avanzi dei 7mila pasti serviti ogni giorno a scuola. "Sarà una portata equilibrata - assicura l'assessore all'Educazione, Claudio Piron - e al pomeriggio sarà servita una merenda". A Vicenza il piatto unico arriva in tavola in versione rinforzata: oltre alla portata principale (lasagne o spezzatino) è previsto un contorno di verdura. Lo stesso succederà in alcuni

piccoli centri: da Asso in provincia di Como ad Assago alle porte di Milano, da Cernate nel cuore della Brianza a Calcinato nel Bresciano.

Francesca Zajczyk, sociologa urbana che sta conducendo una ricerca sul ciclo di vita del cibo, mette in guardia: al piatto unico a scuola ci si dovrà abituare. "La pausa pranzo mette a dura prova la tradizione italiana - dice - e il piatto unico è alla base della cucina di molti Paesi presenti nelle nostre città, come quella messicana o cinese. Certo, l'abitudine al piatto unico si diffonderà con più lentezza nelle regioni del Sud, dove il susseguirsi delle portate nella giornata del lavoratore tipo resiste". E le mense scolastiche vanno di conseguenza. A Palermo il Comune annuncia un nuovo menù "bio-mediterraneo", legato ai prodotti locali, alle ricette del territorio. Una mossa in controtendenza rispetto a quelle dei molti Comuni, fra cui quello di Roma, che per risparmiare tagliano il biologico in mensa.

Milano Ristorazione, la società comunale che serve ogni giorno 80mila pasti in 450 scuole, offrirà il piatto unico solo tre giorni al mese. "È una sperimentazione che tentiamo con la Asl - dice il presidente Roberto Predolin - di più non facciamo". Una rassicurazione per le agguerrite mamme delle Commissioni mensa, che già non hanno gradito la riduzione della dimensione delle porzioni di verdura, sempre in ottica anti-sprechi. Rosanna Campeggi è una dei 400 genitori milanesi che controllano la qualità del cibo che mangiano i loro figli: "Se il piatto unico viene introdotto come forma di risparmio - dice - il rischio per la qualità è forte". Negli ultimi mesi la commissione ha segnalato diversi eccessi provocati dal voler spendere poco: dal pesce tritato e poi ricomposto a forma di filetto fino alla mozzarella comprata in Germania a prezzi bassissimi.

Il costo medio di ognuno degli 1.580 pasti serviti ogni giorno nelle scuole materne ed elementari in Italia è di 3.90 euro. La stima è di Fipe, il sindacato dei pubblici esercizi. E Angem, l'associazione delle aziende che servono le mense, fornisce un altro dato: l'80,3 per cento delle gare per la fornitura di cibo alle scuole nel 2010 è stata aggiudicata con il criterio del maggior ribasso, contro il 4,9 per cento delle mense aziendali. Ilario Perotto, presidente di Angem, commenta: "Il sottocosto non può che generare insoddisfazione fra i bambini e le proteste delle famiglie".

(08 gennaio 2011)

 

 

 

2010-12-30

IMPIEGO

Calano i dipendenti pubblici

la scuola perde 55mila unità

I dati della Ragioneria generale dello Stato: nel 2009 gli occupati sono diminuiti dell'1,89 per cento rispetto all'anno precedente. I tagli maggiori riguardano il personale docente e non docente del comparto scolastico. Aumenta la presenza femminile soprattutto nella Sanità negli enti locali; lo stipendio medio è di 34.500 euro

Calano i dipendenti pubblici la scuola perde 55mila unità

ROMA - Calano i dipendenti pubblici, soprattutto per effetto dei tagli agli insegnanti, ma chi rimane ha per lo Stato un costo più elevato: più della metà sono donne (55 per cento) e guadagnano mediamente 34.500 euro. Sono alcuni dei dati forniti dalla Ragioneria generale dello Stato nel Conto Annuale, aggiornato al 2009 e appena pubblicato, sul pubblico impiego. Per quanto riguarda il numero degli occupati, la Ragioneria segnala che nel 2009 la cifra ha subito una riduzione rispetto all'anno precedente di circa 64.000 unità (-1,89 per cento) determinata principalmente dalla contrazione del personale docente e non docente del comparto scuola per 55.000 unità, di cui 26.600 a tempo determinato annuale e non annuale. Si è passati così da 3.366.376 unità nel 2007 a 3.375.440 nel 2008 per scendere a quota 3.311.582 nel 2009.

Aumenta la presenza femminile e la sua incidenza sul totale a tempo indeterminato: 1.840.440 unità nel 2007 (54,7 per cento); 1.859.951 unità nel 2008 (55,1 per cento) e 1.827.271 unità nel 2009 (55,2 per cento). La variazione in aumento della presenza femminile è determinata soprattutto dai comparti sanità, Regioni ed autonomie locali, ma anche enti di ricerca, magistratura e corpi di polizia. Nella scuola, nelle università e nei ministeri si registra una riduzione della presenza femminile solo in termini assoluti, mentre a seguito della contrazione complessiva dei comparti, in termini relativi, l'incidenza della componente femminile

è comunque di segno positivo.

Rispetto alla distribuzione geografica, la maggior parte dei dipendenti pubblici con contratto a tempo indeterminato è presente al Nord (34,7 per cento). Al Centro la percentuale è del 31,8 per cento, al Sud e Isole 33,3 per cento, mentre per l'Estero la cifra è dello 0,2 per cento. La regione con il maggior numero di dipendenti pubblici è la Lombardia (12,57 per cento) seguita dal Lazio (12,08 per cento).

Infine i costi: nel 2007 sono stati spesi 156,1 miliardi di euro (di questi circa 2 miliardi per arretrati); si sale poi nel 2008 a 166,6 miliardi (+6,7 per cento) di cui per arretrati circa 6 miliardi; fino ad arrivare a 168,1 miliardi nel 2009 (+0,9 per cento) di cui per arretrati circa 2,7 miliardi. Al netto degli importi corrisposti per arretrati relativi ad anni precedenti, le variazioni annue sono: +4,3 per cento per il 2008 e +2,9 per cento per il 2009. Per l'intero pubblico impiego le retribuzioni medie pro capite (al netto degli arretrati) risultano così: 31.660 euro nel 2007; 33.423 euro nel 2008 e 34.497 euro nel 2009.

(30 dicembre 2010)

 

 

2010-12-23

IL RETROSCENA

Sulla legge-pasticcio i dubbi del Colle

ma il premier teme un ritorno alla Camera

Il governo non vuole correggere gli errori perché in una terza lettura a Montecitorio Fli potrebbe affossare la riforma. La via d'uscita dell'esecutivo è una modifica nel decreto Milleproroghe di GIOVANNA CASADIO

Sulla legge-pasticcio i dubbi del Colle ma il premier teme un ritorno alla Camera

ROMA - Norme contraddittorie. I dubbi sul testo della riforma Gelmini arrivano anche al Quirinale. Perplessità tecniche e non sul merito del provvedimento. Perché dopo il pasticcio combinato martedì scorso dal vicepresidente del Senato Rosi Mauro, nel testo sono spuntate alcune incoerenze che hanno colpito il Colle. Al punto che il capo dello Stato avrebbe manifestato il suo imbarazzo a firmare la legge in contatti con il presidente del Senato, Renato Schifani e con Gianni Letta, il sottosegretario-ombra di Berlusconi.

I dubbi riguardano in primo luogo la decisione di sopprimere in un articolo (il 29) quello che in un altro (nell'articolo 6) viene riformato. Non una disputa accademica. Ma una cosa che riguarda migliaia di lavoratori dell'università, ricercatori a tempo indeterminato e assistenti a ruolo in esaurimento. Il richiamo del Quirinale era nell'aria. Il capo dello Stato ha voluto vederci chiaro dopo lo showdown di martedì, la pasdaran leghista Rosi Mauro che - proprio dall'emendamento del Pd che denunciava l'errore - ha cominciato a perdere la testa, e la bagarre che è seguita con quindici votazioni annullate e fatte rifare da Schifani. Evidente che il capo dello Stato non entra nel merito politico della riforma Gelmini. Ma in quello formale sì.

Lo sbrego procedurale è forte e Napolitano (che ieri incontra gli studenti) vuole chiarimenti. Vuole soprattutto ce si trovi una soluzione che consenta di firmare la legge. Se ne rende conto anche il governo. Lo sa bene Mariastella

Gelmini che in consiglio dei ministri propone di ovviare all'errore con una modifica da inserire nel decreto "Milleproroghe". Una via non praticabile immediatamente, dal momento che una legge deve essere stata approvata prima di procedere a un lifting. Pdl-Lega e il governo studiano ogni possibilità per tirarsi fuori dal pantano.

Ci sarebbe in realtà una strada maestra: semplicemente un emendamento che corregga l'errore, ripristini la coerenza normativa, rimandando il ddl alla Camera. Una "navetta" indispensabile. Lo chiedono con insistenza Democratici e dipietristi. Nella lunga conferenza mattutina dei capigruppo si affronta la questione. "È questa la strada corretta e lineare", insiste Anna Finocchiaro. Ma c'è un "no" insormontabile: Berlusconi non vuole finire nella trincea di Montecitorio. Lì, in balia dei finiani, ogni Caporetto è possibile, e ogni occasione di una Caporetto va accuratamente evitata. Il Cavaliere non si fida di Fini.

Crescono le quotazioni di un'altra soluzione. Un decreto che corregga il "pasticciaccio" dell'università. Idea percorribile ma che non toglie dall'imbarazzo il presidente della Repubblica che si troverebbe comunque a promulgare un testo con tanto di sbaglio. Contatti. Colloqui. Uno spiraglio compare, però tramonta subito. È quello di una nota della Camera che ammetta "l'errore materiale", di avere cioè sbagliato nella trascrizione del numero di un comma da cui discende il pasticcio. Il mea culpa di Montecitorio dovrebbe dire: "Scusateci, il testo è stato stravolto dall'errore di trascrizione...". Non se ne fa nulla. Sarebbe una anomalia regolamentare e poi, chi va da Gianfranco Fini con il cappello in mano a chiedere collaborazione politica? Anzi, Giampiero D'Alia, il capogruppo dell'Udc, in conferenza dei capigruppo, apre a un ordine del giorno che richiami l'errore materiale. Emma Bonino la leader radicale e vice presidente del Senato, è anche lei per una soluzione che eviti l'imbarazzo di Napolitano.

Giuseppe Pizza è il sottosegretario all'Istruzione che tiene i contatti con gli uffici del Senato; Schifani con il Quirinale; il Quirinale con Gianni Letta. Infine, l'ipotesi scelta dal governo: nella conversione in legge del "Milleproroghe" inserire il "correggi errore" della riforma dell'università.

(23 dicembre 2010)

 

 

RIFORMA

Università, via al conto alla rovescia

nel pomeriggio il voto finale

Oggi alle 16 il Senato, si pronuncia sul ddl Gelmini. Nella serata di ieri trovato l'accordo sui tempi tra maggioranza e opposizione. Gli studenti soddisfatti dopo l'incontro con Napolitano. Maroni: "Mobilitazioni senza incidenti, ma tristezza per l'assalto alla questura di Palermo"

Università, via al conto alla rovescia nel pomeriggio il voto finale La delegazione degli studenti ricevuta da Napolitano

ROMA - Ddl Gelmini verso l'approvazione. Oggi alle 15 ci saranno le dichiarazioni di voto al Senato in diretta tv e dopo le 16 si svolgera' il voto finale sul ddl che riforma l'universita'. La situazione si e' sbloccata soltanto ieri sera, quando si e' raggiunta un'intesa tra maggioranza e opposizione. Pd e Idv hanno di conseguenza desistito dal continuare l'ostruzionismo contro il provvedimento che ora si appresta a diventare legge. C'è attesa per verificare anche il voto del terzo polo: i finiani dovrebbero confermare il proprio voto favorevole insieme a quello dell'Api di Francesco Rutelli, mentre l'Udc potrebbe astenersi.

Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, però, non rinuncia alla polemica: ''Ha ragione il presidente Berlusconi quando dice che i regolamenti parlamentari andrebbero modificati. Ha piu' spazio l'opposizione per fare ostruzionismo che non una maggioranza democraticamente eletta per votare un provvedimento''. Secca la replica del capogruppo democratico Anna Finocchiaro: "'Forse il ministro Gelmini non ha capito. La sua benedetta ignoranza dei regolamenti parlamentari, ma prima ancora dei diritti delle opposizioni in Parlamento, l'hanno portata a dichiarazioni aggressive e sconsiderate che ci hanno irritato. Il ministro impari a rispettare gli avversari. La nostra strategia ha fatto premio sulla prepotenza con cui e' stata gestita la discussione in Aula''.

Nel frattempo il movimento degli studenti e dei ricercatori annuncia nuove iniziative di protesta e valuta positivamente la decisione del

presidente Giorgio Napolitano di ricevere al Quirinale una loro delegazione 1: ''E' stato l'unico interlocutore disposto ad ascoltare le nostre proposte''. E sempre sulle manifestazioni di ieri è tornato il ministro dell'Interno Roberto Maroni nel corso di un'informativa urgente alla Camera sugli scontri a Roma del 14 dicembre. Dopo le violenze, ieri le cose sono andate meglio: "Ha pagato la scelta del prefetto di disporre le forze dell'ordine in modo da garantire il pronto intervento in caso di necessità senza creare zone rosse e militarizzare il territorio: ciò ha contribuito ad abbassare la tensione". Maroni si è detto però "rattristato" dall'assalto la questura di Palermo "uno degli avamposti della lotta alla mafia".

'Il diritto a manifestare il proprio dissenso e' sacrosanto e sara' sempre garantito dalle forze dell'ordine mentre la violenza sara' contrastata con ogni mezzo e determinazione'' continua il ministro. Che, in merito poi alle ipotesi sulla presenza di infiltrati avanzate dall'opposizione, Maroni le bolla come ''ipotesi infondate'.

A Roma, intanto, alcune decine di persone si sono riunite davanti al Tribunale per manifestare solidarietà ai fermati durante gli scontri del 14 dicembre scorso nella Capitale. In mattinata per sette di loro si celebrerà il processo. I partecipanti al presidio hanno esposto a poca distanza dal Tribunale uno striscione che riporta "Reprimete e processate cio' che non potrete mai fermare. Libertà per tutti e tuttè".

(23 dicembre 2010)

 

 

 

IL COMMENTO

La normalità e la patologia

di GIUSEPPE D'AVANZO

La normalità e la patologia

Questi ragazzi hanno intelligenza politica. La cattiva politica li attende lungo i confini delle "zone rosse" e militarizzate della Capitale nella irresponsabile attesa che ci siano tumulti per rilanciare uno "stato d'eccezione", dispositivo politico di un governo tanto autoritario quanto spaventato dalla sua fragilità. È un establishment che immagina la vita - e quindi la politica - soltanto nella polis, nei luoghi consolidati e riconoscibili del Potere o nei set della sua rappresentazione televisiva. Questi ragazzi hanno un'altra esperienza della vita e del mondo.

Per loro una stazione della metropolitana, un edificio degradato, una fabbrica in disuso, un viadotto, una tangenziale, un terrain vague, gli spazi nascosti della metropoli sono i luoghi dove la loro invisibilità sociale si integra e si allinea all'invisibilità della città e di chi, dimenticato, la abita. Sono questi territori metropolitani che modellano il loro vivere quotidiano. Molti di loro sono i figli dell'alchimia sociale che vi si produce e sono voluti tornare qui - a San Lorenzo, a Porta Maggiore, al Prenestino, sotto e lungo la Tangenziale Est fino all'autostrada A24 - per dare pubblicità e quindi trasformare in spazio pubblico luoghi "vuoti" e in discorso pubblico esistenze "invisibili". Vogliono dimostrare - credo - che il loro disagio di studenti e universitari è la sofferenza di interi segmenti sociali, abbandonati

sulla soglia della catastrofe dall'ordine consolidato.

In quest'attraversamento della città ricevono applausi, grida di gioia, l'incoraggiamento a continuare, a non mollare. È allora una giornata che qualcosa ci mostra. Se la società è un organismo, come si dice, è sano e funziona quando i costituenti "normali" prevalgono su quelli "patologici". Dopo una giornata come questa ci sembra di averli, in bell'ordine e sotto gli occhi, gli elementi della normalità e quelli della patologia.

È patologico il ritorno di Silvio Berlusconi alla ribalta politica. Si tiene in piedi per il rotto della cuffia, con tre voti alla Camera. Gli appaiono sufficienti per rilanciare l'"agenda" politica. In quell'agenda ha scribacchiato un solo impegno, sempre quello: se stesso, Io. Attende la decisione di costituzionalità del "legittimo impedimento" che lo salva dai processi per l'anno prossimo. Ne teme la bocciatura e allora minaccia. Avverte la Corte Costituzionale. Sfida la magistratura che dovrà giudicarlo. Promette di affrontarla "nelle piazze e in televisione". Nella sua egopatia, Berlusconi vede riflesso nella vita pubblica soltanto il suo destino. Non c'è spazio per null'altro. È patologico che non sappia ascoltare le parole che vengono dal Paese. Da ogni angolo del Paese. Dalla scuola, dall'università, dalle imprese, dalle famiglie, dall'amministrazione dello Stato, addirittura dalle polizie.

È patologica l'ostinazione di voler approvare - presto, subito, come se fosse un atto di forza (ne è immagine parossistica la leghista Mauro quando presiede il Senato) - una riforma che il ministro che l'ha pensata giudica già da oggi necessaria di modifiche e restauri. Affrontiamone soltanto un aspetto, il meno controverso. La riforma ha un perno. È l'"Agenzia per la valutazione degli atenei": per la prima volta si prevede che i fondi pubblici alle università siano assegnati in funzione dei risultati. La valutazione diventa l'unico modo per non sprecare risorse, per fornire agli studenti un'istruzione migliore, dicono. Bene. Purtroppo, ci vorranno anni prima che la nuova agenzia sia in grado di produrre i primi risultati. Ammettiamo però che sia in grado di produrne subito, il lavoro sarebbe inutile perché non ci sono fondi adeguati che possano premiare le università migliori. Una possibilità che delude anche un pragmatico sostenitore della riforma come Francesco Giavazzi. Scrive: "Se i fondi verranno lesinati, la riforma sarà stata un esercizio inutile". Non è patologico un "esercizio" così divisivo, per di più inservibile, soltanto per consentire a un governo incapace di modernizzare il Paese di poter dire: "Una riforma l'abbiamo fatta!"?

Ordiniamo ora gli elementi di "normalità" che affiorano in questa giornata. L'intelligenza politica del movimento degli studenti, innanzitutto. Mette in fuori gioco maggioranza, governo, l'informazione che lo sostiene, gli uomini venuti dal fascismo (La Russa, Gasparri, Alemanno) e i tecnocrati (Sacconi) che si augurano nuove violenze per poter invocare leggi d'emergenza, "arresti preventivi", "repressione". È un movimento che, al contrario di quanto ha mostrato il 14 gennaio, non è soltanto attraversato dal rancore e dal risentimento. Non si lascia attossicare dalla sua lunga impotenza (da due anni, il governo si rifiuta di riconoscerlo come interlocutore). Si riscopre con un'energia che consente di liberarsi della rassegnazione, di una condizione algida in cui non c'è posto per la speranza perché l'esperienza consiglia di stare un passo indietro e con i piedi per terra. È una generazione che non vuole essere "perdente". E' un movimento che oggi sembra voler parlare non soltanto di se stesso ma - a partire dalla sua difficile condizione - del Paese intero, della democrazia che lo governa, dell'impoverimento che l'affligge, di un generale declino sociale, culturale, economico. C'è chi in piazzale Prenestino lo spiega con poche frasi lette da qualche parte: "In Italia più del 50 per cento della forza lavoro è poco qualificata e solo il 10 per cento ha ricevuto un'istruzione terziaria. Il Wall Street Journal si è chiesto: come può l'Italia appartenere al G8, il gruppo delle economie leader mondiali, quando l'India produce seicentomila laureati in ingegneria per anno e la Cina sta costruendo cento università di livello mondiale? Ecco noi poniamo questa domanda a tutti quelli che hanno voglia di lavorare con noi a una risposta".

È un elemento di "normalità" (e di fiducia) che il capo dello Stato voglia ascoltare le loro proposte e abbia aperto le porte del Quirinale a chi se l'è trovate chiuse a Palazzo Chigi. È di una democrazia "normale" tener aperto un canale di dialogo tra la società - che alcuni vogliono "invisibile" - e la politica; tra cittadini - come destinati all'insignificanza - e lo Stato. È sana "normalità" se Giorgio Napolitano spinga in fuori gioco chi pensa che, della città, contino soltanto i luoghi del Potere e i suoi abitanti. È benefica "normalità" che il capo dello Stato contraddica un esecutivo convinto che governare sia soltanto comandare.

(23 dicembre 2010)

 

 

 

2010-12-22

LA STORIA

E il dottor Altobelli a 74 anni

festeggia l'undicesima laurea

Medico di base di Troia, in provincia di Foggia, Leonardo Altobelli è diventato dottore anche in Archeologia. Dopo Medicina, Giurisprudenza, Scienze Politiche e altre materie, è giunto alla undicesima laurea

E il dottor Altobelli a 74 anni festeggia l'undicesima laurea Il plurilaureato Leonardo Altobelli

Si è laureato stamattina per l'unidicesima volta. E' Leonardo Altobelli, 74 anni, medico di base di Troia, in provincia di Foggia. Stamane nell'Aula magna della Facoltà di Lettere dell'Università del capoluogo dauno ha concluso il percorso di studi in Archeologia. Il voto assegnato è stato di 106 su 110. Altobelli esercita ancora la professione medica nella quale conseguì la sua prima laurea.

Relatore del plurilaureato, per quest'ultima fatica, è stato il professor Danilo Leone, titolare di Metodologie della Ricerca Archeologica. La tesi ha riguardato l'Antico Ospedale di Troia. Altobelli, in precedenza, si è laureato in Medicina e Chirurgia a Siena, in Giurisprudenza a Teramo, in Scienze Politiche a Teramo, in Lettere a Bari, in Filosofia a Bari, in Scienze dell'Educazione a Bari, in Agraria a Teramo, in Scienze Turistiche a Termoli, in Scienze Storiche e Sociali a Bari, in Biotecnologie a Teramo.

Stamane Altobelli ha ricevuto anche un targa del Comune di Troia consegnatagli da un assessore. Oltre ad ottenere numerosi diplomi, è stato autore di diversi libri e pubblicazioni su argomenti sanitari, religiosi, legali e storici.

(22 dicembre 2010)

 

 

 

SCUOLA

Riforma Gelmini, si vota domani

Gli studenti: "Napolitano è con noi"

L'esame del ddl torna domani all'esame del Senato, dopo una battaglia ostruzionistica dell'opposizione. Il presidente della Repubblica incontra una delegazione del movimento studentesco: "Approva la manifestazione ed è disposto ad ascoltare le nostre proposte. E' il nostro unico interlocutore".

Riforma Gelmini, si vota domani Gli studenti: "Napolitano è con noi" Gli studenti ricevuti al Quirinale

ROMA - Una giornata di manifestazioni pacifiche in tutta Italia, con qualche isolato episodio violento. Che si conclude con l'incontro degli studenti con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. E un annuncio da parte dei manifestanti: "Il Presidente della Repubblica si è detto pronto a esaminare le nostre alternative alla riforma e si è complimentato per la riuscita della manifestazione". Secondo la delegazione "Napolitano ha preso atto delle nostre istanze e in questo momento è l'unico interlocutore che abbiamo. Il distacco tra la nostra generazione e le istituzioni del Paese oggi per la prima volta oggi sembra parzialmente colmato".

VIDEO: GLI STUDENTI AL QUIRINALE 1

TUTTI I VIDEO DELLA MANIFESTAZIONE 2

Il voto. In Senato è stato rimandato a domani alle 16 il voto sulla riforma Gelmini. Avrebbe dovuto essere approvata oggi, ma i tempi del voto si sono allungati in seguito ai lunghi interventi dei rappresentanti dell'opposizione, in particolare di Pd e Idv. Domani alle 9 l'Aula discuterà due ddl previsti per oggi pomeriggio

e, a conclusione, riprenderanno le votazioni sul ddl. Alle 15 le dichiarazioni di voto in diretta tv, verso le 16 il voto finale. L'intesa è stata raggiunta dopo diversi tentativi grazie alla proposta del Pd, appoggiata da Idv e Udc e poi anche dal Pdl. Adesso le opposizioni potranno discutere nel merito i contenuti del ddl, senza fare altro ostruzionismo. Il presidente Schifani ha ringraziato i senatori per aver raggiunto un accordo. "Questo conferma come il Senato riesca, anche nei momenti di massima tensione, a trovare una sintesi. E questo fa onore a tutti, e in particolare all'opposizione".

Le proteste. Una manifestazione dai grandi numeri 3 ma tranquilla e con molta ironia, che ha raccolto anche la solidarietà degli automobilisti in coda nel tratto della A24 occupato dagli studenti, che si scusavano per il disagio. Circa 30 mila gli studenti in corteo a Roma, nessuna invasione della zona rossa, eccetto quella ad opera del gruppo 'Officina Futura', studenti di centrodestra che appoggiano la riforma. Come annunciato, hanno prevalso i cortei pacifici e all'insegna del sarcasmo. A Roma, gli universitari sostenuti dalle associazioni dei ricercatori e dei docenti, da rappresentanti della sinistra e di alcuni sindacati, hanno sfilato sulla Tiburtina, sulla Prenestina, al Pigneto, fino alla tangenziale, per poi tornare alla Sapienza. Un rientro anticipato in seguito alla notizia della morte di un operaio che lavorava nell'ala nuova della facoltà di Scienze politiche. Manifestazioni anche in altre città, da Milano a Genova fino a Palermo. A Torino gli studenti hanno occupato la Mole e impedito lo svolgimento del buffet natalizio al Politecnico. Pochi i momenti di tensione, tra cui gli assalti alla sede del Secolo XIX e alla Cisl a Genova e le cariche della polizia a Milano.

(22 dicembre 2010)

 

 

 

 

Diretta

Riforma Gelmini al rush finale

gli studenti incontrano Napolitano

"E' il nostro unico interlocutore"

Riforma Gelmini al rush finale gli studenti incontrano Napolitano "E' il nostro unico interlocutore"

L'esame del disegno torna all'esame del Senato, dopo una battaglia ostruzionistica dell'opposizione. Il voto rimandato a domani. Intanto il movimento fa sentire la sua voce con manifestazioni lontano dalla zona rossa e "flash mob" in tutte le città d'Italia. Circa 30 mila gli studenti in corteo a Roma, assalti al 'Secolo XIX' a Genova, cariche della polizia a Milano. Gli studenti dopo l'incontro col Capo dello stato: "Disposto ad ascoltare le nostre proposte"

(Aggiornato alle 20:51 del 22 dicembre 2010)

20:51

Il Pd: "Grati a Napolitano" 152 –

"Siamo grati al presidente della Repubblica per il gesto di oggi. L'incontro con gli studenti è stato un segno fondamentale di ascolto, un modo per dare speranza alle generazioni più giovani". Lo dice Enrico Letta, vicesegretario del Partito democratico

19:57

Il questore di Roma: "Agenti lontani, strategia vincente" 151 –

"Quella di oggi è stata una strategia vincente. La situazione era critica perché il percorso inizialmente non era stato concordato con gli organizzatori del corteo. Tenere gli uomini a distanza, una volta venuti a conoscenza del percorso, è stata la scelta giusta tra le varie alternative pianificate". Lo ha detto il questore di Roma, Francesco Tagliente

19:55

Domani il voto in Senato 150 –

Ostruzionismo finito in Aula al Senato e il ddl Gelmini sarà votato definitivamente domani dall'Aula di Palazzo Madama intorno alle 16. Un accordo in tal senso è stato raggiunto nella riunione della capigruppo

19:09

Studenti: "Napolitano pronto ad esaminare le nostre proposte" 149 –

''Il Presidente della Repubblica si e' detto pronto ad esaminare le nostre alternative alla riforma''. Lo ha detto ai cronisti uno studente della delegazione che ha appena incontrato il Capo dello Stato. 'Il Presidente della Repubblica ha preso atto delle nostre istanze. In questo momento e' l'unico interlocutore che abbiamo avuto finora. Questo è già un dato enorme - ha aggiunto - ed è importante che questo distacco sempre più forte tra la nostra generazione e le istituzioni del Paese, oggi per la prima volta, sia stato parzialmente colmato".

19:04

Genova, assaltata la sede de "Il Secolo XIX" 148 –

Una cinquantina di manifestanti a volto coperto ha assaltato nel tardo pomeriggio di oggi la sede di piazza Piccapietra del quotidiano "Il Secolo XIX". Il gruppo si è staccato dal corteo che stava sfilando nella limitrofa via Roma. Il gruppo ha sfondato la porta a vetri d'ingresso del giornale, ha quindi riversato rifiuti nell'atrio. Sono stati lanciati oggetti sulle vetrate. E' intervenuto personale del VI Reparto Mobile della polizia che ha allontanato il gruppo di facinorosi

18:52

Roma, proteste davanti alla sede Cisl per l'operaio morto alla Sapienza 147 –

Un centinaio di studenti hanno protestato davanti alla sede della Cisl in via Po a Roma. Gli studenti, in un corteo spontaneo, si sono recati davanti al sindacato per protestare e chiedere spiegazioni riguardo alla morte dell'operaio all'interno di un cantiere della città universitaria della Sapienza.

18:59

Concluse le manifestazioni a Roma 146 –

Si sono concluse a Roma le manifestazioni di studenti che nella mattinata, e parte del pomeriggio, hanno pacificamente sfilato in alcune zone della città creando, comunque, qualche disagio al servizio di trasporto pubblico. Sono state deviate e rallentate, infatti, circa settanta linee di bus, limitati i percorsi dei tram 5, 8, 14 e 19, ma nessuna corsa è stata soppressa.

18:48

Palermo, studenti ancora in piazza stasera 145 –

Sono tornati ancora una volta in strada gli studenti medi e universitari di Palermo che protestano contro la riforma Gelmini. Questa sera circa quattromila persone hanno attraversato via roma, una delle principali arterie del capoluogo siciliano, inneggiando contro il ministro. Momenti di tensione si sono vissuti quando un gruppo di ragazzi, a volto coperto, si è staccato dal resto dei manifestanti per lanciare palloncini pieni di vernice contro la saracinesca della Rinascente.

18:45

Viabilità: liberato il tratto della A24 occupata dagli studenti, in entrambe le direzioni 144 –

E' stata liberata in entrambe le direzioni, sul tratto urbano della a24 Roma-L'aquila, il tratto tra via Fiorentini e la Tangenziale est che stamani era stato occupato da un gruppo di studenti in protesta contro il ddl Gelmini di riforma dell'università. Lo comunica la società Strada dei parchi.

18:43

Nuovo corteo di studenti si dirige verso sede Cgil, deviati verso via Po 143 –

Gli studenti ripartiti dalla sapienza si sono diretti, sembra, verso una sede della Cgil. I ragazzi, circa 300, sono stati però bloccati dalle forze dell'ordine in via Morgagni e 'deviati' verso via Po, dove si trova tra l'altro una sede della Cisl. La polizia ha anche chiuso al transito l'intera strada

18:10

Una dozzina di studenti al Quirinale da 30 minuti 142 –

Una dozzina di studenti si trova al Quirinale da circa 30 minuti, per un incontro con il capo dello Stato. La delegazione è costituita da elementi di diverse facoltà e di diverse associazioni studentesche. L'incontro era stato richiesto ieri con una lettera al presidente della Repubblica, scritta dagli studenti della Sapienza, che chiedevano a Giorgio Napolitano di non firmare il ddl che riformerà l'università.

17:35

Milano, gli studenti tentano di forzare la porta del rettorato 141 –

Tre estintori, una cesoia e la base in cemento di un cestino di rifiuti da esterni: è quanto hanno usato invano gli studenti milanesi, che si erano riuniti in assemblea all'interno dell'Università Statale di Milano, per cercare di forzare l'ingresso agli uffici del Rettorato dell'ateneo. L'idea di occupare l'ufficio del rettore Enrico Decleva, che ricopre anche la carica di presidente della Crui, è nata durante l'assemblea ma si è andata a scontrare contro la tenacia del cancello in ferro che protegge la porta d'ingresso agli uffici. Gli unici danni riscontrabili, oltre al contenuto dei tre estintori che sono stati scaricati nell'androne, sono due pannelli in legno che rivestono le pareti ai lati del cancello, che sono stati divelti. Fallito il tentativo di occupare, il piccolo gruppo si è quindi sciolto definitivamente, allontanandosi dall'ateneo.

17:25

Pisa, studenti incatenati davanti alla prefettura 140 –

Si sono legati ai cancelli della prefettura e hanno esposto il cartello con la scritta "Incatenati al nostro futuro". E' la protesta portata di nuovo in piazza, nel pomeriggio, da una trentina di studenti dell' università di Pisa; tra loro anche i giovani che da tre giorni sono in sciopero della fame per dire no alla riforma Gelmini. Gli universitari hanno raggiunto la Prefettura dopo un breve corteo sul Lungarno.

17:00

Studenti convocati da Napolitano entrano al Quirinale 139 –

Sono appena entrati nel palazzo del Quirinale gli 11 delegati dagli studenti invitati a parlare con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Gli chiederemo se questa legge è consona alla nostra costituzione - ha detto uno di loro - ma potremo essere più precisi dopo il colloquio".

16:58

Approvato in Senato il processo verbale della seduta di ieri 138 –

Dopo 40 minuti di interventi dei senatori di Pd e Idv, l'aula di Palazzo Madama ha approvato il processo verbale della convulsa di ieri sul Ddl università, con l'approvazione - poi annullata dal presidente Renato Schifani - di quattro emendamenti dell'opposizione. Ma l'ostruzionismo continua, con gli interventi che ora vertono sull'ordine dei lavori, e con il senatore ferranti che addirittura invoca le dimissioni della presidente di turno di ieri pomeriggio, Rosi Mauro. A 48 minuti dall'apertura della seduta, Schifani riesce infine ad avviare l'esame degli emendamenti.

16:57

Studenti attendono convocazione dal Quirinale 137 –

A questo punto, dopo una manifestazione pacifica, in linea con quanto annunciato nei giorni scorsi, tenendosi lontani dalla zona rossa, i ragazzi aspettano di essere convocati dal Quirinale. Hanno inviato un messaggio al Presidente della Repubblica e stanno organizzando una delegazione per poterlo incontrare nelle prossime ore.

16:47

Ddl Gelmini, seduta a oltranza al Senato 136 –

Potrebbe chiudersi in tarda serata o in nottata la battaglia in Senato sul ddl Gelmini di riforma dell'Università. Dopo lo scontro di ieri sulle norme contestate dall'opposizione, con l'annullamento delle votazioni nelle quali la vicepresidente di turno Rosy Mauro (Lega) aveva proclamato l'approvazione di quattro emendamenti delle opposizioni, la giunta del regolamento di Palazzo Madama Aula la decisione di un eventuale intervento di 'coordinamento testi'.

16:27

Roma, traffico automobilistico torna alla normalità 135 –

Il traffico automobilistico torna piano piano alla normalità dopo i disagi per i cortei degli studenti per le strade della capitale. Gli ultimi problemi per gli automobilisti romani si sono verificati sulla Roma-L'Aquila all'altezza dello svincolo per Via Tiburtina dove si era diretto il corteo degli studenti partito questa mattina dall'Università La Sapienza. Le pattuglie dei vigili urbani hanno dovuto chiudere al traffico le vie al passaggio del corteo.

16:17

Napoli, gli studenti liberano i binari 134 –

Hanno liberato la stazione centrale di Napoli gli studenti che da qualche ora occupavano i binari provocando notevoli disagi alla circolazione ferroviaria con diversi convogli bloccati in entrata e in uscita. I manifestanti in corteo si sono diretti verso corso Umberto.

16:06

Studenti ricordano con una scritta l'operaio morto 133 –

Una cinquantina di studenti si sono radunati davanti al cantiere dove questa mattina è morto l'operaio tunisino. Armati di bomboletta spray hanno fatto una scritta sulle impalcature dello stabile: "22 dicembre 2010 è morto un operaio. La colpa è dei padroni!".

15:52

Roma, studenti arrivati in piazzale Aldo Moro 132 –

La testa del corteo degli studenti di Roma è appena giunta a piazzale Aldo Moro, dove dovrebbe sciogliersi per dare la possibilità agli studenti di partecipare ad un'assemblea.

15:40

Milano, corteo rientra alla Statale 131 –

E' rientrato in Statale il corteo degli studenti che ha attraversato la città paralizzando il traffico di alcune delle principali arterie. Qui gli universitari si incontranno con i colletivi degli studenti delle superiori per decidere insieme eventuali altre iniziative in attesa che dal Senato arrivino notizie della discussione attualmente in corso del ddl Gelmini di riforma dell'Università.

15:35

Studenti si scusano, automobilisti comprensivi 130 –

"Ci scusiamo per il disagio, ci scusiamo per il disagio". Intonando questo slogan e rivolgendosi agli automobilisti in coda gli studenti che manifestano a Roma contro il ddl Gelmini hanno attraversato il ponte Tiburtino in direzione dell'università 'La Sapienza'. Durante il corteo per le vie della capitale, dalla tangenziale al tratto urbano della A24 fino a Casalbertone, sono stati molti gli automobilisti che bloccati nel traffico in coda hanno espresso solidarietà agli studenti suonando il clacson.

15:29

Terni, nessuna manifestazione ma fiocchi neri 129 –

Nessuna manifestazione in piazza ma tanti fiocchi neri per le strade della città "in segno di lutto per morte dell'istruzione pubblica": è così che a Terni il Collettivo studentesco "La crepa nel muro" ha voluto aderire alle proteste organizzate in tutta Italia contro la riforma dell'università.

15:23

Roma, studenti si dirigono a San Lorenzo 128 –

I manifestanti che protestano contro la riforma dell'università, dopo aver percorso via di Portonaccio a Roma, hanno ora 'preso possesso' di via Tiburtina in direzione centro. Il traffico è paralizzato perchè la tangenziale est e la stessa via Tiburtina sono parzialmente chiuse dai vigili urbani. I manifestanti che stanno ora costeggiando la stazione Tiburtina si dirigono verso San Lorenzo dove dovrebbero far ritorno per riunirsi in assemblea.

15:20

Studenti Roma: "Siamo oltre 30.000" 127 –

"Siamo oltre 30mila". Lo affermano gli organizzatori del corteo degli universiari partito questa mattina da Piazzale Aldo Moro. Il corteo si sta ora dirigendo verso la Sapienza dove gli studenti si riuniranno in un'assemblea.

15:08

Roma, concluso corteo partito dalla Piramide 126 –

Il corteo degli studenti e dei lavoratori partito questa mattina da Piramide è terminato intorno alle 14,30, nello stesso punto da dove era cominciato. al corteo hanno partecipato alcune centinaia di persone. Dopo aver 'sfiorato' il ministero dell'Istruzione, i manifestanti sono ritornati in piazza Risorgimento senza creare nessun problema di ordine pubblico.

15:03

Napoli, studenti continuano il blocco dei binari 125 –

"Eravamo pronti a lasciare la Stazione ma poi abbiamo visto arrivare da lontano la polizia e allora abbiamo deciso di rimanere ancora qui per un poco". Lo dicono gli studenti che stanno bloccando i binari della Stazione centrale di Napoli con pesanti conseguenze sul traffico ferroviario. Gli studenti non vogliono che sia "imposto" loro di allontanarsi. La polizia controlla a distanza i manifestanti.

15:00

Roma, gli studenti vicini alla stazione Tiburtina 124 –

Gli studenti che in corteo hanno marciato per un tratto di autostrada A24 stanno lasciando il tratto autostradale e stanno percorrendo via di Portonaccio in direzione della Stazione Tiburtina.

14:56

Gli studenti attraversano il tunnel della A24 123 –

Gridando insulti contro il premier e "blocchiamo tutto", gli studenti che manifestano a Roma contro l'approvazione del ddl Gelmini hanno attraversato il tunnel che si trova nel tratto urbano della A24. Tra i cori intonati dagli studenti: "La gente come noi non molla mai".

14:55

Cosenza, studenti lanciano vernice colorata contro la prefettura 122 –

Un gruppo di studenti ha protestato questa mattina a Cosenza contro il ddl Gelmini sulla riforma dell'università e della ricerca. Si sono ritrovati davanti alla prefettura, contro la quale hanno lanciato palloncini con vernice colorata che hanno imbrattato i muri. Hanno poi proseguito lungo le strade del centro lanciando anche uova. Le forze dell'ordine hanno seguito il corteo senza intervenire.

14:53

Roma, studenti colorano di rosso l'acqua del Fontanone del Gianicolo 121 –

Hanno colorato di rosso l'acqua del fontanone del Gianicolo alcuni studenti che questa mattina, in corteo, hanno protestato a Roma contro la riforma Gelmini. Sul posto sono intervenuti i vigili urbani. Come fa sapere la polizia municipale, anche grazie all'intervento del personale dell'Acea la fontana è stata svuotata eliminando l'acqua colorata e poi nuovamente riempita.

14:50

Venezia, assedio in barca alla prefettura 120 –

Una decina di studenti hanno assediato la prefettura di Venezia in barca, stazionando in Canal Grande, per manifestare contro la riforma dell'Università. Il blitz è scattato nella tarda mattinata quando gli studenti, un trentina, hanno tentato di entrare in Prefettura. Scattate le misure di sicurezza i giovani sono rimasti però alla porta dove hanno appeso uno striscione con scritto "i parlamentari si comprano gli studenti no".

14:46

Studenti occupano la Mole Antonelliana 119 –

Un gruppo di alcune centinaia di studenti, appartenenti al gruppo degli "indipendenti", ha occupato per circa mezz'ora la Mole Antonelliana, edificio simbolo di Torino. Si tratta dei manifestanti che questa mattina avevano inscenato una simbolica occupazione di Palazzo Carignano, prima sede del Parlamento italiano, dove avevano "approvato" una sorta di controriforma da opporre al disegno di legge Gelmini. I giovani hanno fatto poi fatto irruzione nella Sala del Tempio dove si sono intrattenuti scandendo slogan contro la riforma.

14:41

Palermo, durante gli scontri ferito un militare della Gdf 118 –

Negli scontri tra gli studenti e le forze dell'ordine di questa mattina a Palermo è rimasto ferito un militare della Guardia di Finanza. Il militare è all'ospedale Civico per farsi refertare. Ha una frattura alla mano. Non ci sarebbero feriti tra la polizia.

14:32

Giovani Pd: "Inaccettabile violenza a Palermo" 117 –

"E' veramente triste e sconfortante assistere alla mortificazione del movimento operata da frange estremiste che poco hanno a che vedere con la popolazione studentesca". Lo afferma Giovanni Pagano, segretario dei Giovani Democratici di Palermo, in merito agli scontri avvenuti stamane durante il corteo contro il DDL Gelmini.

14:30

Passaggio sulla A24 è solo una deviazione 116 –

Il corteo degli studenti della Sapienza sta sfilando sulla A24, la Roma-L'Aquila. I manifestanti sono diretti all'Università ma hanno fatto una deviazione del percorso 'immettendosi' sull'autostrada. Probabilmente percorreranno circa 300 metri per poi uscire a Casalbertone e andare verso La Sapienza.

14:28

Nel pomeriggio incontro con Napolitano 115 –

"L'incontro con il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ci sarà oggi, nel pomeriggio. Lo riferiscono alcuni portavoce degli studenti dell'Università di Roma La Sapienza che stanno sfilando in corteo per le vie della Capitale.

14:26

Studenti sulla A24: "Tutti all'Aquila" 114 –

Il corteo degli studenti di Roma che sta sfilando per le vie della Capitale ha lasciato la Tangenziale Est ed è diretto verso l'imbocco del tronchetto autostradale della A24 al grido "tutti a L'Aquila".

14:21

Giovani Pdl violano 'zona rossa' per dire sì a ddl Gelmini 113 –

"Violata la 'zona rossa' nel giorno delle manifestazioni 'a sorpresa': un gruppo di universitari e ricercatori dell'associazione dei giovani del Pdl 'Officina Futura' ha organizzato un flash mob da piazza Campo de' Fiori a piazza Navona fino all'angolo con il Senato". Così in una nota l'associazione dei giovani del Pdl Officina Futura. "'Sì alla riforma Gelmini', 'No all'università dei Baroni', 'No ai tagli alla ricerca' 'Sì al dialogo con gli studenti', 'Sì alla libertà di manifestare', 'No alle diffide per i manifestanti', 'Largo ai giovani': questi alcuni dei testi riportati sui cartelli che i ragazzi di Officina Futura hanno indossato durante la manifestazione.

14:07

Schifani: "Con studenti si doveva comunicare di più" 112 –

Il presidente del Senato parla di difetti di comunicazione durante l'iter della riforma

14:00

Al Senato seduta sospesa 111 –

Dopo aver approvato l'articolo 11 del testo e aver respinto alcuni emendamenti all'articolo 12, il Senato ha interrotto l'esame del ddl di riordino dell'università fino alle ore 16.

13:59

Stop a corteo per morte operaio 110 –

"Avevamo progettato altre iniziative di protesta contro il ddl Gelmini, ma a causa della morte dell'operaio all'interno della stessa città universitaria abbiamo deciso di tornare alla Sapienza". Lo hanno riferito gli studenti che stanno sfilando sulla tangenziale a Roma

13:53

Appello di Schifani contro violenza in manifestazioni 109 –

"Mi giungono notizie di scontri nella mia città a Palermo e verrei fare quindi un appello affinché le manifestazioni di oggi non diano luogo ad episodi incivili e gravi". Lo ha detto il presidente del Senato, Renato Schifan.

13:39

Un centinaio di studenti medi arriva al Gianicolo 108 –

E' giunta al Gianicolo una parte degli studenti dei licei romani che questa mattina è partita in corteo contro il ddl Gelmini da piazza Trilussa. Qui hanno esposto un grande striscione con su scritto: 'Il futuro e' nostro e ce lo riprendiamo'.

13:34

Studenti romani tornano a bloccare la tangenziale 107 –

Il corteo degli studenti dell'Università La Sapienza di Roma ha occupato pacificamente la rampa che immette da via Prenestina alla Tangenziale Est di Roma. Dopo aver percorso alcune centinaia di metri di via Prenestina, il corteo ha effettuato una improvvisa 'inversione a U' ed è entrato sulla rampa d'accesso alla tangenziale.

13:26

Bloccata a Roma via Prenestina 106 –

Il corteo studentesco di Roma dopo aver bloccato la tangenziale est si è diretto sulla Presentina. In questo momento il traffico sulla strada è bloccato

13:25

Corteo studenti medi deviato prima del ministero 105 –

Niente ministero dell'Istruzione: il corteo partito da Piramide è stato deviato, all'altezza di largo Bernardino da Feltre, a una cinquantina di metri dalla sede della pubblica istruzione, verso via delle Mura Aureliane dalle forze dell'ordine, di concordo con i manifestanti, che hanno accettato tranquillamente e senza creare alcun disordine il cambio di programma. E ora il corteo si sta dirigendo nuovamente verso il quartiere Ostiense.

13:23

Bloccato porto di Napoli, accuse anche a Pd e Fiat 104 –

Non si ferma la protesta degli studenti a Napoli. Il corteo ha raggiunto piazzale Pisacane, il varco attraverso il quale i camion che trasportano le merci accedono al porto. Continuano ad invocare uno sciopero generale, per "bloccare il Paese e rispondere così a chi sta cercando di bloccare il loro futuro". Le contestazioni non sono rivolte solo al ministro Gelmini, ma anche "a Bersani, al Pd e a tutta l'opposizione, al presidente di Confindustria Marcegaglia, alla ad di Fiat Marchionne e ai sindacati che stanno distruggendo il contratto di lavoro".

13:22

A Palermo nuova manifestazione nel pomeriggio 103 –

Una manifestazione contro il ministro Gelmini e la riforma universitaria è stata annunciata da studenti universitari per oggi pomeriggio alle 16.30 davanti al Teatro Massimo di Palermo.

13:20

Al Senato ostruzionismo delle opposizioni 102 –

Sono ripresi gli interventi in dissenso dal gruppo di senatori del Pd e dell'Italia dei Valori impegnati nell'esame del ddl Gelmini. La mancanza di un accordo in Conferenza dei capigruppo e la decisione delle opposizioni di usare ogni strumento previsto dal Regolamento ha fatto ripartire l'ostruzionismo.

13:19

Studenti presidiano rettorato di Bari 101 –

Alcune decine di studenti si sono radunate stamani in piazza Umberto I, davanti all'ateneo di Bari, manifestando il proprio dissenso contro il disegno di legge Gelmini sulla riforma dell'Università. Successivamente gli studenti hanno attuato un presidio nei corridoi del rettorato.

13:18

Bossi: "Studenti oggi sono di meno, hanno capito" 100 –

"Gli studenti? Mi sa che sono diminuiti un bel po'. Lo vedete anche voi che sono molti di meno". Il leader della Lega, Umberto Bossi, commenta così la possibilità di disordini in piazza da parte degli studenti contro la riforma universitaria che la maggioranza sta per approvare al Senato. "Pure loro - aggiunge - mi sa che si sono resi conto del fatto che molti corsi universitari sono davvero inutili".

13:16

Manifestanti bloccano tangenziale est di Roma 99 –

I manifestanti che si sono mossi dalla Sapienza per sfilare in corteo lungo le vie di Roma hanno bloccato per circa mezz'ora l'uscita Prenestina della tangenziale est di Roma. Il traffico ha ripreso a scorrere regolarmente solo da pochi minuti.

13:15

Studenti romani annunciano: "Siamo 20 mila" 98 –

"Siamo ventimila". Lo dicono gli studenti della Sapienza che stanno dando vita ad un corteo 'periferico' lontano dalla zona rossa del centro.

13:14

Un corteo dei medi romani quasi arrivato al ministero 97 –

E' quasi arrivato al Ministero dell'Istruzione, a Viale Trastevere il corteo di studenti e lavoratori partito dalla Piramide. 'Scortato' da polizia e carabinieri, al grido di "scendi giù, scendi giù, manifesta pure tu", i manifestanti raccolgono anche la solidarietà di chi, - dall'alto di un balcone di Via Ippolito Nievo - li accoglie con un "bravi, bravi", mentre due fumogeni rossi, tenuti saldamente in mano da due ragazzi, hanno illmuninato la strada sotto il cielo nuvoloso di Roma che a tratti non risparmia la pioggia.

13:13

Studenti Udu chiede incontro a Napolitano 96 –

Gli studenti chiedono un incontro al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Caro Presidente - scrive l'Unione degli Studenti nella richiesta - ancora una volta in tutta Italia gli studenti universitari e medi stanno manifestando contro l'approvazione del ddl Gelmini al Senato. Da anni - ricorda l'Udu - chiediamo che l'università cambi, siamo i primi che denunciamo che l'università che viviamo non funziona. La riforma proposta dal Ministro Gelmini - sottolineano - a nostro avviso non risolve nessuno dei problemi che noi poniamo, anzi li aumenta con tagli indiscriminati e la cancellazione del diritto allo studio".

13:12

Al Pigneto corteo romano dona pacco a immigrati 95 –

Gli studenti che manifestano a Roma contro l'approvazione del ddl Gelmini hanno consegnato un pacco al Comitato di quartiere Prenestino-Pigneto e in particolare ai migranti in segno di solidarietà. Si tratta del quinto pacco simbolico che gli studenti consegnano dall'inizio del corteo partito da piazzale Aldo Moro.

13:10

Nuova sassaiola a Palermo vicino ospedale 94 –

Nuovo lancio di sassi durante il corteo degli studenti medi e universitari di Palermo che stanno manifestando contro la riforma Gelmini. Il gruppo di manifestanti, arrivato in via Maqueda, all'altezza dell'Ospedale dei Bambini, ha iniziato a lanciare nuovamente sassi contro una decina di uomini ritenuti, dai giovani, agenti di polizia in borghese.

13:08

A Torino lancio ortaggi al Pdl e slogan contro Saviano 93 –

Nuovo attacco degli studenti contro la sede del Pdl a Torino. I giovani dopo aver raggiunto in corteo la sede in corso Vittorio hanno lanciato pietre, uova, frutta ed acceso alcuni fumogeni. Dal corteo sono stati urlati anche slogan contro Saviano: "Saviano fatti i fatti tuoi alla riforma ci pensiamo noi".

13:07

Comune Venezia organizza incontro-polizia studenti 92 –

Domani Sindacati di Polizia e studenti si incontreranno a Cà Farsetti, sede del Comune di Venezia. L'assessore comunale alle Politiche educative, Andrea Ferrazzi, presiederà una conferenza stampa per relazionare sull'incontro organizzato dal suo assessorato tra i sindacati della Polizia di Stato e una rappresentanza di studenti delle scuole superiori e dell'Università. All'incontro a porte chiuse parteciperà lo stesso Ferrazzi, spiega una nota del Comune.

13:04

Corteo al Pigneto intona "Bella Ciao" 91 –

Il corteo studentesco di Roma sta attraversando ora il quartiere del Pigneto. I giovani intonano "Bella Ciao" ricevendo gli applausi di passanti e persone affacciate alle finestre.

13:02

Bossi: "Rosi Mauro brava, tv ha tagliato frasi" 90 –

"Rosi Mauro è brava. Aveva ben chiaro cosa voleva. E' la tv che può tagliare delle frasi". Il leader della Lega, Umberto Bossi, commenta così le polemiche esplose a proposito della conduzione dell'aula da parte del vicepresidente di Palazzo Madama, Rosi Mauro, ieri al Senato durante l'esame della riforma dell'università. Forse è stato un momento di nervosismo? "Può capitare a tutti...", risponde il ministro per le Riforme.

13:01

Bonelli: "Pronti a referendum contro ddl Gelmini" 89 –

"In questo momento in Parlamento si sta consumando un delitto. Con la riforma Gelmini si sta rubando il futuro ai giovani". Lo dichiara il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli che è al corteo del movimento degli studenti e che annuncia '''se la riforma Gelmini verrà approvata noi Verdi siamo pronti a raccogliere le firme per il referendum abrogativo e proponiamo a tutte le forze di opposizione di farlo insieme per respingere al mittente questa riforma disastrosa".

12:59

Corteo milanese manda traffico in tilt 88 –

Il corteo degli studenti universitari milanesi, che protestano contro il ddl Gelmini, non si è fermato alla sede della facoltà di Scienze politiche, come era previsto, ma ha deciso di proseguire il suo tragitto. I circa 300 manifestanti hanno quindi bloccato per diversi minuti piazza del Tricolore, mandando in tilt il traffico lungo viale Bianca Maria e scatenando la furia degli automobilisti bloccati in lunghe code.

12:58

Finocchiaro: "Faremo ricorso a ogni strumento" 87 –

"Abbiamo fatto una proposta molto chiara: si impegni la maggioranza a cancellare questa norma incomprensibile e contraddittoria e i lavori vanno avanti come stabilito nel calendario. Abbiamo fatto un'offerta alla maggioranza e al ministro Gelmini: questa legge non ha nessuna data di scadenza, nessun termine perentorio da rispettare perché non è la legge finanziaria. Abbiamo detto: ci sia l'intesa per eliminare l'art. 29 e l'esame del testo procederà. Di fronte a questa ragionevolissima proposta ci è stato risposto in maniera negativa. A questo punto il mio gruppo ritiene di non accedere a nessun accordo sul prosieguo dei lavori. Faremo ricorso a ogni strumento previsto dal Regolamento ma senza incendiare alcunché": lo ha detto la presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, intervenuta in Aula sulle decisioni della Conferenza dei capigruppo in ordine all'esame del ddl Gelmini.

12:56

Gasparri: "Senato lavorerà a oltranza" 86 –

"Lavoreremo ad oltranza fino a quando questo disegno di legge non verrà approvato". Lo annuncia il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri al termine della Conferenza dei capigruppo dove la maggioranza ha respinto la proposta del' opposizione di rimandare il provvedimento alla Camera per correggere l'errore delle norme contraddittorie sui professori aggregati garantendo una rapida approvazione del testo al Senato e poi alla Camera.

12:48

Roma, cori contro Alemanno 85 –

Cori contro il sindaco di Roma Gianni Alemanno dal corteo degli studenti: "Ha attaccato le manifestazioni per far dimenticare la parentopoli in cui è coinvolto".

12:43

Roma, pacco al deposito Atac 84 –

Un nuovo ''pacco di Natale'' e' stato consegnato dagli studenti universitari alla sede dell'Atac di Roma in piazzale Caballini, in zona Prenestino. Il lungo corteo ha appena imboccato la via Prenestina ed e' stato accolto dagli applausi di piu' persone affacciate dai balconi delle finestre. Applausi ai quali gli studenti hanno risposto con urli di gioia e saluti.

12:39

Ddl, nessun accordo nella Capigruppo 83 –

Nessun accordo alla Conferenza dei capigruppo del Senato su come proseguire nella votazione del ddl Gelmini di riforma dell'Università. Le opposizioni insistono: il governo deve modificare l'art. 29 perchè in conflitto con altre norme. Se così non sarà, Pd e IdV andranno avanti con le votazioni degli emendamenti e non danno nessuna garanzia sui tempi di approvazione del provvedimento.

12:38

Palermo, cassonetti incendiati 82 –

Alcuni studenti che protestano contro il ministro Gelmini mentre seguono il corteo diretto all'ateneo palermitano si fermano rivoltando i cassonetti dell'immondizia che incontrano lungo il cammino. Alcuni contenitori sono anche stati incendiati.

12:32

Torino, farina contro sede Mediolanum 81 –

Gli studenti torinesi che stanno percorrendo in corteo le vie del centro del capoluogo piemontese hanno presidiato per alcuni minuti la sede della Banca Mediolanum, in corso Galileo Ferraris. Contro le vetrine sono state lanciate uova e farina e sono stati accesi alcuni fumogeni.

12:30

Palermo, continuano gli scontri 80 –

La protesta degli studenti contro la riforma Gelmini dell'università a Palermo continua a manifestarsi con gesti di violenza, sassaiole e il rovesciamento di cassonetti di rifiuti in mezzo alle strade. Davanti all'ospedale pediatrico "Di Cristina" alcuni dimostranti hanno additato un gruppo di uomini come poliziotti in borghese e li hanno bersagliati con sassi. Gli uomini si sono allontanati e sono stati inseguiti da individui con indosso caschi, che hanno continuato a lanciare pietre contro di loro.

12:27

Roma, tensione per auto carabinieri in mezzo al corteo 79 –

Gli studenti dopo avere attraversato il quartiere San Lorenzo stanno andando verso la via Prenestina dunque in direzione dei quartieri periferici della capitale. Momenti di tensione quando una macchina di carabinieri seguita da 4 auto blu è piombata in mezzo al corteo. Immediata la retromarcia accompagnata dalla reazione degli studenti.

12:26

Pisa, ricercatori "appesi ad un filo" 78 –

Blitz nella piazza antistante il Comune stamani a Pisa da parte di dottorandi e ricercatori precari dell'Università che hanno issato una corda sul balcone di un edificio pubblico e poi una di loro, imbracata alla fune, è rimasta sospesa nel vuoto, per denunciare che con la "riforma Gelmini la ricerca è appesa ad un filo".

12:25

Ancona, studenti si spogliano in Comune 77 –

Alcuni studenti delle medie superiori hanno occupato la sala consiliare del Comune di Ancona e si sarebbero denudati, in concomitanza con le proteste contro il decreto Gelmini. La manifestazione è durata alcuni minuti, poi i ragazzi hanno incontrato il sindaco Fiorello Gramillano e l'assessore all'istruzione Andrea Nobili.

12:22

Roma, studenti verso il Gianicolo 76 –

Dopo aver percorso viale Trastevere gli studenti dei licei romani scesi in piazza contro il ddl Gelmini hanno attraversato le strade del quartiere romano decidendo di dirigersi verso il Gianicolo e non più verso il ministero dell'Istruzione.

12:18

Napoli, studenti nel porto 75 –

Si trovano sulla banchina del molo Beverello, nel porto di Napoli, i manifestanti del corteo contro la riforma Gelmini. Alcuni dei partecipanti hanno anche tentato di occupare un aliscafo diretto alle isole del golfo, senza però riuscirvi.

12:15

Roma, boato di gioia per la disponibilità di Napolitano 74 –

Un boato di gioia si è levato dal corteo degli studenti che sfila, in questo momento, per via dello scalo di San Lorenzo all'annuncio che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è detto disponibile ad incontrate una delegazione di studenti.

12:14

Camusso: "Adesso no allo sciopero generale" 73 –

"Nessuno esclude lo sciopero generale, ma per ora a nostro avviso non ci sono le condizioni": lo ha detto la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso,

12:13

Roma, cori contro i giornalisti 72 –

Sono i giornalisti e le forze dell'ordine i bersagli degli slogan urlati dai manifestanti del corteo partito da Piramide. "Giornalisti primo nemico", "giornalisti terroristi". Gli studenti e i lavoratori, ora arrivati a Porta Portese, stanno facendo esplodere alcuni petardi.

12:10

Roma, pacco al comitato per l'acqua pubblica 71 –

Un pacco regalo è stato consegnato dagli studenti che manifestano a Roma contro l'approvazione del ddl Gelmini al comitato per l'acqua pubblica di San Lorenzo. Il corteo sta attraversando via dello Scalo di San Lorenzo.

12:07

Dopo scontri, studenti Palermo puntano su ateneo 70 –

Gli studenti palermitani che protestano contro la riforma dell'Università e il ministro Gelmini, dopo gli scontri in piazza Indipendenza, hanno percorso corso Vittorio Emanuele e ora si sono riuniti in un corteo che sta sfilando per via Maqueda diretto alla cittadella universitaria di viale delle Scienze.

12:06

Incontro con Napolitano non ancora richiesto 69 –

L'incontro con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non è stato ancora ufficialmente chiesto dagli studenti che protestano contro la riforma Gelmini, ma fonti del Quirinale fanno sapere che quando ci sarà la richiesta, il presidente è disponibile all'incontro.

12:05

Studenti romani a S. Lorenzo: "Vicini a chi soffre la crisi" 68 –

Sta attraversando via dei Reti, nel quartiere San Lorenzo, il corteo degli studenti che manifestano contro l'approvazione del ddl Gelmini. "Abbiamo scelto i quartieri popolari -sottolinea uno degli organizzatori della manifestazione- per essere vicini a chi soffre realmente la crisi".

12:04

Studenti feriti in scontri con polizia a Palermo 67 –

Negli scontri di Palermo anche alcuni giovani sarebbero rimasti feriti, secondo quanto loro stessi hanno raccontato, dalle manganellate delle forze di polizia. In particolare uno di loro ha affermato di essere stato colpito al capo, mentre alcuni studenti dicono che un altro ragazzo ha riportato la rottura della mascella.

12:03

Giornalista colpita a Palermo è cronista Ansa 66 –

La giornalista colpita da un grosso sasso al braccio sinistro è Simona Licandro che sta seguendo le manifestazioni degli studenti per l'Ansa.

11:59

Napolitano pronto a ricevere studenti 65 –

Il capo dello Stato, si apprende da fonti del Quirinale, sarebbe disposto a ricevere gli studenti che protestano contro il ddl Gelmini.

11:54

Studenti torinesi in cortile palazzo Carignano 64 –

Gli studenti indipendenti guidati da un gruppo di giovani vestiti da garibaldini, come annunciato, hanno raggiunto la sede del palazzo Carignano e sono entrati nel cortile dove terranno una seduta simbolica del Parlamento per approvare la loro riforma dell'università. Agli studenti indipendenti si sono anche aggiunti gli studenti del Conservatorio che hanno portato all'interno del cortile di Palazzo Carignano i loro strumenti musicali.

11:52

Assunzioni lampo, Udc chiede dimissioni rettori romani 63 –

L'Udc chiede le dimissioni dei rettori delle università romane La sapienza e Tor Vergata: "le assunzioni-lampo a pochi giorni dall'approvazione della riforma dell'università sono uno schiaffo agli studenti e ai ricercatori", afferma il deputato centrista Luca Volonté in una nota.

11:48

Studenti ricevuti da segretaria Cgil Camusso 62 –

Una delegazione di studenti è stata ricevuta stamane dal segretario generale Cgil Susanna Camusso. Ai giovani, che invocano lo sciopero generale contro il ddl Gelmini, la leader sindacale avrebbe promesso l'intenzione della Cgil di valutare azioni di protesta congiunte, eventualmente anche uno sciopero generale, da realizzare in primavera.

11:46

Polizia carica studenti in piazza S. Nazaro in Brolo a Milano 61 –

Scontro tra studenti e forze dell'ordine in piazza San Nazaro in Brolo. Le forze dell'ordine hanno usato i manganelli contro un gruppo di manifestanti partiti in corteo dalla Statale.

11:45

Petardi e uova contro Questura di Napoli 60 –

Alcuni petardi sono stati fatti esplodere al passaggio della coda del corteo dei manifestanti che sta sfilando a Napoli contro la riforma Gelmini. Le esplosioni sono avvenute nei pressi della sede della Provincia e della Questura. Dai manifestanti anche lanci di uova.

11:44

Sassi e bottiglie contro Questura di Palermo 59 –

Un gruppo di giovani, che faceva parte del corteo di protesta contro la riforma dell'Università, ha lasciato palazzo d'Orleans e si è diretto in piazza della Vittoria, dove ha lanciato sassi e bottiglie contro il portone della Questura di Palermo. Davanti gli uffici della polizia vi sono alcuni agenti.

11:43

Gelmini: "Mi auguro non ci siano incidenti gravi" 58 –

"Mi auguro che tutto si svolga senza avere incidenti gravi". E' l'auspicio espresso dal ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, alla luce delle proteste studentesche in corso in tutta Italia durante le quali si sono verificati scontri.

11:41

Studenti in corteo con post-it: "Siamo tutti indasponibili" 57 –

"Siamo tutti indasponibili". E' lo slogan scritto sui post it che alcuni studenti che aprono il corteo contro il ddl Gelmini si sono attaccati in faccia. I manifestanti stanno per raggiungere piazzale del Verano.

11:37

Manifestazione a L'Aquila: "No all'aziendalizzazione" 56 –

Una delegazione di 50 studenti dell'università, delle scuole superiori e dei movimenti citatdini sta manifestando all'Aquila nel polo universitario di Coppito. Uno striscione dice "No all'aziendalizzazione", un altro, esposto dal "comitato 3.32", ricorda che "Il futuro dell'università è il futuro della città".

11:37

A Torino studenti bloccano libreria Mondadori 55 –

Il corteo degli studenti torinesi che sta sfilando per le vie di Torino per protestare contro la riforma Gelmini, ha presidiato per qualche minuto l'ingresso della libreria Mondadori. Su una vetrata i manifestanti hanno attaccato uno striscione con la scritta "Questo governo è fumo negli occhi" mentre davanti all'ingresso hanno srotolato un altro striscione "Voi in Senato, noi nelle piazze". Ora il corteo sta riprendendo la marcia.

11:35

Parte corteo a Milano, tensione con la polizia 54 –

È partito a Milano il corteo degli studenti che si erano dati appuntamento di fronte all'università statale di per protestare contro il disegno di legge Gelmini. Sono oltre 300 al momento e stanno bloccando le vie del centro. Pochi minuti dopo la partenza del corteo ci sono stati attimi di tensione con le forze dell'ordine: gli studenti hanno "forzato" un iniziale blocco predisposto dalla polizia. Sul posto stanno accorrendo numerosi agenti in tenuta anti-sommossa e varie camionette della polizia di stato e dei carabinieri.

11:33

Lancio di vernice contro provincia di Napoli 53 –

Lanci di uova piene di vernice rossa contro il portone della Provincia di Napoli. Il gesto da parte di alcuni manifestanti alla testa del corteo contro la riforma Gelmini in corso a Napoli. Accesi numerosi fumogeni.

11:31

Colpito giornalista in scontri a Palermo 52 –

Davanti alal sede della Regione gli studenti palermitani hanno lanciato anche sassi. Uno di questi ha colpito un giornalista a una mano, rendendo inservibile il telefono cellulare che impugnava in quel momento. Il cronista non è rimasto ferito. Alcuni manifestanti hanno rovesciato un cassonetto di rifiuti in piazza Indipedenza e hanno appiccato il fuoco.

11:30

Circa 10 mila gli studenti partiti da La Sapienza 51 –

Stando a una stima approssimativa, sono circa diecimila gli studenti che si sono mossi in corteo dall'ateneo romano della Sapienza.

11:27

A Roma altro corteo delle medie diretto a Ministero 50 –

Un secondo corteo di poco meno di un centinaio di ragazzi delle superiori sta partendo dal Piazzale Ostiense e si sta muovendo verso il Ministero dell'Istruzione.

11:21

A Napoli in corteo insieme studenti e disoccupati 49 –

Un corteo di studenti universitari e medi, disoccupati del progetto Bros, Cobas e Centri sociali è partito poco fa da Piazza del Gesù, nel centro storico di Napoli. I manifestanti - "migliaia", secondo gli organizzatori, poco più di mille secondo le forze dell' ordine - dovrebbero raggiungere il centro della città, ma il percorso non è stato concordato.

11:20

Scontri davanti palazzo Regione a Palermo 48 –

Scontri tra studenti e forze dell'ordine davanti alla sede della presidenza della Regione siciliana a Palermo. I manifestanti hanno tentato ripetutamente di fare irruzione a Palazzo d'Orleans, e sono stati respinti da polizia e carabinieri. Dopo vari assalti, dai dimostranti è partito un lancio di uova e arance. Qualcuno ha divelto un cartello stradale che è stato pure scagliato contro le forze dell'ordine, le quali hanno caricato usando i manganelli.

11:20

Presidente Senato convoca riunione capigruppo 47 –

Il presidente del Senato Renato Schifani ha convocato la conferenza dei capigruppo subito dopo l'approvazione dell'art. 10 del ddl Gelmini. L'Aula ha ripreso stamane la votazione degli emendamenti in un clima di tensione. Il senatore del Pd Luigi Zanda, e prima di lui il capogruppo dell'IdV, Felice Belisario, hanno detto di non condividere la decisione di convocare la capigruppo.

11:17

Studenti romani consegnano pacco al Policlinico 46 –

Il corteo degli universitari romani ha sostato davanti al policlinico Umberto I dove ha simbolicamente consegnato un pacco di regalo con "i tagli della alla sanità ed alla ricerca di questo governo'.

11:16

A Torino studenti vestiti da garabaldini 45 –

E' appena partito da Palazzo Campana uno dei cortei degli studenti universitari torinesi. In testa lo striscione "Contro la farsa del Parlamento... Siamo l'inizio del cambiamento. Costruiamo l'altrariforma". A portarlo gli studenti vestiti da garibaldini, che hanno con se anche il tricolore e che in questo momento sono fermi davanti a Palazzo Carignano, sede del primo Parlamento italiano, dove intenderebbero entrare per votare simbolicamente la loro riforma.

11:15

Petardi contro sede regione Sicilia 44 –

Diversi pertardi sono stati lanciati a Palermo contro le sedi dell'Assemblea regionale siciliana e della presidenza della Regione durante la nuova protesta degli studenti contro la riforma Gelmini dell'università.

11:14

Forza Nuova tinge fontane anche ad Ancona 43 –

Ad Ancona i militanti di Lotta Studentesca, formazione collegata al movimento di estrema destra Forza Nuova, hanno reso noto di avere colorato di rosso la Fontana dei Cavalli di piazza Roma, nell'ambito di una manifestazione in corso in 100 città italiane. "Oggi le nostre fontane si tingono di rosso - è detto in una nota - come le casse dell'istruzione pubblica".

11:11

Striscione "Noi liberi per la città" apre il corteo a Roma 42 –

"Voi solo nella zona rossa, noi liberi per la città. Studenti per lo sciopero generale". Con questo striscione si apre il corteo da poco partito dall'università La Sapienza di Roma. Tanti gli striscioni esposti dagli studenti, come quello che dice 'occupiamoci di contemporaneo' e un altro su cui si legge 'con la cultura non si mangia, figuriamoci con l'ignoranza.

11:07

Circa in 500 a corteo studenti di Cagliari 41 –

Circa 500 studenti universitari e delle scuole superiori di Cagliari sono partiti stamane da piazza Garibaldi per manifestare per le vie della città, per protestare contro la riforma Gelmini, all'approvazione del Senato.

11:05

Liceali romani in corteo con mani bianche 40 –

Gli studenti medi di Roma hanno lasciato piazza Trilussa e stanno percorrendo Lungotevere Sanzio sollevando le mani dipinte di bianco "in segno di pace e contro ogni forma di violenza". A formare il corteo diverse centinaia di studenti dei licei della capitale. In testa lo striscione "La vostra cultura è la forza. La nostra forza è la cultura".

11:04

Striscione alla Spaienza: "Zona rossa per il ddl" 39 –

In cima alll'ingresso dell'università la Sapienza di Roma compare uno striscione disteso dagli studenti su cui c'è scritto 'zona rossa per il ddl' con il riferimento alla riforma Gall'esame del Senato.

11:01

Il corteo degli studenti sta partendo da La Sapienza 38 –

Il corteo degli universitari romani sta lasciando ora piazzale Aldo Moro, sede della Sapienza.

10:50

Frattini: "Governo si sta facendo carico preoccupazioni giovani" 37 –

Il ministro degli Esteri Franco Frattini è intervenuto a Mattino Cinque questa mattina sulla riforma dell'Università e, in particolare, sul ruolo del presidente della Repubblica al quale gli studenti si appellano contro la riforma voluta dal ministro Mariastella Gelmini e dal Governo. ''Il capo dello Stato ha detto parole di enorme buon senso l'altro ieri, ha detto che il diritto di manifestare pacificamente nessuno lo vuole e può mettere in discussione, e che anzi delle inquietudini dei giovani italiani bisogna darsi carico'', ha sottolineato Frattini. ''Comunque, devo dire - ha aggiunto - che il governo si sta facendo carico delle preoccupazioni" dei giovani.

10:48

A Venezia lucchetti agli ingressi delle facoltà 36 –

Dalle dieci alle venti porte di sedi universitarie chiuse con lucchetti: il movimento studentesco veneziano ha aperto con una "operazione" in grande stile la giornata in cui il decreto del ministro dell'istruzione sta per essere approvato dal Senato. Lo scacco, che ha dato molto da fare ai vigili del fuoco i quali hanno dovuto aprire le sedi ad una ad una, ha scherzosamente simulato un maxisequestro dell'Università da parte delle forze dell'ordine a causa del comportamento dei rettori veneziani.

10:46

A Milano corteo sindacati legge Costituzione ai semafori 35 –

Una cinquantina di rappresentanti del Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente è partita in corteo da largo Cairoli contro la riforma Gelmini, da ieri in discussione al Senato. Il gruppo si trova al momento in via Molino delle Armi e blocca il traffico fermandosi agli incroci per leggere gli articoli della Costituzione.

10:43

Oltre 400 gli emendamenti ancora da esaminare al Senato 34 –

Sono circa 400 gli emendamenti che il Senato in giornata dovrà esaminare e votare. Dopo la bagarre di ieri sera sull'articolo 6 del ddl Gelmini, dove è stato evidenziato un "pasticcio" dovuto ad una norma che viene modificata in quell'articolo e poi cassata in un articolo successivo, il 29, della stessa legge, su decisione della presidenza, l'esame degli emendamenti riprende dall'articolo 7 e proseguirà per l'intera giornata sui 29 articoli della riforma universitaria. L'articolo 6, per ora accantonato, verrà votato alla fine dell'esame del ddl e verranno rivotati quegli emendamenti che, in un momento di caos, erano stati dati per approvati dalla presidente di turno Rosi Mauro. Le opposizioni insistono, anche stamane, sulla necessità di modificare il ddl, perché gli articoli 6 e 29 sono in contraddizione fra loro mentre il governo intende sanare la contraddizione in sede di conversione del decreto legge milleproroghe.

10:41

"Liberi per la città" tra parole d'ordine a Roma 33 –

La tangenziale est, il Pigneto e il Casilino. Questi alcuni dei 'punti' che verranno probabilmente toccati dagli studenti che si stanno preparando a partire in corteo a Roma dall'università La Sapienza. Niente palazzi del potere, quindi, "noi liberi per la città", come recita uno striscione. Un gruppetto dovrebbe a un certo punto anche staccarsi per andare a consegnare una lettera al Quirinale per il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Intanto, oltre al corteo della sapienza, studenti si stanno radunando anche a piramide, ma pure a piazza trilussa e a via ostiense. Ci sono state poi, e ci saranno ancora, anche piccole manifestazioni spontanee in altre zone della città.

10:40

Udu chiede a Napolitano di non firmare ddl Gelmini 32 –

Gli studenti dell'Udu, l'Unione degli univetrsitari, che oggi protestano contro la riforma chiedono al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "che si è più volte espresso sull'importanza della formazione e per l'ascolto delle proteste, di non firmare il ddl Gelmini".

10:38

Consegnato pacco vuoto alla Cgil: "Mettiamoci lo sciopero" 31 –

Una delegazione formata da una ventina di studenti mascherati da Babbo Natale ha lasciato piazzale Aldo Moro per raggiungere la sede della Cgil in corso d'Italia e lasciare un grande pacco natalizio. Un pacco vuoto che, spiegano gli studenti, "vorremmo fosse riempito di migliaia e milioni di lavoratori in sciopero". Sul pacco un biglietto esplicita la richiesta degli studenti: "caro Babbo Natale, visto che quest'anno siamo stati buoni perché, assieme alla Cgil, non ci regali un grande sciopero generale?"

10:36

Studenti Palermo vogliono occupare sedi Regione 30 –

Gli studenti palermitani sono pronti a tentare l'occupazione delle sedi della Regione siciliana. Le loro "armi" sono i book block, pannelli di polistirolo e legno con disegnate le copertine di libri famosi, che rappresentano gli "scudi" degli studenti, e palloncini pieni di vernice. Prima della partenza i professori hanno raccomandato agli studenti di "sorprendere non usando la violenza".

10:27

Studenti gridano "noi non siamo black bloc" 29 –

"Noi non siamo black bloc". Questo è uno degli slogan con cui sono scesi in piazza gli studenti dei licei romani. Sono oltre 200 i ragazzi che si sono radunati a piazza Trilussa nella capitale in una giornata cruciale per l'approvazione del ddl Gelmini.

10:24

Studenti presidiano ingresso Statale di Milano 28 –

Un centinaio di studenti stanno presidiando l'ingresso della statale di Milano, in via Festa del perdono, per protestare contro il disegno di legge Gelmini. Gli studenti hanno preannunciato piccole azioni simboliche ma senza creare disordini per evitare che si ripetano gli scontri di Roma. Alcuni studenti si sono appesi alle giacche dei post-it con scritte contro la riforma tra cui "armati di cultura", "il diritto allo studio è diritto costituzionale", "il ricercatore precario chiede di fare ricerca", "arresto preventivo della cultura".

10:22

A Catania fontane colorate di rosso 27 –

I militanti di estrema destra aderenti a Forza Nuova hanno colorato di rosso l'acqua di alcune fontane del centro cittadino e della provincia di Catania.

10:21

Studenti medi bloccano Lungotevere 26 –

Il Lungotevere gianicolense è stato bloccato dal corteo degli studenti medi diretti in piazza Trilussa. I manifestanti sono circa 300.

10:19

Tre cortei a Palermo, ma partecipazione ridotta 25 –

Tre cortei studenteschi si sono mossi poco dopo le 10 a Palermo da tre diversi punti della città, ma almeno finora la partecipazione alla nuova protesta contro la riforma Gelmini dell'università è molto inferiore rispetto alle precedenti manifestazioni.

10:14

Gasparri: "Spero in giornata diversa da 14 dicembre" 24 –

"Le manifestazioni sono il sale della democrazia". Lo ha detto il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri intervenendo a Omnibus su la7. "Mi auguro - ha affermato - che sia una giornata diversa da quella del 14 dicembre. Le manifestazioni sono fantasiose, creative, corrosive sul piano dialettico ma senza violenza".

10:13

Un corteo romano passerà in quartieri S. Lorenzo e Pigneto 23 –

Sfilerà per le vie di San Lorenzo e del Pigneto il corteo in partenza dall'università La Sapienza di Roma, dove si sono radunati gli studenti che protestano contro l'approvazione del ddl Gelmini. Fino all'ultimo gli studenti hanno mantenuto il più stretto riserbo sul percorso del corteo e solo ora hanno reso noto che attraverseranno i quartieri popolari della capitale.

10:07

Alla protesta Babbo Natale e Costituzione 22 –

Con cappelli da Babbo Natale, maschere che richiamano il film 'V per Vendetta' e un 'waka waka' anti Gelmini gli studenti che si sono dati appuntamento oggi in piazzale Aldo Moro cercano di esorcizzare la pioggia che comincia a cadere su Roma. In tanti, poi, hanno preso alla lettera l'invito lanciato da Marco Travaglio su il "Fatto Quotidiano" e si sono presentati Costituzione alla mano, altri con stralci degli articoli della Carta Costituzionale copiati su grandi cartelli.

10:04

Dagli studenti pacchi regali con le loro richieste 21 –

I cortei studenteschi distribuiranno in giro per Roma pacchi regalo con le loro richieste. Tra queste "tassazione delle rendite finanziarie", "basta veline in parlamento", "abolizione legge 30 sulla precarietà", "tutela e valorizzazione beni culturali". Tra i destinatari dei pacchi anche i giornalisti più fedeli al premier come Fede, Feltri, Sallusti, Belpietro e Porro.

10:02

Gelmini: "Parentopoli non è caso isolato" 20 –

"E' un atteggiamento purtroppo molto diffuso nelle università. I casi degli ultimi giorni non sono isolati. In molte università assistiamo alla promozione di parenti, amici e amici di amici. E questo 'sporca' il lavoro di quelli che lavorano e danno lustro all'università". Lo ha detto il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, in collegamento alla trasmissione Mattino 5.

10:00

Gelmini: "Non comprendo proteste contro mio ddl" 19 –

"Rispetto chi protesta, ma non ne comprendo fino in fondo le ragioni". Così il ministro dell'università, Mariastella Gelmini, a 'Mattino cinque' sui cortei in corso oggi a Roma e in molte città d'Italia. "Non comprendo fino in fondo le loro ragioni legate alla riforma - spiega il ministro - comprendo invece il disagio sociale dei giovani. Ma il compito della politica non è cavalcare le proteste, il compito è quello di trovare soluzioni".

09:57

Partenza cortei La Sapienza previsti dopo 10.30 18 –

Lentamente gli studenti stanno confluendo in piazzale Aldo Moro a Roma, sede della Sapienza, da dove partiranno i cortei intorno alle 10.30 Nel piazzale antistante l'università la sapienza spiccano più che il numero dei manifestanti la massiccia presenza delle forze dell'ordine presenti con nove blindati.

09:56

Ripreso al Senato esame ddl Gelmini 17 –

L'aula del Senato ha ripreso da pochi minuti la discussione del ddl Gelmini. Si riparte dall'esame dell'articolo 7 del provvedimento, dopo che le votazioni effettuate ieri sera sotto la presidenza di Rosi Mauro sono state annullate.

09:55

Studenti Palermo: "Movimento non ha partiti amici" 16 –

"Non abbiamo partiti amici, molti si sono schierati con noi soprattutto quando c'era da spingere sul voto di fiducia al governo. Poi si sono allontanati, scaricandoci nel caso dei scontri a Roma. Da Saviano a Vendola hanno subito cambiato idea. Non ci lasciamo strumentalizzare da questo tipo di politica". Lo dice uno dei leader della protesta universitaria a Palermo, Giorgio Martinico, studente di Lettere.

09:50

Da studenti "regalo" per la Cgil con domanda sciopero 15 –

Tra i luoghi di Roma toccati dai cortei studenteschi pare ci sarà sicuramente la sede della Cgil dove gli studenti intendono recapitare un "pacchetto di Natale" con la richiesta di sciopero generale.

09:42

Rabbia e ironia nei manifesti degli studenti 14 –

"Non trovo lavoro e quando lo trovo o è a nero o è precario. Non me posso permette una casa e so' costretto a restà coi miei. Me state a toglie il diritto alla salute e avvelenate il posto 'ndo vivo. Fra 40 anni se me dice bene me darete sì e no na pensione da fame. E mo' me state pure a caccià dall'università. PERMETTI CHE SO UN PO' INCAZZATO'". E' questo il testo di un manifesto firmato "militant" comparso all'ingresso della facoltà di medicina.

09:30

Gelmini: "Ci sono condizioni per approvare ddl" 13 –

"Credo ci siano le condizioni per approvarlo, siamo a metà del lavoro, sono stati votati circa la metà degli emendamenti e mi auguro che si vada velocemente verso l'approvazione di un provvedimento necessario e urgente per il futuro dell'università italiana e per distribuire le risorse in maniera virtuosa". Così il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, intervenuta a "Mattinocinque".

09:28

Uds mette i sigilli a oltre 100 scuole private 12 –

Blitz dell'UdS in oltre 100 scuole private da Nord a Sud (Milano, Firenze, Bologna, Cagliari, Napoli, Bari, Cosenza e altre). In mattinata l'Unione degli studenti ha 'sigillato' oltre 100 istituti con nastro da cantiere, per "porre l'accento sul processo di privatizzazione messo in campo da governi di ogni schieramento negli ultimi 15 anni, per demarcare la qualità dell'istruzione pubblica rispetto ad un'idea di formazione di elite, finanziata con moneta sonante dal ministero all'ultima Finanziaria".

09:23

Studenti divisi in gruppi per azioni in vari luoghi città 11 –

Secondo quanto si apprende in ambienti del movimento studentesco romano, i giovani si sarebbero divisi in gruppi. A ogni gruppo sarebbe stato assegnato un diverso settore della città dove compiere azioni eclatanti.

09:20

Letame davanti villa La Russa, ma è quella sbagliata 10 –

Il movimento di studenti Onda-anomala ha reso noto di avere compiuto la notte scorsa un'azione dimostrativa contro "la violenza repressiva del governo nazionale" versando dello sterco davanti uno dei cancelli d'ingresso della villa del ministro alla Difesa, Ignazio La Russa, a Ragalna, paese del Catanese alle pendici dell'Etna. L'azione, che è stata rivendicata con un'e-mail alle redazioni di diverse testate giornalistiche accompagnate da tre foto, non ha però trovato riscontro dagli accertamenti compiuti dai carabinieri. Probabilmente gli studenti hanno sbagliato villa.

09:14

MIlitari non presidiano le sedi di Cgil, Cisl, Uil 9 –

Curiosa scelta di ordine pubblico nel giorno in cui sono annunciate manifestazioni a Roma. Il presidio di militari con mimetica e mitra, che fino a ieri ha sorvegliato le sedi di Cgil, Cisl e Uil, è questa mattina scomparso.

09:11

Studenti: non adremo verso la |"zona rossa" 8 –

Gli studenti non rivelano il percorso del corteo ma assicurano che non andranno verso il centro, dove si trova la "zona rossa". Percorerranno "strade molto ampie". Questo rafforza l'ipotesi che il corteo intende dirigersi verso la sede nazionale dell CGIL, in Corso d'Italia, per chiedere lo sciopero generale.

09:07

Studenti: Corteo partirà regolamente da Piazza Aldo Moro 7 –

Dall'interno dell'Università i rappresentanti degli studenti assicurano che il corteo partirà regolarmente dal piazzale antistante la Sapienza. E che si aspettano una partecipazione inferiore rispetto a una settimana fa, giustificandola dal fatto che sono partiti per le vacanze di Natale molti degli studenti fuorisede.

09:05

Niente studenti alla Sapienza, solo Cc e Polizia 6 –

Scenario insolito davanti all'Università la Sapienza di Roma, a mezz'ora dal corteo: di studenti non c'è traccia, solo i furgoni delle televisioni e i blindati delle forze dell'ordine. Questi ultimi apparentemente in misura superiore rispetto al 14 dicembre.

09:02

Meloni: "A parte i violenti, ragazzi esprimono un disagio" 5 –

"A parte pochi violenti, sono ragazzi che protestano per esprimere un disagio vero: quello della prima generazione che fronteggia una realtà peggiore di quella dei loro padri". Il ministro per la Gioventù Giorgia Meloni, nel giorno della nuova mobilitazione nazionale, individua nel suo ministero e nella sua funzione il luogo di un confronto necessario fra istituzioni e nuove generazioni.

08:18

La diretta tv su Rep.it 4 –

Repubblica.it seguirà in diretta la manifestazione degli studenti: le telecamere di RepubblicaTv si divideranno tra i cortei degli universitari e degli studenti medi. Sul sito, i video dei flash mob e delle iniziative a sorpresa dai nostri inviati Daniele Mastrogiacomo, Fabio Tonacci, Francesco Cocco, Giuseppe Ferrante e Giulia Dellepiane. E in contemporanea, la diretta dall'aula del Senato dove è in discussione la contestata riforma dell'università

08:06

Lettera a Napolitano 3 –

Gli studenti scrivono al Capo dello Stato Giorgio Napolitano chiedendogli di non firmare la legge Gelmini.

08:06

"Cortei a sorpresa" 2 –

Annunciate per oggi manifestazioni in molte città, ma a Roma non è stata chiesta alcuna autorizzazione ed è stato rivendicato il diritto a cortei spontanei. "Non violeremo la zona rossa e stupiremo il governo. La manifestazione sarà tranquillissima", ha detto il portavoce di 'Atenei in rivolta'.

08:01

La riforma in Aula 1 –

Mentre si preparano i nuovi cortei degli studenti prosegue a tappe forzate l'esame delal riforma dell'Università. In Senato ieri è scopiato il caso Mauro, la vicepresidente leghista di turno che ha fatto partire a raffica le votazioni così da farne approvare quattro del Pd. Saranno rimessi in votazione oggi, i senatori ddemocratici e dell'Italia dei Valori non parteciperanno

(22 dicembre 2010)

 

 

Da D'Alema a Veltroni, da Gasparri a Buontempo: la battaglia che segnò una generazione

L'amarcord dei politici,

quando in piazza c'erano loro

Bettini (Pd): che botte con gli autonomi. Perina (Secolo d'Italia): allora i colpi erano quelli delle pistole

Da D'Alema a Veltroni, da Gasparri a Buontempo: la battaglia che segnò una generazione

L'amarcord dei politici,

quando in piazza c'erano loro

Bettini (Pd): che botte con gli autonomi. Perina (Secolo d'Italia): allora i colpi erano quelli delle pistole

ROMA - "No, guarda: a me della zona rossa non me ne importa un bel niente e certo non me ne starò buona buona e al sicuro tra le mura di Montecitorio. Io voglio andarli a vedere da vicino, voglio capire chi sono i giovani di questo nuovo movimento", dice Flavia Perina, la deputata di Futuro e libertà che dirige il Secolo d'Italia e che le piazze delle manifestazioni, i cortei li conosce e li conosce bene, perché da militante del Fronte della gioventù ci ha camminato dentro trent'anni fa, "quando non esplodevano petardi ma colpi di pistola".

Il 30 settembre del 1977, un militante comunista, il ventenne Walter Rossi, mentre manifestava con altri compagni a poche decine di metri dalla sezione del Msi della Balduina, a Roma, fu raggiunto alla nuca da un proiettile. "Dopo l'omicidio, la polizia venne nella sezione e fece una retata, arrestandoci tutti...".

Alemanno e gli altri, quando in piazza c'erano loro Alemanno e gli altri, quando in piazza c'erano loro Alemanno e gli altri, quando in piazza c'erano loro Alemanno e gli altri, quando in piazza c'erano loro Alemanno e gli altri, quando in piazza c'erano loro Alemanno e gli altri, quando in piazza c'erano loro Alemanno e gli altri, quando in piazza c'erano loro Alemanno e gli altri, quando in piazza c'erano loro

Anni di piombo, ricorda la Perina. S'intrecciano le memorie nei palazzi della politica e del potere che oggi verranno protetti da un cordone di blindati e reparti in tenuta antisommossa. C'è pure la voce di chi non ti aspetti. "Sì, un giorno guidai una carica anche io...". Con un filo di nostalgica civetteria, questa è la testimonianza di Goffredo Bettini, astuto e pacioso gran burattinaio di mille intrighi nella sinistra che poi è diventata Pds, Ds, e infine Pd. "Primavera del '78: ero alla guida della Federazione dei giovani comunisti di Roma. La cacciata di Lama dalla Sapienza ci aveva allontanato dal movimento, dalla violenza degli autonomi. Una mattina però convoco un'assemblea nella facoltà di Economia e commercio: è un successo, siamo in trentamila, compresi studenti medi e leghe dei disoccupati....". Continui. "Gli autonomi sono riuniti dalle parti del rettorato. E quando vengono a sapere di noi, decidono di darci una lezione: prendono bastoni, spranghe, infilano i caschi, e partono. Noi siamo avvertiti da una nostra staffetta. E io decido in un minuto". Cosa? "Capisco che se ci ricacciano, è finita. Dobbiamo difendere il nostro diritto a manifestare. Così ordino di rompere sedie e banchi, ci armiamo, e blocchiamo le porte dell'aula. Ma quelli le sfondano, e irrompono. Ed è a quel punto che noi carichiamo. È una battaglia selvaggia, però li respingiamo. Ad un certo punto, da un pianerottolo mi tirano addosso una scrivania: io cerco di schivarla, alzo il braccio, me lo spezzo. Ma il dolore non lo sento, perché i figgicciotti, come ci chiamavano, hanno dimostrato di saper difendere i propri diritti".

Figgicciotti , in quegli anni, assai distanti dalle variegate e creative atmosfere del movimento. Bettini era subentrato a Veltroni, nella guida della Fgci. Con loro c'erano Massimo Micucci e Ferdinando Adornato e tutti insieme ascoltavano Gianni Borgna, il capo saggio, colto - è lui che li convinse a dialogare con Pier Paolo Pasolini - ma anche assai prudente. Un giorno lo incontrarono ansimante. "Gianni, ma dove corri?". "Scappo". Scappavano anche Maurizio Gasparri e Antonio Tajani, inseguiti da duecento compagni rossi del liceo Tasso, quel pomeriggio che Gianni Alemanno se li ritrovò davanti, voltato l'angolo: per unanime giudizio, tra i ragazzi del Fronte della gioventù Alemanno era tra quelli che sapeva difendersi piuttosto bene. Partecipò a non pochi tafferugli, fu arrestato, incarcerato; nel 1988 gli fu affidata la gestione del servizio d'ordine ai funerali di Giorgio Almirante.

Ci fu un momento in cui il responsabile giovanile del Fronte era Teodoro Buontempo (entrato nella leggenda della destra romana con il soprannome di Er pecora - "una giacca pelosa ma molto calda che avevo usato nel periodo in cui dormivo in una Cinquecento"); il responsabile studentesco era Gianfranco Fini (impermeabile bianco, sempre molto distante da spranghe e rivoltelle); il capo degli studenti medi era Maurizio Gasparri e il suo vice, appunto, Alemanno.

Poi c'era Marcello De Angelis - oggi senatore del Pdl rapido e in qualche modo leale a Berlusconi, ma un passato dentro Terza Posizione, un periodo in carcere - che diventa leader di un gruppo musicale alternativo, il 270bis, e canta: "Vieni a passeggio con me su ponte Mussolini/ Dove corrono i bambini con i fazzoletti neri/ Oggi come ieri/...". Erano giovani e appassionati. Francesco Storace pesava anche trenta chili di meno. E questo, "il giorno che mi ricorsero sparandomi", fu decisivo.

Massimo D'Alema studiava a Pisa, e lì, come poi confessò, "lanciai... Sì, lanciai una bottiglia molotov". La leggenda vuole (non esiste documentazione fotografica) che Ignazio La Russa passeggiasse in San Babila, a Milano, tenendo al guinzaglio un feroce dobermann.

I ricordi di Paolo Cento, leader dei Verdi ed ex sottosegretario all'Economia nell'ultimo governo Prodi, li ascolteremo oggi, in piazza: molti capi e capetti di una certa sinistra di lotta e di governo, non essendo stati rieletti, sono infatti fuori dal Parlamento. Facce di Rifondazione, facce come quella di Francesco Caruso, ex deputato ed ex gran capo dei no global del Meridione. Il primo, due martedì fa, a chinarsi e a soccorrere il ragazzo con il naso fracassato dal casco di quel pizzaiolo scosso.

Fabrizio Roncone

22 dicembre 2010

 

 

 

IL RACCONTO

Gli studenti preparano la piazza

"Al Quirinale la nostra protesta"

Il movimento decide di evitare lo scontro: "Staremo fuori dalla zona rossa". E una delegazione chiederà di incontrare Napolitano di CORRADO ZUNINO

Gli studenti preparano la piazza "Al Quirinale la nostra protesta"

ROMA - Lontani dalla zona rossa, grande o piccola che sia. Le assemblee universitarie a Fisica, a Lettere, nel cuore della Sapienza, Scienze politiche, confermano ieri pomeriggio le indicazioni immediatamente raccolte nel dopo "14 dicembre": "Non cercheremo lo scontro contro polizia e carabinieri, non cadremo nella trappola del governo". E quando a sera entrano tutti nell'aula delle lauree a Lettere, sono ancora in molti anche se i corsi sono sospesi e i rientri natalizi dei fuorisede già iniziati, l'umore delle facoltà mobilitate diventa un progetto di manifestazione dell'ateneo: due cortei a Roma per domani, è l'ultima ipotesi. Partiranno da Piramide (gli studenti medi) e da piazzale Aldo Moro (gli universitari), attraverseranno la città evitando il centro storico blindato e punteranno sul ministero dell'Istruzione, di là dal Tevere. Il percorso non è ancora svelato. È probabile un "assedio" iniziale al palazzo dell'Economia in via XX Settembre, è possibile si passi poi per Botteghe Oscure: il vicino Palazzo Grazioli del premier sarà comunque blindato.

Gli universitari provano a tenere riservate le "sorprese fantasiose" che da una parte vogliono riportare il movimento nella sua fase originaria e condivisa - l'occupazione del Colosseo, la protesta su tetti, i libri in gomma piuma a far da scudo - e dall'altra evitare un'escalation del confronto di piazza: "È il capo della polizia a sostenere che il conflitto sociale non si può

ridurre a ordine pubblico", dice Luca Cafagna, Scienze politiche, "e noi non vogliamo farci inscatolare dal governo". "Non ci troverete dove ci cercate", l'ultimo slogan immaginato, sta già lasciando spazio a "Voi chiusi nei palazzi, noi liberi per la città". Regali di Natale al ministro Gelmini, infine, ricorderanno "lo scempio della riforma". Riforma che, nel giorno del corteo, potrebbe essere già stata approvata.

Nel corso della riunione d'ateneo diversi interventi hanno affrontato la questione della violenza: "Non siamo devastatori, dobbiamo dire che un evento come il 14 dicembre non si ripeterà più". Dalla Sapienza non è ancora partita alcuna richiesta di autorizzazione del percorso di domani (in passato lo aveva fatto la Cgil): è probabile che nel corso del corteo ci siano improvvisazioni e blocchi del traffico. E' possibile anche una deviazione verso il Quirinale per consegnare una lettera al presidente della Repubblica. E al sindacato gli universitari chiederanno di indire uno "sciopero generale".

Oggi ci saranno assemblee in università e in un paio di licei romani, cui faranno seguito volantinaggi in città per spiegare la protesta, lezioni a Campo dei Fiori e presidi con i ricercatori al Pantheon. Da giovedì scorso cinque universitari di Studi orientali a Roma hanno iniziato uno sciopero della fame, altri otto lo stanno facendo a Pisa. E tre sindacati di polizia, all'incontro organizzato dal segretario del Pd Pierluigi Bersani, hanno proposto agli studenti agitazioni comuni contro il governo: "Per i tagli alle forze dell'ordine noi siamo andati sotto le finestre di Arcore".

(21 dicembre 2010)

 

 

UNIVERSITA'

Napolitano: "Guai ignorare malessere"

Berlusconi: "Gli studenti non li capisco"

Alla vigilia dell'esame del ddl Gelmini al Senato crescono i timori di incidenti. Gasparri lancia un nuova polemica e parla di "potenziali assassini" tra i manifestanti. Il capo dello Stato avverte: "Violenze inammissibili, ma il disagio è concreto". La replica del premier: "Sono loro che non hanno compreso la riforma". Gli studenti: "Non violeremo la zona rossa". Fini: "La politica non li insulti"

Napolitano: "Guai ignorare malessere" Berlusconi: "Gli studenti non li capisco" Il capo dello Stato Giorgio Napolitano

ROMA - Un esame per tutti. Il passaggio della riforma universitaria al Senato sarà un banco di prova per il governo, per il Terzo Polo e per il movimento studentesco. Chi ha meno da temere è l'esecutivo che sembra avere tranquillamente i numeri per ottenere rapidamente a palazzo Madama il via libera definitivo al provvedimento malgrado le centinaia di emendamenti presentati dalle opposizioni. Il governo, secondo quanto anticipato dal ministro Gelmini, potrebbe persino rinunciare alla tentazione di porre la fiducia.

SPECIALE: La rivolta di scuole e università 1

Terzo Polo alla prova. Più complicato invece il discorso per il Terzo Polo che di fatto debutterà in una forma embrionale di gruppo parlamentare unico. I senatori di senatori di Fli, Udc, Api, Mpa, Io sud (Poli Bortone) e Musso (Misto) hanno chiesto infatti al Presidente Renato Schifani di poter sedere vicini in aula a palazzo Madama. Un segnale di unità che deve fare però i conti con quanto accaduto a Montecitorio dove Fli votò a favore della riforma Gelmini, Api si astenne e l'Udc votò contro. Posizioni che probabilmente verranno replicate anche al Senato, legittimando i dubbi degli scettici sulla tenuta politica della neonata creatura di centrodestra. Dubbi che una nota del coordinamento al Senato dei gruppi di Udc, Fli, Api ed Mpa ha cercato di dissipare

affermando che "la riforma dell'Università ha un'importanza strategica per l'intero Paese ed assume il valore di una riforma di sistema; sicché aldilà delle valutazioni di merito richiede un'assunzione di consapevolezza istituzionale in un clima di confronto serrato ma responsabile''.

Il monito del Quirinale. Le prossime giornate saranno però un esame soprattutto per il movimento studentesco, chiamato a dare prova di compattezza e acume politico dopo le polemiche scatenate dagli episodi di violenza della scorsa settimana. I ragazzi oggi hanno incassato l'importante sostegno del presidente della Repubblica. "La protesta pacifica, benché spesso sviata da inammissibili violenze, di tanti cittadini nelle strade delle nostre capitali, è una spia di malessere che le democrazie non possono ignorare" ha ammonito Giorgio Napolitano. Aggiungendo poi che "il crescente malessere dei giovani" non va disconosciuto. "Guai a sottovalutarlo - ha proseguito - è malessere concreto, per la disoccupazione e per la precarietà e scarsa qualità dell'occupazione, per l'inadeguata formazione, e più in generale per l'incertezza del futuro, per il vacillare delle speranze e degli slanci che dovrebbero accompagnare l'ingresso nell'età adulta".

Berlusconi non capisce. Le parole del presidente della Repubblica non hanno smosso però Silvio Berlusconi dalle sue convinzioni. Secondo il premier non è la politica a doversi sforzare di comprendere gli studenti, ma sono gli studenti a dover comprendere meglio il ddl Gelmini. "La riforma non è stata bene illustrata agli studenti. La riforma è tutta per gli studenti e francamente non riesco a capire queste manifestazioni - ha detto Berlusconi - perché non c'è nessun aumento dei costi e se avessi avuto più disponibilità avrei introdotto misure per il merito dei più bravi". Quanto alla possibilità di introdurre l'arresto preventivo per i manifestanti proposto dal capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri, il premier ha preferito glissare. "E' un tema che attiene ai ministri responsabili" si limita a commentare.

Fini: "La politica non insulti i giovani". "Se i giovani scendono in piazza per protestare, la politica non si volti dall'altra parte, non li insulti, ma cerchi di capirli e se possibile, di educarli con la forza dei fatti, presentando politiche che salvaguardino i valori della nostra società e che appartengono alla comunità nazionale". Così il presidente delle Camera, Gianfranco Fini, intervenendo a Napoli a un incontro promosso da Fli. "C'è un malessere nella società - prosegue Fini - che riguarda interi strati sociali, non solo i più deboli e un'intera generazione. Spesso sono i nostri figli, decine di migliaia di ragazzi che sono andati in piazza nei giorni scorsi per una riforma che non è del tutto negativa e che in piazza hanno portato diversi sentimenti: malessere, sfiducia, la loro paura di crescere e di vivere in una società peggiore di quella odierna". Di qui l'invito di Fini alle forze politiche a chiedersi perché non riescono più a mobilitare tante persone: "Se nessuno parla più ai giovani - sottolinea la terza carica dello Stato - è un segnale d'allarme che viene dalla società e al quale la politica deve saper rispondere con fatti concreti e alzando la bandiere degli ideali. Quei ragazzi vogliono solo riconoscersi in qualche buon esempio, nell'etica pubblica e nel senso di responsabilità". Fini ha anche condannato quanti, tra i manifestanti, "hanno cercato di strumentalizzare con la violenza quella protesta".

Bersani: "Governo sordo". Il segretario del Pd Pierluigi Bersani è convinto invece di aver aperto in questi mesi un canale di comunicazione con il movimento universitario. "Gli studenti - ha sottolineato Bersani - sanno che noi conosciamo il loro disagio, che abbiamo sostenuto e sosteniamo le loro ragioni. Abbiamo criticato e critichiamo un governo che è sordo a ogni dialogo".

Assemblee a porte chiuse. Gli studenti riuniti in assemblea all'Università La Sapienza annunciano: "Non ci sarà nessuna violazione della zona rossa durante il corteo di mercoledì prossimo a Roma". Lo slogan della mobilitazione sarà "Voi chiusi nei palazzi, noi liberi per la città ". Il corteo di mercoledì prossimo partirà alle 9,30 dalla Sapienza di Roma e sfilerà per le strade con un percorso "a sorpresa". Gli studenti non escludono blitz e flash-mob tra domani e dopodomani. Assemblee si sono svolte oggi in tutte le facoltà, ma alla Sapienza gli studenti hanno deciso di chiudere i lavori alla stampa perché - ha spiegato un loro portavoce - si "sentono assediati" e devono "sciogliere nodi delicati e sensibili" come quelli legati alle violenze del 14 dicembre "senza pressioni e interferenze". Prima dell'annuncio è circolata l'ipotesi di "sorprendere la politica" con azioni inattese, circondare "altri" palazzi, diversi dal Senato e dalla Camera bloccando il traffico in altre zone della città.

Cgil e Quirinale interlocutori. Alcuni studenti che hanno lasciato l'assemblea prima della sua conclusione hanno riferito pure di un confronto sulla possibilità di coinvolgere nella protesta la Cgil, anche per sollecitare uno "sciopero generale". Altra ipotesi sul tavolo è quella di trovare un modo per far arrivare il dissenso al capo dello Stato. "Giorgio Napolitano dovrà firmare quella legge - avrebbe detto uno degli studenti che hanno preso la parola durante il collettivo - e noi dobbiamo manifestargli il nostro dissenso". Iniziative sono in programma comunque non solo a Roma, ma anche in molte altre città.

La provocazione di Gasparri. L'esame al quale è chiamato il movimento è impegnativo anche perché la polemica politica continua a infuriare. A incendiare gli animi sono ancora una volta le parole di Maurizio Gasparri. "Voglio fare un appello: genitori, dite ai vostri figli di stare a casa. Quelle manifestazioni sono frequentate da potenziali assassini. Vanno evitate", ha detto il capogruppo del Pdl al Senato dopo avere già conquistato le prime pagine dei giornali 2grazie alla proposta di "arresto preventivo" nei confronti dei manifestanti.

L'accusa dell'opposizione. Parole che hanno inevitabilmente scatenato reazioni durissime da parte dell'opposizione. Dal Pd all'Udc, passando per l'Idv, tutti definiscono Gasparri "un irresponsabile" che "soffia sul fuoco". I verdi si sono spinti ancora più in là presentando un esposto in Procura per verificare se le affermazioni del capogruppo in Senato del Pdl Gasparri siano una "diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico".

Contatti con la polizia. Intanto in vista della mobilitazione di studenti e ricercatori nella Capitale, Comune e Prefettura di Roma stanno studiando la possibilità di estendere la zona rossa della Capitale all'intero centro storico per prevenire possibili incidenti. Incontri tra promotori della manifestazione e forze dell'ordine sarebbero inoltre in corso per cercare di evitare il ripetersi di scontri.

(20 dicembre 2010)

 

 

 

IL CONFRONTO

Università, faccia a faccia sulla riforma

Le tesi Gelmini, le risposte dell'opposizione

di CARMINE SAVIANO

Università, faccia a faccia sulla riforma Le tesi Gelmini, le risposte dell'opposizione

Ribattono punto su punto. Se il ministro Gelmini continua a spiegare la bontà della riforma che porta il suo nome, le opposizioni sono pronte a dimostrare, dati alla mano, che si tratta di "fandonie". Abbiamo messo a confronto le due posizioni, scegliendo cinque temi, i più discussi: l'organicità della riforma, la meritocrazia, il potere dei baronati accademici, il reclutamento dei ricercatori e la riorganizzazione degli atenei. Un faccia a faccia virtuale per comprendere i lati oscuri della riforma. Alle affermazioni della Gelmini abbiamo fatto rispondere Walter Tocci, deputato del Pd.

Una riforma organica. Su questo punto, le affermazioni del ministero sembrerebbero non concedere replica. "Questa legge è il primo provvedimento organico che riforma l'intero sistema universitario". Vero o falso?

Ecco la risposta delle opposizioni: "Non è vero, c'è già stata già la riforma Moratti che prometteva di essere organica". E ancora: "Ci hanno provato, ma proprio in quegli anni sono iniziati i guasti. La riforma Gelmini, che promette le stesse cose farà la stessa fine. Ma qualcosa di organico c'è: queste legge finanzia le avventure economiche di Tremonti e Berlusconi, che invece di investire in conoscenza fanno tutt'altro".

Meritocrazia e trasparenza. E' uno degli slogan centrali con cui la riforma viene presentata dal Governo: "Il reclutamento del personale e la governance dell'università vengono

riformati secondo criteri meritocratici e di trasparenza".

La replica delle opposizioni parte dal fatto che la Gelmini non è riuscita a far funzionare neanche gli organi esistenti che si occupano di trasparenza, come l'agenzia di valutazione degli atenei. E senza dati è impossibile valutare gli effetti della riforma su questi temi. Poi l'affondo: "Al ministero si fanno delle cose da fine regime: si equipara il Cepu alle università pubbliche non statali. Alla Bocconi, insomma".

Il baronato e Parentopoli. La lotta al baronato è uno dei principi guida. Tutte le parti della riforma sono ispirate alla "lotta agli sprechi, ai rettori a vita e a parentopoli".

Dalle opposizioni i commenti sono caustici: "Quella sulla fine di parentopoli è un'altra delle bugie che ha raccontato il ministro. Per farla finita con i concorsi locali, si fa il concorso nazionale. Ma nel testo scritto è prevista un'abilitazione numerica, ovvero senza valutazione dei candidati. Si imbarca tutto. E alla fine si dovrà tornerà a livello locale. Con l'esito di aver solo raddoppiato le procedure".

I ricercatori. Quello dell'accesso dei giovani ricercatori, è uno dei temi più sentiti dall'opinione pubblica. La legge Gelmini promette di introdurre interventi volti a favorire la formazione e l'accesso dei giovani studiosi alla carriera accademica".

Critiche anche su questo punto. Si va da "i laboratori stranieri sono pieni di giovani italiani che hanno abbandonato il paese e non si ha notizia di file alle frontiere per tornare", fino a "tutti sanno che la Legge Gelmini aggraverà la situazione". E ancora: "con il nuovo meccanismo, un giovane passerà quindici anni in questa condizione. L'ultimo Nobel per la fisica ha 36 anni. Da noi a quell'età non si sarà ancora diventati professori".

La riorganizzazione degli atenei. Per semplificare e rendere efficiente l'università, si promettono "riduzioni molto forti delle facoltà, al massimo 12 per ateneo". E, per garantire la produttività, "la presenza di membri esterni nei Cda delle università".

La replica, in questo caso, è affidata ai numeri. La posizione dei partiti che osteggiano la riforma Gelmini è chiara: la legge consiste in 500 norme, ci vorranno 100 regolamenti attuativi per renderla efficacie, 35 dei quali dovranno essere emenati solo dal governo. Tra i commenti "Se la riforma passa, il governo si dovrà riunire una volta a settimana solo per emanarli", "è solo un'alluvione normativa", "l'università diventerà come le Asl".

Una legge contro i deboli. Per Walter Tocci, deputato del Pd, "la cosa pazzesca è che si parla solo di norme e non si parla delle cose importanti: la ricerca la didattica, gli studenti. Ovvero le cose che fanno l'università". L'analisi è dura: "Non ci sono più soldi per la ricerca, non c'è un piano nazionale di investimenti. Per la didattica: veniamo da una riforma che dovrebbe essere sottoposta a manutenzione. E poi gli studenti che non ottengono le borse di studio cui hanno diritto". Un futuro sempre più grigio: "Quest'anno sono diminuite le immatricolazioni. E sono I figli delle classi meno agiate che non ce la fanno più. La riforma Gelmini è una legge che aggrava le ingiustizie sociali".

(30 novembre 2010)

2010-12-19

IL CASO

Pagelle ai prof, il flop del progetto

Napoli e Torino dicono no alla Gelmini

I consigli degli istituti delle due città-campione stanno votando contro la proposta di sperimentazione per premi economici ai docenti scelti come più meritevoli. Oltre la metà ha detto no di SALVO INTRAVAIA

Pagelle ai prof, il flop del progetto Napoli e Torino dicono no alla Gelmini

Flop del progetto-merito a scuola. I docenti torinesi e napoletani dicono no alle classifiche tra buoni e cattivi proposte un mese fa dalla Gelmini 1 e il ministero corre ai ripari. Inizia così in salita uno dei progetti più ambiziosi del governo Berlusconi per la scuola italiana: pagare di più gli insegnanti meritevoli. Nel capoluogo piemontese, addirittura, il direttore dell'Ufficio VIII (un tempo noto come provveditorato agli studi), Alessandro Milinterno, tre giorni fa si è dovuto affrettare ad allargare la platea delle scuole che possono aderire all'iniziativa. Anche a Napoli e Pisa sono già tantissime le scuole che hanno declinato l'invito del ministero.

A dare la notizia delle difficoltà che sta incontrando il progetto della Gelmini sono i Cobas della scuola. "I dati delle scuole torinesi - spiega in un comunicato il sindacato di base - sono chiarissimi: più della metà delle scuole ha respinto (quasi tutte all'unanimità o con maggioranze schiaccianti) il tentativo della Gelmini di dividere gli insegnanti tra bravi e fannulloni". Sono infatti arrivate a 85, su un totale di 122, le scuole ubicate nel comune di Torino che hanno deliberato di "rispedire al mittente la truffa della sperimentazione meritocratica".

Il progetto lanciato lo scorso 18 novembre mira a premiare le scuole migliori e i docenti più motivati. La Gelmini ha

parlato di "giorno storico". "Finalmente - ha avuto modo di dire - si iniziano a valutare i professori e le scuole su base meritocratica. Premi dunque ai migliori e non soldi legati solo all'anzianità di carriera che comunque, grazie allo sforzo del governo, sono stati garantiti a tutto il settore". Ma i docenti non sembrano gradire troppo e hanno paura che nelle scuole si introducano ulteriori motivi di divisione per un piatto di lenticchie.

Per testare il progetto sono state individuate due grandi città: Torino e Napoli. Saranno in tutto 40, 20 per ogni città, le scuole che potranno proporsi per la valutazione dei migliori docenti. E verranno sorteggiate fra quelle che proporranno la propria candidatura. Ma, stando alle prime notizie, quello del sorteggio non sembra un problema stringente: potrebbe non essercene bisogno. Tanto che il provveditore di Torino si è affrettato ad allargare alle scuole di tutta la provincia la sperimentazione.

In ogni scuola fra quelle individuate sarà una commissione formata dal dirigente scolastico e da due docenti eletti dal Collegio, affiancati in qualità di osservatore il presidente del Consiglio di istituto, a stabilire i docenti da premiare con una mensilità aggiuntiva: una quattordicesima. La valutazione prenderà spunto dal curriculum del docente e da un documento di auto-valutazione presentato dall'interessato. Ma saranno ascoltati anche alunni e genitori. In ogni caso, i docenti promossi potranno essere al massimo il 15/20 per cento del totale.

A Napoli e provincia sono una ottantina le scuole che hanno già rifiutato il "progetto-merito", ma il numero è in rapida crescita. Il progetto prevede anche un premio che può arrivare a 70 mila euro per le migliori scuole medie di Pisa e Siracusa. E anche nella città toscana si contano già diverse defezioni. A fare la differenza questa volta saranno gli apprendimenti degli studenti, valutati con i test Invalsi, e le relazioni redatte da un da un team di osservatori (un ispettore e due esperti indipendenti). Saranno poi le scuole vincitrici, secondo criteri propri, ad distribuire il premio ad insegnanti e personale Ata.

Ma il progetto non decolla. Durante la riunione di due giorni fa con i sindacati, il direttore generale Giovanni Biondi ha comunicato che il termine ultimo per aderire alla sperimentazione verrà prorogato al 7 febbraio e sarà anche esteso il numero delle città coinvolte: Milano in aggiunta a Napoli e Torino, per il progetto sul merito degli insegnanti; e Cagliari on aggiunta a Pisa e Siracusa per quello che dovrà individuare le scuole al top.

(18 dicembre 2010)

 

 

 

IL CASO

Tagli, via altri 35 mila posti

Trasferito chi perde la cattedra

La Uil insorge e non sottoscrive il cosiddetto contratto sulla mobilità perché "non tutela chi perde il posto mentre ci sono forti tagli agli organici". I "soprannumero" sbattuti anche a decine di chilometri da casa

di SALVO INTRAVAIA

Tagli, via altri 35 mila posti Trasferito chi perde la cattedra Per il 2011-2012 previsti circa 20 mila posti in meno

ROMA - Il governo si appresta a tagliare altri 35 mila posti nella scuola e la Uil insorge: non sottoscrive il cosiddetto contratto sulla mobilità, quello che dà il via alle operazioni relative ai trasferimenti per il prossimo anno scolastico, perché "non tutela chi perde il posto mentre ci sono forti tagli agli organici". "In 126 pagine, 52 articoli, 298 commi, 4 allegati del contratto sulla mobilità - dichiara polemico Massimo Di Menna - non si è trovato il modo introdurre quattro righe per tutelare in concreto le persone che si troveranno in soprannumero".

Risultato: le migliaia di insegnanti di ruolo che tra pochi mesi perderanno la cattedra per effetto della mannaia gelminiana verranno sbattuti anche a decine di chilometri di distanza da casa. Dove cioè si libererà un posto. Allungheranno invece le lunghe liste dei disoccupati i precari della scuola che si trovano in fondo alle graduatorie provinciali. Coloro i quali dopo anni di supplenze riceveranno il benservito dallo Stato. La Uil scuola ha chiesto per i primi un "paracadute": "mantenimento della titolarità" e "precedenza" per il rientro in sede "a chi si sposta, non per scelta, ma perché non ha più il suo posto di lavoro". Ma non è stata ascoltata.

La terza tranche di tagli, varata nell'estate 2008 dal governo Berlusconi, prevede per il 2011/2012 quasi 20 mila (19 mila e 700 per l'esattezza) cattedre in meno e una sforbiciata di 14 mila

posti tra bidelli, personale di segreteria e assistenti di laboratorio. La questione dei soprannumerari non è nuova: si è posta già quest'anno e l'anno scorso. Di botto, per effetto del maestro unico di riferimento alla primaria e per la riforma della scuola media e superiore, oltre 10 mila insegnanti di ruolo sono stati proiettati indietro di 20 anni: si sono ritrovati obtorto collo a fare i pendolari in cerca di una nuova cattedra, perché quella nella quale si erano seduti fino ad allora era stata "tagliata" dalla Gelmini.

Il grosso dei "precari di ruolo" si è verificato al superiore. Questi effetti "secondari" della riforma producono anche un rimescolamento delle cattedre all'interno di una scuola, con la continuità didattica che va a farsi benedire. "Una situazione di emergenza - continua il segretario generale della Uil Scuola - non poteva e non doveva essere trattata con metodi tradizionali ma con procedure di garanzia più innovative rispetto al passato. Abbiamo trattato pensando sempre a quegli insegnanti che a seguito alla contrazione di organico, riduzione di cattedre e orario, saranno in esubero nella loro scuola e alla esigenza di favorire la continuità didattica". Ma anche il prossimo anno, sembra di capire, migliaia di docenti saranno costretti a rimettersi in macchina e a percorrere decine di chilometri per raggiungere il posto di lavoro, altrettanti supplenti rimarranno a casa senza stipendio e migliaia di classi cambieranno prof.

(17 dicembre 2010)

 

 

2010-12-14

I diciottenni e il lavoro dei sogni

"Nel marketing e cercano il posto fisso"

L'indagine AlmaLaurea su 40mila diplomati nel 2010 che dicono la loro su cosa vorrebbero fare. Ma pochi conoscono le condizioni del mercato. Le scelte ancora condizionate dal contesto familiare di FEDERICO PACE

I diciottenni e il lavoro dei sogni "Nel marketing e cercano il posto fisso"

ROMA - Visto dalla collinetta un po' incantata dei diciotto anni, il marchingegno di un'impresa appare, a molti, come qualcosa di non pienamente intelligibile. I ragazzi usciti quest'anno dalle superiori si concedono la libertà di immaginarsi, quando verrà il tempo, in un impiego con un contratto a tempo indeterminato nel marketing. Ma sette su dieci, del mondo del lavoro non ne sanno quasi nulla. Mentre le scelte di studio sono ancora condizionate dal contesto familiare e l'esito scolastico delle medie incide in maniera significativa sulle scelte delle superiori e, di fatto, del post-diploma. Tanto che sempre più necessario pare l'orientamento degli studenti che si accompagni a strumenti di valutazione dell'istruzione.

A porre al centro dell'attenzione proprio la necessità dell'introduzione di strumenti di valutazione dell'istruzione, il più possibile oggettivi, è il convengo Orientamento e autovalutazione delle scuole superiori organizzato da AlmaDiploma che si tiene oggi a Busto Arsizio. Al convegno viene presentato il Profilo dei diplomati 2010, l'indagine che prende in considerazione quasi 40 mila diplomati di 349 istituti scolastici in particolare di Puglia e Calabria, ma anche di Lombardia, Piemonte, Toscana, Veneto e Emilia Romagna.

Tra i temi analizzati, la riuscita negli studi, il livello di gradimento della scuola, i percorsi a seconda del contesto familiare di provenienza, le attività svolte durante gli anni delle superiori, così come le ambizioni e le aspettative per l'impiego

del futuro. La scuola, dice Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea, si deve occupare "della formazione di diplomati attrezzati ad affrontare la prosecuzione degli studi o l'immediato inserimento nel mercato del lavoro, e più in generale in grado di affrontare la realtà circostante" e si "deve inserire l'educazione alla scelta fra gli obiettivi formativi della scuola (leggi l'intervista integrale)".

Genere e contesto familiare. Le analisi realizzate dagli autori dell'indagine evidenziano come il genere e il titolo di studio dei genitori influenzino ancora in maniera marcata le traiettorie percorse dagli studenti. Quasi la metà dei ragazzi, del campione analizzato, che ha almeno un genitore laureato, ha concluso gli studi delle medie con ottimo. La quota scende al 28 per cento, nel caso di ragazzi con genitori con al più il diploma di maturità, e si riduce a solo il 17 per cento per quei figli di genitori con grado di istruzione inferiore.

La scelta dei 14 anni e la necessità di orientare. L'esito scolastico delle medie incide, a sua volta, in maniera significativa sulle scelte delle superiori. Una studentessa, appartenente alla classe media impiegatizia e con genitori diplomati, se esce dalle medie con ottimo, ha il 75 per cento delle probabilità di accedere ad un liceo. Se lo fa con sufficiente, la probabilità scende all'8 per cento.

Sulla soglia della maturità scolastica. Del resto è evidente una correlazione tra il tipo di diploma e le scelte successive. Quasi la totalità dei liceali si iscrive all'università, mentre la quota si dimezza nel caso di diplomati degli indirizzi tecnici. Di questi, vuole andare all'università poco meno della metà, mentre negli indirizzi professionali solo 24 su cento. Insomma, le scelte fatte a quattordici anni condizionano buona parte di quello che verrà. In qualche modo il tempo della consapevolezza e degli interventi di orientamento e sostegno sembrano dover giungere più presto, e più efficacemente, di quanto non accada adesso. Per il direttore di AlmaLaurea Andrea Cammelli: "per poter garantire a tutti le stesse opportunità educative, è necessario intervenire efficacemente sui ragazzi fin dalla formazione primaria; altrimenti, per molti giovani le politiche per il diritto allo studio nei percorsi scolastici successivi rischieranno di risultare prive di effetto".

Gli strumenti. Per questo AlmaDiploma, per aiutare i ragazzi, ha messo in campo un doppio percorso integrato. "Per un verso, spiega Cammelli, con la restituzione alla scuola della valutazione che lo studente, che ha compiuto per intero il percorso, dà della sua esperienza, dei docenti, dell'organizzazione scolastica, dei laboratori. E dall'altro con AlmaOrientati, il percorso in quattro tappe che aiuta a individuare i propri punti di forza, a conoscere meglio il sistema universitario e il mercato del lavoro. Questi due strumenti integrati, semplici, accessibili a tutti, rappresentano un modo efficace per aiutare i ragazzi e le famiglie e a scegliere e gli insegnanti e gli orientatori a consigliare meglio".

Il lavoro immaginato e sconosciuto. Dopo tutta la formazione, prima o dopo, dovrebbe arrivare un impiego. Ma di quale tipo? Quasi il 73 per cento dei diplomati si dice pienamente interessato a lavorare in futuro nell'area del marketing, della comunicazione e delle pubbliche relazioni. Un certo interesse desta anche l'organizzazione e la pianificazione così come la ricerca e lo sviluppo. L'amministrazione e la contabilità, che ancora oggi dà un posto alla gran parte delle figure impiegatizie, crea invece qualche allergica reazione in almeno un terzo del campione. Poco interesse destano anche l'area dell'assistenza tecnica, della finanza e del legale. La meno gradita è l'area dei sistemi informativi, il settore dove lavora il cuore informatico di ogni impresa.

Tra gli aspetti rilevanti nel lavoro che verrà, i giovani diplomati cercano soprattutto la stabilità e la sicurezza. Antepongono, con lungimiranza, l'acquisizione di professionalità alla possibilità di guadagno ma prestano attenzione alla possibilità della carriera e mostrano attenzione crescente all'indipendenza e all'autonomia. E quasi quattro su dieci pensano che l'impiego, che si intraprenderà durante la vita, debba rispondere a interessi culturali e che debba avere una qualche utilità sociale.

Infine, a preoccupare gli autori dell'indagine, in tempi in cui molti operatori lamentano una cerca mancanza di figure tecniche, è lo scarso interesse per una professione coerente con gli studi e con i propri interessi culturali, manifestato proprio dai ragazzi che hanno concluso i percorsi tecnici e professionalizzanti e fra questi, in modo particolare, da quelli che non intendono accedere all'università.

(14 dicembre 2010)

 

 

 

I diciottenni e il lavoro dei sogni

"Nel marketing e posto fisso"

I diplomati del 2010 dicono la loro sul lavoro che vorrebbero fare. Ma pochi conoscono le condizioni del mercato. Le traiettorie ancora condizionate dal contesto familiare. E l'esito scolastico delle medie incide in maniera significativa sulle scelte delle superiori e, di fatto, del post-diploma. L'indagine di AlmaLAurea su 40 mila diplomati. ALMAORIENTATI: QUALE UNIVERSITA'?. Cammelli: "Necessario un orientamento tempestivo per garantire a tutti le stesse opportunità". TABELLE: 1, 2, 3, 4.

di FEDERICO PACE

Visto dalla collinetta un po' incantata dei diciotto anni, il marchingegno di un'impresa appare, a molti, come qualcosa di non pienamente intelligibile. I ragazzi usciti quest'anno dalle superiori si concedono la libertà di immaginarsi, quando verrà il tempo, in un impiego con un contratto a tempo indeterminato nel marketing. Ma sette su dieci, del mondo del lavoro non ne sanno quasi nulla. Mentre le scelte di studio sono ancora condizionate dal contesto familiare e l'esito scolastico delle medie incide in maniera significativa sulle scelte delle superiori e, di fatto, del post-diploma. Tanto che sempre più necessario pare l'orientamento degli studenti che si accompagni a strumenti di valutazione dell'istruzione.

A porre al centro dell'attenzione proprio la necessità dell’introduzione di strumenti di valutazione dell’istruzione, il più possibile oggettivi, è il convengo Orientamento e autovalutazione delle scuole superiori organizzato da AlmaDiploma che si tiene oggi a Busto Arsizio. Al convegno viene presentato il Profilo dei diplomati 2010, l'indagine che prende in considerazione quasi 40 mila diplomati di 349 istituti scolastici in particolare di Puglia e Calabria, ma anche di Lombardia, Piemonte, Toscana, Veneto e Emilia Romagna.

Tra i temi analizzati, la riuscita negli studi, il livello di gradimento della scuola, i percorsi a seconda del contesto familiare di provenienza, le attività svolte durante gli anni delle superiori, così come le ambizioni e le aspettative per l'impiego del futuro. La scuola, dice Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea, si deve occupare "della formazione di diplomati attrezzati ad affrontare la prosecuzione degli studi o l’immediato inserimento nel mercato del lavoro, e più in generale in grado di affrontare la realtà circostante" e si "deve inserire l'educazione alla scelta fra gli obiettivi formativi della scuola (leggi l'intervista integrale)".

Genere e contesto familiare. Le analisi realizzate dagli autori dell'indagine evidenziano come il genere e il titolo di studio dei genitori influenzino ancora in maniera marcata le traiettorie percorse dagli studenti. Quasi la metà dei ragazzi, del campione analizzato, che ha almeno un genitore laureato, ha concluso gli studi delle medie con ottimo. La quota scende al 28 per cento, nel caso di ragazzi con genitori con al più il diploma di maturità, e si riduce a solo il 17 per cento per quei figli di genitori con grado di istruzione inferiore.

La scelta dei 14 anni e la necessità di orientare. L'esito scolastico delle medie incide, a sua volta, in maniera significativa sulle scelte delle superiori. Una studentessa, appartenente alla classe media impiegatizia e con genitori diplomati, se esce dalle medie con ottimo, ha il 75 per cento delle probabilità di accedere ad un liceo. Se lo fa con sufficiente, la probabilità scende all'8 per cento.

Sulla soglia della maturità scolastica. Del resto è evidente una correlazione tra il tipo di diploma e le scelte successive. Quasi la totalità dei liceali si iscrive all'università, mentre la quota si dimezza nel caso di diplomati degli indirizzi tecnici. Di questi, vuole andare all’università poco meno della metà, mentre negli indirizzi professionali solo 24 su cento. Insomma, le scelte fatte a quattordici anni condizionano buona parte di quello che verrà.

In qualche modo il tempo della consapevolezza e degli interventi di orientamento e sostegno sembrano dover giungere più presto, e più efficacemente, di quanto non accada adesso. Per il direttore di AlmaLaurea Andrea Cammelli: "per poter garantire a tutti le stesse opportunità educative, è necessario intervenire efficacemente sui ragazzi fin dalla formazione primaria; altrimenti, per molti giovani le politiche per il diritto allo studio nei percorsi scolastici successivi rischieranno di risultare prive di effetto".

Gli strumenti. Per questo AlmaDiploma, per aiutare i ragazzi, ha messo in campo un doppio percorso integrato. "Per un verso, spiega Cammelli, con la restituzione alla scuola della valutazione che lo studente, che ha compiuto per intero il percorso, dà della sua esperienza, dei docenti, dell'organizzazione scolastica, dei laboratori. E dall'altro con AlmaOrientati, il percorso in quattro tappe che aiuta a individuare i propri punti di forza, a conoscere meglio il sistema universitario e il mercato del lavoro. Questi due strumenti integrati, semplici, accessibili a tutti, rappresentano un modo efficace per aiutare i ragazzi e le famiglie e a scegliere e gli insegnanti e gli orientatori a consigliare meglio".

Il lavoro immaginato e sconosciuto. Dopo tutta la formazione, prima o dopo, dovrebbe arrivare un impiego. Ma di quale tipo? Quasi il 73 per cento dei diplomati si dice pienamente interessato a lavorare in futuro nell'area del marketing, della comunicazione e delle pubbliche relazioni. Un certo interesse desta anche l'organizzazione e la pianificazione così come la ricerca e lo sviluppo. L'amministrazione e la contabilità, che ancora oggi dà un posto alla gran parte delle figure impiegatizie, crea invece qualche allergica reazione in almeno un terzo del campione. Poco interesse destano anche l'area dell'assistenza tecnica, della finanza e del legale. La meno gradita è l'area dei sistemi informativi, il settore dove lavora il cuore informatico di ogni impresa.

Tra gli aspetti rilevanti nel lavoro che verrà, i giovani diplomati cercano soprattutto la stabilità e la sicurezza. Antepongono, con lungimiranza, l'acquisizione di professionalità alla possibilità di guadagno ma prestano attenzione alla possibilità della carriera e mostrano attenzione crescente all'indipendenza e all'autonomia. E quasi quattro su dieci pensano che l'impiego, che si intraprenderà durante la vita, debba rispondere a interessi culturali e che debba avere una qualche utilità sociale.

Infine, a preoccupare gli autori dell'indagine, in tempi in cui molti operatori lamentano una cerca mancanza di figure tecniche, è lo scarso interesse per una professione coerente con gli studi e con i propri interessi culturali, manifestato proprio dai ragazzi che hanno concluso i percorsi tecnici e professionalizzanti e fra questi, in modo particolare, da quelli che non intendono accedere all’università.

 

 

Cammelli: "Necessario un orientamento tempestivo per garantire a tutti le stesse opportunità".

TABELLE: 1, 2, 3, 4.

DIPLOMATI VERSO L'UNIVERSITA'

 

 

18 ANNI E IL LAVORO

Grado di interesse per le diverse aree aziendali dei diplomati del 2010 (dati ponderati campione AlmaDiploma)

 

 

 

ALMAORIENTATI: QUALE UNIVERSITA'?

AlmaOrièntati

Conoscere e valutare: orientamento alla scelta universitaria

Andare all’università? Sì, ma quale? I percorsi universitari sono una giungla! E poi, per decidere, è meglio seguire il cuore o la ragione? I tuoi dubbi sono normali. Per questo è nato AlmaOrièntati, il percorso di orientamento alla scelta universitaria messo a punto dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea. Grazie alla collaborazione di un team di esperti e ai suggerimenti delle migliaia di diplomati che, prima di te hanno sperimentato il percorso, potrai orientarti e fare la scelta giusta per il tuo futuro lavorativo. Ricorda: un quinto dei giovani che si iscrive all'Università si ritira dopo il primo anno proprio a causa di un orientamento approssimativo!

AlmaOrièntati è un percorso articolato in quattro tappe:

1. Individua i tuoi punti di forza

2. Conosci il sistema universitario e il mercato del lavoro? Prendi confidenza con alcune delle loro caratteristiche.

3. Cerca il tuo corso di studio. Individua i corsi di laurea in base alle materie di studio che più ti piacciono.

4. Che cosa vuoi fare da grande? Sei una formica ambiziosa o un aquilotto alpino? Valuta le tue aspirazioni lavorative per scegliere meglio il percorso universitario.

lupo d'appartamento leone rampante delfino mediterraneo formica ambiziosa ornitorinco cavallo di zorro gatto sornione cane da guardia tartaruga da giardino

AlmaOrièntati rappresenta un'importante occasione per documentarti. Le informazioni fanno riferimento a studi accreditati in Italia e in Europa e alle indagini AlmaLaurea, con particolare riguardo all'esperienza concreta, di studio e di lavoro, compiuta dagli studenti universitari che ti hanno preceduto. AlmaOrièntati non è un nuovo "passatempo per l'estate": per gli obiettivi che ti propone di raggiungere, richiede la tua attenzione per almeno 15 minuti.

Alla fine ti sarà restituito un profilo personalizzato. È orientativo, naturalmente! Ricorda che nessuno può dirti con assoluta certezza qual è la scelta migliore per te. Rispondendo alle domande, potrai ricevere alcuni suggerimenti che ti saranno utili per prendere una decisione, magari consultando l'ufficio orientamento della tua futura Università.

In bocca al lupo!

 

Strumenti oggettivi, autovalutazione delle scuole, maggiori finanziamenti. Gli obiettivi e le sfide della scuola per aiutare davvero i giovani ad avvicinarsi al mondo del lavoro e al loro futuro. L'intervista a Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea

di Federico Pace

Lei dice che si deve inserire l’educazione alla scelta fra gli obiettivi formativi della scuola? Perché è così necessario?

Negli ultimi anni c'è stata una flessione del passaggio dalle scuole superiori all'università. Nel primo anno di università, diciotto ragazzi su cento abbandonano. Questo la dice lunga sulla difficoltà di fare una serie e approfondita azione di orientamento. Si aggiunga che l'82 per cento dei ragazzi che escono dalle superiori vengono da famiglie nelle quali la laurea non è mai entrata. E' necessario aiutare i giovani a compiere una scelta meglio di quanto venga fatta oggi.

Come si persegue questo?

Le scelte fatte a casaccio rischiano di non servire. Noi cerchiamo di aiutare I ragazzi con questo doppio percorso integrato. AlmaDiploma, per un verso, restituisce alla scuola la valutazione che lo studente che ha compiuto per intero il percorso degli studi dà della sua esperienza, nei confronti dei docenti, dell'organizzazione scolastica, dei laboratori. E dall'altro con AlmaOrientati, il percorso in quattro tappe che aiuta a individuare i propri punti di forza, a conoscere meglio il sistema universitario e il mercato del lavoro. Questi due strumenti integrati, semplici, accessibili a tutti rappresentano un modo efficace per aiutare i ragazzi e le famiglie e a scegliere e gli insegnanti e gli orientatori a consigliare meglio. Tutta la documentazione poi relativa al profili dei neolaureati più recenti e la condizione occupazionale offrono al giovane un sostegno importante.

I percorsi e le scelte di molti sembrano ancora condizionati dal genere e dal contesto familiare. Quali sono gli strumenti e le leve su cui intervenire per assicurare a tutti le stesse opportunità?

In parte sono estranee al nostro ambito di intervento. Le leve dovrebbero essere quelle di una politica del diritto allo studio che aiuta anche quelli che escono da situazioni disagiate e una linea che punti ad un eguaglianza di genere. Noi possiamo insistere affinché i policy maker investano molto di più e molto meglio e continuità in questa operazione sottraendola a quelle che troppo spesso paiono essere soltanto operazioni di marketing.

I giovani si esprimono sul lavoro che vorranno fare e quali caratteristiche deve avere. Quanto conoscono davvero il mercato del lavoro questi ragazzi?

Non ne sanno niente. Rispondono solo il 50 per cento dei ragazzi. E siccome pensano di passare all'università, anticipano, o meglio, pensano di anticipare conoscenze di cui non hanno alcun riscontro. Con AlmaOrientati stiamo potenziando molto la parte sul lavoro proprio per dare ai ragazzi quel tipo di conoscenze. Abbiamo visto che fino ad oggi sette su dieci le ignorano in maniera totale. Questo è certamente un'altra operazione che va fatta. Noi gli diamo la possibilità di conoscere cosa succede a un laureato, per percorso di laurea dopo uno, due e tre cinque anni. Ovvero quanto tempo ci vuole per trovare lavoro, qual è la soddisfazione per il lavoro svolto, quanto è il guadagno, quanto è coerente con gli studi. Già questo rappresenta un quadro di riferimento importante.

Nel vostro rapporto sottolineate come i i ragazzi che hanno concluso i percorsi tecnici e professionalizzanti (in particolare quelli che non intendono accedere all’università mostrano scarso interesse per una professione coerente con gli studi? Come si deve interpretare? E quanto è preoccupante?

Mi ripeto, ho la sensazione che questi ragazzi non siano stati sufficientemente avvicinati al mondo del lavoro attraverso esperienze come stage, lavori estivi. Quando c'è questa esperienza, permette ai ragazzi di districarsi molto bene. La totale non conoscenza del mondo dell'occupazione mette invece nella condizione di puntare su una cosa per il domani mattina senza pensare davvero al futuro. Diamo poca speranza ai giovani se non gli diamo modo di scegliere bene. Noi stiamo pensando di anticipare l'orientamento anche di un anno. Se questa operazione di AlmaDiploma anziché essere lasciata alla spontanea adesione della scuola, fosse generalizzata, su internet si avrebbe la disponibilità di tutti i neodiplomati tecnici sul mercato, i capi di istituto avrebbero il polso della situazione dei percorsi e valutazioni dei propri ragazzi e avrebbero la possibilità di migliorare se stessi, correggere ciò che non funziona. E il sistema scolastico avrebbe il modo per premiare chi ha ottenuto i migliori risultati.

 

 

2010-12-12

LA PROTESTA

Sit in Erasmus in tutta Europa

"Diciamo no alla riforma Gelmini"

Da oggi a martedì manifestazioni degli studenti Erasmus contro la riforma Gelmini. Studiano in 99 atenei sparsi in 60 città del continente di VIOLA GIANNOLI

Lontani, eppure vicini. Gli studenti italiani in Erasmus appartenenti a 99 atenei sparsi in 60 città europee manifesteranno, fra oggi e martedì, in varie località di diversi paesi. Con loro saranno in piazza molti italiani all'estero, coordinatisi attraverso l'uso di social network e forum. Le mobilitazioni attraversano l'Europa, da Amburgo a Barcellona, da Budapest a Dublino, da Francoforte a Parigi. A Londra l'appuntamento è oggi alle 13 a Piccadilly Circus. Mentre in Turchia ci si muoverà alle 14 dalla Galatasaray Lisesi di Istanbul. E se da Parigi arriva un video-appello per bloccare la riforma, Valencia ha lanciato l'idea di organizzare sit-in e manifestazioni anche in parallelo all'appuntamento romano di martedì prossimo, al grido di "Que se vayan todos". Gli studenti occuperanno le aree davanti a monumenti celebri e alle ambasciate italiane delle maggiori città. Ci saranno volantinaggi, e video-report con testimonianze dirette.

"L'essere lontani non ci fa dimenticare la situazione in cui versano i nostri Atenei di provenienza - scrivono gli Erasmus in un comunicato apparso su Ateneinrivolta. org - E crediamo sia doveroso esprimere la nostra solidarietà a tutti coloro che, in questi giorni e in tutte le città protagoniste della protesta, stanno promuovendo le più diverse attività a difesa dell'università pubblica. Rifiutiamo con forza questa proposta di riforma, ancora una volta a costo zero, che va a limitare ancora di più la democrazia

all'interno degli organi di governance degli atenei, che mina le basi del diritto allo studio e che, nonostante le dichiarazioni dei promotori del ddl, non appare in grado di aggredire i veri mali del sistema universitario italiano, come il clientelismo, il baronato e la cronica mancanza di considerazione nei confronti della ricerca".

(12 dicembre 2010)

 

 

IL CASO

Due anni in uno nella scuola pubblica

la sfida del Bertarelli agli istituti privati

Il professionale milanese offrirà agli iscritti ai corsi serali la possibilità di recuperare gratis

l'anno perduto, invece di spendere migliaia di euro. Un tutor li guiderà fra studio e ripasso

di FRANCO VANNI

Due anni in uno nella scuola pubblica la sfida del Bertarelli agli istituti privati La dirigente scolastica Giuditta Pieti

Anche chi non ha soldi deve avere il diritto di fare due anni di scuola in uno, per non perdere tempo nella corsa al diploma. Lo pensa la preside dell’istituto professionale Bertarelli, che da gennaio offrirà a 160 studenti iscritti ai corsi serali di turismo la possibilità di recuperare l’anno perduto. "Sono tutti maggiorenni, alcuni bocciati in passato, altri arrivati in Italia tardi. Molti hanno già competenze professionali, è doveroso aiutarli a finire gli studi", dice Giuditta Pieti, la dirigente della scuola di corso di Porta Romana. Così i ragazzi del Bertarelli, al 50 per cento stranieri, avranno gratis e nella scuola statale quello che fino a oggi si doveva pagare migliaia di euro nelle private.

Entro Natale tutti gli studenti dei primi due anni della scuola turistica serale riceveranno la proposta della preside: oltre alle lezioni della loro classe potranno seguire quelle dell’anno successivo e a giugno sostenere l’esame che garantirà loro la doppia promozione. Per quattro ore a settimana, a partire da gennaio, potranno incontrare un insegnante-tutor che li guiderà fra studio e ripasso. La scuola metterà loro a disposizione anche una piattaforma multimediale studiata ad hoc, che consentirà l’accesso a schede e riassunti dal computer di casa. In pratica, quello che offrono le scuole private. Ogni anno, fra Milano e provincia, sono 8mila gli studenti che cercano di fare due classi in una. E per prepararsi si rivolgono a una delle 58 scuole private (non riconosciute dallo Stato, come invece lo sono le cosiddette "paritarie") specializzate proprio nel seguire chi tenta la doppietta. Una missione non facile, che ha i suoi costi.

Nel circuito privato, si va dai 2.700 euro per un corso serale ai 10mila e più dei percorsi personalizzati con un tutor sempre a disposizione. E poi gli esami li si fa da privatisti. "Il mondo delle scuole private che offrono due o anche tre anni in uno sfugge alla statistica dei nostri uffici — spiega Luca Volontè, dirigente della direzione scolastica regionale — . L’unico momento di contatto con il sistema dell’istruzione statale si ha quando il ragazzo si presenta nelle scuole pubbliche per avere l’abilitazione". Se per gli anni di studio dal primo al quarto la media dei privatisti promossi è del 75 per cento, alla maturità si scende al 40, una media fra quelli che finiscono a fare l’esame in scuole statali — che ne promuove appena il 30 per cento — o paritarie, dove una buona metà ce la fa.

L’idea di attivare percorsi di "due anni in uno" nelle scuole pubbliche è stata avanzata negli anni passati. Alle scuole serali del Comune, ora in parte chiuse, da sempre alcuni insegnanti volenterosi danno una mano ai ragazzi a prepararsi e saltare un anno di scuola. Lo scorso anno al Bertarelli, 25 studenti sono stati seguiti per tutto l’anno in via sperimentale proprio con l’obiettivo di superare il primo e secondo anno insieme. Ce l’hanno fatta in 24, e la preside si è convinta a rilanciare, rendendo stabile il progetto e soprattutto invitando a provarci tutti gli studenti dei primi anni. "È doveroso consentire loro di proseguire negli studi per avere un futuro migliore — dice Pieti — sono persone adulte e motivate, a differenza di alcuni ragazzi viziati che non studiano e poi fanno due anni in uno nel privato".

L’offerta del "due in uno" a pagamento a Milano è ricchissima. Si va dai colossi del settore come Cepu e Grandi Scuole fino ai piccoli istituti che si contendono gli iscritti a forza di promesse di promozione e trovate bizzarre, come un iPad in "regalo" da usare come supporto didattico. "Il nostro studente medio — dice la direttrice di una piccola scuola — ha 21 anni, un padre abbiente, un paio di bocciature alle spalle. È positivo che ora anche la scuola statale faccia i bienni. Abbiamo un’utenza così diversa che non ci faremo certo concorrenza".

(11 dicembre 2010)

 

 

 

2010-12-11

LA POLEMICA

"Gli insegnanti bocciano la riforma"

E il ministro si infuria con la Cisl

Un sondaggio SWG tra i docenti: per la maggioranze è controproducente, per la stragrande maggioranza tagli e nuove norme limitano le occasioni per far apprendere. Ma quasi tutti amano il proprio lavoro. E la Gelmini ribatte con i dati Ocse di SALVO INTRAVAIA

"Gli insegnanti bocciano la riforma" E il ministro si infuria con la Cisl

Gli insegnanti italiani appioppano un sonoro 4 meno alla Gelmini e lei va su tutte le furie. A farla imbestialire l'indagine sugli insegnanti italiani, condotta da Swg per la Cisl scuola e presentata questa mattina a Roma, dall'innocuo titolo "La scuola italiana: valori e consapevolezza a servizio dei giovani e del Paese", che scandaglia l'universo degli insegnanti su tutte le tematiche più recenti: il merito, la riforma Gelmini, lo stato d'animo di prof e maestre e la fiducia nel futuro.

Ma cos'è che ha fatto saltare dalla sedia la Gelmini? "La scuola disegnata dalla cosiddetta riforma Gelmini - si legge nel dossier - è un marchingegno che toglie anziché offrire". Il 72 per cento dei 700 intervistati boccia le classi sovraffollate, il 59 per cento considera controproducente la riduzione delle ore di studio alla primaria e alla media e oltre metà dei docenti (il 54 per cento) manda a casa il "maestro unico". E, invitati a dare un voto complessivo alla riforma Gelmini, affibbiano un eloquente 3,6.

Per oltre 6 docenti su 10 all'origine dell'impoverimento scolastico ci sono i "tagli economici che hanno limitato le possibilità dei singoli istituti" e per metà del campione "le retribuzioni sono inadeguate". I docenti italiani soffrono anche per lo scarso "riconoscimento sociale" di cui godono, mentre il 27 per cento punta il dito sulla "mancanza di strumentazioni e strutture adeguate". Le soddisfazioni arrivano invece

dal rapporto con gli alunni (il 57 per cento) e dallo stretto contatto con le giovani generazioni.

A sorpresa, gli insegnanti continuano ad amare il proprio lavoro. "Nonostante il contesto in cui si trovano ad operare - spiegano dalla Cisl - tenda spesso a limitare il regolare svolgimento dell'attività didattica", "l'85 per cento dei docenti si dichiara orgoglioso di stare in cattedra". E i meno giovani continuano ad avere fiducia nel futuro. Anche tabù come merito e valutazione sembrano superati. "Il 63 per cento vedono di buon occhio l'idea di legare il proprio percorso di carriera a sistemi di valutazione" e 56 su cento si dichiarano favorevoli a "all'ipotesi di differenziare gli stipendi in base al merito".

"Esiste una differenza significativa tra le ricerche e i dati Ocse-Pisa e quelli forniti dalla Swg su commissione della Cisl", tuona la ministra, che aggiunge: "Solo poche ore fa sono stati resi noti in tutto il mondo i risultati dell'indagine sull'andamento dei sistemi scolastici internazionali. Una rilevazione autorevole e oggettiva secondo cui aumenta la qualità della scuola italiana, che dopo anni inverte un trend negativo e torna a guadagnare posizioni. Evidentemente a qualche sindacato - prosegue - è venuto il mal di pancia, ma soprattutto ha visto crollare tutti gli slogan scanditi in questi anni". Peccato - va ricordato - che le prove sono state fatte quando il ministro era di fatto appena arrivato e nulla della sua riforma era nemmeno alle viste.

"La nostra ricerca confligge con i dati OCSE?", replica polemico Francesco Scrima, segretario generale della Cisl scuola. "Lo può affermare - spiega - parlando a sproposito, solo chi non l'ha letta". La Cisl non ha condotto "nessuna misurazione delle performance del sistema, ma solo un'indagine sugli insegnanti, per conoscere meglio chi sono e cosa pensano di sé, della loro scuola, del loro Paese". "Si può capire - conclude il sindacalista - che l'incertezza di questa fase politica possa rendere particolarmente eccitabili, ma un minimo di cautela prima di avventurarsi in una polemica francamente fuori luogo (oltre che fuori tema!) sarebbe raccomandabile".

Mentre Francesca Puglisi (Pd) rispolvera due famosi brani di Caterina Caselli per descrivere il momento politico-sindacale: "La verità ti fa male, lo so" e "Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu". "La rilevazione Swg Cisl - dichiara la Puglisi - conferma tutto ciò che chiunque giri per le scuole e ascolti in tutta Italia studenti, insegnanti, personale e dirigenti aveva già toccato con mano. Il disagio è grande e stupiscono i toni astiosi riservati da ministro e maggioranza alla Cisl, un sindacato fino ad oggi ritenuto moderato e che da oggi, evidentemente, è colpevole di aver certificato la realtà".

(10 dicembre 2010)

 

 

2010-12-10

OCSE-PISA

Nella scuola pubblica si impara di più

L'Italia in basso per colpa delle private

La lettura approfondita dei dati resi noti qualche giorno fa dimostra che senza le paritarie il nostro Paese scalerebbe le tre classifiche (Lettura, Matematica e Scienze) anche di dieci posizioni

di SALVO INTRAVAIA

Nella scuola pubblica si impara di più L'Italia in basso per colpa delle private

La scuola pubblica italiana sta meglio di quello che sembra, basta leggere correttamente i dati. Sono le private la vera zavorra del sistema. Almeno stando agli ultimi dati dell'indagine Ocse-Pisa 1 sulle competenze in Lettura, Matematica e Scienze dei quindicenni di mezzo mondo. Insomma: a fare precipitare gli studenti italiani in fondo alle classifiche internazionali sono proprio gli istituti non statali. Senza il loro "contributo", la scuola italiana scalerebbe le tre classifiche Ocse anche di dieci posizioni. La notizia arriva nel bel mezzo del dibattito sui tagli all'istruzione pubblica e sui finanziamenti alle paritarie, mantenuti anche dall'ultima legge di stabilità, che hanno fatto esplodere la protesta studentesca.

"Nonostante i 44 miliardi spesi ogni anno per la scuola statale i risultati sono scadenti. Meglio quindi tagliare ed eliminare gli sprechi", è stato il leitmotiv del governo sull'istruzione negli ultimi due anni. E giù con 133 mila posti e otto miliardi di tagli in tre anni. Mentre alle paritarie i finanziamenti statali sono rimasti intonsi. Ed è proprio questo il punto: le scuole private italiane che ricevono copiosi finanziamenti da parte dello Stato fanno registrare performance addirittura da terzo mondo. I dati Ocse non lasciano spazio a dubbi. Numeri che calano come una mazzata sulle richieste avanzate negli ultimi mesi dalle associazioni di scuole non statali e da una certa parte politica. Questi ultimi rivendicano

la possibilità di una scelta realmente paritaria tra pubblico e privato nel Belpaese. In altri termini: più soldi alle paritarie.

Un mese fa, nel corso della presentazione del XII rapporto sulla scuola cattolica, la Conferenza episcopale italiana ha detto a chiare lettere che in Italia manca una "cultura della parità intesa come possibilità di offrire alla famiglia un'effettiva scelta tra scuole di diversa impostazione ideale". Il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, ha anche sottolineato come, da un punto di vista economico, "la presenza delle scuole paritarie faccia risparmiare allo Stato italiano ogni anno cinque miliardi e mezzo di euro, a fronte di un contributo dell'amministrazione pubblica di poco più di 500 milioni di euro" e ricorda che "in Europa la libertà effettiva di educazione costituisce sostanzialmente la regola". Sì, ma con quali risultati?

Il quadro delineato dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico attraverso l'indagine Pisa (Programme for International Student Assessment) è impietoso. Il punteggio medio conseguito dai quindicenni italiani delle scuole pubbliche in Lettura e comprensione dei testi scritti è pari alla media Ocse: 489 punti, che piazzano la scuola pubblica italiana al 23° posto. Con le scuole private scivoliamo al 30° posto. Discorso analogo per Matematica e Scienze, dove il gap con la media dei paesi Ocse è di appena 5 punti: 492 per le statali italiane, che ci farebbero risalire fino al 25° posto, e 497 per i paesi Ocse. Mescolando i dati con quelli degli studenti che siedono tra i banchi delle private siamo costretti ad accontentarci in Scienze di un assai meno lusinghiero 35° posto.

Ma c'è di più: la scuola pubblica italiana, rispetto al ranking 2006, recupera 20 punti in Lettura, 16 in Scienze e addirittura 24 in Matematica. Le private, nonostante i finanziamenti, invece crollano. L'Ocse, tra gli istituti privati, distingue quelli che "ricevono meno del 50 per cento del loro finanziamento di base (quelli che supportano i servizi d'istruzione di base dell'istituto) dalle agenzie governative" e quelli che ricevono più del 50 per cento. E sono proprio i quindicenni di questi ultimi istituti che fanno registrare performance imbarazzanti: 403 punti in Lettura, contro una media Ocse di 493 punti, che li colloca tra i coetanei montenegrini e quelli tunisini.

(10 dicembre 2010)

 

 

2010-12-03

LE INIZIATIVE

Cortei, occupazioni e blocchi

ancora proteste studentesche

Oltre un migliaia di ragazzi del movimento di destra hanno sfilato per le strade del centro contro la riforma Gelmini. Blitz nella stazione Tiburtina: intorno alle 11.30 un gruppo ha occupato i binari 1 e 2 della stazione per mezz'ora, coinvolti otto treni regionali. Una quarantina di studenti dei collettivi universitari, hanno occupato gli uffici Adisu per chiedere "il rimborso del lavoro precario"

Cortei, occupazioni e blocchi ancora proteste studentesche

Si è concluso a piazza Navona il corteo organizzato dai coordinamenti di Blocco studentesco. La manifestazione, partita da piazza Venezia, ha raggiunto senza incidenti la piazza antistante Palazzo Madama, sede del Senato. A partecipare sono stati circa 400 studenti che, giunti in piazza, hanno acceso alcuni fumogeni e srotolato striscioni contro la riforma Gelmini. Dopo di questo gli studenti hanno lasciato piazza Navona, sciogliendo il corteo.

"Abbiamo promosso questa mobilitazione insieme ai rappresentanti di gran parte delle scuole romane - ha spiegato il responsabile capitolino del Blocco studentesco, Rolando Mancini - per protestare contro una riforma, come quella Gelmini, che non possiamo condividere nel momento in cui prevede tagli alla scuola pubblica per 6 miliardi di euro in 3 anni e nello stesso tempo prevede di portare i fondi destinati alla scuola privata da 145 a 230 milioni di euro".

"Quella di questa mattina - ha aggiunto Mancini - è un'iniziativa trasversale. Qui in piazza non ci sono solo gli studenti delle undici scuole, dal Farnesina al Bernini, che, come blocco studentesco, abbiamo contribuito ad occupare nell'ultima settimana. In corteo con noi ci sono ragazzi che frequentano istituti di tutti i quartieri della capitale: Eur, Roma nord, Roma est. Ci sono studenti che sono arrivati qui dalle scuole dei Castelli, per far sentire la loro voce".

Sempre stamattina c'è stato un blitz degli studenti nella stazione Tiburtina di Roma: intorno alle 11.30 un gruppo di loro ha occupato i binari 1 e 2 della stazione, sui quali viaggia la linea Fr1 Fara Sabina-Fiumicino aeroporto. La protesta si è conclusa poco dopo le 12.

Lo stop temporaneo, riferisce Fs, ha coinvolto otto treni regionali: due cancellati e sei con ritardi compresi fra 5 e 15 minuti: "La circolazione, che sta tornando progressivamente alla normalità, è ripresa dopo l'intervento delle squadre tecniche del gruppo Fs, necessario a verificare l'integrità dei binari ed il corretto funzionamento dei sistemi di sicurezza. Ferrovie dello stato stigmatizza questi episodi che provocano gravi disagi e danni ai viaggiatori".

Inoltre una quarantina di studenti dei collettivi universitari, hanno occupato gli uffici dell'Adisu di via De Lollis per chiedere "il rimborso del lavoro precario che siamo costretti a svolgere per pagarci gli studi e l'affitto di una casa". "Chiediamo che nei moduli Adisu venga inserita anche questa voce - ha detto Pietro, uno degli studenti - Molti di noi lavorano in nero come camerieri, lavapiatti, baristi per pagare le spese universitarie. Chiediamo che, nel modulo per il diritto allo studio, si tenga conto anche di questo". Gli studenti hanno anche ribadito il loro no alla recente apertura del ministro Gelmini in merito al rifinanziamento delle borse di studio. "Di questo ministro e di questo governo non ci fidiamo più - ha detto ancora Pietro - per questo il 14 dicembre prossimo saremo in piazza per farlo cadere".

(03 dicembre 2010)

CENSIS 44° RAPPORTO

"La scuola si regge sui soldi delle famiglie

E il ministero? Manda lavagne multimediali"

Oltre la metà dei genitori versa un 'contributo volontario' ancora maggiore dell'anno scorso che va in media dai 16,4 euro della scuola d'infanzia agli 80 euro delle scuole medie superiori, ma si può arrivare fino ai 260 euro di ROSARIA AMATO

"La scuola si regge sui soldi delle famiglie E il ministero? Manda lavagne multimediali" A scuola con la lavagna digitale

ROMA - La metà delle scuole italiane non riesce a fare a meno dei contributi 'volontari' dei genitori, e nel 13,6% degli istituti gli stessi genitori si sono rassegnati a fare di tutto, dalla ritinteggiatura delle pareti alle riparazioni di mobiletti e materiale didattico. E il ministero si affanna a mandare lavagne multimediali. E' lo sconfortante panorama delle strutture dell'istruzione che traccia il Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2010 del Censis. Tra le oltre 100 scuole interpellate l'84% ha risposto di avere a disposizione le lavagne interattive quasi sempre decise dal ministero e che solo nello 0,2% dei casi hanno una connessione a Internet. Ma, appunto, il ministero non appare di manica altrettanto larga quando si tratta di sopperire alle richieste delle scuole in materia di "adeguamento della strumentazione e degli ambienti di studio". Per quello ci sono i contributi dei genitori o, nel caso in cui la scuola decida d'ingegnarsi, gli sponsor che usufruiscono di concessione di spazi pubblicitari (31,8%) o i proventi delle macchine distributrici di bevande o alimenti (31,8%).

"Ci sono due logiche che si delineano nella scuola - spiega il presidente del Censis Giuseppe De Rita - quella tecnologica, per cui vengono mandate le lavagne luminose, un tipo d'innovazione un po' stanca, che personalmente trovo di nessun interesse. E poi c'è invece una forte innovazione nel ruolo delle famiglie: le famiglie non si sono rassegnate di fronte al fatto che non ci sono i soldi, si sono responsabilizzate,

hanno preso in mano le sorti della scuola. Nel giro di un anno è cambiato profondamente il ruolo delle famiglie, dai consigli d'istituto alla vita quotidiana delle scuole".

Le scuole si reggono sulle famiglie. Il 53,1% delle scuole chiede un contributo economico, che viene fornito dall'82,7% dei genitori, una percentuale molto alta: l'ampiezza del livello di adesione, spiega il Censis, appare dettata dall'esigenza di "tamponare le carenze di materiali e strumenti per il funzionamento ordinario dell'istituzione" e di "sostenere la qualità e varietà dell'offerta formativa". E quindi con il contributo volontario dei genitori le scuole acquistano materiali didattici (77,2%), migliorano le dotazioni informatiche (sulle quali di regola non si riscontra da parte del ministero una sensibilità analoga a quella dimostrata per le LIM), i laboratori o le palestre (58,3%) e forniscono persino supporto economico agli studenti più indigenti per assicurare la loro partecipazione nelle attività didattico-formative (43,1%).

I contributi privati. Il 36,4% delle scuole riceve contributi da soggetti privati (diversi dai genitori). Si tratta di donazioni (46,4%), installazioni di macchine distributrici di bevande e alimenti (34,8%), sponsorizzazioni o pubblicità (31,8%), affitto e concessione dell'utilizzo dei locali dell'istituto (21,6%).

E quelli di 'manovalanza'. Diventa sempre più comune il caso di genitori che decidano di contribuire materialmente al buon funzionamento della scuola. Nell'ultimo anno scolastico, le famiglie "hanno collaborato alla manutenzione o al mantenimento degli spazi" nel 13,6% delle scuole. Il 65,7% ha eseguito la pulizia e tintura delle pareti, il 22,9% ha ripulito tendi e suppellettili, il 13,6% ha riparato sedie, tavoli e armadi.

Le lavagne. La distribuzione di lavagne multimediali è stata piuttosto equa tra Nord e Sud: infatti si oscilla tra l'88% del Nord-Ovest e l'83,4% del Mezzogiorno. "Stando alle risposte dei dirigenti scolastici - nel 91,4% dei casi le risorse per l'acquisto delle Lim hanno avuto origine ministeriale". Soltanto nello 0,2% dei casi il criterio adottato è quello di scelta delle classi con connessione Internet, eppure le lavagne multimediali collegate alla rete offrono un ben più ampio ventaglio di possibilità ai docenti che intendano farne uso. Alla distribuzione delle LIM non è stata affiancata un'adeguata formazione dei docenti: il 51,4% degli insegnanti dichiara che l'impiego delle lavagne "ha prodotto nuovi fabbisogni di formazione dei docenti, non ancora del tutto soddisfatti", mentre il 48,8% afferma che "la scarsa autonomia dei docenti nella creazione di contenuti digitali determina una sottoutilizzazione delle lavagne"

(02 dicembre 2010)

RIFORMA

Università, slitta il voto al Senato

In Aula dopo dibattito su fiducia

La decisione presa dalla conferenza dei capigruppo. Forte l'opposizione delle minoranze contro l'ipotesi di calendarizzazione prima del 14 dicembre. Gelmini ottimista: "Ddl sarà legge entro l'anno"

Università, slitta il voto al Senato In Aula dopo dibattito su fiducia

ROMA - La riforma dell'università sarà discussa in aula al Senato dopo il dibattito sulla fiducia previsto per martedì 14 dicembre: lo ha deciso la conferenza dei capigruppo. L'opposizione ha confermato la sua dura opposizione alla proposta del presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, di approvare la riforma entro la prossima settimana, cioè prima del dibattito sulla fiducia.

Sarà una conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama, convocata per il 14 dicembre, a decidere la calendarizzazione del ddl Gelmini, hanno detto la presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, e Gasparri. È la proposta di mediazione che, spiega l'esponente del Pdl, è stata fatta "in conferenza dei capigruppo dal presidente Schifani". Quindi, aggiunge, "il 14 decideremo sulla calendarizzazione del provvedimento".

Una dura battaglia. La battaglia per impedire la calendarizzazione del ddl Gelmini prima del voto di fiducia "è stata dura". Parola di Anna Finocchiaro, soddisfatta per l'esito della conferenza dei capigruppo. Finocchiaro ha spiegato che la calendarizzazione del ddl ci sarà dopo il 14 "ammesso che il governo sia ancora nelle sue funzioni". Si è tentata una mediazione con il capogruppo di Fli Pasquale Viespoli che ha proposto "di far lavorare intanto la commissione Istruzione" soltanto con delle audizioni. Certo "nessuno potrà impedire al presidente della commissione Istruzione di convocarla, ma noi

non ci fidiamo e se avremo il sentore che in commissione si passi a esaminare il provvedimento questo non potrà non avere ripercussioni sui tempi dell'esame della legge di stabilità".

"Buona notizia". ''La decisione di rinviare la riforma universitaria a dopo il 14 dicembre è una buona notizia - commenta il deputato finiano Fabio Granata - 'Serve serenità e stabilità politica, sia per migliorare la riforma, sia per dare voce e ascolto alle imponenti manifestazioni di questi giorni''.

Piano della maggioranza alle ortiche. "Alle ortiche il piano della maggioranza di anticipare la discussione in Aula di una riforma sbagliata e senza coperture prima del voto di fiducia. Il Pdl ha cercato di mostrare i muscoli, ma non ci siamo lasciati impressionare", ha commentato il presidente del Gruppo IdV, Felice Belisario, al termine della conferenza dei capigruppo al Senato. "Siamo soddisfatti perché oggi siamo riusciti, nel rispetto delle procedure parlamentari, a bloccare un ddl politicamente inaccettabile e socialmente pericoloso che il ministro dell'Istruzione si ostina a definire 'epocale', ma che in realtà - conclude Belisario - distrugge l'Università pubblica, il diritto allo studio, la ricerca e le prospettive dei giovani".

La reazione del ministro Gelmini. ''L'opposizione, per motivi di pura propaganda politica, mette a rischio provvedimenti urgenti e indispensabili per l'università italiana. Senza l'approvazione rapida del ddl non si potranno bandire posti da ricercatore, non potranno essere garantiti gli scatti di stipendio, non saranno banditi nuovi concorsi'', è il commento del ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini. ''Sono comunque fiduciosa: il 14 dicembre il governo Berlusconi incasserà la fiducia del Parlamento e il ddl diventerà legge entro l'anno. Il governo Berlusconi potrà dunque proseguire la sua opera riformatrice nell'interesse del Paese'', conclude.

Unione degli Universitari: "Vittoria studenti". "Una grande vittoria degli studenti e dei ricercatori, il risultato di un anno di mobilitazione che mese per mese ha alzato la sua voce". L'Udu, Unione degli Universitari, è soddisfatto della decisione di rinviare il voto. "Dal 28 ottobre dello scorso anno abbiamo occupato le facoltà, presidiato i tetti, riempito le piazze e le strade fino a bloccare il Paese. Questo ennesimo rinvio rappresenta una sfiducia della Gelmini ancora prima del 14. Il ritiro del ddl e le dimissioni della Gelmini ci sembrano, quindi, scelte obbligate". "Di certo -annuncia l'Udu - le nostre mobilitazioni non si fermeranno, anzi continueranno fino al ritiro del ddl, perché abbiamo un'idea migliore di università pubblica per il futuro del paese che vogliamo portare oltre il 14 dicembre".

(02 dicembre 2010)

L'EMERGENZA

Piano straordinario per Pompei

torna la soprintendenza autonoma

Il ministro Bondi annuncia interventi al termine di una riunione sul sito archeologico: piano straordinario di manutenzione con aumento di personale tecnico e invio immediato di una task force di archeologi, architetti e operai specializzati per realizzare tutti gli interventi necessari

Piano straordinario per Pompei torna la soprintendenza autonoma

Torna la soprintendenza autonoma di Pompei con poteri più incisivi per la tutela del sito; piano straordinario di manutenzione con aumento di personale tecnico e invio immediato di una task force di archeologi, architetti e operai specializzati per realizzare tutti gli interventi necessari.

Questi i punti dei provvedimenti d'urgenza e misure per il recupero del patrimonio archeologico che il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi presenterà in uno dei prossimi Consigli dei ministri. E' stato deciso al temine di un incontro tra il ministro, il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro e il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro.

Alla riunione di oggi erano presenti anche il capo di gabinetto, Salvatore Nastasi, il segretario generale del MiBAC, Roberto Cecchi, il direttore generale per le Antichità, Luigi Malnati, e il direttore generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale, Mario Resca.

Nel corso dell'incontro - spiega il ministero - "è stata unanimemente condivisa la necessità di affrontare immediatamente le criticità connesse al sito archeologico di Pompei, adottando quanto prima, anche con provvedimenti d'urgenza, misure per il recupero del patrimonio archeologico, che il ministro presenterà in uno dei prossimi Consigli dei Ministri".

"In particolare - sottolinea Bondi - verrà ricostituita la soprintendenza autonoma di Pompei ed il soprintendente dovrà essere dotato di poteri più incisivi per la tutela del sito.

Inoltre saranno individuati gli strumenti necessari per l'adozione di un piano straordinario di manutenzione con l'aumento del personale tecnico addetto e con l'invio immediato di una task force composta da archeologi, architetti e operai specializzati per realizzare tutti gli interventi necessari".

Il ministro ed i rappresentanti della Regione Campania e della Provincia di Napoli hanno concordato "una linea comune per il miglior utilizzo dei fondi europei sulle aree archeologiche interessate e l'esigenza di destinazione dei fondi FAS anche per l'area di Pompei".

Infine, è stato deciso di "proseguire gli studi per la costituzione di un'eventuale Fondazione, strumento essenziale per l'apporto di capitali privati". (ANSA).

(02 dicembre 2010)

LA RICERCA

Gli italiani continuano a emigrare

un milione in fuga negli ultimi 4 anni

Il Rapporto Italiani nel mondo 2010 della Fondazione Migrantes: 510 pagine di dati sui nostri connazionali all'estero: sono 4.028.370, cioè il 6,7% dei residenti in Italia, un numero vicino a quello degli immigrati nel nostro Paese. L'aumento è di 113 mila persone rispetto al 2009 e di quasi un milione rispetto al 2006. Vivono in Europa (55,3%), America (39,3%), Oceania (3,2%), Africa (1,3%) e Asia (0,9%)

di VLADIMIRO POLCHI

Gli italiani continuano a emigrare un milione in fuga negli ultimi 4 anni

ROMA - Andrea è un cacciatore di comete: ben quindici corpi celesti portano oggi il suo nome. Andrea Boattini è fiorentino, ma per completare i suoi studi planetari è dovuto emigrare in America. Dal 2007 scruta le stelle dal Lunar and Planetary Laboratory dell'Arizona. Andrea non è un caso isolato: tanti sono gli italiani che nel 2010 vivono e lavorano all'estero. Quanti? Oltre quattro milioni: 113mila in più, rispetto al 2009.

Italiani nel mondo. Gli emigranti continuano dunque ad aumentare, come dimostra il quinto "Rapporto Italiani nel mondo 2010" della Fondazione Migrantes 1: 510 pagine che fotografano i nostri connazionali all'estero. I dati? All'8 aprile 2010 i cittadini iscritti all'anagrafe degli italiani all'estero sono 4.028.370 (il 6,7% dei residenti in Italia, un numero quasi pari a quello degli immigrati nel nostro Paese). L'aumento è di 113mila persone rispetto all'anno precedente (frutto anche di nuove nascite all'estero) e di quasi 1 milione rispetto al 2006. Quella degli italiani nel mondo è dunque una presenza in aumento. Dove vivono? In Europa (55,3%), America (39,3%), Oceania (3,2%), Africa (1,3%) e Asia (0,9%). Tra i Paesi, l'Argentina supera di poco la Germania (entrambi con oltre 600mila residenti), la Svizzera accoglie mezzo milione di italiani, la Francia si ferma a 370mila, il Brasile raggiunge i 273mila, Australia, Venezuela e Spagna

superano i 100mila.

Italiani e oriundi. Tra gli italiani residenti all'estero più della metà non è sposato, quasi la metà è costituita da donne, più di un terzo è nato all'estero, mentre 121mila si sono iscritti all'anagrafe dopo aver acquisito la cittadinanza. I minorenni sono un sesto del totale, ma sono superati dagli ultrasessantacinquenni (18,2%). All'estero, oltre agli italiani che hanno la cittadinanza (quindi con passaporto e diritto di voto) vi sono gli oriundi (i discendenti degli emigranti): quasi 80 milioni secondo una recente stima dei Padri Scalabriniani (25 milioni in Brasile, 20 in Argentina, 17,8 negli Stati Uniti e in Francia, 1,5 in Canada, 1,3 in Uruguay, 0,8 in Australia, 0,7 in Germania, 0,5 sia in Svizzera che in Perù).

Migrazioni interne. Il Rapporto Migrantes prende in considerazione anche la mobilità interna all'Italia e valuta che nel complesso "tra spostamenti interni e verso l'estero, in andata e in rientro, temporanei o di lungo raggio, italiani che vanno o che ritornano, si arriva a quasi 400mila spostamenti totali, 1 ogni 150 residenti".

Cervelli in fuga. Quanto ai casi come quello di Andrea Boattini, non è disponibile un censimento completo dei ricercatori all'estero. Duemila sono gli iscritti alla banca dati "Davinci" 2 e lavorano in tutte le più importanti università del mondo. Solo 1 su 4 intenderebbe ritornare in Italia, gli altri si dicono soddisfatti della vita condotta all'estero. Non è un caso che dalla graduatoria Top Italian Scientists, risulta che l'Italia ha i suoi più bravi scienziati all'estero.

Rientro dei cervelli. Nel 2001, il ministro dell'Università ha varato un programma per il rientro dei cervelli fuggiti dall'Italia. I risultati? Scarsi. "Dei 460 ricercatori, faticosamente riportati in patria, infatti, solo 50 sono stati richiesti ufficialmente dagli atenei italiani e di essi solo un quinto avrebbe superato le forche caudine del Consiglio Universitario Nazionale. L'emorragia dei cervelli è, quindi, destinata a continuare, specialmente dal Sud: se si prende l'esempio della Puglia, si constata che annualmente il 45% dei 23.500 nuovi laureati lascia la regione, per lo più definitivamente".

Tagli alla lingua italiana. Leggendo i dati del ministero degli Affari Esteri ci sarebbe da essere orgogliosi: 23.988 corsi di lingua italiana nel mondo, per un totale di 393.897 allievi. "Ma - ricorda il Rapporto Migrantes - ha giustamente suscitato scandalo il fatto che i finanziamenti alla società Dante Alighieri siano stati ridotti a 600mila euro annui, il costo di due retribuzioni pubbliche di alto livello (o addirittura solo di una, in certi casi), un sostegno assolutamente inadeguato e non paragonabile né agli investimenti culturali di un piccolo paese come il Portogallo né, tantomeno, a quelli di Germania, Gran Bretagna, Spagna e Francia".

(02 dicembre 2010)

LO STUDIO

La fuga di cervelli costa cara all'Italia

"In 20 anni abbiamo perso 4 miliardi"

Ogni ricercatore 'top' vale in media 148 milioni di euro in brevetti. E i pochi che rimangono in Italia, nonostante le difficoltà, hanno un indice di produttività inferiore solo a britannici e canadesi dI ROSARIA AMATO

La fuga di cervelli costa cara all'Italia "In 20 anni abbiamo perso 4 miliardi"

ROMA - La fuga dei ricercatori italiani all'estero ha un costo, un costo molto alto. Ha provato a calcolarlo l'Icom, Istituto per la Competitività, in un'indagine commissionata dalla Fondazione Lilly, che promuove la ricerca medica, e dalla Fondazione Cariplo: negli ultimi 20 anni l'Italia ha perso quasi 4 miliardi di euro. La cifra corrisponde a quanto ricavato dal deposito di 155 domande di brevetto, dei quali "l'inventore principale è nella lista dei top 20 italiani all'estero" e di altri 301 brevetti ai quali diversi ricercatori italiani emigrati hanno contribuito come membri del team di ricerca. Questi brevetti in 20 anni sono arrivati a un valore di 3,9 miliardi di euro, "cifra che può essere paragonata all'ultima manovrina correttiva dei conti pubblici annuncaita dal governo qualche mese fa", osservano gli autori della ricerca.

Certo, si potrebbe obiettare, questi brevetti sono frutto, oltre che del genio italico, di équipe ben strutturate, ben finanziate, sostenute da università o centri di ricerca di valore. Probabilmente se questi preziosi cervelli, perfino i 'top 20' considerati dalla ricerca, fossero rimasti in Italia, non avrebbero brevettato un bel niente. E però se invece in Italia fossero stati adeguatamente sostenuti, il nostro Paese sarebbe stato più ricco. Secondo l'Icom, che ha presentato la ricerca oggi al Senato, in media ogni cervello in fuga può valere fino a 148 milioni di euro (nel caso in cui arrivi ai livelli degli scienziati più produttivi

della Top 20 elaborata dall'associazione Via-Academy, costituita da un gruppo di ricercatori italiani che vivono e lavorano all'estero). Un calcolo che nello specifico può essere contestato, ma è indubbio che i tanti brevetti depositati dagli scienziati italiani all'estero si traducano in danaro.

"Guardando alla classifica elaborata da Via-Academy 1 - spiega il coordinatore della ricerca, Stefano da Empoli - si vede come man mano che si arriva in cima alla graduatoria, la Top Italian Scientists, diminuisca il numero dei residenti in Italia e aumenti quello dei residenti all'estero". Insomma, il cervello quando fugge è più produttivo, probabilmente perché viene messo nelle condizioni migliori.

"La ricerca non è solo in teoria uno dei motori dello sviluppo di ogni sistema Paese, ma è anche in pratica un grande investimento", afferma il presidente del Consiglio Universitario Nazionale Andrea Lenzi. Che non manca di sottolineare come anche la riforma attualmente in via di approvazione, fortemente constestata dagli studenti, non migliori assolutamente nulla dal punto di vista della ricerca: "Il difetto vero è che mancano le risorse per i ricercatori - spiega - questo non va bene perchè sono la categoria più debole. Si devono trovare le risorse, non si parla di cifre astronomiche ma serve un miliardo di euro, che corrisponderebbe a un viadotto sull'autostrada Bologna-Firenze".

Per arrivare ai quattro miliardi di perdite calcolate, spiegano gli autori della ricerca, si fa riferimento al database dell'Organizzazione Mondiale per la proprietà Intellettuale, che associa ad ogni scienziato il numero di domande internazionali presentate in base all'anno di pubblicazione. Se il 'top scientist' l'autore principale, è italiano, emergono 11 brevetti nel settore chimico, 5 nell'ITC, e 139 nel settore farmaceutico, che comprende anche la medicina.

La Fondazione ha poi calcolato il rendimento del brevetto: per esempio, un famaco anticancerogeno introdotto recentemente nel mercato ha generato un fatturato annuo di poco meno di due miliardi di euro. Il valore medio di 148 milioni viene calcolato sulla base del rendimento medio di un brevetto (che è diverso a seconda del settore: maggiore nel settore chimico, segue quello farmaceutico e infine l'ITC).

Secondo lo studio, il 35% dei 500 migliori ricercatori italiani nei principali settori di ricerca ha abbandonato il Paese. Ma se si considerano i primi 100, ad essersene andato è addirittura la metà. Quelli che rimangono fanno quello che possono, che è comunque molto, sottolinea Lenzi: "In rapporto alla scarsità di stanziamenti e al fatto che in Italia il numero dei ricercatori sia più basso rispetto agli altri principali Paesi del G7 (da noi sono complessivamente 70.000, in Francia 155.000, in Regno Unito 147.000, in Germania 240.000, negli USA 1.150.00, in Canada 90.000 e in Giappone 640.00), i nostri ricercatori possiedono un indice di produttività individuale eccellente con il 2,28 % di pubblicazioni scientifiche. La ricerca scientifica italiana risulta così essere superiore alla media dei principali Paesi europei, nonostante il più basso numero di ricercatori: l'Italia infatti si posiziona al terzo posto (2,28%), dopo l'Inghilterra (3,27%) ed il Canada (2,44%). Dopo di noi ci sono, in ordine, gli Stati Uniti (2,06%), la Francia (1,67%) la Germania (1,62%) e il Giappone (0,41%)".

Insomma, si fa di necessità virtù. Ma si perde anche tanto: alla presentazione della ricerca oggi a Roma c'era anche Napoleone Ferrara, catanese, via dall'Italia dal 1988. Ferrara ha recentemente ottenuto il prestigioso premio internazionale Lasker Award per i suoi studi, che si sono svolti negli Stati Uniti, su un farmaco che blocca la perdita della vista nei pazienti "con degenerazione maculare senile umida, patologia che in passato conduceva alla cecità totale". Concetto Vasta, della Fondazione Lilly, lo ha presentato come "il secondo miglior ricercatore italiano in termini di pubblicazioni e di impatto scientifico", e ha osservato: "Se Ferrara fosse rimasto in Italia, con il frutto delle sue ricerche e dei suoi brevetti avrebbe potuto ricostruire da zero la sua università".

Ma forse, se fosse rimasto in Italia, i suoi brevetti non avrebbero mai visto la luce. "Negli Usa - ha ammesso Ferrara - c'è un investimento enorme nella ricerca, miliardi di dollari, e da anni il governo americano investe molto nella lotta al cancro o alle altre principali malattie. C'è un'organizzazione che permette e facilita la ricerca, penso che il resto del mondo dovrebbe prendere esempio da questo modello".

Proprio per promuovere la ricerca, la Fondazione Lilly oggi ha assegnato una borsa di studio di 360.000 euro a una giovane ricercatrice italiana, l'oncologa Tiziana Vavalà: la somma servirà a finanziare le ricerche della studiosa per i prossimi quattro anni.

(30 novembre 2010)

 

2010-11-30

UNIVERSITA'

Camera, passa la riforma Gelmini

Scontro sulle manganellate agli studenti

Il testo ottiene 307 sì e 252 no. Il ministro: "Le contestazioni? Colpa della demagogia dell'opposizione". Berlusconi: "Colpo mortale a parentopoli". Polemica sugli incidenti. Bersani: "Il governo ha perso la testa". Vendola: "Clima cileno". Maroni: "Le forze dell'ordine hanno agito con responsabilità". Duello sui tempi al Senato

Camera, passa la riforma Gelmini Scontro sulle manganellate agli studenti Il ministro Gelmini

ROMA - Mentre fuori dalla Camera vanno in scena le proteste degli studenti, con annesso corollario di manganellate e lanci di oggetti, dentro l’Aula di Montecitorio il governo prima soffre e poi riesce ad approvare la contestatissima riforma dell’università firmata dal ministro Maria Stella Gelmini (con 307 sì e 252 no). Lo fa mentre Silvio Berlusconi liquida sprezzatemente la protesta degli studenti, Umberto Bossi dice di capirla "almeno in parte" e maggioranza e opposizione litigano sulla responsabilità degli scontri di piazza. Con Vendola che evoca un clima "cileno", con La Russa che accusa l'opposizione "di strumentalizzare" la piazza e con il ministro Maroni che si difende: "Il cordone della polizia per blindare Montecitorio era indispensabile. Volevate che entrassero in transatlantico?".

Dopo il voto favorevole, la Gelmini ostenta soddisfazione: "L'approvazione della riforma è un fatto importante, una tra le più importanti della legislatura. Spiace averlo dovuto fare in un clima di tensione sociale". Per il ministro la colpa è "della incapacità del Pd e dell'opposizione di affrontare i problemi dell'università con senso di responsabilità ma solo con con la lente della demagogia o dell'ideologia".

Polemiche sugli scontri. "Mi pare che nella stragrande maggioranza studenti e ricercatori si sono mossi in modo pacifico. Ha impressionato la città militarizzata, mai vista Roma

così, e se si è arrivati a questa tensione è per irresponsabilità del governo che ha perso la testa e la presa sui problemi del paese". Così il leader Pd Pier Luigi Bersani attacca il governo, convinto che "non saranno in grado di portare a termine questa riforma nella sua applicazione". Per Bersani il fatto che il governo abbia detto che chi manifesta sta con i 'baroni' "è stato intollerabile e offensivo, e ha suscitato indignazione e ribellione. Stanno perdendo un po' la testa...". Dal governo, però, i toni sono diversi. "Non è pensabile è solidarizzare, come ha fatto la sinistra dai banchi parlamentari con gli atteggiamenti violenti che si sono registrati all'interno delle manifestazioni" attacca il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.

E anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini se la prende con "gli estremisti che hanno bloccato Roma e causato gravi incidenti". Costoro, continua Fini, "non hanno reso un buon servizio alla stragrande maggioranza di studenti scesi in piazza con motivazioni non totalmente condivisibili, ma certamente animate da una positiva volontà di partecipazione e di miglioramento delle condizioni della nostra università". Durissima la reazione di Nichi Vendola, presidente di Sinistra ecologia libertà, sulla gestione dell'ordine pubblico da parte del ministro dell'Interno, Roberto Maroni: "Roma è stata assediata da una vera e propria tenaglia militare, che ricorda altre epoche e altre capitali: Roma blindata e sequestrata come Santiago del Cile ai tempi di Pinochet". Maroni, però, respinge le critiche: "Io ho il compito di gestire l'ordine pubblico e evitare incidenti e l'assalto ai luoghi sacri della democrazia, come avvenuto la scorsa settimana in Senato. E mi pare che tutto sta avvenendo con grande responsabilità delle forze dell'ordine che hanno subito violenza e stanno gestendo una situazione molto complicata". Ma anche i centristi, con Pier Ferdinando Casini, invitano alla cautela: "Chi protesta pacificamente non può Nessere liquidato con marchio del terrorista o dell'infame perchè questo non vuol dire avere equilibrio".

Stop sugli emendamenti. I finiani ancora una volta mettono in evidenza la loro 'insostituibilita per la tenuta parlamentare del governo. Il primo stop per l’esecutivo arriva su un emendamento di Fli sugli assegni di ricerca. Lo firma Fabio Granata e prevede che la norma non possa portare "oneri aggiuntivi" anziché "nuovi o maggiori oneri". "Nulla di grave – replica la relatrice Paola Frassinetti – era solo un emendamento tecnico".Poco dopo il copione si ripete. Con il governo che va sotto su tre emendamenti identici di Fli, Api e Pd che prevedono la soppressione della "clausola di salvaguardia". Sparisce così la norma che prevedeva una sorta di "commissariamento" per il Ministero dell'Istruzione da parte del ministero dell'Economia nel caso in cui si fossero verificati o fossero in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa.

Berlusconi: "Andate a studiare" "Gli studenti veri stanno a casa a studiare, quelli in giro a protestare sono dei centri sociali e sono fuori corso". Berlusconi liquida così la protesta degli studenti. Dipingendoli come una minoranza di facinorosi quelli che da giorni non lesinano energie per bloccare la contestata riforma. Parole a cui il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani replica sibillinamente: "Non riapriamo il tema di chi è fuori corso perchè creerebbe nella maggioranza più imbarazzi di quelli provocati da Wikileaks". Il premier, però, difende la riforma. "Favorisce gli studenti, i professori e più in generale tutto il mondo accademico e dunque deve passare se vogliamo finalmente ammodernare l'università - continua il premier - meglio di così non si poteva fare". Poi, dopo il voto, dirà: "Altro obiettivo raggiunto, la riforma è un colpo mortale a parentopoli. Siamo il governo del fare"

Norme anti-parentopoli. Passa, con il voto di maggioranza e opposizione (Idv esclusa), la cosiddetta norma "anti-parentopoli". Saranno esclusi dalla chiamata candidati che siano parenti e affini "fino al quarto grado compreso, un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata; o con il rettore, il direttore generale o con un consigliere di amministrazione dell'ateneo".

Scatti. Approvato l'emendamento, proposto da Fli, che ripristina gli scatti meritocratici per professori e ricercatori meritevoli. Un testo che "autorizza la spesa di 18 milioni di euro per l'anno 2011 e di 50 milioni per gli anni 2012 e 2013".

Assunzione professori. Via libera all'emendamento, oggetto di scontro tra Fli e governo, che prevede l'assunzione di 1500 associati all'anno per gli anni 2011, 2012, 2013. Protestano le opposizioni sostenendo che si tratta di una "presa in giro" in quanto le risorse che coprono la norma in questione sono contenute nel ddl stabilità ancora all'esame del Senato in seconda lettura.

L'altolà del Pd sui tempi. "Schifani vorrebbe arrivare all'approvazione definitiva del ddl al Senato prima del 13 dicembre. Noi abbiamo risposto chiaramente che, in questo caso, salterebbe ogni accordo sui tempi per l'approvazione del ddl di stabilità. Ricordo che in Commissione sul ddl di stabilità il Pd ha presentato solo 19 emendamenti su 300". Il presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, al termine della Conferenza dei capigruppo del Senato, avverte la maggioranza. Sapendo che una calendarizzazione accelerata sul ddl università sarebbe possibile solo con l'unanimità dei gruppi. La conferenza dei capigruppo ha rinviato ogni decisione a giovedì mattina. Ma il ministro Gelmini avverte: "Se vi sarà la volontà politica da parte della maggioranza, ci sono i tempi per approvare la riforma dell'Università prima del 14 dicembre".

(30 novembre 2010)

 

LA MOBILITAZIONE

Scuola, la protesta degli studenti

Bloccate stazioni e autostrade

Migliaia di ragazzi in piazza contro la riforma Gelmini. Bloccati i binari in 17 città. Scontri a Roma, Genova e Bologna. Giovani sui binari della stazione Termini. A Pisa il corteo invade l'autostrada

Scuola, la protesta degli studenti Bloccate stazioni e autostrade

ROMA - E' sera quando nell'aula della Camera la riforma targata Maria Stella Gelmini ottiene il via libera 1. Accade al termine di una giornata che ha visto migliaia di studenti scendere in piazza per protestare, per gridare il loro "no" ad una riforma "che toglie il futuro". Protesta che, a Roma, Bologna e Genova, hanno visto anche aspri momenti di tensione, con scontri con le forze dell'ordine. E se ieri e la scorsa settimana a essere "occupati" erano stati i monumenti, ora è la volta delle stazioni (18 in tutto) e delle autostrade. Tra le tante occupate, le stazioni di Roma, Torino, Trieste, Venezia, Pisa (dove il corteo è entrato anche sull'autostrada A12 bloccando il casello), Perugia e Parma.

LO SPECIALE CITTA' PER CITTA' 2

A Roma i manifestanti che volevano raggiungere piazza Montecitorio, si trovano davanti un muro di camionette. Gli studenti provano a forzare il blocco e in via del Corso uova, petardi e lacrimogeni si mischiano. Poi i ragazzi ripiegano e occupano i binari della stazione Termini. Infine tutti in corteo verso l'università dove in assemblea decideranno le mosse future.

 

Scontri con le forze dell'ordine anche davanti alla Prefettura di Genova con uno giovane colpito al labbro da una manganellata e una secchiata di sterco buttata all'interno dello stand di Monte dei Paschi nella centralissima Piazza De Ferrari. Botte anche a Bologna dove i manifestanti hanno invaso e occupato il tratto cittadino dell'A14, bloccando così il traffico per diversi minuti. Poi hanno tentato di dare l'assalto alla stazione ferroviaria, per interrompere anche la circolazione dei treni. Ma qui, come giovedì scorso, si sono scontrati con le forze dell'ordine, schierate a proteggerne l'ingresso, e sono stati respinti: otto i feriti, in modo lieve, tra i manifestanti. Tredici contusi, tra poliziotti e carabinieri.

A Lecce almeno duemila studenti medi e universitari prima sfilano per le vie cittadini e dopo occupano dell'Anfiteatro romano. A Firenze in centinaia hanno occupato Ponte alla Vittoria bloccando il traffico cittadino. A Venezia un corteo di alcune centinaia di studenti ha occupato il rettorato dell'Università di Cà Foscari. Blocchi stradali anche a Palermo dove i giovani hanno ostruito la circolazione stradale in corso Vittorio Emanuele e in via Roma. A Torino, sotto la neve, ragazzi e ragazze dopo aver occupato per circa mezz'ora palazzo Reale hanno ripreso a sfilare in corteo. A Padova gli studenti hanno bloccato la stazione e a Cagliari, hanno interrotto il traffico dimostrando sotto la sede del Pdl.

A Milano i ragazzi hanno occupato la stazione di Porta Garibaldi, a Napoli un gruppo di manifestanti è entrato in Castel dell'Ovo, ed ha calato dal tetto uno striscione di protesta. A Catania un corteo ha mandato in tilt il traffico in centro e un gruppo è salito sulla cattedrale srotolando uno striscione contro il ddl. A Bari un gruppo di studenti universitari ha occupato il ponte di corso Cavour, nel centro cittadino.

(30 novembre 2010)

 

 

 

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LO STUDIO

La fuga di cervelli costa cara all'Italia

"In 20 anni abbiamo perso 4 miliardi"

Ogni ricercatore 'top' vale in media 148 milioni di euro in brevetti. E i pochi che rimangono in Italia, nonostante le difficoltà, hanno un indice di produttività inferiore solo a britannici e canadesi dI ROSARIA AMATO

La fuga di cervelli costa cara all'Italia "In 20 anni abbiamo perso 4 miliardi"

ROMA - La fuga dei ricercatori italiani all'estero ha un costo, un costo molto alto. Ha provato a calcolarlo l'Icom, Istituto per la Competitività, in un'indagine commissionata dalla Fondazione Lilly, che promuove la ricerca medica, e dalla Fondazione Cariplo: negli ultimi 20 anni l'Italia ha perso quasi 4 miliardi di euro. La cifra corrisponde a quanto ricavato dal deposito di 155 domande di brevetto, dei quali "l'inventore principale è nella lista dei top 20 italiani all'estero" e di altri 301 brevetti ai quali diversi ricercatori italiani emigrati hanno contribuito come membri del team di ricerca. Questi brevetti in 20 anni sono arrivati a un valore di 3,9 miliardi di euro, "cifra che può essere paragonata all'ultima manovrina correttiva dei conti pubblici annuncaita dal governo qualche mese fa", osservano gli autori della ricerca.

Certo, si potrebbe obiettare, questi brevetti sono frutto, oltre che del genio italico, di équipe ben strutturate, ben finanziate, sostenute da università o centri di ricerca di valore. Probabilmente se questi preziosi cervelli, perfino i 'top 20' considerati dalla ricerca, fossero rimasti in Italia, non avrebbero brevettato un bel niente. E però se invece in Italia fossero stati adeguatamente sostenuti, il nostro Paese sarebbe stato più ricco. Secondo l'Icom, che ha presentato la ricerca oggi al Senato, in media ogni cervello in fuga può valere fino a 148 milioni di euro (nel caso in cui arrivi ai livelli degli scienziati più produttivi

della Top 20 elaborata dall'associazione Via-Academy, costituita da un gruppo di ricercatori italiani che vivono e lavorano all'estero). Un calcolo che nello specifico può essere contestato, ma è indubbio che i tanti brevetti depositati dagli scienziati italiani all'estero si traducano in danaro.

"Guardando alla classifica elaborata da Via-Academy 1 - spiega il coordinatore della ricerca, Stefano da Empoli - si vede come man mano che si arriva in cima alla graduatoria, la Top Italian Scientists, diminuisca il numero dei residenti in Italia e aumenti quello dei residenti all'estero". Insomma, il cervello quando fugge è più produttivo, probabilmente perché viene messo nelle condizioni migliori.

"La ricerca non è solo in teoria uno dei motori dello sviluppo di ogni sistema Paese, ma è anche in pratica un grande investimento", afferma il presidente del Consiglio Universitario Nazionale Andrea Lenzi. Che non manca di sottolineare come anche la riforma attualmente in via di approvazione, fortemente constestata dagli studenti, non migliori assolutamente nulla dal punto di vista della ricerca: "Il difetto vero è che mancano le risorse per i ricercatori - spiega - questo non va bene perchè sono la categoria più debole. Si devono trovare le risorse, non si parla di cifre astronomiche ma serve un miliardo di euro, che corrisponderebbe a un viadotto sull'autostrada Bologna-Firenze".

Per arrivare ai quattro miliardi di perdite calcolate, spiegano gli autori della ricerca, si fa riferimento al database dell'Organizzazione Mondiale per la proprietà Intellettuale, che associa ad ogni scienziato il numero di domande internazionali presentate in base all'anno di pubblicazione. Se il 'top scientist' l'autore principale, è italiano, emergono 11 brevetti nel settore chimico, 5 nell'ITC, e 139 nel settore farmaceutico, che comprende anche la medicina.

La Fondazione ha poi calcolato il rendimento del brevetto: per esempio, un famaco anticancerogeno introdotto recentemente nel mercato ha generato un fatturato annuo di poco meno di due miliardi di euro. Il valore medio di 148 milioni viene calcolato sulla base del rendimento medio di un brevetto (che è diverso a seconda del settore: maggiore nel settore chimico, segue quello farmaceutico e infine l'ITC).

Secondo lo studio, il 35% dei 500 migliori ricercatori italiani nei principali settori di ricerca ha abbandonato il Paese. Ma se si considerano i primi 100, ad essersene andato è addirittura la metà. Quelli che rimangono fanno quello che possono, che è comunque molto, sottolinea Lenzi: "In rapporto alla scarsità di stanziamenti e al fatto che in Italia il numero dei ricercatori sia più basso rispetto agli altri principali Paesi del G7 (da noi sono complessivamente 70.000, in Francia 155.000, in Regno Unito 147.000, in Germania 240.000, negli USA 1.150.00, in Canada 90.000 e in Giappone 640.00), i nostri ricercatori possiedono un indice di produttività individuale eccellente con il 2,28 % di pubblicazioni scientifiche. La ricerca scientifica italiana risulta così essere superiore alla media dei principali Paesi europei, nonostante il più basso numero di ricercatori: l'Italia infatti si posiziona al terzo posto (2,28%), dopo l'Inghilterra (3,27%) ed il Canada (2,44%). Dopo di noi ci sono, in ordine, gli Stati Uniti (2,06%), la Francia (1,67%) la Germania (1,62%) e il Giappone (0,41%)".

Insomma, si fa di necessità virtù. Ma si perde anche tanto: alla presentazione della ricerca oggi a Roma c'era anche Napoleone Ferrara, catanese, via dall'Italia dal 1988. Ferrara ha recentemente ottenuto il prestigioso premio internazionale Lasker Award per i suoi studi, che si sono svolti negli Stati Uniti, su un farmaco che blocca la perdita della vista nei pazienti "con degenerazione maculare senile umida, patologia che in passato conduceva alla cecità totale". Concetto Vasta, della Fondazione Lilly, lo ha presentato come "il secondo miglior ricercatore italiano in termini di pubblicazioni e di impatto scientifico", e ha osservato: "Se Ferrara fosse rimasto in Italia, con il frutto delle sue ricerche e dei suoi brevetti avrebbe potuto ricostruire da zero la sua università".

Ma forse, se fosse rimasto in Italia, i suoi brevetti non avrebbero mai visto la luce. "Negli Usa - ha ammesso Ferrara - c'è un investimento enorme nella ricerca, miliardi di dollari, e da anni il governo americano investe molto nella lotta al cancro o alle altre principali malattie. C'è un'organizzazione che permette e facilita la ricerca, penso che il resto del mondo dovrebbe prendere esempio da questo modello".

Proprio per promuovere la ricerca, la Fondazione Lilly oggi ha assegnato una borsa di studio di 360.000 euro a una giovane ricercatrice italiana, l'oncologa Tiziana Vavalà: la somma servirà a finanziare le ricerche della studiosa per i prossimi quattro anni.

(30 novembre 2010)

 

 

2010-11-28

UNIVERSITA'

Studenti in piazza con i lavoratori a Roma

A Firenze "occupata" cupola del Brunelleschi

Continua la protesta degli universitari in ogni città d'Italia. A Catania preso simbolicamente il teatro Massimo Bellini, a Perugia palazzo dei Priori, nel centro storico. Fini: "Martedì voteremo la riforma, è l'atto migliore della legislatura". Gelmini: "Un paradosso vedere i giovani manifestare a fianco dei pensionati"

Studenti in piazza con i lavoratori a Roma A Firenze "occupata" cupola del Brunelleschi

ROMA - Gli studenti non si fermano. Continuano la protesta contro il ddl Gelmini e lo fanno come possono, appena ne hanno l'occasione. Salgono sui tetti, in alto, da dove sventolano striscioni di protesta. Si raccolgono o si dividono in piccoli cortei "spontanei" e non autorizzati. Occupano atenei, aule di scuola, conquistano monumenti, sfilano per le strade, si sdraiano sulle strisce pedonali. O si mescolano, come hanno fatto oggi a Roma, al corteo della Cgil 1. Accanto ai lavoratori, ai pensionati, a quello che saranno, al loro futuro, perché è per quello che stanno combattendo. Imponendosi instancabili, rumorosi, ovunque, in ogni città di Italia.

La riforma sta andando avanti, nonostante loro, "nonostante le proteste di piazza organizzate dalla sinistra e la difesa dei baroni fatta da chi è salito sui tetti: un gran bello spettacolo...", ha detto il premier Silvio Berlusconi in un messaggio audio ai Promotori della libertà.

Fini e la Gelmini. "Bloccare la riforma significherebbe fare un errore", ha detto a Lecce il presidente della Camera Gianfranco Fini 2, durante un incontro congiunto con il Consiglio di amministrazione e il Senato accademico dell'università del Salento. "La

riforma verrà approvata martedì prossimo ed è una delle cose migliori di questa legislatura", ha continuato mentre davanti all'Ateneo decine di studenti, che da ieri avevano occupato l'università, erano tenuti a distanza dalla polizia. Per Fini "la riforma non è la migliore, ma almeno parte da un principio insindacabile, quello del merito". Il presidente della Camera ha invitato gli studenti "a contestare eventualmente il modo in cui verrà applicata, ma non lo spirito stesso della riforma, perché involontariamente - ha osservato - significa difendere l'esistente, che viaggia all'insegna del conservatorismo".

Le parole del presidente della Camera sono state apprezzate dalla Gelmini, che ha rilanciato subito: "Colgo in modo positivo questa dichiarazione. Mi auguro che oltre al voto favorevole a questa riforma ci possa essere da parte di Futuro e Libertà una disponibilità a non votare la mozione di sfiducia nei confronti di Sandro Bondi". Poi il ministro dell'Istruzione ha manifestato il suo stupore: "Vedere gli studenti, i giovani manifestare a fianco dei pensionati mi fa uno strano effetto, come quando vedo gli studenti, i professori e i baroni manifestare dalla stessa parte", ha detto a proposito della manifestazione della Cgil a Roma. "E' un paradosso - ha continuato Gelmini -. Sappiamo che l'università è composta anche da manifestanti, ma vorrei ricordare che sono molti di più i ragazzi che intendono studiare e che regolarmente si recano negli atenei a sostenere gli esami e vogliono un'università del merito, che spenda bene i soldi dei contribuenti, e dove l'autonomia venga coniugata con la responsabilità delle scelte".

La Cgil. E lo stupore del ministro è diventato lo stupore della Camusso: "Ci stupisce che la ministra dichiari che le fa un certo effetto vedere in piazza gli studenti insieme ai lavoratori e ai pensionati. Forse la ministra non sa come è fatto questo Paese e che dietro ai giovani e agli studenti ci sono famiglie e un Paese che li sostiene".

'Il futuro è dei giovani e del lavoro', è lo slogan che ha aperto oggi il corteo della Cgil. Ed è il punto di contatto tra giovani e meno giovani. "Ci sembra importante - ha detto 'la Rete della conoscenza' in una nota - unire tutte le lotte contro la crisi. Il nostro è un movimento che non contesta solo il ddl Gelmini o i tagli all'istruzione ma l'intero impianto delle politiche di questo governo che attacca i diritti dei più deboli tutelando i privilegi dei più forti".

Il Pd. Il sostengo agli studenti lo ha ribadito il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che oggi ha sfilato a Roma al fianco della Cgil: "Quindici giorni fa ho avuto l'incontro con le parti sociali, poi quello con gli agricoli, quindi il sostegno portato agli studenti sui tetti delle università, dove i giovani e i ricercatori li ha mandati la Gelmini, non io. Oggi sono qui in piazza San Giovanni con la Cgil". Bersani ha ribadito la necessità che "la politica riprenda un contatto reale con una realtà sociale molto difficile". "Noi - ha concluso - ci prepariamo a fare la nostra manifestazione, l'11 dicembre qui in piazza San Giovanni, per dire al Paese il nostro progetto. Vogliamo mettere in piedi un percorso che trasformi la rabbia in energia positiva e costruttiva".

I cortei. Ma le città continuano a muoversi a ondate di cortei. A Firenze (FOTO 3) un centinaio di studenti universitari, dopo essere stati una decina di minuti su Ponte Vecchio, hanno raggiunto e bloccato il traffico prima a ponte Santa Trinità e poi a ponte alla Carraia. Una parte di loro si è spostata verso il Duomo e ha occupato la cupola del Brunelleschi. Alcuni studenti sono saliti sul 'cupolone' e hanno apposto lo striscione "l'università non è in vendita". Il corteo si è fermato sotto il campanile di Giotto.

A Catania gli studenti hanno preso simbolicamente il teatro Massimo Bellini, uno dei più importanti siti del patrimonio storico-culturale della città. "Contro la Riforma, vogliamo un'altra musica" è lo slogan utilizzato da un gruppo di universitari che hanno esposto due striscioni sulla facciata del teatro.

A Parma un gruppo di universitari di diverse facoltà, hanno appeso da una delle finestre dello storico palazzo del Governatore, diventato museo, uno striscione con la scritta: "Resto qui perché difendo l'università", ispirato alla trasmissione di Fazio e Saviano (FOTO 4). Lo striscione è restato al suo posto per una decina di minuti circa, fino a quando i custodi del museo sono intervenuti per far sgomberare la sala 'occupata' dagli studenti. Poco dopo gli studenti sono tornati a esporlo, stavolta dall'impalcatura del campanile del Duomo.

A Roma è stata invece bloccato dalla polizia un "blitz ironico" a Palazzo Grazioli: gli sudenti volevano recapitare un cesto di frutta al premier al grido di "State alla frutta", ma l'hanno potuto rovesciare a terra a Piazza Venezia. A Perugia gli studenti hanno occupato palazzo dei Priori, nel centro storico della città e hanno calato uno striscione con la scritta "No Gelmini Ricostruiamo il futuro" dalla scalinata della sala dei Notari e un'altro, successivamente, anche dal ponte dell'acquedotto, nella zona universitaria, e un striscione è apparso anche sul passaggio pedonale di Via Mario Angeloni, con la scritta "Sveglia l'Università crolla!". A Napoli un centinaio di giovani della Confederazione degli studenti hanno occupato per alcuni minuti il tetto della facoltà di Giurisprudenza 5 della Federico II a Napoli in via Marina.

(27 novembre 2010)

 

 

LA SCHEDA

Ricerca, precari, privati

la riforma della discordia

di SALVO INTRAVAIA

Ricerca, precari, privati la riforma della discordia

Tutto in 25 articoli, suddivisi in tre titoli. E' la riforma della discordia, che ha scatenato da mesi la protesta - ma soprattutto le preoccupazioni per il futuro della nostra istruzione universitaria, non solo di chi negli atenei ci lavora. La riforma prevede tre mosse: una nuova organizzazione del sistema universitario, che dovrebbe rilanciare tutto il settore dell'istruzione terziaria; un'ampia delega al governo per mettere in cantiere uno o più decreti su qualità ed efficienza, che dovrebbero rilanciare il merito; e nuove regole sul reclutamento dei docenti e dei ricercatori, che dovrebbero combattere il baronato.

I PUNTI CONTROVERSI 1

Ma dal mondo degli atenei e della cultura si spiega che queste linee - così come compaiono nel testo proposta dalla Gelmini - si possono tradurre in una deriva aziendalistica dei futuri atenei, nella definitiva precarizzazione della ricerca universitaria e dei ricercatori e nell'affievolirsi delle attuali misure sul diritto allo studio. Secondo il disegno del governo uscito dal Senato, gli atenei del futuro saranno guidati da rettori che presiedono gli organismi chiave, consigli di amministrazione con soggetti esterni e nuclei di valutazione che verificano la qualità e l'efficacia dell'offerta formativa. Il rettore sarà il rappresentante

legale dell'ateneo e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa e di coordinamento delle attività scientifiche e didattiche.

"Occorre impedire - spiega l'Andu (l'Associazione dei docenti universitari) - la confisca degli atenei statali da parte della Confindustria e dei rettori della Crui. Con l'Anvur (l'agenzia nazionale per la valutazione di università e ricerca) e il ministero dell'Economia si vuole commissariare il sistema nazionale dell'università, con i rettori-sovrani assoluti, affiancati dai rappresentanti delle oligarchie locali economico-politiche, si vogliono commissariare gli atenei, trasformati in Asl". Ecco perché protestano prof e ricercatori.

Per migliorare, inoltre, la qualità, l'efficienza e l'efficacia dell'attività didattica e di ricerca gli atenei possono federarsi e/o fondersi. Tra le norme riguardanti la qualità e l'efficienza del sistema universitario abbiamo la costituzione di un Fondo per il merito, finalizzato a promuovere l'eccellenza e il merito fra gli studenti attraverso l'attribuzione di borse e premi di studio. Ma sarà il ministro Gelmini, con propri decreti a stabilire le modalità di accesso e l'ammontare dei premi. Il fondo sarà rimpinguato con finanziamenti statali e privati. La delega al governo "in materia di interventi per la qualità e l'efficienza del sistema universitario" è così ampia da indurre più di qualche preoccupazione in docenti e studenti.

Ma il ministro Gelmini va avanti e definisce "epocale" la sua riforma contro il baronato e per il merito. Con uno o più decreti-legislativi il governo potrà infatti "introdurre meccanismi premiali nella distribuzione delle risorse pubbliche" agli atenei e rivedere "la normativa di principio in materia di diritto allo studio". Il tutto, a costo zero. "Epocale sarebbe la cancellazione del diritto allo studio, con i tagli, l'abbattimento della qualità dell'insegnamento e l'emarginazione o chiusura della maggior parte degli Atenei", rispondono studenti e docenti. Il taglio di un miliardo e 400 milioni al sistema universitario è stato soltanto addolcito dall'ultima Finanziaria in dirittura d'arrivo al Senato. Mentre restano le preoccupazioni per la sforbiciata alle borse di studio.

La qualità passa anche attraverso un nuovo stato giuridico di professori e ricercatori, che dovranno assicurare mille e 500 ore di insegnamento, ricerca e studio, se a tempo pieno, e 750 se a tempo definito. E nasce pure un Fondo per la premialità dei prof e dei ricercatori migliori. Ma anche un "collegio di disciplina", che può avviare nei confronti degli stessi l'azione disciplinare. Il nuovo reclutamento prevede che per diventare docenti di prima e seconda occorrerà ottenere l'Abilitazione scientifica nazionale, che sarà attribuita da una commissione sorteggiata da appositi elenchi nazionali in base ai titoli e alle pubblicazioni.

Saranno poi i singoli atenei a chiamare i docenti, in base ad un bando pubblico. Gli atenei potranno altresì conferire assegni di ricerca e potranno stipulare contratti, a titolo gratuito o oneroso, per attività di insegnamento. Potranno inoltre assumere ricercatori a tempo determinato, con contratti triennali prorogabili una sola volta. Metà dei 24 mila ricercatori italiani si sono dichiarati "indisponibili", quest'anno, all'insegnamento. "Quando vedremo intere linee di ricerca cancellate e interi corsi di laurea aboliti da consigli di amministrazione composti da provetti amministratori aziendali - scrive la Rete29aprile - sapremo chi ringraziare". E sul loro destino, dovesse passare il disegno di legge, neppure una parola. Loro temono la "rottamazione", ecco perché protestano.

(24 novembre 2010)

 

2010-11-25

Scuola e università studenti ancora in piazza

Governo di nuovo battuto in Aula

Dopo le manifestazioni di ieri in tutta Italia, con tensioni a Roma e in altre città, oggi nuova mobilitazione. Sit- in davanti alla Camera, dove in Aula è proseguito l'esame della riforma degli atenei. Occupati Colosse, Torre Pendente e Mole Antonelliana

(Aggiornato alle 17:06 del 25 novembre 2010)

17:06

Parma, rinviata cerimonia inaugurazione anno accademico 116 –

Monta anche a Parma la protesta degli studenti universitari, tanto che salta l'inaugurazione dell'anno accademico in programma per lunedì prossimo. Un gruppo di studenti, infatti, stamane è salito sul tetto della Facoltà di Matematica.

17:04

Napoli, corteo blocca centro storico 115 –

È appena partito da palazzo Giusso, a Napoli, un corteo di circa 400 studenti che sta bloccando le strade del centro storico. Una assemblea del pomeriggio, che ha visto gli interventi di studenti medi, universitari, ricercatori, lavoratori, ha lanciato, da oggi fino alla prossima discussione del DDL 1905, un appello alla mobilitazione permanente e diffusa, dentro e fuori gli edifici scolastici e universitari.

16:58

Studenti lasciano la Mole Antonelliana 114 –

È durata circa un'ora l'occupazione della Mole Antonelliana da parte degli studenti. Durante l'occupazione dell'edificio simbolo di Torino è stato inscenato un lungo concerto di tamburi e sono stati appesi striscioni ai balconi dove vengono esposte le collezioni temporanee.

16:55

Padova, occupata la basilica di Sant'Antonio 113 –

Uno striscione con la scritta ''Il Ddl va ritirato, non c'è Santo che tenga'' esposto sulla basilica di Sant'Antonio: la protesta dei ricercatori e degli studenti dell'Università di Padova è arrivata fino alla chiesa-simbolo della città per la prima volta nella sua storia recente. Con un blitz clamoroso, un gruppetto di giovani ha srotolato lo striscione contro la riforma Gelmini dalla sommità dell'impalcatura che da alcuni mesi fascia il frontone della basilica, dove sono custoditi i resti mortali di Sant'Antonio.

16:49

Deputati Fli su tetto Architettura 112 –

Una delegazione di deputati di Futuro e libertà sono saliti sul tetto della sede di Fontanella Borghese della facolta di Architettura della Sapienza. A rispondere all'invito del cantautore Antonello Venditti, i parlamentari Benedetto Della Vedova, Flavia Perina, Fabio Granata e Chiara Moroni. "Abbiamo accettato l'invito di Venditti - spiega Chiara Moroni - per marcare la differenza tra chi condanna la protesta e chi crede invece che le richieste di studenti e professori vadano ascoltate".

16:33

Udc: "Riforma sbagliata" 111 –

"Anche oggi il Governo è andato sotto, a dimostrazione della precarietà della tenuta della maggioranza e del percorso a ostacoli di una riforma che noi continuiamo a ritenere errata. Siamo convinti che sarebbe stata possibile una riforma condivisibile se non ci fosse stato l'irrigidimento del governo, che voleva chiudere la discussione entro oggi. Ciò non è stato possibile. Tutto è rinviato a martedì". Lo dichiara il capogruppo dell'Unione di Centro in Commissione Cultura e Istruzione della Camera, Luisa Capitanio Santolini

16:24

Pd: "Gelmini faccia un passo indietro" 110 –

Il governo ''si fermi. E il ministro Gelmini faccia un passo indietro e rinunci a un provvedimento spacciato per riforma ma che è l'ennesima sequela di tagli''. Lo chiede Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd.

16:21

Milano, nella notte proseguirà presidio sul tetto Politecnico 109 –

Rimarranno almeno per tutta questa notte i ricercatori universitari che stamani sono saliti sul tetto di un edificio della facoltà di Fisica, al Politecnico di Milano. Lo hanno confermato loro stessi. ''Ci stiamo organizzando per la notte, perché abbiamo deciso di proseguire il presidio, per ora rimarremo qui questa notte con un gruppetto di una quindicina di colleghi, poi si vedrà'', ha spiegato uno dei coordinatori della protesta.

16:04

Firenze, 30 studenti saranno denunciati 108 –

Sono una trentina i giovani fiorentini che verranno denunciati per vari reati, dalla resistenza a pubblici ufficiali a getto pericoloso di cose; da manifestazione non autorizzata a interruzione di pubblico servizio. Si tratta di alcuni di coloro che stamani hanno partecipato alla manifestazione contro la presenza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Daniela Santacché all'Università di Firenze. Sono tutti giovani aderenti ai collettivi studenteschi e ad altre realtà antagoniste individuati dagli agenti della Digos tra i manifestanti. Gli agenti contusi sarebbero due, colpiti alla testa da oggetti contundenti, mentre sarebbero tre gli studenti rimasti contusi, uno dei quali, 19 anni, successivamente si è presentato al pronto soccorso dell'Ospedale di Careggi dove è stato medicato per una ferita allo zigomo destro

16:01

Pisa, studenti lasciano Torre Pendente 107 –

È durata quasi tre ore l'occupazione della Torre pendente a Pisa da parte degli studenti. Nel corso della protesta la Torre è stata chiusa al pubblico - fatti uscire i turisti presenti -, con tantissimi studenti a presidiare l'ingresso al monumento

15:56

La Russa: "A ogni riforma parte di studenti protesta" 106 –

Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, all'uscita di Palazzo Grazioli, al termine dell'ufficio di presidenza del Pdl, ha commentato così la protesta degli studenti nei confronti della riforma dell'Università: ''Ogni volta che c'è una riforma dell'università gli studenti, o meglio una parte di essi, protestano''.

15:52

Milano, studenti: "Picchiati selvaggiamente da polizia" 105 –

"Siamo stati caricati selvaggiamente". È il commento dei rappresentanti dei collettivi studenteschi sui tafferugli con le forze dell'ordine scoppiati alle 13.30 durante il corteo contro il ddl Gelmini all'angolo tra viale Gran Sasso e viale Abruzzi. I giovani sono intervenuti in una conferenza stampa improvvisata sul terrazzo al primo piano della facoltà di Fisica.

15:33

Roma, striscione su ministero dell'Istruzione 104 –

La protesta contro il ddl Gelmini è arrivata anche nei palazzi del ministero dell'Istruzione, in particolare nella sede dell'Eur. ''Durante la seduta del consiglio nazionale degli studenti universitari i rappresentanti degli studenti dell'Unione degli Universitari hanno esposto uno striscione dal tetto: ''Né manager né baroni, i privati fuori dai maroni'', è lo slogan contenuto nello striscione.

15:31

Torino, occupata Mole antonelliana 103 –

Hanno occupato la Mole Antonelliana, edificio simbolo di Torino, i circa mille studenti che per tutto il giorno stanno sfilando per le vie della città per protestare contro la riforma Gelmini. I manifestanti sono nell'atrio della Mole, sede del museo nazionale del cinema, dove hanno affisso striscioni scandendo slogan e battendo su pentole e tamburi

15:12

Alemanno: "Tensione, bisogna stare attenti" 102 –

''Manifesto la mia preoccupazione per il crescendo di tensione. Bisogna stare molto attenti''. Così il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, commenta le proteste studentesche degli ultimi due giorni. Da un lato il sindaco sottolinea che ''la riforma del ministro Gelmini non merita tutte queste proteste''. Dall'altro lato, a prescindere da ogni giudizio politico, ''è preoccupante che si stia scegliendo in maniera sempre più determinata lastrada della violenza per manifestare'', verte Alemanno.

15:07

Todini (Pdl): "Da manifestanti esempio di retrocultura" 101 –

"Da questi dimostranti un chiaro esempio di retrocultura". Lo afferma in una nota il consigliere dell'assemblea capitolina del Pdl e vicepresidente della commissione Scuola, Ludovico Todini

15:01

Milano, ricercatori sul tetto: "Vogliamo confronto" 100 –

''Vogliamo una discussione pubblica, con un vero contraddittorio, perché la gente non sa che cosa si sta facendo all'Università''. Lo chiedono i ricercatori del Politecnico, una trentina, che da poco dopo le 13 si trovano su un tetto della Facoltà di Fisica.

14:59

La provocazione degli studenti: "Occuperemo il Vaticano" 99 –

"Occuperemo il Vaticano": ad urlarlo provocatoriamente gli studenti, uscendo dal Colosseo. I manifestanti, prima di lasciare il secondo anello, hanno esposto uno striscione con scritto: "Nessun profitto sul nostro futuro". Ora gli studenti stanno entrando nella metro Colosseo

14:55

Striscione sul Colosseo: "Nessun taglio" 98 –

Gli studenti si sono affacciati dal secondo anello del Colosseo e hanno esposto uno striscione che reca la scritta 'Nessun taglio, nessun profitto' e hanno dato vita a un corteo all'interno dell'Anfiteatro Flavio. In molti hanno gridato in coro ''Siamo noi i veri leoni'', e hanno acceso fumogeni rossi, tra lo stupore dei turisti presenti. Così come sono entrati, poi, gli studenti hanno lasciato l'anfiteatro

14:47

Ferrara, corteo funebre per Università 97 –

Stamani, presso il rettorato dell'Università degli studi di Ferrara, si è svolto un corteo funebre, organizzato dagli studenti e dai ricercatori, per celebrare la morte dell'università italiana. Dopo il presidio gli studenti e i ricercatori hanno occupato il rettorato. In seguto dalle finestre sono stati srotolati 2 striscioni lunghi 7m che chiedono le dimissioni del Ministro Gelmini, rivendicando che "la cultura è libertà"

14:37

Manifestanti occupano il Colosseo 96 –

Gli studenti che stanno manifestando a Roma sono entrati nel Colosseo. "Occupiamo il Colosseo", affermano. I manifestanti hanno deviato davanti l'ingresso della metro e le forze dell'ordine non sono riusciti a fermarli. Gli studenti hanno acceso fumogeni all'interno del Colosseo al grido "Roma libera".

14:36

Bersani mette voti su facebook: tutti 30 e 110 e lode 95 –

Come annunciato in Aula, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha messo sul suo profilo di Facebook e sul sito Internet l'elenco dei voti presi agli esami del corso di laurea in Filosofia e il voto di laurea: alla laurea con la tesi in Storia del cristianesimo prese 110 e lode dopo un curriculum di tutti 30 e 30 e lode ed un unico 28. ''Ora attendiamo i voti della Gelmini'' è la sfida che il leader Pd rilancia su Internet.

14:29

Camusso (Cgil): "Gelmini consegna Università a baroni" 94 –

Il Governo ha tagliato l'istruzione e la ricerca e ora cerca di affossare l'Università: lo afferma il segretario generale della Cgil Susanna Camusso intervenendo a ''Radioarticolo1''. ''Mi hanno inorridito - dice - le dichiarazioni del ministro Gelmini sul fatto che gli studenti che protestano consegnano l'università ai baroni. Chi sta facendo accordi con i baroni è lei. Si consegna l'universita' a chi l'ha portata a questo punto''.

14:25

Gelmini consegna a Fli lista emendamenti su cui "non fare scherzi" 93 –

Una lista di emendamenti ''sui quali non fare scherzi''. A consegnarla ad alcuni deputati del Fli è stata il ministro Maria Stella Gelmini. Raccontano l'episodio alcuni parlamentari in Transatlantico secondo cui la Gelmini cerca in questo modo di compattare la maggioranza

14:21

Torino, bloccata stazione di Porta Susa 92 –

Hanno bloccato la stazione ferroviaria di Porta Susa, a Torino, gli studenti che erano partiti in corteo da piazza Castello, dopo aver presidiato a lungo la sede della Regione Piemonte. Gli studenti sono entrati nell'edificio della stazione e hanno raggiunto i binari, sui quali sostano dopo aver steso striscioni.

14:14

Ricercatori su terrazzo Politecnico di Milano 91 –

Un gruppo di ricercatori universitari che stamani manifestavano a Milano in piazza Leonardo da Vinci, durante una pausa del corteo studentesco cominciato alcune ore prima da largo Cairoli, sono saliti su una terrazza del complesso universitario. Secondo le prime informazioni si tratta di 30-40 persone con uno striscione che intenderebbero presidiare la terrazza, posta sul piano più elevato di un edificio del Politecnico

14:12

Studenti: "Martedì presidio a Montecitorio" 90 –

Gli studenti universitari dell'Udu hanno annunciato che martedi' 30 novembre saranno con un presidio a piazza Montecitorio in occasione del voto alla Camera sul ddl Università. Lo hanno deciso non appena è giunta la decisione di far slittare il voto.

14:01

Ministero: "Martedì su ddl si riparte da Parentopoli" 89 –

Il dibattito sul ddl di riforma dell'università ripartirà marted con il passaggio su ''parentopoli'', al quale sia il governo sia la Commissione hanno dato parere positivo ''per evitare episodi di nepotismo poco trasparenti all'interno degli atenei''. Lo sottolinea il dicastero di viale Trastevere.

13:56

Venezia, protesta studenti a Ca' Foscari 88 –

Alcune decine di aderenti al coordinamento universitario di Venezia hanno dato vita a iniziative di protesta contro la riforma Gelmini a Cà Foscari e all'Istituto Universitario di Architettura. Gli studenti hanno esposto striscioni per dire no alla riforma e per chiedere la liberazione dei due studenti fermati ieri a Roma, rimessi poi in libertà dopo la convalida

13:56

Bersani: Gelmini risponda a studenti non a me 87 –

"Io i voti li metterò online, la Gelmini deve rispondere ai ricercatori e non insultare me". In una pausa dei lavori di Aula, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ripete che farà conoscere i suoi voti dopo che il ministro dell'Istruzione gli ha dato "dello studente ripetente"

13:54

Gelmini: inquietante saldatura studenti-baroni 86 –

"E' inquietante la saldatura tra i baroni e gli studenti che protestano contro la riforma dell'università" dichiara in una nota il ministro Gelmini. "I baroni, attraverso alcuni studenti, tentano di bloccare una riforma che rende l'università italiana finalmente meritocratica, che pone fine al malcostume di parentopoli, che blocca la proliferazione di sedi distaccate inutili e di corsi di laurea attivati solo per assegnare cattedre ai soliti noti. Non è un caso se tra le prime 150 università del mondo non c'è un solo ateneo italiano. Gli studenti che manifestano, sobillati dai baroni, difendono questo tipo di università e vogliono che nulla cambi"

13:52

Trieste, manifestanti "abbracciano" ateneo 85 –

Un "abbraccio" di gruppo di studenti, ricercatori e docenti ha circondato oggi l'edificio centrale dell'Università di Trieste, in segno di protesta contro la riforma Gelmini. Circa 150 persone - secondo quanto riferito dagli organizzatori - si sono strette simbolicamente attorno all'Università, per contestare la riforma del governo. La notizia del rinvio a martedì del voto sul disegno di legge è stata accolta con soddisfazione, e come una dimostrazione dell'importanza della mobilitazione di questi giorni. Nel pomeriggio, a Trieste, gli studenti universitari hanno in programma un sit in davanti alla prefettura

13:52

Ferrando: con studenti contro governo 84 –

"Il movimento studentesco irrompe nello scenario della crisi politica. Per la prima volta il Ministro Gelmini parla dell'eventuale ritiro del proprio progetto sotto la spinta della crisi della maggioranza e della contestazione di piazza" dice Marco Ferrando del Pcl (partito Comunista dei lavoratori)

13:51

Zingaretti, motivi di protesta spinta sana e positiva 83 –

"C'è chi lotta per avere più ricerca e meno escort, più dignità e meno squallore, più futuro e meno pantano nel quale questo Paese sembra stia precipitando e credo che i motivi di fondo che spingono tanti giovani in questi giorni alla protesta siano una spinta sana e positiva". Così il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, ha commentato la protesta degli studenti

13:45

Milano, due contusi in tafferugli 82 –

Continua la tensione in viale Abruzzi, dove si sono registrati tafferugli tra forze dell'ordine e studenti, che durante il corteo hanno provato a correre verso la metropolitana di Loreto. Le cariche con l'uso di manganelli sono scattate sulla scala della stazione e lungo i binari del tram. Due giovani sono rimasti contusi. Gli studenti sono ora seduti a terra all'incrocio e bloccano il traffico

13:44

Presidente Cnsu: protesta violenta vicolo cieco 81 –

Le proteste che si stanno verificando in questi giorni che in alcuni casi "sfociano anche in episodi di violenza", sono "gravi e inaccettabili". Lo afferma Mattia Sogaro, presidente del Cnsu (Consiglio nazionale degli studenti universitari). "La violenza non è mai, in nessun caso - spiega - una strada, ma sempre un vicolo cieco. Credo che le forze politiche non possano avallare o essere ammiccanti con simili forme di azione. Questi episodi - prosegue - sono il modo migliore per distogliere l'attenzione dal merito dei problemi e strumentalizzare tutto secondo logiche partitiche. Occorre perseguire una discussione sui contenuti"

13:43

Torino concluso presidio Regione, corteo in città 80 –

Si è concluso senza incidenti e altri momenti di tensione il presidio degli studenti davanti alla sede della Regione Piemonte, a Toirno. Al termine del presidio, durante il quale sono stati lanciati fumogeni e uova e altri oggetti contro le forze dell'ordine e le finestre del palazzo della regione, gli studenti si sono radunati in piazza Castello, da dove partirà un corteo che sfilerà per le vie della città

13:42

Milano, cariche polizia a metro Loreto 79 –

Cariche all'entrata della metropolitana di Loreto all'angolo tra viale Gran Sasso e viale Abruzzi al corteo degli studenti contro la riforma Gelmini. Due i fermati dalla polizia e caricati in macchina

13:41

Perugia, manifestazione studenti davanti mensa 78 –

Affollata manifestazione di studenti stamani davanti alla mensa dell'Università di Perugia contro la riforma Gelmini. All'interno dei locali è in corso un'assemblea per illustrare le ragioni della mobilitazione. Le iniziative si stanno comunque svolgendo in un clima di tranquillità. All'esterno della struttura sono stati esposti striscioni con scritto "Senza sapere non c' è futuro" e "O la borsa o la vita"

13:39

Siena, bloccata azione studenti su Torre Mangia 77 –

Un gruppo di studenti universitari ha provato questa mattina a salire sulla Torre del Mangia, in piazza del Campo a Siena, per srotolare uno striscione con la scritta 'Resistere', come forma di protesta contro la riforma Gelmini. L'intervento di agenti della Digos ha bloccato l'azione. I ragazzi, una quindicina circa appartenenti al gruppo Dimensione autonoma studentesca, si erano presentati alle 10 all'apertura della Torre: avevano già cominciato a salire le scale, con lo striscione, lungo 14 metri, nascosto addosso a uno di loro. Ma sono stati appunto fermati e fatti uscire. Gli studenti hanno poi chiesto di parlare al consiglio comunale, che era in corso di svolgimento. L'assemblea è stata interrotta e una rappresentanza dei capigruppo ha ricevuto una delegazione composta da cinque studenti, che hanno chiesto la convocazione prima del 9 dicembre di una seduta straordinaria sull'Università

13:38

Palermo, studenti occupano tetto Scienze politiche 76 –

Una delegazione degli studenti dell'Unione degli Universitari (Udu) di Palermo ha occupato nella tarda mattinata il tetto della facoltà di Scienze politiche durante la votazione del ddl Gelmini in aula della Camera

13:37

Bersani: sono nel pallone, ripensino ddl 75 –

"Hanno tre giorni per pensarci, mi sembra che siano nel pallone" dice Pierluigi Bersani commentando a Montecitorio la decisione della conferenza dei capigruppo che ha fatto slittare a martedì il voto sul ddl di riforma dell'università. "Il Pd - afferma Bersani - ha confermato la sua disponibilità a un confronto serio che consenta la correzione dei punti più seri, il diritto allo studio e i ricercatori, e l'individuazione della copertura di questa legge"

13:34

Scontri a Firenze, alcuni studenti e un agente contusi 74 –

Sono 5 o 6 gli studenti rimasti contusi questa mattina durante gli scontri all'Università di Firenze dove era in corso un dibattito con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Daniela Santanché. Il numero lo hanno dato gli organizzatori della manifestazione. Solo uno di loro, però, che sarebbe stato colpito al volto, si è recato al pronto soccorso dell'ospedale di Careggi. Un contuso lieve anche tra gli agenti durante il lancio di uova fatto dai manifestanti contro il cordone di forze dell'ordine che impediva l'accesso al padiglione dove si svolgeva il dibattito. In questo momento gli studenti, in tutto circa 150, stanno tenendo un'assemblea in uno dei piazzali del Polo universitario

13:27

Roma, dal corteo applausi a ricercatori su tetto Architettura 73 –

Traffico bloccato su Lungotevere per il corteo degli studenti fermo all'altezza di Lungotevere Marzio. Al passaggio del corteo a piazza del Porto di Ripetta dal tetto della facoltà di Architettura i ricercatori hanno urlato cori come "L'università non si tocca". Saluti e applausi sono stati indirizzati ai ricercatori e agli studenti che protestano sul tetto. Nota di colore da un gruppo di ricercatori dell'università di Vienna che con tamburi, fischietti e parrucche fucsia, sta accompagnando la protesta degli studenti italiani

13:21

Camera, voto finale ddl il 30 novembre entro le 20 72 –

Il voto finale alla Camera sulla riforma dell'Università avverrà nella giornata di martedì 30 novembre entro le 20. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio.

13:18

Presidio a Genova: "Diritto allo studio appeso a un filo" 71 –

"Il diritto allo studio è appeso a un filo" e "Riforma Gelmini: la candeggina delle idee" sono alcuni dei cartelli appesi durante l'iniziativa messa in atto da docenti e studenti a Genova

13:11

Milano, tensione tra studenti e polizia 70 –

Tensione in piazza Leonardo Da Vinci a Milano. Carica di alleggerimento della polizia su un gruppo di manifestanti intenzionati a ripartire in corteo. Il gruppo ha fatto ingresso dentro un'ala dell'università, sorprendendo le forze dell'ordine. Gli studenti, ai quali si sono aggiunti anche universitari del Politecnico, sono entrati nel cortile della facoltà e stanno incitando gli universitari a scendere in piazza e ad unirsi a loro

13:09

Roma, corteo non autorizzato su Lungotevere. Attimi di tensione 69 –

Il corteo non autorizzato degli studenti universitari, ripartito da Montecitorio, è arrivato su Lungotevere, all'altezza di ponte Umberto I, dove uno schieramento di forze dell'ordine li ha fatti deviare in direzione San Pietro. Momenti di tensione quando gli studenti hanno iniziato a correre. Grandi problemi per il traffico.

13:07

Pisa, studenti occupano Torre Pendente 68 –

Alcune decine di studenti universitari si sono staccati da un corteo di circa 2.000 persone e di corsa sono entrati all'interno della Torre Pendente in piazza dei Miracoli. All'esterno centinaia di loro hanno formato un cordone umano per impedire l'accesso ai turisti. Gli studenti hanno già raggiunto l'ultimo anello e si stanno affacciando dalla balaustra. Nella piazza centinaia di turisti, molti dei quali stranieri, stanno seguendo la protesta immortalando la manifestazione con macchine fotografiche e telefonini.

12:59

Scritta a Montecitorio: "Ridateci il nostro futuro" 67 –

"Ridateci il nostro futuro". Lo hanno scritto con vernice spray, color rosso, gli studenti che hanno lasciato piazza Montecitorio. Sui sanpietrini, davanti all'obelisco, resta questa scritta che riassume la protesta degli studenti e dei giovani universitari.

12:56

Palermo, studenti lasciano la stazione 66 –

Gli studenti che stanno manifestando a Palermo contro la riforma Gelmini hanno abbandonato i binari all'interno della stazione centrale, consentendo la ripresa del traffico ferroviario, e si stanno muovendo in direzione di Palazzo D'Orleans, sede della Presidenza della Regione. Secondo gli organizzatori sarebbero complessivamente diecimila gli studenti che stanno sfilando per le vie del centro cittadino, paralizzando il traffico.

12:54

Il corteo lascia piazza Montecitorio 65 –

Gli studenti stanno lasciando piazza Montecitorio in corteo. I manifestanti si trovano ora su via della Colonnelle nei pressi del Pantheon.

12:49

Studenti: "Avanti con protesta fino a ritiro ddl" 64 –

La protesta contro la riforma dell'Università proseguirà fino a quando il ddl non sarà ritirato. Lo dicono i coordinatori degli studenti della Sapienza

12:44

Rinviata cerimonia inaugurazione anno accademico La Sapienza 63 –

La cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico 2010-2011 dell'Università La Sapienza, prevista per domani, è rinviata a data da destinarsi per disposizione del Rettore Luigi Frati. Il Prefetto di Roma ha inviato una nota nella quale si evidenzia che ''lo stato di tensione che attraversa il mondo studentesco in tutta Italia, in relazione alle manifestazioni svoltesi, anche nella Capitale, nella giornata di ieri'' e si sottolinea che ''altra data meglio garantirebbe la solennità e serenità'' dell'evento.

12:40

Milano, corteo arriva al Politecnico 62 –

Hanno appena raggiunto la sede del Politecnico, in zona Piola, gli studenti milanesi in corteo. Partiti da largo Cairoli i manifestanti, circa 400, hanno attraversato via Monte di Pietà, piazza Cavour, fino a via Manin dove si trovano gli uffici dell'Agenzia delle Entrate e dell'Agenzia del Territorio, sede che fa angolo con via Tarchetti, dove si trova uno studio del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti

12:39

Firenze, terminato il blocco del traffico 61 –

Gli studenti universitari hanno posto fine al blocco di viale Guidoni e via Forlanini, a Firenze. Il corteo è tornato all'interno della cittadella universitaria di Novoli.

12:35

Studenti e docenti manifestano a Sassari 60 –

Uno striscione con la scritta ''Università appesa a un filo'' srotolato su un palazzo di fronte all'università centrale di Sassari da due ricercatori, calati dal tetto con un'imbragatura. Così si è conclusa la manifestazione di studenti e assegnisti di ricerca dell'ateneo sassarese contro il disegno di legge sulla riforma universitaria. Sulla facciata dello storico edificio che ospita il rettorato sono stati invece appesi due manifesti: uno con la scritta ''Occupata'' sul balcone centrale, l'altro, davanti al portone d'ingresso, con due croci nere e la dicitura ''25-11-2010 Università pubblica'', a mo' di necrologio.

12:33

Bersani: "I miei voti sul web. Gelmini farà lo stesso?" 59 –

''Il ministro - ha detto Bersani nel corso del dibattito sulla riforma dell'Università a Montecitorio - mi ha dato del ripetente. Per questo annuncio che domani metterò su Internet tutti i miei voti di esame e di laurea. Mi aspetto che il mistro faccia altrettanto, compreso il giro turistico a Reggio Calabria''.

12:30

Santanché: "Non arretreremo" 58 –

''Fuori si stanno picchiando, perché secondo loro i diritti sarebbero questi, tappare la bocca a chi magari, e grazie a Dio, la pensa diversamente. Noi ci siamo e non ci siamo fatti fermare da quello che staaccadendo fuori, non ci fermeremo e nessuno ci farà arretrare, parlo come governo italiano''. Lo ha detto il sottosegretario Daniela Santanché aprendo il suo intervento alla tavola rotonda organizzata dagli studenti per la libertà nel Polo di Scienza Sociali a Novoli, rioferendosi alla contestazione che sta avendo luogo fuori dall'aula dove è ospitato l'incontro.

12:29

Firenze, traffico in tilt 57 –

Un corteo di circa 200 studenti universitari ha occupato viale Guidoni e via Forlanini, due dei principali snodi della viabilità a Firenze mandando il traffico in tilt. Gli studenti hanno rovesciato un cassonetto e dei segnali stradali in viale Guidoni e hanno occupato la sede stradale paralizzando il traffico.

12:23

Marcegaglia: "Riforma sia approvata in tempi brevi" 56 –

"Sarebbe veramente inaccettabile che per litigi interni la riforma cadesse". Lo ha detto la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, secondo la quale "è importantissimo" che la riforma del sistema universitario, "per quanto perfettibile", venga approvata "nel più breve tempo possibile"

12:21

Napoli, occupato Rettorato Federico II 55 –

A Napoli una cinquantina di ricercatori dell'ateneo Federico II ha occupato il rettorato dell'università in maniera pacifica.

12:19

Bersani a Gelmini: "Continuerò ad andare sui tetti" 54 –

Duro attacco del leader del Pd Pier Luigi Bersani durante l'esame della Riforma dell'Università. ''Il ministro Gelmini non gradisce che io vada sui tetti? Io confermo che vado ed andro' davanti ai cancelli delle fabbriche in crisi e sui tetti, dove andavo anche da ministro''

12:17

Gelmini: "Prende distanze da chi usa violenza" 53 –

''Io ho sempre detto di rispettare le contestazioni che sono legittime, ma quando si usa la violenza, quando si assalta il Senato, non sono più contestazioni legittime e l'università dovrebbe prendere le distanze''. Lo sottolinea il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini

12:16

Bersani: "Gelmini ritiri ddl e discutiamo" 52 –

Il Pd è pronto a confrontarsi sulla riforma dell'università, il ministro Gelmini ritiri il provvedimento e i democratici si siederanno ad un tavolo per "discutere". Lo dice il segretario del partito Pier Luigi Bersani, intervenendo alla Camera durante l'esame del ddl sull'università: "Siccome il ministro Gelmini dice che non siamo disposti a discutere in Parlamento - mentre siete voi che state espropriando il Parlamento del diritto di legiferare con cognizione di causa - le faccio una proposta: lei ritiri questo provvedimento, io sono pronto - perché qui non siamo agitatori - a discutere con lei, col ministro Tremonti, per vedere come correggere alcune distorsioni di questa legge e come trovare risorse per sostenere diritto allo studio e alla ricerca".

12:14

Corteo arriva a Montecitorio. Fumogeni 51 –

Il corteo degli studenti partito dal Colosseo è arrivato a Montecitorio dove si è ricongiunto con gli altri manifestanti. All'arrivo sono stati accesi alcuni fumogeni. Gli studenti riempiono la piazza e urlano "Bloccheremo questa riforma".

12:07

Tensione a Palermo, bloccati porto e stazione 50 –

Tensione stamane a Palermo durante la mobilitazione degli studenti in corso in più punti della città.Intorno, alle 10.30, all'altezza di Palazzo Comitini in via Maqueda, un gruppo indicato come appartenente ai Collettivi, legati ai centri sociali, ha tentato di attaccare uno dei cortei promossi dal Coordinamento "Studenti In Movimento". Ci sono state urla e spintoni fino a quando è intervenuta la polizia che ha diviso le due parti. Gruppi di studenti hanno bloccato l'ingresso del porto e i binari della stazione centrale

12:06

Roma, su uno striscione: "Dritti a Grazioli" 49 –

Al passaggio del corteo in via delle Botteghe Oscure dal palazzo della residenza dell'ambasciatore brasiliano in Italia è stato srotolato da due donne uno striscione con su scritto "Dritti a Grazioli". A quanto riferito dal portiere dello stabile si tratterebbe di due restauratrici. Lo striscione è stato accolto da un lungo applauso. Il corteo si trova ora in via di Torre Argentina

12:05

Firenze, traffico bloccato in zona ateneo 48 –

Gli studenti dei collettivi di sinistra che presidiavano il padiglione dove sta parlando il sottosegretario Daniela Santanchè sono usciti dal Polo universitario e stanno bloccando il traffico in viale Guidoni, adiacente all'ingresso dell'Università. Le forze dell'ordine continuano a presidiare anche il padiglione D15

12:03

Slitta forse a martedì voto finale ddl Gelmini 47 –

Slitterà probabilmente a martedì prossimo il voto finale sul ddl Gelmini di riforma dell'università. A confermarlo anche il presidente dei deputati Pdl, Fabrizio Cicchitto."Oggi liquideremo tutta la parte degli emendamenti e quindi arriveremo a un voto finale probabilmente martedì" ha detto ai giornalisti. La decisione definitiva sarà presa comunque dalla conferenza dei capigruppo convocata per le 12.30

12:02

Gelmini: "Se il ddl sarà stravolto, costretta a ritirarlo" 46 –

"Questa mattina è stato approvato un emendamento di scarso rilievo. Finché Fli su un emendamento non particolarmente significativo marca una differenza questo rientra nella tecnica parlamentare e non entro nel merito. Mi auguro che non accada che vengano votati emendamenti il cui contenuto stravolga il senso della riforma, non sarebbe accettabile, se così fosse come ministro mi vedrei costretta a ritirarla". Lo ha detto il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini interpellata sul fatto che questa mattina il governo è stato battuto in Aula su un emendamento di Fli.

11:56

Torino, da studenti lancio di uova contro palazzo Regione 45 –

Momenti di tensione davanti al palazzo della Giunta regionale del Piemonte dove è giunto il corteo degli studenti partito poco fa da Palazzo Nuovo. Un gruppo di manifestanti, dopo aver tentato di entrare nel palazzo che è presidiato dalle forze dell'ordine, ed essere stato respinto, ha cominciato a tirare uova e qualche fumogeno contro il palazzo. Tra i lanci è volata anche qualche bottiglietta d'acqua. Negli scontri tra manifestanti e polizia, tre studenti sono rimasti feriti.

11:53

Roma, blindata via del Plebiscito davanti a Palazzo Grazioli 44 –

Via del Plebiscito, dove si trova Palazzo Grazioli, sede privata del premier Silvio Berlusconi, è stata di fatto 'blindata' per il passaggio del corteo degli studenti universitari de La Sapienza. Una cintura di sicurezza formata da blindati delle forze dell'ordine e agenti in tenuta antisommossa stanno bloccando tutti gli accessi sia a via del Corso che, appunto, a via del Plebiscito. Gli studenti si dovrebberro ora dirigere per vie laterali, verso Montecitorio, mentre altri studenti, anche delle scuole medie superiori, si stanno man mano aggiungendo al corteo degli universitari.

11:50

Firenze, studenti: "Dopo carica polizia, diversi manifestanti feriti" 43 –

Su Atenei in rivolta.org gli studenti denunciano le cariche di polizia a Firenze: diversi giovani sono stati feriti - affermano - durante l'irruzione degli agenti nella sede di Scienze sociali occupata dagli studenti che protestano contro il ddl Gelmini.

11:47

Cicchitto: "Fondi ci sono. Di Pietro e Bersani irresponsabili" 42 –

''C'e' un miliardo di euro previsto dalla legge di stabilità che verrà approvata al Senato dopo il sì già pronunciato dalla Camera''. Lo dice Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati Pdl, respingendo le accuse di Antonio Di Pietro sulla mancanza di fondi per la riforma universitaria.''Piuttosto -denuncia Cicchitto- c'e' una irresponsabilità di Antonio Di Pietro e Pierluigi Bersani che cavalcano la protesta, arrivando addirittura allo spettacolo grottesco di salire sui tetti, mentre c'è una componente eversiva di questa protesta che ieri ha preso d'assalto il Senato''

11:44

Milano, lancio di vernice contro sede scuola privata 41 –

Lancio di vernice azzurra anche sulla porta d'ingresso della scuola privata europea di viale Majno. Dall'altra parte della stessa strada le forze dell'ordine hanno bloccato l'accesso alla redazione di Libero in assetto antisommossa.

11:43

Di Pietro: "Maggioranza e governo compiono falso ideologico" 40 –

''Italia dei valori denuncia che maggioranza e governo concorrono in un reato di falso ideologico, avviandosi ad approvare un provvedimento come quello della riforma dell'Università che prevede esborsi di denari che non ci sono''. Lo ha detto il leader Idv Antonio Di Pietro, parlando con i giornalisti a Montecitorio.

11:40

In duemila in corteo lungo via del Corso a Roma 39 –

Sono circa duemila gli studenti universitari che sono in corteo in via del Corso, e stanno per raggiungere piazza di Montecitorio dove si sono dati appuntament per protestare contro la riforma Gelmini. Slogan e cori contro i tagli scandiscono il corteo. Intanto davanti alla Camera si sono già radunate altre duecento persone tra studenti e alcuni militanti dell'Unione sindacale di base: campeggia uno striscione viola con la scritta "Prove tecniche di distruzione", dei ricercatori ingegneria la Sapienza

11:38

Camera: Gelmini e Alfano votano per errore con opposizioni 38 –

Voto per errore in aula alla Camera dei ministri Mariastella Gelmini ed Angelino Alfano insieme alle opposizioni, nel corso dell'esame degli emendamenti alla riforma dell'Università. Errore da loro stesso subito denunciato (errore di pulsante premuto) con richiesta di correzione del risultato della votazione.

11:35

Napoli, occupata l'Orientale 37 –

In segno di protesta contro la riforma dell'Università del ministro Gelmini, da stamattina gli studenti dell'Orientale di Napoli hanno occupato Palazzo Giusso, sede dell'Ateneo. Sul portone d'ingresso è stato affisso uno striscione: "Chiuso per lutto"

11:34

Governo battuto su emendamento di Fli 36 –

Governo battuto nell'Aula della Camera su un emendamento di Fli alla riforma dell'Università su cui l'esecutivo aveva reso parere contrario. L'emendamento, all'articolo 16 di cui primo firmatario Fabio Granata, passato con 261 no, 282 sì e tre astenuti.

11:33

Tornano liberi studenti fermati a Roma 35 –

Tornano in libertà Mario Caracciolo e Daniele D'Antuomo, i due studenti universitari arrestati ieri a Roma dopo gli scontri avvenuti nella zona di Palazzo Madama. Questa mattina il giudice monocratico del tribunale capitolino ha convalidato gli arresti, rimettendo in libertà i due. I reati ipotizzati nei loro confronti sono di violenza, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Il processo per i due ragazzi, difesi dagli avvocati Serena Ricci e Simonetta Crisci, è stato fissato per il 16 dicembre

11:27

Bologna, studenti tentano di entrare in stazione. Tafferugli 34 –

Qualche momento di tafferuglio stamane attorno alle 10.45 in stazione a Bologna tra forze dell' ordine e un corteo di studenti superiori che, deviando dal percorso, ha cercato di entrare in stazione sfondando il cordone di polizia.

11:17

Mille studenti dalla Sapienza verso Montecitorio 33 –

Sono circa un migliaio gli studenti partiti con autobus e metropolitana dall'Università romana della Sapienza, per raggiungere Piazza Venezia e, da qui, sfilare probabilmente in corteo fino a Piazza Montecitorio. Davanti alla sede della Camera dei Deputati, si uniranno al presidio già in atto.

11:16

Roma, centro storico blindato 32 –

Centro storico blindato in vista della manifestazione della scuola all'indomani dei disordini di ieri. Le stradine di accesso ai palazzi delle istituzioni e palazzo Grazioli sono presidiati con mezzi blindati e agenti. Un elicottero sta sorvolando piazza Venezia.

11:15

Scontri di ieri a Roma, oggi il processo ai due studenti fermati 31 –

Sono accusati di violenza, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, i due studenti arrestati ieri a seguito dei disordini avvenuti durante la manifestazione a Roma contro i tagli all'Istruzione. I due giovani, hanno fatto sapere alcuni studenti, saranno processati oggi per direttissima e, secondo quanto si apprende, sono incensurati. Davanti a piazzale Clodio un gruppo di amici e universitari aspettano l'esito del processo. ''Siamo in contatto con i nostri legali per avere notizie sull'esito dell'udienza'', hanno spiegato alcuni studenti.

11:09

Sul tetto di Architettura a Roma anche Vendola e Venditti 30 –

Anche Nichi Vendola stamane è salito sul tetto della facoltà di Architettura a piazza Fontanella Borghese a Roma, occupata da due giorni da studenti e ricercatori. "Li ho trovati bene, qui c'è aria pulita, giù è troppo inquinato", ha commentato ironicamente il governatore della Puglia al microfono di Radio Città Futura. "Questa battaglia viene rappresentata come l'espressione di una volontà rivoltosa di una minoranza faziosa e ideologizzata che sarebbe al servizio dei "baroni" dell'università - ha proseguito Vendola - ma è una rappresentazione paradossale: la riforma Gelmini è una riforma reazionaria che colpisce al cuore il sistema pubblico dell'alta formazione e toglie all'università l'ossigeno fondamentale per vivere. Bisognerebbe decuplicare gli investimenti in ricerca e formazione e invece si taglia completamente il rapporto col futuro", ha concluso il leader di Sinistra e Libertà. Sul tetto della facoltà anche il cantautore Antonello Venditti: "mi sento parte in causa - ha spiegato a Radio Città Futura - la lotta della cultura è una lotta per la dignità ed è una lotta globale, di tutti. Democrazia vuol dire partecipazione - ha concluso Venditti - il governo vuole dividere, mettere del cemento tra le varie proteste di ricercatori, artisti, operai, mentre dobbiamo unirci, ragionare insieme, darci un modello".

11:07

Pisa, ricercatori sul tetto 29 –

Un gruppo di ricercatori e dottorandi precari dell'Università di Pisa è salito sul tetto dell' Osservatorio astronomico dell'Ateneo dove ha esposto lo striscione con la scritta "Ritiratelo. No al ddl, sì alla ricerca", con riferimento alla riforma Gelmini in discussione in Parlamento.

11:05

Palermo, studenti verso la stazione. Città paralizzata 28 –

Gli studenti che stanno manifestando a Palermo hanno abbandonato il Provveditorato e palazzo Jung, una delle sedi della Provincia regionale, per dirigersi verso la stazione. Il corteo ha bloccato il traffico in via Libertà e adesso è giunto a piazza Castelnuovo dove si unirà con quello di altri alunni delle scuole superiori che non fanno parte del coordinamento Studenti in movimento e che si erano allontanati dal Provveditorato dopo il lancio di petardi.

11:00

Milano, finito il blitz all'ufficio dell'Agenzia delle Entrate 27 –

È durato una decina di minuti il blitz dei giovani dei Collettivi studenteschi che poco dopo le 10.30 si sono improvvisamente staccati dal corteo in corso nelle vie del centro a Milano e si sono introdotti all'interno del palazzo governativo dell'Agenzia delle Entrate. I giovani sulla balconata sono stati raggiunti dalla polizia, costretti ad abbandonare lo striscione e fatti uscire dal palazzo, e si sono riuniti ai loro compagni tra urla di gioia.

10:57

Bologna, scontri tra studenti e polizia 26 –

Il corteo degli studenti che sta sfilando per le strade di Bologna ha tentato pochi minuti fa di irrompere all'interno della stazione ferroviaria, presidiata da cordoni di polizia e carabinieri in tenuta antisommossa. Quando manifestanti e forze dell'ordine sono arrivati a contatto, gli agenti hanno risposto manganellando gli studenti delle prime file (quasi tutti a volto scoperto e senza protezioni). Dopo alcuni minuti di fronteggiamento è partita una seconda piccola carica di alleggerimento. Dai manifestanti lanci di bottiglie di plastica e uova. Il corteo si sta riformando imboccando di nuovo i viali di Circonvallazione.

10:55

Firenze, ragazzo ferito dopo carica polizia 25 –

Una nuova carica di alleggerimento della polizia davanti al padiglione D15 dell'Università di Firenze dove tra poco dovrebbe iniziare il dibattito con il sottosegretario Daniela Santanché ha causato un ferito tra gli studenti che ora stanno urlando ''Vergogna, vergogna'' verso la polizia. Il giovane perde sangue dalla fronte, ma non sembra in gravi condizioni.

10:51

Aosta, veglia per la scuola pubblica 24 –

Sfidando le rigide temperature di questi giorni, gli studenti valdostani si danno appuntamento dalle 15 in piazza Chanoux, ad Aosta, con una 'Veglia per la scuola pubblica'. Il programma della manifestazione di protesta, indetta dal Collettivo studentesco valdostano Rete con testa, prevede fino alle 16.30 un dibattito su vari temi di attualità, mentre dalle 17.30 alle 19 si terrà un momento di 'autoinformazione' sulla riforma Gelmini.

10:47

Bindi: "Riforma Università sarà approvata dopo legge stabilità" 23 –

La riforma dell'Università sarà approvata definitivamente dal Senato dopo la legge di stabilità, per cui non ci dovrebbero essere problemi sulle coperture degli emendamenti, soprattutto quelli all'articolo 25 presentati da Fli. Lo ha chiarito nell'Aula della Camera la vicepresidente Rosy Bindi rispondendo alla richiesta di rinvio in commissione avanzata da Pd e Udc del provvedimento perché, appunto, l'emendamento sulle nuove assunzioni di professori associati non sarebbe coperto. "L'emendamento non determina l'insorgenza di nuovi oneri e non è una autorizzazione di spesa. Si stanno solo destinando delle risorse a copertura della legge sull'Università. Il disegno di legge di stabilità è destinato a essere approvato dal Senato prima del provvedimento in esame e comunque a terminare il suo iter entro l'anno in corso

10:46

Milano, studenti fanno irruzione in ufficio Agenzia delle Entrate 22 –

Gli studenti in corteo contro il ddl Gelmini hanno invaso gli uffici dell'Agenzia delle Entrate in via Manin. In una trentina hanno fatto irruzione e sono saliti al primo piano, dove dal balcone hanno calato lo striscione "Più soldi alla scuola zero alla guerra". La facciata è stata bersagliata dalle uova.

10:44

Anche a Cagliari universitari sui tetti 21 –

Si è estesa anche a Cagliari la protesta sui tetti di ricercatori e studenti. Ieri sera in una sessantina sono saliti sul tetto del palazzo delle Scienze, in via Ospedale, e vi hanno trascorso la notte, dopo aver steso uno striscione su un cornicione. Stamani il presidio si è ridotto ad una decina di persone che, per proteggersi dal freddo reso più acuto dal maestrale, hanno innalzato una piccola tenda. La protesta andrà avanti ad oltranza, hanno detto i manifestanti, fino a quando non sarà scongiurato il pericolo che gli Atenei di Cagliari e Sassari possano addirittura scomparire per effetto dei tagli previsti dal disegno di legge del governo che penalizza soprattutto le Università più piccole.

10:43

Palermo, studenti lanciano petardi e fumogeni 20 –

Petardi e fumogeni sono stati lanciati dagli studenti davanti al Provveditorato di Palermo. Le forze di polizia, che presidiano la zona in assetto anti sommossa, stano controllando la manifestazione senza intervenire.

10:35

Firenze, sconti tra collettivi studenteschi e polizia 19 –

Scontri tra studenti e polizia all'università di Firenze. Alcuni studenti hanno tentato di entrare in un'aula del Polo delle scienze sociali, dove è in programma una tavola rotonda sull'immigrazione con il sottosegretario Daniela Santanché, ma sono stati respinti con due diverse cariche dalla polizia in tenuta antisommossa. Contro la polizia, schierata a protezione dell'edificio con caschi e scudi, sono stati lanciati alcuni fumogeni. In tutto i manifestanti sono circa 500

10:34

Torino, picchetti anche a Fisica e Chimica 18 –

Picchetti questa mattina a Torino anche davanti alle facoltà di Fisica e Chimica dell'Università di Torino, dopo quelli di ieri che hanno impedito lo svolgersi delle lezioni a Palazzo Nuovo, sede delle Facoltà umanistiche, occupato da martedì. Anche gli studenti medi hanno indetto una mobilitazione per oggi. I contestatori, stanno raggiungendo Palazzo Nuovo dove, verso le 11, è prevista la partenza di un nuovo corteo.

10:30

Milano, studenti in corteo 17 –

Studenti milanesi di nuovo in piazza per protestare contro il ddl Gelmini. In circa 400 sono partiti da largo Cairoli con destinazione finale piazza Oberdan.

10:29

Ancona, studenti sul tetto di Ingegneria 16 –

Un gruppo di studenti ha occupato il tetto della facoltà di Ingegneria dell'Università Politecnica delle Marche ad Ancona. Alla mobilitazione, promossa dalla lista Gulliver-Udu, partecipano anche alcuni ricercatori, per il momento un ventina di persone

10:26

Riparte la protesta anche a Bologna 15 –

È ripresa anche a Bologna, con un raduno di studenti in Piazza Maggiore, la protesta del mondo della scuola e dell'Università contro le riforme. Un corteo di qualche centinaio di studenti con qualche striscione contro il governo ha cominciato a muoversi verso via Indipendenza creando difficoltà al traffico degli autobus in centro.

10:25

Al via presidio davanti a Montecitorio 14 –

Stanno arrivando in piazza Montecitorio i primi studenti che parteciperanno al sit-in annunciato per oggi davanti al Parlamento, per protestare contro i tagli all'istruzione e il ddl Gelmini. "Decideremo volta per volta - hanno spiegato i ragazzi - quali saranno le nostre azioni di protesta". Molti studenti stanno arrivando a piedi, con autobus, tram e metropolitane

10:23

Firenze, presidio degli studenti in attesa incontro con Santanché 13 –

Un centinaio di studenti sta presidiando l'ingresso all'Aula magna del polo delle Scienze sociali dell'Universita' di Firenze dove tra una mezz'oretta si terra' un incontro sull'immigrazione a cui partecipera' il sottosegretario Daniela Santanché

10:21

Ripreso alla Camera l'esame del ddl della riforma dell'Università 12 –

È ripreso alla Camera l'esame del ddl della riforma dell'Università. Il Pd ha chiesto che il provvedimento ritorni in Commissione dopo l'approvazione dell'emendamento approvato ieri con i voti di opposizioni e Fli. Il governo ritiene invece che l'approvazione dell'emendamento di ieri non crei un vulnus alla copertura.

10:19

Torino, studenti in corteo verso Palazzo Nuovo 11 –

"Contro la Gelmini bloccheremo la città". È lo slogan dello striscione dietro il quale una cinquantina di studenti medi stanno sfilando in corteo per le vie del centro di Torino. Partiti da piazza Arbarello gli studenti hanno sfilato in via Po, piazza Castello ed ora stanno dirigendosi a Palazzo Nuovo sede delle facoltà umanistiche dove confluiranno in un corteo che partirà intorno alle 11 per ricongiungersi in centro città con gli studenti che stanno sfilando dal Politecnico.

10:13

Bari, occupata la facoltà di Ingegneria 10 –

Una ventina di studenti ha occupatoacoltà di Ingegneria all'interno del Politecnico di Bari per protestare contro i tagli all'università e la riforma Gelmini. A causa dell'occupazione gran parte delle lezioni potrebbe saltare. Davanti all'ateneo, è previsto un presidio di docenti, ricercatori e studenti che incontreranno amministratori locali, esponenti politici e del sindacato. Tutti insieme daranno vita ad un abbraccio simbolico con il quale 'circonderannò il palazzo dell'ateneo

10:05

A Montecitorio rafforzati presidi forze dell'ordine 9 –

In attesa degli studenti a Montecitorio sono già stati rinforzati i presidi delle forze dell'ordine. Dopo che ieri sono stati fermati due studenti, stamattina davanti alla Sapienza di Roma è comparso uno striscione: "Libertà per gli studenti arrestati". Mentre dalle finestre di una facoltà ne pende un altro "Daniele e Mario liberi subito".

09:53

Gelmini: "Bersani sui tetti come segretario precario" 8 –

"Il Pd si oppone perché è contrario alla valorizzazione del sistema universitario, ha scelto di non discutere questa riforma, come ha scelto di non confrontarsi sulla riforma della scuola o della Pubblica amministrazione", ha detto il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ospite de La telefonata di Maurizio Belpietro su Canale 5. "Ho stima per i parlamentari del Pd che si battono per le riforme, ma oggi il Partito democratico - ha aggiunto - è quello di Bersani, che sale sui tetti, non si capisce se in veste di segretario-precario piuttosto che di studente-ripetente. Ogni giorno il segretario del Pd si riempie la bocca di prediche sul governo che non rispetta il ruolo del Parlamento".

09:50

Cortei a Palermo 7 –

Migliaia di studenti, provenienti da quasi tutte le scuole di Palermo, stanno attraversando in corteo le strade della citta'. Diversi cortei spontanei, organizzati dal Coordinamento "Studenti In Movimento", stanno raggiungendo le sedi dell'Ufficio Scolastico Provinciale di via Praga e della Provincia in via Lincoln. Gia' centinaia di studenti assediano pacificamente i due edifici

09:14

Gelmini: "Non c'è problema risorse" 6 –

Le risorse per l'università italiana ci sono: un miliardo, una cifra "assolutamente sufficiente", assicura il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini. "Le risorse sono state trovate. Il governo nella legge di stabilità ha stanziato un miliardo di euro, una cifra assolutamente sufficiente per fare fronte non solo alle spese di funzionamento delle università, ma anche per garantire il diritto allo studio", ha sottolineato la Gelmini. "Questo cosiddetto 'governo dei tagli - ha aggiunto il ministro - ha stanziato 100 milioni di euro per il diritto allo studio, 100 milioni per i vaucher, cioè un sistema nuovo di finanziamento dell'università attraverso buoni che vengono distribuiti alle imprese. Quindi mi pare che, francamente se in passato ci si poteva lamentare per una penuria, assenza, delle risorse, oggi il problema sia stato completamente rimosso".

09:13

Gemini: "Protesta di ieri è inaccettabile" 5 –

Il ministro dice di aver "sempre rispettato le proteste, ma la forma che ha assunto quella di ieri è inaccettabile. Assaltare il Senato, fare in modo che ci siano tafferugli in università e città credo non sia un modo corretto di esprimere le posizioni"

09:13

Gelmini: noi lavoriamo per evitare aumento tasse 4 –

"Nel Regno Unito gli studenti protestano per l'aumento delle tasse, in Italia invece il governo lavora per evitare l'aumento delle tasse e soprattutto il collasso del sistema". Così continua la Gelmini a Canale 5

09:04

Gelmini attacca l'opposizione 3 –

"Senza la riforma le università vanno verso la bancarotta. Un'opposizione responsabile non sale sui tetti ma collabora in Parlamento". Lo ha detto il ministro Gelmini a Canale 5

08:18

L'esame della riforma 2 –

In Aula alla Camera, intanto, riprende questa mattina l'esame della riforma degli atenei

08:17

Oggi davanti alla Camera 1 –

Dopo il blitz di ieri al Senato, con due manifestanti arrestati, 27 denunciati, e una quindicina di feriti tra forze dell'ordine e studenti, oggi la protesta si sposterà davanti alla Camera: universitari e liceali hanno annunciato un sit-in non autorizzato in piazza Montecitorio

(25 novembre 2010)

 

 

 

 

 

 

2010-11-19

IL CASO

Mensilità premio ai prof meritevoli

arrivano soldi per le scuole migliori

Sono questi i due progetti illustrati oggi dal ministro Mariastella Gelmini e che, per ora, partiranno in via sperimentale in alcuni istituti di Torino, Napoli, Pisa e Siracusa. Ai professori selezionati sarà corrisposta una mensilità in più. "Giorno storico"

Mensilità premio ai prof meritevoli arrivano soldi per le scuole migliori

ROMA - I professori più meritevoli avranno in premio, a partire da quest'anno, una mensilità di stipendio in più. Lo prevede uno dei progetti, annunciati oggi dal ministro Gelmini, che partirà, per ora, in venti scuole di Torino e Napoli (selezionate tramite sorteggio) e, stando ai dati forniti da Uil scuola, riguarderà solo il 20% dei docenti in servizio. Ma anche agli istituti scolastici converrà lavorare sodo perché, grazie a un altro progetto, alcune scuole potranno rimpinguare le casse: se dimostreranno, infatti, di aver migliorato i livelli di apprendimento degli studenti e raggiunto certi standard riceveranno un contributo fino a un massimo di 70 mila euro. Anche in questo caso si comincerà in via sperimentale, dalle scuole medie delle province di Pisa e Siracusa (per la durata dell'intero triennio).

Giorno storico. Il ministro non ha esitato a parlare di "giorno storico", sottolineando come per la prima volta parta un'iniziativa concreta per introdurre il merito nel sistema d'istruzione italiano. "Finalmente - ha detto - si iniziano a valutare i professori e le scuole su base meritocratica. Premi dunque ai migliori e non soldi legati solo all'anzianità di carriera che comunque, grazie allo sforzo del governo, sono stati garantiti a tutto il settore". A quest'ultimo proposito, infatti, il ministro ha illustrato oggi ai sindacati il decreto interministeriale che consente il pagamento degli scatti d' anzianità maturati dal personale della scuola.

I finanziamenti. Le sperimentazioni messe in campo saranno finanziate con una parte del 30% dei risparmi ottenuti grazie alla razionalizzazione della spesa, al netto naturalmente delle risorse destinate al recupero degli scatti. Lo scorso febbraio il ministro ha istituito un Comitato Tecnico Scientifico (CTS) che ha l'obiettivo di proporre l'istituzione di un sistema nazionale di valutazione e di miglioramento della didattica. E il Comitato ha proposto al ministro i due progetti illustrati oggi.

Il 'premio' per le scuole. Quello relativo alle scuole prevede che esse vengano valutate prendendo in considerazione il livello di miglioramento degli apprendimenti degli studenti individuato attraverso i test Invalsi, ma anche una serie di indicatori che vanno dal rapporto scuola-famiglia alla gestione delle risorse, ai livelli di abbandono. Il verdetto è affidato a un team di osservatori esterni composto da un ispettore e da due esperti indipendenti. Sulla base dei risultati verrà quindi formulata da una Commissione tecnica regionale una graduatoria. Alle scuole che si collocheranno nella fascia più alta sarà assegnato un premio, fino ad un massimo di 70mila euro.

Il premio per gli insegnanti. Per il progetto destinato agli insegnanti, che aderiranno volontariamente alla sperimentazione, in ogni scuola verrà costituito un 'nucleo' di valutazione composto dal preside, da due professori eletti dal Collegio dei docenti e dal presidente del Consiglio di Istituto (in qualità di osservatore). La valutazione terrà conto di curriculum vitae e documento di valutazione. Ma non solo. Il "nucleo" dovrà considerare anche il giudizio sui docenti espresso da genitori e studenti. Gli insegnanti meritevoli saranno premiati entro aprile/maggio 2011. Il riconoscimento economico agli insegnanti avrà validità triennale, per il periodo 2011-2013, e corrisponderà ad una mensilità (una sorta di 14esima).

(18 novembre 2010)

 

 

 

2010-11-17

LA PROTESTA

Cortei in 70 città e paesi

"Ci riprendiamo il futuro"

Nella giornata del diritto allo studio, 200mila giovani in piazza in tutta Italia. Colpisce la partecipazione del Sud. Contro la riforma Gelmini, ma anche contro la precarietà. Il ministro: "I soliti vecchi slogan"

di CORRADO ZUNINO

Cortei in 70 città e paesi "Ci riprendiamo il futuro" Il corteo di Genova

* Scuola, per il diritto allo studio cortei e proteste città per città

articolo

Scuola, per il diritto allo studio cortei e proteste città per città

* Scuola, cortei e proteste in Italia

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Scuola, cortei e proteste in Italia

* Studenti in piazza: Roma blindata

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La protesta a Roma e Milano

* Giorno del diritto allo studio Duecentomila studenti in corteo

diretta

Giorno del diritto allo studio Duecentomila studenti in corteo

ROMA - Alle dieci e trenta della mattina è partito il primo corteo: da Piazza Barberini, centro di Roma. Nel pomeriggio inoltrato l'ultimo, da piazza Caricamento, nella Genova che s'affaccia sul porto. In tutta Italia settanta tra città e paesi, perché la protesta anti-Gelmini è penetrata in profondità anche in provincia, si sono messi in moto sotto lo stesso titolo: "Ci riprendiamo il nostro futuro". Giornata del diritto allo studio, l'hanno chiamata. Rimanda la memoria degli studenti agli eccidi dei 17 novembre del Novecento: i nove ragazzi uccisi a Praga dai nazisti nel 1939, i carri armati dei colonnelli greci al Politecnico di Atene nel 1973, la rivolta - ancora a Praga - nel 1989.

Stesi sui sampietrini o annebbiati dai fumogeni che via via accendevano, i ragazzi italiani hanno cercato solidarietà attiva con i coetanei di Parigi, in piazza nelle scorse settimane contro il governo Sarkozy. E con i cinquantamila che, sorprendentemente, hanno attraversato Londra 1 contro i tagli di James Cameron. Ma ancora una volta la protesta nel nostro paese ha mostrato dimensioni proprie, un'organizzazione strutturale, una diffusione unica al mondo: duecentomila a sfilare, secondo una stima generosa ma attendibile fatta dagli stessi studenti medi. E un'impressionante varietà di bandiere, slogan, ciclostili per una protesta che non trova la visibilità dell'ultima Onda, ma mostra una tenuta stagna: sono quasi tre mesi che procede senza segni di resa.

Le scuole superiori di Genova e Trieste sono ormai per metà occupate, se ne aggiunge una nuova ogni ora. Ieri sono state prese in consegna due facoltà a Catania, Lettere e Lingue, più un paio di licei romani. In Toscana - a Empoli, a Pisa e Livorno, a Siena, ad Arezzo - la protesta ha saldato scolari, professori, presidi. Colpisce, a questo giro di manifestazioni, la partecipazione del Sud. La Sicilia ha visto sfilare cortei in nove città. E poi i reading in piazza, le lezioni a cielo aperto, i concerti si sono allargati nei centri minori. A Vittoria, in provincia di Ragusa, a Oristano in Sardegna, a Sora nel Lazio. A Gravina, Altamura e Monopoli, tre centri nel Barese. Presenti anche gli studenti dell'Aquila.

Camioncini con il sound system hanno dettato i tempi agli slogan: "Noi la crisi non la paghiamo" e "Non saremo mai come ci volete". Con la consapevolezza, espressa dagli striscioni, della tenuta fragile dell'esecutivo Berlusconi-Gelmini: "Governo precario, generazione di precari: vediamo chi cade". I riferimenti al "bunga bunga" nella piazza della conoscenza hanno trovato nuove declinazioni. "Oggi non lavoro, oggi non mi vesto: resto nudo e manifesto".

Tensioni ad Ancona, Pisa, Palermo. Bloccati per alcune ore i binari a Torino, stazione di Porta Nuova. E sempre a Torino nel primo pomeriggio in tremila sono passati a occupare Palazzo Campana, sede della Facoltà di matematica: iniziò qui il '68 cittadino. A Milano alcuni incappucciati hanno spaccato la vetrina di una banca e, ancora a Palermo, uova contro il Banco di Sicilia. A Cagliari i quattrocento studenti si sono mescolati con i pastori in rivolta.

E sì, gli studenti della Generazione P (sta per precaria) hanno scelto di fondere le loro paure e la loro ribellione con gli operai della Fiom, i movimenti per l'acqua pubblica, i No Tav e i No Dal Molin di tutta Italia. Il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini li liquida: "I soliti vecchi slogan". Ma oggi deve portare alla Camera un decreto sull'università reso più debole da tre mesi di conflitti.

(17 novembre 2010)

 

 

 

 

Diretta

Giorno del diritto allo studio

Duecentomila studenti in corteo

Giorno del diritto allo studio Duecentomila studenti in corteo

Da Milano a Palermo, passando per Torino, Genova, Trieste, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Regio Calabria gli studenti scendono in piazza: più di cento i cortei previsti. La giornata di mobilitazione è in onda sulle radio universitarie in una maratona alla quale partecipano 20 radio d'ateneo in collegamento dalle 10 alle 12 dalle rispettive piazze cittadine e che si incrociano su Radio Bue. L'obiettivo è collaborare per riformare l'istruzione pubblica, rilanciare la ricerca, produrre idee. Gelmini: "Slogan vecchi. Avanti con la riforma". (Manifestazioni città per città)

(Aggiornato alle 13:41 del 17 novembre 2010)

13:41

Confermata la stima: oltre 200mila in tutta Italia 56 –

Sono circa 200 mila gli studenti che sono scesi nelle piazze per la giornata di mobilitazione studentesca. I dati sono stati forniti dall'Unione degli universitari e dalla Rete degli studenti che parlano di "giornata dal valore straordinario e che segna un passaggio fondamentale per la riconquista del diritto allo studio che questo Governo, a differenza degli altri paesi europei, sta cancellando". Secondo le realtà che riuniscono gli sudenti medi e universitari a Torino il corteo ha visto la partecipazione di almeno 30.000 studenti, a Roma 20.000 a Palermo 7.000 a Lecce mille. "Vogliamo fondi per l'università pubblica e la scuola pubblica da investire prima di tutto sull'edilizia scolastica e sulle borse di studio, vogliamo che la valutazione diventi uno strumento per schiacciare il potere dei baroni e per alzare la qualità della didattica e dei servizi offerti dagli atenei - affermano l'Unione degli universitari e la Rete degli studenti -, vogliamo una didattica scolastica fatta di insegnati competenti e preparati e non licenziati, non un riordino che taglia tutto il possibile portando al collasso le nostre scuole".

13:31

Unione Universitari: "A rischio il presente, non solo il futuro" 55 –

"Il vero problema non è solo l'assenza di una prospettiva per il futuro. Il taglio all'istruzione pubblica sta cancellando anche il presente". E' un punto importante che giustifica il clima di rabbia e delusione degli studenti in protesta. "A Roma siamo intorno alle 15/20mila persone. In tutta Italia 200mila. Ogni città ha le sue problematiche locali, e una nazionale uguale per tutti che è il diritto allo studio. All'Aquila sono arrivati sotto la Regione. E' la prima manifestazione dopo il terromoto. Manca tutto. Servizi, mense, trasporti, edifici. Ma non li vogliono ricevere. Sono 1500 persone. E restano là fuori, inascoltate. Qui a Roma Montecitorio èp il luogo simbolo. Il posto dove chiedere di essere visti". Gli studenti romani resteranno qui, tutto il pomeriggio, e poi a piazza Navona. "Ma torneremo a manifestare anche il 27, di nuovo, insieme alla Cgil", continua il portavoce dell'Unione degli Universitari.

13:23

Roma, studenti: "Blocchiamo la città" 54 –

"Blocchiamo la città". E' uno dei cori scanditi dagli studenti dei licei di Roma occupati che questa mattina hanno deciso di fare un corteo non autorizzato. Dopo esser partiti da piazza Trilussa e aver bloccato per qualche minuto il traffico anche in via del teatro marcello, i liceali sono arrivati sotto al campidoglio e, seduti per terra, hanno gridato: "se ci bloccano il futuro noi blocchiamo la città". Tra cori e insulti rivolti al sindaco di roma, gianni alemanno, il corteo delle scuole occupate ha poi raggiunto gli altri due cortei degli studenti delle scuole e delle università riuniti a piazza venezia. Per quanto riguarda l'entità della manifestazione, alcuni sostengono che ai tre cortei partecipino in tutto circa 20mila persone.

13:23

Torino, ancora bloccata la stazione 53 –

E' ancora in corso il blocco dei binari alla stazione di Torino Porta Nuova a opera di alcuni studenti. Da quasi due ore la circolazione ferroviaria è bloccata, numerosi i convogli che non sono partiti, così come quelli che non hanno potuto raggiungere la stazione. Per limitare i disagi alcuni treni sono stati fatti fermare in altre stazioni, Torino Lingotto, Torino Porta Susa e Collegno. I ritardi per ora dei treni variano tra i 60 e i 120 minuti.

13:22

Roma, studenti arrivati a Montecitorio 52 –

Il gruppo degli studenti, per lo più universitari, arrivati sotto la sede del governo al grido "vergogna, vergogna" e "dimissioni, dimissioni", ha acceso dei fumogeni in piazza e sta intonando cori contro il premier: "berlusconi pezzo di m....".

13:22

Ancona, polizia respinge tentativo di irruzione in sede Usr 51 –

Momenti di tensione ad Ancona quando un gruppo di studenti delle superiori ha cercato di entrare in massa nella sede dell'Ufficio scolastico regionale, dove una piccola delegazione doveva incontrare il vice dirigente: agenti della Questura, in tenuta antisommossa, hanno respinto il tentativo di sfondamento, subito rientrato. Mentre i ragazzi gridavano "giù, giù, vergogna, vergogna...", tre studenti sono poi saliti negli uffici dell'Usr per l'incontro programmato. Un secondo spezzone del corteo, di cui facevano parte universitari di Ancona, Macerata e Urbino (questi ultimi giunti in marcia di protesta a piedi dalla città ducale), si è diretto verso la sede della Regione Marche. In tilt il traffico stradale in tutto il centro città.

13:22

In piazza a Pescara milla studenti 50 –

Al grido di 'se ignoranti ci volete ribelli ci avrete' oltre mille studenti pescaresi sono scesi in piazza per protestare contro i tagli alla scuola e la riforma Gelmini. Un corteo colorato e vivace ha attraversato il centro cittadino per ribadire a gran voce che 'il sapere non è una merce'.

13:21

Roma, corteo si 'spacca' e devia verso Montecitorio 49 –

Al grido di "Roma libera" una parte del corteo studentesco si è diviso a largo Argentina. Una parte dei ragazzi sta correndo a Montecitorio.

12:56

Blindate le strade verso Montecitorio 48 –

Le vie di accesso per arrivare a Montecitorio dalla piazza (via del Plebiscito, dove c'è la casa del premier, e via del Corso) sono bloccate dalle forze dell'ordine e questo ostacola il gruppo di studenti deciso ad arrivare alla sede del Governo.

12:53

Veneto, migliaia in piazza contro la riforma 47 –

Un migliaio di studenti oggi ha percorso Corso del Popolo a Mestre portando in corteo la sagoma del 'cavallo di Troia'. Hanno protestato, in particolare, contro il rischio di chiusura della facoltà di scienze di Cà Foscari a cui "il decreto Gelmini che forse passerà darà il colpo di grazia". Tra gli striscioni, 'riconquistiamo il presente'. Ad alto volume, inoltre, le canzoni della raccolta di De André 'Il bombarolo', con riferimento alla sentenza di assoluzione per gli imputati del processo per la strage di Brescia. Il corteo veneziano era diviso in due tronconi distinti: quello dei Centri sociali e quelli della Rete degli Studenti. Scopo della campagna, ha spiegato un esponente della Rete, "è la condivisione di un'idea di scuola diversa portata avanti dagli stessi studenti e condivisa con loro: alla fine del corteo c'è stato un momento in cui sono stati organizzati gruppi di lavoro per parlare di varie tematiche della scuola". A Padova e Vicenza la Rete degli Studenti non ha aderito alle manifestazioni organizzate rispettivamente da Centri sociali e Coordinamento studentesco. A Padova, la Rete degli Studenti oggi pomeriggio ha in programma un'assemblea con studenti, insegnanti e precari al cinema Porto Astra, mentre a Treviso ci sarà un'assemblea al Liceo Canova, sempre con i Cantieri dei saperi. In tutte le altre città ci saranno 'flash mob' (mobilitazioni flash) e banchetti informativi. A Bassano (Vicenza) e Vicenza vi sono stati cortei formati, rispettivamente, da circa 800 e 2000 giovani.

12:51

Roma, cortei confluiti a piazza venezia 46 –

Sono arrivati a piazza Venezia gli studenti dei licei occupati dove si stanno unendo all'altro corteo. Al passaggio dei manifestanti gli studenti sono stati applauditi da alcune persone alla fermata dell'autobus. Cori anche contro polizia e carabinieri. "Occupiamo tutto". gridano i manifestanti. "Incontriamoci tutti alle 15 al Virgilio occupato per un'altra assemblea" ha detto al megafono uno degli studenti

12:49

Milano, studenti arrivano davanti al provveditorato 45 –

La manifestazione milanese del 'No Gelmini Day' è arrivata al provveditorato agli studi in via Ripamonti. Una parte del corteo, formata da ragazzi incappucciati e con caschi in testa, si è però staccata ed è rimasta a lungo a fronteggiare a distanza un ingente schieramento delle forze dell'ordine. Lo stallo è stato superato quando gli agenti hanno deciso di lasciar passare questo gruppo formato da un centinaio di persone. Lungo il tragitto è stata presa di mira una scuola paritaria, il liceo artistico Giovanni XXIII, in corso Porta Vigentina, che è stata oggetto di un fitto lancio di uova, petardi e due bombe carta scagliate nel cortile dell'istituto.

12:35

Rete degli studenti: "Gelmini farebbe meglio ad ascoltarci" 44 –

La Rete degli studenti, che ha organizzato la manifestazione in oltre cento città italiane ribadisce: "Siamo tantissimi, la partecipazione è all'ottanta per cento, in più di cento città. Con noi c'è anche l'Unione degli universitari, docenti e genitori. Era quello a cui puntavamo, la condivisione di un problema che tocca tutti. Torneremo in piazza il 27 novembre con la Cgil perché sia ancora più chiaro come non possano essere pregiudicati dalla crisi solo i più deboli". E sulla comunicazione della Gelmini ("Gli slogan sono vecchi. Avanti con la riforma") commentano: "E' come al solito, se lei passasse meno tempo a fare dichiarazioni e più tempo ad ascoltarci sarebbe meglio". Infina una precisazione: "Ci teniamo a ribadire che non è vero che non ci sono soldi per la scuola pubblica a causa della crisi. Sono appena stati stanziati 25milioni per le scuole private, quindi la loro è una scelta ben precisa e non una necessità". Sugli studenti che a Milano hanno preso a sprangate una vetrina della banca Fideuram: "Purtroppo ci sono sempre quei pochi che cercano di disturbare una protesta che è partita con un senso pacifico. Ma sono pochi, ed estranei al movimento".

12:33

L'Aquila, un migliaio gli studenti in corteo 43 –

Un migliaio tra studenti delle scuole superiori, universitari e precari e addetti alle mense sta protestando contro la riforma del ministro Gelmini e contro le politiche della Regione Abruzzo sul diritto allo studio di fronte a palazzo Silone, sede della Giunta regionale; una delegazione ha chiesto di incontrare il presidente della Regione. I manifestanti, secondo le stime delle forze dell'ordine circa 600, sono arrivati a palazzo Silone dopo un corteo per le vie limitrofe alla sede regionale. Tra gli studenti anche universitari provenienti da Teramo giunti in pullman.

12:33

Sassari, cinquecento in piazza 42 –

Circa cinquecento studenti degli istituti superiori e dell'università hanno sfilato stamattina in corteo per le vie del centro di Sassari per protestare contro i tagli del Governo e della Regione e contro il Ddl Gelmini per l'Università. Gli studenti si sono dati appuntamento alle 9 in piazza Università e, dopo aver sfilato per il centro scandendo slogan contro il Governo e contro il ministro Gelmini, hanno fatto un sit-in in piazza d'Italia davanti alla sede della Prefettura. "Non ci ruberete il futuro", hanno urlato gli studenti da un altoparlante. Alla manifestazione hanno preso parte anche una delegazione di ricercatori precari dell'università e una rappresentanza del Movimento dei Pastori.

12:22

Ancona, il corteo si divide 41 –

Il corteo degli studenti universitari e medi in corso ad Ancona si è diviso, come era previsto, in piazzale Europa, con qualche contrasto tra gli studenti universitari. Quelli di Urbino (circa 400 i rappresentanti dell'ateneo Feltresco) hanno deciso di accompagnare gli studenti medi fino alla sede dell'Ufficio scolastico regionale, dove si terrà un presidio. Poi gli urbinati proseguiranno fino alla Regione, dove sono già andati gli altri rappresentanti degli atenei di Ancona e Macerata che dovrebbero essere ricevuti dall'assessore all'Istruzione Marco Luchetti. Il corteo diretto all'Usr ha bloccato via Martiri della Resistenza, una delle arterie più trafficate della città.

12:21

Gelmini: "Slogan vecchi, avanti con la riforma" 40 –

"Bisogna avere il coraggio di cambiare. E' indispensabile proseguire sulla strada delle riforme: dobbiamo puntare a una scuola di qualità, più legata al mondo del lavoro e più internazionale. Per ottenere questi obiettivi stiamo rivedendo completamente i meccanismi di inefficienza che hanno indebolito la scuola italiana in passato. Un lavoro e un percorso difficile, ma indispensabile. E' necessario lo sforzo di tutti coloro che hanno a cuore la scuola. La protesta di oggi però mi pare riproporre vecchi slogan di chi vuole mantenere lo status quo, di chi è prioristicamente contro qualsiasi tipo di cambiamento". Così in una nota il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini. red

12:16

Roma, studenti deviano il percorso autorizzato 39 –

Il corteo non autorizzato dei liceali dopo aver raggiunto piazza dell'Emporio ha cambiato il percorso. Gli studenti, invece che proseguire verso Piramide come previsto, hanno ripreso Lungotevere e sono ora diretti a piazza Venezia. A scortare il corteo polizia di stato e polizia municipale. I manifestanti stanno bloccando Lungotevere Aventino occupando l'intera carreggiata.

12:15

Studenti sfilano in tutta italia in 200 mila 38 –

A una prima stima fornita da associazioni e collettivi sono "almeno 200mila" gli studenti della scuola e dell'università italiana che questa mattina in tutta italia stanno partecipando agli oltre 100 cortei organizzati nella giornata della mobilitazione internazionale per il diritto allo studio. Gli studenti, che chiedono al governo maggiori fondi per l'istruzione pubblica, il blocco dei tagli e delle riforme in atto, hanno risposto all'appello delle varie associazioni e collettivi studenteschi in particolare nella capitale.

12:09

Bologna, studenti bloccano traffico sui viali 37 –

Il corteo arrivata in fondo a via Irnerio, invece di imboccare via Zamboni come previsto, si è spinto al centro dell'incrocio con i viali bloccando il traffico per alcuni minuti e imboccando poi viale Filopanti. "Fare blocchi metropolitani come questo - spiega uno studente al microfono - significa generalizzare lo sciopero". In precedenza, lungo via Indipendenza, alcuni studenti col volto coperto da mascherine bianche hanno lasciato stencil sulle colonne dei portici, con scritte come "blocchiamo tutto". Le delegazioni della Fiom, intanto, hanno lasciato il corteo. In corso anche il presidio della Flc-Cgil sotto la prefettura. In piazza Roosvelt, insieme al sindacato, ci sono anche i ricercatori precari: indossano dei cappelli che si rifanno ai prodotti più economici in vendita nei supermercati con scritto "ricercatori primo prezzo, da consumarsi preferibilmente entro lo sciopero generale". Tra gli altri cartelli anche uno che recita: "i nidi al comune, no ai privati".

12:07

Roma, corteo universitario si unisce a quello dei medi 36 –

Il corteo degli studenti universitari de La Sapienza è confluito in quello degli studenti medi, che aspettava i manifestanti in piazza della Repubblica. In testa lo striscione "Governo precario, generazione di precari. Vediamo chi cade". A piazza Trilussa è partito invece un altro corteo di studenti che è arrivato sul Lungotevere e sta proseguendo diretto, come gli altri, a piazza Navona, ma molti studenti sono decisi a "deviare verso piazza Montecitorio" senza autorizzazione. I manifestanti sono migliaia.

12:05

Pisa, tensione tra studenti e polizia 35 –

Momenti di tensione durante il corteo di studenti e lavoratori che a Pisa stanno manifestando contro il ddl Gelmini. Nei pressi della sede di Confindustria un gruppo di studenti medi si è staccato dal corteo e ha provato a forzare il blocco della polizia per raggiungere la sede, uscendo così dal percorso autorizzato.Gli agenti hanno contenuto l'azione degli studenti con una carica di alleggerimento. Due persone, tra cui una studentessa, sono rimaste leggermente ferite. Una quindicina di studenti ha comunque raggiunto la sede confindustriale e ha lanciato pomodori contro la facciata. Dal corteo sono state lanciate uova contro una filiale del Monte dei Paschi di Siena. Alla manifestazione, alla quale hanno aderito anche sindacati e partiti politici (Cgil, Gilda, Pd, Sel e Rifondazione comunista, Cobas) partecipano circa 2.500 persone.

12:04

Torino, continua l'occupazione della stazione Porta Nuova 34 –

Dopo aver srotolato uno striscione davanti a un convoglio con la scritta 'fuori e dentro le scuole conflitto e autorganizzazione', gli studenti si sono seduti in centinaia sui binari dove hanno anche acceso alcuni fumogeni.

12:02

Cagliari, corteo di studenti e del movimento Pastori Sardi 33 –

Oltre 400 studenti hanno sfilato a Cagliari, da piazza Garibaldi fino a piazza del Carmine passando da via Sonnino e via Roma, per protestare contro la riforma Gelmini. "Questo Governo", ha affermato il rappresentante del movimento studentesco Unica 2.0 Matteo Quarantiello, "sta tentando di smantellare la scuola pubblica". Alla manifestazione ha partecipato anche una delegazione del Movimento Pastori Sardi. "Gli studenti ci hanno proposto di manifestare insieme a loro", ha affermato un esponente dell'Mps, "e siamo stati ben contenti di scendere in piazza, perché la crisi dell'istruzione si ripercuoterà anche sul mondo del lavoro delle future generazioni".

12:00

Pioggia non ferma gli studenti in corteo a Salerno 32 –

La pioggia incessante non ha fermato le centinaia di studenti arrivate nel capoluogo da gran parte della provincia di Salerno per aderire al corteo. Erano in tanti, infatti, questa mattina, che si sono dati appuntamento in Piazza Ferrovia per sfilare lungo le strade del centro cittadino, con ombrelli, striscioni, megafoni e fischietti. Tanti, tantissimi i fischietti che un venditore ambulante ha iniziato a vendere quando ancora i ragazzi erano in pochi, "con uno sconto particolare - dice - per i gruppi che ne acquistano di più". L'Istituto tecnico industriale Focaccia di Salerno era in prima fila con lo striscione 'Non distruggete la scuola pubblica', accompagnato da un enorme lenzuolo dovegli studenti hanno scritto con l'inchiostro: "Ieri preoccupato, oggi occupato, domani disoccupato".

11:50

Trecento a Udine contro la riforma 31 –

Trecento studenti delle scuole medie superiori di Udine e provincia hanno partecipato oggi alla manifestazione di protesta contro la riforma Gelmini organizzata nel capoluogo friulano dal Movimento studentesco. Dopo il raduno in piazzale Cavedalis, cuore del centro studi cittadino, gli studenti si sono dati appuntamento in piazza I Maggio, da qui un corteo si è snodato per le vie del centro fino a piazza Venerio, dove la manifestazione si è conclusa dopo gli interventi dei rappresentanti di diversi istituti.

11:48

Torino, occupata la stazione di Porta Nuova 30 –

Gli studenti, scesi in piazza questa mattina a Torino contro la riforma della scuola, dopo aver fatto una variazione di percorso, invece che confluire con tutto il corteo in piazza Castello, si sono divisi. Un gruppo si è staccato e ha proseguito in direzione della stazione di Porta Nuova, l'altro è entrato nella stazione e sta occupando alcuni binari.

11:45

Roma, cori contro il sindaco Alemanno 29 –

Cori anche contro il sindaco Gianni Alemanno durante il corteo non autorizzato degli studenti dei licei occupati. "Alemanno fuori da Roma" ripetono alcuni dei manifestanti che stanno procedendo su lungotevere diretti a Piramide.

11:44

Palermo, blitz di studenti nel Rettorato 28 –

Al termine della manifestazione, nella sede del Rettorato, gli studenti hanno fatto irruzione all'interno del senato accademico, bloccandolo per protesta, contro il taglio del 90% delle borse di studio, contro il dl Gelmini, "contro l'offerta formativa scadente e rattoppata varata per questo anno accademico dal rettore Roberto Lagalla".

11:43

Roma, sbloccato il Lungotevere. Il corteo è ripartito 27 –

si è seduto per alcuni minuti sulla strada bloccano il deflusso delle auto e dei tram Dopo essersi seduti per qualche minuto tra viale Trastevere e ponte Garibaldi, causando qualche disagio alla circolazione, il gruppo degli studenti ha ripreso il cammino sfilando in corteo. Sono stati scanditi slogan contro le politiche della scuola attuate dal governo ed è stato acceso un fumogeno. La manifestazione si è svolta pacificamente e le forze dell'ordine presenti sul posto non sono intervenute.

11:41

Milano, vetrina della banca danneggiata a sprangate 26 –

I ragazzi incappucciati hanno colpito più volte la vetrata della bamca, infrangendola in più punti. "Sono arrivati di corsa, incappucciati, e hanno cominciato a colpire con una mazza il vetro", hanno raccontato le persone all'interno. Il corteo studentesco del No Gelmini Day intanto sta proseguendo la sua marcia verso il Provveditorato agli Studi in via Ripamonti.

11:40

Bonanni: "La scuola è un problema serio" 25 –

Sono "problemi seri" quelli che ha la scuola perché "molte persone vi lavorano e non sono rispettate e in tanti avrebbero voglia di lavorare con più continuità e invece sono precari", ha detto Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, a Napoli, per un convegno sulla scuola. " E' una situazione da affrontare con molta decisione - ha affermato - l'istruzione è il punto cardine del futuro di un Paese, senza istruzione e formazione non ci sono prospettive".

11:37

Ancona, partito il corteo contro la riforma Gelmini 24 –

E' partito poco fa da piazza d'Armi ad Ancona il corteo della manifestazione degli studenti universitari e medi contro la riforma Gelmini: circa 800 persone stanno sfilando per una parte del centro cittadino, con striscioni, bandiere e cartelli scandendo slogan e lanciando fumogeni colorati. Il traffico è bloccato, ma non ci sono segnali di intemperanza. Anzi, qualcuno dei passanti incita i manifestanti. Il corteo è aperto da uno spezzone di studenti universitari di Urbino, Ancona e Macerata. In testa ci sono nove studenti partiti da Urbino lunedì scorso e arrivati ad Ancona a piedi. Corposa la rappresentanza di sindacati (Fiom e Flc-Cgil), partiti (Sel, Pdci, Prc), rappresentanti di lavoratori della Fincantieri e della New Holland di Jesi, oltre a delegazioni dei ricercatori universitari. Il serpente dei manifestanti è chiuso da uno spezzone di studenti medi di Ancona e provincia, il gruppo più colorato e rumoroso. Il corteo percorre unito un tratto di strada per poi dividersi in piazzale Europa: gli universitari andranno a manifestare sotto la sede della Regione Marche, gli studenti medi davanti all'Ufficio scolastico regionale.

11:34

Trento, sfilano in centinaia 23 –

A Trento di studenti degli istituti superiori sono partiti in centinaia da via Madruzzo, hanno sfilato in corteo per le vie del centro raggiungendo piazza Dante. Non sono stati segnalati incidenti o particolari problemi al traffico. Sempre per questa mattina la Cgil ha proclamato uno sciopero di un'ora di docenti, dirigenti e personale amministrativo.

11:32

Roma, studenti: "Vogliamo arrivare sotto Montecitorio" 22 –

"Crediamo che sia necessario garantire a tutti il diritto di manifestare, per questo chiediamo pacificamente di arrivare sotto Montecitorio", hanno detto gli studenti in corteo a Roma. "Avevamo chiesto l'autorizzazione ad arrivarci - spiega Claudio Riccio di Link-coordinamento universitario - ma ci è stata negata. Ci hanno dato il via libera per piazza navona che, però, non è simbolica. Noi vogliamo arrivare dove a giorni si discuterà la riforma Gelmini".

11:31

Roma, studenti seduti sul Lungotevere. Traffico in tilt 21 –

Gli studenti dei licei occupati si sono seduti per terra su Lungotevere all'incrocio con viale Trastevere. I liceali proseguono con i cori "Noi la crisi non la paghiamo". E' stato acceso anche un fumogeno. Sul posto polizia e polizia unicipale. Il traffico è in tilt.

11:22

Milano, fumogeni contro banca, i dipendenti barricati dentro 20 –

Subito dopo l'aggressione degli studenti milanesi alle vetrine della banca Fideuram in Corso di Porta Romana, i dipendenti e il direttore della filiale si sono barricati all'interno. Le vetrine sono state danneggiate, gli studenti hanno usato una mazza per colpire le vetrate, e per nascondersi mentre colpivano hanno utilizzato dei fumogeni neri.

11:04

Palermo, uova contro il Banco di Sicilia 19 –

I liceali, circa 8mila in corteo, hanno lanciato uova contro il Banco di Sicilia, "un'azione - spiega il coordinamento - per ribadire che questa crisi gli studenti non la vogliono pagare". Gli universitari che - dietro lo striscione "Riprendiamoci il futuro contro i tagli e il ddl Gelmini" - hanno indossato maschere bianche a testimoniare "l'invisibilità in cui è relegato il mondo dell'università nei piani del governo". Il corteo degli studenti medi si è poi unito a quello degli universitari all'incrocio tra via Roma e corso Vittorio Emanuele. Al termine della manifestazione, gli universitari hanno fatto irruzione nella sede del rettorato: hanno invaso e bloccato il senato accademico per protestare contro il taglio del 90% delle borse di studio, contro la riforma Gelmini la cui discussione alla Camera è prevista per domani, e contro l'offerta formativa "scadente e rattoppata" varata per questo anno accademico dal rettore Roberto Lagalla.

11:01

Firenze, 5mila sfilano in corteo 18 –

Circa 5mila persone secondo la Cgil (2.500 secondo la questura) stanno prendendo parte al corteo di protesta contro la riforma Gelmini dell'università, organizzata dallo stesso sindacato, in collaborazione con gli studenti. Nell'ambito della manifestazione, partita da piazza San Marco, sfilano molti studenti e ricercatori e docenti dell'università. In testa al corteo un cartello trafitto da un grande coltello con la scritta 'Patto sociale, profitto per i padroni, sfruttamento e repressione per tutti gli altri'. Singolari proteste sono messe in campo all'interno della manifestazione dai ricercatori di biologia e fisica che partecipano indossando camici bianchi con la scritta 'università pubblica, condizioni gravissime' e i lettori di lingua dell'università che espongono cartelli con la scritta 'Più democrazia, più università in 25 lingue'. Breve sosta davanti al liceo classico Michelangelo dove alcuni manifestanti hanno gridato contro il preside Primerano per le denunce da lui presentate dopo i danni subiti dall'istituto durante l'occupazione. Numerose le sigle partecipanti, tra cui Rifondazione, Verdi, Studenti di sinistra, Giovani democratici, oltre ai numerosi collettivi delle facoltà.

11:00

Milano, volantini contro la polizia 17 –

All'interno del corteo, è stato distribuito, tra i tanti volantini, anche uno contro la polizia. "Organizziamoci contro la polizia - c'è scritto sul foglio distribuito - la polizia spara". Il riferimento del volantino è ad una sparatoria avvenuta all'inizio di novembre dove è rimasto ferito un giovane vicino ai centri sociali milanesi. Secondo quanto ha ricostruito la polizia questo giovane era a bordo di un'auto rubata e dopo aver ricevuto l'alt da un agente non si è fermato ma ha tentato di investire il poliziotto che gli ha esploso contro 6 colpi. "Siamo in territorio occupato da uomini armati - prosegue il volantino - la polizia è una minaccia organizzata contro le nostre vite, riprendersi le strade oggi e liberare il territorio da chi in armi lo occupa è una questione vitale".

10:59

Milano, scritte di insulti sulle vetrine delle banche 16 –

Alcuni studenti incappucciati stanno scrivendo insulti sulle vetrine delle banche presenti lungo il percorso che sta facendo il corteo organizzato in occasione della giornata mondiale per il diritto allo studio. Le prime scritte sono state fatte sulla vetrina della banca Monte Paschi di Siena in Largo Cairoli. Uno studente ha scritto: "noi la crisi ve la creiamo". Altre scritte sulla vetrina della Banca Popolare di Lodi in Via Orefici dove un giovane ha scritto: "brucia". E poi ancora sempre in Via Orefici è stata imbrattata la vetrina del negozio Max Mara dove hanno scritto: "assassini, me...". Scritta identica sulla vetrina della Banca Etruria in Via Mazzini e su quella della Banca Popolare di Milano. Il corteo adesso è arrivato in Corso di Porta Romana dove sulla vetrina della Unicredit è stato scritto: "se sei povero è colpa loro". Davanti a questa banca dei giovani hanno dato fuoco a un contenitore di plastica.

10:56

Bari, in prima fila l'assessore Alba Sasso 15 –

Con un grande striscione in testa, con scritto "Hanno distrutto il nostro futuro, creiamo un mondo nuovo" circa duemila studenti stanno pacificamente sfilando in corteo per le vie del centro di Bari, scandendo slogan contro il ministro Gelmini ed i tagli alla scuola, all'Università, alla Ricerca e alla Cultura. La manifestazione, alla quale partecipano anche gli assessori regionali al Diritto allo Studio, Alba Sasso, e allo Sport, Maria Campese, e l'assessore comunale alle Politiche Educative, Fabio Losito, cominciata con il concentramento degli stuudenti in piazza Umberto, si concluderà in piazza della Libertà, davanti a Palazzo di Città. Al suono dei tamburi che ritmano gli slogan contro il ministro e sulle note di 'Bella ciao', il corteo sta procedendo a zig zag per le vie del centro per raggiungere la piazza della Prefettura. In testa al corteo gli studenti hanno issato una grande croce di cartone, ricoperta da foto di studenti e da un libro, che raffigura la morte dela cultura e dello studio.

10:56

Palermo, sfilano in 7mila 14 –

Secondo gli organizzatori, alla manifestazione in corso a Palermo contro la riforma della scuola e il disegno di legge sull'Università stanno partecipando oltre 7mila persone tra studenti delle scuole superiori, universitari e ricercatori. La manifestazione si concluderà in viale delle Scienze all'interno della cittadella universitaria.

10:54

Bolzano, studenti in piazza 13 –

Circa 500 studenti hanno preso parte a Bozlano alla manifestazione contro la riforma scolastica. Gran parte degli studenti provenivano agli istituti di lingua italiana. Nel frattempo al liceo scientifico di Bolzano Torricelli è stata proclamata l'autogestione.

10:50

Licei romani: "Ci riprendiamo il nostro futuro" 12 –

"La situazione non è più sostenibile.Ci siamo resi conto che i tagli rientrano in un percorso più ampio. Vogliono tagliare il nostro futuro, ma noi dobbiamo riprendercelo". A parlare è Bianca una studentessa del liceo Virgilio, tra i manifestanti riuniti in piazza Trilussa. "Qui a piazza Trilussa ci sono tutti gli studenti dei licei occupati - aggiunge -. Crediamo nell'occupazione come forma di protesta. Dobbiamo riprenderci nostre scuole per riprenderci il futuro". I ragazzi del corteo, non autorizzato, spiegano che in mattinata intendono riunirsi con gli studenti del corteo partito da piazza Aldo Moro. "Abbiamo deciso di non chiedere autorizzazioni per la manifestazione - spiega uno studente - perché le strade sono di tutti, non servono permessi".

10:49

Bari, tensioni dopo l'aggressione neofascista 11 –

Contro i "ladri di futuro", scuola e università scendono in piazza. A Bari oggi sfila il corteo organizzato dal comitato 17 novembre in difesa del diritto allo studio e dell'istruzione pubblica: l'appuntamento era alle 9,30 in piazza Umberto. Manifestazioni di piazza sono in programma anche a Monopoli, Gravina, Altamura, Conversano, Andria e Trani per la giornata di mobilitazione internazionale degli studenti. In città c'è ancora tensione dopo l'aggressione neofascista subita dai ragazzi del collettivo Link, circondati e presi a sprangate domenica notte mentre attaccavano volantini nei pressi del Campus. "Nessun iscritto a Casa Pound e Blocco studentesco ha preso parte all'aggressione ai danni di un rappresentante dell'associazione studentesca Link" chiarisce Giuseppe Alberga, rappresentante provinciale del movimento.

10:39

Bologna, 2000 in piazza "per il futuro" 10 –

Sono più di duemila gli studenti che pochi minuti fa sono partiti da piazza San Francesco a Bologna. In testa alla manifestazione, dietro al camioncino che apre il corteo, lo striscione "riprendiamoci il nostro futuro, stop alla precarietà" (firmato da "studenti, migranti, lavoratori, insegnanti"). Subito dietro lo striscione del coordinamento degli studenti medi bolognesi, "con l'istruzione si combatte la crisi". Più indietro un secondo camioncino, dietro al quale si collocano tra gli altri gli studenti del collettivo autonomo studentesco e quelli del liceo artistico occupato due giorni fa. In coda le delegazioni della flc-cgil e della fiom, con lo striscione del sindacato e quelli di numerose rsu aziendali (ducati motor e ducati energia, kpl, titan, lamborghini, minarelli e gd). Tra i cori, intervallati da numerosi petardi, quelli più scanditi sono: "se ci bloccano il futuro noi blocchiamo la città" e "contro la scuola dei padroni dieci, cento, mille occupazioni". Tra le iniziative che hanno preceduto questa mattina il corteo, gli studenti riferiscono di un partecipato corteo dal liceo Sabin fino al punto del concentramento e di una "catena umana" che ha circondato tutto il liceo copernico bloccandone simbolicamente gli ingressi. Il corteo attraverserà via Ugo Bassi, via Indipendenza, via Irnerio e via Zamboni per concludersi in piazza Santo Stefano, dove sono previste iniziative per tutto il pomeriggio.

10:27

Studenti romani espongono striscione dal tetto della Sapienza 9 –

"Quale futuro tra queste macerie?". E' lo striscione srotolato dagli studenti universitari romani dalla terrazza del colonnato dell'università La Sapienza, davanti alla quale si stanno radunando per il corteo organizzato in occasione della giornata internazionale del diritto allo studio. Il fumo verde e rosso di due fumogeni ha accompagnato l'esposizione dello striscione, accolto con fischi e urla di entusiasmo.

10:24

Roma, studenti: "Il bunga bunga non lo paghiamo" 8 –

Al grido "Noi la crisi non la paghiamo. Il Bunga bunga non lo paghiamo" gli studenti dei licei romani stanno sfilando sul Lungotevere verso piazza Trilussa per riunirsi con gli altri studenti. In testa un grosso striscione "Senza confini Prati si mobilita" retto da dieci studentesse. In corteo degli studenti sta occupando due corsie del Lungotevere causando forti rallentamenti. Intonati cori anche contro il premier Silvio Berlusconi.

10:20

Milano, partito il 'No Gelmini Day' 7 –

Dietro allo striscione 'Siamo tutti sulla torre. Diritti per tutti' è da poco partito da largo Cairoli a Milano un lungo corteo degli studenti delle scuole superiori e delle università per la mobilitazione nazionale del 'No Gelmini Day'. La manifestazione percorrerà le vie del centro, per dirigersi poi al provveditorato agli studi in via Ripamonti. Da lì una delegazione di studenti raggiungerà via Imbonati, nella periferia nord della città, per portare la solidarietà del mondo della scuola ai tre immigrati che da una decina di giorni stanno protestando sulla torre dell'ex Carlo Erba. Numerosi i cori contro il ministro dell'istruzione Maria Stella Gelmini e contro i tagli all'istruzione. 'Dovete darci il denaro' è uno degli striscioni comparsi nel corteo.

10:16

Palermo, studenti in piazza 6 –

Studenti in piazza anche a Palermo nel giorno della mobilitazione nazionale indetta contro la riforma della scuola e il disegno di legge sull'Università, che sarà discusso nei prossimi giorni alla Camera. Da piazza Politeama, il corteo degli studenti medi, mentre da via Archirafi quello organizzato dal coordinamento "studenti indisponibili" dell'Ateneo palermitano. I due cortei sfileranno per le vie del centro cittadino per congiungersi all'altezza dei Quattro Canti in corso Vittorio Emanuele, proseguire verso piazza Marina, dove ha sede il rettorato, e risalire fino alla cittadella universitaria, in viale delle Scienze, dove si concluderà la manifestazione. Ad aprire il corteo degli studenti medi sarà uno striscione con scritto "Non contate sul nostro silenzio ma solo sulla nostra rabbia ", in testa a quello degli universitari "Riprendiamoci il futuro contro i tagli e il ddl Gelmini". Anche la Flc-Cigl ha aderito alla protesta proclamando per oggi uno sciopero di 4 ore negli atenei. Gli aderenti al sindacato di scuole e istituti professionali, invece, incroceranno le braccia per un'ora.

10:14

Flc e Cgil con gli studenti, partito il corteo di Torino 5 –

A Torino con la Flc-Cgil studenti delle scuole medie superiori, ricercatori universitari e docenti si sono dati appuntamento in Piazza Arbarello, dove confluiscono anche altri cortei provenienti dal Politecnico e dall'unione Industriali per poi arrivare tutti insieme in Piazza Castello. Ad aprire il corteo uno striscione con la scritta "Gelmini, credevi fosse la fine ma questo è solo l'inizio". Lungo il corteo numerosi striscioni dei diversi istituti torinesi, bandiere e palloncini della Flc-Cgil.

10:12

In piazza con musica e lezioni 4 –

A Napoli, Ragusa, Siracusa sono previsti concerti in cui si esibiranno le band studentesche e emergenti. A Cagliari al termine del corteo ci sarà una lezione in piazza tenuta dai ricercatori precari. A Roma, dove già ieri alcune scuole del centro sono state occupate, è previsto al termine del corteo un sit-in a piazza Navona organizzato da Flc-cgil e studenti con musica, dibattiti e stand di informazione.

10:09

Rete della conoscenza:"Situazione drammatica" 3 –

"La giornata internazionale studentesca in Italia sarà per noi un momento importante per denunciare i tagli alla scuola e all'università pubblica - fa sapere la Rete della Conoscenza, che riunisce gli studenti medi dell'UdS e gli universitari di Link - mentre per le private i soldi si sono trovati grazie ai soliti interessi di lobby, per la grande maggioranza degli studenti la vita quotidiana è fatta di trasporti fantasma, aule pericolanti, mense e case dello studente sempre più rare da trovare nelle città. Così come - continuano gli studenti - è drammatico il taglio alle borse di studio".

10:06

Almeno 100 i cortei previsti oggi 2 –

Da Milano a Palermo, passando per Torino, Genova, Trieste, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Regio Calabria gli studenti saranno in piazza: il sito della Rete della Conoscenza elenca quasi 100 cortei che sono previsti oggi. Ai cortei mattutini tradizionali si aggiungono quelli pomeridiani, specialmente nelle città - come Trieste e Genova - dove in questi giorni gli studenti hanno occupato le loro scuole e che ora vogliono dimostrare che la loro è "una protesta reale e sentita da tutta la popolazione studentesca, e non ha l'obiettivo di perdere lezioni e ore di studio".

10:05

Il giorno del diritto allo studio 1 –

Il 17 novembre di 71 anni fa le proteste dei giovani cecoslovacchi che si opponevano alla guerra furono messe a tacere dalla violenza nazista. E nello stesso giorno d'autunno del 1973 la stessa sorte toccò agli studenti greci massacrati dai carri armati del regime. Quest'anno poi, il 17 novembre dei giovani italiani arriva dopo un anno di proteste contro la riforma Gelmini e i tagli alla scuola pubblica.

(17 novembre 2010)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-11-10

LA PROPOSTA

Meno ore, bonus e assunzioni locali

ecco la scuola "modello Lega"

Il Carroccio ha illustrato - nell'istituto della moglie di Bossi - la sua ricetta per l'istruzione. Riduzione di un anno e solo 20 ore a settimana obbligatorie, "dote" da spendere in pubblica o privata, tutti i poteri scolastici alle regioni di SALVO INTRAVAIA

Meno ore, bonus e assunzioni locali ecco la scuola "modello Lega"

Meno ore di lezione, buono scuola e assunzione a livello locale degli insegnanti. Ecco l'istruzione pubblica vista dai leghisti. Nel corso di un convegno organizzato dalla scuola Bosina di Varese (fondata dalla moglie di Umberto Bossi) il Carroccio ha illustrato la ricetta per "risanare la scuola", inquadrando i diversi rimedi proposti "nella realtà scolastica europea che non solo le giustifica, ma le rende totalmente appetibili e di sicuro effetto". Il rilancio passa attraverso 17 punti, di cui 5 strategici e 12 che si possono realizzare "da subito".

Quella del Carroccio appare subito una scuola decisamente "light". Tra i punti strategici, illustrati dal quotidiano leghista qualche giorno fa, spicca la drastica riduzione del "curricolo obbligatorio sia annuale che totale". Dagli attuali 13 anni (5 di scuola primaria, 3 di scuola media e altri 5 di scuola secondaria di secondo grado) si dovrebbe passare a 12 anni. E in più l'orario scolastico dovrebbe essere suddiviso in due parti: obbligatorio e aggiuntivo. La parte obbligatoria non dovrebbe superare le 20 ore settimanali: 4 al giorno, per 5 giorni a settimana. E' una specie di mix tra la riforma Moratti (che prevedeva una quota oraria settimanale del curricolo obbligatoria e una facoltativa) e la riforma Berlinguer con la riduzione di un anno del percorso scolastico. Secondo Sergio Bianchini, dell'Associazione "Per una scuola nostra: regionale e federale", in Italia si trascura "la triste condizione dell'alunno schiacciato da quadri orari giganteschi molto più pesanti di quelli medi europei e con un anno di scuola in più per ottenere il diploma".

Una condizione che Marco Reguzzoni, deputato leghista alla Camera, definisce una "fregatura", che appare ingiustificata anche a fronte di risultati nella preparazione assolutamente e noriamente scadenti. Tra gli altri punti qualificanti della proposta leghista c'è l'attuazione del federalismo scolastico, attraverso la piena attuazione del titolo V della Costituzione "con passaggio alla Regione di tutto il potere organizzativo sulla scuola". Ma anche la piena attuazione della parità scolastica, attraverso "l'uguaglianza dei finanziamenti sia al settore pubblico che al parificato, tramite dote alunno (bonus scuola)".

E ancora. L'assunzione del personale viene prevista a livello "locale": a livello di distretto, o di istituto o di consorzio di scuole". Mentre la direzione amministrativa delle scuole dovrebbe essere distrettuale. Anche la dirigenza cambierebbe pelle con l'introduzione della direzione didattica di plesso. Tra le misure da realizzare "subito" c'è quella del docente a tempo pieno, del lancio di questionari annuali che alunni e genitori compilerebbero per dare un giudizio sulla qualità del servizio offerto dalle singole scuole. E ancora: è previsto che le scuole rimangano aperte fino alle 18,30, che i compiti in classe si effettuino al di fuori della classe, per evitare che gli alunni copino, e pause di 15 minuti dopo ogni ora di lezione.

(09 novembre 2010)

 

 

 

DIDATTICA

Via la Costituzione dalle scuole

"Non è una disciplina autonoma"

Il dietrofront in una circolare del ministero: la materia non sarà oggetto di specifica valutazione, come aveva annunciato il ministro Gelmini nell'agosto del 2008

di SALVO INTRAVAIA

Via la Costituzione dalle scuole "Non è una disciplina autonoma"

ROMA - "Cittadinanza e Costituzione" resta una materia di serie B. Esattamente come è stato per oltre 50 anni con l'Educazione civica, compressa nei programmi di Storia. Eppure il ministro Gelmini era stata chiara: Cittadinanza e Costituzione sarà una materia con una propria dignità e avrà un voto dedicato. Ma la circolare del 28 ottobre la smentisce clamorosamente. "Cambiare tutto per non cambiare niente", per dirla con le parole del principe di Salina nel Gattopardo? O a mettersi di traverso è stata la Lega, che non ha mai visto di buon occhio l'iniziativa del ministro di Leno? Sta di fatto che, nonostante i proclami di inizio legislatura, Cittadinanza e Costituzione non avrà un voto e neppure delle ore di lezione ad essa destinate, la conferma è arrivata poco più di una settimana fa.

Il primo agosto del 2008 il ministro Gelmini annunciava: "Dal prossimo anno scolastico, nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, sarà introdotta la disciplina Cittadinanza e Costituzione, che sarà oggetto di specifica valutazione" e per la quale "sono previste 33 ore annuali di insegnamento". La novità in materia di studio della Carta costituzionale e di diritti e doveri dei cittadini arrivava al termine di un movimentato Consiglio dei ministri che approvava il ritorno al voto di condotta e l'introduzione della Carta dello studente. Ma che faceva anche registrare la protesta dei ministri leghisti Bossi e Calderoli che giudicavano come "roba superata, lontana dagli studenti" lo studio dell'Educazione civica.

Adesso, la gattopardiana circolare numero 86, misteriosamente sparita dal sito del ministero subito dopo essere stata pubblicata, pur spiegando che Cittadinanza e Costituzione è "un insegnamento con contenuti propri che devono trovare un tempo dedicato per essere conosciuti e gradualmente approfonditi", precisa che "si colloca nell'ambito del Sé e l'altro nella scuola dell'infanzia, nell'area storico-geografica della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, nell'ambito dell'area storico-geografica e storico-sociale della scuola secondaria" superiore. Non è quindi una materia con un orario ad hoc. E che "tale insegnamento rientra nel monte ore complessivo delle aree e delle discipline indicate". Per poi ammettere che "non è una disciplina autonoma e dunque non ha un voto distinto" e che "la valutazione trova espressione nel complessivo voto delle discipline delle aree storico-geografica e storico-sociale di cui è parte integrante".

Lo studio dell'Educazione civica è stato introdotto nelle scuole superiori nel lontano 1958. Ma già nel 1955 i sussidiari della scuola elementare contenevano elementi di Educazione civica. Poi venne la Moratti che introdusse l'Educazione alla convivenza civile e dopo la collega Gelmini che, tagliando l'orario settimanale, la chiamò Cittadinanza e Costituzione.

(10 novembre 2010) © Riproduzione riservata

 

 

 

2010-10-22

IL CASO

Università, il monito di Fini

"Senza soldi meglio non fare la riforma"

Il presidente della Camera: "I tagli sono insopportabili, smeglio ritirarla. Se non si impegnano fondi per promuovere la meritocrazia si tradisce lo spirito della riforma"

Università, il monito di Fini "Senza soldi meglio non fare la riforma"

ROMA - Gianfranco Fini lancia un monito al governo sull'attuazione della riforma dell'università 1 fortemente voluta dal ministro Gelmini: i tagli sono insopportabili, senza fondi meglio ritirarla. Parlando all'inaugurazione dell'anno accademico dell'università di Foggia, il presidente della Camera ha sottolineato il fatto che in altri paesi europei come la Germania vengano fatte scelte diverse: "I tagli decisi in Italia sono sopportabili dalle nostre università? Credo sia onesto dire che non sono sopportabili". Secondo Fini se non si impegnano fondi per promuovere la meritocrazia "si tradisce lo spirito della riforma", e quindi "a quel punto sarebbe meglio ritirarla".

Le parole di Fini arrivano pochi giorni dopo l'annuncio del ministro Maria Stella Gelmini: chiuderemo alcune università 2, aveva tuonato la responsabile dell'Istruzione: "Qualche università, purtroppo, è in una situazione di dissesto finanziario. La riforma prevede la fusione piuttosto che la federazione di atenei diversi come strumento per favorire una riprogrammazione dell'offerta formativa". In pratica la chiusura di alcuni degli 88 atenei italiani.

Posizione in controtendenza con le idee del presidente della Repubblica che aveva detto di condividere 3 "la forte preoccupazione di studenti e docenti per le difficili condizioni del sistema universitario, che nessuno può fingere di ignorare".

(22 ottobre 2010)

 

 

 

 

2010-10-21

L CASO

Il decreto-Gelmini smentisce la Gelmini

Sono 42mila i precari nella scuola

La denuncia arriva dalla Cisl: si è registrato un boom di richieste per accedere alla "corsia preferenziale" creata dal ministro come salvagente per i docenti. E può fare domana solo chi aveva una cattedra ed è rimasto disoccupato di SALVO INTRAVAIA

Il decreto-Gelmini smentisce la Gelmini Sono 42mila i precari nella scuola

Boom di precari della scuola appiedati dalla riforma Gelmini. Quasi 42 mila, tra docenti e Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari), coloro che dopo anni di precariato sono rimasti a casa senza lavoro e stipendio. E che adesso cercano di acciuffare qualche supplenza attraverso il cosiddetto "salva-precari": un decreto che dà ai supplenti "tagliati" la priorità negli incarichi d'istituto e, di fatto, anticipa loro soltanto l'indennità di disoccupazione. A fornire i dati è la Cisl scuola, che parla di "emergenza occupazionale". "Serve - dichiara Francesco Scrima - una diversa politica degli organici, serve un piano di assunzioni che abbia come obiettivo la copertura di tutti i posti vacanti con personale assunto a tempo indeterminato".

Il sindacato di via Bargoni, in questo modo, smentisce le ultime dichiarazioni del ministro Gelmini circa l'impatto sull'occupazione della riforma avviata da due anni. La Gelmini di fronte agli attacchi dell'opposizione e alle proteste aveva minimizzato gli effetti della riforma sul personale della scuola: alle 67 mila cattedre tagliate, secondo il ministro, occorreva sottrarre i 55 mila pensionamenti degli ultimi due anni. In totale: "appena" 12 mila posti in meno. "Non pochi" aveva dichiarato ma "frutto di una manovra assolutamente sopportabile e indispensabile per invertire il trend di crescita della pianta organica non proporzionato al numero di posti richiesto dalla scuola italiana".

Neppure una parola invece sui 30 mila posti di bidello, assistente di laboratorio e assistente amministrativo tagliati in 24 mesi. Purtroppo, però, i conti non tornano. I docenti che quest'anno sono rimasti senza incarico e hanno presentato domanda per il salva-precari sono quasi 30 mila. Il decreto dello scorso 15 settembre parla chiaro: poteva presentare domanda "il personale inserito nelle graduatorie ad esaurimento", che nel corso del 2009/2010 aveva avuto una "nomina a tempo determinato di durata annuale o sino al termine delle attività didattiche o, attraverso le graduatorie d'istituto, una supplenza di almeno 180 giorni in un'unica istituzione scolastica" e che si sia "trovato nella condizione di non poter ottenere, per l'anno scolastico 2010/2011, nomina o di averla ottenuta per un numero di ore inferiore a quello di cattedra o posto in assenza di disponibilità di cattedre o posti interi".

Si tratta, quindi, di persone che fino all'anno scorso lavoravano e quest'anno sono precipitate nel baratro della disoccupazione. Anche coloro che in mancanza di altro sono disposti ad accettare uno degli incarichi previsti dagli accordi tra il ministero dell'Istruzione e le regioni sono aumentati: da 5 mila e 600 si passa a 13 mila e 800. E se ai docenti sommiamo il personale amministrativo, tecnico e ausiliario scaricato dal ministero si tocca quota 41.477 precari appiedati. Per tutti si apre una stagione di incertezza anche perché nel 2011/2012 è prevista un'altra sforbiciata pari a 35 mila posti (20 mila docenti e 15 mila Ata) che aggraverà certamente la situazione.

(20 ottobre 2010)

 

 

IL DOCUMENTO

Il Pd: "Ecco il decalogo sulla scuola

mentre il governo abbassa l'obbligo"

Il decalogo stilato dal Partito democratico arriva nel giorno in cui viene approvato il ddl che porta l'età per la scuola obbligatoria a 15 anni. Bersani: "Questo governo uccide il futuro, toglie opportunità ai giovani e li rende meno liberi"

di SALVO INTRAVAIA

Il Pd: "Ecco il decalogo sulla scuola mentre il governo abbassa l'obbligo"

PROPRIO nel giorno in cui il governo "con un colpo di mano" abbassa a 15 anni l'obbligo scolastico, il Pd attacca la Gelmini e lancia la proposta per "la scuola del futuro". "La nostra è una proposta concreta - spiega Pierluigi Bersani - da fare già domani, possibile e lungimirante perché sappiamo che solo una scuola di qualità può garantire crescita al nostro Paese". Questo, continua il segretario del Pd, "è un governo che non solo smantella il presente, ma uccide il futuro, toglie opportunità ai giovani e li rende meno liberi".

L'approvazione definitiva da parte del Senato del collegato sul Lavoro viene bollato dal Pd come "pagina nera", in contrasto con uno dei principali obiettivi del decalogo stilato dal Partito democratico nei giorni scorsi a Varese, che è quello di combattere la dispersione scolastica, una lotta da portare avanti con investimenti sull'autonomia scolastica, sulla ricerca e l'innovazione didattica. Insieme ad altri obiettivi che mirano a garantire a tutti i bambini da zero a sei anni un posto all'asilo nido, prima, e alla materna, dopo. Generalizzare il tempo pieno e il modulo a 30 ore nella scuola elementare, assicurare la continuità didattica alla media e al superiore. Predisporre organici stabili nelle scuole e un piano per assumere i precari. Stilare un piano straordinario per rendere sicure tutti gli edifici scolastici del paese e scuole aperte tutto il giorno.

"Guardiamo al futuro: dieci proposte per la scuola di domani" è il titolo abbastanza eloquente del documento scaturito dall'assemblea nazionale a Varese, che getta le basi per una scuola diversa da quella declinata in due anni e mezzo dal governo Berlusconi. Il decalogo rappresenta la posizione ufficiale del Partito democratico su uno degli temi più complessi e controversi di questa legislatura. "La scuola, per garantire uguaglianza e libertà, come ci chiede la nostra Costituzione. La scuola, unico vero ascensore sociale, per ridare slancio a una società bloccata", spiegano dal Pd.

Il primo passo è quello di garantire a tutti i bambini italiani un posto all'asilo nido. Oggi, secondo le ultime stime dell'Istat, i piccoli di età inferiore ai due anni che trovano posto nei nidi comunali sono ancora pochissimi: appena 10 su cento. Per tutti gli altri, le famiglie devono arrangiarsi: o mobilitano i nonni oppure sono costrette a pagare un costoso asilo privato. Anche la scuola materna (ora dell'infanzia) per il 40 per cento metà è appaltata ai privati. E i genitori che non possono permettersi di pagare una retta devono mettersi in lista d'attesa. Il Pd avanza la proposta di "trasformare l'asilo nido da servizio a domanda individuale a diritto educativo di ogni bambino e bambina" e di "assicurare a tutti i bambini del Paese un posto nella scuola dell'Infanzia".

Per la scuola primaria l'idea è quella di estendere il tempo pieno a livello nazionale, oggi è aperto a poco più di un quarto dei bambini, e di assicurare almeno 30 ore di lezione a tutti. Niente, quindi, maestro unico con orari di 24, 27 e 30 ore, come previsto dalla riforma Gelmini. Ma anche "dare certezza di funzionamento alle scuole autonome" con l'organico funzionale. "Ogni scuola deve poter contare su risorse economiche e umane certe per un triennio di programmazione". Si tratterebbe, in buona sostanza, di assegnare a ogni scuola un organico (funzionale) "che includa personale stabile per le supplenze brevi e professionalità specializzate a supporto dei ragazzi con bisogni speciali (autismo, dislessia, discalculia, etc.) dando continuità all'insegnamento.

Tra i tanti vantaggi, a parità di spesa, si supererebbe il precariato scolastico. Ma non solo: le scuole potrebbero contare su risorse certe e, in piena autonomia, potrebbero organizzare "la didattica per raggiungere l'obiettivo del successo scolastico dei ragazzi e delle ragazze". Il Pd propone anche di dare attuazione alla modifica del titolo V della Costituzione anche per quanto riguarda la scuola, attraverso un federalismo che preveda il livelli essenziali delle competenze, anziché i livelli essenziali delle prestazioni.

Per i 220 mila precari in crisi per effetto dei tagli agli organici "serve una terapia d'urgenza, immettendo in ruolo su tutti i posti vacanti". E chi è già di ruolo deve "restare in servizio per non meno di 3 anni nella stessa scuola per garantire la continuità didattica". Niente chiamata diretta da parte dei presidi e introduzione della "formazione in servizio obbligatoria e certificata" per aumentare la qualità dell'insegnamento. La lotta alla dispersione scolastica passa attraverso il raccordo "tra medie e biennio delle superiori". Un biennio che deve essere "unitario per aiutare i ragazzi a fare scelte più consapevoli" e con obbligo di istruzione fino a 16 anni (contrariamente a quanto approvato oggi dal Senato). Occorre, inoltre, "realizzare in tutta Italia le anagrafi regionali degli studenti, presenti oggi in 11 regioni su 20".

Per rilanciare ed equilibrare l'intero sistema di istruzione occorre anche "investire sull'istruzione tecnica e professionale di qualità" eliminando il "divario territoriale esistente oggi". E per assicurare ad alunni e insegnanti una permanenza sicura a scuola occorre lanciare un piano straordinario per l'edilizia scolastica, attraverso "una razionalizzazione e un rinnovamento radicale delle strutture scolastiche destinando a questo scopo, nelle aree sotto utilizzate, i fondi Fas". E siccome la scuola deve rappresentare un "luogo fondante di comunità, dove oltre ai necessari insegnamenti curricolari ci si può fermare il pomeriggio per studiare, fare sport, suonare, recitare, imparare le lingue", occorre "ristrutturare i luoghi e i tempi della scuola, oggi fissati rigidamente".

(20 ottobre 2010)

 

 

 

2010-10-18

UNIVERSITA'

Napolitano chiede risorse

"Sia priorità non solo a parole"

Il presidente a Pisa dice di condividere le preoccupazioni degli studenti e dei docenti. "Ricerca e formazione hanno un ruolo strategico, no a miopie"

Napolitano chiede risorse "Sia priorità non solo a parole" Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

PISA - "Condivido la forte preoccupazione di studenti e docenti per le difficili condizioni del sistema universitario, che nessuno può fingere di ignorare". Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione del 200/mo anniversario della Scuola Normale Superiore di Pisa, esprime la sua vicinanza ad accademici e studenti. "Conto sul vostro sentimento di responsabilità al di là di ogni momento di comprensibile frustrazione", ha detto ancora il capo dello Stato agli universitari, intervenendo a Pisa, al Teatro Verdi.

Implicito, ma evidente, il riferimento alla querelle dei fondi per la ricerca. E infatti il presidente chiede che l'università sia una priorità non solo a parole: "Senza interferire nelle discussioni e nelle decisioni che hanno luogo in governo e in Parlamento sento il dovere di riaffermare il rilievo prioritario che va attribuito, non solo a parole ma con i fatti, alla ricerca e all'alta formazione e dunque all'Università". E invita forze politiche e sociali a riflettere sulla ricerca e formazione, strategiche.

"Sono qui oggi ben consapevole - dice il capo dello Stato - che le tensioni sociali e politiche proprie della fase complessa e critica dell'economia e della vita pubblica, che stanno attraversando l'Italia e l'Europa, hanno investito anche il sistema universitario e le sue problematiche". Fuori dal teatro una settantina di studenti universitari hanno protestato contro la riforma Gelmini e i tagli all'istruzione.

Ricerca e formazione hanno un ruolo strategico che va riconosciuto con "mezzi finanziari adeguati a partire dai prossimi mesi", ha detto ancora Napolitano, pur senza dimenticare la necessità di "aprirsi a misure di rigorosa razionalizzazione e qualificazione dell'impiego delle risorse". È questa, secondo il presidente della Repubblica, la strada da seguire per dare impulso alla ricerca e per finanziare l'università italiana.

Il ruolo strategico della ricerca e della formazione non può essere a lungo negato e contraddetto. "Si imporrà, ne sono certo, al di là di ogni temporanea miopia.

Prima si imporrà, meglio sarà", ha detto poi Napolitano, aggiungendo un appello "a tutte le forze politiche e sociali a riflettere con lungimiranza su questo punto".

Le parole di Napolitano, secondo l'Italia dei Valori, sono una bocciatura dei ministri Tremonti e Gelmini. Una bocciatura "senza appello" dei ministri che stanno affossando l'università italiana", dice Massimo Donadi, presidente dei deputati Idv. Dall'Udc, invece, Pierferdinando Casini chiede che il governo metta i soldi per la riforma. "Le nozze coi fichi secchi non si fanno", ha detto il leader dell'Udc. "Se non ci sono risorse finanziarie, anche i buoni propositi della riforma diventano inutili". L'ex presidente della Camera ha ribadito che nel Ddl Gelmini, in fase di discussione in Parlamento, "ci sono alcune cose positive", ma ha ribadito che "è necessario che il Governo faccia un investimento politico vero mettendoci le risorse".

 

 

(18 ottobre 2010)

 

 

 

2010-10-09

IL CASO

Cnsu bloccato per mesi

e La Gelmini lo insedia in ritardo

l nuovo Consiglio degli Studenti verrà convocato per il prossimo 26 ottobre, a oltre cinque mesi dalla sua elezione, e non potrà confrontarsi sulla riforma dell'università. Forse perché rischia di avere un presidente non gradito al ministro? di MANUEL MASSIMO

Cnsu bloccato per mesi e La Gelmini lo insedia in ritardo

Interpellanze parlamentari, lettere aperte, richieste d'incontro e dichiarazioni a mezzo stampa: dopo una lunga serie di sollecitazioni provenienti da più parti, il ministro Mariastella Gelmini si è finalmente decisa a convocare per il 26 ottobre prossimo la prima seduta del nuovo Cnsu (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari) eletto lo scorso maggio. L'organo consultivo di rappresentanza studentesca degli atenei, per poter cominciare i lavori, ha bisogno di essere "insediato" e, in base al regolamento del Miur, questo compito spetta appunto al ministro in carica. L'iter pianificato dal Ministero, però, non ha certo brillato per celerità: il decreto ufficiale di nomina dei consiglieri eletti è arrivato soltanto il 25 giugno (43 giorni dopo la chiusura delle urne), il 5 luglio (dopo altri 10 giorni) è partita la richiesta formale degli indirizzi e dei recapiti telefonici degli eletti da fornire "con la massima cortese sollecitudine"; poi sono arrivate le vacanze estive e la prima convocazione del Consiglio è slittata ancora. Una nota del Miur del 7 ottobre informa che il ministro Gelmini insedierà il Cnsu il giorno 26 ottobre: 122 giorni dopo il decreto di nomina, 165 dalla chiusura delle urne. Della serie: meglio tardi che mai.

Il nodo del presidente. Ma perché il ministro Gelmini, che all'indomani del voto si era detta soddisfatta per l'affermazione delle liste di centrodestra, ha procrastinato questa fatidica data così a lungo? Il busillis sta nell'elezione del presidente: a quanto risulta la componente del Pdl e quella centrista di Cl non hanno trovato l'accordo su un candidato comune, questo "rischia" di spianare la strada - in seconda votazione - all'elezione di un presidente espressione delle liste di centrosinistra capeggiate dall'Udu (che con 10 consiglieri eletti su 30 hanno la maggioranza relativa in Consiglio) in aperto contrasto con la linea dettata dal Ministero. Un presidente "ostile", dunque, potrebbe essere un ulteriore bastone tra le ruote per i progetti del ministro Gelmini, già messi a dura prova dalla crescente ondata di protesta di tutte le componenti del mondo della scuola e dell'università.

Lo smacco di settembre. Di "operazione di delegittimazione del Cnsu" da parte del ministro parlava apertamente la dottoranda neoeletta Valentina Maisto dell'Adi (Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani) a cui proprio non andava giù il fatto che il 28 settembre - durante l'audizione presso la VII Commissione Cultura della Camera per discutere della Riforma - fosse stato convocato il Consiglio nella composizione antecedente alle ultime elezioni (dunque decaduto dal 25 giugno, ndr): "Dottorandi, specializzandi e studenti hanno espresso la propria volontà elettorale oltre quattro mesi fa, eppure su una questione di fondamentale importanza, quale è quella di una riforma organica della governance e del reclutamento universitario, si è espresso il Cnsu nella vecchia composizione".

Giovani Pd: "Autoconvochiamoci". Il malcontento verso l'atteggiamento di chiusura del ministro nei confronti del nuovo Cnsu "non allineato", a partire da settembre è montato giorno dopo giorno. Tanto che i Giovani Democratici e la Rete Universitaria Nazionale avevano deciso di mettere in atto una plateale forma di protesta in concomitanza con la discussione del ddl Gelmini alla Camera: "Studenti e ricercatori non sono forze conservatrici: siamo noi a chiedere una riforma; ma che sia vera e con risorse vere, non una sommatoria di tagli. Anche per questo il 14 ottobre saremo in Piazza Montecitorio, autoconvocando il Cnsu: invitiamo gli eletti di tutte le liste a partecipare". Anche perché il 26 ottobre, con la riforma già "blindata" e pronta per essere approvata, potrebbe essere ormai troppo tardi: il provvedimento passerebbe, dunque, senza tener minimamente conto delle proposte di modifica da parte degli studenti.

Perplessità anche a destra. Una timida voce di dissenso, negli scorsi giorni, si è levata anche dal centrodestra studentesco, con il consigliere neoeletto Emanuele Maniscalco (Studenti per le Libertà - Pdl) che i primi di ottobre dichiarava: "Insediare il Cnsu potrebbe essere una grande opportunità di confronto che sta sfumando con il passare del tempo; il Cnsu potrebbe portare all'attenzione del ministro proposte nuove che vedano gli studenti come destinatari di una riforma necessaria ma molto contestata". Nel frattempo gli studenti neoeletti continueranno a "fare anticamera", almeno fino al 26 ottobre: e le loro istanze resteranno fuori dalla porta.

(08 ottobre 2010)

 

 

 

Riforma Gelmini, la protesta invade le piazze

Insieme studenti, precari, ricercatori

Secondo gli organizzatori almeno 300mila hanno partecipato alle manifestazioni in oltre ottanta città contro i tagli all'istruzione. Pochi momenti di tensione. Il ministro: "Scuole indottrinate dalla sinistra, vecchi slogan". Di Pietro: "Vergognoso liquidare così la protesta". Zingaretti: "Dai giovani una lezione all'egoismo"

Riforma Gelmini, la protesta invade le piazze Insieme studenti, precari, ricercatori

ROMA - Gli studenti si riappropriano delle piazze in tutta Italia, dalle grandi metropoli alle cittadine di provincia, per dire che l'opposizione alla riforma della scuola voluta dal ministro Mariastella Gelmini continua. E nelle manifestazioni che caratterizzano questo 8 ottobre non mancano elementi di novità. Si registra, ad esempio, una sempre più organica saldatura con il movimento universitario, compresi docenti e ricercatori, con il mondo del lavoro, soprattutto l'universo del precariato, le associazioni dei genitori dei disabili, a creare "un fronte comune con tutti coloro che sono colpiti dalle politiche disastrose di questo governo", come afferma Link-Coordinamento universitario. E tra i simboli della protesta si fa largo anche una sagoma di Mariastella Gelmini in tuta mimetica per dire "no" all'inserimento di programmi paramilitari nelle scuole.

Quanto ai numeri, le manifestazioni di oggi, promosse dall'Unione degli studenti, dalla Rete degli studenti e dal coordinamento universitario Link, rappresentano una oggettiva prova di forza della protesta, con epicentro a Roma, dove in 35mila hanno accerchiato il ministero dell'Istruzione paralizzando il traffico in viale Trastevere e nel centro della Capitale. Prova di forza che il ministro Gelmini liquida emanando una nota nelle prime ore della manifestazione. Per dire che chi è sceso oggi in piazza ha riproposto solo "vecchi slogan", "vuole mantenere lo status quo", è "aprioristicamente contro qualsiasi tipo di cambiamento" e, in definitiva, "crede di usare la scuola come luogo di indottrinamento politico della sinistra".

La partecipazione. Per gli organizzatori, sono stati 300mila gli studenti che hanno animato le manifestazioni in oltre ottanta città. A Roma, il raduno è in piazzale Ostiense, dove si ritrovano in 35mila per dirigersi verso il ministero dell'Istruzione in viale Trastevere. E mentre nella Capitale il traffico va in tilt, a Napoli in 5mila paralizzano via Santa Lucia davanti alla Regione. Nel balletto delle cifre tra organizzatori e questure, le stesse scene si ripresentano a Milano (15mila manifestanti) Torino (10mila), Palermo (5mila), Firenze, Bologna, Lecce, Catania (4mila), Genova, Messina, Trieste (2mila), in migliaia a Cagliari, Oristano, Bergamo, Viterbo, Siena, Aosta. Da Nord a Sud, l'appello alla protesta è raccolto e trasformato in un "grido" per il "bene comune". Messaggio, quest'ultimo, particolarmente apprezzato dal presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, che parla di "lezione" impartita all'Italia dagli studenti contro ogni egoismo.

Pochi incidenti. Il rischio che le manifestazioni, soprattutto nelle grandi città, potessero degenerare era concreto. E' stata una protesta molto dura ma tranquilla, con momenti di tensione a Milano, Torino, Firenze e Verona. A Milano circa 300 studenti si sono staccati dal corteo diretto al Provveditorato per raggiungere la Statale, dove tenere un'assemblea spontanea. Caricati, hanno spruzzato sugli agenti spray urticante: un funzionario, colpito agli occhi, è portato in ospedale. Secondo la questura milanese, tra gli studenti si sarebbero mescolati esponenti dei centri sociali con l'obiettivo di alzare i toni. Anche a Torino lancio di fumogeni e bottiglie contro la polizia, senza gravi conseguenze.

Gelmini: soliti vecchi slogan. "Bisogna avere il coraggio di cambiare. E' indispensabile proseguire sulla strada delle riforme: dobbiamo puntare a una scuola di qualità, più legata al mondo del lavoro e più internazionale". Così, in una nota, il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. "Per ottenere questi obiettivi stiamo rivedendo completamente i meccanismi di inefficienza che hanno indebolito la scuola italiana in passato - continua la nota - un lavoro e un percorso difficile, ma indispensabile. E' necessario lo sforzo di tutti coloro che hanno a cuore la scuola. La protesta di oggi però mi pare riproporre vecchi slogan di chi vuole mantenere lo status quo, di chi è aprioristicamente contro qualsiasi tipo di cambiamento e crede di usare la scuola come luogo di indottrinamento politico della sinistra".

Cicchitto: chi protesta è contro scuola. Spalleggia il ministro Gelmini il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto. Per dire che "le manifestazioni di oggi, fatte di studenti che hanno sfilato con slogan datati per le vie di diverse città d'Italia, sono contro e non per la scuola, sono contro la riforma e per il mantenimento delle cose cosi come stanno"

Pd: vecchio slogan è scuola in mano a sinistra. "Se qui c'è qualcuno che abusa di vecchi slogan è proprio il ministro Gelmini, quando parla di scuola come 'luogo di indottrinamento politico della sinistra'" replica in una nota Francesca Puglisi, responsabile scuola della segreteria del Pd."Altro che qualità della scuola - prosegue la nota - gli studenti, dopo gli interventi del governo, sono costretti a stare in aule sovraffollate oltre il limite della decenza e della sicurezza e pagano in prima persona e tutti i giorni i tagli operati dal governo".

Di Pietro: vergnoso liquidare la protesta. E' vergognoso che la protesta di migliaia di studenti, scesi in piazza questa mattina per protestare, venga liquidata dalla fautrice di questa mattanza con una semplice battuta. Il ministro Gelmini sa benissimo che i tagli alla scuola pubblica sono un colpo d'accetta sul futuro di questo Paese" scrive sul suo blog il presidente dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.

Il calendario della protesta

Quella di oggi è solo la prima di una serie di manifestazioni di protesta contro la riforma Gelmini. Il 13 ottobre si fermerà il personale non docente con contratti co. co. co. aderente a Felsa-Cisl, Nidil-Cgil e Uil Cpo. Il 15 ottobre toccherà ai docenti e Ata vicini ai Cobas. Il 16 le associazioni studentesche si uniranno alla protesta di Fiom-Cgil. Il 30 ottobre torneranno in piazza i precari: a Napoli è in programma una manifestazione del Cps. Il 3 novembre protesteranno gli iscritti all'Anief, gli educatori in formazione che nel giorno dell'ennesimo sciopero generale si ritroveranno a Roma davanti al ministero.

(08 ottobre 2010)

 

Il lungo elenco degli atenei a rischio

così i ricercatori bloccano le lezioni

Da anni garantiscono la didattica anche se non è un loro compito. E ora, per protesta contro la Gelmini che li ha tagliati, mettono on line la lista delle università dove non andranno oltre le loro mansioni. Mentre è corsa contro il tempo per approvare la riforma di SALVO INTRAVAIA

Avvio delle lezioni nel caos all'università. La protesta dei ricercatori contro la riforma Gelmini rischia di bloccare buona parte dell'offerta formativa per l'anno accademico 2010/2011. I ricercatori, che da anni si occupano anche della didattica impartendo anche più di un insegnamento, sono determinati e intendono incrociare le braccia. Il loro contratto non prevede infatti l'obbligo di insegnare e il loro rifiuto getterà nel panico presidi e rettori. Intanto, la politica sta cercando di chiudere al più presto la partita della riforma, magari con qualche aggiustamento che scongiuri il blocco delle attività didattiche da parte dei ricercatori.

Il Cnru (il Coordinamento nazionale dei ricercatori universitari) pochi giorni fa ha messo in linea una lettera aperta indirizzata a studenti e genitori, che spiega loro a cosa andranno incontro quest'anno. "I ricercatori universitari italiani stanno protestando contro il disegno di legge sull'università e la manovra finanziaria dell'onorevole Tremonti. Questa forma di protesta - avvertono - comporterà disagi anche per voi". L'elenco di università e facoltà in cui i ricercatori hanno deciso di ritirare la loro disponibilità all'insegnamento è lunghissima.

Da Torino a Palermo, nei mesi scorsi si sono svolte assemblee e manifestazioni che si sono concluse quasi sempre allo stesso modo: un documento in cui viene ritirata la disponibilità ad impartire lezioni da parte dei ricercatori. Al Politecnico di Bari sono 74 coloro che hanno dichiarato la loro "indisponibilità a coprire incarichi di insegnamento e di garanzia" per il prossimo anno accademico. Stesso discorso per i ricercatori di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, della facoltà di Psicologia e della facoltà di Lingue e letterature straniere dell'università di Torino.

"A Palermo - scrivono i ricercatori di Medicina - molto probabilmente non potranno essere attivati gran parte dei corsi di laurea triennali a partire dal prossimo anno accademico". Stesso discorso per la facoltà di Lettere e Filosofia e Ingegneria gestionale: complessivamente nell'ateneo siciliano il 56% dei ricercatori. A Roma iniziative analoghe riguardano Tor Vergata e La Sapienza. Ma anche Siena, L'Aquila, Brescia, Camerino, Catania, Genova, Reggio Emilia, Napoli, Parma, Pavia, Trieste, Udine e Verona, solo per citare alcuni atenei. Ovviamente, la situazione è fluida: non tutti i ricercatori aderiranno alla protesta le braccia. Ma non è difficile immaginare che la presa di posizione dei ricercatori rischia di fare saltare tutto. Negli atenei italiani sono oltre 25 mila: 4 "docenti" su 10. E quasi tutti sono titolari di almeno un insegnamento.

Ma non basta: i 34 mila prof ordinari e associati sono coadiuvati da 20 mila docenti a contratto. Se, quindi, i 25 mila ricercatori dovessero decidere in blocco di astenersi dalle lezioni, l'intera macchina didattica si incepperebbe. "I ricercatori - scrivono quelli del Cnru - stanno protestando nell'unica maniera civile e legale a loro concessa, quindi, non insegneranno più". Ed elencano anche le conseguenze di questa decisione. "La riduzione dell'offerta formativa degli atenei: molti studenti andando nelle segreterie non troveranno più, probabilmente, i corsi che avrebbero voluto frequentare e dovranno cercarseli in altre università, ammesso che - spiegano - in altre università, senza i ricercatori, tali corsi possano essere attivati. Questa è la realtà".

Una prospettiva da incubo per le decine di migliaia di studenti che si accingono a varcare la soglia degli atenei italiani. Ma non solo. Secondo i ricercatori, "le tasse di iscrizione aumenteranno, i servizi per gli studenti si ridurranno, l'offerta formativa calerà drasticamente in quantità e qualità". E si tratta di esempi. A chi si rivolgeranno gli studenti per i dubbi sulla lezione? I ricercatori sono in generale più disponibili dei prof. Alla base della protesta i tagli imposti dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, al sistema universitario pubblico, ma anche per la riforma Gelmini che, per dirla con parole loro, "rottama" i ricercatori attuali. Che fine faranno, si chiedono, nell'università riformata?

Intanto, l'approvazione della riforma va per le lunghe. Pochi giorni fa, su richiesta del capogruppo alla camera del Pd, Dario Franceschini, la discussione del disegno di legge approvato al Senato è stata calendarizzata per il 14 ottobre prossimo. Ma, fa notare il presidente della Crui (la Conferenza dei rettori italiani) Enrico Decleva, a metà ottobre incombe la sessione di bilancio e tutto potrebbe slittare al 2011. E se a marzo si andasse alle elezioni anticipate, la riforma naufragherebbe. Ma potrebbe essere Gianfranco Fini a togliere le castagne dal fuoco al governo. Fini ha proposto di fare votare la camera anche venerdì 15 e sabato 16 ottobre, per approvare in tutta fretta la riforma già passata al Senato. In questo caso, però, non potrebbero introdursi le modifiche che i ricercatori sperano di ottenere.

(06 ottobre 2010)

 

 

 

 

Puglia, pubblicità in classe

per comprare banchi e sedie

La provincia di Barletta, Andria e Trani mette a disposizione di sponsor privati le suppellettili delle sue scuole: 69 euro per apporre il proprio marchio sugli arredi

Puglia, pubblicità in classe per comprare banchi e sedie

BARLETTA - Pubblicità a scuola per diminuire l'impegno finanziario a carico dell'ente. Lo ha deciso la neocostituita Provincia di Barletta, Andria e Trani che al costo di 69,80 euro (Iva esclusa) ha messo a disposizione di sponsor privati le suppellettili delle sue scuole. In cambio del denaro le aziende potranno pubblicizzare la propria attività su una placca sistemata sugli arredi. Il bando è stato pubblicato sul sito della Provincia e scade il prossimo 30 novembre.

"E' una idea che abbiamo valutato dal punto di vista tecnico-giuridico e l'abbiamo ritenuta fattibile. Esistevano tutte le condizioni perché questo potesse avvenire". Lo afferma l'assessore provinciale Bat all'Istruzione, Pompeo Camero, che ha avuto l'idea di cercare gli sponsor per le 53 scuole secondarie della provincia. Camero è rappresentante della lista di centrodestra La Puglia prima di tutti.

"Ci è sembrato opportuno in una fase in cui stavamo valutando un po' tutte le richieste che ci erano arrivate da parte dei dirigenti scolastici i quali, nel frattempo, avevano i nuovi dati relativi alle iscrizioni delle prime classi. Sono state queste a mandarci un po' fuori programmazione. Così, ci siamo dovuti inventare qualcosa e attraverso il pubblico incanto siamo arrivati a definire il costo di banchi e sedie".

Riguardo alla fattibilità dell'iniziativa, Camero precisa che "è una idea compatibile con la pubblica amministrazione in una visione moderna della stessa. Sicuramente non ci saranno controindicazioni". "Piuttosto - insiste - non deve passare in secondo piano l'attenzione che noi tutti dobbiamo alla scuola. Dovremmo rimetterla al centro degli interessi della nostra società. La scuola non è un incidente di percorso per le famiglie e deve poterle coinvolgere in modo diretto. E quale occasione migliore di potersi sponsorizzare un banco? Ma in questa fase ci rivolgiamo alle aziende".

"Sono un padre anche io e spero di lasciare il segno alle nuove generazioni. Rispetto a loro - conclude - mi ritengo fortunato perché mi sono collocato bene e ho avuto una scuola accettabile. Qui c'è il rischio serissimo che il piano dell'offerta formativa possa degradare proprio perché i soldi sono sempre di meno in tutta la filiera della pubblica amministrazione, quindi nella pubblica istruzione".

(05 ottobre 2010)

 

 

2010-10-04

I IL CENSIMENTO

Giovani, laureati, in fuga per scelta

Ecco chi sono gli italiani all'estero

Oltre sedicimila risposte al nostro questionario. Due terzi sono maschi, hanno titoli di studio elevati. Solo il 10% ha più di 45 anni e oltre la metà non è iscritta all'Aire. Se ne sono andati soprattutto per motivi professionalie perché questo Paese non piace più a chi ci vive

di CLAUDIA CUCCHIARATO

Giovani, laureati, in fuga per scelta Ecco chi sono gli italiani all'estero

Più di 17mila storie raccolte in quattro giorni non solo sono un ottimo risultato. Sono soprattutto un segnale: la conferma, l'ennesima per chi si occupa di questo argomento, del fatto che gli Italiani Residenti all'Estero sono una comunità enorme, attiva, impegnata, informata e bisognosa di sentirsi compresa o almeno ascoltata dal proprio Paese. Lo dicono in tanti: "grazie per aver lanciato quest'iniziativa". Lo diciamo anche noi: "grazie per averla accolta con tanto entusiasmo". Ci aspettavamo molto e le aspettative sono state addirittura superate. Nei prossimi giorni faremo un'analisi qualitativa delle storie, un riassunto delle motivazioni e delle esperienze di ognuna delle persone che si è voluta raccontare in questo spazio. Oggi proponiamo un'analisi quantitativa e statistica sui numeri, le percentuali. E quest'analisi non ha la velleità di essere scientificamente valida: non possiamo pretendere di parlare a nome di tutti gli italiani che risiedono all'estero in questo momento. Eppure, l'enorme quantità di dati raccolti in un periodo di tempo così ridotto ci dà la possibilità di fare alcune considerazioni e di parlare in nome di una percentuale comunque altissima di "espatriati".

VAI AL QUESTIONARIO 1

LEGGI LE STORIE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO 2

La prima considerazione ha a che fare con la motivazione che ci ha spinto a censire gli italiani all'estero: l'efficacia dell'unico strumento in mano a studiosi di fenomeni migratori e istituzioni, per fornire dati esaustivi sul fenomeno. L'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (Aire) è uno strumento fondamentale, l'unico del quale disponiamo per capire quanti siamo là fuori. Ebbene, più della metà delle persone che si sono raccontate nel nostro censimento ha ammesso di non essersi mai iscritta: il 54,13% del totale. Un dato inquietante, che purtroppo conferma l'iniziale preoccupazione sulle concrete possibilità di fornire in futuro possibilità di comunicazione e rappresentanza a chi vive fuori dal nostro Paese. Queste persone, solo per fare un esempio, non possono votare dall'estero per i propri rappresentanti in Parlamento. Più della metà degli italiani che non vivono più in Italia non hanno un contatto diretto con le nostre istituzioni, non sono nemmeno censiti. Le motivazioni possono essere diverse: disinteresse da parte di chi se ne va, ma anche un'inefficace informazione istituzionale.

La seconda considerazione ha a che fare con il profilo della popolazione di cui ci stiamo occupando. Due terzi delle persone che si sono raccontate su repubblica. it sono maschi, solo un terzo le donne. La maggior parte sono giovani: il 52% circa ha un'età compresa tra i 25 e i 34 anni. Il 30% ha tra i 35 e i 44 anni. Il 10% ha più di 45 anni e solo il 5% ha meno di 24 anni. Ci troviamo quindi di fronte a un fenomeno migratorio che, come ci si aspettava, riguarda soprattutto i giovani, maschi e altamente istruiti. Il 53%, infatti, ha una laurea in tasca, il 21% addirittura un dottorato. Solo il 3% del totale ha una licenza media o una laurea breve.

Più del 70% di queste persone vivono fuori dai confini nazionali da più di tre anni e si concentrano per la maggior parte in Europa. Da questo dato possiamo trarre una terza e importante considerazione sui Paesi al giorno d'oggi prediletti dai nostri migranti: la Gran Bretagna (16% del totale), la Francia e la Spagna (entrambe con un 10% circa dei censiti). Seguono le mete dell'emigrazione italica di sempre: gli Stati Uniti e la Germania con un 9% circa rispettivo. È interessante notare come questi dati siano in sostanziale contraddizione con quelli forniti dall'Aire, che registrano la maggior parte dei nostri "espatriati" proprio in Germania (circa 650.000 iscritti), in Argentina (614.000 iscritti, Paese che nella nostra statistica si colloca in un lontano ventisettesimo posto, con lo 0,34% dei censiti) e in Svizzera (534.000 iscritti all'Aire, ma con una percentuale di presenza nel nostro censimento piuttosto bassa, pari al 5%).

Nell'attesa di ricevere più adesioni e di fornire uno spaccato delle esperienze di vita più dettagliato dal punto di vista umano, è il caso di soffermarsi sulle motivazioni che spingono i giovani italiani a lasciare questo Paese. Non sorprende constatare che il 40% dice di farlo per motivi professionali. Ciò che sorprende è vedere che il 39%, quasi la stessa percentuale, espatria per "scelta". Si abbandona l'Italia non più unicamente per inseguire un'opportunità di lavoro assente in patria. I nuovi migranti non hanno la "valigia di cartone", ma scelgono di prendere un volo, magari lowcost e di sola andata, perché questo Paese sta loro stretto, non piace. È un dato interessante, che differenzia gli italiani dai migranti di altri Paesi in crisi, come ad esempio la Spagna. Recentemente il quotidiano El País ha lanciato un'iniziativa in parte simile a quella proposta da repubblica. it, in cui si raccontano le storie di migliaia di giovani costretti a lasciare la penisola iberica per cercare un lavoro che il loro Paese non offe più. In Italia, a quanto raccontano i nostri intervistati, non è solo la crisi a spingere all'espatrio. Le motivazioni affondano in un sistema "malato" che spinge alla fuga e scoraggia anche chi avrebbe voglia o intenzione di tornare.

(03 ottobre 2010)

 

 

 

UNIVERSITA'

Riforma, discussione rinviata alla Camera

I rettori: "Siamo alla rottamazione?"

Su richiesta del Pd il provvedimento è calendarizzato per il 14 ottobre. Decleva prevede gravi conseguenze e teme "un vuoto legislativo che potrebbe durare anni"

di SALVO INTRAVAIA

Riforma, discussione rinviata alla Camera I rettori: "Siamo alla rottamazione?"

Mentre il Pd esulta, i rettori temono la rottamazione della riforma dell'università. Ieri mattina, accogliendo la richiesta del presidente dei deputati del Pd Dario Franceschini, la discussione a Montecitorio del disegno di legge sulla riforma Gelmini del sistema universitario italiano è stata fissata per metà ottobre. Franceschini aveva protestato contro i tempi eccessivamente ristretti (discussione alla Camera per il 4 ottobre) previsti dal governo per una riforma strutturale, come quella dell'università.

Per Marco Meloni, responsabile Pd Università e ricerca, "è fallito il blitz della Gelmini che vuole attuare una riforma di cartapesta". "I goffi tentativi del ministro Gelmini di approvare la riforma dell'università con un blitz sono falliti. Ora - prosegue - si ascolti la voce dei molti che, a partire dal presidente della Repubblica e dalla parte più responsabile e coraggiosa del mondo universitario, in questi mesi hanno chiesto di riportare l'istruzione e la ricerca in cima alle priorità del Paese". Ma i rettori temono che l'università, alle prese con la protesta dei ricercatori, si areni.

L'allarme è stato lanciato dal presidente della Crui (la Conferenza dei rettori delle università italiane), Enrico Decleva. "La calendarizzazione in Aula - dichiara Decleva - del disegno di legge di riforma dell'università per il 14 ottobre, alla vigilia cioè dell'inizio della Sessione di Bilancio, se confermata, equivale molto probabilmente, nella situazione politica che stiamo attraversando, alla rottamazione del provvedimento". La riforma Gelmini dell'università è stata approvata dal Senato lo scorso 29 luglio ed è stata definita dallo stesso ministro "epocale". "Un evento - ha avuto modo di dire il ministro - che rivoluziona i nostri atenei e che permette all'Italia di tornare a sperare. L'università sarà più meritocratica, trasparente, competitiva e internazionale. Il disegno di legge segna la fine delle vecchie logiche corporative: sarà premiato solo chi se lo merita".

Ma con la Finanziaria che incombe e lo spettro di elezioni anticipate il provvedimento potrebbe arenarsi. E' quello che temono i rettori anche per le ripercussioni che potrebbero esserci sulla didattica. I ricercatori, che temono di essere anch'essi rottamati dalla riforma Gelmini, minacciano di incrociare le braccia e di non fare partire le lezioni in quasi tutti gli atenei statali.

Lo stand by della riforma per Decleva sarebbe una iattura. "Forse - argomenta - non ci si rende conto degli effetti che ne verrebbero anche rispetto alla protesta dei ricercatori in quel che essa ha di legittimo e di giustificato, ma che può trovare soddisfazione all'interno della legge in discussione, modificata nei termini condivisi ampiamente emersi, non certo nel suo tracollo. Il conseguente vuoto legislativo potrebbe per contro prolungarsi di nuovo per anni, bloccando, tra l'altro, le procedure sul reclutamento che interessano tanti giovani studiosi meritevoli". Per uscire dal pantano che rischia di rendere ingovernabili gli atenei italiani, secondo il presidente della Crui "è indispensabile un atto di responsabilità, è indispensabile che si ritorni sul calendario dei lavori in aula, garantendo lo spazio per la discussione in tempo utile del provvedimento".

Paola Bergamini, ricercatrice all'università di Ferrara, spiega ai propri studenti i motivi della protesta:

"All'Università ci sono due figure che devono insegnare: i professori associati e i professori ordinari". I ricercatori, assunti e pagati per fare ricerca, non hanno l'obbligo di insegnare, ma soprattutto con la riforma del 3 più 2, negli ultimi anni si sono ritrovati ad insegnare una buona parte delle materie, anche fondamentali. "Inizialmente, questo surplus di lavoro veniva pagato con piccole somme di denaro, poi i fondi delle università sono diminuiti e i ricercatori hanno continuato a costo zero - continua la Bergamini - In questo modo, l'attività di ricerca è rallentata a favore della didattica. Ma per vincere il concorso per professore associato occorrono le pubblicazioni scientifiche". "Poi arriva la Gelmini e dice basta ai ricercatori con posto fisso, non se ne assumono più, e niente prospettive per quelli attualmente in servizio: li teniamo lì senza sapere bene cosa sono e aspettiamo che vadano in pensione", conclude la Bergamini.

Soddisfatti del rinvio sono invece gli studenti, secondo i quali il progetto di legge "non solo va rinviato, ma va stravolto, cambiato, cancellato e riscritto". "Questo rallentamento - spiega Giorgio Paterna, dell'Unione degli universitari - ci consegna un'ulteriore possibilità per far ascoltare al Parlamento la voce degli studenti, dei ricercatori e di tutti coloro che hanno a cuore il sistema di istruzione pubblica, affinché il ddl venga cancellato definitivamente dall'agenda della Camera".

(01 ottobre 2010)

 

TAGLIO DELLE ORE

Respinto il ricorso del ministero

E' caos in tecnici e professionali

Il Consiglio di Stato conferma il provvedimento del Tar del Lazio e chiede di "rideterminare l'orario complessivo annuale". A lezioni iniziate, con gli organici già definiti, la riorganizzazione per gli istituti diventa un vero rompicapo di SALVO INTRAVAIA

Respinto il ricorso del ministero E' caos in tecnici e professionali Mariastella Gelmini, ministro dell'Istruzione

Istituti tecnici e professionali nel caos. Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello presentato dal ministero dell'Istruzione contro il provvedimento del Tar Lazio che lo scorso mese di luglio sospendeva i provvedimenti della riforma Gelmini che riducevano le ore di lezione nelle seconde, terze e quarte classi dei tecnici e nelle seconde e terze degli istituti professionali. Ne dà notizia lo Snals, che ha promosso il ricorso al Tar. E a questo punto, visto che il massimo organismo della giustizia amministrativa intima al ministero di tornare sui propri passi, nessuno può prevedere cosa accadrà.

Le lezioni sono iniziate da diverse settimane e i 750 mila studenti delle classi interessate hanno già iniziato con un orario settimanale light, le scuole si sono organizzate di conseguenza e, soprattutto, gli organici sono già stati definiti dai provveditorati. "Rideterminarsi sulla definizione dell'orario complessivo annuale delle lezioni delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici e delle seconde e terze classi degli istituti professionali", come chiede in burocratese il Consiglio di Stato, diventa un vero e proprio rompicapo. Perché la sforbiciata è già avvenuta.

Lo scorso mese di luglio il Tar accoglieva il ricorso dello Snals perché sulla riduzione degli orari nelle classi intermedie dei tecnici e dei professionali a partita in corso non era stato acquisito il parere, non vincolante ma obbligatorio, del Consiglio nazionale della Pubblica istruzione (Cnpi). Il taglio dell'orario settimanale anche per coloro che avevano iniziato col "vecchio ordinamento", previsto dalla riforma, è sembrato subito un eccesso agli addetti ai lavori. Lo scorso 26 agosto infatti il Cnpi stila il suo parere e considera la mossa del ministro "illegittima" perché priva gli studenti di un diritto: quello di completare senza modifiche di sorta il corso di studi prescelto.

In pratica, per fare quadrare i conti, a partire da quest'anno gli studenti delle seconde, terze e quarte classi dei tecnici studieranno 32 ore settimanali e i compagni delle seconde e terze degli istituti professionali scenderanno a 34, per proseguire dal prossimo anno con 32 ore settimanali. A saltare sono state soprattutto ore di Matematica, Informatica e delle materie tecniche dei vari indirizzi. Ma era l'unico modo per il ministero dell'Istruzione di rispettare il taglio di tutte le 87 mila cattedre preventivate nel 2008 dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Per la decisione dei giudici di Palazzo Spada, il segretario dello Snals-Confsal, Marco Paolo Nigi, esprime "soddisfazione".

(30 settembre 2010)

2010-10-03

Lo stesso test non è uguale per tutti

Atenei, i risultati delle prove d'ingresso

Le stesse ottanta domande in tutta Italia, ma è nel segno della disparità il loro risultato. A medicina, per entrare a Padova servivano minimo il 60% delle risposte esatte, a Campobasso il 48%. Per non parlare della percentuale di iscritti che sono riusciti a passare di MANUEL MASSIMO

Lo stesso test non è uguale per tutti Atenei, i risultati delle prove d'ingresso

Un'unica batteria di ottanta domande uguali per tutta Italia somministrate contemporanemente negli atenei statali, stesso tempo a disposizione per rispondere, identici criteri di valutazione (risposta giusta 1 punto, sbagliata -0,25, non data 0), correzione automatizzata e in forma anonima degli elaborati. Dietro all'apparente "oggettività" dei test d'ingresso universitari per accedere alle facoltà a numero chiuso si cela una realtà ben diversa, all'insegna della più assoluta disparità di trattamento: l'assenza di una graduatoria nazionale degli ammessi genera evidenti storture, come dimostrano i numeri. Per riuscire a superare lo scoglio dei test giocano un ruolo fondamentale due parametri - in continuo divenire e diversi da un ateneo all'altro - che il meccanismo messo in atto dal Miur non prende in considerazione: l'affollamento e la "quota salvezza".

La pubblicazione dei risultati delle prove di Medicina e Chirurgia, facoltà-simbolo del numero chiuso e da sempre in cima ai desideri delle matricole, evidenzia - se mai ce ne fosse ancora bisogno - le molteplici pecche di un sistema di selezione in cui a passare non sono i più preparati. O meglio: non solo. Degli aspiranti 57.163 iscritti ai test ce l'hanno fatta in 8.179, pari al 14,3%: in pratica 1 su 7. Questo il risultato nazionale, ma le realtà locali sono ben diverse e in alcuni casi si discostano significativamente da questa media.

Posti fissi, candidati ad libitum. La prima, palese disparità riscontrata riguarda la distribuzione degli iscritti: i posti a disposizione in ciascun ateneo erano decisi a priori, indipendentemente dagli aspiranti iscritti alla prova di selezione. Per questo chi ha sostenuto il test d'ingresso a Foggia (904 candidati per 75 posti) aveva soltanto l'8,2% di possibilità di entrare, mentre chi ha scelto la Seconda Università di Napoli (330 posti a disposizione a fronte di 1500 aspiranti) aveva ben il 22% di probabilità di farcela, una percentuale doppia rispetto a quella degli altri atenei campani: infatti alla Federico II di Napoli (338 posti per 3.193 candidati) è passato soltanto il 10,6%, a Salerno l'11,2% (150 su 1.340). Poche chance anche a Chieti (9,7%), accessi significativamente sopra la media invece all'Insubria di Varese (18,6%), a Genova (18,5%) e a Palermo (17,6%).

"Quota salvezza", a ciascuno la sua. Qual è stato il punteggio minimo per entrare? In media, sommando l'ultima posizione utile nella graduatoria interna di ciascun ateneo, il risultato di quelli che ce l'hanno fatta per il rotto della cuffia è stato di 43,94. Però, in mancanza di un'unica graduatoria nazionale, questo numero non è rappresentativo di nulla: la "quota salvezza" da raggiungere varia da un'università all'altra, con notevoli differenze e significativi discostamenti dalla media. In tre atenei del Centro-Sud, complice il meccanismo "localistico" del Miur, sono riusciti a passare candidati con meno della metà di risposte esatte: strada quasi spianata a Campobasso (38,25 punti), Sassari (39,25) e Catanzaro (39,75). Particolarmente ostico, invece, l'ingresso in quattro università del Nord: alla Statale di Milano il punteggio minimo d'accesso è stato di 48,75, a Pavia e a Udine 48,50, a Padova 48,25. Un'evidente disparità di trattamento, in barba alla tanto sbandierata "oggettività": lo strumento dei test d'ingresso, così com'è strutturato, non è equo per la mancanza di una graduatoria unica nazionale e di un punteggio minimo d'accesso uguale per tutti. Dunque non opera realmente una selezione dei migliori.

Nozionismo in corsia. Scorrendo l'elenco delle domande sottoposte quest'anno ai candidati non si può non rilevare che ben 40 quesiti su 80 - pari al 50% - erano di cultura generale e ragionamento logico; per sondare, invece, le conoscenze specifiche in campo medico-scientifico, 18 di biologia, 11 di chimica e 11 di fisica. A fare la parte del leone nell'economia della prova, la tanto temuta e bistrattata grammatica italiana: tra questioni da "dirimere" e pratiche da "evadere", una serie di sinonimi-e-contrari e costruzione di frasi da completare scegliendo la parola esatta tra le cinque proposte. Ma è nella cultura "spicciola" che il test dà il meglio di sé: utilissime a selezionare i futuri camici bianchi le domande di letteratura sul Grande Fratello di Orwell e sulla Coscienza di Zeno di Italo Svevo. Se un candidato non è riuscito ad entrare per colpa di una di queste due domande sappia che si trova in una situazione kafkiana. Per la cronaca: significa "paradossale". Ed era una delle domande del test.

(02 ottobre 2010)

 

 

 

"Nessuno" in Patria, "qualcuno" altrove

Gli italiani se ne vanno. Di nascosto

Il fenomeno dei nostri concittadini emigrati è in continua crescita soprattutto tra i giovani. Ma non è per nulla evidente. Pochi s'iscrivono all'Aire (Anagrafe dei residenti all'Estero). Repubblica.it lancia un censimento per conoscere i numeri veri e le loro storie

di CLAUDIA CUCCHIARATO

"Nessuno" in Patria, "qualcuno" altrove Gli italiani se ne vanno. Di nascosto

Una popolazione nascosta. Un profilo, quello degli italiani residenti all'estero, sfuggente, difficile da definire quantitativamente e qualitativamente. L'Italia è uno dei Paesi europei che più esporta laureati: quattro volte più che la Germania, la Francia o il Regno Unito. Allo stesso tempo, però, è tra quelli che meno importano giovani delle stesse caratteristiche. Secondo le stime dell'OCSE, solo un immigrato su dieci in Italia ha un'educazione terziaria: meno della metà degli immigrati in Spagna, un terzo di quelli che si dirigono verso l'Inghilterra, una percentuale inferiore anche a quella di chi migra in Grecia.

Tra il 2000 e il 2010 oltre 300mila persone tra i 20 e i 40 hanno lasciato il nostro Paese e quasi il 60% di loro ha raggiunto un altro Stato europeo. Sono tutti dati forniti dall'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (AIRE), e ci dicono che la comunità dei migranti italiani in Europa è la terza più popolosa, dopo la rumena e la polacca, con un totale di 1,3 milioni di unità. Nel mondo saremmo circa 4 milioni.

RISPONDI AL NOSTRO QUESTIONARIO 1

Eppure, anche i dati ufficiali rappresentano un'enorme sottostima rispetto alle cifre reali. Esiste una numerosa popolazione di italiani, soprattutto giovani e altamente istruiti, stabilmente domiciliati al di fuori dei confini nazionali che né il Ministero degli Esteri né le organizzazioni internazionali riescono a censire. E infatti, confrontando i dati dell'AIRE con quelli delle città più recentemente prese d'assalto dai migranti italiani, come Berlino, Barcellona, Londra o Parigi, si scopre che il numero degli arrivi degli ultimi decenni non coincide affatto con il numero di espatriati registrato dai consolati italiani a fini statistici ed elettorali.

Nel mio libro, Vivo altrove, 2 pubblicato a maggio (collana "Presente storico" di Bruno Mondadori), metto in luce queste incongruenze. Un fenomeno "nascosto" che si verifica soprattutto in Europa, dove l'apertura delle frontiere, l'introduzione della moneta unica o la proliferazione dei voli lowcost hanno provocato un considerevole e incontrollabile aumento della mobilità internazionale.

Ho cercato di dare una voce all'Italia che vive fuori dall'Italia e che, per convenienza, per distrazione o per scarsa informazione, all'AIRE non si è mai iscritta. Molti dei giovani migranti italiani che ho intervistato mi hanno detto di non sapere nemmeno cosa fosse l'AIRE, né che fosse necessario iscrivervisi per votare in patria. La maggior parte di queste persone, domiciliate da anni e con un contratto di lavoro stabile all'estero, risultano essere ancora residenti in Italia. È per questa ragione che ho pensato di chiamarle "generazione nessuno". Non esistono, sfuggono alle statistiche e all'interesse del Paese d'origine. Erano e sono tuttora "nessuno" per l'Italia, ma proprio essendo "nessuno" all'estero sono riuscite a diventare "qualcuno". Non sono solo "cervelli in fuga", bensí decine di migliaia di persone che ogni anno partono alla ricerca di un'opportunità che qui ritengono irraggiungibile.

Da queste considerazioni e dall'esigenza di dare un numero, un nome o una descrizione a questa "generazione nessuno", nasce l'inziativa che lanciamo oggi in collaborazione con repubblica. it. Dalla necessità di sapere quanti sono e dove stanno gli italiani che hanno da pochi mesi o da anni abbandonato il proprio Paese, nasce la volontà di realizzare un censimento che, per scarso interesse nell'affrontare l'argomento o mancanza di mezzi, finora nessuna delle istituzioni preposte ha voluto portare a termine.

Esistono, e sono molte, le associazioni che si occupano dei nuovi migranti italiani. Sono nate di recente anche alcune iniziative che cercano di riunirli attorno ad un obiettivo. Un esempio è il Manifesto degli Espatriati 3 che i blog di Vivo altrove 4 e La Fuga dei Talenti 5 hanno lanciato, in modo quasi provocatorio, per esprimere uno scontento e aprire un dialogo. Pochi mesi fa è passata alla Camera dei Deputati la proposta di legge nata dal progetto "Controesodo - Talenti in movimento" 6. Un primo, fondamentale passo che vorrebbe non solo incentivare il rientro di lavoratori italiani altamente specializzati, ma anche invogliare i talenti stranieri a trovare un posto nel nostro tessuto industriale.

Per compiere questo passo, però, è necessario prima di tutto sapere di cosa stiamo parlando: numeri, storie, capacità... chi e dove sono gli emigranti italiani di oggi? Se fate parte di questa comunità in costante aumento, o avete intenzione di farlo, introducete i vostri dati. Raccontateci la vostra storia, i motivi che vi hanno spinto all'espatrio, i luoghi in cui avete vissuto, le ragioni per cui avete deciso di rimanere o le motivazioni grazie alle quali fareste possibilmente ritorno in Italia.

Faremo arrivare la vostra voce anche a chi fino ad oggi si è occupato dei Residenti all'Estero solo per capire in che zone del mondo organizzare la campagna elettorale.

(29 settembre 2010

 

 

2010-09-23

INCHIESTA ITALIANA

Ecco parentopoli dei prof

le grandi dinastie degli atenei

Sorprendenti risultati di una ricerca sull'omonimia: in alcune università è 10 volte superiore alla media. Per arginare il fenomeno sono stati bloccati dei concorsi e i ricercatori protestano: a pagare sono i figli di nessuno. Dove ci sono maggiori intrecci la qualità della produzione è inferiore agli standard

di DAVIDE CARLUCCI e GIULIANO FOSCHINI

Ecco parentopoli dei prof le grandi dinastie degli atenei

IL 13 SETTEMBRE a Palermo, un ragazzo, un cervello italiano, è volato dall'ultimo piano della facoltà di Filosofia. Si è suicidato. Aveva 27 anni, si chiamava Norman Zarcone, era un dottorando in Filosofia del linguaggio e, racconta il padre, da qualche tempo era particolarmente deluso, depresso: gli avevano fatto capire, senza mezzi termini, che per lui non c'era spazio nell'università italiana. Qualche mese prima un altro ragazzo, cinque anni più giovane, Gianmarco Daniele, aveva presentato a Bari, capitale del nepotismo accademico italiano, una tesi di laurea: "L'università pubblica italiana: qualità e omonimia tra i docenti", una ricerca nata per raccontare come le università italiane siano in mano a un gruppo di famiglie. E per documentare come esista un nesso scientifico tra nepotismo e il basso livello della didattica e della ricerca. Daniele ora è all'estero, con una borsa di studio europea. Ma davvero nell'università italiana non c'è spazio per questi talenti, solo per i parenti? Quali sono le grandi dinastie di casa nostra? E a due anni dalla "svolta anti-baroni" annunciata dal ministro Maria Stella Gelmini - che ora torna a invocarla per giustificare nuovi tagli - i baronati stanno davvero segnando il passo? O sono ancora loro a comandare?

LA TOP TEN

A Bari, nella facoltà di Economia, la stessa dove si è laureato Daniele, è cambiato poco. L'economista Roberto Perotti, italiano formatosi al Mit di Boston, in un saggio del 2008 "L'università truccata" (Einaudi) aveva indicato quello come il caso limite, "tanto incredibile da raccontare in tutto il mondo". A Economia 42 docenti su 176 hanno tra loro legami di parentele, il 25 per cento, record assoluto in Italia. I leader indiscussi a Bari e in Italia nella classifica delle famiglie restano così i Massari. Commercialisti affermati, con un passato nel Partito socialista di Craxi, in cattedra hanno almeno otto esponenti, tutti economisti. Uno di loro doveva essere anche in commissione durante la laurea di Daniele, peccato che quel giorno avesse un impegno. "Abbiamo vinto tutti concorsi regolarissimi", rispondono loro, quando vengono tirati in ballo. I capostipiti della dinastia sono i tre fratelli, Lanfranco, Gilberto e Giansiro, che hanno in mano il dipartimento di Studi aziendali e giusprivatistici e, seppur nell'ombra, l'intera facoltà. Le nuove leve sono invece Antonella (ordinaria a Lecce), Stefania, Fabrizio (tutti e tre figli di Lanfranco), Francesco Saverio e Manuela. A fare concorrenza ai Massari, in facoltà, c'è la famiglia Dell'Atti (6) e quella dell'ex rettore Girone, con cinque parenti in cattedra: ci sono Giovanni e la moglie Giulia Sallustio, ormai in pensione, il figlio Gianluca, la figlia Raffaella e il genero Francesco Campobasso. A Foggia conta ancora molto la dinastia dell'ex rettore, Antonio Muscio, secondo con 7 parenti nella top ten nazionale con la new entry Alessandro, assunto nell'ultimo giorno di rettorato del papà e nella sua stessa facoltà, Agraria. Nell'ateneo lavoravano anche mamma Aurelia Eroli (dirigente amministrativa, ora in pensione), la figlia Rossana, la nipote Eliana Eroli, il genero Ivan Cincione e la sorella Pamela.

A Roma le grandi casate sono due: i Dolci e i Frati. Un figlio di Giovanni Dolci, uomo chiave dell'odontoiatria italiana, è Alessandro, ricercatore a Tor Vergata. La moglie, Alessandra Marino, è ricercatrice alla Sapienza. Dove lavora anche il genero di Dolci, Davide Sarzi Amedè, marito di Chiara, a sua volta odontoiatra al Bambin Gesù. Un altro figlio di Dolci, Federico, lavora a Tor Vergata, mentre Marco è ordinario a Chieti. Accanto a papà Frati invece c'è sua moglie Luciana Angeletti e sua figlia Paola (insegnano a medicina, ma non sono medici) e il figliolo Giacomo.

Sempre molto forti le famiglie a Palermo, come aveva avuto modo di accorgersi Norman Zarcone. Il record è dei Gianguzza, cinque tra Scienze e Medicina. Ma le dinastie palermitane sono cento, sparse in tutte le facoltà, per un totale di 230 docenti "imparentati". Economia è il regno dei Fazio (Vincenzo, Gioacchino, Giorgio), a Giurisprudenza ci sono i Galasso (Alfredo, il figlio Gianfranco, la nuora Giuseppina Palmieri), a Lettere i Carapezza (i fratelli Attilio e Marco, ora associato, il cugino Paolo Emilio, suo figlio Francesco), a Ingegneria (18 famiglie, 38 parenti) i Sorbello o gli Inzerillo, a Matematica i Vetro (Pasquale, la moglie Cristina, il figlio Calogero), Agraria è nelle mani di 11 nuclei familiari. Coincidenze statistiche? Davvero è così nel resto d'Italia e in tutta Europa?

LA RICERCA

Secondo i dati raccolti nella tesi di Daniele, no. Lo studente ha infatti sviluppato un indice medio che misura la percentuale di omonimia in ogni facoltà di ogni ateneo e la percentuale media di omonimia in campioni della popolazione italiana in numero uguale ai docenti presenti nella facoltà osservata. Il risultato è incontrovertibile: in quasi tutti gli atenei l'indice di omonimia è più elevato rispetto alla media nazionale. Dieci volte di più a Catania, poco meno a Messina.

Molto superiori alla media sono anche la Federico II di Napoli, Palermo, Bari, Caserta, Sassari e Cagliari. Le più virtuose sono invece Trento, Padova, il Politecnico di Torino, Verona, Milano Bicocca. Certo: non sempre avere lo stesso cognome significa essere parenti. Ma considerando anche che spesso molti familiari di professori hanno cognomi diversi, il dato è un'attendibile quantificazione statistica, per approssimazione, della diffusione del nepotismo. Anche perché gli atenei segnati con la penna rossa da Daniele sono proprio quelli al centro delle inchieste giornalistiche e della magistratura.

"Il dato italiano - spiega Daniele - è in controtendenza con il resto d'Europa: quasi ovunque il tasso di omonimia nelle università è minore della media nazionale. Gli atenei tendono ad attrarre docenti da fuori, con cognomi diversi da quelli locali". Lo studio confronta poi i dati sulle omonimie con le valutazioni del Censis sulla qualità delle università. E in media gli atenei con più omonimi sono quelli che producono meno e viceversa. Ma davanti a questi numeri, la politica e il mondo accademico come si comportano? Sono nemici o complici delle grandi famiglie che hanno in mano l'università italiana?

LA RESISTENZA

"Ci prendono in giro", ha tuonato il presidente della conferenza dei Rettori, Enrico Decleva, la cui moglie Fernanda Caizzi è stata condannata in appello, e poi prescritta, per aver pilotato un concorso a Siena nel 2001. "Il qualunquismo sulle parentopoli è una giustificazione per uccidere l'università pubblica". La legge Gelmini approvata al Senato a luglio prevede un codice etico obbligatorio per tutti. Ma a Bari (il primo ateneo ad approvarlo, quattro anni fa) gli escamotage fanno scuola. Virginia Milone è stata assunta quando il padre si è impegnato a trasferirsi nella sede decentrata di Taranto.

"Capirai: la nostra facoltà è diventata la valvola di sfogo dei parenti", dice il rappresentante degli studenti Francesco D'Eri. La docente Maria Luisa Fiorella, otorino come il padre, era stata respinta dalla facoltà (a scrutinio segreto). Ora, con un colpo di coda, i baroni vogliono tornare a votare: con l'alzata di mano. Il codice è servito solo a Farmacia: Giulia Camerino ha rinunciato al concorso da ricercatrice bandito nel dipartimento della madre. "Ho studiato tutta una vita, non volevo vivere con un bollino che non meritavo".

"Se parliamo di baronati è tutto come prima - dice Mimmo Pantaleo, segretario nazionale della Flc della Cgil - E se le università non bandiscono concorsi, a pagare sono solo i ricercatori figli di nessuno". Il ministro Gelmini promette di trasformarne, con il nuovo piano di programmazione, diecimila in associato. Vuol cambiare la progressione di carriera con un contratto triennale, una successiva valutazione, e quindi un ulteriore contratto triennale per diventare associato. Ma per ora quelli che salgono di grado hanno sempre cognomi pesanti: a Cagliari è appena stato promosso ordinario Francesco Seatzu, figlio d'arte sardo. A valutarlo, in commissione, c'era Isabella Castangia, con la quale Seatzu ha lavorato gomito a gomito negli ultimi anni. "Tutto è come prima, più di prima", attacca Tommaso Gastaldi, professore di Statistica alla Sapienza, instancabile fustigatore del malcostume universitario. L'ultimo esempio, racconta, è la nomina di due docenti: lui aveva previsto i loro nomi già nel 2008. I soliti noti, nonostante i proclami del Governo, continuano a comandare. E non vogliono lasciare il campo ai giovani. Che si ribellano: l'Air, l'associazione italiana dei ricercatori, ha indetto una petizione per bloccare "l'eccessiva "discrezionalità" nei criteri di valutazione dei concorsi universitari".

GLI OVER 70

Molti docenti con più di 70 anni ricorrono ai tribunali amministrativi per posticipare il loro pensionamento, accelerato da una norma voluta dall'ex ministro Fabio Mussi. Vuole rimanere in servizio Emilio Trabucchi, ordinario di Chirurgia e presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano. Nipote dell'omonimo luminare della Biomedicina e deputato Dc morto nel 1984, Trabucchi ha due nipoti nell'università, Emilio Clementi, straordinario nel dipartimento di Scienze precliniche "Lita Vialba", e Francesco Clementi, ordinario di Farmacologia. "Abbiamo specializzazioni diverse. E in tutti i casi parlano le pubblicazioni", precisa Trabucchi. Ha scelto di ritirarsi, invece, Vittorio La Grutta, nobiltà accademica palermitana: medico il nonno, professore il padre, rettore il fratello (dell'ultima leva è rimasta la figlia, Sabina, psicologa).

"Quando siamo saliti in cattedra, eravamo orfani. Ma ce l'abbiamo fatta lo stesso, senza favori". Diverso il destino dei Cannizzaro, altra famiglia storica siciliana. "Stanislao, il grande chimico, era un mio avo - racconta Gaspare, che ora è in pensione ma ha due figli docenti - ma io non sono figlio d'arte. In famiglia c'è sempre stato interesse per la scienza: è una tradizione". A Sassari resistono al pensionamento Mariotto Segni (il cui padre, Giovanni, oltre che presidente della Repubblica è stato rettore) e Giulio Cesare Canalis, il papà della showgirl Elisabetta, direttore della Clinica radiologica. Ma soprattutto l'ex rettore Alessandro Maida, tuttora potentissimo - spinge per bandire 52 concorsi - e ancora per un po' collega dei figli Carmelo e Ivana, piazzati nella sua facoltà, Medicina, del cognato, Giorgio Spanu, della moglie Maria Alessandra Sotgiu, e di altri nipoti e cugini. A Udine, dopo la fusione tra ospedale e università, sono stati nominati i nuovi direttori di dipartimenti. Nessuna sorpresa: i manager, ben pagati, sono tutti baroni di lungo corso come l'ultrasettantenne Fabrizio Bresadola, che ha piazzato il figlio Vittorio, la nuora Maria Grazia Marcellino e un altro figlio, Marco. Laureato in Filosofia ma non per questo escluso: insegna storia della Medicina.

(24 settembre 2010)

 

 

 

 

2010-09-23

Università, l'ultima tentazione della Lega

"Precedenza ai giovani lombardi nei test"

Emendamento del Carroccio al Pirellone: si valuti la residenza invece del voto di maturità

Ma c'è di più: il partito di Bossi chiede anche una quota di programmi "padani" nelle scuole

di ANDREA MONTANARI

Università, l'ultima tentazione della Lega "Precedenza ai giovani lombardi nei test"

La Lega in Regione vuole il diritto di prelazione per i lombardi nelle università a numero chiuso e una quota di programmi scolastici padani. È quanto scritto nel testo di due emendamenti al piano regionale di sviluppo presentati dal Carroccio, e approvati dalla settima commissione regionale Cultura e formazione professionale con i soli voti del centrodestra.

La scuola con i simboli leghisti

"Oggi gli studenti lombardi partono svantaggiati — spiega il consigliere regionale leghista Massimiliano Orsatti — perché nei test di ammissione alle università a numero chiuso si tiene conto anche del voto preso all’esame di maturità, che in alcune regioni del sud è notoriamente dato con generosità". Per cui la Lega chiederà che nei test di ammissione non si tenga conto dei voti di maturità. "Successivamente — aggiunge Orsatti — chiediamo una corsia riservata per gli studenti che siano residenti in Lombardia da almeno cinque anni".

Non solo. Gli emendamenti presentati dal Carroccio chiedono "di sostenere in via prioritaria gli studenti lombardi anche sugli interventi a favore del diritto allo studio" e l’effettiva applicazione della legge regionale in cui si stabilisce che il 20 per cento dei programmi deve essere dedicato ad argomenti legati al territorio. "Vogliamo sapere quante scuole lombarde sono a conoscenza di questa possibilità — insiste Orsatti — e quante la stanno applicando. La valutazione dei fondi sul diritto allo studio andrà fatta complessivamente". Insomma, più soldi a chi metterà nei programmi argomenti "padani".

L’opposizione di centrosinistra è già pronta a dare battaglia quando, probabilmente la prossima settimana, il provvedimento sarà votato dal consiglio regionale. "Ai leghisti non basta la scuola di Adro tappezzata di simboli del partito — attacca il consigliere regionale pd Fabio Pizzul — ora nel mirino del Carroccio è finito addirittura il Piano regionale di sviluppo alla voce istruzione. Gli emendamenti ci fanno pensare che il loro tentativo sia sempre quello di escludere una parte degli studenti. Qui non si parla solo di ragazzi stranieri, visto che potenzialmente saranno penalizzati anche gli studenti novaresi o piacentini, che abitano appena al di là dei confini della regione. L’emergenza di oggi è quella di attuare veramente l’autonomia scolastica, che deve essere anche autonomia dalla politica perché non si ripetano più i casi come quello di Adro".

Il testo del secondo emendamento votato in commissione da Pdl e Lega, infatti, sembra andare proprio nel senso opposto, dove stabilisce che "in ambito didattico, la Regione monitorerà attentamente la reale attuazione e implementazione da parte degli istituti scolastici lombardi degli indirizzi regionali per i programmi scolastici". Anche attraverso la verifica "degli effettivi esiti dell’apprendimento degli studenti lombardi".

(22 settembre 2010)

 

 

 

A lezione di armi e primo soccorso

e a scuola entra la "cultura militare"

Il progetto è riservato ai ragazzi delle superiori della Lombardia. Presentato per la prima volta col benestare dei ministri La Russa e Gelmini: una seduta anche al poligono di tiro di MATTEO PUCCIARELLI

ROMA - L'iniziativa si chiama "Allenati per la vita" e le materie che gli studenti affronteranno partono dal diritto costituzionale per finire con "cultura militare", "armi e tiro", "sopravvivenza in ambienti ostili". In mezzo "difesa nucleare, batteriologica e chimica", "superamento ostacoli", "topografia ed orientamento". Il corso - la cui partecipazione è volontaria - finirà con un gara pratica tra "pattuglie di studenti". Quella che parte con l'anno scolastico 2010-2011 è la quarta edizione del progetto organizzato dall'ufficio scolastico lombardo insieme al comando regionale dell'esercito, ma per la prima volta c'è l'investitura ufficiale dei ministri Mariastella Gelmini e Ignazio La Russa.

Gli istruttori, più o meno un centinaio, sono tutti volontari dell'Unuci (unione nazionale ufficiali in congedo). L'anno scorso parteciparono quasi 900 ragazzi, quest'anno l'obiettivo "è superare i mille", dicono gli organizzatori. Visite al poligono di tiro, lezioni di teoria ma anche "uscite in ambiente alpino e un pernottamento in ambienti ostili".

Ufficialmente l'obiettivo del progetto è quello di "contrastare il bullismo grazie al lavoro di squadra". Ma tra i professori che hanno ricevuto la circolare è già polemica. Il connubio tra educazione scolastica e educazione militare non è piaciuto a tutti e il settimanale Famiglia Cristiana ha raccolto gli sfoghi dei docenti: "E' giusto trasformare la scuola pubblica in un collegio militare?". A ruota le proteste dell'Unione degli Studenti che denuncia "l'introduzione di attività militaristiche e bellicose all'interno dei programmi di offerta formativa delle scuole", mentre i Comunisti Italiani parlano di "progetti apertamente diseducativi".

Nella circolare 1 si legge che il progetto sviluppa le attività di "primo soccorso, arrampicata, tiro con arco e pistola ad aria compressa, nuoto e salvamento, orientiring (che in realtà si scrive orienteering, ndr) ed infine percorsi ginnico-militari". E poi, "le attività in argomento permettono di avvicinare, in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della scuola alle forze armate, alla protezione civile, alla Croce Rossa ed ai gruppi volontari del soccorso".

Le domande più frequenti dei docenti sono due: "L'intento è quello di invogliare i ragazzi a diventare militari? E quanto può essere istruttivo insegnare a un quindicenne l'uso della pistola?". Gli organizzatori mettono le mani avanti: "Nessuna finalità di questo tipo - spiega uno dei responsabili del progetto, il tenente Paolo Montali -, anche perché noi lavoriamo senza risorse e per quel genere di obiettivo vengono spesi milioni di euro dal ministero della Difesa attraverso campagne apposite. Più che altro insegnamo a far parte di un gruppo e a fare le cose insieme. E riguardo all'uso delle armi, la prima cosa che cerchiamo di far passare è il rispetto primario delle regole. Su questo siamo intransigenti".

Va detto che "Allenati per la vita" è il nuovo nome dato ad un'altra iniziativa che venne istituita nel dicembre del 2006 e che si chiamava "La pace si fa a scuola". Lo svolgimento del progetto era però meno militaresco e la finalità meno battagliera. Così si leggeva nelle linee guida, quattro anni fa: "Avviare un forum di discussione che rappresenti uno spazio di confronto per le scuole sui temi della pace e della cooperazione e che metta in contatto gli studenti con i nostri soldati in missione".

(22 settembre 2010)

 

 

2010-09-22

Scuola, la critica di Famiglia Cristiana

"I tagli sacrificano il futuro dei giovani"

Per il settimanale dei Paolini la questione dei precari che quest'anno hanno perso la cattedra "non può essere liquidata sbrigativamente in nome di una riforma scolastica definita epocale"

Scuola, la critica di Famiglia Cristiana "I tagli sacrificano il futuro dei giovani"

ROMA - I tagli alla scuola hanno sacrificato sull'altare il futuro dei giovani. A denunciarlo questa volta è un editoriale di Famiglia Cristiana in edicola da oggi. Al posto delle scuole che "cadono a pezzi" il governo ha deciso di pagare "una megacommessa in 131 cacciabombardieri".

Per il settimanale dei Paolini "la questione delle migliaia di precari che quest'anno hanno perso la cattedra non può essere liquidata sbrigativamente in nome di una riforma scolastica definita 'epocale', perché finora di 'epocale' si sono visti solo i tagli: otto miliardi di euro in tre anni".

Va anche bene, secondo Famiglia Cristiana, "razionalizzare e combattere gli sprechi" ma "disfarsi di giovani precari, come vuoti a perdere, perché 'non c'è posto', è un dramma angosciante". Ciò che è più sbagliato, secondo il diffuso settimanale cattolico, è la "prospettiva" del governo che non investe nel futuro dell'istruzione, con danno non solo dei precari ma anche delle nuove generazioni di studenti. "E' vero", osserva l'editoriale, "che c'è una crisi da affrontare ma non con tagli indiscriminati, ignorando la lotta alla corruzione o all'evasione fiscale".

"All'Italia - aggiunge il settimanale - sarebbe anche bastato rinunciare alla megacommessa di 131 cacciabombardieri che ci costerà 14 miliardi di euro. Nel frattempo le aule scolastiche cadono a pezzi". "Abbiamo barattato il futuro dei nostri ragazzi con il passato nostalgico di qualche dottor Stranamore - conclude quindi il settimanale cattolico - Li abbiamo sacrificati sull'altare di tagli fatti al buio".

Oggi sulla scuola interviene anche il direttore di Famiglia Cristiana, don Antonio Sciortino, rispondendo a una lettera che lo interpella sulla vicenda della scuola di Adro, l'istituto del Bresciano rivestito dal sindaco di numerosi simboli leghisti 1. "La scuola di tutti è diventata di parte, snaturata nella sue finalità", scrive il direttore, "mentre non bastano flebili rimostranze e definire 'folclore' un autentico abuso: le istituzioni hanno l'obbligo di intervenire tempestiavmente".

L'intervento delle istituzioni, secondo Sciortino, deve essere rapido "prima che il contagio si allarghi, e altri sindaci diano briglia sciolta a provvedimenti fantasiosi". "Oltre tutto - osserva il direttore di Famiglia Cristiana - l'eccesso di zelo danneggia anche gli stessi promotori. Anche se tardivo, l'intervento del ministro dell'Istruzione 2 impone la rimozione dei simboli. Speriamo che ciò avvenga in tempi rapidi e senza costi per la collettività".

"Non possiamo considerare la scuola con leggerezza e superficialità - aggiunge don Sciortino - perché lì sta il nostro futuro, lì si costruisce la scuola di domani". Inoltre "nella scuola, almeno in linea di principio, tutti sono uguali. E tutti devono avere le stesse possibilità di partenza".

(22 settembre 2010)

 

 

 

 

 

QUIRINALE

Scuola, il monito di Napolitano

"Tagli non colpiscano l'Istruzione"

Il capo dello Stato alla cerimonia di inizio dell'anno scolastico chiede di riformare "sanando squilibri, disparità, disuguaglianze". "Servono investimenti per motivare gli insegnanti"

Scuola, il monito di Napolitano "Tagli non colpiscano l'Istruzione"

ROMA - Il rigore non può privare la scuola del sostegno necessario. Giorgio Napolitano lo ricorda di fronte a 1600 studenti provenienti da ogni parte d'Italia che, con i loro docenti, hanno affollato oggi pomeriggio il cortile d'onore del Quirinale per la festa di inizio dell'anno scolastico. Tra i presenti anche il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. "Sapete che sostengo con convinzione che, nel portare avanti l'impegno comune e categorico per la riduzione del debito pubblico - ha ribadito il capo dello Stato - bisogna riconoscere la priorità della ricerca e dell'istruzione nella ripartizione delle risorse disponibili si deve riformare con giudizio e non solo allo scopo di raggiungere buoni risultati complessivi. Se vogliamo che la scuola funzioni come un efficace motore di uguaglianza e come un fattore di crescita, bisogna che si irrobustisca".

Occorre quindi "riformare con giudizio, sanare squilibri, disparità, disuguaglianze che - ha aggiunto - si presentano anche nell'Istruzione". Inoltre, ha detto Napolitano, servono investimenti per motivare gli insegnanti e occorre "riqualificare coloro che aspirano a un contratto a tempo indeterminato".

L'apertura di questo anno scolastico cade in occasione dell'anniversario dei 150 anni dell'unità d'Italia, ricorda Napolitano, e sottolinea "gli enormi progressi" compiuti anche nel campo dell'istruzione. Negli ultimi decenni, rileva, "abbiamo conseguito notevoli passi avanti anche in termini di percentuale di diplomati e di laureati. Questo ci ha consentito di avvicinarci alla media dei paesi sviluppati, e tuttavia - nota il capo dello Stato - anche se stiamo correndo più in fretta di altri non abbiamo raggiunto i Paesi più avanzati".

Pertanto, prosegue il presidente, "siamo rimasti ancora indietro rispetto a una risorsa fondamentale per affrontare una dura competizione globale". Bisogna agire presto, perché "se in Parlamento e in altre sedi è giusto verificare quel che possa essere fatto" di fronte a una crisi economica che non si sa ancora se sia finita, "allo stesso tempo occorre spingere lo sguardo più lontano, pensare soprattutto all'Italia nella quale voi giovani vi troverete a vivere e vi porrete il problema del lavoro".

Sia chiaro, "di cambiamento c'era e c'è bisogno" ma ci vuole "più qualità, un rapporto più stretto tra istruzione e mondo del lavoro, un maggiore spazio alle competenmze necessarie nelle società contemporanee". Questa, comunque, resta uno dei due aspetti fondamentali della funzione della scuola. L'altro è "essere un luogo di incontro e integrazione", come lo è stato nel corso dei 150 anni dell'Unità d'Italia. "L'Italia unita in cui crediamo", sottolinea con forza Napolitano, alzando il tono della voce.

Nella riforma, ha proseguito Napolitano, "occorre sanare squilibri, disparità, disuguaglianze". Infatti, "la condizione sociale incide ancora sulla possibilità che i ragazzi progrediscano nell'istruzione". Anche se il pericolo più subdolo è un altro: "il vero svantaggio insuperabile è una famiglia che non crede nello studio, che non crede nel merito". E questo può accadere anche nelle classi più agiate. Al contrario, "va costruita in tutti i campi una cultura e una pratica del merito".

Per gli studenti, ma anche per i docenti. "Per elevare la qualità dell'insegnamento - spiega Napolitano - occorre motivare gli insegnanti e chiedere, vero, che abbiano un'adeguata formazione, ma anche offrire loro validi strumenti formativi e di riqualificazione. E su questo, ovviamente, è necessario investire". Nel passato non lo si è fatto, oggi "occorre qualificare e riqualificare coloro che aspirano a un'assunzione a tempo indeterminato". Un accenno, questo, alla questione spinosa dei precari. Non l'unico alla situazione più generale dei docenti. "Mi auguro che gli insegnanti e i dirigenti che abbiano voglia di fare - ce ne sono tanti - trovino il sostegno necessario". Per creare eccellenti studenti che sappiano vincere la competizione internazionale, ma anche "i valori della Costituzione, della storia patria e della crescita civile".

(21 settembre 2010) © Riproduzione riservata

 

 

 

 

2010-09-19

LA SCUOLA "LEGHISTA"

Adro, "Toglierò quei simboli

Solo se me lo ordina Bossi"

Il sindaco della cittadina respinge, di fatto, la timida richiesta del ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. E il leader della Lega, Bossi, lo sostiene: "Ne ha messi solo troppi". Il parroco del paese: "Esagerazioni da entrambe le parti". Durissimo attacco alla Gelmini dall'opposizione

Adro, "Toglierò quei simboli Solo se me lo ordina Bossi"

 

BRESCIA - Il simbolo della "Lega", il "Sole delle Alpi", per ora resta nella scuola di Adro, in provincia di Brescia, intitolata all'ideologo del movimento leghista, Gianfranco Miglio. Resta, anche se il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ha chiesto al sindaco della cittadina di rimuovere tutti i simboli. Resta, perché il primo cittadino di Adro ha implicitamente risposto affermando che a chiederglielo deve essere il leader della Lega, Umberto Bossi: "Se me lo dice lui, rimuovo i simboli non domani, ma ieri. Se li tolgo dalla scuola, però, farò lo stesso con gli edifici pubblici su cui è presente da secoli", ha aggiunto Oscar Lancini. "Sono sorpreso di quello che ho letto sui giornali. Io ho ricevuto comunque i complimenti dei vertici leghisti". In quanto alla lettera della Gelmini, Lancini sostiene che "Non mi è arrivato niente. Non ho letto nulla se non quello che c'è sui giornali. È da ieri che si dice che il ministro ha scritto al sindaco, è scritto su tutti i giornali ma, ad oggi, la verità è che io non ho in mano nessuna lettera".

E il "senatur" non ha perso tempo ad appoggiare, nei fatti, la posizione del sindaco del bresciano: "Forse ne ha messi troppi - ha detto Bossi a chi gli chiedeva se la Gelmini aveva sbagliato o no a chiederne la rimozione - Avrebbe potuto farne uno bello, che bastava". Per confermare poi la sua sostanziale "vicinanza" al primo cittadino, il ministro delle Riforme ha aggiunto: "Questi simboli la Lega li ha fatti diventare politici, ma sono graffiti delle Alpi. E a Brescia ce ne sono tantissimi".

A rincarare la dose c'è anche il ministro dell'Interno, Roberto Maroni: "Condivido quanto sostiene Bossi - ha detto - Intitolare la scuola a Miglio è stata una grande idea, ma io mi sarei fermato lì. Miglio vol dire tutto: è stato l'inventore delle tre macroregioni e quindi anche della Padania".

Una parola di equidistanza, a nome della popolazione della Franciacorta, è venuta invece dal parroco di Adro, don Giammaria Fattorini, nell'intervento che è stato letto oggi in tutte le messe celebrate nel comune: "La mia idea sulla questione, che sento condivisa da molti, è che si sta esagerando da entrambe le parti. Sta esagerando chi ha oggi il potere, dato loro dalla stragrande maggioranza della gente. Ma stanno esagerando anche le minoranze politiche che, avendo dichiarato guerra all'ultimo sangue ai vincitori alle urne, non perdono occasione per dare contro".

Taglia corto il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini: "Abbiamo già preso posizione, non c'è da aggiungere altro dopo la lettera inviata al sindaco del paese". E il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini, sostiene la linea tenuta dalla Gelmini, anche se non perde l'occasione per una battuta polemica: "Ha fatto bene il ministro, ma mi sarei aspettato che intervenisse prima. I bimbi non appartengono a nessuno e vanno lasciati fuori dalla politica".

Critici verso il ministro Gelmini gli esponenti dell'opposizione. Il senatore Silvio Pedica, dell'Idv, è durissimo: "La Gelmini, costretta dall'opinione pubblica indignata, si muove con una timida lettera in cui chiede di eliminare dalla sucola di Adro la griffe leghista. Questa vicenda evidenzia come il ministro gestisce la scuola in base alle proprie convinzioni personali e ai diktat della sua coalizione politica.

"I marchi leghisti - ha aggiunto - non sarebbero dovuti restare neanche un'ora, questi episodi sono precedenti pericolosi inquadrati in un clima politico dove un partito come la Lega, a colpi di incostituzionalità, non riconosce l'unità d'Italia e ingelosendosi di Roma Capitale, dichiara di voler una capitale del nord".

Pedica ha quindi concluso: "Regalerò alla Gelmini la carta igienica con il simbolo della Lega, troppo tempo tollerata l' assurda idea di fare di una scuola un circolo di partito: il ministro Gelmini si deve dimettere".

E Nichi Vendola è ancora più duro: "Abbiamo contato fino a diecimila per avere una parola di buon senso dal Ministro per l'Istruzione, Mariastella Gelmini. Come si può immaginare - ha proseguito - che la discussione oggi sul tappeto sia quella della prospettiva del federalismo solidale, mentre frammenti di scuola pubblica diventano frammenti di scuola padana? Vuol dire che è una presa in giro. Vuol dire che si chiama federalismo quello che in realtà è un processo di separazione e di secessione. Il problema non è solo il tappetino leghista sulla scuola padana, sotto quel tappetino c'è una semina di cultura regressiva: l'idea che il Nord si può salvare se manda alla deriva il Sud. Hanno seminato veleni in questi anni. A noi - ha concluso il governatore pugliese - toccherà fare una lunga bonifica di questa terra avvelenata".

Dello stesso avviso il responsabile giustizia dell'Idv, Luigi De Magistris: "Il ministro dell'istruzione Gelmini

è intervenuta in modo debole e fuori tempo massimo. Prima ha cercato di sminuire il caso, di fatto avallando una scelta antidemocratica da parte del sindaco Lancini, poi timorosamente e in ritardo ha deciso di suggerire un ritorno alla normalità democratica. E lo ha fatto, per altro, soltanto perchè costretta dalle proteste dei genitori e della società civile di Adro, oltre che dalle critiche piovute dall'opposizione. La trasformazione di una scuola pubblica in una sezione della Lega è un atto contrario alla Costituzione, che trova origine nel fondamentalismo razzista e delirante del partito di Bossi che tiene sotto scacco questo governo. Gelmini compresa".

(19 settembre 2010)

 

 

 

2010-09-15

LA VISITA

Scuola, Napolitano ai ragazzi di Giffoni

"Più risorse, no a tagli indifferenziati"

Il Capo dello Stato incontra il giovane pubblico del festival del cinema per bambini e ragazzi. "Serve rilancio culturale e morale della politica". "Sarò il presidente di tutti fino alla fine del mandato"

Scuola, Napolitano ai ragazzi di Giffoni "Più risorse, no a tagli indifferenziati" Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano saluta i bambini alla città del cinema per ragazzi a Giffoni

GIFFONI VALLE PIANA (Salerno) - Un entusiasmo caloroso e contagioso sventolando bandierine tricolore al grido di "Presidente, presidente" ha dato il benvenuto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che questa mattina ha incontrato il giovane pubblico del Giffoni Film Festival, la rassegna che da 40 anni si dedica al cinema per bambini e ragazzi. "Come state crescendo bene" ha detto Napolitano rispondendo alle articolate domande dei giovani, "anche grazie al Giffoni Film Festival, qualcosa di irripetibile e fecondissimo" ha sottolineato, "un esempio di come si possa investire sulla cultura per far crescere il territorio e la coscienza civile dei giovani".

"Servono più risorse per la scuola ma anche più qualità in termini di attività formative e impegno a produrre buoni risultati, e questo dipende dagli insegnanti da un lato e dagli studenti dall'altro" ha detto il Capo dello Stato rispondendo alla domanda di una giovane studentessa a proposito dei tagli alla scuola e alla cultura. "Bisogna investire di più nella cultura. L'ho detto più volte, non posso prescrivere al governo come e quanto deve investire" ha aggiunto. "La Costituzione fa riferimento ai capaci e meritevoli - ha ricordato - indica una strada per incoraggiare il merito, bisogna andare avanti in questa direzione".

In un momento di crisi economica "occorre fare scelte, non si può tagliare in modo indifferenziato" ha detto Napolitano, citando l'esempio della Germania che ha previsto "tagli anche alla spesa sociale, ma allo stesso momento ha annunciato un aumento della spesa per ricerca e formazione: si devono stabilire delle priorità e fare delle scelte. Questo è possibile anche in Italia". Il presidente della Repubblica ha anche sottolineato che "andare all'estero per studiare è cosa molto importante, positiva ed essenziale per la crescita della comunità: sono brevi fughe d'amore, poi si rientra. Per ragioni pratiche si va via e non credo perchè questi giovani talenti non stiano bene in Italia".

"Da qualunque parte politica si provenga e da qualunque parte si sia eletti bisogna sentire di essere il presidente di tutti gli italiani: questo è lo sforzo che continuerò a fare fino all'ultimo giorno del mio mandato" ha dichiarato Napolitano rispondendo a una domanda su come si conciliano le convinzioni personali e di partito con il ruolo di garante imparziale. "Io ho il dovere di essere fuori dalla mischia perché chi ha scritto la Costituzione ha voluto che fosse così per il presidente della Repubblica. Non c'è nessun trucco" ha risposto Napolitano spiegando che dopo cinquant'anni di "politica schierata" gli è capitato, inaspettatamente, di fare quest'altra cosa, come già nel 1992, il presidente della Camera. "Già allora mi era chiaro che dovevo essere imparziale, dovevo far rispettare le stesse regole a tutti, a maggioranza e opposizione. Lo stesso al Quirinale. Il potere del presidente della Repubblica è stato definito 'un potere neutro' già nell'800".

Quanto poi alla sua appartenenza politica, Napolitano ha ricordato che la sua scelta fu fatta "65 anni fa, poi è chiaro che con l'età si è più maturi e ci si spoglia anche di passioni di parte che sono una cosa importantissima, ma un conto è la gara che è un elemento vitale e un altro la contrapposizione cieca. Gli ideali rimangono, ma possono essere rivisti. Le esperienze contano, conta vedere come si sono realizzati con la politica. Sposare il programma di un partito politico è un'altra cosa". La politica, ha detto, "è anche gara, competizione, non dovrebbe mai essere contrapposizione totale. Tutti i presidenti della Repubblica hanno avuto un passato politico in cui erano schierati. Ma c'è un tempo in cui gareggiare e un altro tempo in cui essere garanti".

Napolitano ha più volte fatto riferimento al dopoguerra e allo spirito che ha illuminato i giovani che come lui hanno scelto la politica in quel preciso momento storico. "Quando ho iniziato a fare politica io il Paese era distrutto - ha raccontato il presidente della Repubblica - si era molto motivati a partecipare. Bisogna costruire qualcosa di simile al clima di grande slancio che c'era nel 1945, dopo la guerra". Quindi cita Thomas Mann: "La politica è anche ricerca dell'espediente, ma in essa ci deve essere una componente di nobilità".

"Bisogna ricostruire un clima di rilancio culturale e morale della politica - ha ribadito il presidente - la politica è ricerca delle soluzioni, ma ci deve anche essere spessore culturale e moralità". Sulla possibilità, poi, di trovare un'intesa anche fra schieramenti diversi, il Capo dello Stato ha aggiunto che "Quando si coopera tra persone diverse, con storie diverse, l'essenziale è capire quali sono i problemi e trovare gli interessi comuni. Si tratta di scegliere gli obiettivi da raggiungere e raggiungerli insieme". Per il Capo dello Stato "non si tratta di fare un miracolo, è tutto realizzabile basta spogliarsi dello spirito di partigianeria e talvolta anche di qualche egoismo e meschinità".

Infine, Napolitano parla anche di cinema. "I miei film preferiti? Tantissimi. Citerò solo Roma città aperta quello che più mi ha impressionato e il meraviglioso Vincitori e vinti sul processo di Norimberga. Ma vedo anche film di giovani registi italiani che segnano il ritorno al cinema di impegno civile e politico. L'ultimo che ho visto è 20 sigarette su Nassiriya del regista Aureliano Amadei. E' un film di impegno civile, di impegno nazionale, di alta moralità", ha detto il presidente della Repubblica al giovane pubblico di cinefili. "Il cinema italiano è diventato famoso nel mondo proprio come cinema impegnato che ha avuto varie forme. Ad esempio si è realizzato anche nella commedia all'italiana che ora si vuole rivalutare", ha aggiunto, raccontando le impressioni avute durante la recente visita al Festival di Venezia e sottolineando che il film su Nassiriya è una storia vera raccontata dal protagonista, sopravvissuto alla strage in cui sono morti 19 italiani, dalla quale è uscito "azzoppato, mezzo sordo, in preda ancora ad attacchi di panico" ma con la voglia di raccontare in prima persona quel che era successo. "Credo - ha concluso -si possa parlare di nuovo di cinema impegnato".

(15 settembre 2010)

 

 

 

 

 

2010-09-13

Scuola, primo giorno con proteste

Studenti, flash mob a sostegno dei precari

Le organizzazioni studentesche attivano iniziative da Nord a Sud contro la riforma Gelmini, mentre il ministro inaugura l'anno scolastico tra i piccoli malati del Gemelli e rilancia: "Insegnanti, raccogliete la sfida". E sulla scuola "leghista" di Adro: "Si protesti anche per i simboli di sinistra". Di Pietro al ministero: "Confermato no a tavolo sui precari". Nel pomeriggio il sit-in degli studenti. Lazio verso accordo sui precari

Scuola, primo giorno con proteste Studenti, flash mob a sostegno dei precari

ROMA - Il primo giorno della "nuova scuola" voluta da Mariastella Gelmini sarà ricordato come "rumoroso". E non per il vociare e il calpestio dei tre milioni di studenti attesi oggi al ritorno in aula, ma per l'onda montante della protesta e della rabbia degli insegnanti precari penalizzati dalle scelte del ministro dell'Istruzione, che oggi inaugura l'anno scolastico al Policlinico Gemelli di Roma, fra i piccoli malati. Ed anche per il "rumore" suscitato dalla scuola di Adro, dipinta di verde e ornata ovunque dal simbolo padano del Sole delle Alpi. Che la Gelmini difende: "Si protesti anche quando a scuola entrino per i simboli della sinistra".

Oggi si riparte nel Lazio, in Calabria, in Lombardia, Piemonte, Umbria, Molise, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta e Veneto. In provincia di Trento l'attività didattica è ripartita il 9 settembre, dopodomani toccherà a Toscana, Sardegna e Campania. Entro il 20 settembre, quando suonerà la campanella in Puglia, Abruzzo e Liguria, tutti gli studenti italiani saranno di nuovo in classe. In tutto, entrò lunedì prossimo, torneranno a scuola quasi 8 milioni di ragazzi e oltre 700mila docenti.

Gelmini: "Insegnanti raccolgano sfida". "La sfida della riforma deve essere raccolta innanzitutto dagli insegnanti per rendere la scuola davvero un'istituzione d'eccellenza e per restituire a questa realtà la giusta considerazione e il giusto valore". Così il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini a margine dell'inaugurazione dell'anno scolastico al Policlinico Gemelli. "Rispetto tutti coloro che protestano - prosegue il ministro -, ma sul piano dei precari ho già risposto. Dopo di che con quest'anno la scuola mette al centro gli studenti". Il ministro, comunque, ribadisce che per assorbire i 220mila precari presenti in graduatoria occorreranno "7-8 anni". Ma saranno aperte "finestre" per assunzioni riservate alle "eccellenze": gli "studenti migliori che si laureeranno e abiliteranno con i nuovi percorsi nei prossimi anni".

"Si protesti anche per simboli sinistra". Pungolato sulla scuola di Adro, dipinta di verde e costellata di simboli leghisti, Mariastella Gelmini chiede che si protesti anche quando in classe entrano i simboli della sinistra. "Il sindaco di Adro ha specificato che il simbolo del Sole delle Alpi è stato scelto non perché simbolo della Lega Nord ma perché appartenente all'iconografia del Comune. Dico solo - aggiunge il ministro - che comunque è sempre un fatto importante quando enti pubblici decidono di investire nella scuola e nell'edilizia scolastica. E poi aggiungo che mi piacerebbe che tutti coloro che hanno polemizzato in queste ore con il sindaco di Adro lo facessero per coerenza anche le molte volte in cui sono simboli della sinistra a entrare in classe".

La sfida degli studenti. Ieri a Messina i precari hanno rinvaso per alcune ore l'embarcadero delle navi traghetto in servizio sullo Stretto. E oggi gli studenti intendono dar loro manforte, sfruttando proprio quelle competenze tecnologiche a cui tanto tiene la Gelmini. La parola d'ordine degli studenti organizzati in Rete è flash mob. Spiega Sofia Sabatino, portavoce della Rete degli studenti: "Partiremo con una protesta che non darà respiro al ministro Gelmini e alla sua opera distruttiva: saremo davant alle nostre scuole con dei caschetti gialli da lavoro, per proteggerci la testa dalle macerie che la Gelmini e Tremonti hanno causato e daremo inizio alla nostra ricostruzione". Le prime scuole interessate dall'iniziativa sono a Venezia (liceo Foscarini), Torino (via Bligny e corso Dante), Roma (liceo Tasso e liceo Montessori), Frosinone (liceo classico Turriziani), Perugia (piazzale Anna Frank), Grosseto (istituto agrario Leopoldo II di Lorena). Si proseguirà a Bologna il 14 (istituto tecnico Aldini), a Palermo il 15 (Vittorio Emanuele III), il 16 a Caltanissetta e il 25 a Lentini'.

Sit-in davanti al ministero. Sempre oggi, gli studenti delle associazioni anti-Gelmini continueranno la loro mobilitazione ritrovandosi alle 15,30 per un sit-in a Roma davanti al Ministero dell'Istruzione. Qui lanceranno pubblicamente la mobilitazione studentesca dell'8 ottobre, che aprirà "l'autunno caldo" della scuola. L'intenzione è di non dare "tregua a questo governo - dice Monica Usai, dell'Unione degli studenti -. Saremo in prima linea contro i tagli agli organici e al piano di offerta formativa, per opporci all'idea della Gelmini di una scuola svuotata di senso, fabbrica di precarietà e individualismo". Per questo nel primo giorno di scuola portiamo "avanti le nostre battaglie assieme agli insegnanti, ai precari, ai genitori e a tutti coloro che hanno a cuore la scuola pubblica italiana".

Padova, fiocco giallo per alunni e genitori. A Padova, genitori e studenti con il fiocco giallo. Nella provincia, denuncia il coordinamento alunni, genitori e insegnanti, negli ultimi due anni ci sono iscrizioni per 3.600 alunni in più, mentre sono andate perse 31 classi e 440 insegnanti, oltre a 250 collaboratori scolastici, tagli frutto della politica del ministero dell'Istruzione.

Di Pietro. "Confermato 'no' a tavolo precari". Prima degli studenti, già stamane davanti al ministero si è presentato il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, insieme ad altri parlamentari del suo partito, per protestare e invitare alla mobilitazione contro la riforma. Ricevuto dal sottosegretario Giuseppe Pizza, dopo qualche ora il leader Idv comunica ai giornalisti che il Ministero dell'Istruzione ha confermato il suo 'no' a un tavolo di trattativa con i rappresentanti dei precari. "Abbiamo insistito a lungo - riferisce Di Pietro -. Il sottosegretario ha preso un solo impegno: riferire al ministro Gelmini la nostra richiesta. Ma il ministro ha già detto 'no' e conseguentemente...".

Lazio, verso accordo sui precari. Difende la Gelmini il sindaco di Roma, Gianni Alemanno: "La scuola italiana si sta trasformando e sta andando verso criteri più meritocratici, con una maggiore attenzione alla qualità dello studio. Questo ovviamente crea tensioni e problemi, ma sono convinto che il ministro Gelmini sia perfettamente in grado di guidare la scuola italiana verso la strada giusta". Il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini: "Siamo consapevoli delle difficoltà degli insegnanti in stato di precariato e insieme al ministero dell'Istruzione siamo impegnati a trovare una soluzione". Conferma l'assessore alla scuola del Comune di Roma, Laura Marsilio: "Ho avuto un incontro con il ministro Gelmini e la presidente Polverini. So che è in via di definizione un accordo con la Regione Lazio per i precari".

Zingaretti: "Il più grande licenziamento di massa". Ben diverso il tono delle dichiarazioni del presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti. "Uno dei giorni di riapertura delle scuole italiane più brutti dal dopoguerra. Meno soldi, meno aule, meno personale: a Roma e provincia i tagli al personale docente e non docente, saranno pesantissimi: 300 unità per le scuole elementari, 100 per le medie e addirittura 700 per le superiori. Il più grande licenziamento di massa mai operato da un governo che va a colpire l'educazione dei nostri figli e il futuro del nostro paese".

Vendola: "Attentato alla democrazia". "La scuola pubblica è la più importante fabbrica di futuro che abbiamo. Colpirla è un attentato alla democrazia". E' quanto afferma Nichi Vendola, portavoce nazionale di Sinistra Ecologia Libertà. "I ministri di questo governo - prosegue il leader di Sel - rifiutano il confronto con i lavoratori che da settimane denunciano la situazione in cui versa la scuola italiana. Qui stanno le ragioni per cui siamo vicini ai precari e siamo vicini alle famiglie e ai loro figli che lottano per il diritto a un'istruzione di qualità".

Zaia: "Capire se strada è giusta". Inaugurando l'anno scolastico, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia sottolinea come "tutti dobbiamo riflettere sul fatto che per la scuola questo sarà un anno di svolta e di verifica delle riforme che sono state recentemente introdotte dal Governo. Sono certo che ognuno darà il suo costruttivo contributo e che alla fine avremo elementi importanti per capire se la strada intarpresa è quella giusta".

Scopelliti: "Investire su legalità e integrazione". Da Rosarno replica il presidente della giunta regionale calabrese, Giuseppe Scopelliti: "Da qui la scuola insieme alla Regione investe sulla legalità e sulla integrazione. Scuola e istituzioni devono fare squadra perché sennò non si cresce tutti insieme. Se non facciamo rete rallentiamo i processi di crescita sociali e culturali della regione. La scuola assolve un ruolo importante di aggregazione e di crescita ma noi abbiamo anche fatto qualcosa in questa direzione, noi siamo stati la prima Regione che ha cercato di dare delle risposte ai precari della scuola".

Renzi: "Qui non si taglia ma si investe". ''Per l'istruzione il Comune di Firenze investe di più e non di meno rispetto allo scorso anno: sulla scuola non si taglia, sul futuro non si taglia''. Cosi' il sindaco di Firenze Matteo Renzi, nella conferenza stampa di presentazione del nuovo anno scolastico. "Siamo felici - spiega Renzi - perché offriamo ai bambini delle scuole in larga misura nuove con 10 milioni di interventi, offriamo 21 mila pasti al giorno e con l'accordo fatto con il Ministero il tempo pieno a Firenze rimane per tutti". Gli alunni stranieri sono 4.689 contro i 4.118 dello scorso anno e rappresentano il 16,68% dell'intera popolazione di alunni. ''E' importante - dice Renzi - offrire una opportunità vera di integrazione, perché se non si fa a scuola non si fa più".

(13 settembre 2010)

 

 

 

2010-09-07

L'INDAGINE

L'Italia non investe in istruzione

Ocse: "Spesa per scuola a ultimi posti"

Solo la Repubblica Slovacca dietro di noi. Gli insegnanti sono pagati meno della media, soprattutto ai livelli più alti di anzianità di servizio. Studenti inchiodati sui banchi di scuola per ore e ore ma con poco o scarso rendimento

L'Italia non investe in istruzione Ocse: "Spesa per scuola a ultimi posti"

ROMA - L'italia spende il 4,5% del pil nelle istituzioni scolastiche, contro una media Ocse del 5,7%. Solo la Repubblica Slovacca spende meno tra i paesi industrializzati, secondo quanto emerge dallo studio Ocse sull'istruzione. Nel suo insieme, la spesa pubblica nella scuola (inclusi sussidi alle famiglie e prestiti agli studenti) è pari al 9% di quella pubblica totale, il livello più basso tra i paesi industrializzati (13,3% la media ocse) e l'80% della spesa corrente è assorbito dalle retribuzioni del personale, docente e non, contro il 70% medio nell'Ocse. La spesa media annua complessiva per studente è di 7.950 dollari, non molto lontana dalla media (8.200), ma focalizzata sulla scuola primaria e secondaria e a scapito dell'università, dove la spesa media per studente, inclusa l'attività di ricerca, è 8.600 dollari, contro i quasi 13mila Ocse.

La spesa cumulativa per uno studente dalla prima elementare alla maturità è di 101mila dollari (contro 94.500 media Ocse), cui vanno aggiunti i 39mila dollari dell'università contro i 53mila della media Ocse. Nella scuola primaria il costo salariale per studente è 2.876 dollari, 568 in più della media Ocse, ma il salario medio dei docenti è inferiore di 497 dollari alla media che è di 34.496 dollari. A spingere in alto i costi sono le maggiori ore di istruzione (+534 dollari), il minore tempo di insegnamento (+202 dollari) e le dimensioni delle classi (+330 dollari). Il copione si replica nella scuola media, con un costo salariale per studente di 3.495 dollari contro una media Ocse di 2.950, mentre nei licei il costo (3.138 dollari) è di 312 dollari inferiore alla media Ocse, risentendo in particolare del divario rispetto al salario medio dei docenti (744 dollari in meno della media che è pari a 42.300 dollari).

In italia le ore di istruzione previste sono ben 8.200, tra i 7 e i 14 anni. Solo in Israele i ragazzi stanno più a lungo sui banchi e la media Ocse si ferma a 6.777. Le dimensioni delle classi inoltre sono maggiori rispetto alla media Ocse (18 alunni contro 22) e il rapporto studenti/insegnante è tra i più bassi (10,6 alla scuola primaria contro media 16,4).

Gli insegnanti sono pagati meno della media, soprattutto ai livelli più alti di anzianità di servizio. Un maestro di scuola elementare inizia con 26mila dollari e al top della carriera arriva a 38mila (media Ocse 48mila). Un professore di scuola media parte da 28mila per arrivare a un massimo di 42mila (51mila Ocse), mentre un professore di liceo a fine carriere arriva a 44mila (55mila). Al tempo stesso, però, l'italia è quintultima per le ore di insegnamento diretto. Sono 601 l'anno nella scuola secondaria, contro una media Ocse di 703.

Per quanto riguarda i laureati, sono pochi e pagati bene, a patto di essere uomini e preferibilmente "over 45", mentre per le donne la strada dopo l'università è decisamente più in salita, soprattutto nei guadagni. Il "total return", tra benefici per le casse pubbliche e vantaggi per le finanze personali, per un uomo che dopo il diploma consegue la laurea nella penisola, è di oltre 500mila dollari, uno dei più alti dell'Ocse. L'italia si distingue anche per il maggior "gender gap" nei guadagni dei laureati: a livello annuo e per un lavoro a tempo pieno una donna percepisce una retribuzione pari al 54% (media ocse 72%) della retribuzione di un uomo.

(07 settembre 2010)

 

 

 

2010-09-06

Da 'appello' a 'webcattedra'

il vocabolario degli Atenei

L'ABC della matricola, tutte le parole da conoscere. Piccolo manuale di sopravvivenza per familiarizzare con il lessico universitario di MANUEL MASSIMO

Da 'appello' a 'webcattedra' il vocabolario degli Atenei

POSTO che vai, lingua che trovi: i neoiscritti che si affacciano per la prima volta in ateneo devono imparare a familiarizzare con un glossario specifico fatto di 'appelli', 'crediti formativi' e 'indirizzi' per comunicare correttamente all'interno dell'università. Avere una piena consapevolezza linguistica del significato dei termini d'uso più comune nei corridoi della facoltà metterà al riparo la matricola da eventuali errori o fraintendimenti. Ecco dunque una rapida carrellata in ordine alfabetico delle parole che ogni buona matricola deve conoscere per costruire il proprio dizionario universitario di base e cominciare a comprendere i meccanismi che regolano la vita tra le mura accademiche.

A come Appello. Si chiama così la data in cui è possibile sostenere l'esame. Ogni facoltà stila i propri calendari cercando di conciliare le esigenze degli studenti (evitando date troppo ravvicinate tra un appello e l'altro) e quelle dei docenti (spalmando su più giorni gli esami molto affollati). Occorre tenere bene a mente che la prenotazione all'appello va fatta entro e non oltre la scadenza prefissata dal docente (di norma una settimana prima) altrimenti non ci si può più iscrivere all'esame e bisogna attendere la data successiva. Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda la propria preparazione: in alcune materie, nel caso in cui si venga bocciati, non ci si può presentare all'appello immediatamente successivo, ma bisogna "aspettare un turno". Anche per questo la pianificazione dei propri esami richiede un minimo di strategia: per riuscire a incastrare bene le date e affrontare nel modo giusto le tappe di avvicinamento ai momenti di verifica, scadenzando giorno per giorno il tempo di studio ed evitando di fare le 'nottate' sui libri.

B come Borse di studio. Per molti, ma non per tutti: gli studenti possono ricevere una borsa di studio se rientrano in determinati parametri di merito e di reddito. Per poter concorrere all'assegnazione delle borse è necessario iscriversi ai bandi attivati ogni anno dagli atenei, dagli enti e dalle aziende regionali per il diritto allo studio. A seconda dei casi i vincitori ottengono un contributo economico (più sostanzioso se si è studenti fuorisede), posti alloggio negli studentati e agevolazioni per accedere ai servizi (quali mensa e trasporti pubblici).

C come Credito formativo. A ciascuno il suo: ogni esame superato equivale a un determinato numero di crediti formativi unitari (cfu) che lo studente acquisisce e mette da parte. In base alla normativa vigente per ottenere la laurea triennale occorrono 180 cfu, 60 per ogni anno. Ciascun credito, convenzionalmente, corrisponde a 25 ore cumulative (tra didattica in aula e lavoro individuale) e quantifica l'impegno dello studente. Questa standardizzazione, introdotta nel 1999 dalla Riforma del 3+2, semplifica le procedure di riconoscimento degli esami sostenuti in altri atenei italiani (in caso di passaggio ad altra università) e anche europei (all'interno di progetti di mobilità e scambio, come l'Erasmus).

D come Dispense. Non solo libri: per prepararsi adeguatamente e superare l'esame in scioltezza molto spesso si deve ricorrere anche alle indispensabili 'dispense' del professore titolare della cattedra. Nella maggior parte dei casi si tratta di sintesi ragionate degli argomenti trattati a lezione, con schemi riepilogativi e specifici casi di studio e di approfondimento: uno strumento utile sia per gli studenti non frequentanti sia per chi ha seguito e può riordinare gli appunti presi in aula. Se fino a poco tempo fa le dispense si dovevano necessariamente acquistare 'su carta' in una copisteria nei pressi della facoltà, oggi molti docenti le mettono gratuitamente a disposizione in formato elettronico sulla propria webcattedra d'ateneo, a portata di clic.

E come Erasmus. Un'esperienza divertente e formativa che fa anche curriculum: il progetto Erasmus, che promuove la mobilità e lo scambio degli studenti fra i Paesi membri della Comunità Europea e altri Stati convenzionati, permette di trascorrere da 3 a 12 mesi all'estero frequentando le lezioni e sostenendo gli esami del proprio piano studi in un ateneo straniero. I posti sono limitati: per candidarsi occorre essere iscritti almeno al secondo anno, per riuscire a partire - superando la concorrenza - occorre avere una buona base accademica (voti alti), la giusta predisposizione d'animo (valutata da un'apposita commissione attraverso un colloquio motivazionale) e la conoscenza delle lingue.

F come Fuorisede. Chi studia a più di cento chilometri dal proprio comune di residenza - e in un ateneo ubicato in un'altra Provincia - ha i requisiti per essere considerato a tutti gli effetti uno studente 'fuorisede'. Questo status consente di usufruire di agevolazioni fiscali per l'affitto (detrazione IRPEF del 19% del canone di locazione corrisposto) e di borse di studio (in base a criteri di reddito e di merito) più sostanziose rispetto ai colleghi 'pendolari' o 'in sede'. D'altro canto, però, il fuorisede - oltre a studiare - deve far fronte da solo alle incombenze della vita quotidiana lontano da casa come pagare le bollette e prepararsi da mangiare, spesso condividendo l'appartamento per dividere le spese.

G come Giornata di accoglienza. Welcome matricole! Ogni università prevede nel proprio calendario accademico - tra metà settembre e i primi di ottobre - una giornata di accoglienza dedicata alle 'nuove leve' del sapere. Il copione è più o meno lo stesso dappertutto e prevede: il saluto del magnifico rettore, la presentazione dei corsi di laurea da parte dei docenti, una breve esposizione del funzionamento dei servizi offerti dall'ateneo (come segreteria studenti, biblioteca e tutorato), la conoscenza con i rappresentanti degli studenti. Dulcis in fundo un aperitivo beneaugurante (ad maiora!) e la consegna di gadgetistica con il logo dell'ateneo.

H come Help desk. A volte semplici totem informativi con pannello touch screen, altre volte banchetti-mobili con tanto di tutor in carne ed ossa: ci si può rivolgere ai punti di help desk presenti nei corridoi della facoltà per chiedere informazioni e conoscere l'esatta ubicazione di un'aula, il luogo di un esame o l'orario di ricevimento di un professore. Negli atenei più tecnologici è possibile scaricare le info utili e le news d'ateneo direttamente sul cellulare, tramite bluetooth.

I come Indirizzo. Ogni percorso accademico è il risultato di molteplici scelte: l'università, la facoltà, il corso di laurea. All'interno di quest'ultimo si può scegliere uno specifico indirizzo di studi, che caratterizzerà la propria formazione universitaria attraverso l'approfondimento di determinati ambiti culturali. Per ciascun indirizzo sono previste materie 'fondamentali' obbligatorie e materie 'opzionali' a scelta dello studente: un'ulteriore possibilità per consentire a ciascuno di personalizzare il proprio cursus studiorum.

L come Libretto. La versione cartacea con tanto di timbro a secco della segreteria sopravvive ancora in qualche corso di laurea, mentre sta prendendo sempre più piede la versione elettronica - una tesserina magnetica - su cui viene "caricata" la carriera accademica dello studente. Il libretto universitario, in definitiva, rappresenta il biglietto da visita con cui ci si presenta agli esami, per questo - se ci si tiene a fare una buona impressione - è bene cercare di non "macchiarlo" con voti bassi e mantenere un'andatura costante, cercando di conseguire nei tempi prestabiliti gli obiettivi riportati nel proprio piano degli studi.

M come Manifesto degli studi. Il vademecum per cavarsi d'impaccio dalle trappole "burocratiche" in cui possono incorrere gli studenti alle prime armi - ma anche qualche "veterano" un po' distratto - si chiama manifesto degli studi e viene pubblicato ogni anno dall'università. Si tratta della raccolta - sistematica e ragionata - di tutte le corrette procedure da seguire per muoversi all'interno dell'ateneo e dialogare con l'amministrazione: dall'immatricolazione ai passaggi di corso, dalle tasse al riconoscimento dei crediti formativi.

N come Numero chiuso. Non tutti i corsi di laurea sono ad accesso libero: per alcune tipologie - come ad esempio Architettura e Medicina - è necessario superare un test di ammissione. Il cosiddetto 'numero chiuso', però, è molto diffuso nelle facoltà e può riguardare anche specifici insegnamenti o seminari che - per esigenze didattiche - possono rivolgersi soltanto a una ristretta platea di studenti: se il corso interessa è bene inoltrare la propria domanda d'iscrizione tempestivamente, perché vige l'aurea regola temporale del "chi prima arriva meglio alloggia".

O come Obiettivi formativi. Ciascun corso di laurea intende fornire ai propri iscritti le conoscenze e le competenze necessarie per raggiungere determinati obiettivi formativi e 'spendere' la propria professionalità accademica sul mercato del lavoro. Nello specifico il profilo culturale e professionale dello studente sarà il risultato del prodotto di diversi fattori: le abilità acquisite frequentando le lezioni e i seminari all'università, certo, ma anche i soggiorni di studio all'estero e gli stage in azienda, lontano dall'aula.

P come Piano degli studi. Per arrivare all'agognato traguardo della laurea non esiste un solo tracciato: ogni studente può costruirsi il proprio percorso accademico - nei limiti e secondo le modalità consentite dal proprio ateneo - scegliendo di approfondire alcune materie e tralasciandone altre opzionali. Nella compilazione del piano degli studi, in cui si mettono nero su bianco gli esami da sostenere per ogni anno accademico, bisogna fare attenzione alle propedeuticità e alle eccezioni: ci sono esami che non si possono dare prima di altri (pena la decadenza) e alcuni insegnamenti fondamentali non possono essere 'saltati'.

Q come Quiz. Dimenticate i lunghi temi che scrivevate alle Superiori e scegliete dove piazzare le crocette: ormai all'università 'esame scritto' è sempre più spesso sinonimo di 'quiz'. Una batteria di domande a risposta multipla per verificare la preparazione degli studenti in modo standardizzato e consentire ai docenti una correzione veloce (e imparziale) in vista dell'orale. I modelli più diffusi di test di verifica prevedono domande con quattro opzioni di risposta: due false, una parzialmente vera e soltanto una corretta. Occhio ai trabocchetti.

R come Ricevimento. Ogni professore, fuori dall'orario di lezione, è tenuto a mettere a disposizione del tempo per incontrare gli studenti, chiarendo eventuali dubbi e rispondendo a domande inerenti alla cattedra. Il ricevimento, di norma, si svolge a cadenza settimanale nei locali della facoltà in un giorno prestabilito. In alcuni casi, per essere sicuri di trovare udienza, occorre prenotare il colloquio 'dal vivo', inviando una richiesta tramite e-mail al docente.

S come Sessione. Si chiama così la 'finestra temporale' in cui è possibile prenotarsi agli appelli e sostenere gli esami presenti nel proprio piano degli studi. Convenzionalmente le sessioni d'esame si tengono alla fine delle lezioni (semestrali o annuali) e in genere sono tre nel corso dell'anno accademico (invernale, febbraio-marzo; estiva, giugno-luglio; autunnale, settembre-ottobre). In alcuni casi sono previste sessioni straordinarie riservate ai laureandi.

T come Tutor. Le matricole possono contare su un punto di riferimento presente in facoltà per rendere più facile la loro integrazione nel mondo accademico: il tutor. Questa figura - spesso uno studente senior selezionato dall'ateneo - ha il compito di assistere i neoiscritti fornendo loro indicazioni e suggerimenti di carattere burocratico, ma anche di supporto psicologico, per contrastare il senso di spaesamento che può colpire chi non ha ancora ben metabolizzato i ritmi universitari.

U come Università. Che sia pubblica o privata, secolare o di recente costituzione, grande o piccola, le matricole hanno scelto un'università per continuare gli studi, cioè l'istituzione scientifico-didattica che rappresenta il più alto livello d'istruzione, articolata in facoltà dove si svolge la didattica e dipartimenti dove si effettua la ricerca. Ciascuna università è dotata di personalità giuridica e di autonomia didattica, amministrativa e organizzativa.

V come Voto. Per valutare la preparazione agli esami il voto è espresso in trentesimi: per superare la prova il punteggio minimo è di 18/30, se lo studente riesce a ottenere il massimo (30/30) il professore può attribuire anche la lode. La media dei voti presi a tutti gli esami del piano degli studi (divisa per 3 e moltiplicata per 11) andrà a formare la base con cui ci si presenterà all'esame di laurea: la commissione può attribuire un punteggio (variabile a seconda della facoltà e dell'ateneo) per incrementare il voto di laurea che sarà espresso in centodecimi. Il voto minimo per ottenere il titolo è di 66/110, a chi riesce a conseguire 110/110 la commissione può assegnare anche la lode.

W come Webcattedra. Si chiama così la bacheca 2.0 dei docenti universitari, uno spazio virtuale che risiede sui server della facoltà e che offre informazioni su orari e corsi. Ormai pressoché tutti i professori utilizzano questo utile strumento per comunicare con i propri studenti: collegandosi in Rete alla webcattedra è possibile prenotare l'appello d'esame, scaricare le dispense delle lezioni, inviare domande e ricevere aggiornamenti dal docente senza doversi necessariamente recare in ateneo.

(02 settembre 2010)

 

 

Il lavoro e un titolo di studio

per sopravvivere alla crisi

Chi ha un elevato livello di istruzione, ha il triplo delle probabilità di entrare nel mercato del lavoro rispetto a chi ha una bassa istruzione. Per le nuove assunzioni i direttori del personale preferiscono laureati in economia e diplomati in indirizzo amministrativo

di FEDERICO PACE

Il lavoro e un titolo di studio per sopravvivere alla crisi

La formazione aiuta. In questi anni difficili, la caduta dell'occupazione ha toccato, per molti, livelli drammatici. A pagare il conto più salato sono stati soprattutto gli italiani e le italiane con un'istruzione inferiore. Per loro, l'occupazione si è ridotta di quasi cinque punti percentuali. In termini assoluti questo ha voluto dire una perdita di quasi 400mila posti di lavoro in un solo anno. Hanno resistito meglio, anche se in uno scenario sempre più difficile, le figure che erano in possesso di un livello di istruzione superiore. Il numero di occupati con un diploma di scuola superiore secondaria è cresciuto dello 0,4 per cento, mentre l'occupazione dei laureati, seppure invertendo l'andamento di anni di crescita, è diminuita in misura modesta (-0,3 per cento).

Probabilità di ingresso. In questo contesto, la probabilità di trovare un impiego, anche se per tutti si è ridotta in maniera significativa, soprattutto per i più giovani, resta decisamente più alta per le persone in possesso di un titolo di studio elevato. La quota, anche in piena crisi, è pari a oltre 3,5 volte la probabilità di ingresso chi è ha un basso livello di istruzione (al massimo la licenza media inferiore). Nel 2009, secondo le elaborazioni messe a punto nel Rapporto del Cnel presentato a luglio, chi aveva un livello di istruzione elevato è riuscito a passare di status (da disoccupato a occupato) in più del 20 per cento dei casi. A confronto, è riuscito a fare lo stesso solo il 10 per cento di chi aveva un livello di istruzione media e solo il 5 per cento nei casi di un'istruzione inferiore.

Cuochi e dirigenti. Ma cosa succederà adesso? Alla fine del tormentato 2010, secondo Unioncamere, saranno poco più di mezzo milione le assunzioni, non stagionali, che le imprese avranno fatto. Per la metà di questi posti, il titolo di studio è molto importante. Chi non ha un titolo di studio adeguato avrà pochissime chance di occupare un posto da dirigente, da specialista o anche da contabile o informatico. Ma un titolo di studio sarà importante anche per i cuochi o per il personale di segreteria. Inciderà meno invece per le professioni nelle attività commerciali e ancora meno per gli operai specializzati seppure anche per alcuni di loro il titolo di studio avrà lo stesso un certo peso.

I titoli di studio per le assunzioni. Il gran numero dei nuovi impieghi andrà ai diplomati. In tutto saranno 243 mila, una cifra di poco superiore a quella dell'anno scorso (222 mila). Di queste selezioni, il 30 per cento (70 mila) è destinata a chi è uscito da un indirizzo amministrativo e commerciale. Tra i diplomati più richiesti ci sono anche quelli dell'indirizzo meccanico (circa 23 mila), del turistico e alberghiero (14 mila) e dell'elettrotecnico (10 mila).

Poco meno di 70 mila posti andranno invece a chi è in possesso di un titolo di laurea, non si tratta solo di neolaureati, ma di tutto l'universo composto da chi è uscito, prima o dopo, da un ateneo italiano. In questo caso i direttori del personale guardano soprattutto ai laureati in economia (20 mila posti), in ingegneria elettronica e dell'informazione (7,3 mila), indirizzi sanitari e paramedici (6,4 mila) e nell'insegnamento e formazione (5,2 mila). È bene ribadire, sopratutto in quest'ultimo caso, che si tratta di assunzioni nel settore privato.

Altre 176 mila nuovi impieghi riguarderanno figure con un titolo della scuola dell'obbligo mentre saranno 65 mila quelle destinate a chi ha una qualifica regionale di istruzione (soprattutto indirizzo socio-sanitario, edile, amministrativo-commerciale e turistico-alberghiero).

Le collaborazioni e i tecnici. Ma, ovviamente, le imprese non prevedono solo assunzioni, quelle con un contratto a tempo indeterminato o a termine, ma anche contratti di collaborazione. Tra quelli a progetto (in tutto saranno 181 mila) che le imprese offriranno ai candidati, la metà andranno ai diplomati (93 mila). Ai laureati ne andranno circa 65 mila mentre i rimanenti 22 mila se li assicureranno quelli che hanno fatto la scuola dell'obbligo, hanno una qualifica regionale di istruzione o sono in possesso di un titolo di formazione professionale. Quanto al tipo di figure, i contratti di collaborazione riguarderanno soprattutto professioni tecniche (82 mila) e impiegati (31 mila). Dà da pensare, in questo casso, l'elevato numero di contratti di questo tipo (29mila) che coinvolgeranno un gruppo professionale molto strategico come quello delle professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione.

Tra progettazione e marketing. Il peso di chi ha un titolo di laurea si sentirà soprattutto nelle assunzioni che le imprese faranno nelle aree tecniche e della progettazione. In questo caso, dei 15 mila posti previsti, il 63 per cento andrà a chi ha un livello di istruzione universitario così come accadrà al 43,4 per cento delle circa 2,6 mila figure che verranno assunte nella certificazione e nel controllo della qualità. I direttori del personale guarderanno con interesse a figure in possesso di una laurea anche per le assunzioni nell'area commerciale e della comunicazione: a chi ha un curriculum universitario andrà la metà delle 10 mila assunzioni.

Contabilità e segreteria. I diplomati verranno presi in considerazione soprattutto per l'area amministrativa: a loro andranno più dell'80 per cento delle 34 mila assunzioni previste. Quote elevate anche per le posizioni di segreteria, staff e servizi generali di assistenza alla direzione: ai diplomati il 73 per cento dei 13,4 mila nuovi impieghi. Anche la logistica sarà uno sbocco concreto per chi è in possesso di un livello di istruzione secondario: a loro andrà quasi il 60 per cento dei 12 mila nuovi posti.

Le aree geografiche. Le assunzioni per i laureati si concentreranno in particolare nel nord ovest dove nel 16,3 per cento dei casi (rispetto a una media del 12,5 per cento) i responsabili delle risorse umane preferiscono chi ha un livello di formazione universitario. Anche nelle imprese del centro la quota per laureati è superiore alla media (13,8 per cento). La città con la più alta "propensione" per candidati laureati è Milano (il 24,1 per cento). Dietro il capoluogo lombardo vengono Torino (19,9 per cento) e Roma (18,8 per cento).

L'incertezza del posto. In media i datori di lavoro offriranno un contratto a tempo indeterminato solo nel 46,3 dei casi. Molto meno di quanto non accadeva cinque o sei anni fa. Ad ogni modo, le figure in possesso di un titolo universitario riusciranno a strapparne una percentuale leggermente più elevata (il 53 per cento). In questo scenario, le posizioni che le imprese andranno a coprire riservate ai professionisti con un titolo di laurea nell'indirizzo geo-biologico e nelle biotecnologie saranno quasi per il 70 per cento con un contratto a tempo indeterminato. Va detto che questi posti sono relativamente pochi: solo 470 nel 2010.

Prevarrà il posto fisso anche per quelle figure con una formazione universitaria legata agli indirizzi di ingegneria (tra il 61,9 e il 63,3 per cento), medico e odontoiatrico (64,4 per cento), scientifico, matematico e fisico (65,7 per cento). Quanto a chi ha un percorso di livello secondario e post-secondario, quelli che hanno maggiori possibilità di trovare un posto fisso sono quelli dell'indirizzo edile e quelli dell'indirizzo informatico

Tra i professionisti con un titolo universitario, hanno meno probabilità di avere un contratto stabile quelli dell'indirizzo insegnamento e formazione (il 29,6 per cento), in ingegneria civile e ambientale (34,5 per cento), linguistico, traduttori e interpreti (solo il 33,1 per cento), agrario, agroalimentare e zootecnico (il 35,9), letterario, filosofico, storico e artistico (43,9) e psicologico (45 per cento).

(03 settembre 2010)

 

 

 

Un decalogo per essere più sicuri

Vademecum per matricole: dieci regole per partire con il piede giusto e non perdere la bussola in facoltà

di MANUEL MASSIMO

Un decalogo per essere più sicuri

UN AMBIENTE nuovo, grande e tutto da esplorare: l'ingresso all'università rappresenta un momento di passaggio importante, ricco di esperienze, che per alcuni può essere traumatico. Passata l'euforia dei primi giorni da matricola può subentrare un senso di disorientamento rispetto agli automatismi che regolavano la propria vita di studente delle Superiori: non c'è più una piccola classe di compagni affiatati, ma tanti corsi da seguire con centinaia di colleghi (ancora) quasi estranei; il tempo non è più scandito dal suono della campanella, ma bisogna crearsi il proprio orario settimanale delle lezioni da seguire; i fuorisede, oltre al distacco familiare, possono avere problemi relazionali con i coinquilini e difficoltà nel gestire il loro nuovo ménage casalingo fatto di turni di pulizia e bollette da pagare.

Un approccio sereno all'università avrà una ricaduta positiva anche fuori dall'aula, per questo è bene che la matricola tenga ben presente alcune semplici regole: un decalogo all'insegna pragmatismo, per partire con il piede giusto.

1. Facoltà di frequenza. Seguire contemporaneamente tutti i corsi attivati per il primo anno - laddove non ci sia frequenza obbligatoria - non solo non è consigliabile ma può anche essere controproducente: chi si lascia sopraffare dall'ansia di seguire "tutto insieme" rischia di non avere abbastanza tempo a disposizione per studiare e si sottopone ad un'inutile situazione di stress. Occorre selezionare con cura i corsi da seguire: meglio puntare sulle materie particolarmente 'ostiche e/o quelle in cui - da frequentanti - si possono sostenere "esoneri" durante il corso dell'anno per ridurre il programma d'esame.

2. Studiare con metodo. Il fattore più importante con cui bisogna imparare a prendere confidenza per preparare gli esami all'università è il 'tempo': un errore di valutazione sulla difficoltà e/o la lunghezza del programma da studiare può compromettere il buon esito della prova. Prendere appunti a lezione, fare schede riassuntive dei libri e fissare gli argomenti attraverso mappe concettuali sono tutti validi strumenti per prepararsi: l'importante è che si abbia il tempo per metabolizzare queste nuove conoscenze, dunque bisogna cercare di non ridursi all'ultimo momento.

3. Gruppi di studio. Studiare con altre persone può rappresentare un'ottima occasione anche per socializzare e per farsi nuovi amici. Ogni facoltà mette a disposizione appositi spazi (come le biblioteche e le sale di lettura) dove poter preparare gli esami e intrecciare nuovi rapporti, allentare le tensioni e trovare la giusta concentrazione per ottenere buoni risultati confrontandosi con gli altri e divertendosi.

4. Vita di facoltà. Oltre alle lezioni, in ateneo è possibile seguire anche attività culturali, convegni e momenti conviviali: un modo per vivere appieno le tante opportunità "extra accademiche" offerte dall'università e svagarsi.

5. Allargare gli orizzonti. In attesa di fare domanda per il progetto Erasmus (cui si può accedere a partire dal secondo anno) le matricole possono partecipare ai corsi di lingue straniere e ai seminari monografici organizzati dalla propria facoltà, oltreché alle visite guidate fuori dalle mura accademiche: per avere una formazione completa e di ampio respiro.

6. Parlare con i docenti. Incontrare faccia-a-faccia un professore può mettere in soggezione, soprattutto una matricola: però, passato il primo momento d'imbarazzo, entrare in contatto con i docenti può aiutare non solo a sciogliere i dubbi, ma anche ad acquistare maggior fiducia in se stessi.

7. Essere sempre informati. Monitorare le bacheche presenti in facoltà e controllare periodicamente il sito internet dell'università: per essere sempre aggiornati sulle iniziative dell'ateneo, sugli orari delle lezioni e degli esami.

8. Agevolazioni accademiche. In base a determinati criteri di reddito e di merito anche le matricole possono accedere a misure economiche di sostegno erogate dalle aziende regionali per il diritto allo studio come l'esonero o la riduzione delle tasse, le borse di studio, gli sconti per i trasporti pubblici e il servizio mensa. In molti casi il semplice fatto di essere iscritti all'università garantisce, grazie ad apposite convenzioni, sconti per il cinema, per gli spettacoli teatrali e per i musei.

9. Rispettare le scadenze. Per evitare di incorrere in spiacevoli inconvenienti di carattere burocratico occorre rispettare scrupolosamente le scadenze accademiche: pagare per tempo le rate delle tasse d'iscrizione (altrimenti scatta la mora), prenotarsi agli esami rispettando i termini d'iscrizione (pena l'impossibilità di sostenerli) e consegnare alla segreteria didattica entro la data prevista il proprio piano degli studi (valido previa approvazione del consiglio di facoltà).

10. Sport in ateneo. "Mens sana in corpore sano": il motto latino è valido anche all'università. Va bene studiare, ma non bisogna trascurare la forma fisica: andare a lezione in bicicletta o a piedi, fare una passeggiata dopo un pomeriggio passato sui libri e seguire un regime alimentare equilibrato aiutano a mantenersi tonici. Inoltre le attività organizzate dal Cus (Centro universitario sportivo) sono economiche e possono contribuire al benessere psicofisico degli studenti.

(02 settembre 2010)

 

 

Un tutor per amico, quando funziona

Una figura ad hoc per aiutare gli studenti a superare le difficoltà dell’università. Spetterebbe ai docenti, ma sono di solito studenti 'senior' di MANUEL MASSIMO

Un tutor per amico, quando funziona

SUPERATO lo scoglio della Maturità per le future matricole è già tempo di tuffarsi in una nuova sfida, proiettandosi di slancio verso il mondo accademico. Un percorso a tappe impegnativo, da costruire giorno per giorno, che va programmato con cura e seguito con scrupolo per arrivare al traguardo finale con il vento in poppa. Ma nel mare magnum delle facoltà può capitare di incappare in inconvenienti e perdere di vista la propria 'rotta' fatta di lezioni da seguire, esami da sostenere e crediti da acquisire in tempi prestabiliti. Per ritrovare la bussola - e scongiurare il pericolo 'abbandono' - gli studenti, specie quelli del primo anno, possono fare affidamento su una figura ad hoc messa loro a disposizione dall'ateneo: il tutor universitario.

Chi è. Un po' psicologo, un po' fratello maggiore, il tutor fornisce assistenza agli studenti durante il loro percorso di studi. A rivestire questo ruolo, che spetterebbe formalmente e istituzionalmente ai docenti, sono nella maggior parte dei casi studenti 'senior' selezionati dall'università attraverso un apposito bando: laureandi, neolaureati e dottorandi poco più grandi dei ragazzi in cerca di risposte ai loro dubbi e di soluzioni pratiche per i loro problemi. Il tutor può contare su una collaborazione stabile (semestrale o annuale) e retribuita (circa 10/15 euro l'ora) che gli consente di 'arrotondare' mantenendo un piede in ateneo: un impegno non particolarmente gravoso conciliabile con lo studio e/o con il lavoro.

Che cosa fa. I compiti di un tutor universitario sono molteplici e si possono riassumere nel trittico 'accoglienza-informazione-orientamento': il suo ruolo è complementare rispetto a quello burocratico/formale della segreteria perché offre una consulenza 'mirata' fondata sull'esperienza pratica della vita universitaria, riuscendo a stabilire un contatto 'empatico' con gli studenti. Prima di iniziare ad 'operare' attivamente, i tutor di norma seguono un breve corso di formazione interno tenuto da specialisti - psicologi e educatori - per svolgere al meglio la propria attività.

Dall'immatricolazione al post laurea. Il servizio di tutorato è diretto a orientare e assistere gli studenti lungo tutto il percorso degli studi, rendendoli attivamente partecipi del processo formativo e rimuovendo gli eventuali ostacoli che si dovessero presentare sul loro iter accademico: attività finalizzate a rendere più efficaci e produttivi gli studi universitari. Nelle prime fasi della carriera studentesca, il compito del tutor è soprattutto incentrato sull'accoglienza e deve contribuire a facilitare il passaggio tra la scuola secondaria e il mondo accademico, aiutando le matricole a 'prendere il ritmo'. La funzione tutoriale prosegue negli anni accademici e l'ambito d'intervento centrale diventa quello di assistenza: 'dritte' su come migliorare la qualità dell'apprendimento, consulenze per costruire il piano degli studi, news sui programmi di mobilità internazionale. Ma non è finita qui: il tutor ha anche il compito di indirizzare e seguire i neolaureati nell'accesso al mondo del lavoro operando in stretta connessione con le attività di job placement promosse dall'ateneo.

(02 settembre 2010)

 

 

 

2010-09-03

"Non speculate sulla pelle dei ragazzi"

Sulla scuola il monito di Avvenire

"La signora ministro - afferma il giornale dei vescovi - ha affrontato con gagliarda e dunque controversa volontà riformatrice sia l'Università che la scuola. Una partita personale e politica su cui sta scommettendo molto"

"Non speculate sulla pelle dei ragazzi" Sulla scuola il monito di Avvenire Manifestazione dei precari della scuola a Montecitorio

ROMA - Secondo il giornale dei vescovi Avvenire il ministro Maria Stella Gelmini ha affrontato la questione del precariato nelle università "con gagliardia", scommettendo molto sulla sua controversa volontà riformatrice. Uscirà domani nel giornale dei vescovi un editoriale contenente un duro monito a chiunque lavori nel mondo della scuola, non ultimo il ministro dell'Istruzione.

"Nell'anno scolastico che sta per cominciare - si legge nell'editoriale - non si guardi ad altri interessi che non siano quelli dei ragazzi, non si sfrutti il loro nome per richieste e pretese, per quanto comprensibili. Non si faccia carriera sulla loro pelle. Il che vale per il ministro, e per ogni adulto che ha una funzione nella scuola". "La signora ministro - continua l'articolo - ha affrontato con gagliarda e, dunque, controversa volontà riformatrice sia l'Università che la scuola. Una partita personale e politica su cui sta scommettendo molto".

Partita sulla quale il giudizio dei vescovi rimane sospeso. "Nonostante gli sforzi e i molti problemi lasciati per strada - spiega l'editoriale - anche quest'anno il panorama dell'avvio del nuovo anno scolastico appare confuso e pieno di ombre". "Speriamo - auspica Avvenire - che prevalga in tutte le parti la buona volontà di salvaguardare l'essenziale e di evitare, anche e soprattutto là dove le condizioni non sono buone, che si esacerbi il tutto, ma si faccia in modo che i bambini e i ragazzi non patiscano maggiore disagio".

"In giro - osserva Avvenire - ci sono un sacco di furbastri che campano sulla e nella scuola e però dei ragazzi gliene interessa assai meno del giusto". Mentre "trattare male la scuola - avverte il giornale dei vescovi - è il reato più grave oggi in Italia", oltre che un peccato ignominioso. E chi lo fa meriterebbe di essere portato davanti ad un "plotone di esecuzione" di ragazzi armati di "pistole ad acqua, elastici, schioppi di legno o mitragliette con i suoni elettronici". Un plotone che, a guardare come vanno le cose "sarebbe schierato dalla mattina alla sera".

La precisazione di Avvenire. Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, è intervenuto sul sito del quotidiano sottolineando l'emergere, nelle ultime ore, di "una piccola tempesta di interpretazioni, in dura e preconcetta chiave anti-ministro", di un editoriale pubblicato questa mattina sul giornale dei vescovi dedicato alla scuola. "Un'interpretazione libera - scrive Tarquinio - ma che non sta né in cielo né in terra. Perché il nostro pensiero è chiaro, il 'comandamento' - insiste - è chiaro: non strumentalizziamo i ragazzi, non usiamoli per i nostri fini". Un messaggio che l'articolo di Davide Rondoni, intitolato "Le orme dei giovani sulla strada della scuola", indirizzava direttamente nell'occhiello agli 'addetti ai lavori'. "Tutti, gli addetti, dal ministro Mariastella Gelmini a 'ogni adulto che ha funzione nella scuola'", precisa Tarquinio. "Siamo infatti abbastanza liberi e sereni - aggiunge il direttore di Avvenire - da intervistare il ministro della Pubblica Istruzione sulla sua 'rivoluzione del merito' e, contemporaneamente, da registrare e proporre problemi - seri o di sospetta origine ideologica e corporativa - del mondo scolastico che reclamano risposta".

Avvenire stesso smentisce le interpretazioni anti-ministro che sono state date al commento pubblicato oggi e dedicato all'inizio dell'anno scolastico. "Abbiamo indicato il nodo più intricato e la più pressante necessità: 'Salvaguardare l'essenzialè, cioè 'servire' i bambini e i ragazzi che frequentano la scuola pubblica italiana, che è insieme statale e paritaria non statale". "Abbiamo chiesto a tutti - ancora con le parole di Davide Rondoni - di non 'trattare male la scuola'. E cioè di non 'usarla per altro motivo' che non sia quello suo proprio".

(03 settembre 2010)

 

 

 

 

2010-09-02

Gelmini all'attacco dei precari

"Strumentalizzati dalla politica"

Il ministro a Palazzo Chigi presenta le novità dell'anno scolatico 2010-2011 e affronta la questione dei lavoratori della scuola. Chiede alle forze politiche di non strumentalizzarla e si dice disponibile al confronto "ma solo se si tratta di ragionare". Bersani attacca: "Gelmini e Tremonti come i padroni delle ferriere"

di SALVO INTRAVAIA

Gelmini all'attacco dei precari "Strumentalizzati dalla politica" Mariastella Gelmini

ROMA - Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, non incontrerà i precari in sciopero della fame da giorni in mezza Italia. L'attesa per la conferenza stampa sull'avvio dell'anno scolastico di questa mattina a Palazzo Chigi era tutta per loro: i precari che manifestano contro i tagli. La Gelmini ha parlato delle novità che accompagneranno l'inizio delle lezioni. In primis: la riforma "epocale" della scuola secondaria di secondo grado, che parte fra qualche giorno dalle prime classi. Ha poi parlato del tempo pieno alla scuola elementare, che secondo i conteggi del ministero aumenta rispetto all'anno scorso, del sostegno, del nuovo concorso per dirigente scolastico e della riforma "epocale" del reclutamento degli insegnanti, che dovrebbe porre un freno al precariato.

Ma l'attenzione era focalizzata su precari. Di fronte alle proteste di piazza, la Gelmini esprime "solidarietà ai precari che manifestano il loro disagio" per la perdita del lavoro causata dei tagli, ma al momento non li incontrerà. "Ho incontrato i precari tante volte", ha detto il ministro. E chi si attendeva una apertura dall'inquilino di viale Trastevere è rimasto deluso. Il ministro non incontrerà i precari perché sono stati strumentalizzati da forze politiche. "Non occorre strumentalizzare il disagio come stanno facendo in questo momento alcune forze politiche. Si scopre - risponde - che alcuni di quelli che protestano in piazza non sono precari ma esponenti di Italia del valori".

E per spiegare l'ineluttabilità dei tagli che dovrebbero rimettere in piedi la scuola ha detto: "Il governo non è onnipotente e non può tutto. Siamo in un momento di crisi e occorre razionalizzare le risorse al meglio". "Non è possibile - prosegue - che il 97 per cento delle risorse complessive, 43 miliardi di euro circa, vengano utilizzate per stipendi come adesso. Se vogliamo una scuola di qualità non si può spendere solo il 3 per cento delle risorse". Secondo la Gelmini 760 mila docenti in Italia "sono più che sufficienti" e il taglio "vero" sui precari effettuato dal governo sarebbe di appena 12 mila cattedre: 10 mila l'anno scorso e 2 mila quest'anno. In pratica, i pensionamenti hanno attenuato la sforbiciata di 67 mila cattedre in due anni.

"I precari in sciopero della fame chiedono da giorni di incontrarla, lo farà?", chiede una cronista. "No, al momento", risponde il ministro, che prosegue: "Chi protesa non sa ancora di essere stato escluso dalle supplenze, questo si vedrà fra qualche settimana e non voglio aggiunge altre tensioni proprio in avvio dell'anno scolastico. Sono disponibile a un incontro con i precari quando vedrò che la nostra azione a sostegno anche dei precari sarà giustamente considerata e poi anche quando verificherò che gli accordi con le Regioni verranno adeguatamente presi in considerazione", spiega il ministro, chiarendo che "se si preferisce l'indennità di disoccupazione alle possibilità che si aprono con gli accordi regionali" allora c'è qualcosa che va verificato.

Il governo, oltre a tagliare 87 mila cattedre e 42 posti di personale non docente in tre anni, starebbe facendo tanto per i precari: un decreto salva-precari che dà la priorità nell'attribuzione delle supplenze a color che hanno perso la cattedra e una serie di accordi regionali che, sfruttando fondi Ue, impegnano a scuola una fetta dei precari "tagliati". Sulla questione del precariato, la ministra è netta. "Duecento mila precari sono il frutto di decenni di politica in cui si sono distribuiti posti che la scuola non era in grado di assorbire. Se si vuole far passare l'idea che 200 mila precari sono frutto della Finanziaria e dell'azione del governo Berlusconi, allora non sono disponibile. Non sono disponibile a prestare il fianco agli attacchi al governo che può essere anche legittimo, ma noi andiamo avanti a lavorare".

Il resto della conferenza stampa ha toccato il tema delle novità. Il ministro snocciola dati, parla di sostegno e tempo pieno. Fra pochi giorni, parte la riforma della scuola secondaria di secondo grado: "docenti e dirigenti sono stati messi nelle condizioni di operare al meglio". Le famiglie hanno premiato le novità: come i licei linguistici e i musicali. Inoltre, in un biennio il tempo pieno alla scuola elementare è cresciuto del 3 per cento. Per il ministro, il governo ha anche tutelato gli alunni disabili. "I posti per il sostegno cresceranno a 93 mila e 700 unità. Nessun disabile rimarrà senza sostegno, ma non ci devono essere sprechi".

"Il libro dei sogni del ministro Gelmini - dichiara Francesca Puglisi, responsabile Scuola per la segreteria del Pd - contrasta con la drammatica realtà della scuola e dei problemi che si riverseranno sulle famiglie italiane: l'anno scolastico parte con 50 mila classi senza insegnanti, mille e 600 senza presidi, 8 miliardi di euro in meno in tre anni e 170 mila docenti e dipendenti della scuola pubblica lasciati per strada dopo anni di lavoro. Il resto, purtroppo, sono solo chiacchiere e numeri che non hanno alcun riscontro nella realtà. D'altra parte - conclude - non ci vorrà molto per appurarlo, visto che tra poco i nostri ragazzi toccheranno con mano i problemi della scuola e constateranno di persona se, ad esempio, come dice il ministro Gelmini, il tempo pieno è aumentato o no".

La riposta di Bersani. Ed è arrivata, durissima, la risposta dalle opposizioni. "C'è gente precaria nella scuola, che dopo dieci, dodici anni viene mandata a casa. Neanche i padroni delle ferriere fanno quello che stanno facendo Gelmini e Tremonti", ha detto Bersani. "C'è gente che ha fatto il mutuo ed ora non sa come pagarlo, gente disperata che va letteralmente a piangere nelle banche. neanche i padroni

delle ferriere fanno quello che stanno facendo Gelmini e Tremonti".

(02 settembre 2010)

 

 

 

2010-08-20

INCHIESTA ITALIANA

Tangenti, truffe, poco lavoro

La formazione è una fabbrica di precari

Ci sono 2,3 milioni di persone in cerca di un posto, un mercato enorme per i professionisti dei corsi. Gli unici a godere dei fondi stanziati sono gli organizzatori e negli ultimi anni i casi di raggiro si sono quintuplicati. Centinaia di iniziative ma senza reali sbocchi

di DAVIDE CARLUCCI e ANTONIO FRASCHILLA

Tangenti, truffe, poco lavoro La formazione è una fabbrica di precari

Ogni uomo che perde il lavoro per loro è una straordinaria opportunità. Ogni donna che non riesce a trovarlo per loro è una risorsa. I precari sono il loro target, gli operai in esubero il loro pane quotidiano. Sono i professionisti della disoccupazione. Organizzano corsi di formazione, a volte finti, spesso inutili. E mai come ora fanno affari: con la crisi, secondo le ultime rilevazioni Istat, il numero degli italiani in cerca di lavoro è salito alla cifra record di 2,3 milioni, e altri 230mila posti si bruceranno, secondo Confindustria, entro il 2010: per loro è una manna dal cielo. Quanti sono gli enti che utilizzano i fondi per la ricollocazione dei lavoratori solo per giustificare la loro esistenza? Quali risultati hanno prodotto finora, quante persone hanno reinserito? Per rispondere a queste domande bisogna prima descrivere un sistema che attira ogni anno - oltre agli investimenti privati delle famiglie per corsi di avviamento al lavoro - finanziamenti pubblici per quasi 20 miliardi di euro.

LA TORTA

Alla cifra si arriva sommando la metà dei "32 miliardi di euro nel biennio" che secondo il ministro del Welfare Maurizio Sacconi sono a disposizione, tra fondi nazionali e comunitari, per gli ammortizzatori sociali e i 2,5 miliardi destinati alla formazione professionale. Di quest'ultima somma, una parte consistente viene destinata ai corsi per disoccupati, apprendisti, giovani alla prima esperienza o lavoratori a rischio di esclusione: a tutte queste attività, secondo l'ultimo rapporto Isfol, hanno partecipato 360mila persone. La Lombardia, tra le regioni più colpite dalla crisi, ha stanziato nel 2009 112 milioni di euro per le "doti formative". Sicilia e Campania, afflitte da disoccupazione cronica, spendono 500 milioni di euro all'anno. Tutto questo fiume di denaro alimenta gli appetiti degli speculatori?

LE INCHIESTE

"Development enterprise tourism", "cooperazione internazionale", "business administration & finance": leggendo l'elenco delle materie che s'insegnavano ai corsi formativi organizzati a Padova da alcune cooperative della Compagnia delle Opere sembrava di essere ad Harvard. Ma per la procura era una gigantesca montatura, così come erano gonfiate le ore di lezione e di lavoro svolte e il numero dei docenti impegnati: tutto per arrivare a rendicontare 561mila euro, la cifra intascata dal ministero, dall'Unione europea e dalla Regione Veneto. Pensava in grande anche Tonino Tidu, un tempo assessore Dc sardo e presidente dell'Enaip, tuttora nel consiglio nazionale delle Acli, imputato in un processo a Cagliari: avrebbe gestito, secondo l'accusa, 358mila euro di finanziamenti regionali per corsi per "operatore su pc", "addetto alle piante aromatiche e officinali" e "orticoltore" senza produrre un posto.

Di inchieste così se ne trovano in tutti i palazzi di giustizia italiani. A novembre si apre a Roma il processo al deputato Pdl Giorgio Simeoni, accusato di aver ricevuto, da assessore regionale alla Scuola, nel 2005, una tangente da 100mila euro dai titolari di una società per chiudere un occhio sui corsi di formazione inesistenti, ma regolarmente finanziati con contributi comunitari, da loro organizzati. In Liguria ogni partito aveva il suo consorzio da spingere, come sta dimostrando un'inchiesta della procura di Genova che vede coinvolti, tra gli altri, l'assessore regionale alla Pesca Giancarlo Cassini e il consigliere Vito Vattuone, del Pd, e Nicola Abbundo, del Pdl, teorico, nei tempi in cui era assessore, del "modello ligure dell'eccellenza formativa". E se in Campania gli stage dei mille partecipanti al progetto "Isola" avvenivano solo sulla carta, in Puglia, ai tempi del centrodestra, i fondi per l'inserimento dei disabili finivano in tasca ad assessori, funzionari regionali e imprenditori: così sono spariti cinque milioni di euro, assicurano i magistrati nel processo tuttora in corso. Dopo gli scandali, le giunte di Vendola hanno cercato di far pulizia tra i cosiddetti enti storici della formazione. Tra ottobre e dicembre del 2009 sono stati sospesi gli accreditamenti per quattro agenzie. Come il Cefop, il centro europeo per la formazione ed orientamento professionale, che era stato ammesso a finanziamenti per 4,2 milioni di euro per corsi come "operatore audiovisivo" e "animatore di villaggi turistici". "Ora - spiega l'assessore regionale Alba Sasso - rivedremo tutti i criteri per l'accreditamento e cercheremo di recuperare i debiti, per decine di milioni di euro, che gli enti hanno accumulato verso la Regione". Molto rigoroso nel valutare i risultati della formazione professionale attraverso monitoraggi periodici è il Friuli-Venezia Giulia. La percentuale di inserimento dei cassintegrati e dei disoccupati friulani è molto alta. Ma è così in tutt'Italia?

IL CASO SICILIA

La risposta della procura della Corte dei conti siciliana è no: per ogni corso di formazione solo un disoccupato e mezzo trova effettivamente lavoro. I costi della collettività per ogni occupato, secondo i calcoli dei magistrati contabili, ammontano a 72mila euro. Soldi che in Sicilia vanno a 400 enti privati i quali danno lavoro a 7300 persone, ai quali andrebbero aggiunti i 1800 impiegati agli sportelli multifunzionali affidati ai privati dalla Regione, che nel frattempo spende altri 60 milioni di euro per finanziare i centri per l'impiego pubblici. L'isola è tra la regioni con il più alto tasso di disoccupazione, il doppio rispetto alla media italiana. E così l'Europa attraverso il Fondo sociale dal 2003 al 2010 ha fatto piovere in Sicilia 1,5 miliardi di euro per finanziare i corsi. Il risultato? Un boom di enti che fanno capo a politici targati Mpa, Pdl, Pd e Udc, sindacati (Cisl e Uil ricevono la gran parte dei finanziamenti) e associazioni cattoliche (dai salesiani alle Acli). Tutti enti accreditati dalla Regione per far diventare i disoccupati siciliani marinai, artigiani, parrucchieri, esperti informatici, colf o badanti.

La maggior parte dei formatori sono stati assunti tra il 2006 e il 2008, a ridosso delle grandi tornate elettorali che hanno portato sul trono della Regione prima Salvatore Cuffaro e poi Raffaele Lombardo. Un ginepraio che garantisce un sussidio che va dai 400 ai 1.000 euro al mese per oltre quarantamila corsisti che ogni anno si siedono sui banchi d'oro pagati dalla Regione. Gli assessori che hanno guidato la Formazione, da Francesco Scoma a Santi Formica entrambi del Pdl, sono diventati i re dei consensi. Nella formazione la politica la fa da padrone: i nomi di Francantonio Genovese e Gaspare Vitrano del Pd, oppure quelli di Lino Leanza, numero due dell'Mpa di Lombardo, o Nino Dina dell'Udc sono a dir poco conosciuti in decine di enti di formazione. Ma anche i sindacati la fanno da padrone, in questo settore, dove si trovano a difendere i lavoratori ma anche i padroni, che sono loro stessi. Lo Ial della Cisl e l'Enfa della Uil ricevono ogni anno oltre 30 milioni di euro. Poi ci sono le associazioni cattoliche: i salesiani gestiscono ad esempio il Cnos Fap, mentre tra gli enti finanziati c'è l'Efal, che fa capo al Movimento cristiano lavoratori finito nell'occhio del ciclone per l'arresto di uno dei suoi dirigenti, l'architetto Giuseppe Liga, accusato dai pm di Palermo di essere l'erede dei boss Lo Piccolo.

I magistrati hanno scoperto che nel 2010 l'Efal, l'ente di formazione del movimento, ha ricevuto dalla Regione un sostegno di sei milioni e 336 mila euro. Fino a pochi giorni fa l'architetto era un insospettabile, ma è stata un'anticipazione dell'inchiesta finita sui giornali che aveva indotto l'Mcl a sospendere il professionista. Anche la Corte dei conti e la Guardia di finanza da tempo indagano sul business della formazione siciliana. I magistrati contabili hanno contestato a diversi enti corsi fantasma e somme non rendicontate. E ci sino stati i primi arresti, come quello di un insospettabile professore di Palermo, condannato in primo grado a 8 anni per aver intascato, attraverso conti all'estero, 9 milioni di euro dai 20 milioni ricevuti per corsi di formazione con i fondi europei.

IL NORD "EFFICIENTE"

La montagna ha partorito un topolino anche nell'efficiente Lombardia, dove 64mila persone hanno beneficiato, nel 2010, della "dote lavoro", per un totale di 45,8 milioni di euro impegnati. La metà dei fondi tuttavia, sono stati gestiti da dieci operatori. Chi sono? I soliti noti, enti di area Cl - o più in generale cattolica - come l'Enaip, lo Ial-Cisl, Obiettivo Lavoro. La maggior parte dei servizi svolti riguarda il colloquio di accoglienza di primo livello, il bilancio di competenze, il coaching e i corsi di formazione: le cifre dei destinatari, per queste voci, oscillano tra i 34mila e i 62mila. Ma se poi si passa dall'orientamento all'accompagnamento concreto al lavoro i numeri si abbassano penosamente: solo 168 allievi hanno avuto un supporto per l'autoimprenditorialità, in 94 sono stati accompagnati agli stage, 22 al tirocinio e appena 5 al "training on the job". Ma lo storico paradosso dei formatori - che non riescono a lenire la disoccupazione altrui, ma intanto trovano un posto a sé stessi - non regge più come una volta. Gigi Rossi, della Cgil, segnala il fenomeno del "precariato nei sistemi regionali della formazione professionale. E soprattutto al Nord, con la crisi - aggiunge - è diffuso l'uso, da parte degli enti, di invitare caldamente i collaboratori a trasformarsi in finti imprenditori con partita Iva".

MONTAGNE DI CARTA

Gli enti di formazione servono davvero a qualcosa o hanno finito per creare una "sovrastruttura" - come scrive l'Isfol nel suo ultimo rapporto - sganciata dalle esigenze reali del mercato del lavoro? Armando Rinaldi, dell'Atdal over 40, un'associazione che cerca di tutelare i diritti di chi perde il lavoro in età matura, assicura che "se ci fossero dati disponibili si scoprirebbe che la media dei disoccupati ha un bagaglio di ore di formazione triplo rispetto a quello di un lavoratore. Invece di un'occupazione ha trovato sulla sua strada decine di proposte formative". La Regione Lombardia ha commissionato un'indagine a un istituto di ricerca. Trenta disoccupati ultraquarantenni hanno tenuto un diario nel quale raccontavano le loro esperienze. È emerso che nelle rare occasioni in cui riuscivano a trovare lavoro i corsi di formazione non c'entravano nulla: era tutto merito delle loro conoscenze personali. Lo studio non è stato mai pubblicato.

Secondo Rinaldi per ogni corso organizzato in Lombardia 3000 euro vanno (nell'arco di sei-nove mesi) al candidato, mentre gli altri 7000 vanno agli organizzatori. "Si comincino a ribaltare le modalità di distribuzione dei fondi, erogando ai destinatari il 60-70 per cento dei finanziamenti sotto forma di reddito di sostegno". Si potrebbe trovare un utilizzo diverso dei capitali in modo da sostenere direttamente il reddito delle persone in difficoltà?

Per ottenere i contributi oggi basta - oltre a una buona capacità di lobby - compilare un formulario in cui, tra l'altro, si dimostra il fabbisogno nel territorio di competenza della figura professionale che s'intende formare. "Per esempio - scrive l'Atdal - se si propone di formare addetti al check-in aeroportuale si ricercano i dati sul traffico aereo della regione e si dice che data la crescita del traffico aereo occorre formare nuovi operatori". Angela, diplomata, ha 47 anni e da dodici frequenta corsi di formazione professionale in Lombardia. Non è mai riuscita a ottenere altro che qualche lavoretto di poche settimane all'anno in fabbrica. "Nell'ultimo corso che ho seguito, per lavorare in un asilo privato, il colloquio orientativo si è svolto tre giorni prima della fine dei corsi. Un'altra volta mi hanno costretto a scrivere un sacco di bugie sulla relazione finale. Ad esempio che avevo trovato lavoro in una fabbrica. In realtà era la mia vecchia azienda che mi richiamava". L'importante, insomma, è giustificare le spese. I risultati non contano.

(20 agosto 2010)

 

 

2010-08-16

L'America vuole il prof italiano dell'anno

"E pensare che la Gelmini mi ha tagliato"

Luca Piergiovanni era stato premiato per una serie di progetti dedicati al podcast didattico

"Un illustre docente statunitense mi ha offerto di collaborare quando ha saputo della mia situazione"

di LUCIA LANDONI

L'America vuole il prof italiano dell'anno "E pensare che la Gelmini mi ha tagliato" Luca Piergiovanni con un gruppo di allievi

La vicenda di Luca Piergiovanni, il professore della scuola media di Uggiate Trevano, nel Comasco, che in pochi giorni era stato premiato come docente dell’anno e licenziato a causa dei tagli imposti dal ministro Mariastella Gelmini, si arricchisce di una nuova puntata. Insieme con alcuni suoi allievi, Piergiovanni gestisce il sito chocolat3b.podomatic.com, dedicato a progetti di podcast didattico per i quali ha ricevuto diversi riconoscimenti. Su questa piattaforma web, tra le altre cose, vengono pubblicate interviste realizzate dai ragazzi tramite Skype a esperti internazionali di didattica ed educazione.

"Uno di questi illustri personaggi, Roger Schank, già docente di informatica e psicologia a Yale e grande esperto di intelligenza artificiale, mi ha contattato qualche giorno fa per offrirmi un lavoro in America – racconta il docente – Inizialmente sono rimasto scioccato, ma adesso sono entusiasta, anche se mi trovo in una situazione paradossale". In sostanza, Schank ha istituito in Florida e a Chicago alcuni Alternative places learning: centri di apprendimento per bambini dai sei agli undici anni in cui vengono utilizzati metodi di insegnamento interattivi. Proprio come quelli del professore italiano. "Mi è stato chiesto di esportare oltreoceano le mie tecniche didattiche basate sull’uso delle nuove tecnologie – continua Piergiovanni – Schank mi ha garantito un ottimo stipendio e la possibilità di trasferirmi negli Stati Uniti per illustrare i miei progetti ai docenti americani".

Una grande opportunità, che però l’insegnante toscano ha fatto modificare in modo da non dover essere costretto a lasciare l’Italia: "Nonostante tutto, non voglio perdere l’opportunità di insegnare nel mio Paese – spiega – Quindi per ora realizzerò una piattaforma online tramite la quale collaborerò virtualmente con i colleghi statunitensi, in attesa che qui la situazione si sblocchi". Perché ormai non gli basta più riavere il proprio posto di lavoro: "Non voglio che mi facciano diventare docente di ruolo solo perché mio malgrado sono diventato famoso. Pretendo che il governo si impegni seriamente per risolvere il problema del precariato in Italia. Solo allora, eventualmente, mi trasferirò".

(16 agosto 2010)

 

 

 

2010-08-10

IL DOCUMENTO

Più promossi e stessi diplomati

il Ministero "smentisce" il rigore

Resi noti i dati ufficiali dell'anno scolastico: contraddicono gli annunci dell'ultimo mese. Hanno superato al maturità il 92,4%, lo scorso anno furono il 92,5. Nelle superiori i bocciati scendono dell'uno per cento. Aumentano i "cervelloni" con la polemica della Gelmini

di SALVO INTRAVAIA

Più promossi e stessi diplomati il Ministero "smentisce" il rigore

Più promossi, stessa percentuale di diplomati e più cervelloni dell'anno scorso. Ecco i risultati definitivi della maturità e degli scrutini di quest'anno. I dati ufficiali, appena resi noti dal ministero dell'Istruzione, però smentiscono le tante anticipazioni ministro Mariastella Gelmini, su dati provvisori o su exit pool, sulla presunta linea del rigore sposata dai docenti italiani nel corso dell'anno scolastico appena concluso. Insomma: gli insegnanti italiani hanno agito con buon senso. Anziché applicare meccanicamente le nuove disposizioni sull'ammissione agli esami e sull'attribuzione dei 100 e lode, i prof hanno preferito interpretarle. E alla fine i risultati conseguiti dai ragazzi sono stati addirittura migliori dell'anno scorso. La polemica, lanciata giorni fa dalla Gelmini, si sposta adesso sull'esagerato numero di diplomati con 100 e lode delle scuole meridionali.

Ma vediamo i numeri. Quest'anno, i non ammessi agli esami - per via della norma che prevedeva pagelle immacolate, con almeno tutte sufficienze - sono passati dal 5,1 al 6,6 per cento degli iscritti all'ultimo anno. Ma quasi tutti coloro che sono stati portati agli esami ne sono usciti diplomati. I bocciati dalle commissioni sono stati, infatti, poco più di uno su 100 (l'1,1 per cento), l'anno scorso furono il 2,5 per cento. A conti fatti, è cambiato ben poco rispetto a 12 mesi fa: su 100 iscritti all'ultimo anno, nel 2009/2010, sono riusciti a diplomarsi in 92,4. Nel 2008/2009 furono 92,5.

Sono andate decisamente meglio le cose ai compagni delle classi precedenti: dalla prima alla quarta. I bocciati sono scesi di quasi un punto percentuale, passando dal 14,1 al 13,3 per cento. Calo che diventa vistoso nelle prime classi, da sempre quelle col maggior numero di non ammessi in seconda. L'anno scorso, stando ai numeri forniti da viale Trastevere, ne sono stati contati oltre 21 su 100. Quest'anno, siamo scesi al 18,5 per cento. E sono leggermente cresciuti gli studenti bocciati a settembre: dal 27,7 al 27,8 per cento. In totale, i promossi sono aumentati di quasi una unità: da 58 studenti su 100 a 59.

Tra i non ammessi alla classe successiva, raddoppiano coloro che hanno racimolato una insufficienza anche nel comportamento: da 7 mila e 700 ad oltre 13 mila e 400. Nessun pugno di ferro neppure dai prof delle scuole medie, i dati parlano chiaro: più bocciati in prima e meno bocciati in seconda. A conti fatti, l'asticella dei bocciati si è spostata in alto di appena un decimo di punti percentuali: dal 4,9 al 5 per cento. Insomma: niente stravolgimenti.

Crescono invece i cervelloni, che per la prima volta dal 2007, quando l'allora ministro della Pubblica istruzione Fioroni introdusse la Lode, superano l'unità: 1,1 per cento. E' il Sud a stabilire il record: con 2.191 diplomati con 100 e lode su 4.126, pari al 53 per cento del totale. Nelle regioni del Nord se ne contano appena 1.174. Sul totale dei candidati, in Lombardia si contano 5 studenti al top su mille, mentre in Calabria addirittura 21. Ma è Bari, con la stessa percentuale, la provincia che ha diplomato più cervelloni.

(09 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-05

RICERCA

Università, l'appello di Napolitano

"La politica ascolti la voce degli atenei"

Il Presidente risponde alla lettera dei ricercatori, sul ddl all'esame del Parlamento. "La ricerca è fondamentale per lo sviluppo e la crescita". L'iniziativa rilanciata da "Repubblica" ha ricevuto molti messaggi.

Università, l'appello di Napolitano "La politica ascolti la voce degli atenei" Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

ROMA - Sul ddl università serve "un costruttivo confronto in Parlamento". Università e Ricerca sono fondamentali per la crescita economica e lo sviluppo culturale e civile del Paese. Lo ha scritto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al professore Bartolomeo Azzaro, pro-Rettore per lo Sviluppo delle Attività Formative e di Ricerca dell'Università degli Studi "La Sapienza". La risposta arriva dopo che al Capo dello Stato era stata trasmessa la lettera firmata dai coordinatori della Rete29 Aprile - Ricercatori per una Università Pubblica Libera Aperta nella quale venivano esposti vari problemi relativi al mondo dell'Università e della Ricerca, in particolare in relazione al Disegno di legge n.1905 attualmente all'esame del Parlamento. L'intervento di Napolitano arriva dopo l'iniziativa rilanciata da Repubblica 1, che ha raccolto moltissimi messaggi di preoccupazione dei ricercatori italiani.

Esigenza di una riforma. "Come sapete", scrive Napolitano, "ho sempre guardato con attenzione al settore dell'Università e della Ricerca, che giudico fondamentale per la crescita economica e lo sviluppo culturale e civile del Paese. "Legge di riforma e dotazione adeguata di risorse per il funzionamento dell'università e della ricerca", si legge nella lettera del Presidente della Repubblica, "sono due facce della stessa medaglia. Nessuno, anche e in modo particolare i giovani, nessuno di quanti operano e studiano nelle nostre università a qualsiasi livello può negare l'esigenza di una riforma".

Salvaguardare la ricerca. Per questo Napolitano ribadisce la necessità di "salvaguardare la spesa pubblica per investimenti, in modo particolare quelli per la ricerca e per l'alta formazione", apprezzando l'impegno del Ministero dell'Economia a affrontare seriamente il problema del fondo di finanziamento dell'Università. L'auspicio del Presidente della Repubblica è quello di "un costruttivo confronto che guardi al merito delle questioni e all'interesse di lungo periodo del nostro Paese, specie in questa fase di gravi difficoltà dove a ognuno è richiesto di fare la sua parte. Con questo spirito ho provveduto ad inviare al Ministro Gelmini copia della vostra lettera, che affronta materie di competenza del Governo, confidando che essa riceverà l'attenzione che merita".

Lettera inviata al ministro. Il Presidente della Repubblica ha anche risposto ai sottoscrittori dell'Appello per gli Statuti Autonomi degli Enti Pubblici di Ricerca, trasmessogli dal professore Rino Falcone del Coordinamento Osservatorio sulla Ricerca, assicurando di aver inviato, come nel caso della lettera della Rete 29 Aprile, il testo al Ministro Gelmini.

Il dibattito su Repubblica. Nelle ultime settimane, il dibattito sulla situazione della ricerca nell'università si era animato dopo l'articolo su Repubblica di Benedetta Tobagi 2. Un'analisi dei problemi vissuti quotidianamente dai ricercatori italiani, che aveva suscitato molti commenti da parte dei diretti interessati 3. Docenti e personale universitario avevano raccontato nei loro messaggi le difficoltà di un lavoro percepito come "sottovalutato" e costantemente "a rischio".

(05 agosto 2010)

 

 

 

2010-07-19

MILANO

Berlusconi va all'Università privata

"Che belle ragazze, mica la Bindi..."

Il premier in visita all' e-campus di Novedrate, in provincia di Como: "Si sono laureate con il massimo dei voti e non assomigliano certo a lei...".La replica: "Logora ripetitività delle sue volgarità". Di Pietro? Quando si è laureato nessuno sapeva nulla". E sul Pdl: "Piccole incomprensioni"

Berlusconi va all'Università privata "Che belle ragazze, mica la Bindi..."

ROMA - "Vedo belle ragazze laureate con il massimo dei voti, che non assomigliano certo a Rosy Bindi...". Silvio Berlusconi, in visita all'università telematica e-campus di Novedrate, in provincia di Como, torna a prendere di mira il presidente del Pd. Lo aveva già fatto in diretta televisiva da Bruna Vespa 1, suscitando dure polemiche 2. E torna a farlo oggi. Parlando con gli studenti il presidente del Consiglio avrebbe toccato il tasto della scelta di ragazze di bell'aspetto all'interno del suo partito: "Mi accusano sempre di circondarmi di belle ragazze senza cervello ecco invece qui delle belle ragazze che si sono laureate con il massimo dei voti e che non assomigliano certo a Rosy Bindi..."

Parole a cui la Bindi replica con ferma pacatezza: "Su quello che ha detto il presidente del Consiglio, mi limito con tristezza a prendere atto che tra i tanti segnali della fine dell'impero c'è anche questa ormai logora ripetitività delle sue volgarità"

Ma non solo l'esponente del Pd finisce nel mirino del premier. La seconda frecciata è per Antonio Di Pietro. "Quando studiavo io lo sapeva tutto il condominio - avrebbe detto il premier - quando si è laureato Di Pietro, invece, nessuno ne sapeva niente". Immediata la replica di Di Pietro: "Anche per queste sue ultime affermazioni lo querelerò augurandomi che si decida ad affrontarmi a viso aperto in un' aula di Tribunale".

Il Cavaliere ha poi liquidato i problemi interni alla maggioranza come "piccole

incomprensioni". Minimizzando l'allrme sullo stato dei rapporti interni alla coalizione di governo messa alla prova dalle vicende relative alle inchieste sugli appalti per il G8 e alla cosiddetta P3.

La vista del premier non è piaciuat all'ex ministro dell'Università Fabio Mussi: "Da una parte Gelmini e Tremonti affamano la ricerca e l'universita' pubblica italiane, dall'altra Berlusconi va in festosa visita all'universita telematica privata del Cepu".

(19 luglio 2010)

 

 

UNIVERSITA'

Matricole "a numero chiuso"

più medici e meno architetti

A settembre le prove di ammissione per entrare nelle facoltà a numero chiuso. Il test d'ingresso si svolgerà in contemporanea in tutte le università statali

di MANUEL MASSIMO

Matricole "a numero chiuso" più medici e meno architetti

ROMA - Il countdown è cominciato: per molti studenti freschi di Maturità, aspiranti matricole di corsi di laurea a numero chiuso, le vacanze sono finite ed è tempo di rituffarsi nei libri. Una nuova e impegnativa prova li attende: la prova di ammissione per entrare nelle facoltà ad accesso programmato a livello nazionale. Il test d'ingresso vincolante (80 domande a risposta multipla) si svolgerà a settembre, in contemporanea in tutte le università statali e in un'unica giornata, per ciascuna delle tipologie previste dal Miur. Aprirà le danze, il 2, Medicina e Chirurgia; il giorno successivo sarà la volta di Odontoiatria e Protesi Dentaria; a seguire Medicina Veterinaria (il 6), Architettura (il 7) e Professioni Sanitarie (l'8); chiuderanno la serie, il 20 settembre, i corsi in Scienze della Formazione Primaria.

I posti in palio. Tra le aspiranti matricole "a numero chiuso" solo 52.808 riusciranno ad accedere al corso prescelto, rispondendo correttamente ai test e superando la barriera d'ingresso. La maggior parte dei posti a disposizione per studenti comunitari e non comunitari residenti in Italia si concentra nell'area sanitaria (38.705), con differenze sostanziali tra i diversi settori e le relative branche. Nelle professioni sanitarie (28.135 posti complessivi) a fare la parte del leone è Infermieristica con ben 16.336 disponibilità (1.427 in più rispetto allo scorso anno) mentre i corsi in Tecniche Audiometriche avranno soltanto 114 nuove matricole; gli immatricolati in Medicina e Chirurgia saranno 8.775, con un incremento di 750 unità rispetto a quanto inizialmente previsto per l'a. a. 2009/2010 (a novembre 2009, per decreto, i posti furono portati da 8.075 a 8.508). Crescono anche i posti per i futuri dentisti (789 rispetto ai 690 dell'anno scorso) mentre le matricole in Veterinaria saranno 44 in meno (passando da 1.050 a 1.006). Stabili i posti per Scienze della Formazione Primaria: da 4.806 a 4.838. Stretta, invece, su quelli finalizzati alla professione di Architetto (Architettura e Ingegneria Edile): tagliati 620 posti, quest'anno potranno iscriversi in 9.265 rispetto ai 9.885 dell'a. a. 2009/2010.

Statistiche d'accesso. Per riuscire a entrare bisogna giocare bene le proprie carte, e anche la scelta dell'ateneo dove sostenere il test d'ingresso ha un'importanza strategica. L'apriti-sesamo per il numero chiuso è una formula che dipende da più fattori, primo fra tutti il rapporto tra posti disponibili e iscritti alla prova in una determinata sede. "Dov'è più facile entrare?" è la domanda che in questi giorni va per la maggiore nei forum studenteschi: Internet rappresenta la cassa di risonanza di un tam tam fatto di "dritte" più o meno attendibili. Le statistiche del Miur relative allo scorso anno individuano che per Medicina e Chirurgia la sede con il rapporto più "favorevole" è stata Siena (1 posto ogni 5,3 candidati) ma il punteggio minimo per essere ammessi (37,5) si è registrato a L'Aquila. Per Veterinaria a Torino c'era meno concorrenza (1 posto ogni 3,9 candidati) e a Sassari (punteggio minimo d'ammissione 33) era più facile entrare. Odontoiatria è stata complessivamente la più selettiva: in media 23,9 candidati per ogni posto e un punteggio minimo di 57,4 (a Palermo addirittura 65,5). Parametri variabili di anno in anno, che servono però a farsi un'idea del test ed evidenziano un paradosso: non essendo prevista una graduatoria nazionale, alcuni studenti con punteggi medio-bassi in sedi "abbordabili" riescono a farcela, mentre altri - iscritti in sedi più "ostiche" - oggettivamente più preparati restano fuori.

Come funziona. Chi ha conseguito un voto basso alla Maturità non parte svantaggiato: ai blocchi di partenza i candidati vengono messi tutti sullo stesso piano e ciò che conta è rispondere correttamente agli 80 quesiti del test: risposta esatta 1 punto, errata -0,25, non data 0. In caso di parità di voti tra candidati si privilegia chi ha risposto in modo esatto alle domande più "specifiche e caratterizzanti" della propria area-studi. Solo nel caso-limite di ulteriore parità entra in gioco la votazione dell'esame di Stato e ovviamente la spunta chi ha preso di più. Tutti i test prevedono una batteria di domande di "cultura generale e ragionamento logico" e una serie di quesiti "di indirizzo": nell'area sanitaria biologia, chimica, fisica e matematica; per Architettura storia, disegno e rappresentazione, matematica e fisica; per Scienze della Formazione Primaria pedagogia, linguistica e cultura matematico-scientifica.

Online a tutto quiz. Una cosa è certa: qualunque corso a numero chiuso si scelga, in qualsiasi città si decida di provare a entrare, la preparazione va fatta con metodo. I più previdenti già da mesi si stanno esercitando compilando pagine di quiz a risposta multipla. Una valida risorsa da cui attingere è il sito ufficiale del Ministero (accessoprogrammato.miur.it 1) che fornisce tutte le informazioni sui corsi e il simulatore per le prove d'ammissione e le soluzioni di tutti i quesiti più recenti, a partire dall'a. a. 2006/2007. Nel mare magnum di Internet, però, esistono una miriade di portali fai-da-te che dispensano consigli in quantità: quali manuali studiare, come potenziare la memoria e addirittura quale dieta seguire per arrivare al test in perfetta forma psico-fisica. Senza contare il fatto che, ormai, anche nelle facoltà a libero accesso sono previste prove d'orientamento in ingresso: chi non le supera accumula debiti formativi da recuperare entro il primo anno. Per non partire col piede sbagliato, in questi casi, occorre "rinfrescare" le proprie conoscenze con qualche settimana di studio. E per mantenere la mente allenata anche sotto l'ombrellone? Possono bastare le parole crociate.

(19 luglio 2010)

 

2010-07-18

"Basta con le lauree tutte uguali

più concorrenza tra gli atenei"

il deputato del Pdl Fabio Garagnani chiede di eliminare il valore legale del titolo di studio "Le università preparano in maniera diversa, ma la legge afferma che tutti sono preparati in maniera eguale a prescindere dal contenuto formativo"

"Basta con le lauree tutte uguali più concorrenza tra gli atenei" L'Università La Sapienza di Roma

ROMA - "Il valore legale della laurea sancisce un'uguaglianza che però non è sostanziale". In parole povere mette tutti allo stesso livello a prescindere dall'ateneo che l'ha rilasciata. "Il problema, però, è che le università preparano in maniera diversa, ma la legge afferma che tutti sono preparati in maniera eguale, con una forzata parificazione del titolo rilasciato dai diversi atenei, a prescindere dal contenuto formativo che sta dietro quel titolo" spiega il deputato del Pdl Fabio Garagnani lanciando la sua proposta di legge che delega il governo a cambiare radicalmente aspetto, e funzioni, al fatidico 'pezzo di carta'.

Questa la tesi di Garagnani: il valore legale della laurea mette tutti i laureati sullo stesso piano, mortificando le qualità dei più bravi, ed è di ostacolo ad una 'concorrenza virtuosa' fra atenei, schiacciando verso il basso l'offerta formativa. "Diversamente da quel che accade in altri Paesi -spiega il parlamentare del centrodestra - in Italia la laurea non costituisce un semplice titolo accademico, ma un vero e proprio certificato pubblico , consentendo la partecipazione a concorsi o l'esercizio di determinate professioni". Una scelta che risale al 1933 e che è stata confermata dalla riforma universitaria del 2004.

"Questo -prosegue Garagnani- ha ricadute negative per il futuro di molti giovani che, insieme alle loro famiglie, sono indotti a pensare che in qualunque università investano le proprie risorse, le possibilità di impiego successive alla laurea siano le medesime. Ciò è, artificialmente, valido solo per la pubblica amministrazione, ma è falso per il settore privato che, attraverso i ranking internazionali, conosce bene il differente valore delle università".

Insomma, con la parificazione dei titoli di studio le università italiane rischiano di diventare semplici 'fabbriche' di titoli, in assenza di una reale competizione tra un ateneo e l'altro. Abolire il valore legale della laurea, assicura Garagnani, "significherebbe ottimizzare la gestione delle risorse, eliminare sprechi, distorsioni e lauree 'facili', e porterebbe automaticamente ad una concorrenza virtuosa che riguarderebbe ogni aspetto saliente del sistema formativo universitario".

(18 luglio 2010)

 

 

 

 

 

2010-07-10

Maturità, aumentano i bocciati

e si abbassano i voti di diploma

Primi dati forniti dal ministero dell'Istruzione sull'esame del 2010. Il "rigore" voluto dal ministro Gelmini sembra prevalere. Sparicono i superbravi da 100 e lode, diminuiscono i 100

di SALVO INTRAVAIA

Maturità, aumentano i bocciati e si abbassano i voti di diploma

BOCCIATURE in aumento e voti più bassi alla maturità. E ancora: spariscono quasi del tutto i superbravi, quelli con 100 e lode, e calano i 100. Ecco i primi dati, su un campione del 10 per cento delle scuole, forniti dal ministero dell'Istruzione sugli esami di stato ormai agli sgoccioli. Fra pochi giorni, anche gli ultimi studenti avranno sostenuto il colloquio della maturità e l'anno scolastico potrà essere definitivamente archiviato. Secondo viale Trastevere, la maturità 2010 è stata caratterizzata dall'ormai consueto "rigore" invocato dal ministro Gelmini, con conseguente impennata della dispersione scolastica. Per effetto di una serie di norme introdotte per rendere più credibile l'esame conclusivo del secondo grado, in appena cinque anni, le bocciature all'ultimo anno sono triplicate: nel 2005 erano appena 2,7 su 100.

Poi l'allora ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, introdusse l'ammissione agli esami che la collega Gelmini ha reso ancora più difficile richiedendo almeno la sufficienza in tutte le materie per accedere alle prove. E i risultati, ovviamente negativi, non si sono fatti attendere: secondo il comunicato del ministero dell'Istruzione, i non ammessi passano da 17 mila (nel 2009) agli attuali 23 mila. Un 6,6 per cento, cui occorre sommare i bocciati all'esame finali: un altro 2 per cento. Il totale dei bocciati dell'ultimo anno arriva così, nel 2010, all'8,6 per cento: il triplo di 5 anni fa. L'anno scorso i non ammessi agli esami furono 5,1 su 100, mentre il numero di fermati alle prove fu pressoché uguale a quello di quest'anno.

Ma nell'elaborare i numeri di quest'anno qualcosa non deve avere funzionato nelle calcolatrici dei tecnici ministeriali: i candidati alla maturità erano quasi 500 mila e il 6,6 per cento semmai corrisponde a 33 mila non ammessi agli esami, non a 23 mila. O, viceversa, 23 mila non ammessi corrispondono al 4,5 per cento: meno dell'anno scorso. Semplice errore di calcolo? Si impennano invece, quest'anno, i non ammessi agli esami per il voto di condotta: 8 mila e 400, contro i 5 mila dell'anno scorso. In questa tornata per ottenere il lasciapassare per gli esami era necessario presentarsi agli scrutini finali con voti positivi: almeno tutti 6, condotta compresa.

E i prof sembra abbiano sposato la linea dura cara al ministro Gelmini anche durante le prove: meno diplomati con lode (dallo 0,7 per cento del 2009 allo 0,5 per cento del 2010) e anche meno 100. I voti alti (da 81 a 99 centesimi) sono in netto calo (meno 15 per cento) e crescono invece i voti bassi: da 61 a 80. Studenti più somari o prof più severi? In ogni caso, la linea del rigore ha moltiplicato i bocciati, che a settembre possono scegliere tre strade: ingrossare le fila dei ripetenti della scuola statale, passare alla scuola privata o abbandonare definitivamente gli studi. La dispersione scolastica, che costa alla collettività da 7 a 8 mila euro per alunno, si impenna, ma l'Unione europea ci chiede, mettendo in campo opportune strategie, di farla diminuire.

(10 luglio 2010)

 

 

 

L'UNITA'

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http://www.unita.it/

2011-08-04

 

 

 

 

 

2011-04-16

Berlusconi: "Prof di sinistra contro le famiglie"

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bambina scuola bn 640

Silvio Berlusconi rilancia la questione dell'orientamento ideologico nelle scuole pubbliche e lo fa rivendicando tra i provvedimenti di punta del suo governo il "bonus per la scuola privata, perché i genitori possano scegliere liberamente quale educazione dare ai loro figli", ma anche per consentire loro di "sottrarli a quegli insegnanti di sinistra che nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi da quelli della famiglia". È quanto il presidente del Consiglio scrive tra l'altro nel messaggio fatto pervenire al convegno 'Per guardare al futuro', indetto a Padova dall'Associazione nazionale delle mamme.

Bersani: "Ignobile stupidario quotidiano"

Le frasi di Silvio Berlusconi sulla scuola appartengono ad uno "stupidario", dovrebbe andare lui ad insegnare i valori della famiglia "visto che se ne intende". Lo ha detto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, concludendo l'iniziativa organizzata per i 150 anni dell'unità d'Italia. "Devo commentare l'ennesimo uovo di giornata di quell'ignobile stupidario quotidiano che ci propina il presidente del Consiglio. Oggi c'è stato l'ennesimo attacco alla scuola pubblica... Come commentare? Presidente Berlusconi, ma perché non va lei direttamente nelle scuola a inculcare i valori della famiglia, visto che se ne intende... Scuola libera Berlusconi, corsi serali".

"Siamo stanchi di un premier che continua ad insultare la più grande istituzione democratica del nostro paese, la scuola pubblica e chi ci studia e chi ci lavora". Così la responsabile Scuola del Pd, Francesca Puglisi, commenta le parole del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Secondo la Puglisi questo è uno "schiaffo alle famiglie italiane che hanno fiducia nella scuola pubblica. Meno male, invece, che c'è la scuola pubblica". L'esponente del Pd, poi, riferendosi alle ragazze, dice anche che non c'è bisogno di "vendersi ad un vecchio signore inceronato come il nostro premier. Purtroppo quello che insegnano i maestri a scuola viene distrutto al pomeriggio dalle tv del premier. Quello che viene insegnato a scuola sono i valori costituzionali, il presidente del Consiglio abbia rispetto del paese che è chiamato a governare".

"Le parole di Berlusconi sulla scuola pubblica sono un ignobile attacco, privo di qualsiasi giustificazione reale. Il capo del governo dovrebbe difendere e valorizzare il pilastro educativo del Paese, non additarlo come esempio negativo. Queste parole aiutano a comprendere la vera missione che il governo ha portato avanti in questi anni: tagliare i fondi alla scuola pubblica per aiutare quelle private. L'istruzione pubblica è un valore costituzionale da difendere e ampliare. Berlusconi chieda scusa a tutti gli insegnanti, che, pur in condizioni difficili, continuano a svolgere egregiamente il loro ruolo". Lo afferma il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi.

La Rete degli Studenti critica l'intervento del premier che ha bollato come "comunisti" gli insegnanti della scuola pubblica. "Berlusconi per l'ennesima volta torna a parlare di scuola invece di occuparsi, come dovrebbe, degli enormi danni che il suo governo e la riforma Gelmini stanno causando", si legge in una nota, "di come la scuola pubblica è stata distrutta da tagli e riforme scellerate". Per la Rete Studenti si è trattato di "uno dei suoi show che hanno come protagonisti i comunisti, gli insegnanti di sinistra e le scuole private, paladine della libertà". A febbraio, hanno sottolineato gli studenti, "quando disse che la scuola ci 'inculcavà valori negativi siamo scesi in piazza per far emergere tutta la rabbia verso un governo che vanifica con le parole e coi fatti i valori fondanti della nostra Costituzione: il diritto allo studio, la ricerca, scuole e università pubbliche e accessibili a tutti". E rincarano la dose: "Le famiglie e le mamme d'Italia saranno veramente libere, così come gli studenti, quando avranno la possibilità di frequentare una scuola pubblica che funziona, aperta a tutti, di tutti e di qualità. Ci siamo seriamente stufati di dover difendere continuamente la scuola pubblica dagli attacchi del presidente del consiglio, il carattere pubblico di scuola e università non deve essere messo in discussione nè con le parole nè con le riforme, è alla base della nostra Costituzione e del nostro Paese". E hanno concluso: "Se il presidente Berlusconi è di un altro parere non può governare l'Italia e lo preghiamo di andare a casa".

16 aprile 2011

 

 

 

 

 

 

2011-04-09

Bersani: "Basta tagli

Gelmini non pensi a Silvio"

di Andrea Bonzi | tutti gli articoli dell'autore

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pd, notte bianca sulla scuola

DIRETTA TV SU L'UNITA

C’è l’insegnante che distribuisce piccoli volantini a favore di un referendum comunale per ridurre i fondi pubblici alle scuole private. Il genitore rappresentante di istituto che è venuto con tutta la famiglia. Lo studente 22enne, Gianluca, che frequenta Scienze Politiche e che è ben conscio di come, con i tagli attuali, gli universitari siano "condannati a non avere un futuro". E il collega Francesco, che è ancora al liceo, ma vorrebbe vedere "più bandiere del Pd" sventolare nelle manifestazioni contro la riforma Gelmini. A Bologna, la Notte bianca della Scuola e della Democrazia è anche loro.

Si sta in piedi: troppo piccolo, il Teatro Testoni, per contenere i tanti che hanno partecipato all’iniziativa, epicentro degli eventi organizzati dal Partito Democratico anche a Roma, Milano, Torino e Napoli, collegate via web sul palco. Sotto le Due Torri c’è Pierluigi Bersani, leader del Pd, che alza subito gli scudi a difesa della Scuola, "vera Costituzione materiale del Paese: se c’è un’idea di futuro non può non passare da qui. L’insegnante è la figura principale per formare la conoscenza morale della persona". Il ministro Gelmini, "che pensa troppo a Silvio", e il governo Berlusconi "hanno messo sotto attacco l’articolo 3 della Costituzione – continua Bersani -, è l’unico modo per rimuovere gli ostacoli all’uguaglianza".

Dalla Scuola alla Costituzione ("Non gliela faremo deformare") ai precari che oggi, anche a Bologna, manifestano: "Ci sono 300mila precari della Scuola mandati a casa – insiste il numero uno del Pd – e solo un giovane su cinque ha un’occupazione: rispondere a questo con una barzelletta (come ha fatto il premier, ndr) è un’ignominia".

Parole e musica contro la macelleria sociale che in questi anni il governo di Centrodestra ha fatto della scuola pubblica, tagliando insegnanti, personale, risorse. Infine, una battuta sulla sfida bolognese: "Da queste amministrative mi aspetto un segnale forte di cambiamento. E a Umberto (Bossi, poiché lo sfidante del Centrodestra a Bologna è della Lega, ndr) dico: vola basso".

La gente comincia a entrare che ancora le band sul palco stanno facendo le prove. All’inizio, Freak Antoni, insieme ai suoi Skiantos, mattatori musicali della kermesse, promettono "un discorsino diseducativo, perché essere diseducativi è sempre più facile", scherzano. Intanto Staino si scalda al tavolo da disegno, con le vignette che, mano a mano, vengono proiettate sullo schermo, e i bambini e i ragazzi del Coro R’Esistente, in maglietta rossa, cantano l’Inno di Mameli e Bella Ciao. "È una notte importante – esordisce Virginio Merola, candidato sindaco del Centrosinistra che, ieri sera, ha ricevuto il "battesimo" da Bersani -. Stanno riducendo la scuola davvero male: dobbiamo svegliarci e cominciare a investire, come si fa in Europa. A Bologna faremo così".

Il pedagogista Franco Frabboni va giù durissimo: "Abbiamo un ministro e un governo che distrugge sistematicamente l’istruzione a scuola, la scienza all’università e l’arte, coi tagli alle mostre, al cinema, ai musei". La proposta di Frabboni, per il dopo Berlusconi, è dunque "un patto di stabilità per la Scuola, in cui le forze progressiste e conservatrici si mettono d’accordo per dare sicurezza di risorse e di crescita al settore. In Finlandia l’hanno fatto per 15 anni".

9 aprile 2011

 

 

2011-04-04

Sparisce l’interrogazione

I ragazzi non parlano più

di Fabio Luppino | tutti gli articoli dell'autore

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scuola, interrogazione addio

"Non so come fare. Ho meno ore, non riesco a sentirli più. Ormai per il voto orale devo fare dei compiti scritti. L’anno scorso ne avevo 22, quest’anno 28. L’anno scorso avevo quattro ore di latino, quest’anno tre. Ma sono preoccupato: ogni volta che li chiamo sono sorpresi, non riescono ad esprimersi. È colpa mia? Non lo so, i miei colleghi mi raccontano le stesse cose".

Uno sfogo, uno dei tanti. Della riforma Gelmini nelle superiori si è parlato in teoria. I conti con la realtà si cominciano a fare, ora, nelle scuole: sono devastanti.

La generazione del monosillabo delle parole mozze, delle sigle per darsi affetto, così come si vanno forgiando invasi da facebook, a scuola trasferisce per intero l’incertezza lessicale. E non c’è tempo per rimediare. Il pittoresco Lorenzo creato da Corrado Guzzanti - che non riusciva nemmeno ad arrivarci al monosillabo, ma un rumore contorto usciva dalla sua voce per comunicare- è stato ampiamente superato, anche se la figura resta profetica visto che la parodia vide la luce ben prima dell’esplosione dei social forum. Nei licei la riduzione oraria è solo nelle prime classi. Negli altri istituti superiori è a regime in tutte e cinque le classi.

Fece storia e svelò un problema fino ad allora rimosso, la dislessia, il libro "Mio figlio non sa leggere" di Ugo Pirro. I figli oggi faticano a parlare. La riforma è l’ultimo colpo agli adolescenti "senza parole". Stretti tra programmi e scadenze i professori non ce la fanno. E vai con scritti all’americana, con risposte a scelta multipla. Storia, scienze, matematica, inglese.

L’interrogazione alla lavagna è l’eccezione, il sacro terrore, l’evento rimosso da professori e studenti. Non c’è tempo. Quando poi gli insegnanti di lingue non scoprono che le parole non dette, sono parole sconosciute in italiano, figuriamoci in inglese o francese. Così avviene non di rado che si entra nella terra di nessuno quando si usano termini come rada, penuria, rurale, concernere, circoscrivere. Di recente denuclearizzare... Ogni prof ha la sua esperienza da raccontare. Ogni famiglia, anche. Chi percepisce il danno di qualità di un’istruzione così ridotta cerca di tamponare con le ripetizioni private.

Non finisce qui, però. L’esperienza del preside reggente (un preside che si occupa di due scuole spesso diverse, un tecnico o un professionale, uno scientifico e un industriale) sta dequalificando la scuola. Il problema era noto, ma il governo non lo ha affrontato. Gelmini fa sapere che il concorso per nuovi presidi si farà. Ma dall’indizione al suo compimento passeranno almeno due anni. Nel frattempo le scuole perdono credibilità. Un capo d’istituto diviso in due è come un comandante che tura le falle mentre la nave affonda. Così alcune scuole hanno visto drastiche contrazioni di iscrizioni.

I genitori osservano e decidono: se in un liceo si esce prima, si entra dopo perché i supplenti non possono essere chiamati a sostituire i prof mancanti le famiglie vanno via da quella scuola. Si capovolge la causa con l’effetto.

Il ministero ha lasciato le scuole senza soldi per questo come per molte altre cose: chi ha potuto ha alzato il contributo volontario. Chi può, perché in moltissimi contesti già marginali socialmente le famiglie il contributo (non obbligatorio per nessuno in linea di principio) non lo possono pagare. Così la scuola pubblica va a rotoli, lentamente ma inesorabilmente. E il danno che supera tutti gli altri è la perdita di senso. Il messaggio complessivo con le opportunità di emergere ridotte all’osso cancella l’"utilità" del farsi un’istruzione, come si diceva una volta. Nelle case non si parla più di futuro. E allora anche i ragazzi si chiedono sempre più spesso, studiare a che serve?

3 aprile 2011

 

 

Con l'Unità film-inchiesta per capire il mondo

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sangue e cemento

Lo sapevate che la Casa dello studente all’Aquila è stata costruita su una ex discarica? Conoscete la strana storia degli appartamenti di via Gradoli, delle Brigate Rosse e dei Servizi Segreti Italiani? Lo sapevate che alcune delle attività di San Giovanni Rotondo sono gestite dalla mafia? Qualcuno vi hai mai detto che a Genova durante il G8 erano presenti ben settecento agenti dell’Fbi e che gran parte dei poliziotti "infiltrati" erano francesi o tedeschi?

Ogni giorno siamo bombardati da centinaia di notizie. A causa dei ritmi forsennati imposti dalla televisione seguiamo l’evoluzione degli eventi, ma raramente li approfondiamo. E così conosciamo i sintomi delle "malattie" dell’Italia, ma non le cause.

Con la serie di Dvd "Segreti e bugie" l'Unità apre uno squarcio sul nostro Paese e sul mondo, cercando di spiegare il perché delle cose e di svelarne i retroscena. Grandi inchieste su temi di attualità o di interesse storico per andare oltre la semplice narrazione dei fatti.

La prima uscita, il 6 aprile, sarà "Sangue e cemento": trecentosei morti e nessun colpevole. Un centro storico antico mille anni non esiste più. Un luogo abitato da fantasmi. A fare tutto questo non è stato solo un terremoto, sono stati l'uomo e la corruzione. Perché sono crollati centinaia di edifici? Chi ha dato l'autorizzazione a costruire in zone altamente sismiche senza nessuna precauzione? Chi ha fornito e da dove i materiali inadatti a costruzioni antisismiche? Chi ha omesso di controllare?

Proprio per parlare di questo, oggi 4 aprile alle ore 11 all'Aquila, alla presenza della giornalista dell'Unità Iolanda Bufalini, di Franco Fracassi (regista) e di Stefania Pezzopane si terrà la presentazione del Dvd presso Murata Gigotti-Coppito Via della Mainetta.

I grandi film-inchiesta proseguiranno poi con "Sequestro Moro, la sentenza di morte", che illustra la complessità di forze e di interessi che hanno sentenziato la morte del presidente della Democrazia Cristiana. Una vicenda che va oltre i confini nazionali e che ha coinvolto i Servizi Segreti di ben nove Paesi diversi.

"Le stigmate e il denaro" proverà a far luce sulla controversa storia di Padre Pio. Era un santo o un millantatore? E racconterà quella sorta di circo Barnum che è diventato lo sfruttamento dell’immagine di San Pio. Qual è il giro d’affari? Chi ci guadagna? Chi tira le fila del business?

"Ggate" ha la pretesa di essere la più accurata inchiesta mai fatta sui fatti legati al G8 di Genova del 2001. Oltre cinquanta protagonisti intervistati, centinaia di ore di registrazioni audio ascoltate, decine di ore di filmati visionati, migliaia di documenti letti. Un’enorme opera di ricostruzione dei due giorni del massacro e dei mesi che hanno preceduto il G8, quando si decise la strategia da adottare.

 

E poi ancora inchieste su Al Qaida, sull’origine dei soldi e del potere di Silvio Berlusconi, sulla più misteriosa e potente mafia del mondo, la ‘Ndrangheta, sull’insoluto assassinio di Nicola Calipari, sulle stragi di Falcone e Borsellino, su chi sta tramando per impedire che Israele e Palestina facciano la pace…….

"Segreti e bugie" sarà non solo una serie di reportage, ma soprattutto una collana di film. Non un libro di trecento pagine che si legge in tre settimane, ma un film che si vede in un’ora e mezza. Per comprendere meglio il mondo che ci circonda.

3 aprile 2011

 

 

2011-03-27

Condannata Gelmini: "discrimina disabile"

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Gelmini

Condannato il ministero all'Istruzione guidato Mariastella Gelmini ovvero il ministro stesso: ha discriminato un disabile riducendo le ore di sostegno per uno studente in un istituto superiore di La Spezia. È una sentenza, importante del tribunale di La Spezia che può avere conseguenze in tutto il Paese. In aula non è una settimana proficua, per la titolare del ministero con sede a Trastevere a Roma: il Tribunale del Lavoro di Genova venerdì 25 ha condannato il ministero dell'Istruzione a risarcire con circa 500 mila euro 15 lavoratori precari della scuola che avevano presentato ricorso per la loro mancata stabilizzazione.

Il giudice ha definito 'condotta discriminatoria' quella del ministro per l'istruzione. Lo ha fatto sapere l'avvocato Isabella Benifei che aveva fatto ricorso. Il giudice ha condannato il ministero a ripristinare le ore di sostegno e a pagare le spese processuali. Benifei, incaricata dai genitori del ragazzo, ha contestato il contrasto fra i tagli della Gelmini e il diritto alla tutela delle persone con disabilità. "L'articolo 3 della Costituzione - si legge nel ricorso - promuove la piena attuazione del principio di parità di trattamento" e con il provvedimento ministeriale "viene leso il diritto del disabile all'istruzione".

Per la capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni, "quella dei precari di Genova è solo l'ultima sentenza in ordine di tempo sulle mancate stabilizzazioni dei lavoratori precari della scuola. Queste cause sono la diretta conseguenza delle scelte politiche della Gelmini e di questo governo che, pur di fare cassa, non ha voluto portare a termine il piano straordinario di immissione in ruolo previsto dal governo Prodi". La parlamentare aggiunge: "Con i risarcimenti di oggi si raggiunge una cifra consistente che ci porta a chiedere pubblicamente al ministro Gelmini di ammettere, una volta per tutte, che per lo Stato sarebbe stato molto meglio investire quelle risorse per la stabilizzazione dei docenti e la qualità della didattica piuttosto che pagare questi giusti risarcimenti".

Tono analogo dall'Idv: "La sentenza del Tribunale del lavoro di Genova – dichiara il portavoce dell'Idv Leoluca Orlando - ha reso giustizia ai lavoratori e ha confermato ciò che l'Italia dei Valori ha sempre denunciato: questo governo è incapace. L'inadeguatezza del ministro Gelmini, che ha calpestato i diritti fondamentali dei lavoratori precari della scuola, è sempre più evidente. Il sistema dell'istruzione è stato distrutto da Berlusconi, Tremonti e dall'ignobile riforma Gelmini. La misura è colma, vadano a casa".

 

27 marzo 2011

 

2011-03-25

Scuola, maxi risarcimento

per 15 prof precari

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Il Tribunale del Lavoro di Genova ha condannato il Ministero dell'Istruzione a risarcire, con circa 500 mila euro, 15 lavoratori precari della scuola che avevano fatto ricorso attraverso la Uil per la loro mancata stabilizzazione. Ad ogni lavoratore è stato riconosciuto un risarcimento del danno di circa 30 mila euro, pari a 15 mensilità. Si tratta del risarcimento più elevato mai disposto in Italia per quanto riguarda il contenzioso sui contratti a termine della scuola, la cui illegittimit… Š stata ribadita oggi dai giudici. In Liguria 450 dei 1.500 lavoratori precari del comparto si sono gi… rivolti alla Uil Scuola per presentare gratuitamente un ricorso al Tribunale del Lavoro contro la mancata immissione in ruolo. "Per fare ricorso c'Š ancora tempo fino al 31 dicembre - spiega - Corrado Artale, segretario generale Uil Scuola della Liguria -. L'unico requisito necessario Š essere precari da almeno 3 anni". "È una sentenza fondamentale nel panorama del contenzioso sui precari della scuola - aggiunge l'avvocato Massimo Pistilli -. Se questa misura fosse ripetuta, determinerebbe infatti la fine del precariato, perch‚ il Ministero non potr… pagare risarcimenti del danno cos alti per tutti i circa centomila precari del comparto". Y5L-GTT 25-MAR-11 15:59 NNN

25 marzo 2011

 

 

 

 

2011-01-14

Barroso: "No a tagli

scienza, istruzione e cultura"

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No a tagli a scienza, istruzione e cultura. Lo ha detto il presidente della Commissione dell'Unione europea Josè Manuel Barroso intervenendo alla Luiss a Roma. "La nostra responsabilità è ricostituire la fiducia sia nella zona euro che nell'Europa in generale" ha affermato aggiungendo che "il consolidamento finanziario è importante ma per puntare alla crescita e a una maggiore occupazione non si può tagliare in settori come scienza, istruzione e cultura".

14 marzo 2011

 

 

 

Gelmini attacca i prof: "Sono troppi

Chi va in piazza ha figli alle private"

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Gelmini

Afferma che gli stipendi degli insegnanti sono bassi perchè il numero di docenti è troppo rispetto al fabbisogno delle scuole, il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, intervistata da Fabio Fazio durante la registrazione della trasmissione 'Che tempo che fa' che andrà in onda stasera su Raitre.

"Gli insegnanti italiani sono pagati pochissimo perchè sono troppi ed abbiamo più insegnanti rispetto al fabbisogno - ha detto il ministro - Se crediamo nella scuola bisogna pagarli bene. Un insegnante con 15 anni di anzianità guadagna 20mila euro in meno all'anno rispetto ad un collega tedesco e questo non è giusto. Ma se si aumenta il numero all'infinito sono proletarizzati".

CONTRO I PROF NELLE PIAZZE D'ITALIA

Accusa di protestare a difesa della scuola pubblica e poi di mandare i propri figli nelle scuole paritarie, il ministro dell'Istruzione. "Molti di quelli scesi in piazza per la scuola pubblica poi mandano i figli alle paritarie - ha affermato il ministro - La trovo una incongruenza e forse vuol dire che non hanno poi tutta questa fiducia nella scuola pubblica".

Gelmini è anche intervenuta sulla manifestazione di ieri a difesa della Costituzione ed ha detto: "È stata una manifestazione legittima, ma che nasce su un presupposto sbagliato e cioè l'idea che il governo abbia attaccato la scuola pubblica e la Costituzione. Sulle parole di Berlusconi c'è stato un equivoco che adesso è stato chiarito". Il ministro ha riposto poi agli attacchi che l'accusano di voler tagliare i fondi alla scuola pubblica e afferma: "La sinistra sostiene che il problema della scuola sono i tagli - ha detto - ma io ho tagliato gli sprechi. La spesa nella scuola è aumentata e non diminuita negli ultimi dieci anni".

13 marzo 2011

 

 

 

 

 

2011-01-13

C-Day, l'urlo dal palco: "Basta!" VIDEO e FOTO

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VIDEO: ROSY BINDI | MARIA LUISA BUSI | ASCANIO CELESTINI | CONCITA DE GREGORIO | TANA DE ZULUETA | PIERO FASSINO | ANNA FINOCCHIARO | FLAVIA PERINA | PAOLO FLORES D'ARCAIS | DARIO FRANCESCHINI | FRANCO GIORDANO | BEPPE GIULIETTI | ANTONINO INGROIA | GAD LERNER | FIORELLA MANNOIA | FLAVIA PERINA | STEFANO RODOTA' | ANDREA SATTA | GIULIO SCARPATI | SERRA | PAOLO SERVENTI LONGHI | SOFIA SABATINO | ROBERTO VECCHIONI | DIEGO BIANCHI - ZORO | CORI E BANDIERE | VA' PENSIERO | IL MEGA-TRICOLORE | IL PALCO | VOCI DELLA PIAZZA | SPOT COSTITUZIONE | APPELLO C-DAY | FOTOGALLERY: CORTEO | BALCONI TRICOLORI

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FIRMA L'APPELLO DELL'UNITA' | L'intervento di Delbono | Intervista a Giuliano dei Negramaro | Lettere, messaggi, foto e slogan contro l'attacco alla scuola pubblica (LEGGI TUTTO: DA JOVANOTTI A MARCORE'). Il 12 tutti in piazza per la Costituzione e la scuola. Tanti, giovani e arrabbiati: parlano gli studenti | Videoappello del Trota

"Cara scuola", le vostre lettere: LEGGI E PARTECIPA

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SCUOLA

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scuola 12 marzo

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SCUOLA

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SCUOLA: FIORONI,

GOVERNO SOFFOCA

IL FUTURO

"Le scuole pubbliche rappresentano l'ossigeno per ogni Paese moderno, civile che guarda al futuro e investe nei giovani. Questo governo, ha scelto di mettere le mani al collo delle nuove generazioni, di soffocare la scuola, anche le paritarie, con una visione medioevale di comunità, al contrario di quanto hanno fatto altre grandi nazioni". Lo ha detto il responsabile del Welfare del Pd, Giuseppe Fioroni nel corso di una manifestazione a difesa della scuola in corso a Bergamo.

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SCUOLA, L'APPELLO DEGLI STUDENTI

C'è la studentessa che dice: "Vado alla scuola pubblica perché non mi inculca valori ma alimenta la mia coscienza critica". Poi la professoressa : "Insegno alla scuola pubblica perché mi piace il dibattito con i ragazzi". E i genitori, tutti assieme: siamo con voi. Sono le anime del liceo scientifico statale Cavour di Roma che hanno deciso di rispondere all'attacco di Berlusconi alla scuola pubblica con una video-lettera. Poco più di due minuti per dire che le sue parole sugli insegnanti che "inculcano principi diversi da quelli delle loro famiglie" sono parole insopportabili per chi ogni giorno si siede tra i banchi o dietro le cattedre ovvero aspetta ai cancelli di un luogo vissuto come "presidio di conoscenza e cultura". I ragazzi del collettivo studentesco "Tommie Smith" ci credono fortemente, e il video è solo uno dei tanti loro atti di protesta. "Ci stiamo muovendo su diversi fronti – spiega il rappresentate del Cavour, Valerio Carocci – Intanto mercoledì 9 incontreremo gli studenti universitari per confrontarci anche con loro e poi parteciperemo alla manifestazione del 12, saremo in piazza insieme a genitori e insegnanti, dopodiché stiamo già pensando a una data, magari a fine marzo, per lanciare un'altra iniziativa".

13 marzo 2011

 

 

 

"Garibaldi aveva mille followers"

150 d'Italia, con i blogger all'Unità

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Il compleanno d'Italia

Francesco Costa ci riporta al titolo dell'incontro: "Non abbiamo parlato del tema centrale di questo dibattito, l'Unità d'Italia. A me piaceva: ha senso parlarne in internet?". Chiude Concita: "Il tema c'è, lo continueremo online e sul giornale. Questa discussione è stata così interessante che forse ci ha preso la mano. Ma la continueremo ancora. La rete è il mezzo per proporre contenuti molto rivoluzionari che in questo tempo coincide con contenuti molto conservatori. Come mettere in prima pagina il tricolore. La memoria degli anni passati... la storia, le persone che siamo stati per pensarci nel futuro".

 

Fare palestra di pensiero critico

La provocazione di Concita: Non è vero che chi sta in rete poi non va a votare. Anche questo è politica". Nelle fanzine anni 70 - dice Carlo Infante, "ci sono gli stessi elementi di linguaggio dei blog. La rete è così, dobbiamo entrarci dentro se vogliamo sopravvivere in questa crisi. Attenti, la crisi non è finanziaria, sono saltati i modelli sociali economici sociologici. Bisogna saper navigare a vista. E' una crisi di crescita. Il linguaggio delle fanzine, la decostruzione, ci aiuta. Fare palestra di pensiero critico".

 

 

Blogger come docenti

Uomomordecane: "Sto seguendo questo dibattito con un gruppo di amici di Uomoremaligno. Uno mi scrive: i blogger sono i nuovi docenti d'Italia? Sì, sono incompetenti, non pagati e maltrattati dal governo".

 

Da qui ha cominciato Saviano

"Sono ottimista sul futuro del web - dice Lipperitudine - voglio ricordare che Saviano ha postato pezzi della futura "Gomorra" su Nazione indiana, che ha cambiato molto. Onore a Nazione indiana, e non è la sola, che dimostra come l'immaginario si costruisce anche sulla rete".

 

Forma e sostanza

In Sicilia - dice La ricreazione non aspetta - in piazza c'erano 500 mila persone, non si vedeva tanta gente dalle stragi del '92. Il web è una forma che diventa sostanza e poi ritorna forma. E' produzione di pensieri. Ora nei blog sulla scuola si dice che bisogna difendere la scuola per cambiarla completamente. E si discute come".

Impegno o no?

"Nel mio post sono caustica, ma come persona sono ottimista - dice Malafemmina - Scendo in piazza perché sento indignazione, è una mia esigenza. Però forse non è quella della maggior parte dei giovani. Molti ambienti, in rete, non sono critici. Quella rabbia che sento dentro probabilmente non coinvolge abbastanza gente per consentire di fare la rivoluzione che ci serve. Salviamo la scuola, educhiamo i giovani. Da lì può nascere la rivoluzione".

 

 

Servono a formare opinione

"I blog hanno una reale importanza - dice Francesco Costa - contribuiscono a formare opinione. Certo, qui, non servono a fare la rivoluzione o a provocare forti spostamenti elettorali. Servono, ma non da soli". Incalza Leonardo: "Quel che unisce l'Italia, e la rete italiana, è la lingua. Siamo 60 milioni molti di origine straniere, che usano come unica lingua l'italiano. Tunisini e egiziani usano l'inglese. Noi blogger italiani riusciremmo a comunicare come hanno fatto gli egiziani? Temo di no. Una lingua che unisce è una gran cosa, ma rischia di chiuderci rispetto all'estero".

Ci sono tante italie

"Io vivo in una Calabria minore, in un meridione estremo - dice Manginobrioche - trovo straordinaria la possibilità che il web mi dà. Il piccolo che partecipa al grande e si fa portatore di differenze. Sì, ci sono tante italie, mondi che si sfiorano in rete. Sospetto che da qualche tempo si incontrino più sui social network che sui blog."

 

 

E' il luogo delle tracce

Scene digitali, Zambardino: "La rete serve, e non necessariamente a fare la rivoluzione. La rete serve ai neonazisti per pubblicare le loro cose, al marketing per venderle. E' un mondo reale in cui succedono cose. Viviamola così: è il luogo delle tracce e delle espressioni, bisogna percorrerne la geografia. Attenzione: è un mondo con regole diverse dalle nostre. L'anonimato ci fa impressione? Ma in luoghi dove non c'è libertà è indispensabile. Ci sono blogger che in Iran sono morti in galera".

 

 

La rete è strumento eversivo

"Lì dove non c'è libertà, dove non c'è informazione, la rete è uno strumento eversivo - dice Giommaria Bellu, Nemici - è successo in Egitto e in Medio oriente. Ma è vero anche qui, dove si possono fare i giornali e dove pochi li leggono. Così si possono introdurre contenuti in circuiti differenti da quelli dominanti".

 

 

Trovare voci, diventare voci

Attenti, le mie zie ci stanno a sentire - dice Manginobrioches - "Stare qui arricchisce quello che so, quel che posso dire dal verduraio o sull'autobus. Cerchiamo altre voci, diventiamo voci".

Questioni di linguaggio

La questione, dice Ciwati, è "quello che diciamo in rete. Ci vanno molti giovani: e cosa dice la politica ai giovani? La riforma della legge Treu, di cui si discute da 10 anni? Certo, se gli proponiamo quel che la politica mastica tutti i giorni, le riforme costituzionali...",

 

Perché in Italia non c'è Huffington Post?

"E' vero che la realtà e la virtualità si scambiano posto - dice Concita De Gregorio, Invece - ma dobbiamo capire come funziona davvero. Perché in Italia non ci sono giornali solo online come Huffington Post, un fenomeno così forte?".

 

 

La rete lavora su lungo termine

Uomomordecane: "In Egitto e Tunisia la rete è stata chiusa. Come se fosse uno strumento di organizzazione dei cortei. Ma la rete lavora a tempi lunghi, in Medio oriente era dieci anni che i ragazzi l'usavano. Il noBday è passato dalla piccola cerchia dei blog ai siti, poi ai giornali, poi alla Tv. I blogger non sono una lobby di sfigati. Non sono lobby e non sono sfigati. Dipende quanto riesci a cambiare quello che è intorno a te. I tuoi 30 amici, il tuo qaurtiere, il tuo paese...".

 

Scuola e violenza

"La scuola è in declino - provoca Uomomordecane - la scuola pubblica, almeno. Per la prima volta scendono le immatricolazioni all'università. Chi manderemo, allora, a lavorare nel call center?". Ma la rete dà voce a un enorme risentimento: "Certo, il rischio è che uno si senta appagato - dice Leonardo - Ma la rete dà anche voce a un enorme risentimento, pensate all'antiberlusconismo. E' un grande sfogo. Forse anche per questo oggi viviamo in un mondo meno violento".

 

Il web di massa

"Per i giovani - dice Vittorio Zambardino, Scene digitali - la rete è un modo di vita, siamo noi che non lo capiamo, a volte. La rete è efficace, Facebook e Twitter tra i ragazzi sono il web di massa".

Impegno online e vita reale

"Capisco l'impegno - dice Concita De Gregorio - Ma quando vedo i miei figli ore e ore davanti al computer un po' mi arrabbio. Mi viene l'ansia. Ragazzi, fuori c'è il sole".

Un nuovo modo di comunicare

"Bisogna stare sul pezzo - dice Malafemmina - il rischio è che quando si twitta tutto il giorno ci si sente impegnati: non vado in piazza ma segui la diretta in streaming,... si crea un meccanismo nevrotico. Penso che tra qualche anno sarà uno dei pochi modi in cui interagiremo".

 

La questione delle differenze

E' d'accordo Carlo Infante, massmediologo. "La rete permette di far emergere le differenze. L'unità, quasi più di Repubblica, riaggrega umori. Ma bisogna far altro. Solo qui si possono esprimere le mille diversità dell'Italia. Che è, appunto, il paese delle differenze.

 

 

Quanto pesano i blogger?

 

Con mezz'ora di ritardo per problemi tecnici la discussione è cominciata. L'ha introdotta Cesare Buquicchio presentando i blogger e cominciando con la prima domanda: tra le tante divisioni dell'Italia c'è anche quella della rete? A ripondere per primo è Piovonorane. "La metà degli italiani - dice - non ha mai aperto internet, e molta parte dell'altro 50% lo usa solo per le mail, qualche notizia, le utility... Il peso dei blog è bassissimo in un mondo di scarsa cultura digitale. Ma provare a lanciare dibattiti, temi, ragionamento è quasi un dovere civile.

 

 

 

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Non ci è voluto molto per solleticare lo sguardo "traverso" dei blogger sull'Unità d'Italia. Così ecco Francesco Costa (LEGGI) interrogarsi sulla reale necessità di imbarcarsi in una lotta impari per cambiare questo Paese. "Perché dovremmo fare l’Italia? Non è una domanda retorica: qual è la ragione per cui, nel 2011, col resto del mondo a un tiro di schioppo, bisognerebbe restare in un posto in cui siamo nati per puro caso e impiegare trent’anni a combattere – e perdere, magari – battaglie che altrove sono già state vinte e date per scontate da tutti?" si domanda amaro Costa. Ci sono i suoi lettori a rispondergli di getto (ecco la forza dei blog) e a ricordargli che "da altre parti sono state vinte perché qualcuno le ha combattute finché è riuscito ad avere la meglio!" come scrive con buon piglio Marco. Ma la discussione è solo all'inizio.

Da quello che è stato premiato come migliore blog erotico del 2010 ecco un intervento "sexy". Malafemmena (LEGGI), infatti, scrive sensuale e mai così seria: "Rappresenterò quella parte della rete che vuole costruire un paese migliore con il disimpegno perché, va bene, the revolution will not be televised, però anche il web ci rende pigri nell’essere italiani, che basta stare sul pezzo per essere presenti, che ritwitto tutto, ma non vado alla manifestazione perché ho le partite su mediaset premium, ma seguo la diretta streaming, che guardo Saviano e Fazio allora sto partecipando al nuovo risorgimento, che sono a favore della festa il 17 marzo, ché l’Unità d’Italia è sacra, però un euro agli alluvionati del Veneto no, perché a loro fa comodo fare i leghisti federalisti quando serve...". Altri ottimi spunti per affrontare la discussione di domenica.

Loredana Lipperini su Lipperatura (LEGGI) guarda all'Italia con lo sguardo di una delle tante donne che hanno ripreso a lottare in e per il nostro paese e scrive che "è fondamentale convogliare quello che si muove da anni nella rete. Che è stata, ed è, la nostra forza. Non è casuale che gli attacchi che vengono da altri media abbiano come obiettivo le donne che lavorano nel web, e che il web medesimo, come potete dedurre dai commenti al post di ieri, sia sotto monitoraggio. Anche per questo motivo, per ragionare su come il movimento delle donne abbia ripreso forza grazie a Internet, parteciperò domenica mattina a un evento organizzato da L’Unità...".

Anche vestito di bianco, rosso e verde di UomoMordeCane non perde la verve e snocciola la sua visione d'Italia: "A proposito di leghismi, ricordo Borghezio quando disse: 'Garibaldi? Un amico dei mafiosi'. A me non fece tanto specie quella dichiarazione quanto l'immediata smentita di Berlusconi: 'Mai avuto contatti con Garibaldi'...". Ma è solo una delle battute di riscaldamento': le altre leggetele qui. (LEGGI)

Leonardo, da buon prof, la guarda dal punto di vista della lingua, la nostra lingua, l'italiano che ha giudicare da quanto la usiamo (anche a sproposito) è in ottima salute (LEGGI). Ma da 'decano' dei blogger Leonardo indulge anche in una profonda autocritica proprio del provincialismo italico dei commentatori del web: "Non siamo in generale, noi blog italiani, terribilmente provinciali? Internet poteva servirci a conoscere il mondo, ma il più delle volte ci serve a specchiarci in noi stessi. Ci troviamo gli stessi dibattiti che affliggono la nostra piccola tv italiana, i nostri piccoli quotidiani...".

Giuseppe Civati si limita ad un invito "Chi non si collega, non festeggia l'Unità" (LEGGI) mentre le zie di Manginobrioches "raccontano sempre la storia del generale Garibaldi, dello stivale e dell'Aspromonte che lo ospitò, anzi lo accettò perché è una montagna vecchia e suscettibile, ma che sa benissimo di trovarsi in un punto di quello stivale: la parte per il tutto, e il tutto per la parte. Le zie non lo sanno, ma il loro Risorgimento senza fine sta tutto lì" (LEGGI).

Bisognerebbe discutere a lungo anche su quello che scrive Randomante (LEGGI) con la sua top tre dei momenti in cui "veramente" ci sentiamo italiani: "Quando gioca l’Italia. Quando arrivano gli immigrati sui barconi. Quando andiamo in viaggio all’estero". Ma questi sono solo i primi post dei nostri invitati all'incontro di domenica: non è che l'inizio...

-APPUNTAMENTO DOMENICA 13 MARZO SU UNITA.IT -

Unità d'Italia, tutti sull'attenti! Tutti... tranne noi. Noi, che di unità siamo esperti, vogliamo festeggiare il 150esimo a modo nostro. Presto vi presenteremo "I nuovi Mille", mille Italiani per un nuovo Risorgimento, donne e uomini che ogni giorno, silenziosamente, faticano per costruire un Paese migliore.

E poi vogliamo raccontarvi l'Italia aprendoci al web e ai lettori. Abbiamo invitato in redazione i maggiori blogger italiani domenica 13 marzo dalle ore 11 alle 13. Ci faremo raccontare l'Italia (unita?) vista da loro. Guarderemo il nostro Paese attraverso i loro occhi politicamente scorretti: quelli di Metilparaben, brillante blogger premiato come "Blog Rivelazione 2010", o quelli di Alessandro Gilioli (Piovono Rane, blogger dell'anno).

E con loro Vittorio Zambardino (Scene Digitali, lo storico blog de "La Repubblica"), Spinoza (miglior blog 2010), Uomomordecane (il "cattivo più temibile della blogosfera 2010"), Leonardo Tondelli (Leonardo, miglior blog d'opinione), Malafemmena (miglior blog erotico 2010), Luca Sofri e Francesco Costa del Post (miglior blog giornalistico dell'anno), due tra i principali blog letterari italiani: Nazione Indiana con Marco Rovelli e Loredana Lipperini (Lipperatura), Giuseppe Civati (Ciwati, tra i migliori blog politici italiani) e tanti altri.

Auspichiamo che ne venga fuori un bel dibattito: serrato, brillante e possibilmente non incentrato sul solito tema "berlusconi sì-berlusconi no". Tenteremo anche di dar voce ai nostri lettori e di riportare nella nostra discussione i temi e le osservazioni che ci pongono quotidianamente in rete.

L'incontro sarà moderato da Concita De Gregorio (Invece) e da Giovanni Maria Bellu (Nemici). Potrete seguirlo in live streaming domenica mattina (dalle 11) sul nostro sito Unita.it. Domenica pomeriggio pubblicheremo un report con video e foto. E poi usciremo nuovamente sul giornale cartaceo con numerosi approfondimenti. Abbiamo bisogno del vostro contributo, mandateci le vostre domande e osservazioni.

SEGUITE LA DIRETTA VIDEO/TWITTER/FACEBOOK SU UNITA.IT

MANDATE LE VOSTRE DOMANDE A UNISCITI@UNITA.IT

11 marzo 2011

 

 

 

 

Un milione in "piazza Italia" per la Carta

Roma canta l'inno e urla "E' viva la Costituzione"

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GLI ITALIANI SCENDONO IN PIAZZA

E "ADOTTANO" LA COSTITUZIONE

Il racconto della piazza di Luciana Cimino

"Bisogna essere degni del popolo italiano", scriveva Sandro Pertini. E chi sa cosa avrebbero pensato oggi lui, Umberto Terracini e gli altri padri costituenti a vedere sfilare per le vie di Roma una moltitudine di persone con la Costituzione in mano. A brandirla per difenderla, dopo 63 anni dalla sua promulgazione e dopo che i diritti che vi sono in essa con chiarezza sanciti si credevano definitivamente acquisiti. E invece no, tocca tornare in piazza. E snoccialare uno per uno gli articoli, mandarli a memoria, come insegnamento morale ed etico per sè e per gli altri.

Un milione di persone nelle piazze d’Italia dicono gli organizzatori (Popolo Viola, da Articolo 21, Valigia blu e Libertà e giustizia) della giornata "A difesa della Costituzione". Nessuna bandiera di partito ma tanti tricolori, quello gigante, 60 metri, che apre il corteo capitolino e quelli che entusiasti vengono sventolati quando sul palco di piazza del Popolo si affaccia Roberto Vecchioni, con le sue canzoni che sono inni civili alla speranza. "Io festeggio i 150 dell’Unità d’Italia difendendo la Costituzione – dice Valentina, che indossa una bandiera italiana – e la festeggio rimanendo qui a lottare per questo paese, senza fuggire all’estero, una in più che fa capire a Berlusconi che aver avuto la maggioranza dei voti non significa aver trasformato i cittadini in sudditi". In moltissimi portano al collo cartelli sui quali hanno vergato gli articoli da "adottare".

Lucia, impiegata di 51 anni ha adottato il 33 e il 34, sul diritto allo studio e la libertà d’insegnamento, "ma sono in pericolo anche i principi di uguaglianza e gli articoli che riguardano la giustizia, il governo sta calpestando tutto – dice – io credo che la Costituzione possa essere modificata ma non nei principi fondamentali e non da chi si compra i parlamentari". D’accordo Andrea, avvocato di 28 anni: "i principi fondamentali non si toccano; chi oggi propone di modificarla non ne ha la legittimazione morale". Lui difende l’art.3, "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge", "il premier dice che con la sua riforma della giustizia tangentopoli non ci sarebbe mai stata, è aberrante".

Elisabetta, 38enne precaria, ha adottato invece il 9, sullo sviluppo della cultura e commenta che "sarebbe proprio un bel paese se questa splendida Costituzione venisse attuata appieno anziché continuamente picconata". Anche Fabio, studente di lettere di 24 anni, pensa "il Governo della Costituzione ne ha fatto carta straccia": "L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro? I cittadini sono eguali davanti alla legge? La scuola pubblica è valorizzata?", domanda, e poi dice "proprio perché sono giovane non potevo stare zitto e sono venuto in piazza, fosse per me metterei le tende come hanno fatto i miei coetanei in Egitto".

Mario è un’insegnante, giura che in piazza ci sono anche tutti i suoi studenti, ai quali ha letto passi di Calamandrei. Porta al collo un cartello con scritto art.138, "perché è il punto più delicato dell’impianto costituzionale, colpire i magistrati è colpire uno dei poteri che Illuminismo, Risorgimento e Resistenza hanno creato a tutela dei cittadini". "Siamo qui - aggiunge – nella stessa piazza della manifestazione del 13 febbraio delle donne per dire che siamo cittadini sotto attacco e tutto questo si sintetizza difendendo la Costituzione". Franca, 56 anni, ha partecipato ad entrambe le manifestazioni e annuncia che prenderà parte anche alle prossime "la società è qua in piazza, mi auguro che l’opposizione riesca a cogliere questo vento che soffia"...

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VIDEO: STEFANO RODOTA' | CONCITA DE GREGORIO | VA' PENSIERO IN PIAZZA | VECCHIONI | FINOCCHIARO | FRANCESCHINI | BUSI | GIULIETTI | MANNOIA | ZORO | SATTA | GIULIO SCARPATI |

CORI, CANTI E BANDIERE | FASSINO | FLAVIA PERINA | IL MEGA-TRICOLORE | ASCANIO CELESTINI | ANTONINO INGROIA | SERVENTI LONGHI | FRANCO GIORDANO | LE VOCI DELLA PIAZZA | LO SPOT PER LA COSTITUZIONE | LERNER | SERRA | BINDI | L'APPELLO DEL C-DAY | IL PALCO

FOTOGALLERY: CORTEO | BALCONI TRICOLORI

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FOTOGALLERY: CORTEO | I BALCONI TRICOLORI

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LA DIRETTA DELLA GIORNATA

LE CIFRE DELLE QUESTURE: IN 43MILA

A MANIFESTAZIONI VARIE CITTA'

Sono state quarantatremila - secondo i dati delle questure - le persone che hanno partecipato oggi in varie città italiane alla mobilitazione nazionale a difesa della Costituzione e della scuola pubblica. La manifestazione principale è stata organizzata a Roma con un corteo che è partito da piazza della Repubblica per arrivare fino a Piazza del Popolo, con la partecipazione di circa venticinquemila persone, sempre secondo i dati della questura. A Bologna hanno partecipato in cinquemila alla manifestazione con corteo; una cifra analoga si è contata a Firenze; numeri minori si sono avuti a Padova (duemila persone), Vicenza (duemila persone) e Reggio Emilia (mille persone).

ROMA INTONA L'INNO DI MAMELI

E ALZA LA COSTITUZIONE

Si è chiusa con l'inno di Mameli la manifestazione di piazza del Popolo a Roma. La folla ha intonato 'Fratelli d'Italia' e sventolato la Costituzione e i tricolori. In coro è stato recitato lo slogan simbolo della manifestazione, scritto sullo striscione di apertura del corteo di Roma da piazza della Repubblica a piazza del Popolo e sfondo per ogni palco dove si è manifestato oggi: "È viva la Costituzione".

slogan, costituzioneDAL PALCO DI ROMA L'ANNUNCIO

DI UNO SCIOPERO GENERALE DELLA CULTURA

"Entro fine mese abbiamo organizzato uno sciopero generale della Cultura". Lo ha annunciato il presidente del sindacato degli attori, Giulio Scarpati, durante il suo intervento sul palco del C-Day, manifestazione indetta oggi a Roma in difesa della Costituzione. "Centinaia di migliaia di persone che indegnamente rappresento sono a spasso - ha aggiunto - la Rai gira fiction all'estero con i soldi pubblici. Chi ci governa preferisce avere sudditi e non cittadini, al massimo consumatori".

"SIAMO UN MILIONE IN PIAZZE ITALIA"

"Abbiamo fatto un stima e possiamo dire di essere un milione di manifestanti ad essere scesi nelle piazze oggi comprese anche quelle delle città estere, in difesa della nostra Costituzione". Questo l'annuncio dato pochi minuti fa dal palco del C-day allestito a Piazza del Popolo a Roma.

ROMA, CORTEO PRO-LIBIA IN PIAZZA DEL POPOLO

Bandiere della Libia in mano e in silenzio. Così è arrivato a Piazza del Popolo, dove si sta svolgendo il C-day in difesa della Costituzione italiana, il corteo dei manifestanti libici partito da piazza Ss. Apostoli. "Basta al massacro", "Via Gheddafi": questi gli slogan gridati dalle diverse decine di libici presenti in piazza.

A PADOVA FLASH MOB 'COSTITUZIONALE'

Quasi 2000 persone hanno sfilato in corteo a Padova in una manifestazione promossa da una quarantina di sigle di rappresentanza del mondo sindacale e sociale. Gli studenti medi intorno allo storico caffè Pedrocchi, fulcro nel '48 dei moti rivoluzionari padovani, hanno dato vita ad un flash mob in cui hanno letto gli articoli fondamentali della Carta, oltre a quelli sui principi in difesa della scuola pubblica. I giovani hanno distribuito ai passanti 200 copie della Costituzione. Poi, dopo un sit-in, davanti alla Prefettura, è partito il corteo tricolore lungo il centro storico. Un gruppo di giovani dei Centri sociali ha lanciato scarpe usate contro il portone del Palazzo del Bo, sede dell'Università.

CALABRIA IN PIAZZA PER LA CARTA

Alcune decine di cittadini nella centrale piazza Prefettura del capoluogo calabrese, tra bandiere tricolori e con il gonfalone dell'Anpi, uomini e donne, giovani e anziani, hanno esposto e indossato cartelli con il testo degli articoli della carta fondamentale dello Stato evidenziando la necessità di "difenderla - hanno spiegato - dai continui attacchi che le vengono rivolti, ribadendo la necessità della certezza del diritto". Anche a Reggio Calabria, in piazza Camagna, l'Anpi ha chiamato a raccolta i cittadini a difesa della Costituzione. Tante le adesioni di singoli e rappresentanti di associazioni cittadine.

ARTICOLO 21: "NO A DIVISIONI, STARE UNITI"

"È giunto il momento di stare tutti insieme, non è il momento di divisioni e politiche inutili. Dobbiamo essere uniti fin quando non saranno allontanati i nemici della Costituzione". Lo ha detto il portavoce di Articolo 21, Beppe Giulietti, durante il suo intervento dal palco del C-day, manifestazione in difesa della Costituzione. "Se ci sono persone di una destra non berlusconiana che sono d'accordo con noi ben vengano - ha aggiunto - attorno alla Costituzione non c'è bisogno di fili spinati".

SASSARI, IN 500 PER LA COSTITUZIONE

In piazza d'Italia si sono radunati sotto il palco uomini e donne, molti dei quali sventolavano una bandiera tricolore. Su uno degli striscioni appesi dagli organizzatori, tra i quali l'anima sassarese di "Se non ora, quando?", si leggeva "Più donne, più dignità, più democrazia". Tra gli interventi quello dell'ex sindaco di Sassari Anna Sanna, unica prima cittadina nella storia della città, e l'attore Sante Mauriz che ha letto una lettera dello scrittore Salvatore Mannuzzu. Altri partecipanti, tra cui molte giovanissime, hanno letto alcuni articoli della carta costituzionale.

TRICOLORE, ROMA

STUDENTI "SAPIENZA" BLOCCANO TRAFFICO

Il corteo di studenti della Sapienza sta bloccando il Lungotevere a Roma in direzione di piazza Bocca della Verità. Dopo aver superato piazza del Popolo contestando i migliaia di manifestanti che erano nella piazza per l'iniziativa in difesa della Costituzione e della scuola pubblica, gli universitari hanno bloccato il traffico sul Lungotevere sfilando davanti al Palazzaccio.

FISCHI PER VIDEOMESSAGGIO BERLUSCONI

Alla notizia, data dal palco del C-day dal portavoce di Articolo 21, Beppe Giulietti, dell'arrivo di un nuovo videomessaggio del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, le migliaia di manifestanti che sono a Piazza del Popolo hanno fischiato per alcuni minuti.

VECCHIONI: "LA SCUOLA E' LA COSA

PIU' IMPORTANTE PER UNA PERSONA"

"La scuola è la cosa più importante e meravigliosa nella vita di una persona, quella dove si formano le amicizie, la cultura e la propria idea sul domani". Lo ha detto il cantautore (e insegnante) Roberto Vecchioni parlando dal palco del Costituzione day a Piazza del Popolo a Roma. "Questo lo si deve ai migliaia di insegnanti sottopagati e meravigliosi. So quanto prendono, lo so dalla mia pensione...", ha aggiunto Vecchioni. "Le due categorie che io ho amato sempre e che continuo ad amare - ha concluso - sono gli operai e gli studenti e sono le protagoniste meravigliose della società italiana purtroppo continuamente sottovalutate".

vecchionicanta

TORINO, ORCHESTRA REGIO

SUONA INNO DI MAMELI

In difesa della Costituzione è scesa in piazza anche l'Orchestra del Teatro Regio, che ha suonato l'inno di Mameli per i circa duemila manifestanti radunatisi nella centrale piazza Castello. L'orchestra ha eseguito l'inno all'aperto, prima di recarsi alle prove dei Vespri Siciliani di Giuseppe Verdi, opera alla quale venerdì sera assisterà a Torino il capo dello Stato Giorgio Napolitano, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell'unità d'Italia.

FNSI: "ATTACCHI ALL'INFORMAZIONE OGNI GIORNO"

"In piazza oggi c'è l'Italia, non c'è una categoria. Noi siamo qui perchè l'articolo 21 non è il più importante della Costituzione ma all'informazione stanno arrivando ogni giorno attacchi: il primo aprile c'è il rischio che Berlusconi possa comprare il Corriere della Sera. Hanno tirato fuori dal cassetto la legge contro le intercettazioni. Dobbiamo difendere il diritto della gente a sapere". Lo ha detto il presidente dell'Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi), Roberto Natale, a margine della manifestazione indetta in difesa della Costituzione, in corso a Roma.

foto immigrato legge

ROMA, STUDENDI GRIDANO: "BUFFONI"

Al grido di "buffoni" e "giù la maschera" il corteo di studenti partito dalla Sapienza è arrivato in piazza del Popolo a Roma, dove si sta svolgendo la manifestazione in difesa della Costituzione. Gli studenti, che contestano l'iniziativa perchè a loro dire molti esponenti sul palco non hanno difeso la scuola e l'università, hanno sfilato ai bordi della piazza accendendo fumogeni e intonando slogan come "Università pubblica" e "Non ci rappresenta nessuno". Dopo aver attraversato la piazza, gli universitari si sono diretti verso il Lungotevere.

MILANO, DARIO FO: "ABBIAMO PREMIER SCEMO"

Processi, giustizia, bunga bunga e anche il vistoso cerotto che il presidente del Consiglio è costretto a portare dopo il recente intervento maxillo facciale. È uno show a tutto campo quello che il premio Nobel, Dario Fo, ha tenuto a Milano in occasione del C-day in una piazza gremita da migliaia di persone. "Forse l'hanno operato dal di fuori - ha ironizzato Fo sul cerotto del premier - perché lui non apre bocca, specie nei processi". "Una volta - ha proseguito - le leggi ad personam non esistevano, la legge era uguale per tutti". Secondo Fo "dire ora che la legge è uguale per tutti sembra una battuta: ci considerano degli imbecilli ma stiamo imparando a reagire". Non sono mancati i riferimenti al caso Ruby. Fo ha ricordato che il premier ha ammesso di aver telefonato "perché quella ragazza ci potrebbe procurare grane internazionali". "Dice una cosa - ha proseguito - che solo uno scemo può dire". "Abbiamo - ha concluso - un presidente del Consiglio scemo". Dario Fo nel corso del suo intervento dal palco a Milano, non ha risparmiato stoccate neppure all'opposizione: "Come facciamo a tenercelo?", ha detto riferendosi al premier. "Non è che c'è anche responsabilità della sinistra? La responsabilità della sinistra - ha detto - è enorme".

fo,milanoDI PIETRO: "DALLE PIAZZE

RISCOSSA SOCIETA' CIVILE"

"L`Idv partecipa al C-Day per difendere la Costituzione e la democrazia. Infatti oggi tutti i nostri parlamentari e i nostri iscritti sono scesi in piazza: io a Napoli, dove nell`occasione ho presentato la candidatura a sindaco di Luigi De Magistris. Leoluca Orlando, Pancho Pardi, Stefano Pedica ed altri a Roma. Mentre Fabio Evangelisti e gli assessori toscani a Firenze. E` una giornata di festa e di riscossa della società civile, dei cittadini onesti e stanchi di subire le scelte autoreferenziali del Governo".

PALERMO, I MANIFESTANTI:

"IL GOVERNO CI HA DIMENTICATO"

Circa 500 le persone si sono ritrovate davanti al teatro Massimo di Palermo per partecipare alla manifestazione C-day. I manifestanti, che protestano in difesa della Carta costituzionale e contro il governo Berlusconi, hanno steso davanti alla scalinata del teatro una grande bandiera Tricolore ed esposto cartelli con slogan contro il premier. "Siamo in piazza oggi per manifestare il nostro disappunto nei confronti di un governo che si è dimenticato di noi - afferma uno degli organizzatori regionali della manifestazione -. Si parla tanto in questo periodo di riforma della giustizia, ma quello che sarebbe più utile sarebbe più che altro una controriforma".

costituzione 2ROMA, INGROIA: "QUESTA PIAZZA

CONTRO RIFORMA GIUSTIZIA"

"Il fatto che in piazza ci siano tanti italiani dimostra che avete capito che la cosiddetta riforma della giustizia in realtà è una controriforma". Così il Procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, dal palco della manifestazione in difesa della Costituzione in corso a piazza del Popolo, a Roma. "Questa controriforma non è soltanto una ritorsione contro la magistratura, ma c'è in gioco una posta molto più grande - ha detto Ingroia -. Se dovesse passare avremmo uno stato di diritto azzoppato, sfigurato nei suoi principi fondamentali così come disegnati dai padri costituenti. Ciò che è veramente in gioco è l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge - ha concluso -, che non sarebbe garantita nel momento in cui il potere giudiziario venisse schiacciato da quello politico".

BARI, VENDOLA: "DIFENDIAMO

L'ARCHITETTURA DEMOCRATICA"

"La nostra costituzione è giovane è figlia di una delle più straordinarie vicende di lotta di popolo. È stata scritta con il sangue di una generazione di italiani che hanno saputo ribellarsi all'occupazione fascista e nazista". Lo ha detto il leader di Sinistra ecologia e libertà Nichi Vendola commentando da Bari, in diretta su Rainew 24, la manifestazione che si sta svolgendo in tutta Italia in difesa della Costituzione e della scuola pubblica. "Oggi - ha detto Vendola - c'è assoluto bisogno di difendere la carta costituzionale, c'è bisogno di difendere un'architettura democratica che è il prodotto più maturo delle rivoluzioni, della modernità, della coscienza democratica dei nostri e delle nostre madri".

GENOVA, PANINI CON DENTRO POESIE

Cantando l'inno d'Italia e distribuendo panini con dentro poesie al posto del prosciutto, centinaia di persone sono scese in piazza oggi pomeriggio a Genova per mobilitazione organizzata da Articolo 21 e Libertà e Giustizia per difendere la Costituzione e la scuola pubblica. "La scuola pubblica è un ascensore sociale, la scuola privata conserva i privilegi" era scritto su un cartello. "Bella, sana, robusta Costituzione, senza bisogno di trapianti e di lifting", "Io non inculco, educo", "Si scrive scuola pubblica, si legge democrazia" e "La cultura non si mangia, ma fa crescere" si leggeva su altri manifesti alzati al cielo dei manifestanti. Mentre al megafono è stato letto in pubblico il discorso di Piero Calamandrei nel 1950 a difesa della scuola pubblica, sono state distribuite barchette di carta con scritto "Viva la scuola pubblica".

ROMA, GIORNALISTA LIBICO: "FAREMO

RESISTENZA COME VOI"

"Faremo la Resistenza come voi avete fatto 60 anni fa. Da 42 anni non c'è una costituzione in Libia, ma una dittatura". Lo ha detto il giornalista libico Farid Adly durante il suo intervento a piazza del Popolo sul palco del C-day. "Non è possibile scendere in piazza (in Libia) - ha aggiunto - ho amici che hanno passato la vita in carcere solo perchè hanno criticato il governo con un articolo. Aiutateci a difendere la nostra gente e non fate distruggere la vostra Costituzione".

 

costituzioneROMA, L'ASSOCIAZIONE

MAGISTRATI: SIAMO CON VOI

Adesione e solidarietà dell' Anm alle manifestazioni per il 'Costituzione day'. "Aderisco e sono vicino alla vostra iniziativa condividendone le finalità volte a tutelare i principi contenuti nella nostra carta costituzionale. L'Associazione nazionale magistrati - è scritto nel testo inviato dal Presidente dell' Anm Luca Palamara, letto dal palco di piazza del Popolo- si riconosce in questi principi ed è oggi più che mai impegnata a difendere nell'interesse della collettività, e cioè di tutti voi, l'autonomia e l'indipendenza della magistratura".

FIRENZE, 8MILA IN PZA DELLA SIGNORIA

Piazza della Signoria invasa da oltre 8mila manifestanti (secondo gli organizzatori), bandiere tricolori, grandi cartelli con la scritta "Mi piace la scuola pubblica" e una schiera di persone a formare un enorme slogan umano, una lettera per ogni manifestante, con la scritta "Noi in piazza, governo a casa". A scandire il ritmo del corteo le pentole del cacerolazo.

c day costituzione

ROMA, ARTICOLI DELLA CARTA LETTI SUL PALCO

Una piazza che canta insieme al coro diretto da Marcello Bufalini il 'Và pensiero' di Verdi e gli articoli della Costituzione italiana letti dal palco allestito in piazza del Popolo, piena di gente che sventola tricolori.

MESTRE, GINO STRADA: "LA COSTITUZIONE E' STATA STUPRATA..."

Il fondatore di Emergency, Gino Strada, è intervenuto questo pomeriggio a Mestre insieme con altre 400 persone circa alla manifestazione in difesa della Carta Costituzionale. "La Costituzione - ha detto Strada - è stata stuprata, umiliata, vilipesa da tutta la classe politica italiana. Trovo perfino indegno che i partiti si presentino in piazza oggi per difenderla, dopo che hanno votato a favore della guerra, del prevalere del privato sul pubblico". "L'unico modo - ha concluso - è che i cittadini riprendano ad organizzarsi autonomamente, riscrivendo le regole del vivere civile".

FIORELLA MANNOIA: "L'ILLEGALITA' IN ITALIA E' DILAGANTE"

"La gente va in piazza perchè l'illegalità in Italia è dilagante". Così la cantante Fiorella Mannoia durante il C-day organizzato in difesa della Costituzione. "Ogni volta che c'è una manifestazione le si dà un titolo - ha aggiunto - ma oggi è più ampia. È per la legalità, per la Costituzione, per la scuola, per le pari opportunità, per contrastare la volgarità e perchè siamo stanchi". "Siamo stati zitti per troppo tempo - ha concluso Mannoia - è ora che la gente si faccia sentire".

AOSTA, IN CENTO DAVANTI MONUMENTO RESISTENZA

Più di un centinaio davanti al monumento dedicato ai caduti della Resistenza per la manifestazione in difesa della Costituzione promossa dall'Anpi. Tra i partecipanti erano presenti i segretari del Pd Valle d'Aosta, Raimondo Donzel e della Federazione della sinistra valdostana, Francesco Lucat. Numerose le bandiere tricolori indossate o portate dai partecipati. Durante la breve cerimonia, in cui è stato cantato l'Inno di Mameli e 'Bella ciao' e sono stati letti articoli della Costituzione italiana, è intervenuto Cesare Dujany, ex presidente della Regione autonoma Valle d'Aosta, ora presidente dell'Istituto storico della resistenza regionale.

ROMA, STUDENTI SFIDANO LA POLIZIA E CAMBIANO PERCORSO CORTEO

Gli universitari della Sapienza dopo aver attraversato viale Trinità dei Monti si sono staccati dagli altri manifestanti deviando verso via di San Sebastianello per raggiungere piazza di Spagna. Di fronte a loro, a una ventina di metri, ci sono dei blindati della Guardia di Finanza e un cordone di agenti che sbarra la strada.

FIRENZE, INNO DI MAMELI E BELLA CIAO

Tricolori sulle note dell'Inno di Mameli e bandiere rosse con falce e martello, sulle note di Bella ciao. Sono oltre cinquemila, per la questura, molti di più per gli organizzatori, i manifestanti che sfilano per il centro di Firenze a difesa della Costituzione. Ad aprire il corteo quattro bimbi. Dietro di loro si intonano cori 'dimettiti'. A lettere cubitali in piazza della Signora, un gruppo di manifestanti con al collo il cartello 'noi in piazza: governo a casa'. Molte persone hanno in mano una copia della Costituzione. Inoltre, striscioni con la scritta 'mi piace la scuola pubblica'. Il corteo si chiude davanti alla basilica di Santa Croce con un lungo applauso.

onda tricolore

MILANO, MIGLIAIA DI PERSONE IN PIAZZA

Oltre un migliaio di persone in Largo Cairoli a Milano, in occasione della giornata a difesa della Costituzione. A presentare la manifestazione Piero Ricca, divenuto noto per aver dato del 'puffone' al premier in tribunale a Milano.Tra la folla, molta goliardia in stile Carnevale: spiccano una donna vestita con una divisa da carcerato e una maschera di Berlusconi ed alcune signore con il tricolore indossato a mo' di copricapo. Poco fa è arrivato sotto il palco Dario Fo accolto da numerosi applausi.

IN PIAZZA MINUTO SILENZIO PER VITTIME TERREMOTO GIAPPONE

Solidarietà al popolo giapponese con un minuto di silenzio per ricordare le vittime del terremoto è arrivata da piazza del Popolo dove è in corso la manifestazione del "C day".

PIAZZA INTONA 'VA PENSIERO' E ASCOLTA COSTITUZIONE = La folla di piazza del Popolo, riunita per manifestare in difesa della Costituzione, ha intonato il 'Va pensierò di Verdi. Dal palco è stato letto poi il primo articolo della Costituzione, tra gli applausi della folla. Piazza del Popolo è strapiena, quando ancora deve arrivare la coda del corteo che, tra uno sventolare di bandiere tricolore, sta scendendo dal Pincio.

FINOCCHIARO, DOPO LUNGA APATIA MA ITALIA DESTA

"È un fatto straordinariamente positivo che dopo lunghi mesi di apatia l'Italia s'è desta". Così la presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, ai piedi del palco della manifestazione a difesa della Costituzione, in corso a Roma. A chi le domanda se il Pd si senta scavalcato dalle numerose piazze della società civile, Finocchiaro risponde: "Abbiamo iniziato noi l'11 dicembre, ma piuttosto che scavalcati siamo felici che fuori dai partiti e dai sindacati, il popolo italiano scenda in piazza".

CORTEO A PIAZZA DEL POPOLO

L'enorme bandiera italiana è giunta a piazza del Popolo così come il corteo di manifestanti che in occasione del C Day ha sfilato da piazza della Repubblica. Migliaia le persone presenti in piazza. A breve dovrebbero iniziare gli interventi dal palco allestito in piazza del Popolo. I manifestanti sono stati accolti dalle note di "Viva l'Italia" mentre gli organizzatori li hanno salutati: "Ben arrivati amici della Costituzione". I manifestanti tengono in mano la Costituzione italiana. In molti hanno realizzato striscioni e cartelloni e e si preparano a trascorrere un lungo pomeriggio "difendendo la carta costituzionale".

TORINO, CORISTA REGIO

SCOPPIA IN LACRIME CANTANDO INNO

È scoppiata in lacrime mentre cantava l'inno di Mameli. Cristiana Cordero, soprano dell'orchestra del Teatro Regio di Torino, non ha saputo trattenere l'emozione quando le migliaia di persone in piazza Castello accorse per la manifestazione in difesa della Costituzione si sono unite al coro dei musicisti. "Piango per la mia patria - ha detto al termine dell'esecuzione - perchè non posso concepire che venga distrutto il patrimonio culturale del nostro Paese, e da anni è ormai in corso un vero e proprio attentato alla cultura".

CORTEO STUDENTI CONFLUISCE

IN MANIFESTAZIONE PRO COSTITUZIONE

Il corteo degli studenti ha raggiunto a via Barberini quello dei C Day partita da piuazza della Repubblica. Lo spezzone degli studenti in coda al corteo principale, dove spiccano tricolori e striscioni sulla Costituzione, sta intonando canti come "Figli della stessa rabbia". Una netta differenza caratterizza quello che ormai è diventato un'unica manifestazione, ma con 'animè diverse. Al momento la situazione è tranquilla.

CORTEO CANTA INNO

NAZIONALE E 'BELLA CIAO'

I manifestanti che stanno partecipando al corteo in difesa della Costituzione a Roma, una volta imboccata via Sistina, hanno iniziato a cantare l'Inno di Mameli. Una volta terminato è seguito un fragoroso applauso ed altri manifestanti hanno iniziato ad intonare le note di 'Bella ciao'.

FASSINO, NECESSARIO

RIAFFERMARE PRINCIPI LEGALITÀ

"Viviamo in tempi nei quali nulla è scontato. Al contrario riaffermare principi di legalità, di democrazia, di rispetto della dignità delle persone è oggi tanto più necessario di fronte ad una destra che non conosce limiti nel destrutturare e nel delegittimare i valori dell'antifascismo e della Costituzione e le Istituzioni della Repubblica".

BERSANI: RIFORMA È SOLO

SASSO MEDIATICO PER PREMIER

La riforma costituzionale della giustizia è solo un espediente mediatico del presidente del Consiglio per risolvere i suoi problemi politici, difficilmente arriverà in porto. Quello che servirebbe agli italiani è una giustizia civile più rapida, su questo il Pd sarebbe disponibile a discutere.

BERSANI IN PIAZZA: SFILA

CORTEO PER ALTERNATIVA

"Non è una piazza contro, è una piazza per un'alternativa". Così il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, descrive la manifestazione a difesa della Costituzione a Roma alla quale partecipa insieme ad altri esponenti del suo partito. "Non c'è un animo contro, è una piazza per una Italia diversa - spiega Bersani -. C'è un grande movimento nel Paese e i partiti, in particolare il nostro, devono affiancarlo, dargli la mano. Politica e società civile insieme per una strada di speranza e di ricostruzione". Quanto al premier il segretario del Pd ribadisce: "Berlusconi si avvinghia su se stesso, resiste, ha grinta, ma noi abbiamo più grinta e più tenuta di lui".

PUGLISI: IN PIAZZA PER

UNA SCUOLA PIÙ LIBERA

"Difendere la Costituzione e la scuola pubblica è, in realtà, la medesima battaglia. La Costituzione contiene l'idea di una società dove il cittadino non è suddito, ma portatore di diritti e di doveri che ne fanno il protagonista della vita civile e democratica, e dove le opportunità e il merito non sono legati alla prostituzione del corpo e della mente, ma si conquistano con lo studio, il lavoro, l'impegno e il sacrificio" afferma Francesca Puglisi, responsabile Scuola del Pd.

P.VIOLA, POLITICI REGGANO

TRICOLORE A CORTEO

"Chiediamo ai politici di aiutarci a portare il Tricolore che sta guidando questo corteo verso piazza del Popolo. Sarà un segnale per il paese". Lo ha detto Gianfranco Mascia del Popolo Viola durante la manifestazione che si sta tenendo a Roma in difesa della Costituzione italiana. "Oggi è una festa - ha aggiunto - deve essere una giornata per unire e non per dividere".

 

ROMA;PARTITO CORTEO

DIETRO MAXIBANDIERA ITALIA

È partito dietro una 'bandieronà dell'Italia lunga 60 metri il corteo della manifestazione organizzata oggi a Roma a difesa della Costituzione. Sono migliaia i manifestanti che inseguono la bandiera, chi gridando viva l'Italia, chi sventolando tricolori; il corteo sta ora percorrendo via Barberini dopo essere arrivato in piazza Barberini si snoderà lungo via del Tritone, via Sistina, sino ad arrivare al Pincio e poi a piazza del Popolo, dove è stato allestito un palco per gli interventi.

300 A TRIESTE CON ELEMETTI E TRICOLORE

Circa trecento persone sono scese in piazza stamani a Trieste a difesa della Costituzione e per proteggere la scuola pubblica, con tanto di elmetti bianchi "di salvaguardia". In piazza dell'Unità d'Italia, ai piedi della Prefettura, si sono riuniti studenti e cittadini di ogni età con il Tricolore, o bandiere gialle, divenute il simbolo dell'istruzione pubblica nelle recenti manifestazioni. Hanno quindi alternato piccoli comizi alla lettura di alcuni articoli della Costituzione.

DI PIETRO, PRIMO IMPEGNO VERSO REFERENDUM

Non una "manifestazione fine a se stessa", ma il "primo impegno concreto della società civile in vista del referendum sul legittimo impedimento". A parlare è Antonio Di Pietro, leader del'Idv, in merito al Costituzione Day, affermando che il suo partito "partecipa con impegno alla manifestazione in tutte le città in cui si svolge".

ASCOLI, DONNE IN PIAZZA PER DIRITTI E LAVORO

Alcune centinaia di persone sono scese in piazza anche ad Ascoli per manifestare per "la difesa della Costituzione e della scuola pubblica". L'iniziativa, promossa dal comitato "Se non ora quando?", con tantissime bandiere tricolori e coccarde a fare da scenografia all'evento, ha visto la partecipazione di numerose donne, oltre a sindacalisti, esponenti politici e molti lavoratori precari - oltre che disoccupati - di tutti gli ambiti, dai servizi all'industria, dall'università alla mondo della scuola.

SCUOLA: FIORONI, GOVERNO SOFFOCA IL FUTURO

"Le scuole pubbliche rappresentano l'ossigeno per ogni Paese moderno, civile che guarda al futuro e investe nei giovani. Questo governo, ha scelto di mettere le mani al collo delle nuove generazioni, di soffocare la scuola, anche le paritarie, con una visione medioevale di comunità, al contrario di quanto hanno fatto altre grandi nazioni". Lo ha detto il responsabile del Welfare del Pd, Giuseppe Fioroni nel corso di una manifestazione a difesa della scuola in corso a Bergamo.

BINDI: RISCATTIAMO DIGNITÀ DI NOSTRA DEMOCRAZIA

La mobilitazione di oggi in 100 piazze d'Italia "in difesa della Costituzione" è "un altro momento significativo di partecipazione civica e popolare", che ha l'obiettivo di "riscattare la dignità della nostra democrazia". Lo ha sottolineato in una nota la presidente del Pd Rosy Bindi, facendo sapere di non poter partecipare alla manifestazione di Roma come aveva programmato: "Me ne dispiace moltissimo".

PIAZZA DOPO PIAZZA, LA MAPPA DELLA FESTA

In testa, un gigantesco tricolore di 200 metri quadri, da tendere insieme allo striscione "La Costituzione è viva" e poi via, attraverso il centro della Capitale, con la Carta alla mano.

Oggi per il C-day, la mobilitazione nazionale organizzata a difesa della Costituzione e della scuola pubblica, l’evento clou che si svolgerà a Roma si annuncia così. Con il corteo che partirà dalle 14 da piazza della Repubblica per arrivare alla grande festa di piazza del Popolo, dove, tra tante testimonianze, a cominciare da quelle del mondo della scuola, si alterneranno sul palco costituzionalisti, attori - da Ottavia Piccolo a Monica Guerritore e Ascanio Celestini - e musicisti, da Roberto Vecchioni e Daniele Silvestri fino all’orchestra che eseguirà il Dies Irae di Mozart e il Va’ pensiero di Verdi. Ma la mobilitazione (tutte le info su www.cday.it) non si ferma a Roma: sono cento le piazze di tutta Italia che si animeranno fra tricolori sventolanti, sit-in, reading degli articoli della Costituzione e flash-mob, da Trieste a Palermo.

A Milano - appuntamento alle 15.30 a Largo Cairoli - parteciperanno anche Dario Fo e Franca Rame, Vincenzo Consolo e Nando Dalla Chiesa. A Udine, invece, il Pdregalerà ai cittadini mille copie della Costituzione, mentre a Fano (Pesaro) saranno distribuiti segnalibri con gli articoli della Carta che non vengono rispettati. E attraverso il tam tam di facebook presìdi e appuntamenti sono stati organizzati anche all’estero, da Londra ad Amsterdam, Siviglia, Parigi, Praga, Bruxelles, Edimburgo, Madrid.

LO SPOT | Tutti gli appuntamenti

FOTOGALLERY | RACCONTA IL TUO 12 MARZO

a unisciti@unita.it.

 

GLI ARTICOLI DELLA COSTITUZIONE

SULLE MAGLIETTE FIRMATE UNITA'

Oggi alla partenza del corteo di Roma, in Piazza Esedra, e ai numerosi banchetti dell'Unità in Piazza del Popolo, ci sarà una sorpresa dedicata alla Costituzione. Saranno in vendita a 5 euro (più una copia del giornale), le magliette realizzate dal giornale diretto da Concita De Gregorio con stampati gli articoli più significativi della Carta.

Dal meraviglioso articolo 3 dedicato all'uguaglianza al simbolico articolo 1, dal 34 dedicato alla scuola per tutti all'articolo 21 che difende la libertà d'informazione. Magliette in cui figura il testo dell'articolo e sulle spalle il suo numero, il tutto suggellato dal logo dell'Unità, da un bello scudetto tricolore e dalla scritta: "Io sto con la Costituzione". Oltre alle magliette saranno distribuiti gratuitamente gli adesivi dell'Unità dedicati alla scuola con i tanti e fantasiosi slogan mandati dai nostri lettori.

GUARDA LE IMMAGINI

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GLI OSPITI SUL PALCO

Sul palco della manifestazione dedicata alla Costituzione organizzata per sabato 12 marzo alle 14 a Roma, saliranno artisti, costituzionalisti, attori e musicisti. Da Ottavia Piccolo a Monica Guerritore, da Ascanio Celestini alla grande orchestra che intonerà, insieme ad un coro di centinaia di persone, il Dies Irae di Mozart ed il Va pensiero di Verdi dal Nabucco.

Poi Roberto Vecchioni, un genitore della scuola di Adro, rappresentanze del popolo libico, Roberto Natale, il costituzionalista Alessandro Pace, il mondo della scuola con Sofia Sabatino portavoce della Rete degli Studenti, poi Francesco Baccini, Daniele Silvestri e tanti altri ancora, compresa un'orchestra del tutto straordinaria composta da elementi provenienti da tutto il mondo.

Aprirà il corteo un gigantesco tricolore di 200 metri quadrati ed uno striscione che dirà che la Costituzione è viva. A condurre il palco Santo della Volpe insieme ad altre giornaliste e giornalisti. La manifestazione investirà 80 e più piazze in Italia, tra cui quella di Milano con Dario Fo e Franca Rame, Vincenzo Consolo e Nando Dalla Chiesa. Ma presidi anche in tutto il mondo: da New York a Londra, da Barcellona a Praga, da Edimburgo a Madrid.

Il Comitato a Difesa della Costituzione, che mette insieme oltre 100 sigle tra partiti, movimenti e associazioni, ha presentato il programma ed ha lanciato una sfida agli italiani che amano la Costituzione. "Paghiamoci noi la manifestazione - ha spiegato Gianfranco Mascia del Popolo Viola - per questo abbiamo lanciato la campagna 60 ore per la Costituzione in cui si proverà a raggiungere l'obiettivo dei 60mila euro necessari per pagare palco e tutto ciò che serve all'allestimento".

Il corteo, invece, partirà alle 14 da piazza della Repubblica, tutti muniti di un tricolore (bandiera o coccarda) e di una copia della Costituzione italiana. Tanti gli esponenti politici che hanno aderito all'iniziativa, da Pierluigi Bersani a Nichi Vedola, passando per parlamentari, non solo di sinistra, come Angela Napoli e Fabio Granata di Fli, Bruno Tabacci, Pino Pisicchio di ApI.

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LA SOTTOSCRIZIONE

"60 ore per la Costituzione". È il nome della sottoscrizione lanciata dagli organizzatori del C-Day di sabato prossimo per raccogliere fondi da impiegare per l'organizzazione della manifestazione e per l'allestimento del palco in piazza del Popolo, tappa finale del corteo che partirà da piazza della Repubblica.

"Vogliamo che la manifestazione cammini con le proprie gambe e per questo chiediamo un doppio impegno ai sostenitori e ai cittadini che scenderanno in piazza: portare con sè il tricolore e un copia della Costituzione in piazza ma anche mettere mano al portafoglio e sostenere l'iniziativa con una donazione, anche di pochi euro", ha spiegato Gianfranco Mascia, uno degli organizzatori.

L'obiettivo della sottoscrizione è raccogliere 60mila euro in 60 ore, denaro che sarà impiegato principalmente per l'allestimento del palco. "Se non dovessimo arrivare alla cifra che ci siamo prefissati e non dovessimo riuscire ad allestire il palco - ha aggiunto Mascia - arriveremo in corteo a piazza del Popolo e qui penseremo a forme alternative con le quali declinare questo evento".

Con o senza palco, hanno assicurato gli organizzatori, saranno tanti gli interventi dedicati alla giustizia, alla legalità, alla scuola, alla cultura e alla lettura degli articoli della Costituzione. "La manifestazione - ha osservato Santo Della Volpe che coordinerà gli interventi dal palco - arriva cinque giorni prima del 17 marzo, della festa nazionale per i 150 anni dell'Unità d'Italia con la quale ha un legame speciale". Gli organizzatori hanno annunciato che è in lavorazione uno spot video che sarà distribuito a tv e siti internet per il quale attori, intellettuali, giornalisti e privati cittadini hanno prestato il loro volto e la loro voce per leggere gli articoli della Costituzione.

La manifestazione di Roma, hanno ricordato in conclusione, non sarà la sola iniziativa in programma per sabato con gli stessi obiettivi: hanno, infatti, aderito molte altre città italiane oltre che Londra, Praga, Siviglia ed Edimburgo.

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LE FOTO

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MAGLIETTE UNITA

 

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12 marzo 2011

 

 

 

2011-01-11

Tutti in piazza per la Costituzione e la scuola

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Ormai le adesioni alla giornata di domani non si contano più. A difesa della Costituzione e della scuola pubblica i privati cittadini e quelli di loro più famosi hanno aderito in tantissimi, per non contare i 122mila che hanno sottoscritto l’appello dell’Unità.

"Aderisco con grande veemenza e forza a questa manifestazione promossa dal Comitato a difesa della Costituzione – ha detto Antonello Venditti - . Sono tantissime le motivazioni, una su tutte: la Costituzione deve essere il nostro orizzonte".

A dare l'adesione anche Dario Vergassola, l’attrice Ottavia Piccolo, che sta girando l’Italia in tourné con la sua piece di teatro Civile dedicata ad Anna Politkowskajya che salirà sul palco di Piazza del Popolo.

IL CORTEO

La manifestazione partirà domani alle 14 da piazza della Repubblica per terminare dopo il classico corteo in piazza del Popolo. Molti gli artisti che hanno aderito.

Il Premio Nobel Dario Fo sarà a Milano, una delle altre 80 piazze italiane in cui, alla stessa ora di sabato, si terrà una manifestazione organizzata dal Comitato omonimo nato in Lombardia. E la piazza di Roma sarà arricchita da altri personaggi del mondo della musica e della cultura, che si alterneranno sul palco, come l’attrice Monica Guerritore.

A Roma, sul palco, anche Ascanio Celestini che presenterà il grande coro e la grande orchestra composto da professionisti del Santa Cecilia e da non professionisti che, insieme a tutta la piazza, canteranno e suoneranno il Dies Irae di Mozart e il Va Pensiero da Nabucco di Giuseppe Verdi.

Adesioni anche dall’estero. "Aderisco volentieri alla vostra iniziativa. Non è ingerenza negli affari di un altro paese. Da europeo, cittadino e deputato, sento di dover molto alla Carta Costituzionale italiana, una delle più moderne del mondo, nel contenuto e per il metodo attraverso il quale è nata. Auguro un grandissimo successo alla vostra giornata di mobilitazione, sono con voi". Così Martin Schulz Presidente del Gruppo parlamentare Socialisti & Democratici al Parlamento Europeo.

11 marzo 2011

Vedi tutti gli articoli della sezione "Scuola"

 

 

 

 

2011-01-07

Scuola, 118mila firme all'appello dell'Unità

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FIRMA L'APPELLO DELL'UNITA' | Lettere, messaggi, foto e slogan contro l'attacco alla scuola pubblica (LEGGI TUTTO: DA JOVANOTTI A CAROFIGLIO). Il 12 tutti in piazza per la Costituzione e la scuola. Tanti, giovani e arrabbiati: parlano gli studenti | Videoappello del Trota

"Cara scuola", le vostre lettere: LEGGI E PARTECIPA

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"Un bene comune colpito al cuore"

di Neri Marcorè

È vero che la scuola ha delle difficoltà e dei miglioramenti da compiere, la funzione di chi governa è quella di risolverne i problemi e sostenerne la solidità e lo sviluppo, non di attaccare, adulterare l'istituzione più preziosa di cui ogni stato dispone e su cui poggia il proprio avvenire.

La scuola pubblica non va tirata a destra o a sinistra, è un'istituzione, e come tale va protetta dagli attacchi strumentali di qualsivoglia parte politica, perché istituzione significa anche patrimonio comune, al di sopra delle parti. La scuola pubblica non può essere merce di scambio usata per compiacere chi controlla e trae vantaggi diretti e indiretti da quella privata; sminuirla è un delitto, è mancanza di rispetto verso coloro che ci lavorano e ogni giorno affrontano un compito di enorme responsabilità con mezzi sempre meno adeguati.

D'altronde la storia è storia, non si può riscrivere, e non si può restare in silenzio di fronte a chi pretende di farlo attraverso il controllo anche della scuola, lo stesso che sta cercando di plasmare il Paese a sua immagine e somiglianza, rinunciando dal principio, col proprio atteggiamento e operato, a essere il presidente di tutti. Così l'Italia si sta trasformando in un posto sempre meno felice e sempre più debilitato, avvilito, smarrito. E sono convinto di non essere in minoranza.

7 marzo 2011

 

 

Calano laureati e immatricolati

E le donne sempre peggio...

di Massimo Franchi | tutti gli articoli dell'autore

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L’università italiana si allontana sempre di più dal resto d’Europa così come il nostro paese dagli obiettivi europei per "la società della conoscenza". Complice il calo demografico e nonostante gli effetti positivi della riforma del 2005, in Italia calano laureati e immatricolati (5% in meno nel 2010 rispetto al 2009, negli ultimi quattro anni il calo è del 9,2%). E fra i laureati cala nettamente il numero di chi trova lavora ad un anno dalla laurea: dal 2007 a oggi la percentuale è calata del 7% tra i laureati specialistici (dal 62,8 al 55,7%) e del 6% tra i laureati di primo livello: (dal 77,5 al 71,4%).

L’unico settore a tenere è quello dell’università privata, in controtendenza rispetto ai cali generalizzati di iscrizioni che colpiscono soprattutto gli atenei medio-piccoli. E se il nostro governo brilla per tagli, allontanando sempre più il nostro paese dalla media Ocse per Pil investito in Università e ricerca, anche peggio fanno le aziende nostrane: il divario degli investimenti privati in ricerca è superiore.

Il tredicesimo rapporto Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati è ancora una volta uno strumento ("Unico in Europa", sottolinea il fondatore Andrea Cammelli) ottimo per fotografare la situazione di un mondo sempre più ai margini dell’interesse politico e mediatico. Alla vigilia della tanto strombazzata e ancora lontana e poco delineata riforma Gelmini, l’università italiana fa i conti con una crisi che va molto al di là di quella economico-finanziaria globale. "E lo sarà sempre più se continuerà a passare la nefasta idea che in Italia ci sono troppi laureati e pochi diplomati - attacca Cammelli -. È vero il contrario: ci sono troppi pochi laureati e un buon numero di diplomati. Finché non investiremo in conoscenza il nostro paese rimarrà lontanissimo dal resto d’Europa. Un dato valga per tutti: l’Unione chiede a tutti a paesi di raggiungere il 40% di laureati nel segmento di popolazione 30-34 anni. Noi siamo al 19 per cento". Alla vigilia dell’8 marzo il quadro della situazione femminile è ancora più sconfortante. Il divario occupazione e di stipendi fra uomini e donne si allarga sempre più: tra i laureati specialistici ad un anno dalla laurea lavorano il 59% dei ragazzi e solo il 53% delle ragazze; divario che si ampia se si fotografa la situazione a 5 anni dalla laurea: 86% degli uomini hanno un lavoro, solo il 77 % delle donne. E rispetto al 2005 il dato è in aumento del 2%. A parità di laurea poi le donne guadagnano sensibilmente di meno: a cinque anni dalla laurea gli uomini guadagnano in media il 30 % in più delle donne (1.519 contro 1.167 euro). Un quadro sconfortante che però non deve far cambiare idea ai 400 mila ragazzi (e loro famiglie) che stanno decidendo se iscriversi all’università. "Dobbiamo sempre sottolineare - conclude Cammelli - che i laureati andranno sempre a guadagnare di più dei diplomati e che il futuro, nella società della formazione continua, è per loro". "Il problema - gli fa eco Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale - è invece quello dell’orientamento: deve partire già dai primi anni del liceo e delle superiori perché scegliere la facoltà giusta è fondamentale per fare strada nel mondo del lavoro".

7 marzo 2011

 

 

 

 

 

2011-01-06

Scuola, cara Gelmini chi manda avanti la baracca?

Firma l'appello dell'Unità: siamo a 115mila

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FIRMA L'APPELLO DELL'UNITA'

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Noi che ci tagliamo lo stipendio

pur di insegnare di ROBERTO CARNERO

Dopo alcuni anni di distacco all’università, lo scorso novembre sono tornato in cattedra al liceo scientifico dove sono di ruolo come docente di Italiano e latino. Si tratta di un istituto di provincia, di ottima tradizione, frequentato da studenti per lo più seri e motivati, seguiti da insegnanti preparati e capaci di svolgere bene il proprio lavoro. Ho trovato però una situazione molto diversa da quella che avevo lasciato prima della parentesi universitaria. C’è un diffuso senso di sfiducia e di rassegnazione da parte del corpo docente, oggetto di uno svilimento professionale che deriva anche (ma non solo) dalla mancanza dei dovuti riconoscimenti economici. Questo purtroppo demotiva anche i più bravi.

Gli scatti di anzianità sono stati bloccati. Nella scuola dove insegno, all’inizio dell’anno scolastico mancavano i soldi per preventivare i corsi di recupero (quelli attivati dalla scuola per gli studenti con gravi insufficienze in una o più materie). Così il collegio docenti, pur di fornire i corsi, ha deliberato di ridurre il compenso orario per questo tipo di docenza del 30% rispetto al già magro tariffario ministeriale. Mi piacerebbe sapere quale altra categoria professionale decide di decurtarsi la remunerazione del 30%: qui siamo molto oltre il "modello Marchionne". Inoltre, quando manca un insegnante, non ci sono i soldi per le ore di supplenza: quando lo si sa in anticipo le classi vengono fatte entrare dopo o uscire prima; diversamente c’è sempre qualche collega che offre gratuitamente un’ora di insegnamento (un’ora che, se non potrà essere recuperata nel corso dell’anno scolastico, andrà persa).

Insomma, la scuola continua a funzionare grazie alla buona volontà, al senso di responsabilità e – diciamo pure – al volontariato degli insegnanti. Ma la loro pazienza non è inesauribile. Che cosa succederebbe se da domani tutti i docenti decidessero di fornire soltanto quelle prestazioni previste dal loro contratto di lavoro? Un rigido attenersi al mansionario, con la stessa rigidità con cui il ministro Brunetta esige che operino i pubblici dipendenti. In molti casi la scuola si bloccherebbe.

Forse non sarebbe una cattiva idea. Così il re sarebbe nudo. Emergerebbero, attraverso l’inevitabile disservizio, le condizioni ai limiti della sopravvivenza (e della decenza) in cui versano le scuole italiane. Sarebbe finalmente chiaro a tutti come la cosiddetta "riforma Gelmini" altro non è che un maldestro tentativo di tagliare i costi a scapito della qualità e del futuro delle nuove generazioni.

 

TUTTI GLI INTERVENTI

-Napolitano: "Il futuro non si mortifica"

-La Gelmini non ci sta

-Il videoappello di Fornario e Salis

-Gli interventi: Jovanotti, Celestini, Tognolini, Chiara Valerio | Email e sms d'autore | I primi firmatari | I commenti Facebook | BASTA SCHIAFFI ALLA SCUOLA: I POLITICI CON L'UNITA' | E tu, sei pronto per la manifestazione del 12 marzo? | VIDEO-APPELLI | LEGGI E FIRMA ANCHE TU

6 marzo 2011

 

 

 

 

 

 

 

2011-01-03

"Berlusconi zero in condotta"

Verso il 12 marzo, il tuo slogan per la scuola

di Giuseppe Rizzo | tutti gli articoli dell'autore

scudi proteste studenti

C'è chi gioca sugli errori grammaticali per rimarcare l'importanza dell'istruzione – è il caso di Sante Lucarelli e il suo "Scuola, non Squola". Chi tira in ballo il premier e i suoi strafalcioni – come Enza Santoni, che scrive: "Romolo e non Remolo: la scuola lo insegna". E chi, come Maria Stella, trova potente scrivere semplicemente un "Grazie Maestra". Sono alcuni tra le centinaia di internauti che hanno raccolto la sfida lanciata da l'Unità, "Il tuo slogan per la Scuola". Una sfida in attesa della manifestazione in difesa della Costituzione e dell'istruzione pubblica del 12 marzo.

Slogan, motti, frasi che diventeranno adesivi che realizzeremo noi de l'Unità e che saranno distribuiti in piazza. E finora, non c'è che l'imbarazzo della scelta. Si va dagli ironici "Per chi suona la campanella?", "La classe non è equa", "Undicesimo comandamento: NON RUBARE LA SCUOLA ALTRUI" ai più seri "La scuola siamo noi", "Più libri, più liberi" e "Senza scuola mi manca la parola". Parole e sentimenti diversi per esprimere la stessa rabbia, quella nei confronti di un presidente del Consiglio che più volte ha indicato nella scuola pubblica uno dei mali di questo Paese.

(Il fotomontaggio di Berlusconi è di Alessandro Magagnin)

1 marzo 2011

 

 

 

2011-02-28

Jovanotti, Neri Marcorè, Vecchioni: siamo con voi

"Giù le mani dalla scuola pubblica"

E' paradossale e inaccettabile che un presidente del Consiglio, chiamato a incarnare e tutelare la cosa pubblica, attacchi frontalmente la scuola statale pubblica e quindi milioni di persone che in questa credono e alla quale quotidianamente dedicano, in condizioni spesso molto difficili, la loro personale fatica: DIFENDIAMOLA.

FIRMA ANCHE TU

I PRIMI FIRMATARI

Don Luigi Ciotti - Associazione Libera

Marco Rossi Doria - Scrittore e insegnante

Lorenzo Cherubini - Jovanotti - Cantante

Mario Martone -regista

Marco Baliani - regista

Giuseppe Montesano - scrittore

Vincenzo Cerami- scrittore

Ascanio Celestini - attore, regista, scrittore

Nicla Vassallo - Professore Università di Genova

Comitato promotore "Se non ora quando"

Barbara Pollastrini - Ex Ministro Pari Opportunità

Luca Formenton - Presidente gruppo editoriale il Saggiatore

Raffaele Cantone - Magistrato

Sofia Toselli - Presidente nazionale del Cidi

Roberto Vecchioni - Cantante e insegnante

Sofia Sabatini - Rete degli Studenti

Luisa Mattia - Scrittrice

Loredana Lipperini - Giornalista e scrittrice

Umberto Guidoni - Astronauta

Simonetta Salacone - Ex Preside Iqbal Masih

Loredana Taddei - Cgil - Comitato promotore "Se non ora quando"

Valeria Fedeli - Cgil - Comitato promotore "Se non ora quando"

Vittorio Lingiardi - Professore Università La Sapienza

Evelina Christillin - Presidente Teatro Stabile di Torino

Chiara Valerio - Scrittrice

Mila Spicola - Insegnante e scrittrice

Leoluca Orlando - Portavoce Idv

Goffredo Fofi - Scrittore

Luigi Manconi - Presidente di "A buon diritto"

Giulio Scarpati - Attore

Fabrizio Gifuni - Attore

Moni Ovadia - Scrittore

Sonia Bergamasco - Attrice

Pippo Del Bono - Autore teatrale

Vincenzo Consolo - Scrittore

Lirio Abbate - Giornalista e scrittore

Emma Dante - Regista

Giancarlo De Cataldo - Scrittore e magistrato

Roberta Torre - Regista

Mimmo Pantaleo - Segretario Flc Cgil

Beppe Sebaste - Scrittore

Elena Monticelli - Link Rete universitaria

Benedetto Vertecchi - Professore Università Roma Tre

Mariano Di Palma - Portavoce studenti medie e superiori Uds

Neri Marcorè - Attore

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I VIDEO-APPELLI: GUARDA

Sofia Sabatino portavoce della Rete degli Studenti

Domenico Petrolo del Comitato a difesa della Costituzione

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Sconfiggere le menzogne di Mila Spicola

Dopo le accuse di corporativismo, di strumentalizzazione politica, di "fannullonismo" contro i docenti italiani, adesso è uscito allo scoperto: l’oggetto dell’odio del premier è la scuola statale come istituzione. Una rivoluzione ci sta tutta: è giunta l’ora di difenderci sul serio.

Dobbiamo, tutti, difendere la scuola statale italiana dalle menzogne che la stanno sommergendo. Abbiamo bisogno di tutti voi. Abbiamo bisogno di un Benigni che davanti a venti milioni di italiani reciti con il suo splendido carisma: "Art. 33 L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato"; "art. 34 La scuola è aperta a tutti.

L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita". Abbiamo bisogno di un’opposizione che, unita, metta la scuola in cima all’agenda politica e usi tutti gli strumenti parlamentari perché il premier ritiri (e parte le consuete smentite e i "fraintendimenti") tutto quello che ha detto. Abbiamo bisogno di testimonial che difendano la scuola statale, che possano rompere il muro dei media: scrittori, attori, cantanti, registi, che ci raccontino il brivido di quel giorno, a scuola, nel capire con che dolcezza si può naufragare nell’infinito del pensiero e della libertà umana. Questo giornale dà lo spazio e l’opportunità per farlo. Abbiamo bisogno di tutti voi perché noi, gli insegnanti, in questi anni troppo spesso non siamo stati ascoltati. Abbiamo bisogno di donne e uomini consapevoli e informati, capaci di raccontare per intero la verità della scuola statale italiana tagliata e oltraggiata. C’è il perpetuo allarme del docente precario, ma ci sono anche masse di genitori preoccupati ai quali nessuno ha saputo dare voce. Il nodo centrale è l’attacco alla democrazia e al libero pensiero attraverso l’attacco alla scuola pubblica. Attacco proseguito negli anni inesorabile, con troppi complici. Etiam si omnes ego non. In quanti, rispetto all’indifferenza verso la scuola, hanno saputo dire: "Io no"? "La scuola italiana non educa", dice il premier (e detto da lui suona grottesco, surreale).

Ma cosa vuol dire educare? La scuola fascista aveva come obiettivo principe l’"educazione dei giovani". La scuola statale italiana repubblicana, gioiello di una civiltà avanzatissima, la nostra, istruisce, forma e prepara i cittadini di domani attraverso la trasmissione di un bagaglio di conoscenze, di cultura, il più ampio, corretto, plurale, libero (persino di criticare i maledetti comunisti). Istruisce alla conoscenza delle regole e dei pensieri. Tutti e per tutti. Al plurale, mai al singolare. E lo fa meglio delle private. (Dati Invalsi: senza i funesti risultati delle competenze degli studenti delle scuole private la scuola italiana sarebbe più in alto nella graduatoria europea). Metteteci nelle condizioni di farlo al meglio, non al peggio. Il ministro Gelmini ha approntato una riforma che riflette l’odio e non l’amore per la scuola. Su ufficiale ammissione del suo premier, è fallita miseramente. Si dimetta, allora, e cerchiamo di realizzare una vera riforma che vada incontro alle esigenze del paese intero e dei suoi ragazzi.

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La scuola pubblica educa al pensiero critico.

Per questo Berlusconi l’attacca di Sofia Toselli*

La scuola pubblica educa al pensiero critico. Per questo Berlusconi l’attacca Adesso basta, basta insulti. La fatica di insegnare e apprendere, la fatica di crescere, merita rispetto, attenzione e cura. E una classe politica che non è capace di capire questa verità elementare e offende e mortifica continuamente la scuola italiana, con ogni atto e con ogni parola da quasi tre anni, fa al paese l’offesa più grande. Qui non si tratta solo di non investire sul futuro dei nostri figli, questo purtroppo gran parte dell’Italia lo ha capito da tempo, qui si tratta, se possibile, di vero e proprio disprezzo. Tutti i giorni gli insegnanti sono impegnati, attraverso il confronto delle idee, nello sforzo di istruire e educare cittadini liberi, colti, capaci di pensiero autonomo. Questo è il compito prioritario della scuola pubblica. Come si fa perciò a dire che gli insegnanti vanno contro l’interesse dei genitori? In realtà si vuole attaccare la scuola pubblica per imporre omologazione, aggredire la Costituzione e in sostanza il futuro democratico del nostro paese.

*Presidente nazionale del Cidi

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Aderisco con convinzione, lo studio

è uno dei principali diritti della Repubblica di Barbara Pollastrini

Aderisco con convinzione. Quello allo studio è uno dei principali diritti della nostra Repubblica. Oggi, da parte di una maggioranza irresponsabile sottomessa a un premier ormai fuori controllo e alla disperata ricerca di legittimazione, si attaccano uno dopo l'altro i diritti sociali e civili - si pensi al diritto all'autoderminazione e alla libertà di cura - e le conquiste che hanno rappresentato. Ma, le donne l'hanno detto il 13, il paese è ormai stanco. Sono al fianco dell'Unita anche in questa battaglia per la difesa di un Paese moderno e civile.

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28 febbraio 2011

 

 

 

La scuola è di tutti. Sconfiggere le menzogne

di Mila Spicola | tutti gli articoli dell'autore

scuola

E' paradossale e inaccettabile che un presidente del Consiglio, chiamato a incarnare e tutelare la cosa pubblica, attacchi frontalmente la scuola statale pubblica, conquista democratica, e quindi milioni di persone, docenti, operatori, ma, soprattutto studenti, che in questa credono e alla quale quotidianamente dedicano, in condizioni spesso molto difficili, la loro personale fatica: DIFENDIAMOLA.

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I PRIMI FIRMATARI

Don Luigi Ciotti - Associazione Libera

Marco Rossi Doria - Scrittore e insegnante

Nicla Vassallo - Professore Università di Genova

Luca Formenton - Presidente gruppo editoriale il Saggiatore

Raffaele Cantone - Magistrato

Loredana Taddei - Cgil - Comitato promotore "Se non ora quando"

Valeria Fedeli - Cgil - Comitato promotore "Se non ora quando"

Vittorio Lingiardi - Professore Università La Sapienza

Evelina Christillin - Presidente Teatro Stabile di Torino

Chiara Valerio - Scrittrice

Mila Spicola - Insegnante e scrittrice

Goffredo Fofi - Scrittore

Luigi Manconi - Presidente di "A buon diritto"

Fabrizio Gifuni - Attore

Moni Ovadia - Scrittore

Sonia Bergamasco - Attrice

Pippo Del Bono - Autore teatrale

Vincenzo Consolo - Scrittore

Lirio Abbate - Giornalista e scrittore

Emma Dante - Regista

Giancarlo De Cataldo - Scrittore e magistrato

Roberta Torre - Regista

Mimmo Pantaleo - Segretario Flc Cgil

Benedetto Vertecchi - Professore Università Roma Tre

Beppe Sebaste - Scrittore

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Sconfiggere le menzogne di Mila Spicola

Dopo le accuse di corporativismo, di strumentalizzazione politica, di "fannullonismo" contro i docenti italiani, adesso è uscito allo scoperto: l’oggetto dell’odio del premier è la scuola statale come istituzione. Una rivoluzione ci sta tutta: è giunta l’ora di difenderci sul serio.

Dobbiamo, tutti, difendere la scuola statale italiana dalle menzogne che la stanno sommergendo. Abbiamo bisogno di tutti voi. Abbiamo bisogno di un Benigni che davanti a venti milioni di italiani reciti con il suo splendido carisma: "Art. 33 L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato"; "art. 34 La scuola è aperta a tutti.

L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita". Abbiamo bisogno di un’opposizione che, unita, metta la scuola in cima all’agenda politica e usi tutti gli strumenti parlamentari perché il premier ritiri (e parte le consuete smentite e i "fraintendimenti") tutto quello che ha detto. Abbiamo bisogno di testimonial che difendano la scuola statale, che possano rompere il muro dei media: scrittori, attori, cantanti, registi, che ci raccontino il brivido di quel giorno, a scuola, nel capire con che dolcezza si può naufragare nell’infinito del pensiero e della libertà umana. Questo giornale dà lo spazio e l’opportunità per farlo. Abbiamo bisogno di tutti voi perché noi, gli insegnanti, in questi anni troppo spesso non siamo stati ascoltati. Abbiamo bisogno di donne e uomini consapevoli e informati, capaci di raccontare per intero la verità della scuola statale italiana tagliata e oltraggiata. C’è il perpetuo allarme del docente precario, ma ci sono anche masse di genitori preoccupati ai quali nessuno ha saputo dare voce. Il nodo centrale è l’attacco alla democrazia e al libero pensiero attraverso l’attacco alla scuola pubblica. Attacco proseguito negli anni inesorabile, con troppi complici. Etiam si omnes ego non. In quanti, rispetto all’indifferenza verso la scuola, hanno saputo dire: "Io no"? "La scuola italiana non educa", dice il premier (e detto da lui suona grottesco, surreale).

Ma cosa vuol dire educare? La scuola fascista aveva come obiettivo principe l’"educazione dei giovani". La scuola statale italiana repubblicana, gioiello di una civiltà avanzatissima, la nostra, istruisce, forma e prepara i cittadini di domani attraverso la trasmissione di un bagaglio di conoscenze, di cultura, il più ampio, corretto, plurale, libero (persino di criticare i maledetti comunisti). Istruisce alla conoscenza delle regole e dei pensieri. Tutti e per tutti. Al plurale, mai al singolare. E lo fa meglio delle private. (Dati Invalsi: senza i funesti risultati delle competenze degli studenti delle scuole private la scuola italiana sarebbe più in alto nella graduatoria europea). Metteteci nelle condizioni di farlo al meglio, non al peggio. Il ministro Gelmini ha approntato una riforma che riflette l’odio e non l’amore per la scuola. Su ufficiale ammissione del suo premier, è fallita miseramente. Si dimetta, allora, e cerchiamo di realizzare una vera riforma che vada incontro alle esigenze del paese intero e dei suoi ragazzi.

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27 febbraio 2011

"Il Paese crolla? Lo ricostruiamo"

La scommessa dei precari del Kino

di Luciana Cimino | tutti gli articoli dell'autore

pigneto 304

"Con la cultura non si mangia", questa frase arcinota, pronunciata da un importante ministro del governo di centro destra di questo paese, ben sintetizza la filosofia da cui sono discese le politiche di tagli di questi anni. Ma resistere si può e la lezione arriva da 60 giovani precari della cultura che hanno investito aprendo il Kino, un piccolo cinema indipendente a Roma, nel cuore del Pigneto, ex quartiere popolare diventato da qualche anno uno dei salotti della capitale che vive di notte. Un matrimonio che si ripete, quello tra il Pigneto e il cinema d’autore. La vocazione popolare del quartiere,oggi perduta, lo rese adatto nel dopoguerra a rappresentare l’Italia in costruzione. Vennero girate fra queste strade, che una volta rappresentavano l’estrema periferia capitolina, capolavori come "Bellissima" di Visconti, "La domenica della buona gente", "Il Ferroviere" di e con Pietro Germi, "L’audace colpo dei soliti ignoti", "Accattone" di Pasolini e "Una vita difficile" con Alberto Sordi diretto da Dino Risi. A via Monte Cuccoli poi fu immortalata la scena che per antonomasia rappresenta forse tutto il cinema italiano: quella in cui Anna Magnani corre dietro al camioncino dei nazisti e cade sotto gli occhi del figlio in Roma città aperta di Rossellini.

A distanza di 60anni la "scommessa culturale" di questi 60 ragazzi che hanno ristrutturato con le loro mani (improvvisandosi per 5 mesi carpentieri, idraulici, arredatori), senza finanziamenti pubblici né sponsor privati, il vecchio cinema d’essay Grauco di via Perugia. "Quando ho saputo che il Grauco avrebbe chiuso ho pensato che si sarebbe persa ancora una volta una storia di avanguardia e di lotta per portare il cinema di qualità in città – racconta Cristiano Gerbino - 35enne, produttore e professore di storia del cinema - allora mi sono rivolto a società cinematografiche e a produttori ma mi rispondevano che non era il momento di investire in quel campo". A quel punto l’idea: coinvolgere giovani appassionati di cinema, precari, e convincerli, nonostante i tempi, ad autotassarsi. E con 600 euro a testa hanno rilevato e ristrutturato il Grauco che adesso si chiama Kino e ha una sala cinema di 40 posti, un bistrot con ristorazione bio e a Km zero, un foyer dove far incontrare registi, autori, sceneggiatori e appassionati, un salotto con pianoforte. "Prima eravamo in 5, poi 20, poi 30, infine 60 – continua Gerbino – tutti 30/40enni che vivevano un momento di depressione e tristezza perché avevano studiato e lavoravano con grande fatica ma senza risultati. C’era un’energia bloccata che io ho convogliato nel progetto". Il principio che li ha guidati è stato "non la lotta ma la cooperazione, siamo tutti in crisi? Allora collaboriamo". Ai 60 fondatori si sono uniti 800 soci nel giro di due settimane. E volti noti del mondo dello spettacolo: Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese, Claudio Santamaria, Beppe Battiston, Pietro Sermonti, lo Stanis della serie cult "Boris", e i registi Matteo Garrone e Giuseppe Bertolucci. Quanto alla programmazione al Kino si vedranno film "fuori dal circuito, inediti, perle rare sfuggite alla grande distribuzione, vecchi film di culto, film indipendenti, film passati ai festival internazionali e che non arrivano in Italia, anteprime, documentari, cinema italiano di alta qualità". Ogni tanto poi la programmazione sarà decisa per tre giorni da un personaggio della cultura, della politica, dello spettacolo. Inaugura lo scrittore e giudice Giancarlo De Cataldo. Nessuna paura di non avere pubblico. "Abbiamo aperto da due settimane e la sala è sempre piena, c’è grande cecità da parte dei distributori "ufficiali"su quello che la gente vuole realmente vedere, noi riempiamo un vuoto". Ma il Kino è diventato, forse suo malgrado, un piccolo caso politico. "Nasce come risposta a chi dice che la cultura non serve a niente – si legge nel manifesto pubblicato sul sito www.ilkino.it – nasce contro chi parla di bamboccioni o parassiti, nasce per rispondere a tagli, precariati e polemiche (…) un bel giorno, in 60, al grido di "come dei pazzi" ci siamo detti: il paese sta crollando? E allora noi prendiamo cazzuola, calce e cemento e ne ricostruiamo un piccolo pezzo". Fondatori e sostenitori erano fra gli occupanti della Casa del Cinema e del red carpet del Festival di Roma, in ottobre, per protestare contro le politiche del ministro Bondi. "Dobbiamo smetterla di pensare che qualcuno ci debba il futuro, che l’alternativa è morire qui o andare via – dice ancora Gerbino – il nostro sogno è che l’esperimento del Kino venga replicato in altre città, che qualcuno ci chieda come abbiamo fatto".

28 febbraio 2011

 

 

 

 

Giù le mani dal sapere. Nuova piazza: il 12 marzo

di Natalia Lombardo | tutti gli articoli dell'autore

STUDENTI 33

È rivolta fra insegnanti, studenti e sindacati, compresa l’Ugl, per l’attacco lanciato sabato da Silvio Berlusconi contro la scuola pubblica: nella sua pseudo-smentita conferma il concetto sull’"indottrinamento politico e ideologico" che farebbero i docenti. La ministra dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, invece di sentirsi colpita nel suo ruolo, difende il premier. Al punto che il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ne chiede le dimissioni: "Se la Gelmini fosse un vero ministro, invece di arrampicarsi sui vetri per difendere Berlusconi, dovrebbe dimettersi". Perché "la scuola pubblica è nel cuore degli italiani. Da Berlusconi arriva uno schiaffo inaccettabile, non permetteremo che la distrugga". E Dario Franceschini, Pd, da Twitter lancia la proposta di una manifestazione per "difendere la scuola pubblica dagli insulti di Berlusconi": "Tutti di nuovo in piazza, come le donne il 13 febbraio, senza simboli e bandiere".

Il capogruppo Pd accoglie "l’importantissima" disponibilità offerta da Beppe Giulietti per il 12 marzo, allargando la protesta in difesa della Costituzione. La Cgil scuola sciopererà il 25 marzo con i lavoratori pubblici, potrebbe replicare con lo sciopero generale proposto da Susanna Camusso. Anche ItaliaFutura, fondazione di Luca Cordero di Montezemolo, denuncia le "esternazioni in libertà" di Berlusconi "che i cittadini non possono sopportare" e "si attendono che faccia funzionare la scuola, non di demolirne la legittimità".

Mariastella Gelmini rispondendo a Bersani ribadisce il concetto sulla scuola dominata da postsessantottini: "Berlusconi non ha attaccato la scuola pubblica", dice come una scolaretta, "ma ha difeso la libertà di scelta delle famiglie". E rilancia: "La sinistra guarda alla scuola pubblica come a un luogo di indottrinamento ideologico. Bersani si rassegni: la scuola non è proprietà privata della sua parte politica".

La Rete degli studenti denuncia la "cancellazione" dell’istruzione pubblica da parte del governo, "altro che riforma", Gelmini e Tremonti hanno ridotto la scuola "a un cumulo di macerie". Gli insegnanti del Gilda bollano il "comportamento inaccettabile" del premier e ricordano che la situazione è opposta: "La scuola statale è un luogo di confronto pluralistico, mentre legittimamente la scuola privata è di tendenza e trasmette convinzioni religiose, politiche e filosofiche". Insomma, Berlusconi si rilegga "i saggi di Luigi Einaudi, che non era un comunista e difendeva il valore della scuola pubblica statale". Uniti tutti i sindacati. Secondo Domenico Pantaleo, segretario della Flc-Cgil, "Berlusconi non ha né l'autorità morale né quella etica per parlare di scuola pubblica"; Giovanni Centrella, segretario dell’Ugl, ricorda "le gravi ristrettezze in cui operano i professori e le famiglie stesse".

Francesco Scrima, Cisl Scuola, parla di "accuse generiche e strumentali agli insegnanti, a cui si continua a chiedere tanto e a dare troppo poco". Dure critiche da tutta l’opposizione. Nichi Vendola, nella convention di ieri a Roma, spiega così l’attacco di Berlusconi: "È stata proprio la crisi della scuola pubblica e il trionfo delle sue televisioni ad aver accompagnato l’egemonia culturale di un quindicennio". Demolirla quindi è strategico, secondo il leader di Sel: "A queste classi dirigenti serve opinione pubblica narcotizzata". Antonio Di Pietro insiste più sulla morale: "Sui valori e sull’istruzione Berlusconi non può dare lezioni, se c’è qualcuno che è stato un esempio negativo per i giovani è proprio lui". Anche Rosy Bindi è indignata sul piano morale: "Chi conclude incontri politici inneggiando alle sue indicibili abitudini notturne non è degno di pronunciare la parola famiglia", né di insegnamento, quando alla scuola ha "tagliato risorse, negato dignità agli insegnanti e impoverito i percorsi formativi". Per Italo Bocchino, Fli "sta dalla parte della scuola pubblica" nel solco di Giovanni Gentile e ricorda come alcune privare siano "un diplomicifio" o un lasciapassare per figli di ricchi.

28 febbraio 2011

 

 

La politica con l'Unità: "Basta schiaffi alla scuola"

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ADERISCONO ALL'APPELLO DELL'UNITA'

(LEGGI IL TESTO)

-Pier Luigi Bersani

-Anna Finocchiaro

-Dario Franceschini

-Antonio Di Pietro

-Rosy Bindi

-Nichi Vendola

-Fabio Mussi

-Francesca Puglisi

-Grazia Francescato

-Giovanni Bachelet

-Fabio Giambrone

-Mariangela Bastico

-Luigi De Magistris

FIRMA L'APPELLO DELL'UNITA'

I NOMI DEI PRIMI FIRMATARI

 

ANTONIO DI PIETRO: ADERISCO ALL'APPELLO

DELL'UNITA' GIU' LE MANI DALLA SCUOLA PUBBLICA

"Sui temi dei valori e dell'istruzione Berlusconi non può certo dare lezioni! Infatti, se c'è qualcuno che è stato l'esempio negativo per i nostri giovani è proprio il Presidente del Consiglio. La nostra Costituzione garantisce il diritto allo studio. Ed è grave che chi rappresenta le istituzioni, non solo non lo difenda, ma lo attacchi con le parole e i fatti. La legge Gelmini e gli ingenti tagli apportati all'istruzione, alla cultura e alla ricerca confermano la precisa volontà di smantellare un sistema che era il fiore all'occhiello di tutta Europa. Come al solito, per arricchire i furbetti del quartierino, Berlusconi e i suoi sodali danno un colpo d'accetta al futuro dei nostri giovani, allo stato sociale, alla cultura. Muore quel Paese che non considera l'istruzione cuore pulsante della 'res publica'. La misura è colma. L'unica arma per bloccare questo scempio allo stato di diritto sarà il referendum. I cittadini manderanno definitivamente a casa tutta la compagine governativa".

DARIO FRANCESCHINI SU TWITTER

"Tutti di nuovo in piazza, come le donne il 13 febbraio senza simboli e bandiere, a difendere la scuola pubblica dagli insulti di Berlusconi" scrive il segretario.

GIULIETTI: "SI' ANDIAMO IN PIAZZA

PER LA SCUOLA E LA COSTITUZIONE"

"L'assalto di Berlusconi alla scuola pubblica è un altro colpo alla Costituzione e al principio di uguaglianza. Dario Franceschini ha proposto una grande giornata unitaria senza bandiere di partito e non vi è dubbio che la giornata unitaria del 12 marzo 'A difesa della Costituzione' potrà e dovrà mettere al centro dell'attenzione la difesa della scuola pubblica che è parte essenziale della Carta". Ad affermarlo è Giuseppe Giulietti, a nome del Comitato promotore della manifestazione del 12 marzo. "Sulla difesa della scuola pubblica dagli ultimi attacchi del Premier - prosegue Giulietti - c'è trasversalità e volontà di difesa comune. Le dichiarazioni che vanno da Italo Bocchino a Nichi Vendola, da Antonio Di Pietro alla Federazione della sinistra e di tante associazioni di diverso orientamento politico, vanno nello stesso senso. Dopo avere minacciato giudici e giornalisti, ora vorrebbero imbavagliare professori, studenti e famiglie; ormai è un delirio - conclude Giulietti - che va arrestato, mettendo insieme, sotto i simboli del tricolore e della Costituzione, chiunque abbia a cuore la legalità repubblicana".

FRANCESCHINI: IL 12 MARZO DELLA SCUOLA

PUO' ESSERE COME IL 13 FEBBRAIO PER LE DONNE

È importatissima la disponibilità degli organizzatori della manifestazione del 12 marzo a difesa della Costituzione, ad allargare gli obiettivi dell'iniziativa anche alla difesa dell'istruzione pubblica. Quella data potrà essere un nuovo 13 febbraio". Così Dario Franceschini, commenta al telefono le affermazioni di Peppino Giulietti, che ha accolto la sua proposto di indire una giornata a difesa delle scuola pubblica.

BERSANI: "NOI SIAMO CON LA SCUOLA PUBBLICA"

"La scuola pubblica è nel cuore degli italiani. Da Berlusconi arriva uno schiaffo inaccettabile". Così il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha replicato alle parole pronunciate da Silvio Berlusconi sulla scuola pubblica. "Con richiami di sapore antico - afferma Bersani - Berlusconi se la prende con comunisti e gay, insultando così l'intelligenza e la coscienza civile del Paese. All'elenco, Berlusconi stavolta ha aggiunto gli insegnanti della scuola pubblica. Uno schiaffo inaccettabile a chi lavora con dedizione in condizioni rese sempre più difficili dal governo. La scuola pubblica - prosegue il segretario del Pd - è nel cuore degli italiani. È il luogo in cui l'Italia costruirà il suo futuro. Noi siamo con la scuola pubblica - conclude - e non permetteremo che Berlusconi la distrugga".

GELMINI IN DIFESA DI SILVIO

Silvio Berlusconi ha difeso la libertà di scelta educativa delle famiglie. Lo ha affermato il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, riferendosi a quanto dichiarato ieri dal premier nel suo intervento al congresso dei cristiano-riformisti. "Il presidente Berlusconi - ha detto il ministro Gelmini - ha ribadito la posizione contraria del governo alle adozioni da parte dei single e delle coppie gay, ha confermato l'impegno della maggioranza ad approvare quanto prima la legge sul testamento biologico e si è speso in difesa di un principio sacrosanto: la libertà di scelta educativa delle famiglie. Il pensiero di chi vuol leggere nelle parole del premier un attacco alla scuola pubblica - ha osservato il ministro - è figlio dell'erronea contrapposizione tra scuola statale e scuola paritaria. Per noi, e secondo quanto afferma la Costituzione italiana, la scuola può essere sia statale sia paritaria. In entrambi i casi - ha concluso - è un'istituzione pubblica, cioè al servizio dei cittadini".

27 febbraio 2011

 

 

 

2011-02-10

Festa dell'Unità d'Italia, presidi contro la Gelmini

Gelmini

"No alle lezioni in classe il 17 marzo", giorno della festa nazionale per il 150esimo anniversario dell'unità d'Italia. È la posizione dei presidi, che non sono d'accordo con il 'ripensamento' annunciato ieri dal ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, secondo la quale le scuole dovrebbero restare aperte e festeggiare la ricorrenza anche in classe.

Se per il ministro "la ricorrenza potrà essere celebrata in classe durante l'orario normale dedicando una particolare attenzione al momento storico", il leader dell'Associazione nazionale presidi e alte professionalità, Giorgio Rembado, spiega che "non si possono fare guerre di principio su una celebrazione così importante". "Poiché la ricorrenza - continua il rappresentante dell'Anp - si può celebrare solo in quell'occasione, se ne dovrà sicuramente parlare in classe, ma non è detto che si debba fare necessariamente il 17 marzo: si può anche creare un dibattito e un confronto sull'unità d'Italia il giorno prima o il giorno dopo".

Il presidente dell'Associazione nazionale presidi ed alte professionalità della scuola ritiene quindi che il 17 marzo "le scuole potranno rimanere chiuse, per poi recuperare le lezioni non svolte quel giorno attraverso l'eliminazione di una delle vacanze meno rilevanti".

10 febbraio 2011

 

Bossi rilancia: "Il 17 marzo si deve lavorare"

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"La festa sarà percepita in modo diverso e diversa intensità a seconda dei luoghi". Lo afferma il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, a margine della conferenza stampa rispondendo a chi gli chiede un commento sulla proclamazione del 17 marzo come festa nazionale per l'unità d'Italia. Alla giornalista che gli domanda se si debba lavorare, il Senatur risponde: "Sì, si deve lavorare".

"Ho votato contro, a suo tempo, in Consiglio dei ministri e sono e resto completamente contrario al fatto che l'attribuzione delle caratteristiche di festività nazionale, conferita alla data del 17 di marzo, comporti la chiusura di molti uffici pubblici".

Il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, porta nel pubblico ciò che la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha chiesto per il settore privato: no alla chiusura dei luoghi di lavoro il 17 marzo, proclamata festa nazionale per il 150^ dell'Unità d'Italia, con appunto fabbriche, uffici e scuole chiusi. "In un periodo di crisi come quello attuale- prosegue l'esponente della Lega Nord- appare paradossale caricarsi dei costi di una giornata festiva, un evento significativo quale il 150esimo dell'Unità d'Italia può essere celebrato degnamente lavorando e non restando a casa.

La chiusura di una parte degli uffici pubblici rischia, infatti, di ricadere poi sulle attività lavorative private, con possibili danni di miliardi di euro, non soltanto in relazione al singolo giorno perso per via della festività ma per le possibilità di 'pontè che si verrebbero a creare conseguentemente".

Domani, prosegue Calderoli, "verranno portate in Consiglio dei ministri una serie di proposte per il rilancio dell'economia e dell'impresa e a riguardo andrà assolutamente affrontata la questione del 17 di marzo, facendo assoluta chiarezza su questa festività e soprattutto sull'eventuale chiusura o meno degli uffici pubblici", chiude il coordinatore delle segreterie nazionali del Carroccio.

8 febbraio 2011

 

 

Marcegaglia: "Festeggiamo l'unità d'Italia senza perdere ore di lavoro"

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Il 17 marzo va celebrata la ricorrenza della proclamazione dell'Unità d'Italia. Ma senza perdita di ore di lavoro. Così la pensa Emma Marcegaglia, presidente Confindustria, che "rispetta e condivide la decisione del Governo di celebrare la ricorrenza della proclamazione dell'Unità d'Italia" ma chiede che "la giornata del 17 marzo venga celebrata senza che ciò comporti la perdita di preziose ore di lavoro o un aggravio di costi per le imprese". Altrimenti, si "darebbe un segnale fortemente dissonante rispetto alle azioni che, faticosamente, le parti sociali stanno mettendo in atto per recuperare ogni possibile margine di produttività, per poter fare nuovi investimenti e salvare posti di lavoro in Italia".

Il presidente di Confindustria entra con una nota sul tema dei festeggiamenti dell'unità d'Italia, sui cui il Quirinale, qualche settimana fa aveva annunciato l'aggiunta di una nuova festività nazionale (solo per il 20101) al calendario. "Confindustria rispetta e condivide la decisione del Governo di celebrare, il prossimo 17 marzo, la ricorrenza della proclamazione dell'Unità d'Italia.

Si tratta di una data importante che va vissuta con autentica partecipazione, come momento di orgoglio e di unità nazionale. Chiediamo al tempo stesso che si tenga conto delle esigenze di un'economia che sta facendo e sempre più deve fare ogni possibile sforzo per recuperare competitività. Una nuova festività - per di più collocata in una giornata, il giovedì, che si presta ad essere utilizzata per un "ponte lungo" sino al fine settimana - comporta perdite elevate in termini di minore produzione e maggiori costi per le imprese. Darebbe un segnale fortemente dissonante rispetto alle azioni che, faticosamente, le parti sociali stanno mettendo in atto per recuperare ogni possibile margine di produttività, per poter fare nuovi investimenti e salvare posti di lavoro in Italia".

E aggiunge: "Chiediamo dunque che la giornata del 17 marzo venga celebrata come una ricorrenza importante, ma senza che ciò comporti la perdita di preziose ore di lavoro o un aggravio di costi per le imprese. Per contribuire a dare alla ricorrenza l'importanza e la solennità che merita, le imprese si impegnano a fare la loro parte a fianco delle Istituzioni pubbliche, organizzando momenti di ricordo e di aggregazione attorno alla bandiera nazionale nei luoghi di lavoro".

4 febbraio 2011

 

Consulta 'cancella' graduatorie

Precari possono reclamare ruolo

scuola.studenti.proteste.pompei

Almeno 15.000 precari possono reclamare il ruolo e l'agognata cattedra. Ad offrire loro nuove speranze è la sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittima una norma (articolo 1, comma 4-ter) del dl 134 del 2009 perch‚ viola l'articolo 3 della Costituzione.

La conseguenza è che nell'aggiornamento delle graduatorie a esaurimento il personale docente avrà diritto al trasferimento e all'inserimento a pettine secondo il proprio punteggio (merito) e non secondo l'anzianità di iscrizione in graduatoria.

Alla luce del pronunciamento della Consulta il ministero, per bocca del capo dipartimento Giovanni Biondi, ritiene "inevitabile" rifare le graduatorie."Stiamo preparando un emendamento da inserire nel milleproporoghe che, rifatte le graduatorie, congeli il meccanismo" ha spiegato il dirigente di viale Trastevere aggiungendo che però "quello che non è stato valutato approfonditamente nella sentenza è che queste sono graduatorie a esaurimento, quindi il principio del merito che viene invocato nella sentenza vale per graduatorie dinamiche in cui un insegnante può poter aggiornare i suoi titoli continuamente".

La "querelle" sulle graduatorie va avanti da parecchio. Un paio di anni fa l'associazione Anief ha fatto ricorso (15.000 ricorrenti) contro l'inserimento in coda dei docenti che cambiano provincia, ma poi il Parlamento, in sede di conversione del cosiddetto salva-precari, ha votato una norma voluta dal ministro Gelmini che lo prevede. Per il Tar Lazio però questa disposizione viola palesemente gli articoli 24 e 113 della Costituzione. Di qui il ricorso alla Consulta.

"A questo punto - ha dichiarato il presidente nazionale dell'Anief, Marcello Pacifico appena avuto notizia della sentenza - il ministro Gelmini dovrebbe prendere atto di non essere stata capace di gestire le graduatorie del personale docente, dovrebbe assumersi la responsabilità di aver creato un profondo danno erariale alle casse dello Stato e sanare la posizione dei ricorrenti aventi diritto, senza nulla togliere ai docenti già individuati nei contratti, come da prassi corrente".

Secondo Pacifico, la sentenza "spazza via ogni dubbio anche a chi, in questi giorni, ha proposto la proroga delle graduatorie in emendamenti specifici al Milleproroghe in discussione al Senato: è evidente, infatti, che un blocco o una cancellazione delle stesse graduatorie violerebbe i principi richiamati dal giudice delle leggi". Soddisfatto per il pronunciamento della Consulta il Pd. Sottolineando che la sentenza "avrà effetti devastanti" perché‚ "l'amministrazione sarà costretta ad assumere tutti quei docenti che, collocati in coda, nelle graduatorie aggiuntive, si sarebbero trovati in posizione utile per l'immissione in ruolo", Tonino Russo, componente della Commissione cultura della Camera, sollecita le dimissioni del ministro dell'Istruzione: "A fronte dei danni incalcolabili causati dalle norme eufemisticamente definite 'eccentriche' dalla Consulta, alla Gelmini non resta che un ultimo atto di dignità: rassegnare le dimissioni".

Anche per la responsabile scuola del partito Francesca Puglisi la sentenza della Corte "certifica l'incapacità di un ministro che procede non per atti ma per pasticci". "Ora che il danno è fatto la Lega, che ha tentato di innescare una guerra tra poveri all'interno delle graduatorie a esaurimento, voti insieme a tutte le opposizioni il rinvio della terza tranche di tagli nella scuola e la stabilizzazione senza costi di centomila precari, cosΏ come proposto negli emendamenti al Milleproroghe presentati dai senatori del Pd" è l'invito che arriva da Partito democratico.

9 febbraio 2011

 

2011-02-01

Un Paese senza futuro

Disoccupazione giovanile al 29%

giovani fila collocamento 304

E' aumentato in Italia il numero dei giovani disoccupati registrando così un nuovo record negativo. Il tasso di disoccupazione giovanile a dicembre è stato pari al 29%, con un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a novembre e di 2,4 punti percentuali rispetto a dicembre 2009. Lo ha rilevato l'Istat secondo cui "in un mercato del lavoro che presenta condizioni un po' più serene, l'elemento che stona è certamente il tasso di disoccupazione giovanile che a dicembre tocca un nuovo record, il valore più alto dall'inizio delle serie del 2004".

1 febbraio 2011

 

 

 

 

 

2011-01-22

Scuola, "no alle classi pollaio"

Tar Lazio accoglie class action

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Entro 120 giorni il ministero dell'Istruzione e il ministero dell'Economia doranno emanare il Piano generale di edilizia scolastica. L'ordine arriva dal Tar del Lazio che ha accolto una class action proposta dal Codacons contro le cosiddette 'classi-pollaiò, ovvero quelle aule scolastiche nelle quali il numero di alunni, attorno ai 35-40, supera i limiti fissati dalla legge.

21 gennaio 2011

 

 

 

2010-12-29

La mattanza dei precari:

via in 80mila da gennaio

di Massimo Franchi | tutti gli articoli dell'autore

precariato

L’anno che sta arrivando vedrà il più grosso licenziamento di massa della storia della pubblica amministrazione nel nostro paese. Dopo la mattanza della scuola partita a settembre, dal primo gennaio ed entro il 2011 arriverà la ghigliottina per circa 80 mila precari del settore pubblico, escluso il settore della conoscenza (scuola, università), la maggior parte dei quali mandano avanti da anni (se non decenni) settori fondamentali come sanità, welfare e formazione.

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29 dicembre 2010

 

 

2010-12-23

Napolitano agli studenti: "Inviatemi

vostre proposte alternative le valuterò"

napolitano studenti22

Il Presidente della Repubblica, ricevendoli, avrebbe detto agli studenti: ''Inviatemi le vostre proposte alternative, le valutero'''. E Luca - ormai famoso per ''quello scontro'' in tv con Ignazio La Russa - raccontandolo, alla fine della giornata, conclude: ''Ha fatto una cosa importante. E' stato il nostro unico interlocutore''. ''Ha riconosciuto che esiste un movimento dopo due anni di mobilitazione'', e' il punto che segna una vittoria, secondo i manifestanti, come epilogo di questo temuto '22 dicembre'.

Una maratona iniziata con l'incontro alla Cgil, dove i ragazzi hanno chiesto a Susanna Camusso di costruire assieme lo sciopero generale. Perche' il sogno e' ''bloccare il Paese'', come in Francia. Si accalcano gli 11 compagni della delegazione ricevuta da Giorgio Napolitano al Quirinale, davanti alle telecamere e ai flash. Luca Cafagna, 26 anni, iscritto a Scienze politiche, fra le guide in prima linea della protesta, fa una pausa e tira una specie di sospiro. Tiene ferma la voce, fissa lo sguardo in camera, e scandisce parola per parola, per esprimere tutto l'orgoglio degli studenti, alla fine di una lunga giornata. Non dimentica di fare un passo avanti: ''Adesso e' il Governo che deve aprire al dialogo''. Prenda esempio dal Capo dello Stato e si mostri aperto a un confronto con gli studenti, dice. Basta con le zone rosse. Dove loro oggi hanno inteso lasciare solo, chiudendocelo dentro, l'esecutivo. Domani, finalmente, iniziano per tutti le vacanze di Natale: dopo sette ore di marcia, da Piazzale Aldo Moro, ingresso della Sapienza, attraverso i quartieri popolari, puntando dritto verso la tangenziale, terra di nessuno su cui affacciano pero' ''le case della gente''.

Bloccano il traffico pure in autostrada. Ma il pensiero, il senso 'costruito a tavolino', della manifestazione di oggi si legge in quei pacchi-dono. Alla Cgil, con la richiesta dello sciopero, cui ha risposto la segretaria generale, promettendo un confronto con gli studenti. ''Nessuno esclude lo sciopero generale - ha detto la Camusso - ma non ci sono le condizioni adesso''. Sono stati consegnati, poi, un pacco all'Atac - leggi scandalo 'Parentopoli' - e un consultorio, il primo di Roma, ''contro la legge Tarzia''. Le due ore cruciali sono arrivate pero' dopo una seconda lettera a Giorgio Napolitano. ''Illustrissimo Presidente - hanno scritto - anche oggi le piazze sono piene di studenti e studentesse, ricercatori e lavoratori della conoscenza che da mesi si mobilitano per riconquistare il nostro futuro e' quello dell'intero Paese''.

Quindi 'gli studenti e le studentesse in mobilitazione' - cosi' hanno firmato anche questa lettera - hanno chiesto in modo esplicito un incontro al Capo dello Stato, ''al piu' presto''. Le ultime ore del corteo sono state una lunga trattativa con la prefettura, per arrivare alla convocazione finale: il premio di una manifestazione pacifica, in linea con quanto avevano promesso. ''Non abbiamo parlato degli scontri - dice Elena Monticelli, 23 anni, iscritta a Economia - ma il Presidente ha detto che quella di oggi e' stata una bella manifestazione. Il ddl Gelmini sara' legge, ed e' inemendabile. Ma noi andiamo oltre, e Napolitano oggi l'ha capito''.

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LA DIRETTA DELLA GIORNATA

E' terminato pochi minuti fa l'incontro al Quirinale tra la delegazione di studenti e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sul tema della riforma Gelmini in queste ore in corso di approvazione al Senato.

Soddisfazione da parte dei ragazzi all'uscita dal Colle: "Abbiamo posto le nostre questioni - ha detto un ragazzo ai microfoni di Skytg24 -. In questi mesi non abbiamo mai ricevuto risposte dal Governo. Invece il presidente, durante l'incontro, ha rimarcato l'importanza dell'ascolto e siamo sicuri che avra' modo di riflettere e valutare. Per noi e' importante che ci abbia ricevuto la piu' alta carica dello Stato".

Sicuramente si tratta di un buon risultato per noi e oltretutto la grande manifestazione di oggi e' il segnale che il movimento studentesco e' intelligente e sa interloquire con le istituzioni". L'incontro al Quirinale era iniziato intorno alle 17.30 dopo l'arrivo di una delegazione composta da undici studenti e da altri rappresentanti del mondo universitario.

Sono appena entrati nel palazzo del Quirinale gli 11 delegati dagli studenti invitati a parlare con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Gli chiederemo se questa legge è consona alla nostra Costituzione - ha detto uno di loro - ma potremo essere più precisi dopo il colloquio".

"Chiediamo a Lei Presidente, massima carica della nostra Repubblica, di riceverci per ascoltare le nostre ragioni. Ci dimostri signor Presidente che la più alta carica dello Stato vuole mantenere un dialogo aperto con una generazione che ha un futuro incerto".

Così anche l'Udu, unione degli universitari, si rivolge a Giorgio Napolitano, sottolineando che oggi "ancora una volta in tutta Italia gli studenti universitari e medi stanno manifestando contro l'approvazione del ddl Gelmini al Senato. Da anni - dicono - chiediamo che l'università cambi, siamo i primi che denunciamo che l'università che viviamo non funziona. La riforma proposta dal Ministro Gelmini a nostro avviso non risolve nessuno dei problemi che noi poniamo, anzi li aumenta con tagli indiscriminati e la cancellazione del diritto allo studio".

In mattinata, secondo quanto si è appreso da qualificate fonti del Quirinale, il presidente della Repubblica si sarebbe detto disposto a un incontro con gli studenti. L'incontro oggi pomeriggio. Lo fanno sapere i portavoce del movimento che sta manifestando a Roma contro il ddl Gelmini in discussione al Senato.

 

"Da due anni chiediamo al Governo - spiega l'Udu - di fermare l'iter della riforma ed ascoltare le nostre richieste aprendo una grande discussione con il mondo accademico per costruire una riforma che metta l'universit e la ricerca al centro della agenda politica economica e sociale nostro paese. L'unica risposta che abbiamo avuto il silenzio da parte del Governo, se non addirittura insulti", concludono gli studenti.

Senato: muro contro muro

E' muro contro muro tra maggioranza e opposizione sul prosieguo dei lavori dell'aula sul ddl Gelmini. "E' una norma brutta e pasticciata e rimane l'anomalia degli errori commessi nell'iter legislativo", dice il presidente dei senatori dell'Idv, felice Belisario, al termine della conferenza dei capigruppo. Abbiamo "un Parlamento ridotto ad ancella del governo e questo e' pericolo" perche' puo' essere "l'anticamera di qualcos'altro". I tempi? "Li vedremo in aula, noi continueremo ad illustrare tutti gli emendamenti. Sarebbe clamorose se la maggioranza chiedesse la fiducia".

Anna Finocchiaro spiega che in capigruppo il Pd "ha fatto una proposta chiara: la maggioranza si impegni a cancellare quella norma che rende inapplicabile la legge e noi garantiamo che i lavori andranno a buon fine". La capogruppo del Pd, poi aggiunge che, ovviamente, "il testo dovra' tornare alla Camera". La maggioranza, pero', "non vuole, per un'esigenza politica del governo che vuole l'approvazione entro il 31 dicembre". Il Pd, comunque, "non ha dato nessuna garanzia in ordine ai tempi" dell'esame della legge. Stiamo qui, Schifani applichera' il regolamento e noi ci gioveremo di tutti gli strumenti che il regolamento consente".

Gianpiero D'Alia, capogruppo Udc, spiega che "questa riforma cosi' com'e' non va e il nostro giudizio e' negativo. Se accoglieranno qualche nostra proposta potremmo astenerci".

Maurizio Gasparri sottolinea che "la minoranza ha tutto il diritto di esprimere le proprie tesi, la maggioranza ha pero' il diritto di portare a conclusione il provvedimento, al quale dedicheremo tutto il tempo necessario, andando avanti tutta la giornata di oggi e, probabilmente, anche domani".

Seduta a oltranza

Potrebbe chiudersi in tarda serata o in nottata la battaglia la Senato sul ddl Gelmini di riforma dell'università. Dopo lo scontro di ieri sulle norme contestate dall'opposizione, con l'annullamento delle votazioni nelle quali la vicepresidente di turno Rosy Mauro (Lega) aveva proclamato l'approvazione di quattro emendamenti delle opposizioni, la Giunta del Regolamento di palazzo Madama ha deciso a maggioranza di rinviare all'aula la decisione di un eventuale intervento di 'coordinamento testi'.

Di fatto Governo e maggioranza hanno chiuso a ogni modifica del ddl che possa costringere a un nuovo passaggio alla Camera. Non è servita a dirimere i contrasti fra gli schieramenti nemmeno una conferenza dei capigruppo convocata in mattinata dal presidente del Senato Renato Schifani. Da stamattina Pd e Idv hanno attivato una battaglia ostruzionistica in aula nel corso delle votazioni sugli emendamenti e sugli articoli, attraverso l'escamotage della dichiarazione di voto a nome del gruppo seguita da interventi 'in dissenso dal gruppo' di singoli senatori. I tempi per gli oratori di ciascuna formazione però sono contingentati, quindi l'opposizione può prolungare solo fino a un certo punto i lavori. La seduta mattutina si è conclusa mentre era in corso l'esame degli emendamenti all'articolo 12 (il ddl ne contiene 29 in tutto).

22 dicembre 2010

 

 

2010-12-22

Riforma università, sfida Pd a Gelmini

"La tua è senza futuro, ecco la nostra"

STUDENTI MANIFESTAZIONE

Atenei, diritto allo studio, merito e qualità: punto su punto tutti gli errori della riforma in discussione e tutte le controproposte del Pd. Un grande approfondimento sarà in edicola domani con l'Unità.

 

 

 

 

2010-12-18

Atenei, lunedì riforma in Aula

Maroni: "Daspo piazze da subito"

La Sapienza

La riforma dell'università torna in Senato e a Roma, ma non solo, torna l'allerta per il rischio incidenti tra studenti e forze dell'ordine. Sette giorni dopo gli incidenti per le strade della Capitale, infatti, è atteso il ritorno dei cortei.

ZONA ROSSA RAFFORZATA

"La Questura e il Prefetto mi hanno garantito massima attenzione: predisporrano tutte le misure di ordine pubbliche per tenere lontane le manifestazioni dal centro, che e' già zona rossa e sarà rafforzata". Cosi' il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, a conclusione dell'incontro con il prefetto Giuseppe Pecoraro e con il questore, Francesco Tagliente, sulla gestione dell'ordine pubblico in occasione dei cortei della settimana prossima.

DASPO DA SUBITO

Per il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, la proposta di estendere il Daspo anche alle manifestazioni di piazza'' è interessante'' e potrebbe essere inserita da subito nel ddl sicurezza che ha iniziato l'iter al Senato. ''Valuteremo - ha detto Maroni - se c'è una maggioranza che sostiene questa proposta''.

RIFORMA GELMINI IN AULA

In Senato il ddl torna per la discussione generale. Ci arriverà senza relatore visto che la commissione, per arrivare al sì entro il 22, ha deciso di non esaminare tutti gli emendamenti in Commissione. Il testo insomma è blindato, anche se il ministro Gelmini dice che il "Senato è sovrano". Di fatto il governo non vuole modifiche nonostante si dica aperto a "raccogliere i suggerimenti degli studenti".

Ottimista il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, per il quale la riforma universitaria al Senato passerà "senza problemi. Non credo ci sia un cambio di voto rispetto alla Camera: c'è un limite all'indecenza". Sempre nelle scorse ore il presidente del Consiglio si è detto non preoccupato per l'ordine pubblico, "ho sempre detto che c'erano infiltrazioni dei centri sociali nelle manifestazioni studentesche, ma un torto, devo ammettere, il governo ce l'ha: non aver comunicato bene i contenuti della riforma". Secondo Berlusconi "gli studenti, infatti, hanno tutto da guadagnarci in questa riforma, quindi noi non abbiamo comunicato bene, l'ho detto anche al ministro" dell'Istruzione.

Gli studenti mercoledì saranno di nuovo in piazza. Le forme della protesta vanno ancora decise. Ma "dopo martedi' (il 14 dicembre, giorno degli scontri, ndr) non torneremo indietro, continueremo a costruire un'unione reale con tutti i conflitti sociali per mandare a casa questo governo. La nostra fiducia non è in vendita", si legge sul sito 'Atenei in rivolta'. Si stanno decidendo le forme di protesta. Comunque, complici le chiusure di università e scuole, il 22 ci sarà una mobilitazione prevalentemente cittadina, almeno a Roma.

18 dicembre 2010

 

 

2010-12-03

Italiani emigrati all'estero

Tornare a casa? No, grazie

Alberto Sordi, Americano a Roma

La quinta edizione del rapporto Italiani nel mondo della Fondazione Migrantes, presentato oggi a Roma, fotografa le condizioni attuali dei connazionali. Nel 2010 l'attenzione si e' concentrata su cinque paesi (Canada, Francia, Regno Unito, Romania e Spagna), dove sono stati somministrati 649 questionari con la collaborazione di patronati, associazioni e sindacati (questa volta hanno collaborato Epasa-Cna, Inca-Cgil, Sias-Mcl e Sei-Ugl). Le risposte date evidenziano che questi emigrati "comuni" hanno un'istruzione secondaria medio-alta (67,2%), si sentono per lo piu' integrati nel paese di accoglienza, dove non hanno problemi di lingua, sono proprietari di casa e si ritengono soddisfatti del lavoro che conducono. Non pensano di rientrare in Italia, ma ci tengono a precisare che quanto da loro conquistato e' il frutto di anni di sacrificio e di un percorso di vita in cui hanno dovuto affrontare e superare prove dure ma inevitabili. Insomma, l'immagine di una emigrazione matura e consapevole, che merita una riconsiderazione da parte italiana.

La fuga dei cervelli. Per quanto riguarda invece i "cervelli", non e' disponibile un censimento completo dei ricercatori all'estero, ma di essi 2 mila si sono iscritti alla banca dati "Davinci", pressoche' da tutte le piu' importanti universita' del mondo, oltre che, seppure in pochi, da alcune imprese. Solo 1 su 4 intenderebbe tornare in Italia, mentre gli altri si dicono soddisfatti della vita condotta all'estero, dal punto di vista sia sociale che lavorativo. La recente indagine (2010) sui ricercatori italiani all'estero, svolta dal Centro Nazionale delle Ricerche sulla Popolazione/Cnr, conferma che in prevalenza si tratta di giovani (anche se non piu' giovanissimi), all'estero da piu' di dieci anni (ma nei due terzi dei casi ancora con la cittadinanza italiana), in prevalenza impegnati nelle materie scientifiche e riconoscenti per avere trovato all'estero una maggiore gratificazione professionale, le attrezzature necessarie e i fondi indispensabili. Nel 2001, l'allora Ministro dell'Universita' varo' un programma per il rientro dei cervelli fuggiti dall'Italia, che si e' rivelato scarsamente efficace, mancando le condizioni per il reinserimento. Dei 460 ricercatori, faticosamente riportati in Patria, infatti solo 50 sono stati richiesti ufficialmente dagli atenei italiani e di essi solo un quinto avrebbe superato le forche caudine del Consiglio Universitario Nazionale. Bisogna anche ricordare che in Italia, dal 1985, le posizioni accademiche sono sostanzialmente bloccate per quanto riguarda il personale di ruolo. L'emorragia dei cervelli e', quindi, destinata a continuare, specialmente dal Sud.

Crollo delle imprese. Per quanto riguarda le imprese, nel 2009 il fatturato estero di quelle italiane e' crollato (290 miliardi di euro, -20,7% rispetto all'anno precedente). Alla carente capacita' di innovare i prodotti si e' aggiunto il calo della domanda internazionale. Solo in Cina, di cui siamo i terzi fornitori di merci e dove operano 2.000 aziende italiane, sono state incrementate le vendite del 3,5% anche nel 2009 (vendite che, comunque, incidono per appena due punti percentuali sul totale).

2 dicembre 2010

 

2010-11-30

Riforma Gelmini, sì alla Camera. Scontri a Roma

scuola.studenti.proteste.pompei

In un'Italia di stazioni ferroviarie occupate, di scontri in una Roma militarizzata con il centro invaso dai lacrimogeni, di proteste ovunque, la Camera ha approvato il testo di riforma – o per meglio dire controriforma – dell'università firmato da Mariastella Gelmini. Il testo ora andrà in terza lettura al Senato, il 9 dicembre, per l'approvazione definitiva. Anche se sui tempi di "calendarizzazione" c'è incertezza e non tutto è pacifico. Schifani convoca per giovedì i capigruppo di Palazzo Madama, ma Fli – che ha votato a favore ci tiene a sottolineare il proprio ruolo di stampella per il governo – avverte che senza unanimità i finiani possono decidere altrimenti.

FOTO | VIDEO SCONTRI

DUELLO ALLA CAMERA | BERSANI SUL TETTO

Il voto è arrivato in un clima pesante che ha visto il Governo battuto due volte sugli emendamenti, con il ruolo di Fli, e la penisola segnata dalle proteste di studenti e, spesso, ricercatori. Con scontri, in particolare a Roma visto che gli universitari volevano arrivare a Montecitorio e la polizia gliel'ha impedito. Occupazioni poi un po' ovunque: tetti di facoltà, almeno di 18 stazioni, strade, autostrade, come a Bologna e Pisa, e monumenti. A Parigi studenti italiani hanno esposto uno striscione anti Gelmini sull'Arco di Trionfo. Ripercussioni naturalmente sul traffico ferroviario e in quello urbano. La capitale e Firenze sono rimaste a lungo paralizzate.

Berlusconi gongola. Rispolvera il suo slogan del "governo del fare" e definisce il testo del ministro all'Istruzione "un attacco a parentopoli". Per Mariastella Gelmini le migliaia di studenti che l'hanno contestata sono solo frutto di una "sinistra che mistifica". Le dispiace che il provvedimento passi "in un clima di tensione sociale". Come se venisse da un altro pianeta.

Opposto il giudizio di Pier Luigi Bersani. Per il leader del Pd il governo non sarà ''in grado di portare a termine questa riforma nella sua applicazionè'. E sui manifestanti Berlusconi ha fatto sentire il suo parere: ''Gli studenti veri sono a casa a studiare, quelli in giro a protestare sono dei centri sociali e sono fuori corso''. Secca la replica di Bersani: ''Mi pare che nella stragrande maggioranza studenti e ricercatori si sono mossi in modo pacifico. Ha impressionato Roma militarizzata, mai vista così, se si è arrivati a questa tensione è per irresponsabilità del governo che ha perso la testa e la presa sui problemi del paesè'. Contro replica del ministro dell'Interno Roberto Maroni: ''Grande responsabilità delle forze dell'ordine che hanno subito violenza e stanno gestendo una situazione molto complicata'.

Il bilancio della giornata è comunque non grave, anche considerata l'ampiezza della protesta: secondo l'Unione degli Universitari in tutto il Paese sono scesi in strada in almeno 400 mila studenti. Si sono registrati alcuni tafferugli soltanto a Genova e alla stazione di Bologna (quattro feriti lievi tra i giovani), oltre agli incidenti di Roma, nella zona di via del Corso, nelle adiacenze della Camera. Alcuni manifestanti hanno cercato di forzare una postazione di blindati e sono stati respinti con una carica. La polizia ha lanciato lacrimogeni. Tre feriti tra le forze dell'ordine e almeno un ragazzo fermato.

29 novembre 2010

 

 

Cervelli in fuga dall'Italia: in 20 anni persi 4 mld

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I cervelli italiani in fuga all'estero hanno portato con sè 4 miliardi di euro. E' questo il valore di tutti i brevetti realizzati dai nostri ricercatori nei vari laboratori in giro per il mondo, calcolato da una ricerca effettuato dall'ICom (Istituto per la Competitivita'), presentato oggi in occasione della cerimonia di consegna al Senato di una borsa di studio da parte della Fondazione Lilly a una giovane ricercatrice.

Lo studio ha preso in esame i brevetti presentati dai ricercatori italiani all'estero negli ultimi 20 anni. Il valore dei brevetti diretti dai top 20 italiani fuggiti all'estero e' di 861 milioni di euro netti e su 20 anni il dato si attesta a 2 miliardi di euro. Se si considerano tutti i brevetti, quelli in cui e' italiano l'inventore principale o un membro del team, arriviamo ad un valore rispettivamente di 1,7 miliardi euro e a 3,9 miliardi di euro.

La fuga descritta dalla ricerca appare inarrestabile: il 35% dei migliori 500 ricercatori italiani, spiega lo studio, abbandona il Paese. Fra i migliori 100, uno su due sceglie di lavorare all'estero, mentre nei top 50 la percentuale di fuga sale al 54% e solo 23 ricercatori sono ancora in Italia: ''Una tale situazione comporta anche una importante perdita economica per il nostro Paese - sottolinea Andrea Lenzi, presidente del Cun - Come dimostrato dalla indagine economica presentata in questo convegno, la ricerca non e' solo in teoria uno dei motori dello sviluppo di ogni sistema paese, ma e' anche in pratica un grande investimento'.

Restera' invece in Italia, almeno per i prossimi 4 anni, Tiziana Vavala', la ricercatrice under 35 dell'universita' di Torino premiata oggi: per i suoi studi sui markers oncologici ricevera' 360mila euro."Fare la ricercatrice qui in Italia e' quasi un'avventura - ha affermato Vavala' - non un incentivo, non un incoraggiamento, e' quasi un atto di coraggio". La regione italiana che ha ceduto piu' talenti, secondo i dati presentati, e' la Lombardia, che si e' lasciata sfuggire 704 milioni di euro, come valore attuale dei suoi brevetti, e circa 1,7 miliardi di euro dal 1989 ad oggi. Per quanto riguarda invece il costo di un singolo scienziato che dall'Italia si trasferisce all'estero la perdita e' di 63 milioni, che diventano 148 se si considera tutta la durata media della vita scientifica del ricercatore, e a cui andrebbero aggiunti i 900mila euro necessari per tutto il ciclo di formazione.

Alla consegna del premio, che dalla prossima edizione avra' anche il sostegno della fondazione Cariplo, c'era anche Napoleone Ferrara, l'ultimo dei Lasker Awards per la ricerca clinica, emigrato negli Usa gia' da molto tempo: "E' noto anche alla comunita' internazionale che l'Italia e' un paese pieno di talenti - spiega Ferrara - ma che i fondi e i posti nell'universita' sono meno di quelli che servirebbero. Negli Usa c'e' un investimento enorme nella ricerca, penso che il resto del mondo dovrebbe prendere esempio". La borsa di studio del 2011, il cui bando e' stato presentato oggi, avra' come tema: "Sviluppo di nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce della Malattie Alzheimer".

30 novembre 2010

 

 

 

2010-11-25

Studenti di nuovo in piazza, scontri a Firenze Sit-in a Montecitorio, governo battuto ancora

GOVERNO BATTUTO SU EMENDAMENTO

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BERSANI CON RICERCATORI SUL TETTO: FOTOGALLERY | VIDEO

"Hanno preso in ostaggio il nostro futuro" le voci dal web di G.Rizzo

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Gli studenti lasciano il Colosseo

Gli studenti hanno sciolto l'occupazione del Colosseo: dopo essere usciti dall'anfiteatro Flavio, i manifestanti si sono ricompattati e hanno preso la metropolitana per far ritorno alla Sapienza.

A Torino occupata la Mole antonelliana

A Torino gli studenti hanno occupato la Mole Antonelliana, edificio simbolo della città. In mille per tutto il giorno stanno sfilando per le viei. I manifestanti nell'atrio della Mole, sede del museo nazionale del cinema, hanno affisso striscioni scandendo slogan e battendo su pentole e tamburi.

Cgil: il decreto Gelmini fa interessi di baroni e privati

"Il ddl Gelmini sull'università deve essere ritirato perchè risponde solo agli interessi di alcuni rettori, baroni e dei privati, amici di questo Governo". Lo afferma Mimmo Pantaleo segretario generale della Flc-Cgil. "I giovani, i ricercatori, i precari, i docenti della scuola e dell'università che protestano non sono i soli noti come sostiene il ministro gelmini: sono le vittime delle sue epocali controriforme". Il rinvio a martedì, aggiunge, è un primo risultato.

A Firenze 5 o 6 i ragazzi contusi. Colpito anche un agente

Sono 5 o 6 gli studenti rimasti contusi questa mattina durante gli scontri all'Università di Firenze dove era in corso un dibattito con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Daniela Santanchè. Il numero lo hanno dato gli organizzatori della manifestazione. Solo uno di loro, che sarebbe stato colpito al volto, si è recato al pronto soccorso dell'ospedale di Careggi. Un contuso lieve anche tra gli agenti durante il lancio di uova fatto dai manifestanti contro il cordone di forze dell'ordine che impediva l'accesso al padiglione dove si svolgeva il dibattito. Gli sono in assemblea in uno dei piazzali del Polo universitario.

Studenti occupano la Torre di Pisa

A Pisa una ventina di studenti universitari si è staccata da un corteo di circa 2.000 persone e di corsa sono entrati nella Torre Pendente in piazza dei Miracoli. All'esterno centinaia di loro hanno formato un cordone umano per impedire l'accesso ai turisti. Gli studenti hanno già raggiunto l'ultimo anello e si stanno affacciando dalla balaustra. Dal penultimo anello i giovani hanno calato uno striscione con la scritta: 'No alla riforma'. La Torre è stata nel frattempo chiusa e i turisti che si trovavano all'interno sarebbero stati fatti uscire.

Finiti sit-in davanti Montecitorio. Cori: "Meglio Samba che Bunga-bunga".

Diverse migliaia di studenti che hanno manifestato in Piazza Montecitorio hanno lasciato il presidio incamminandosi in corteo verso piazza Cavour, sfilando per le stradine attorno a Montecitorio. Gli studenti intonano cori ironici contro il premier Silvio Berlusconi come "Meglio Samba che Bunga-bunga".

Sapienza rinvia apertura anno accademico

Il rettore Luigi Frati ha rinviato a data da destinarsi la cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico 2010-2011 dell'università La Sapienza di Roma, prevista per domani. Frati spiega che ha deciso il rinvio dopo una nota del Prefetto che sottolinea che "altra data meglio garantirebbe la solennità e serenità" dell'evento".

Antonello Venditti sul tetto

Il cantante Antonello Venditti ha portato la sua solidarietà al mondo dell'Università visitando il presidio di docenti e studenti sul tetto della Facoltà di Architettura di Piazza della Fontanella Borghese in pieno centro storico a Roma.

 

Bersani: Gelmini ritiri il dd e discutiamo

In un intervento in aula alla Camera, Pier Luigi Bersani si rivolge al ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini per chiedere di ritirare il ddl di riforma dell'università. "Al ministro Gelmini dico, ritiri questo provvedimento. Sono pronto a discutere con lei, col ministro Tremonti su come correggere alcune distorsioni di questa legge" e anche "come trovare le risorse necessarie", dice il segretario del Pd. "Il ministro Gelmini non gradisce che io vada sui tetti? Io confermo che vado ed andrò davanti ai cancelli delle fabbriche in crisi e sui tetti, dove andavo anche da ministro".

Striscione studenti davanti alla Camera: "Siamo senza parole"

Uno striscione bianco e un punto interrogativo, di colore rosso. È la protesta dei ricercatori dell'Università di Perugia, che in piazza Montecitorio, davanti alla Camera dei deputati stanno protestando contro la riforma dell'università. "È uno striscione bianco -spiegano Giusy e Enza, due giovani ricercatrici dell'ateneo umbro- perchè siamo letteralmente senza parole. Siamo 174 'indisponibilì, e vogliamo far sentire la voce dei nostri diritti e dei giovani che vogliono ricercare". Una ricercatrice espone anche un cartello con un manifesto funebre. Il testo dice: "Stroncata da una riforma epocale è venuta a mancare l'università pubblica, di anni 702. La piangono studenti, dottorandi, assegnisti, borsisti, ricercatori, professori associati e ordinari in protesta. Non fiori ma voti contrari", è la conclusione del manifesto.

Proteste anche in Sardegna

Anche in Sardegna dilaga la protesta nelle università di Cagliari e Sassari contro il decreto Gelmini. A Sassari da ieri sera studenti e ricercatori si sono barricati sul tetto del Rettorato e hanno occupato anche un'aula della sede centrale, all'ingresso del quale hanno appeso cartelli in dieci lingue diverse, dall'italiano all'arabo, con la scritta: "Io sono contrario". A Cagliari circa 50 studenti, ieri sera, ridotti stamani dal vento freddo di maestrale ad una decina, sono saliti sul tetto del Palazzo delle Scienze.

 

 

 

Gelmini: se Fli boccia emendamenti cruciali ritiro riforma

Si allarma il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini interpellata sul fatto che questa mattina il governo è stato battuto in Aula su un emendamento di Fli con 282 voti a favore e 261 contrari: "Finché Fli su un emendamento non particolarmente significativo marca una differenza rientra nella tecnica parlamentare e non entro nel merito. Mi auguro che non accada che vengano votati emendamenti il cui contenuto stravolga il senso della riforma, non sarebbe accettabile, se così fosse come ministro mi vedrei costretta a ritirarla".

Palermo, bloccati la stazione e l'ingresso del porto

Gli studenti palermitani che stanno manifestando contro la riforma Gelmini hanno bloccato l'ingresso del porto e la stazione centrale delle Ferrovie. I cancelli del porto sono stati chiusi dalla polizia, che presidia l'ingresso contro il quale è stato lanciato anche un fumogeno; un altro gruppo di manifestanti ha occupato i binari della stazione centrale, impedendo il traffico ferroviario. Diversi cortei con migliaia di studenti hanno attraversato le strade principali della città, paralizzando il traffico. I manifestanti scandiscono slogan contro il ministro dell'Istruzione e il presidente del Consiglio; tra gli striscioni uno recita: "I soldi dell'istruzione esplodono in Afghanistan".

Milano, manifestanti nell'agenzia delle entrate: "soldi a scuola, zero a guerra"

"Blocchiamo il ddl Gelmini, fermiamo tutto, dimettetevi tutti ora!" recita lo striscione che apre il corteo di circa 500 studenti delle Superiori che sta sfilando per il centro di Milano. Partita da piazza Cairoli intorno alle 10, la manifestazione ha avuto al momento un solo momento di tensione intorno alle 10.45 in via Manin, quando una trentina di giovani ha fatto irruzione nella sede dell'Agenzia delle Entrate e alcuni di loro sono saliti al primo piano dove da un balcone hanno calato uno striscione con scritto "Più soldi alla scuola, zero alla guerra". La facciata della sede è stata colpita da uova e vernice.

Ferito uno studente a Firenze

Una nuova carica di alleggerimento della polizia davanti al padiglione D15 dell'Università di Firenze dove tra poco dovrebbe iniziare il dibattito con il sottosegretario Daniela Santanchè ha causato un ferito tra gli studenti che ora stanno urlando "Vergogna, vergogna" verso la polizia. Il giovane perde sangue dalla fronte ma non sembra in gravi condizioni.

A Firenze scontri studenti-polizia per la Santanché

Forte tensione al polo di Scienze sociali dell'università di Firenze a Novoli: circa 500 studenti dei collettivi sono posizionati davanti all'edificio D15, dove a breve si dovrebbe svolgere un convegno a cui prenderà parte il sottosegretario Daniela Santanchè. Gli studenti hanno cercato di sfondare per due volte il cordone di polizia: gli agenti in tenuta antisommossa con caschi e scudi hanno respinto gli assalti, con delle cariche di alleggerimento. Ne sono nati dei tafferugli e degli scontri fisici tra studenti e forze dell'ordine; i manifestanti hanno anche lanciato dei fumogeni contro la polizia. Gli studenti gridano slogan come "Siamo tutti antifascisti", "Fascisti carogne tornate nelle fogne", e hanno esposto nel plesso universitario striscioni "Contro in fascismo con ogni mezzo necessario".

Mariastella Gelmini vota per sbaglio emendamento Pd

Il ministro Mariastella Gelmini durante il voto in aula alla Camera sugli emendamenti al ddl università ha votato con l'opposizione su un emendamento. "Si è sbagliata - dice Manuela Ghizzoni, deputata Pd - anche il ministro Alfano si è sbagliato: stava leggendo il giornale... Poi la ministra ha sorriso: ieri ha persino votato il nostro emendamento sulle assunzioni di tremila associati su cui il governo era contrario".

Al via sit-in davanti a Montecitorio

Stanno arrivando in piazza Montecitorio i primi studenti che parteciperanno al sit-in annunciato per oggi davanti al Parlamento, per protestare contro i tagli all'istruzione e il ddl Gelmini. "Decideremo volta per volta - hanno spiegato i ragazzi - quali saranno le nostre azioni di protesta". Molti studenti stanno arrivando a piedi, con autobus, tram e metropolitane. Tra i primi a giungere sul posto, un gruppo di universitari di Link. Ieri a Roma si erano registrati scontri e tensioni fra studenti e forze dell'ordine, dopo un blitz nel corso del quale i giovani hanno occupato l'atrio del Senato, dopo un lancio di uova contro l'ingresso. Due manifestanti sono stati arrestati, 27 denunciati e ci sono stati registrati feriti su entrambi i fronti: nove fra le forze dell'ordine e sette contusi fra i manifestanti.

 

La Camera presiedata da forze dell'ordine

Palazzo Montecitorio è presidiato da stamattina dalle forze dell'ordine, dopo gli incidenti di ieri al Senato. Alcune camionette dei Carabinieri sono giunte per dare man forte alla normale sicurezza della Camera, mentre in aula sono in corso l'esame e le votazioni sul ddl di riforma dell'università. Gli studenti, che ieri hanno manifestato in tutto il Paese, hanno annunciato per oggi una protesta davanti a palazzo Montecitorio.

 

Napoli, Orientale occupato

Da questa mattina alle 8 a Napoli gli studenti dei Collettivi autorganizzati hanno occupato la sede storica dell'ateneo "orientale" di palazzo Giusso. La protesta in occasione della votazione alla Camera del ddl 1905, noto come riforma Gelmini.

 

Gelmini: atenei a rischio bancarotta

Dopo i tafferugli di ieri al Senato per il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini le proteste degli studenti hanno assunto forme "inaccettabili", e anche l'opposizione, invece di salire sui tetti, dovrebbe svolgere il suo ruolo in Parlamento, perché - avverte - senza la riforma gli atenei italiani rischiano la bancarotta. "Ho sempre rispettato la proteste - ha dichiarato il ministro alla Telefonata di Maurizio Belpietro su Canale 5 - ma quelle di ieri hanno assunto una forma totalmente inaccettabile. Assaltare il Senato, tafferugli in diverse università e città. Non credo sia un modo corretto e propositivo per esprimere una posizione sull'università". E marca anche la differenza dell e proteste studentesche tra Londra e Roma : "Nel Regno Unito gli studenti protestano per l'aumento delle tasse, in Italia invece il governo lavora per evitare l'aumento delle tasse universitarie e soprattutto il collasso del sistema". "Molte università - ha sottolineato Gelmini - hanno conti in disordine e se noi oggi non interveniamo in maniera forte e risoluta non sarà il governo a commissariare alcuni atenei, ma saranno le banche" E il primo esempio è quello "dell'università di Siena che è sull'orlo della bancarotta, il nuovo rettore sta cercando di intervenire, ma non è un caso unico". "Di fronte a questi problemi che necessitano di una soluzione urgente io mi aspetterei studenti desiderosi di apprendere e di poter accedere a un buon sistema universitario ma soprattutto - ha concluso il ministro - mi sarei aspettata un'opposizione responsabile, che non sale sui tetti ma esprime la propria posizione in Parlamento".

25 novembre 2010

 

 

 

Porcellum universitario

di Paolo Bertinetti*tutti gli articoli dell'autore

Nel giugno del 2008 scissi un articolo in cui denunciavo le decisioni del Ministro Tremonti relative all’Università. Tagli dei fondi e tagli del personale (ogni cinque pensionamenti soltanto un’ assunzione). Era quella la riforma dell’Università. Purtroppo fui uno dei pochissimi a prendere subito posizione. Nell’autunno ci pensarono però gli studenti (e anche diversi docenti).

L’abile risposta del governo fu duplice. Da un lato la denigrazione dei docenti universitari a partire dall’argomento concorsi (degli scandali concorsuali: che però sono tali in quanto sono eccezioni e non sono la norma. Invece si finse che lo scandalo riguardasse tutti i docenti e tutta l’Università). Dall’altro lato la concessione di un indispensabile contentino: una assunzione non più ogni cinque, ma ogni due pensionamenti. Concessione facile, perché il ministro dell’Università Tremonti aveva ben presente la realtà "anagrafica": sapeva che nel giro di cinque/sei anni sarebbero andati in pensione migliaia di professori, sostituiti, per la metà, quasi esclusivamente da ricercatori. Una voragine, che certe pensate demagogiche (come quella di Letta) vorrebbero addirittura accrescere.

Non ci sono infatti nuovi concorsi per professori: si stanno finendo adesso quelli banditi nel 2008. In effetti c’è la legge Moratti del 2005, che prevede il concorso nazionale (e non i concorsi locali con gli "scandalosi" idonei), ma non può essere applicata perché non furono mai emanati i decreti attuativi. Alla bisogna ci pensa, a suo modo, la riforma Gelmini. La cialtronesca nuova proposta elimina lo scandalo perché chiama "abilitati" gli idonei; in compenso lascia le assunzioni degli "abilitati" alle sedi locali. Come adesso; anzi, peggio, perché si eleva l’ipocrisia al quadrato.

In realtà la riforma epocale della Gelmini fu la trovata che serviva: 1°) a distogliere l’attenzione dal disastro dei tagli in un Paese che essendo fanalino di coda per investimenti in Università e ricerca, invece di aumentarli li diminuiva drasticamente; e 2°) a promuovere un’idea di Università corrispondente a un’aziendalistica logica di "mercato". Cosa che non significa niente , ma che nel caso specifico ha voluto dire: governo dell’Università affidato a un Consiglio di Amministrazione invece che al Senato Accademico, ricercatori a tempo determinato, anziché revisione dello stato giuridico e del ruolo dei ricercatori. Molti rettori (come a Torino Profumo) hanno appoggiato la ministra. E in molti casi hanno anticipato , assecondando i gruppi di potere del proprio Ateneo, i contenuti della legge non ancora legge.

Se la riforma venisse approvata alla Camera e poi, nello stesso testo, al Senato, il porcellum universitario entrerebbe comunque in vigore solo apparentemente. In realtà avrebbe bisogno di decine e decine di provvedimenti attuativi, da varare nel corso di mesi, se non anni. Se nel frattempo l’attuale opposizione diventasse maggioranza di governo, una sola cosa dovrebbe fare: emanare una legge di un solo articolo che cancelli la legge di distruzione dell’Università pubblica, fare partire i concorsi in base alla legge esistente (provvedendo ai decreti attuativi della legge del 2005) e lavorare a un progetto di riassetto (non di nuovo stravolgimento) di un sistema universitario che da dieci anni è in continua mutazione. Se l’attuale opposizione sarà ancora tale, non dovrà meritarsi la qualifica di ragionevolezza da parte del PDL che l’ha accompagnata in questi mesi; ma dovrà impegnarsi senza cedimenti a rendere impossibile (cosa non difficile: mica si vota la fiducia) l’emanazione dei decreti attuativi che renderebbero applicabile questa legge infame.

Sia nella prima, sia nella seconda ipotesi, sia nell’ipotesi che questa legge non venga approvata nelle prossime settimane, il PD e le forze democratiche dovranno ascoltare con grande attenzione le richieste che vengono dal mondo universitario, dai ricercatori, dai professori, dagli studenti. Da tutti, tranne che dalla cupola dei Rettori di quella CRUI che ha dimostrato di essere il comitato d’affari dei distruttori dell’Università pubblica.

*Paolo Bertinetti , preside della Facoltà di Lingue di Torino

23 novembre 2010

 

 

Ragazzi ribellativi

di Alfredo Reichlintutti gli articoli dell'autore

Le critiche al Partito democratico io esito molto ad esprimerle perché la sinistra è troppo piena di gente che per sentirsi intelligente ha bisogno di segare il ramo su cui è seduta. Ma c’è alla base qualcosa su cui oggi è molto importante ragionare. Io vedo ancora una relativa debolezza della nostra risposta al grandissimo interrogativo che si è aperto sulla vicenda storica dell’Italia. Detto senza enfasi: sul destino degli italiani. Questo è il tema che sta dietro la vicenda Berlusconi. Sta qui il cuore del conflitto, cioè di come si configura la lotta tra progresso e reazione a fronte di quella che è ormai chiaramente una crisi della nazione.

La gente non è stupida. Capisce che, arrivati a questo punto, l’uscita di scena di Berlusconi è una necessità vitale ma sente che il problema è più complesso. Intuisce che il "Caimano" è, dopotutto, la febbre non la malattia. Quale malattia? Il fatto drammatico che per troppo tempo abbiamo cercato di non vedere e che, per certi aspetti, ci rimanda ai secoli della grande decadenza italiana. A prima del Risorgimento, quando Metternich considerava l’Italia "una espressione geografica", governata come era da tante Padanie, piccoli regni e ducati tenuti in piedi dallo straniero. Quando non eravamo un popolo libero ma una plebe che delegava la politica ai preti tanto da pensare che "Franza o Spagna purchè se magna".

L’attuale degrado dell’etica pubblica non è poi una grande novità. Questo è il dramma che sta avvenendo sotto i nostri occhi. La vita dei nostri figli e nipoti si sta già impoverendo, stiamo già uscendo dal club dei grandi che contano. E se dopo 150 anni da Porta Pia viene in discussione l’unità della nazione, una conseguenza è certa: il destino della gioventù italiana sarà irrilevante. I nostri figli resteranno ai margini del mondo nuovo. Qualcuno sta parlando così agli italiani? Sta dicendo così chiaramente che si è aperto uno "stato di eccezione" (come una guerra) e che nient’altro che questo impone un governo di "eccezione", cioè di salvezza nazionale? Semplicemente questo è il problema che Bersani sta cercando di affrontare, certo alla sua maniera.

C’è così tanto da ridire? Però è vero che il messaggio di Bersani è oscurato da troppe cose. Intanto dalle divisioni interne al Partito democratico. Chi comanda? È difficile affidarsi a un partito il quale è talmente democratico che non conta nulla essere stato eletto segretario da 3 milioni di persone. Chiunque può invocare le "primarie" per rimettere tutto in discussione. Si ammetterà che non è facile guidare in queste condizioni una delicata iniziativa politica di "salvezza nazionale".

Noi siamo ancora al punto che il primo che passa ci sfotte perché dice che non è chiaro se siamo alleati col "centro" oppure con la "sinistra". Ma non è chiaro a chi? Certo a chi pensa che siamo nell'Inghilterra di Westminister e che Vendola è Gladston e Casini Disraeli. Come non si capisce che è la decadenza dell’Italia che chiede l’unità più larga in nome di riforme e cambiamenti radicali? I quali, però, sono sostenibili solo se qualcuno acquista l’autorità politica e morale per fare appello non solo a Vendola o a Casini ma alle energie profonde del paese, ovunque siano collocate.

Temo che una buona fetta del PD non abbia capito nemmeno che questa è la ragione d’essere di un partito nuovo rispetto ai partiti che fecero la Prima repubblica. È il nostro ruolo storico, è il terreno su cui possiamo affermare la nostra egemonia ("vocazione maggioritaria", direbbe Veltroni) rispetto a una destra antinazionale, al leghismo, a formazioni neo-borboniche, a nuovi centri notabilari . Per non parlare di un’altra fetta del Pd che invece è affascinata dalle "narrazioni" di Nichi Vendola. Ma che cosa sta narrando questo mio vecchio amico pugliese? Io capisco tante cose, ne condivido perfino alcune. Ma anche Nichi mi sembra sostanzialmente fuori tema. Se non lo fosse si sarebbe assunto la responsabilità (forte anche della sua funzione di governatore della Puglia) di cominciare a rielaborare il nostro vecchio impianto della questione meridionale. Almeno in questo il Nord ha ragione, nel non accettare più il vecchio modo di stare insieme degli italiani.

È affrontando un tema come questo che si diventa leader di una sinistra unita. Io non so fare previsioni. So che la cricca che si è raccolta intorno a Berlusconi è disposta a tutto, perfino a tenersi stretta la camorra che controlla la "monezza" napoletana pur di non mollare il potere e le ricchezze su cui ha messo le mani. So però che le cose sono arrivate al punto che viene in campo, come bisogno storico, anche un’altra possibilità. È il bisogno di dare all’Italia quello che io chiamo un partito della nazione. Non un’altra reincarnazione della sinistra storica. Deve essere una forza nuova, capace di esprimere davvero una nuova "narrazione" circa il ruolo che un’Italia unita e progressista potrebbe avere in Europa e nel mondo. Non so che fine farà l'operazione politica e l’ipotesi di governo di cui parla Bersani. In ogni caso ricordiamoci che la politica non si esaurisce nella formazione dei governi. Dopo il lungo ciclo berlusconiano è tempo che la politica democratica torni ad essere la fucina di un "movimento reale", quel tipo di movimento che "cambia lo stato di cose esistenti". È questo stato di cose che bisogna cambiare.

E le condizioni per farlo a me sembra che si stiano accumulando. Quando giro l’Italia e incontro la gente, la cosa che più mi colpisce è la situazione dei giovani. Un immenso deposito di energie e di creatività sprecato, umiliato, (davvero "rottamato") delle logiche attuali di mercato: il denaro fatto col denaro, un’immensa rendita che grava sui produttori della ricchezza reale per pagare i lussi faraonici di un’oligarchia finanziaria. Così, alla maggioranza dei giovani resta solo il lavoro precario. Per colpa anche di noi vecchi che sulle loro spalle abbiamo trasferito l’onere di pagare l’immenso debito pubblico accumulato. Quindi non c’è per loro futuro, speranza, innovazione. Ribellatevi. Le vicende di ieri sono un buon segno.

25 novembre 2010

 

 

La protesta studentesca infiamma Londra: scontri e proteste

Studenti in piazza a Londra e in altre città con scontri nella capitale. La Gran Bretagna torna a infiammarsi contro gli aumenti delle rette universitarie, triplicate entro il 2012 a un massimo di 9mila sterline l'anno a fronte dei tagli dei finanziamenti pubblici e proposto dal premier conservatore Cameron. Numerose le università occupate: ha aperto le fila l'University of East London, a seguire la storica biblioteca Bodleian di Oxford e la Scuola di studi orientali e africani dell'Uwe, Bristol, poi l'Università di Manchester.

Nel centro di Londra tensione e disordini. Migliaia gli studenti bloccati nei pressi della piazza del Parlamento: un gruppo di manifestanti ha circondato un camioncino della polizia, abbandonato dagli agenti, cercando di rovesciarlo; lungo il percorso del corteo sono schierati altri 200 poliziotti. Oggi le strade di Londra sono presidiate da agenti di polizia, per evitare i disordini dello scorso 10 novembre. Un furgoncino delle forze dell'ordine posizionato di fronte a Whitehall è stato comunque assalito. I manifestanti sono partiti da Trafalgar Sqare per attraversare il centro della città, ma di fronte al governo la tensione è salita.

Manifestazioni si sono tenute anche in altre città del Paese, incluse Oxford e Cambridge. In numerosi licei, gli studenti hanno lasciato le lezioni per unirsi ai manifestanti.

Ha organizzato le proteste la National Union of students come all'inizio del mese, ma da gruppi meno istituzionali, che si sono creati nelle ultime settimane in modo spontaneo sui social network e negli atenei. "Si sta sviluppando una rivolta studentesca senza precedenti", commentano gli organizzatori evocando lo spirito del '68

24 novembre 2010

 

 

I voti di Bersani on line. Con lode "La Gelmini faccia altrettanto"

Il ministro dell'istruzione dà dell'incompentente al segretario Pd perché sostiene la protesta di studenti e ricercatori e docenti universitari contro la riforma di questo governo? Pier Luigi Bersani dà una risposta con i numeri e il mette sulla piazza virtuale on line del suo sito. Mostrando i suoi numeri: quelli con cui ha superato gli esami universitari a Bologna e della laurea, un 110 e lode in Storia del cristianesimo nel corso di laurea di filosofia (non il più semplice dei corsi di laurea). Per la cronaca, si era immatricolato nel 1970-71.

I voti del libretto universitario di Bersani.

25 novembre 2010

 

 

 

Scuola, a che serve protestare ancora?

di Mila Spicolatutti gli articoli dell'autore

Al telefono con mia madre, maestra in pensione ormai da anni. "Te la sei presa con gli intellettuali perché non riesci a convincere i tuoi colleghi. Facile così. Dove sono i tuoi colleghi? Noi avremmo bloccato tutto: ai tempi di Luigi Berlinguer lo abbiamo fatto ". Glab, accenno la difesa. "Mamma, sono altri tempi, le persone sono ripiegate, disilluse, scettiche, non è facile, non trovano sponde o referenti reali e convincenti. Il 30 ottobre del 2008 abbiamo sì bloccato tutto con quale risultato? Eravamo tutti in piazza, a Palermo non si era mai vista tanta gente per strada, nemmeno dopo il ’92 al tempo della rivolta civica dopo le stragi. L’onda ha visto 500.000 persone in piazza. Da brivido".

"E che sarà mai uno sciopero? Dovevate perseverare. Siete quasi tutte donne nella scuola: davvero non riuscite a fargli venire il nervoso a questi cialtroni? Siete così rassegnate, morte? Pronte a puntare l’indice contro qualcun altro?". "Che vuoi che ti dica: forse è il tempo della non lotta, o forse è il caso di immaginarne altre, di forme di protesta. Vero è che tutto è spettacolo. Un tempo si diceva che tutto era vanità. Oggi lo è ancora. Bisognerebbe trovare un giusto testimonial...". "Non dire stupidaggini: la verità è che non siete stati capaci, voi, docenti di oggi, di capire che bisognava unirsi e alzare un insopportabile concerto di fischi in modo da fargliele scoppiare le tempie. Basterebbe questo: un flash-mob nazionale. Una data e un orario stabilito e da Duino a Lampedusa, dentro le classi, fuori per strada, negli uffici, tutti nello stesso istante via con trombette e fischi a difesa della cultura nazionale".

Sorrido…chissà… "Mamma, intanto gli studenti stanno occupando gli istituti superiori e anche molte Università". "Ahimè per loro dopo Natale torneranno sui banchi come se nulla fosse accaduto, fanno bene certo, un po’ di sana ribellione ci sta bene, se poi discutono un po’ insieme male non gliene fa, ma in questi termini è un po’ inutile: inverno, primavera, estate, autunno, occupazioni. E’ nella natura delle cose, ma non cambia il corso dei fiumi. Intanto approvano anche la riforma dell’Università. Si potrebbe dire: le abbiamo inventate noi le Università e adesso siamo bravissimi a dare il voto a chi le distrugge, con una faccia tosta quasi da schiaffoni, per cosa poi? Per la promessa di qualche tassa possibile da evadere? Per qualche posto in più negli asili al posto dei bimbi immigrati? Per cosa? E’ un mistero". "E allora? Allora che si fa? Che devo fare? Che dobbiamo fare più di quello che stiamo facendo?".

"Deve consumarsi lentamente questo buio. Intanto tu torna a far leggere i libri. A dar loro parole. Fiumi di parole e di pensieri. Che leggano, senza sosta, falli persino schiattare di lettura e di punteggiatura. Virgole, punti, punti e virgola, punti esclamativi e, finalmente, punti interrogativi. Punti interrogativi. Qualche domanda seria, nel silenzio delle loro stanze, in fondo al residuo dell’anima inizieranno a farsela. Tutti. A quel punto, vedrai, la battaglia sarà vinta perché la protesta non sarà un ruscello, una stagione, ma la pelle che li copre. A quel punto vagliela a strappare...".

25 novembre 2010

 

 

 

2010-11-17

"Gelmini sei 'na sola". Studenti in piazza in oltre 100 città

di ma.ier.tutti gli articoli dell'autore

Fianco al fianco. Con due striscioni distinti: "Vediamo chi cade...", "La loro in-stabilità. Solo macerie per l'Università". Provocazioni al governo dagli studenti delle superiori e dagli Atenei. Due ore di attesa per chi studia nelle scuole romane, sotto il vento pungente di piazza della Repubblica. Poi finalmente arriva l'Onda universitaria e la manifestazione mondiale - (in contemporanea in 100 città di italia e in altrettante metropoli del mondo - per la difesa del diritto allo studio, può finalmente partire.

"ASSEDIO A MONTECITORIO"

Per la scuola pubblica, restano i tagli pesanti e dolorosi per tutti: docenti, precari e bidelli. I fondi freschi sono solo ed esclusivamente per l'istruzione privata. Idem per gli Atenei sempre più agguerriti contro la rifoma. E sui cartelli la Gelmini è presa di mira: questo ministro "è 'na sola!!" - si legge -. Accanto al più eloquente: "Gelmini you're breaking my eggs....!". I cori si mischiano agli slogan tra i rimbombi dei fumogeni e dei petardi. Il corteo è allegro, combattivo. La polizia vigila a distanza. Gli studenti hanno un obiettivo: puntare su Montecitorio, dove la riforma dell'Università rischia di non essere calendarizzata per via di quel "bunga bunga" che ha accellerato la crisi di governo. E gli studenti la fanno da padrona. Riescono ad arrivare sotto le finestre del Palazzo: indossano caschi, cappucci, sciarpe... Le forze dell'ordine alla fine si arrendono, li fanno passare. Mentre il corteo si spacca: una parte dei manifestanti punta in Piazza Navona, dove nel pomeriggio la Flc-Cgil ha organizzato un dibattito con Paolo de Nardis (sociologo), Paolo Leon (economista), Lidia Ravera (scrittrice), Angelo Melone (giornalista ) e verrà anche proiettato il film: "La scuola è finita".

CENTO CORTEI

La Rete degli studenti , l’Unione degli universitari, L'Unione degli studenti e Link, la Fds, hanno infatti organizzato cortei in più di 100 città per la giornata mondiale di mobilitazione per il diritto allo studio che arriva dopo una mobilitazione che dura da settimane: assemblee, sit-in, cortei ma soprattutto occupazioni, autogestioni e cogestioni di scuole ed università sono le parole d’ordine dell’ultimo mese. In poche settimane in tutta Italia, prosegue il "blocco della didattica tradizionale", si punta a "riconquistare il presente, riappropriandosi dei propri spazi e del proprio futuro", sottolineano i movimenti studenteschi. "Dopo l’ultimo, sconcertante, aumento dei fondi alle scuole private - prosegue la Rete degli Studenti - approvato nel maxiemendamento ultimo colpo di coda di questo governo, ci sembra palese che la scelta di tagliare sulla scuola pubblica non sia una necessità, ma nasconde un’intenzione ben precisa: eliminare l’alternativa culturale e il pensiero critico nel nostro paese, consegnarci un futuro fatto di precarietà, assenza di diritti, crisi". Si schiera con gli studenti anche il Partito Democratico. "Condividiamo e sosteniamo le ragioni del mondo dei saperi e della conoscenza - spiegano Francesca Puglisi, responsabile Scuola, e Marco Meloni, responsabile Università della Segreteria Pd - Rivendicare il diritto allo studio in Italia significa rivendicare il diritto al futuro".

TORINO

Dopo aver occupato i binari della stazione di porta Nuova, nuovo blitz degli studenti che hanno da poco occupato Palazzo Campana, sede della facoltà di matematica e luogo da cui ebbero inizio le proteste nella città nel '68. Assemblea nel cortile del palazzo.

LE OCCUPAZIONI

Occupate anche le facoltà di Lettere e Lingue Catania. "Le occupazioni iniziate oggi solo il segnale del forte disagio che viviamo" - dichiara Link-Coordinamento universitario - "Protestiamo contro i tagli all'università e alle borse di studio, che rischiano di lascere a casa 150.000 studenti il prossimo anno". Anche la scuola è mobilitata contro i tagli. Occupati i licei romani Virgilio e Mamiani. Il Tasso ha scelto per ora l'autogestione.

PADOVA

Gli studenti chiediono alla Regione la copertura totale delle borse per l’Anno Accademico 2010/2011, l'Istituzione di un fondo per l’edilizia universitaria, la Cancellazione del limite del 3% per le Borse per gli studenti immigrati. Accesso a internet per le residenze universitarie e apertura estiva delle residenze per i fuori sede. Una delegazione studentesca ha raggiunto l'assemblea della Fl-Cgil. A Mimmo Pantaleo e a Susanna Camusso ribadiscono che il movimento è pronto per lo sciopero generale.

BARI

Con un grande striscione in testa: "Hanno distrutto il nostro futuro, creiamo un mondo nuovo" circa duemila studenti stanno pacificamente sfilando in corteo per le vie del centro di Bari, scandendo slogan contro il ministro Gelmini ed i tagli alla scuola, all'Università, alla Ricerca e alla Cultura. La manifestazione, alla quale partecipano anche gli assessori regionali al Diritto allo Studio, Alba Sasso, e allo Sport, Maria Campese, e l'assessore comunale alle Politiche Educative, Fabio Losito, cominciata con il concentramento degli stuudenti in piazza Umberto, si concluderà in piazza della Libertà, davanti a Palazzo di Città.

BERGAMO

Traffico in tilt, momenti di tensione e sei ragazzi portati in questurai. Un caos al quale non è riuscita a rimediare nemmeno la polizia locale che aveva piazzato pattuglie in diverse zone per cercare di bloccare il traffico verso il centro. Due i momenti di tensione. Prima a Bergamo Alta, dove sei studenti minorenni hanno tentato di esporre uno striscione con la scritta "Digos m...". Sono stati bloccati e portati in questura, da dove sono stati avvisati i genitori, che sono poi passati a riprenderseli. Nessun provvedimento, in considerazione della giovane età. Poi alla rotonda dei Mille, dove un gruppo di studenti ha tentato di uscire dal corteo per raggiungere la sede del collegio Sant'Alessandro. Ne sono nate discussioni con polizia e carabinieri e qualche spintone.

17 novembre 2010

 

 

 

 

 

 

2010-10-18

Napolitano con studenti e docenti "Condivido le loro preoccupazioni"

"Nessuno può fingere di ignorare le difficili condizioni del sistema universitario e anch'io condivido la forte preoccupazione di docenti e studenti e conto sul loro sentimento di responsabilità al di là di ogni momento di comprensibile frustrazione". Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Pisa al convegno per celebrare il bicentenario della fondazione della Scuola Normale Superiore.

"Senza interferire nelle discussioni e nelle decisioni che hanno luogo in governo e in parlamento - ha aggiunto Napolitano al convegno - sento il dovere di riaffermare il rilievo prioritario che va attribuito, non solo a parole ma con i fatti, alla ricerca e all'alta formazione e dunque all'Università".

Il capo dello Stato è nella città toscana per festeggiare i 200 anni della Scuola superiore. Lo hanno accolto decine di studenti assiepati dietro le transenne piazza dei Cavalieri con applausi e con lo slogan "Università pubblica". Gli studenti hanno esposto uno striscione contro la riforma Gelmini e hanno distribuito un volantino nel quale spiegano i motivi del loro no al ddl del ministro all'Istruzione. Insieme agli studenti ci sono rappresentanti del Movimento dei ricercatori. "Università e unità è il massimo" ha risposto il capo dello Stato ai giovani.

L'istituzione universitaria fu fondata due secoli fa, il 18 ottobre 1810, con un decreto dell'imperatore francese Napoleone. Napolitano ha visitato la sede storica accompagnato dal direttore Salvatore Settis. Dopo un colloquio con alcuni rappresentanti del corpo accademico e degli studenti, Napolitano, è andato al Teatro Verdi, per un convegno sulla nascita della Normale, scuola d'eccellenza che raccoglie i migliori cervelli.

Al di là delle transenne c'è anche una decina di lavoratori della C-Global, azienda di servizi bancari del Gruppo Cedacri che ha deciso di chiudere le sedi toscane di Pisa e Firenze trasferendo gli 82 dipendenti nella sede principale di Collecchio (Parma). I lavoratori hanno indossato una maglietta con la scritta "Cedacri C-Global più utili, meno lavoratori, vergogna".

18 ottobre 2010

 

 

La Normale, l'eccellenza dei cervelli

Domani ricorrerà il bicentenario della fondazione della Scuola Normale Superiore di Pisa. Duecento anni fa, il 18 ottobre 1810, un decreto di Napoleone sanciva a Pisa la nascita di un pensionato accademico riservato a 25 giovani studenti che sarebbero stati formati nell'arte di insegnare le lettere e le scienze alle classi medie dell'impero, sull'esempio della Ècole Normale Superieure di Parigi. Nasceva così in Italia la Scuola Normale Superiore.

Da quella data, la Normale si è rinnovata su livelli di eccellenza diventando, oggi, un centro di formazione e di ricerca tra i più rinomati d'Europa. Senza mai cambiare la propria missione: rendere accessibile ai giovani più meritevoli una formazione e un ambiente di ricerca ai massimi livelli. Da qui è passato, ad esempio, il presidente emerito della Repubblica Ciampi.

Oltre cinquemila sono gli allievi che hanno superato il selettivo concorso di ammissione alla Scuola dalla sua fondazione ad oggi, grazie solo alle proprie capacità e al proprio talento. Un piccolo numero, confrontato con quello degli studenti passati da qualsiasi altra università, ma con una concentrazione senza eguali di scienziati, scrittori, politici, economisti, uomini di cultura che hanno fatto la storia del nostro Paese.

Domani alla cerimonia professor Sabino Cassese parlerà del "Ruolo della Scuola Normale nella vita civile dell'Italia", aprendo il simposio internazionale che si svolgerà nel pomeriggio presso il Palazzo della Carovana.

 

18 ottobre 2010

 

 

 

2010-10-09

Scuola, i video da tutta Italia. 300mila in piazza, tafferugli a Milano

Francesca Puglisi, Responsabile Scuola della Segreteria PD, in una nota afferma: "Il ministro Gelmini ascolti il disagio che oggi migliaia di studenti stanno manifestando dalle piazze di tutta Italia, invece di continuare a negare l'evidenza perche', purtroppo, se qui c'e' qualcuno che abusa di vecchi slogan e' proprio il ministro, quando parla di scuola come 'luogo di indottrinamento politico della sinistra'. Altro che qualita' della scuola: gli studenti, dopo gli interventi del governo, sono costretti a stare in aule sovraffollate oltre il limite della decenza e della sicurezza e pagano in prima persona e tutti i giorni i tagli operati dal governo. E quindi il governo dia alle scuole autonome le risorse umane e finanziarie per l'innovazione didattica che serve per riallineare i livelli di apprendimento degli studenti italiani a quelli dei coetanei europei".

La rete calcola che oggi siano scesi in piazza in tutta Italia "circa 300mila studenti" in "più di 100 piazze italiane". Chiedono investimenti nell'istruzione, provvedimenti per l'edilizia scolastica, una didattica nuova e più diritti per gli studenti. Insomma, una scuola pubblica e non la sua demolizione di fatto.

A Verona il corteo, precisa la stessa Questura, era totalmente pacifico quando tre persone, estranee alla manifestazione, hanno lanciato bengala, fumogeni e uova con dentro della vernice blu contro una filiale di una banca. La polizia è intervenuta ma un agente è stato colpito al volto da una fiammata di un bengala ferendosi lievemente. I tre sono stati portati in Questura. Il corteo è proseguito.

A Firenze, il corteo vede una folta partecipazione. Qualcuno dalla testa della manifestazione ha lanciato un fumogeno, bottiglie di vetro e uova contro la sede della scuola privata degli Scolopi, in via Cavour. Un gesto che ha suscitato la reazione e la protesta degli altri studenti che sfilavano. Piccolo tafferuglio poi davanti alla prefettura: spintoni e qualche pugno, alcuni ragazzi sono poi identificati dalle forze dell'ordine intervenute. Gli animi si sono placati e il corteo ha ripreso la sua marcia. Cortei anche a Siena e Livorno.

A Milano ci sono stati tafferugli vicino all'Università statale. Gli studenti, 20mila per gli organizzatori, la metà per la Questura, verso il Provveditorato hanno lanciato uova e petardi verso la sagoma di Mariastella Gelmini. E, dicono agenzie di stampa, sono state lanciate pietre verso l'edificio del Provveditorato. Una delegazione degli studenti è stata lasciata passare e ha costruito con cartoni e sacchi una piccola struttura militare davanti il cancello d'ingresso: "Provveditorato limite invalicabile: zona militare, vigilanza a cura del generale Colosio". Gli insulti più frequenti contro il provveditore Giuseppe Colosio e Mariastella Gelmini. Ha aperto il il corteo un manifesto che ritrae il ministro dell'istruzione con una tuta mimetica dell'esercito. "Ci tagliano gli insegnanti, ci riducono i laboratori, ci costringono in classi da oltre 30 studenti", ha spiegato Gianmarco del coordinamento dei collettivi studenteschi. "È vergognoso - ha aggiunto - che invece il ministero avalli progetti che di fatto introducono l'educazione militare nelle scuole".

Sempre a Milano alcuni studenti riferiscono di essere stati caricati dalla polizia. Un funzionario della Digos della Questura è rimasto leggermente ferito all'occhio destro dopo che un giovane gli ha spruzzato del liquido urticante durante il confronto nei pressi dell'ateneo. Un docente precario racconta che la polizia in piazza Missori ha caricato con manganellate un gruppo di universitari in corteo non autorizzato. Al momento non risultano feriti.

A Roma continua la protesta davanti al ministero dell'istruzione. "Dimissioni" urlano le migliaia di ragazzi e ragazze mentre continuano ad arrivare altri manifestanti in viale Trastevere; alcuni di loro hanno cantato sulle note di "Bella Ciao", un testo modificato ed intitolato "Ciao Stella". Non sono mancate, tra gli striscioni davanti al ministero, critiche al sindaco di Roma e alla presidente della Regione Lazio: su uno striscione c'è scritto "Alemanno-Polverini Roma ve schifa".

Gli studenti del Movimento dei giovani democratici di Tivoli hanno srotolato sotto al Miur un mega striscione con l'eroe dei videogame anni ottanta, Pac-man, che mangia il premier.

"La riforma Gelmini porta ad una forte riduzione delle ore scolastiche e all'aumento indiscriminato degli alunni per classe. Se si ammala un collega la classe rimane scoperta con il rischio di incolumità per i ragazzi. Lo sa la Gelmini questo?". Lo ricorda un docente di un liceo di Ostia mentre partecipa alla manifestazione a Roma.

Nella capitaleè arrivato sotto il ministero dell'Istruzione, tra fumogeni viola e lo striscione "Chi apre una scuola chiude una prigione", il corteo di studenti che manifesta contro la riforma Gelmini. Ad aspettarlo alcune centinaia di manifestanti; tra loro una trentina del collettivo "Senza tregua" che si è disposto davanti all'entrata del dicastero indossando delle maschere con un volto bianco e portando uno striscione su cui è scritto: "Ci rubano il futuro". Sul Tevere gli studenti hanno calato un altro striscione: "voi le barriere, noi il ponte".

Migliaia di studenti - diecimila secondo gli organizzatori, quattromila per la questura - da stamane sfilano a Napoli per protestare insieme al mondo dell'Università contro i tagli alla scuola e alla ricerca italiana.

Le manifestazioni contro la riforma della scuola stanno avendo una "grande partecipazione in tutte le città italiane". Lo sottolinea una nota dell'Unione degli studenti. "A Torino - prosegue il comunicato - stanno manifestando 30 mila studenti, a Bologna 20 mila, a Milano 15 mila, a Firenze 5 mila e anche nelle città più piccole da Siena a Cosenza, da Catanzaro a Genova si registra la partecipazione di più seimila studenti. A Roma dove il corteo è appena partito, si registrano più di 30 mila persone, una partecipazione molto più imponente rispetto a quella del primo corteo del 2008 che ha lanciato la mobilitazione dell'Onda". "Una partecipazione così alta - dichiara Stefano Vitale, dell'Unione degli Studenti - è ben al di sopra delle migliori aspettative. È in atto una grande risposta degli studenti contro le politiche di questo governo. Tra poco dal Ministero pretendiamo delle risposte".

Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini risponde com'è suo solito e si ammanta di "nuovo" e di cambiamenti - a suo dire - tutti per il meglio. Per lei la protesta ripropone "vecchi slogan di chi vuole mantenere lo status quo". E ovviamente chi protesta lo fa per ideologia politica, non certo perché vede demolire la scuola pubblica. Rincara la dose il ministro: chi contesta oggi "è aprioristicamente contro qualsiasi tipo di cambiamento e crede di usare la scuola come luogo di indottrinamento politico della sinistra". E ancora: "Bisogna avere il coraggio di cambiare. È indispensabile proseguire sulla strada delle riforme: dobbiamo puntare a una scuola di qualità, più legata al mondo del lavoro e più internazionale. Per ottenere questi obiettivi stiamo rivedendo completamente i meccanismi di inefficienza che hanno indebolito la scuola italiana in passato". Muro contro qualsiasi possibile dialogo, quindi.

Le macerie della scuola pubblica di Jolanda Bufalini

Macerie: è quel che resta della scuola pubblica dopo i tagli che hanno riportato il numero degli studenti per aula a cifre da dopoguerra, abolito laboratori anche nei professionali e la possibilità di studiare due lingue, cancellato l’informatica e ridotto le ore di italiano. Caschetti gialli in testa, dunque, gli studenti delle superiori saranno oggi in 80 cortei annunciati dall’Uds, nelle strade e nelle piazze di 60 città italiane. Ma non saranno soli. Ci saranno anche gli universitari, perché il disegno di legge del ministro Gelmini, in discussione alla Camera, mina - anziché riformare - le fondamenta dell’università pubblica. l’Unione degli universitari ha lanciato sul sito costruttori di sapere (costruttoridisapere.it) una foto-petizione: 1600 fotografie con caschetto giallo in testa. Anche Roberto Saviano - raccontano gli studenti dell’Udu di Pavia - ha solidarizzato, accettando una maglietta con la scritta "costruttori di sapere", dopo una conferenza sulla lotta alle mafie. Insieme a ragazze e ragazzi che hanno coniato lo slogan "chi apre una scuola chiude una prigione", ci saranno i sindacati e la rete dei ricercatori e dei precari delle università.

Sciopera Unicobas mentre l’indicazione della Flc-Cgil, è di scioperare alla prima ora (all’ultima nei turni pomeridiani o serali). "Saremo in tanti alle manifestazioni studentesche", spiega il segretario Domenico Pantaleo, perché saranno tanti "i precari licenziati, i ricercatori, le rappresentanze delle Rsu". Quella di oggi, secondo il sindacalista, "è solo una prima tappa di una mobilitazione che non deve spegnersi con un unico grande fuoco". Mobilitazione che vedrà un altro momento importante il 14 ottobre (e un altro sciopero di un’ora), quando alla Camera si discuterà il Ddl Gelmini. "Il baratto accettato dai rettori - sostiene Pantaleo - è scandaloso, si sono accontentati di briciole, anzi di promesse vuote". Finanziamenti, superamento della precarietà e diritto allo studio sono gli obiettivi della mobilitazione nelle università. Offerta formativa che "è sempre più povera, particolarmente nel Mezzogiorno" e lavoro per "le migliaia di precari licenziati", gli obiettivi per la scuola. E poi il pericolo che accomuna i diversi gradi: "la privatizzazione del sistema dell’apprendimento, che sta diventando un diritto per pochi". È, sostiene Pantaleo, "un arretramento culturale simboleggiato dalla farsa degli sponsor privati, leghisti a Adro, da supermercato nella provincia Andria Trani Barletta".

IL 14 OTTOBRE

L’assenza di risorse nella riforma dell’università ha avuto, ieri, la prova del nove in commissione cultura alla Camera. Nella discussione alcuni emendamenti delle opposizioni sono stati accolti ma "nulla di sostanziale", precisa Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd. L’unico emendamento presentato dalla maggioranza per 1500 concorsi ad associato, "meno di un terzo - sostiene Giovanni Bachelet - del necessario", non ha copertura finanziaria, la commissione bilancio si pronuncerà mercoledì. Riformulato, su indicazione dell’opposizione, l’articolo che avrebbe consentito ai rettori di restare in carica fino a 78 anni, "una vera gerontocrazia", secondo Manuela Ghizzoni.

Il Ddl Gelmini andrà, dunque, alla discussione in Assemblea, immutato nei punti sostanziali del centralismo e del reclutamento dei docenti. La maggioranza (compresa la componente Fli che chiede il ripristino degli scatti di anzianità), chiederà probabilmente alla conferenza dei capigruppo, lunedì, di anticipare la discussione prevista per il 14. Ma, a parte obiezioni di tipo regolamentare, sostiene Manuela Ghizzoni che "è giusto giocare a carte scoperte", sapendo, cioè, "cosa si prevede nella sessione di Bilancio per la riforma universitaria, a cominciare dal maltolto, un miliardo e mezzo di tagli".

08 ottobre 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-10-03

Meno ore di scuola nei tecnici e professionali: Consiglio di Stato boccia la Gelmini

Anche il Consiglio di Stato, dopo il Tar ed il Cnpi, si esprime negativamente sulla riduzione dell'orario settimanale delle lezioni nelle classi intermedie degli istituti tecnici e professionali decisa dal Miur nell'anno di avvio della riforma delle superiori.

I giudici della VI sezione di palazzo Spada hanno respinto l'appello di viale Trastevere contro l'ordinanza n. 3363, attraverso cui il 19 luglio il Tar del Lazio aveva sospeso, a seguito del ricorso presentato dallo Snals-Confsal, i decreti del 15 marzo scorso disponendo la riduzione di due ore nelle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici e nelle seconde e terze dei professionali. Nel formulare il giudizio il Consiglio di Stato ha preso atto del parere, fortemente critico, espresso il 26 agosto dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione e ha ritenuto che l'amministrazione scolastica non possa "esimersi dal rideterminarsi sulla definizione dell'orario complessivo annuale delle lezioni delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici e delle seconde e terze classi degli istituti professionali".

Non è chiaro, a questo punto, ad anno scolastico avviato e con gli organici ormai definiti, se il ministero dia seguito alle indicazioni di palazzo Spada: qualora dovesse farlo, ciò comporterà la rideterminazione delle circa 5mila cattedre soppresse, secondo stime sindacali, come conseguenza del decreto ministeriale di riduzione dell'orario.

30 settembre 2010

 

 

 

2010-09-22

Napolitano difende la scuola pubblica "Bisogna cambiare, più qualità e risorse"

Nella scuola "di cambiamento c'era e c'è bisogno" nella direzione di "più qualità, rapporto più stretto tra istruzione e mondo del lavoro, maggiore spazio alle competenze necessarie nelle società contemporanee". Lo dice il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, parlando al Quirinale in occasione della inaugurazione dell'anno scolastico. Pur nella necessità "categorica" di una riduzione del debito pubblico, è necessario dare più risorse alla scuola e scegliere le priorità. E ancora: bisogna investire sui docenti.

"Sapete che sostengo con convinzione che, nel portare avanti l'impegno comune e categorico per la riduzione del debito pubblico - ha ribadito il capo dello Stato - bisogna riconoscere la priorità della ricerca e dell'istruzione nella ripartizione delle risorse disponibili si deve riformare con giudizio e non solo allo scopo di raggiungere buoni risultati complessivi. Se vogliamo che la scuola funzioni come un efficace motore di uguaglianza e come un fattore di crescita, bisogna che si irrobustisca".

Occorre quindi "riformare con giudizio, sanare squilibri, disparità, disuguaglianze che - ha aggiunto - si presentano anche nell'Istruzione". Inoltre, ha detto Napolitano, servono investimenti per motivare gli insegnanti e occorre "riqualificare coloro che aspirano a un contratto a tempo indeterminato".

Napolitano segnala anche che "per tutti la scuola deve rappresentare un luogo di incontro e di integrazione" e deve sanare le disuguaglianze. Ricorda che all'epoca dell'Unità c'era una forte disparità tra il Nord e il Sud del paese dove si raggiungevano "tassi di analfabetismo che superavano il novanta per cento": oggi, constata il presidente, "non abbiamo condizioni di disparità territoriali così drammatiche ma le differenze non si sono certo annullate".

21 settembre 2010

 

 

 

2010-09-15

Napolitano tra i ragazzi di Giffoni: "Più risorse alla scuola, no a tagli indiscriminati"

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è giunto, accolto da un grande applauso e dallo sventolare di tanti piccoli Tricolore, alla sede del Giffoni Film Festival, la kermesse dedicata al cinema per ragazzi che quest'anno compie 40 anni. Il capo dello Stato ha voluto rispondere all'invito dei giovani, da sempre animatori della manifestazione, e ha inserito questa tappa nella due giorni di visita a Salerno.

"Alla scuola bisogna assicurare più investimenti. Nella scuola bisogna incoraggiare il merito se non si fa questo, se non si investe nella cultura spesso è per miopia, perchè si guarda alle urgenze e non al futuro", ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, rispondendo alle domande dei ragazzi al Giffoni Film Festival. "Bisogna investire di più nella cultura. L'ho detto più volte, non posso prescrivere al governo come e quanto deve investire", ha aggiunto.

"In Italia dobbiamo fare uno sforzo analogo a quello che ha fatto la Germania che ha annunciato notevoli tagli che riguardano anche la spesa sociale, ma allo stesso tempo ha aumentato la spesa pubblica per ricerca e innovazione. È necessario tagliare, ma non si deve fare in modo indifferenziato in tutti i settori", ha detto il presidente della Repubblica. Inoltre, secondo il Capo dello Stato, bisogna intensificare gli sforzi per far rientrare in Italia i nostri cervelli che sono all'estero. "Non è impossibile, abbiamo già esperienze positive, esempi incoraggianti, ma serve una svolta decisiva. L'Italia - ha concluso - ne ha bisogno perchè nei prossimi anni o si affermerà nel campo della ricerca scientifica o avrà problemi seri. Il mondo globalizzato non concede più all'Europa, e al suo interno all'Italia, di mantenere alti livelli di spesa scaricandoli sul resto del mondo".

Poi un richiamo alla politica

"Bisogna costruire qualcosa di simile al clima di grande slancio che c'era nel 1945, dopo la guerra. Si era molto motivati. Occorre un rilancio morale e ideale della politica, che è ricerca delle soluzioni possibili ma richiede preparazione e moralità", ha detto il presidente della Repubblica.

Il presidente di tutti

"È mio dovere essere il presidente di tutti", ha detto ancora Napolitano, al Giffoni Film Festival ai ragazzi che gli hanno chiesto come si conciliano le convinzioni personali e di partito con il ruolo di garante imparziale. "Non c'è nessun trucco" ha risposto Napolitano spiegando che dopo cinquant'anni di "politica schierata" gli è capitato, inaspettatamente, di fare quest'altra cosa, come già nel 1992, il presidente della Camera dei deputati. "Già allora mi era chiaro che dovevo essere imparziale, dovevo far rispettare le stesse regole a tutti, a maggioranza e opposizione. Lo stesso al Quirinale. Il potere del presidente della Repubblica è stato definito 'un potere neutrò già nell'800".

Rispetto alle convinzioni ideali, Napolitano ha detto che "gli ideali rimangono, ma possono essere rivisti. Le esperienze contano, conta vedere come si sono realizzati con la politica. Sposare il programma di un partito politico - ha aggiunto - è un'altra cosa". La politica, ha detto, "è anche gara, competizione, non dovrebbe mai essere contrapposizione totale. Tutti i presidenti della Repubblica hanno avuto un passato politico in cui erano schierati. Ma c'è un tempo in cui gareggiare e un altro tempo in cui essere garanti".

15 settembre 2010

 

 

 

 

2010-09-14

"La scuola è un diritto". Ah sì? "Sì, quindi le taglio i fondi"

di Alessandro Capricciolitutti gli articoli dell'autore

Non ricordo un anno scolastico che non sia stato accompagnato da una serie di polemiche e proteste.

be', oddio, questo vale succede anche per Miss Italia, ma non è che voglia dire granché...

Rispetto tutti coloro che protestano.

bene, e quindi ascolterà attentamente le loro ragioni, suppongo.

Credo che questo non sia comunque il primo anno che accade.

ah, ecco, diciamo che se non è una novità non ce ne frega niente, un po' come il disco per l'estate...

Voglio sottolineare che quest'anno la scuola mette al centro

il simbolo della Lega? Ah, no, magari quello solo a Adro...

gli studenti e non gli interessi corporativi.

cioè, è una specie di autogestione? Si fanno la scuola da soli senza insegnanti? No, perché eravate voi quelli che ce l'avevate col '68, o sbaglio?

È fondamentale il diritto dei ragazzi ad avere una scuola

con i banchi, le lavagne, i cestini della carta?

di qualità indipendentemente dal loro ceto sociale e dalla regione di appartenenza.

...e quindi, coerentemente, tagliamo i fondi. Non fa una piega.

Per quanto riguarda i precari

ah, ecco, parliamone un attimo...

sono stati

mortificati, umiliati e privati perfino di quel poco che avevano?

siglati gli accordi con le Regioni.

per farli restare precari? A questo punto si poteva fare anche senza accordi, avreste risparmiato tempo…

Il governo ha

distrutto la scuola, a occhio e croce...

predisposto questa riforma

eggià, una specie di capolavoro...

ma la sfida deve essere raccolta innanzitutto dagli insegnanti perchè a loro tocca l'onere di

digiunare? Campare d'aria? Vivere senza stipendio?

applicarla

sì, ma tipo dove, a casa loro? No, perché se non lavorano...

e di collaborare per

smettere di rompere l'anima? Trovarsi un altro lavoro? Dedicarsi al bricolage?

rendere la scuola davvero un'istituzione eccellente.

pensa che scemo. Io avevo capito che fosse il governo, investendoci dei fondi, a dover rendere la scuola eccellente. Invece viene fuori che devono pensarci gli insegnanti. Senza soldi, ovviamente. Devo ricordarmi di controllare se tra le materie obbligatorie hanno inserito i giochi di prestigio.

14 settembre 2010

 

 

 

 

2010-09-13

Inizia la scuola senza 22mila prof

di Fabio Luppinotutti gli articoli dell'autore

Tanto certa della svolta "storica" impressa alla scuola il ministro Gelmini oggi eviterà accuratamente di andare a prendere applausi al classico Mamiani o al Parini di Milano. Neppure nei disastrati istituti delle mille periferie abbandonate da questo governo al degrado, anche culturale. No, il ministro con un atto di coraggio alla rovescia andrà, secondo indiscrezioni, lì dove nessuno avrà soprattutto la forza di muoverle critiche: nella scuola del Policlinico Gemelli di Roma. Un gesto toccante, indubbiamente. Avrà accoglienze festanti.

Cercare applausi così è l’ultimo atto di una campagna demagogica servita a nascondere una realtà drammatica. Ieri c’è stata anche la copertura di Berlusconi che di certo non mette piede in una scuola da sessant’anni, in una scuola vera, di quelle scrostate, con i banchi segnati e le finestre chiuse da serrande mai riparate perché non ci sono soldi.

Più inglese, più informatica, più impresa, più internet? Ma lo sa il premier cosa prevede la riforma del suo ministro? Magari un test Invalsi in merito farebbe capire quanta distanza c’è tra la destra benpensante e la scuola in carne e ossa, derelitta da loro negli ultimi due anni, a partire da chi la fa, i professori. Una umiliazione per i genitori che hanno già ricevuto gli appelli dei capi d’istituto (quando ci sono, perché ne mancano sedicimila e si moltiplica dunque la figura del preside reggente, che per governare un’altra scuola riceve solo 700 euro in più, una miseria) a collaborare per la cartaigienica, le fotocopie, i toner, la pulizia delle aule, qualcos’altro?

La cosiddetta riforma delle superiori stronca vite e carriere. Migliaia di professori a cinquant’anni da oggi rinunciano a lavorare, perché nessuno li chiamerà. E non è affatto vero che saranno riassorbiti nei prossimi otto anni. La matematica non è un’opinione: tra quattro anni, quando la riforma andrà a regime in modo integrale anche nei licei, le ore per insegnare saranno molte meno delle attuali, già drammaticamente ridotte. I precari saranno sempre gli stessi, anzi di più.

La "svolta storica" di Gelmini riguarderebbe anche il merito. Ma come si fa ad assecondare i meritevoli quando in una classe ci sono anche 35 alunni e quasi mai meno di trenta... Come si fa a garantire il diritto all’istruzione ai disabili e ai non disabili quando il rapporto disabili prof di sostegno si alza, sempre più ragazzi per un docente, a dispetto di certe statistiche usate da giornali ben orientati a suonare fanfare, spesso senza conoscere sulla materia, al rigore fasullo di viale Trastevere.

L’ultima tirata demagogica riguarda la valutazione degli insegnanti. Magari, lo chiedono i professori stessi da anni, perché è certo, come in ogni dove, che a scuola ci sono i furbi e quelli che non si risparmiano mai, che fanno da docenti e da assistenti sociali, da madri e da padri di figli non loro in una società dove non si investe per superare le disegregazioni familiari. Ma come fa a dirlo un ministro che andò a cercare, con spregio del pericolo, la commissione meno severa per accedere alla professione di avvocato?

13 settembre 2010

 

 

 

 

 

 

 

2010-09-08

Istruzione la linea suicida di Gelmini

" precedente | successivo "

Da anni l’Italia spende poco e male per l’istruzione. Ma con questo governo spende sempre meno e sprofonda al penultimo gradino fra i 33 Paesi dell’Ocse, lontanissima da Scandinavia, Usa, Regno Unito, o Francia, lontana da Austria e Portogallo. Dal 5 % circa di PIL del governo Prodi al 4,7 % indicato dall’Ocse prima dell’ultima sciagurata manovra. Il ministro Gelmini prende lo spunto per gloriarsi dei suoi tagli sulla pelle dei precari sostenendo che il rapporto "spinge ad andare avanti con le riforme". Quali, se per ora l’intero comparto – dalle materne all’Università – viene sottoposto ad una dieta delle più debilitanti? Avremmo capito se avesse mantenuto inalterata la spesa e destinato una quota maggiore ad investimenti in strutture, edifici, laboratori, servizi di supporto, e ad incentivi al merito. No, siamo di fronte ad un governo che sa solo calare la scure su istruzione, cultura e ricerca, cioè sul futuro del Paese. Una linea suicida.

Tanto più che l’Italia detiene già la "maglia nera" dei laureati. Stiamo infatti andando (ma con le discusse lauree brevi) verso il 14 % di giovani e adulti, roba da arrossire rispetto agli altri Paesi europei che stanno al doppio e oltre, Spagna inclusa. Di donne laureate la Finlandia ne vanta più del triplo di noi e il Regno Unito poco di meno. Siamo tuttora il Paese in cui il 25 % degli abitanti in età ha a malapena la V Elementare o neanche quella (in pratica semi-analfabeti) e un altro terzo circa si è fermato alla III Media. Col Nord che non brilla per niente e coi giovani di famiglie "a basso livello di formazione" che, al 90 %, non arriveranno ad una laurea. Paese ingiusto, e ottuso: per l’Ocse infatti, un individuo con un livello alto di istruzione, "genererà nel corso della vita lavorativa una somma supplementare di 119.000 dollari tra imposte sul reddito e contributi sociali" rispetto ad un individuo con una istruzione più bassa. Senza contare l’apporto che potrà dare a tutti in creatività.

Ecco perché indignano i Tg di questi giorni in cui si vedono insegnanti e genitori che si ingegnano a rendere accettabili aule fatiscenti, a trovare altri banchi, a portare pennarelli, quaderni, persino la carta igienica. Sono gli stessi italiani a reddito fisso ai quali questo fisco sommamente ingiusto non fa sconti di sorta, i soli, coi pensionati e coi titolari di partite Iva, a pagare al centesimo tasse e imposte. Senza le quali anche quel misero 4,7 % del Pil non potrebbe essere assegnato all’istruzione pubblica. "Non è mai troppo tardi" fu una bandiera della tanto rimpianta Rai del servizio pubblico quando faceva cultura con l’Approdo e insegnava a leggere e scrivere con l’indimenticabile maestro Manzi. Non è mai troppo tardi. Per cambiare anzitutto.

08 settembre 2010

 

 

 

2010-09-07

Scuola, l'Ocse: l'Italia spende poco. La protesta dei precari non cessa

L'Italia spende poco per la scuola e si ritrova, seconda solo alla Slovacchia, agli ultimi posti per Pil destinato all'istruzione. Secondo l'ultimo rapporto dell'Ocse sull'educazione, pubblicato oggi, il nostro Paese spende il 4,5% del Pil per l'istruzione, la Slovacchia il 4%, contro una media dei Paesi Ocse del 5,7%, dove ai primi posti si piazzano Islanda, Stati Uniti e Danimarca. Ogni scolaro costa in media ogni anno 6622 dollari (non molto lontana dalla media Ocse di 6687 dollari). L'Italia è inoltre ultima in classifica, per la percentuale di spesa pubblica destinata alla scuola, il 9% (rispetto a una media del 13,3), seguita da vicino da Giappone e Repubblica ceca.

Precari in protesta

Mentre in diversi istituti è già suonata la prima campanella del nuovo anno scolastico, continuano a tenere banco le vicende dei precari della scuola. A Roma, nonostante l'avvio delle lezioni sia stato fissato ufficialmente al 13 settembre, sono già tornati in classe parecchi studenti, a cominciare da quelli del Tasso, storico liceo della Capitale. E anche in altre città, a prescindere da quanto stabilito dai calendari scolastici regionali e in virtù dell'autonomia scolastica, c'è già chi si è rimesso lo zaino in spalla. Anche all'Aquila - con le opportune misure di prevenzione di fronte allo sciame sismico in corso a 30 chilometri dal capoluogo - parecchie scuole hanno anticipato il rientro. Entro il 20 settembre, comunque, le scuole riapriranno in tutta Italia. E c'è pure chi, come gli alunni di una terza elementare di Savigliano (Cuneo) trascorrerà il primo giorno di scuola (il 13 settembre), in spiaggia, davanti al mare di Alassio, per sperimentare un progetto che dal prossimo anno punta a rilanciare il turismo ligure nel mese di settembre. Sull'avvio del nuovo anno pesa parecchio la questione "organici".

Ieri mattina, 6 settembre, a Palermo un gruppo di precari ha bloccato gli uffici del provveditorato agli studi dove erano in corso le convocazioni annuali per il personale amministrativo; all'origine dell'iniziativa la notizia che il numero delle convocazioni sarebbe stato inferiore alle previsioni. L'ufficio scolastico di Palermo ha già presentato una richiesta al ministero per l'assegnazione di ulteriori 40 incarichi nella graduatoria provinciale per il personale tecnico-amministrativo. Sul fronte scuola nella città siciliana il clima resta caldo e quella iniziata oggi sarà una settimana di mobilitazioni: domattina è in programma un'assemblea della Cgil nei locali dell'ex provveditorato, dopodomani invece partirà da via Praga, alle 16.30, un corteo organizzato dai Cobas. Il 12 settembre i precari di tutte le province siciliane si daranno appuntamento a Messina per la manifestazione regionale "Invadiamo lo Stretto".

E domani, 8, è previsto, a Roma, un incontro tra i delegati dei precari di ogni parte d'Italia per discutere le proposte da inserire nella piattaforma nazionale, elaborata dal coordinamento della scuola. Animi esasperati anche a Napoli dove un centinaio di precari tra docenti e personale Ata, insieme a genitori e rappresentanti dell'associazione Tutti a Scuola, hanno organizzato oggi un'assemblea pubblica davanti all'ufficio scolastico regionale della Campania. I manifestanti hanno effettuato un sit-in, con blocco stradale, davanti agli uffici per discutere sulle prossime attività di protesta da mettere in campo a livello regionale.

Intanto, si allarga il sostegno alla lotta dei precari. Oggi Sinistra Ecologia Libertà ha annunciato che parteciperà all'assemblea indetta dal Coordinamento precari per mercoledi' 8 settembre davanti a Montecitorio, in concomitanza con la riapertura dell'attività parlamentare dopo la pausa estiva. "25 mila cattedre e 15 mila posti in meno per il personale Ata per l'anno scolastico 2010-11, che si aggiungono ai 57.000 posti persi già l'anno scorso rappresentano - spiega in una nota - la netta volontà di distruggere l'Istituzione Scuola".

E da oggi, 7, a Bologna parte la Festa nazionale della scuola organizzata dal Pd. "Una settimana di incontri aperti e dibattiti per raccontare all'Italia cosa sta accadendo alla scuola pubblica italiana - spiega Francesca Puglisi Responsabile per la Scuola del partito - e la nostra opposizione ai tagli drammatici del Governo".

07 settembre 2010

 

 

Fichi secchi e tagli

di Franco Labellatutti gli articoli dell'autore

Roger Abravanel, ultimo consulente in ordine di tempo del Ministro Gelmini, ha colpito ancora con il recente articolo apparso sul Corriere. Io non conosco il vissuto dell’ing. Abravanel, non so se abbia scritto l’articolo solo con l’ideologia del consulente o anche con l’esperienza del genitore. Una cosa è certa: ha scritto un articolo in cui si mescolano miti poco fondati scientificamente (la scuola del Sud "imbrogliona" e fallimentare), simili a quelli da lui evocati nell'articolo, a proposizioni che si fa fatica a credere siano immaginate da un ex consulente Mc Kinsey.

Abravanel scrive : "Cosa deve preoccupare davvero i genitori italiani alla riapertura dell’anno scolastico? Una sola cosa: la qualità degli insegnanti…..Non la dimensione delle classi. Non le ore di insegnamento.Non quanto si spende nella scuola". Ne deduco che quando lavorava in Mc Kinsey fosse indifferente per lui, il "più giovane ingegnere d’Italia", avere a disposizione un computer o la penna d’oca. Fosse indifferente per lui occuparsi mensilmente di seguire 100 o 10.000 selezioni di personale. Fosse indifferente avere 3 o 300 collaboratori junior. E’ veramente incredibile come ad occuparsi della scuola oggi, ai tempi della Gelmini, siano in massima parte ideologi. E poco importa che una di queste ideologie sia quella "meritocratica".

Chissà , però, se al nuovo consulente del Ministro Gelmini hanno segnalato, ad esempio, che nell’avviare un riordino affrettato ed incompleto delle scuole superiori (ad oggi , a pochi giorni dall’inizio delle lezioni del nuovo anno scolastico, le Indicazioni Nazionali per i Licei non sono ancora in Gazzetta Ufficiale ma poco importa tanto l’apparato normativo non conta, contano i "risultati"…..) non è stata creata nessuna delivery unit per decidere di sradicare, senza eccezione alcuna e senza valutazione alcuna, tutte le sperimentazioni Brocca.

Quelle che prevedevano nel Liceo Classico sperimentazione Piano Nazionale Informatica, ad esempio, più ore di Matematica di quante ce ne saranno nel Liceo Classico gelminiano. Ma questo l'opinione pubblica non lo sa anzi le viene fatto credere il contrario. Come per le ore di Inglese al Linguistico.

Sarà contento, comunque, Abravanel, per come fonda i suoi ragionamenti, di un risultato: l’eliminazione dello studio nelle scuole superiori italiane del Diritto e dell’Economia. Tanto a che serve essere in grado di capire cose come la valutazione delle risorse necessarie per un investimento in capitale umano quando si pensa di fare le nozze meritocratiche con i fichi secchi dei tagli ragionieristici e con le interviste Tv o con le occasioni di "Cortinaincontra" a cui partecipa il Ministro? Come si può concepire una valutazione "meritocratica" se chi la teorizza sembra ignorare che, per una valutazione obiettiva , non si può prescindere da elementi come il contesto sociale di partenza o come il livello di partenza degli studenti tutte cose queste indissolubilmente legate a quegli elementi che Abravanel propone di non considerare? E, oltre a questo, ma l'ideologia meritocratica, nella scuola gelminiana , con cosa premeriebbe i buoni docenti? Con le medaglie da libro "Cuore"? O magari con una lettera autografa del Ministro? Ai tempi dei miei genitori, maestri elementari, così usava. Con la medaglia e la lettera. Poi nemmeno più quelli, perchè si sa, l'istruzione è un costo. Ed allora provate l'ignoranza......

Buon lavoro a chi nella scuola ci opera, in fondo i consulenti vanno e vengono, i docenti, per fortuna o sfortuna, restano. Ahimè....

(Prof. Franco Labella - docente di Discipline giuridiche ed economiche, quelle che non servono nell'era della globalizzazione)

07 settembre 2010

2010-09-03

Anche i vescovi contro Gelmini

Nell'anno scolastico che sta per cominciare "non si guardi ad altri interessi che non siano quelli dei ragazzi", "non si sfrutti il loro nome per richieste e pretese, per quanto comprensibili. Non si faccia carriera sulla loro pelle". Il che vale "per il Ministro, e per ogni adulto che ha una funzione nella scuola". Il duro monito è contenuto in un editoriale del giornale dei vescovi Avvenire, che esce all'indomani della conferenza stampa del ministro Maria Stella Gelmini.

La signora ministro - afferma l'articolo - ha affrontato con gagliarda e dunque controversa volontà riformatrice sia l'Università che la scuola. Una partita personale e politica su cui sta scommettendo molto". Sulla quale il giudizio dei vescovi rimane sospeso. Nonostante gli sforzi, infatti, anche per "interessi corporativi" e i "molti problemi lasciati per strada" "anche quest'anno il panorama dell'avvio" del nuovo anno scolastico appare - a giudizio di Avvenire - "confuso e pieno di ombre".

"Speriamo - auspica l'articolo - che prevalga in tutte le parti la buona volontà di salvaguardare l'essenziale", e di evitare, anche e soprattutto "là dove le condizioni non sono buone" che "si esacerbi il tutto, ma si faccia in modo che i bambini e i ragazzi non patiscano maggiore disagio".

In giro - osserva Avvenire - "ci sono un sacco di furbastri che campano sulla e nella scuola e però dei ragazzi gliene interessa assai meno del giusto". Mentre "trattare male la scuola - avverte il giornale dei vescovi - è "il reato più grave oggi in Italia", oltre che un peccato ignominioso. E chi lo fa meriterebbe di essere portato davanti ad un "plotone di esecuzione" di ragazzi armati di "pistole ad acqua, elastici, schioppi di legno o mitragliette con i suoni elettronici". Un plotone che, a guardare come vanno le cose "sarebbe schierato dalla mattina alla sera".

PRECARI ROMA, STOP A SCIOPERO FAME MA RILANCIAMO

I due precari della scuola in sciopero della fame e in presidio davanti a Montecitorio, Caterina Altamore e Giacomo Russo, smetteranno il digiuno: "La nostra però non è una resa, rilanciamo. Abbiamo bisogno di recuperare le forze per parlare alla gente e organizzare una protesta nazionale". Un presidio, da oggi anche con un camper, nella piazzetta della Camera, rimarrà almeno fino all'8 di settembre quando i precari hanno convocato un'assemblea.

NAPOLI: PRECARI DOPO NOTTE IN TENDA,NON CE NE ANDIAMO

"Non ci muoveremo da qui". Lo assicurano i precari che hanno trascorso la notte in tenda davanti alla sede della direzione scolastica regionale della Campania a Napoli. Sono una quarantina, tra docenti e personale amministrativo, che hanno allestito anche un gazebo e sono muniti di generi di conforto: annunciano la volontà di continuare a dormire davanti alla sede del Provveditorato fin che non ci sarà uno sbocco alla loro situazione. Tra i più colpiti dai tagli, secondo quanto riferiscono alcuni portavoce, gli insegnanti di sostegno con 1200 tagli.

FRIULI: MALORE PER MAESTRA CHE DIGIUNA

La maestra precaria Maria Carmela Salvo, che da tre giorni digiuna e dorme nella sua automobile nella piazza di Maniago (Pordenone), ha avuto stamani un piccolo malore. Non riuscendo a trovare il suo medico di famiglia, è stata costretta a chiedere l'intervento del 118 dell'ospedale di Maniago che, giunti sul posto, dopo averla visitata e trovata in condizioni di grande debolezza, le hanno chiesto di seguirli in ospedale. La maestra, come aveva peraltro annunciato, si è rifiutata di andare in ospedale e ha assicurato che si idraterà "al meglio assumendo - ha detto - grandi quantitativi di zuccheri, come prescritto dal medico l'ha visitata. In ogni caso - ha concluso - da qui non mi muovo".

03 settembre 2010

 

 

2010-09-02

Gelmini non incontra i precari. La finta solidarietà di un minsitro

di Maristella Iervasitutti gli articoli dell'autore

Si vanta di "aver fatto molto per loro". Eppure i precari della scuola sono alla fame da Ferragosto. Lei, il ministro dell'Istruzione, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, continua a ignorare la protesta che da Palermo si è estesa in tutt'Italia. Rivendica senza vergogna l' attivita del governo per risolvere la questione del precariato, a partire dal cosiddetto dl salva precari agli accordi con le regioni e ha detto chiaro: "i precari che noi abbiamo ereditato sono un numero spaventoso". Se si considerano precari anche coloro che "hanno fatto una supplenza sola. Sono 229 mila a fronte dei 700 mila insegnanti già impiegati nella scuola. E 700 mila è un numero sufficiente per far fronte al bisogno di insegnanti del paese". Per il ministro è necessario che la politica del passato faccia autocritica perchè sono stati "distribuiti posti di cui la scuola non aveva bisogno. Nessun governo può assorbire 200 mila precari".

"Adesso non li incontro"

Altro che solidarietà verso i prof in protesta. "Protestano - ha spiegato la Gelmini - senza ancora essere stati esclusi. Una protesta legittima ma non motivata. Non si tratta di persone che sono state licenziate, presumono di non avere un posto di lavoro, ma il ministero non ha ancora completato le operazioni. Vedremo - ha aggiunto - quanti precari risponderanno positivamente agli accordi regionali, se poi preferiscono l'indennità di disoccupazione....". Il ministro ha comunque assicurato che una volta completate le operazioni continuerà a incontrare i precari, a sentire le loro ragioni, "ma non voglio essere coinvolta in una contrapposizione politica che - ha osservato - avrebbe un impatto negativo sull'avvio dell'anno scolastico".

Poi Marystar Gelmini annuncia nuovi provvedimenti per l'anno scolastico che sta per cominciare: "Non si potranno superare i cinquanta giorni di assenza, pena la bocciatura". Questa misura - ha sottolineato il ministro - "servirà anche a bloccare la prassi di certi diplomifici dove si arriva al diploma pur avendo frequentato poco o nulla".

La replica dei precari

Giacomo Russo, a digiuno alimentare dal 16 agosto e qualche giorno fa ricoverato per lo stato di disidratazione, ha detto che "ancora una volta il ministro non parla di scuola, del valore dell'istruzione, della pedagogia. Noi invece intendiamo affrontare argomenti seri. Per questo stiamo preparando una mobilitazione di massa che coinvolgerà tutto il mondo della scuola". La protesta si svolgerà l'8 settembre in piazza di Montecitorio, dove i precari daranno il "benvenuto" ai deputati alla ripresa dei lavori della Camera.

Forti critiche sono giunte anche dall'opposizione (secondo Vincenzo Vita (Pd) il ministro in questo modo fa "filosofia aziendalista, molto cara al suo presidente del Consiglio") e dal fronte sindacale: Domenico Pantaleo, segretario della Flc-Cgil, secondo cui "la ministra deve innanzitutto avere maggiore rispetto per coloro che perdono il lavoro e sono disperati, fino al punto di mettere in gioco la propria vita. Le persone non sono numeri e la dignità di chi soffre deve essere sempre rispettata. Per queste ragioni insisto nel chiederle di ascoltare le loro richieste".

02 settembre 2010

 

 

 

 

Riapre la scuola, 22mila prof in meno

di Maristella Iervasitutti gli articoli dell'autore

"I have a dream" dice all’Unità on line la maestra Linda Ciullara. "Sogno il cedolino.... Sogno di svegliarmi presto e fare le corse per andare scuola. Sogno di sedermi tra i banchi, accanto a quel bambino ‘difficile’ ad ascoltare la spiegazione che dalla cattedra il compagno da dell’argomento che stiamo studiando. Sogno di posare gli occhiali, e i compiti corretti sul comodino e non dovermi svegliarmi e scoprire che sul comodino ci sono solo troppe bollette da pagare".

Zaini in spalla, la scuola sta per cominciare. La campanella per l’inizio delle lezioni suonerà per tutti lunedì 13 settembre, salvo anticipi sull’anno scolastico. Ma l’istruzione pubblica che riapre i battenti è sempre più "ristretta": meno classi e più studenti tra i banchi, meno docenti, meno bidelli, meno igiene e sicurezza degli edifici. E come al solito, meno fondi in cassa e zero cartaigenica nei bagni. Il count-down della protesta questa volta è scattato in anticipo: supplenti precari e personale precario Ata sono alla fame fin da Ferragosto, con sit-in a Montecitorio e sotto il Miur. I "drammi" arrivano ben prima delle convocazioni degli Uffici scolastici provinciali per le nomine.

AVVIO TRA PROTESTE E SCIOPERI Sono oltre 22mila i precari a rischio licenziamento quest’anno, alcuni sono in sciopero della fame perchè sono disperati, non certo per capriccio. Altri hanno già occupato gli Usp. Altri ancora, come Retescuola di Agrigento, lanciano l’idea dell’"Invasione dello Stretto": una catena umana contro la distruzione della scuola pubblica, nei pressi dell’opera simbolo dello spreco delle risorse dello Stato, il Ponte di Messina. Anche il sindacato è in mobilitazione. Ma come al solito solo la Flc-Cgil ha già le idee chiare: assemblee negli istituti fin dal primo giorno di scuola, sciopero a intermittenza nelle prime ore dal 1°ottobre e i sabati della Conoscenza nelle piazze (l’11 e il 18 settembre) per informare le famiglie sullo stato della scuola.

NOMINE CON IL CONTAGOCCE per assunzioni in ruolo. Più della metà di 10mila posti di insegnante per il 2010/2011 vanno ai docenti di sostegno (5.022, pari al 50,2% del totale). 1.681 all’infanzia, 792 alla primaria, 1.740 alla secondaria di primo grado e 729 alla secondaria e 6.050 amministrativi, tecnici ed ausiliari. Assunzioni "contate" e all’insegna dello squilibrio, come si evince dalle tabelle provincia per provincia pubblicate dal Miur. Zero maestre elementari in Campania, Puglia e Sicilia. A fronte dello strapotere della Lombardia in tutti gli ordini scolastici (infanzia, primaria, medie e superiori): 1.547 nuovi posti da professore e 1.207 da impiegato tecnico amministrativo. Una "scelta" dipesa dall’alto numero di posti vacanti e dalla bassa presenza di titolari in sovrannumero. E per le supplenze solo briciole: all’incirca sono 100mila posti in tutt’Italia: 20mila per gli insegnanti senza cattedra e 50mila per gli Ata, oltre ai posti temporanei e fino al 30 giungo.

Marystar (Gelmini) - come la chiama la scuola in protesta - si merita proprio un premio per aver incrementato in Italia la disoccupazione tra il personale docente e non ma anche la disuguaglianza tra gli studenti. Bene ha fatto il Codacons ad assegnare al ministro dell’Istruzione il beffardo rinoscimento: "Giufà 2010".

LE NUOVE SUPERIORI Lo scorso anno la controriforma Gelmini si è abbattuta sulla scuola elementare, eliminando il modello tanto vantato all’estero delle compresenze e imponendo dall’alto l’"inutile" maestro unico prevalente per giustificare i tagli. Ora tocca ai licei e agli istituti tecnici e professionali. Sei gli indirizzi per i licei, con opzioni per gli studenti dell’anno scolastico 2010-2011 e si comincerà con le prime e le seconde classi. Eccoli: Classico, Scientifico (con anche un indirizzo tencologico), Musicale e Coreutico (con 44sezioni in tutto), il liceo delle Scienze umane con la new entry dell’indirizzo economico-sociale, l’Artistico (articolato in 3 indirizzi: arti figurative, architettura/design/ ambiente e quello audiovisio/multimedia/scenografia) e infine il liceo Linguistico, con 3 lingue straniere una materia non linguistica che verrà insegnata in inglese. In partica, meno ora di lezione per la maggiorparte degli iscritti, soprattutto al biennio: 27 ore contro le 30delle medie. Al Classico l’inglese per tutto il quinquennio. Allo scientifico-tecnologico salta il Latino. Ma per la Gelmini è "una riforma epocale". Tecnici: due soli settori (economico e tecnologico) e 11 indirizzi con un orario settimanale di 32 ore di lezione contro le 36 dello scorso anno. Professionali: ridotti da 26 a soli 11 indirizzi. Due macrosettori: servizi e industria e artigianato.

ALUNNI STRANIERI Con una circolare il Miur ha imposto il tetto del 30% degli studenti stranieri con ridotta conoscenza della lingua italiana per classe. Il limite per quest’anno riguarda solo le prime classi. La Flc-Cgil ha impugnato il provvedimento davanti al Tar del Lazio.

30 agosto 2010

 

 

 

2010-07-19

Atenei, il ddl Gelmini in aula al Senato Ricercatori e studenti in protesta

Sono 438 gli emendamenti presentati al ddl Gelmini sull'università che oggi sarà esaminato dall'aula del Senato. Il relatore, Giuseppe Valditara (Pdl), spiega che sono per lo più dell'opposizione ma 80 circa sono stati presentati dalla maggioranza. Tra questi, ci sarà una proposta di modifica per inserire dei test obbligatori di inglese (o altra lingua straniera) per chi vuole diventare ricercatore.

Il ddl, che ha già suscitato molte polemiche nel mondo universitario specie tra i ricercatori che non saranno più a tempo indeterminato, prevede tra le altre cose nuove regole per il reclutamento dei professori, mandati a tempo (massimo 8 anni) per i rettori e un fondo per gli studenti meritevoli e i docenti migliori.

Oggi a Palazzo Madama si svolgerà la discussione generale del provvedimento, poi la prossima settimana - entro mercoledì secondo il relatore Valditara - il ddl Gelmini potrebbe avere già il primo via libera del Senato.

LA GELMINI

"Abbiamo presentato in aula un provvedimento forte - ha detto il ministro - e mi auguro che esca nello stesso modo e anzi

magari rafforzato", prima della pausa estiva.

LE PROTESTE

Ma le mobilitazioni contro il ddl non cessano, dalla 'Sapienza' all'università di Cagliari.

I ricercatori della facoltà di Ingegneria "Enzo Ferrari" dell'università di Modena e Reggio Emilia dal prossimo anno accademico si asterranno dal fare lezione. La lotta contro la riforma universitaria è stata messa nero su bianco in un ordine del giorno approvato dal consiglio della facoltà ed è stato anche letto agli studenti e ai loro famigliari in apertura della sessione di laurea.

In mancanza "di una profonda revisione dell'attuale proposta di ddl" i ricercatori, si legge nell'odg, "assumono la sofferta posizione di rinunciare all'impegno volontario finora profuso, negando la loro disponibilità a sostenere gli attuali carichi di docenza, adeguandosi peraltro a quanto previsto dalla normativa vigente". I professori, "condividendo la fondatezza di queste richieste, unanimemente si associano alla protesta dei ricercatori, sottolineando con forza lo stato di disagio". Le riforme del ddl, proseguono, renderebbero "impossibile offrire in futuro un'offerta didattica all'altezza di quella fornita in questi ultimi anni, in termini sia di qualità sia di quantità, con le inevitabili ricadute negative sulle potenzialità di sviluppo del territorio". E proprio con riferimento a "tutti coloro, del mondo industriale e politico, che sono interessati a fruire di figure professionali di ingegnere di alto profilo e che hanno dimostrato in questi anni di apprezzare l'attività svolta dalla Facoltà sul territorio", l'odg chiede di "unirsi alla nostra protesta, facendo sentire in tutte le sedi anche la loro voce". Il testo è stato letto agli studenti e ai loro familiari in apertura della sessione di lauree.

22 luglio 2010

 

IL DOCUMENTO DEI PRESIDI DELLA SAPIENZA

 

 

Le misure

Le misure principali della contestatissima riforma

- I rettori non potranno rimanere in carica più di otto anni, ovvero due mandati. Oppure per un solo mandato da sei anni.

- Le Università dovranno approvare i loro statuti in regola con le caratteristiche decise dal Ministero e dovranno adottare un codice Etico per garantire la trasparenza nelle assunzioni, evitando incompatibilità, conflitti di interesse legati a parentele.

- Ci sarà in ogni Ateneo un Consiglio di Ammnistrazione che avrà competenze su spesa e assunzioni, anche per le sedi distaccate. Almeno il 40% dei consiglieri del Cda sarà esterno. - Per gli atenei in dissesto finanziario è previsto il Commissariamento.

- Saranno gli studenti a valutare i professori e il loro giudizio sarà determinante per l'attribuzione dei fondi all'Università da parte del Ministero.

- Sarà costituito un Fondo Nazionale per il merito, in modo da erogare borse di studio e gestire con tassi bassissimi i prestiti d'onore.

- Per i ricercatori si prevedono contratti a tempo determinati di 3 anni rinnovabili di altre 3. Al termine dei 6 anni, se il ricercatore sarà ritenuto valido dall'Ateneo, sarà confermato a tempo indeterminato.

22 luglio 2010

Atenei in crisi. La riflessione di un preside

di Roberto Nicolai*tutti gli articoli dell'autore

Non è facile in questo momento parlare di Università. Si deve sfuggire alla tentazione di due opposte retoriche: quella distruttiva, che dipinge un sistema universitario popolato di baroni onnipotenti e di fannulloni strapagati, e quella apologetica, che attribuisce tutti i problemi all’insensibilità del governo di turno nei confronti dell’istruzione e della ricerca. Ovviamente non manca in queste posizioni qualche nucleo di verità, ma sono entrambe distanti dalla realtà in quanto il loro scopo non è descrivere criticamente la situazione, ma creare formule che abbiano efficacia mediatica. Prima di giudicare o di proporre ricette bisognerebbe ricostruire criticamente la storia dell’Università italiana almeno negli ultimi trent’anni. Studi non sono mancati, ma hanno avuto poca accoglienza negli organi di informazione. Proverò a individuare qualche snodo cruciale.

Anzitutto la politica del reclutamento, che ha proceduto alternando lunghi periodi di chiusura (quasi) totale a periodi di apertura (quasi) indiscriminata, come la sequenza di giudizi di idoneità dei primi anni ottanta: in pratica assunzioni ope legis. Ne è derivata una composizione disomogenea del corpo docente, con fasce di età troppo rappresentate e generazioni quasi integralmente messe da parte. In secondo luogo la frenesia legislativa che nell’ultimo decennio ha provocato instabilità negli ordinamenti didattici e disorientamento negli studenti. Il tentativo di classificare il sapere ha prodotto i settori scientifico-disciplinari, un sistema che avrebbe richiesto una preventiva e condivisa descrizione della realtà e delle dinamiche della conoscenza. Ma i nostri legislatori non sono neanche lontanamente paragonabili ad Aristotele o a Leibniz. Ne è nato un elenco ipertrofico, alimentato talvolta da pressioni interessate.

In terzo luogo la tendenza ad aprire nuovi atenei e sedi distaccate, spesso per soddisfare le ambizioni delle amministrazioni locali e per creare nuove cattedre. Come si può vedere, le responsabilità dei legislatori si intrecciano con quelle dei professori universitari. Per completare il quadro bisogna dire che, se per l’Università si è speso male, nel complesso si è speso poco, rispetto a quasi tutti i paesi europei: la spesa per istruzione e ricerca in Italia è di poco inferiore all’1% del PIL, un dato lontanissimo dall’obiettivo europeo del 3%. In questo modo non solo non ci avviciniamo all’altro obiettivo, sottoscritto dall’Italia, di aumentare in misura significativa i laureati entro il 2020, ma con ogni probabilità ci allontaneremo molto da quell’obiettivo e dal resto d’Europa. La combinazione di tagli e pensionamenti rischia infatti di svuotare le Università nei prossimi anni. Se i pensionati dei prossimi cinque anni non saranno sostituiti, perderemo circa un terzo dei docenti. Questo comporterà la chiusura di molti corsi di studio e l’introduzione del numero chiuso in molti altri. L’aspetto più preoccupante è che non si potrà procedere razionalmente, in quanto i tagli non distinguono le discipline importanti da quelle generosamente inventate negli anni passati. Chi sta tagliando non usa le forbici da potatura, ma la ruspa.

Quali potrebbero essere le soluzioni? Anzitutto su un punto c’è accordo: occorre intervenire sul sistema universitario. Il Disegno di legge Gelmini presenta aspetti condivisibili e altri molto opinabili: vedremo se il Parlamento lo migliorerà o, come certi segnali fanno presagire, inserirà emendamenti favorevoli a categorie o a gruppi. L’introduzione di un sistema di reclutamento nazionale (la lista di idonei) tende a correggere le storture dei concorsi locali, che hanno spesso facilitato la progressione di carriera di candidati non meritevoli. Ma le regole, per buone che siano, non sono risolutive: bisogna cambiare la mentalità, sentire l’istituzione come propria e lavorare per migliorarla. Un problema che non riguarda soltanto l’Università.

È poi indispensabile introdurre un serio sistema di valutazione. Se l’Università dell’Italia uscita dalla seconda guerra mondiale era riservata a pochi e comprendeva un numero ristretto di docenti, in genere espressione condivisa della comunità scientifica, l’Università di oggi, con i suoi grandi numeri, esige un sistema di valutazione della didattica e della ricerca. Non soltanto occorre ridurre il fenomeno dei docenti e dei ricercatori inattivi, cioè di quelli che non hanno una produzione scientifica significativa, ma è necessario premiare il merito, anche dal punto di vista economico.

Non si può non ridurre il numero degli atenei e delle sedi distaccate. E, inoltre, occorre razionalizzare i corsi di studio.

Ma riformare e razionalizzare un’Università in sofferenza non devono portare a uccidere il paziente sotto i ferri. Se il taglio del Fondo di Finanziamento Ordinario per il 2011 non sarà annullato o drasticamente ridotto, la grande maggioranza degli atenei non potrà approvare i bilanci. Se non saranno introdotte norme che riconoscano ai ricercatori meritevoli quella funzione docente che molti di loro esercitano da anni il prossimo anno accademico potrebbe non partire. Se non sarà avviato rapidamente il ricambio del corpo docente il sistema andrà in crisi nel giro di pochi anni. Ma il cambiamento più importante, che richiede l’impegno della classe politica, dei mezzi di informazione e di tutti quelli che operano e vivono nell’Università, avrà bisogno di tempo: l’istruzione e la ricerca devono essere sentiti come un valore, come un investimento e non soltanto come una spesa. Mi permetto di concludere con un riferimento alla disciplina che insegno, la letteratura greca. Quando nel IV secolo a.C. Isocrate invocava il ritorno alla patrios politeia (le istituzioni degli antenati) non si riferiva a una legislazione storicamente determinata, ma a un tempo, forse idealizzato, in cui tutti i cittadini si impegnavano per il bene comune. L’Italia non ha una patrios politeia da vagheggiare, la deve iniziare a costruire e il punto di partenza, nell’Europa della conoscenza di cui facciamo parte, non possono che essere le istituzioni educative.

*Roberto Nicolai Preside della Facoltà di Scienze Umanistiche dell’Università di Roma "La Sapienza"

19 luglio 2010

 

 

2010-07-19

Berlusconi da Mr Cepu: "Qui belle laureate, non come la Bindi"

Ironico sulla laurea di Antonio Di Pietro, e ancora una battuta greve su Rosi Bindi: "belle ragazze laureate con il massimo dei voti, che non assomigliano certo a Rosy Bindi...". Il premier Silvio Berlusconi, in visita all'università telematica E-Campus di Novedrate, in provincia di Como, si sarebbe espresso così secondo il racconto di alcuni studenti che hanno partecipato all'incontro. "Quando studiavo io lo sapeva tutto il condominio - avrebbe detto il premier, secondo quanto riferito sempre dagli studenti - quando si è laureato Di Pietro, invece, nessuno ne sapeva niente".

Berlusconi ha poi fatto una battuta greve sull'esponente del Pd, Rosy Bindi, facendo riferimento ad alcune ex allieve dell'università presenti alla cerimonia: "Mi accusano sempre di circondarmi di belle ragazze senza cervello - avrebbe detto il premier, sempre secondo quanto riportato dagli studenti - ecco invece qui delle belle ragazze che si sono laureate con il massimo dei voti e che non assomigliano certo a Rosy Bindi...".

 

Il Pd

"Persino la pazienza ha un limite ma, evidentemente, non il cattivo gusto del Presidente del Consiglio che anche oggi continua a riproporre un repertorio finto-maschilista davvero di infimo livello". Così Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria del Pd, commenta la battuta del premier che, visitando l'e-campus di Novedrate, ha fatto apprezzamenti sulla bellezza delle giovani laureate mettendole a confronto con la democratica Rosy Bindi.

"Rosy Bindi - afferma Migliavacca - non ha certo bisogno di essere difesa da battute che offendono solo chi le fa. Però spiace dover constatare come Berlusconi non perda occasione per lasciarsi andare a giudizi di cattivo gusto anziché impegnare il proprio tempo a occuparsi di problemi urgenti e drammatici che investono il nostro Paese".

Bindi

"Faccio i miei complimenti alle studentesse per il conseguimento della laurea. Su quello che ha detto il Presidente del Consiglio mi limito con tristezza a prendere atto che tra i tanti segnali della fine dell'impero c'è anche questa ormai logora ripetitività delle sue volgarità". Così la presidente del Pd Rosy Bindi replica alla battuta del premier Silvio Berlusconi.

19 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-18

Pdl, via il valore legale della laurea: "Ostacola la concorrenza virtuosa"

Via il valore legale della laurea: mette tutti i laureati sullo stesso piano, mortificando le qualità dei più bravi, ed è di ostacolo ad una 'concorrenza virtuosa' fra atenei, schiacciando verso il basso l'offerta formativa. Ne è convinto il deputato del Pdl Fabio Garagnani, primo firmatario di una proposta di legge che delega il governo a cambiare radicalmente aspetto, e funzioni, al fatidico 'pezzo di carta'.

"Diversamente da quel che accade in altri Paesi -spiega il parlamentare del centrodestra- in Italia la laurea non costituisce un semplice titolo accademico, ma un vero e proprio certificato pubblico, consentendo la partecipazione a concorsi o l'esercizio di determinate professioni". Un retaggio del passato, dal momento che il valore legale della laurea è figlio di un regio decreto del 1933, confermato però dalla riforma universitaria del 2004. Il valore legale della laurea, sottolinea Garagnani, "sancisce un'uguaglianza che però non è sostanziale. Nei concorsi pubblici per i quali è richiesta la laurea, ciascun titolo di studio, qualunque sia l'università che lo ha rilasciato, ha lo stesso, identico valore. Il problema, però, è che le università preparano in maniera diversa, ma la legge afferma che tutti sono preparati in maniera eguale, con una forzata parificazione del titolo rilasciato dai diversi atenei, a prescindere dal contenuto formativo che sta dietro quel titolo".

"Questo -prosegue Garagnani- ha ricadute negative per il futuro di molti giovani che, insieme alle loro famiglie, sono indotti a pensare che in qualunque università investano le proprie risorse, le possibilità di impiego successive alla laurea siano le medesime. Ciò è, artificialmente, valido solo per la pubblica amministrazione, ma è falso per il settore privato che, attraverso i ranking internazionali, conosce bene il differente valore delle università". Insomma, mantenendo in vita il valore legale della laurea, le università italiane, con la parificazione dei titoli di studio, rischiano di diventare mere 'fabbrichè di titoli, in assenza di una reale competizione tra un ateneo e l'altro. Abolire il valore legale della laurea "significherebbe ottimizzare la gestione delle risorse, eliminare sprechi, distorsioni e lauree 'facili', e porterebbe automaticamente ad una concorrenza virtuosa che riguarderebbe ogni aspetto saliente del sistema formativo universitario".

L'obiettivo, dunque, è quello di "un'offerta formativa di qualità e della promozione del merito. Con l'abolizione del valore legale della laurea si potranno accertare con maggior rigore le competenze professionali di ognuno, che prima erano considerate comunque acquisite sulla base del titolo di studio e di poter avere selezioni e concorsi basati sul merito piuttosto che sul 'pezzo di cartà".

18 luglio 2010

 

 

 

 

 

2010-07-17

L'Università protesta contro la Gelmini ma Berlusconi va all'Ateneo di Mr Cepu

di Maristella Iervasitutti gli articoli dell'autore

La e-mail è arrivata in queste ore agli oltre 3mila iscritti all'Ateneo telematico eCampus. Agli studenti ha scritto il rettore Lanfranco Rosati in persona. Lunedì mattina, il premier Silvio Berlusconi, visiterà privatamente il campus di Novedrate, in Brianza alle porte di Como, e "parlerà con studenti e docenti". Un evento - sottolinea Rosati ad ogni studente telematico - "che arriccherà la tua esperienza formativa". Come dire, da non perdere. Tant'è che subito dopo l'e-mail precisa quanto segue: comfermare la presenza via posta elettronica o telefonincamente e contiene persino un tassativo consiglio su come vestirsi per incontrare il premier: "Siete invitati ad indossare l'abbigliamento informale".

Roba da non crederci. Proprio mentre tutti gli Atenei d'Italia - dalla Sapienza di Roma all'Università di Cagliari - sono in mobilitazione contro il ddl Gelmini e i tagli previsti all'istruzione dalla Finanziaria di Tremonti che mette letteralemnte in ginocchio le università e la ricerca, il Cavaliere sceglie di far "visita" all'Ateneo di Mr.Cepu, Francesco Polidori.

L'idea di entrare in un "caldo" Ateneo in fermento, com'è per l'appunto La Sapienza, neppure ha sfiorato Berlusconi. Forse il nostro Presidente del Consiglio neppure si è accorto dell'eclatante protesta in atto: interrogazioni a lume di candela e blocco degli esami. E non finisce qui. Berlusconi entra nel campus di Novedrate proprio nella settimana "calda" per l'università italiana. La contestatissima riforma del sistema accademico, voluta dal minsitro unico dell'Istruzione Mariastella Gelmini, dovrebbe approdare in Senato.

La Gelmini tace, come al solito. Parla invece il blog del mensile Campus (che con l'università del fondatore di Cepu ha solo in comune il nome differenziato da una semplice vocale). Con un articolo in evidenza sul sito, il direttore Giampaolo Cerri "sconsiglia" al premier la visita all'università telematica. "Presidente, chi glielo fa fare di andare a Novedrate?". E non ha tutti i torti. Ma forse è utile fare un po' di storia.

L'Ateneo eCampus è stato autorizzato con decreto nel 2006 dall'allora ministro Letizia Moratti. E' l'unica università telematica autorizzata con il parere contrario del Consiglio universitario nazionale (Cun) e dal Comitato nazionale per la valutazione (Cnvu). Non solo. L'ultima severa mozione risale a poche settimane fa. Il Cun ha segnalato alla Gelmini molte incongruenze sul funzionamento delle università telematiche in Italia. Gli esperti del Cnvu sono attesi entro l'anno a Novedrate proprio per verificare la rispondezza dell'offerta didattica con gli standard di legge. Ma il ministro tace, preferisce ripetere la solita litania sul merito e dare addosso ai prof: "Vadano in pensione prima". piuttosto che prendere provvedimenti.

Il mensile diretto da Cerri, in una lunga e articolata inchiesta ha dimostrato che questo ateneo telematico è parte integrante del gruppo Cepu. E nel suo editoriale - in cui invita Berlusconi a sospendere la visita - si sottolinea che "l'intricatissimo sistema societario di eCampus è oggi riconducibile a una fiduciaria lussemburghese, Jmd International Sa, di cui non è chiara la proprietà. In più nelle agenzie Cepu - scrive Cerri -, dove si propone l'iscrizione ai corsi di laurea ecampus, che rilasciano

titoli con valore legale, si offrono anche lauree della libera università di Herisau, più volte inserita nella lista nera dei

titoli falsi dal ministero dell'Università". Possibile che la Gelmini non sappia niente di tutto questo?

 

 

 

Gelmini, test Invalsi ubber alles

Da settembre test all'inizio e alla fine dell'anno per accertare la preparazione degli studenti. Il piano nazionale per la qualità e il merito (così lo ha chiamato il ministero dell'Istruzione) è stato presentato stamani dalla titolare del Dicastero Mariastella Gelmini, assieme a Roger Abravanel, autore di un prestigioso saggio sulla meritocrazia.

Dall'anno scolastico 2010-2011 il piano coinvolgerà mille scuole medie e dall'anno successivo (2011-2012) anche la scuola superiore. Entro il 2013 il 50% delle scuole medie sarà interessato dai test e dal 2013 in poi il piano sarà esteso gradualmente a tutte le scuole medie italiane. I test sono in sostanza un'estensione di quelli già introdotti nella scuola media dall'Invalsi. Ma se quest'anno hanno coinvolto 17.600 studenti verificando le competenze solo per quanto riguarda la matematica, dall'anno prossimo i ragazzi interessati saranno 50 mila e verranno esaminati anche sull'italiano.

"La valutazione - ha spiegato il ministro Gelmini - non va intesa come qualcosa di sanzionatorio, di punitivo nei confronti degli insegnanti o degli studenti, ma come un contributo per migliorare la qualità del nostro sistema scolastico. Il progetto serve anche a far decollare la meritocrazia". "La scuola del futuro - ha osservato Abravanel - è insegnare come pensare e non cosa pensare. E i test che si vogliono proporre non sono quiz ma insegnano a usare la testa".

15 luglio 2010

 

 

 

Scuola, precari: sit-in contro i tagli

I lavoratori precari della scuola si sono riuniti stamani davanti alla Camera dei Deputati, in piazza Mantecitorio, per protestare contro i tagli previsti dalla manovra economica e per lottare a favore della salvaguardia dell'istruzione e del lavoro. "Negli ultimi anni - ha spigato Massimo Gargiulo, insegnante di latino e greco del Coordinamento precari scuola - il Governo sta distruggendo progressivamente la scuola pubblica, a partire dalla legge 133/08 che le ha sottratto otto miliardi di euro, fino all'attuale finanziaria. Noi siamo qui, insieme alle sigle sindacali che hanno aderito, ma anche con studenti, genitori e colleghi di ruolo, non solo per difendere il posto di lavoro, per quanto sacrosanto, ma soprattutto per difendere un'istituzione".

I precari hanno chiesto, in particolare: il ritiro della legge 133 e dei tagli 2010, "soprattutto quelli che, attraverso la riduzione dei finanziamenti alle Regioni, riducono ulteriormente i finanziamenti all'istruzione a livello locale"; l'assunzione dei lavoratori precari; la riapertura delle graduatorie ex permanenti; il ritiro della legge 169, dei finanziamenti alla scuola privata, del decreto Brunetta di attuazione della legge 15 del 4 marzo 2009 e di ogni proposta di cancellazione e sostituzione della contrattazione sindacale con provvedimenti legislativi; il ritiro dei pdl 953 Aprea e 3357 Goisis e di ogni proposta di istituzione di albi regionali e di reclutamento attraverso concorsi di reti di scuole, "un metodo - hanno spiegato i lavoratori della scuola - che è destinato alla deriva della raccomandazione e del clientelarismo".

Al suono di musica, nel torrido caldo estivo, i manifestanti hanno preso parola denunciando "il progressivo impoverimento della scuola" e sventolando le bandiere del coordinamento e dei sindacati Usb, Cobas, Flc Cgil, Gilda, dell'associazione Autalia e cartelli con su scritto: "Precariato = umiliazione e negazione della cultura", "-25.600 docenti, -15.000 ata = -40.600 operatori scuola". Hanno gridato: "Vergogna", "Dimissioni". "È una mannaia - ha commentato Salvatore Dalù del personale Ata - in provincia di Caltanissetta, dove io lavoro, in due anni sono stati tagliati 900 posti di lavoro e a settembre di quest'anno diventerà disoccupato anche chi è stato precario per quindici anni. E mentre la scuola pubblica muore, il Governo continua a finanziare i diplomifici privati".

15 luglio 2010

 

 

 

Scuola, scure sui disabili

"Dopo aver rinunciato alle preannunciate disposizioni che avrebbero colpito le persone con disabilità, ora la Commissione Bilancio del Senato rivolge la sua attenzione ai bambini, in una logica di apparente risparmio". È quanto affermano Fand e Fish, le due Federazioni di tutela dell’handicap, che dopo la manifestazione del 7 luglio, non hanno abbassato la guardia su tutto quanto riguardi le persone con disabilità, in particolare i bambini.

Le federazioni esprimono, quindi, il "loro rifiuto all’emendamento che, se approvato definitivamente, non potrà che creare disagio ai bambini e alle loro famiglie e rendere ancora più devastato un sistema scolastico già messo a dura prova da tagli e misure restrittive. Senza nessun risparmio effettivo. Quell’emendamento va ritirato, abrogato, soppresso nell’interesse di tutti. Compreso del Ministero dell’economia". La Commissione ha infatti approvato un emendamento (senatori Esposito e Latronico, Pdl) che prevede l’aumento nel numero massimo di bambini nelle classi frequentate da alunni con disabilità. Il limite massimo è fino ad oggi di 20 alunni. "La prospettiva reale è quella di classi sempre più sovraffollate che mettono a rischio la qualità stessa dell’istruzione e dell’inclusione scolastica. Un atto, quindi, gravissimo che colpisce, ancora una volta, i più deboli".

"Siamo seriamente preoccupati. Il Partito democratico, convinto della gravità dell'emendamento, continuerà a dare battaglia in Parlamento"<WC>,dice<WC1> Anna Serafini, presidente Forum Infanzia e adolescenza del Pd. Serafini, informa un comunicato, ha incontrato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, al quale ha espresso le sue preoccupazioni per le conseguenze dell’emendamento e per il ritardo del Piano di azione per l’infanzia e l’adolescenza.

14 luglio 2010

 

 

 

 

La Sapienza "ilumina i saperi". Esami al buio per protestal

di ma.ier.tutti gli articoli dell'autore

Chiusura delle facoltà, spacchettamento degli atenei, entrata dei privati nei Cda , delega in bianco sul diritto allo studio, precarizzazione della ricerca: l’università italiana è una bomba pronta a scoppiare! Per protesta contro i tagli e l'approvazione del ddl Gelmini, alla facolta di Lettere e Filosofia della Sapienza è mobilitazione per tutto il mese di luglio. Esami nei viali e da stasera alle 21e fino all'alba, anche in notturna, a lume di candela.

"ILLUMINA I SAPERI"

La contestazione, annunciata nelle scorse settimane, entra nel vivo: alcuni accademici hanno spostato i loro esami nell'insolito orario notturno. Si inizia alle 21 e si andrà avanti fino alle 5 di mercoledì mattina. In prima fila, tra i docenti più agguerriti contro i provvedimenti del governo, vi sono i ricercatori: molti di loro, almeno 5mila in tutta Italia su un totale di 30mila, hanno già annunciato di non voler accettare più supplenze in vista del prossimo anno scolastico. E poiché in diverse facoltà accademiche un buona fetta di corsi, a volte anche fondamentali, sono tenuti proprio dai ricercatori, il nuovo anno accademico potrebbe riprendere con non poche difficoltà.

Proprio in corrispondenza dell'avvio delle lezioni del prossimo anno dovrebbe essere votato in Parlamento, come confermato nei giorni scorsi dal ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, Mariastella Gelmini, il testo definitivo della riforma. Un testo che prevede, oltre una riduzione dei fondi statali, assegnati peraltro in base al grado di efficienza di ogni singolo ateneo e non più a 'pioggia', un turn-over non più automatico dei docenti che lasciano. Tra le più rilevanti spiccano quelle sulla valutazione di docenti, che se passerà questo ddl ogni tre anni saranno d'ora in poi chiamati a presentare una relazione sull'attività svolta: qualora la relazioni non soddisfi i componenti dell'organo di amministrazione scatterà il blocco degli scatti di stipendio. E con i soldi risparmiati si incentiveranno i prof più meritevoli.

Novità anche per i rettori, confermabili al massimo per otto anni. Se il ddl Gelmini verrà approvato come è giunto in Parlamento i ricercatori potranno lavorare nell'università al massimo attraverso due contratti triennali, al termine dei quali verranno valutati. In caso di giudizio positivo accederanno all'abilitazione nazionale e al passaggio nel ruolo di insegnanti accademici. Per chi non supererà la prova, invece, permangono i dubbi di permanenza nel settore universitario.

Esami per 280 studenti

i prof interrogheranno dalle 21 in poi. Orario decisamente insolito, ma voluto per simboleggiare il fatto che "una università- spiegano i professori in un comunicato diramato in questi giorni - indebolita nel finanziamento e negli investimenti da parte della stato è destinata a vivere periodi bui e a finire in strada". Già ieri le interrogazioni si sono tenute fra i vialetti attorno alla struttura di Lettere. Stasera esami by night. ma. Il preside di Lettere, Franco Piperno, anche lui docente e anche lui impegnato in esami stasera: "Non ci saranno disagi per gli studenti". Chi non poteva partecipare alla sessione notturna, infatti, ha potuto optare per quelle diurne. Il rettore dell'Ateneo, Luigi Frati, stigmatizza l'iniziativa: "Puro folklore".

13 luglio 2010

 

 

 

 

Riforma delle Superiori

di Franco Labella tutti gli articoli dell'autore

Spicchi d'aglio: la politica scolastica e il ministro Gelmini.

Perchè l'aglio? Insaporisce i cibi, ha anche proprietà curative ma può risultare leggermente indigesto: proprio come la controriforma del duo-Tremonti-Gelmini. Il professor Franco Labella è un insegnante di Diritto ed Economia in un liceo linguistico di Napoli. Contro riordino gelminiano e l'eliminazione del Diritto dalle scuole superiori italiane, il prof un anno fa, un appello in rete a cui hanno aderito oltre 2.000 persone e che è stato firmato, tra gli altri, da docenti universitari come i professori Stefano Ceccanti, Alessandro Pace e Stefano Rodotà, artisti dal forte impegno civile come Moni Ovadia ed esponenti della società civile impegnati nella difesa della legalità e nella lotta alla criminalità organizzata come Rita Borsellino, Don Tonino Palmese e Giovanni Impastato. Inoltre, nel marzo del 2009 Labella ha fondato il Coordinamento nazionale dei docenti di Diritto e Economia, che raccoglie oltre 150 docenti di 17 regioni e di cui è attualmente è il Coordinatore nazionale. Gli Spicchi, però, sono opera del solo prof. Labella e non coinvolgono il Coordinamento nazionale. (Spicchi selezionati da Maristella Iervasi)

SPICCHI FRESCHI

IL FEDERALISMO

E' il tema della primo convegno organizzato a Siracusa da Liberamente, la fondazione di cui è magna pars il ministro Gelmini. Il tema è interessante, se ne discute nel Paese. Da settembre, però, non se ne discuterà più nelle scuole superiori italiane vista l’abolizione dello studio del Diritto ed il mancato decollo di Cittadinanza e Costituzione. Non se ne discuterà più né Liberamente né Pedissequamente. A meno che il T.A.R.lo non roda in profondità il prossimo 19 luglio. Ps: questo Spicchio sembra criptico…..ma se leggete gli Spicchi precedenti sarà tutto più chiaro.

IL RISOTTO

In questi mesi gli Spicchi di aglio sono serviti a raccontare la scuola (non solo superiore) strizzata e centrifugata. Per qualche settimana serviranno per uno scopo altrettanto nobile: preparare il risotto alla marinara. Con un pizzico di peperoncino lucano. Quello non mancherà mai……. nemmeno a settembre quando ricomincerà la scuola. E gli Spicchi ritorneranno alla loro funzione originaria: raccontare la scuola italiana ai tempi della Gelmini. Se sarà ancora ministro della (d)’Istruzione. Au revoir…..

I "PASSATI" SPICCHI

LA MEMORIA CORTA

Il Ministro Gelmini, con un intervento televisivo, ha diramato il contrordine.

La norma che da quest’anno prevede che si possa essere ammessi all’Esame di Stato solo se si ha una valutazione di sufficienza in ciascuna disciplina è, per valutazione del Ministro, " una delle norme pensate per restituire rigore e maggiore serietà alla scuola e alla maturità".

Però poi la Gelmini aggiunge: "Con un solo cinque non si boccia nessuno".

La logica giuridica non è ferrea ma sorvoliamo.

Piuttosto due memento per il Ministro: che la norma pensata per restituire rigore e maggior e serietà la si deve al Ministro Fioroni.

E che la sua collega di partito Moratti quando era Ministro dell’Istruzione aveva introdotto una commissione di esami di Stato costituita da soli docenti interni.

Quando si dice serietà e rigore…

LA COSTITUZIONE SCOMODA

Ogni giorno che passa e’ sempre più chiaro perché è stato eliminato lo studio del Diritto nelle scuole superiori e perché non esiste la disciplina "Cittadinanza e Costituzione".

"Con questa Costituzione è impossibile governare".

"La Costituzione italiana, di prima generazione, è vecchia".

Concorso a premi: chi ha pronunciato le frasi citate?

Sulla seconda frase un chiarimento: non si parlava di centrali nucleari ma proprio di Costituzione.

Che serva anche per la Carta costituzionale la fusione fredda?

RAGIONIERI

Il ministro Gelmini ha espresso il suo plauso per la manovra finanziaria: "Non è stata tagliata la scuola", ha detto. E già, perché gli otto miliardi di euro (pari ad un terzo dell’attuale manovra) di maestro unico, riduzione dell’orario alle medie e lavaggio in acqua calda delle superiori mica sono tagli. Sono limature. Tremonti docet.

Il SEGNO DEI TEMPI (CUPI)

La preside di una scuola romana ha sanzionato il coro dei suoi studenti per aver osato intonare, alla fine di una manifestazione ed alla presenza di alti dirigenti del MIUR, fra i quali il Capo della Segreteria tecnica del ministro Gelmini, Bella Ciao. Lo Spicchio potrebbe finire qui. Siccome però l’unico antidoto ai tempi cupi è la somministrazione di una sana razione di Costituzione, serviamo la preside. "E’ vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista" (XII Disposizione Transitoria e Finale della Costituzione). "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione0187". (Art. 21 della Costituzione, primo comma). Ed anche con i cori, eventualmente…..

IL MANTRA

"Meno scuola più qualità". Lo ripetono in maniera ossessiva, in ogni occasione, il mMinistro Gelmini e i suoi consiglieri politici arrivando persino a scrivere che "la recente riforma delle scuole superiori è condivisa e apprezzata". Da Bolzano alla Sicilia, forse, la pensano diversamente e non hanno nemmeno potuto e voluto adottare i libri per le prime classi centrifugate e strizzate. Il mantra è "un suono ripetuto che serve a svuotare la mente dai pensieri". Appunto.

COERENZA

A Quarto Oggiaro, a Milano, allo Zen di Palermo come a Scampia o Ponticelli, a Napoli, o a S. Salvario , a Torino, come a Nuova Ostia, a Roma, non hanno la stessa convinzione del ministro e cioè che meno tempo scuola faccia bene. Si aspetterebbero, però, almeno il seguito dello slogan. Se si dice che "meno scuola più qualità" poi il seguito dovrebbe essere anche che "meno scuola meno ministro dell’Istruzione". Invece la Gelmini ha deciso perfino di volersi riprendere il potere, ora affidato alle Regioni, di stabilire la data di inizio delle lezioni. Per lei si potrebbe ripristinare il 1 ottobre. Siamo ringiovaniti di colpo.

SCHERZA CON I FANTI...

Don Luigi Merola, giovane prete anticamorra napoletano, qualche giorno fa si è dimesso, polemicamente ed in anticipo rispetto alla scadenza, da consulente del ministro Gelmini in materia di Educazione alla legalità e Cittadinanza e Costituzione. Lo ha fatto dichiarando che con l’attuale ministro l’educazione alla legalità è sotto valutata e chi la propugna viene ,come nel suo caso, declassato e solo tollerato. Per essere precisi Don Merola ha dichiarato, a proposito del MIUR retto dalla Gelmini: "La legalità bisognava promuoverla prima dentro quel palazzo . E quando in una scuola mi hanno detto che la storia dei giudici Falcone e Borsellino non era argomento per una lezione ho capito a che punto di degrado morale è sceso il nostro Paese". Se anche Don Merola si interroga, forse pure il ministro dovrebbe porsi qualche domanda e non continuare a recitare il mantra. Ed il cerchio si chiude.

ATLANTIDE

Qualche giorno fa si è svolto a Bari un Seminario di studio su "Cittadinanza e Costituzione". Era la nuova disciplina con valutazione autonoma annunciata dal ministro Gelminicon grande enfasi nell’agosto 2008. Poco meno di un anno dopo, il ministro chiariva che mai e poi mai "Cittadinanza e Costituzione" sarebbe diventata una disciplina autonoma con valutazione autonoma. Meglio resuscitare la mai rimpianta "Educazione civica". I docenti di Storia, che dovrebbero insegnarla inserendola nella loro programmazione, non ne sono entusiasti ed in molti l’hanno scritto nel Forum di Ansas-Indire (chiuso in scrittura ma ancora leggibile) dedicato alla discussione finta sulle Indicazioni nazionali . Ora il Seminario di Bari a cui era presente anche il dott. Giovanni Biondi che presiede il Gruppo di studio ministeriale sulla disciplina che non c’è. In fondo ci sono autorevoli archeologi che ricercano ancora oggi Atlantide. Perché negare la possibilità, allora, di un Seminario di studi sulla "disciplina scomparsa"?

TEMPO PIENO

In tutta Italia si segnala la diminuzione delle classi a tempo pieno. Il ministro Gelmini, nonostante i riscontri pubblicati dai giornali con le cifre alla mano, sostiene il contrario. "Il tempo pieno è aumentato" . Non specifica, però, che sta parlando del tempo che ci mettono i dirigenti scolastici a far capire a Roma che le famiglie protestano.

IL LUKE-BOX

Qualche Spicchio fa ci siamo occupati del flipper. Oggi , invece, del juke box. Una scuola napoletana non ha i soldi per far andare a Milano gli alunni a ritirare un premio prestigioso. Per il "Maggio dei monumenti" partenopeo si sono inventati, allora, come forma giocosa di finanziamento, una sorta di "Guida per i turisti" con la richiesta di un contributo economico. Una monetina in una cassettina in cambio della descrizione dei monumenti del centro storico. Il juke box suona l’arte. Temo che il ministro Gelmini possa chiamare il collega Tremonti. Per un finanziamento straordinario alla scuola? No, perché magari allerti la Guardia di Finanza. La caccia agli evasori è una cosa seria….

L'UNITA'

Di nuovo? I lettori degli Spicchi si tranquillizzino perchè stavolta è il titolo giusto. Dopo la provincia autonoma di Bolzano anche l’Assemblea Regionale Siciliana ha chiesto, con una mozione bipartisan approvata nei giorni scorsi, il rinvio di un anno del riordino delle superiori. L’Italia, da Nord a Sud, stavolta è unita. Il ministro Gelmini accoglierà anche questa richiesta come ha fatto già con Bolzano? Ci potete scommettere, la risposta sarà: "La riforma è epocale, non si può perder tempo". A Bolzano il partito del ministro ha appena perso le elezioni per il sindaco. In Sicilia, poi, i Pdl sono addirittura due. Meglio non rischiare.

MINCULPOP

Il direttore dell’ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna, con una nota riservata ai dirigenti scolastici, ha fatto sapere che è contrario alle regole, per il personale delle scuola, far conoscere il loro disagio e la loro contrarietà ai tagli ed alla perdita del posto di lavoro, attraverso interviste, prese di posizioni pubbliche e l’invio di appelli. Perché , scrive il dott. Limina, "getta discredito sull’Amministrazione". A parte che il discredito, forse, uno lo getta per misure che sono uniche in tutta Europa (perfino la Grecia con i suoi guai ha rinunciato a tagli sull’istruzione) , ma bisogna ricordare al dott. Limina l’art. 21 della Costituzione?

FUORI L'ECONOMIA (POLITICA) E LA POLITICA (ECONOMICA) DALLE SCUOLE

Il ministro Gelmini ha espresso il suo appoggio al direttore dell’USR dell’Emilia Romagna di cui allo Spicchio precedente con una dichiarazione all’Agenzia Asca : "Fuori la politica dalla scuola". La frase testuale del ministro è questa:" Chi desidera fare politica si candidi alle elezioni e non strumentalizzi le istituzioni''. La dichiarazione è vecchia perché il ministro l’aveva già fatta tempo fa. Quello che è nuova è la spiegazione del perché è stato eliminato lo studio dell’Economia dalle superiori oggetto del riordino gelminiano. Non ci avevamo pensato ma la denominazione completa della disciplina è : Economia politica. Fuori dalle scuole la politica. Ahimè anche quella economica. E chi glie lo spiega ora a Keynes? Si rivolterà nella tomba.

La scuola privata e i "comunisti"

Con una serie di articoli apparsi sul "Il sussidiario.net" a firma di Oscar Giannino, Vincenzo Silvano e Ugo Bertone, i liberali favorevoli al finanziamento, vietato dall’art. 33 c. 3 della Costituzione, alle scuole private protestano per l’inserimento, fra i nuovi indicatori del redditometro, del pagamento delle rette delle scuole paritarie. I ragionamenti sono i più vari: si va dalla reprimenda di Giannino a Tremonti, reo di considerare il pagamento della retta un indicatore di reddito e non, scrive il giornalista economico, come un investimento alla critica di Bertone al voler considerare, come possibile evasore, chi paga le cospicue rette delle scuole private e pubbliche non statali. Domanda semplice: ma pagare le tasse è roba da "comunisti"? E se l’istruzione è un investimento e non un costo (e su questo siamo d’accordo) dove erano questi liberali quando Tremonti e Gelmini tagliavano e tagliano i fondi per l’istruzione delle scuole pubbliche statali?

La scuola col bollino

Ovvero le nozze con i fichi secchi. Il ministero pensa di istituire, partendo da una esperienza del Piemonte, il bollino di qualità per le scuole. Tra gli indicatori valutati - nel sottosettore Pari opportunità - : " Borse di studio e sussidi erogati dalle scuole per garantire il diritto allo studio, apparecchiature idonee, apertura della scuola nel pomeriggio". Nel sottosettore gestione dei servizi ausiliari: "Condizioni igieniche e di sicurezza dei locali" e nel sottosettore "servizi generali" efficienza della segreteria. C’è, nel sottosettore Etica, persino: "Diffusione dei valori della legalità, equità e trasparenza". Tutti questi indicatori nella scuola gelminiana che elimina lo studio del Diritto e dell’Economia, non garantisce i soldi per i supplenti e taglierà decine di migliaia di posti del personale ATA fra cui gli addetti alle segreterie sempre più oberate di impegni; per non parlare della sicurezza di edifici di cui il ministro Gelmini, dopo la tragedia di Rivoli, aveva promesso il censimento e la messa in sicurezza in tempi rapidi. Ma consoliamoci: nel concedere il bollino verrà tenuta presente anche la capacità della scuola di reperire finanziamenti all’esterno. E’ il mercato, bellezza. I corsi flash.

La Gelmini legge "Spicchi d’aglio"?

Dopo il riferimento nello Spicchio precedente ai corsi di inglese delle maestre uniche, il ministro ha fatto sapere che saranno potenziate le iniziative di formazione, nelle lingue straniere, dei docenti della scuola elementare. I giornali hanno parlato di corsi flash ed il Ministro Gelmini ha dichiarato l’intenzione di attivare opportune misure di sostegno: affiancamento in avvio con docenti tutor; esonero dal servizio per la frequenza dei corsi; assegnazione di borse di studio per corsi di lingua all’estero. Sarà il caso di far sapere al ministro che in informatica le memorie flash sono quelle che non presentano alcuna parte mobile e quindi sono piuttosto resistenti alle sollecitazioni e agli urti. Le nostre maestre, invece, di sollecitazioni ed urti - dalla Moratti alla Gelmini - negli ultimi anni ne hanno dovuto sopportare parecchi. Ma si consolassero: il ministro le manda all’estero. A spese delle maestre, of course.

Questione meridionale

Da un incontro al ministero con i sindacati della scuola si è appreso che la Campania per l'anno 2010/11 perderà 3.686 docenti, la Sicilia 3.325, mentre sull'organico di diritto, in percentuale rispetto all'anno precedente, la Calabria avrà un -5,32% e la Sardegna -5,18%. Ora si capisce meglio la proposta della Lega di chiudere le "frontiere" del nord attraverso provvedimenti, come le graduatorie regionali, che impediscano ai nuovi disoccupati di andare, come abbiamo visto in "Presa diretta", con la "valigia di cartone" verso i luoghi in cui saranno orientate le risorse. In fondo vincere le Regionali a qualcosa doveva servire e Cristo, come si sa, si è fermato ad Eboli. Ed è meglio che ci resti.

I Forum a scadenza

Le Indicazioni nazionali (i programmi) per le nuove classi delle superiori riordinate dal 1 settembre di quest’anno non sono ancora pronte. Ci si riprova a far finta di far discutere i docenti sulle Indicazioni nazionali , i programmi delle scuole riordinate dalla Gelmini. Bruschi, il consigliere politico del Ministro, ha riaperto un altro Forum nel sito di Ansas-Indire per far "discutere" i docenti sulle cose da far studiare ai "fortunati" allievi a cui si tagliano ore e materie.. Anche stavolta si discute solo sulle ipotesi e non sulle certezze ed in più c’è una scadenza temporale precisa perché bisogna fare in fretta. C’è pure un monito preventivo a non scrivere, nel Forum, pena la censura (la chiamano "moderazione") opinioni negative sul riordino.

I farmaci scaduti non curano e fanno pure male

I programmi fatti in fretta hanno il pregio di far danni anch’essi e senza rimedio.

La Resistenza sottintesa

Bruschi, consigliere politico della Gelmini, ne ha detta un’altra delle sue. Dopo l’educazione alla legalità senza le leggi, la storia d’Italia senza la Resistenza. I nuovi programmi di Storia, in via di frettolosa elaborazione, non la citano fra gli argomenti da studiare. Tanto è sottintesa, ha affermato Bruschi, come le tabelline per la matematica. Viene il dubbio che oltre ad ignorare la Resistenza stia per proporre di far studiare la Matematica senza le tabelline. Tanto son sottintese.

Il Governo del fare (in fretta)

I nuovi governi regionali dovranno occuparsi del dimensionamento scolastico e dovranno adottare le relative delibere che tengano conto dei Regolamenti del riordino quando finalmente andranno in Gazzetta Ufficiale. Un alto dirigente ministeriale pare abbia detto che la pubblicazione in Gazzetta è solo una formalità. E se il Governo del fare abolisse la Gazzetta Ufficiale facendone un gran falò come ha fatto già il Ministro Calderoli? In fondo già si è riusciti a non far studiare più, da settembre del 2010, l’iter legis agli studenti delle superiori. A che serve a questo punto la vacatio legis? Tanto agli studenti già si è detti che studiare meno frutta di più…. Se si perde meno tempo nel pubblicare le norme frutta di più.

Pane e acqua

Stavolta il Ministro Gelmini non c’entra perché la decisione di dare solo pane e acqua ai ragazzini della scuola i cui genitori non pagavano il contributo mensa l’han presa in Comune, a Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza. In compenso il Ministro ha taciuto. Eppure dopo la maestra con la penna rossa ed il grembiulino ci sarebbe stato così bene il ritorno al passato, quello del pane e acqua. E’ perciò che la Gelmini non ha commentato. Alla saggezza popolare del "pane e acqua" ci manca solo il detto meridionale che "mazzate e panelle fanno i figli belli". Ma la Gelmini è settentrionale e non lo dice….. meglio il cinque in condotta.

Non chiedete soldi alle famiglie

Lo ha detto il Ministro Gelmini di fronte a casi di richieste di contributi alle famiglie anche nella scuola dell’obbligo.

Per essere coerenti si sarebbe dovuto rassicurare le scuole sul fatto che le risorse che servono le manderà il Ministero.

Ma c’è la crisi e quindi si taglia anche il necessario dopo il "superfluo" come il Diritto o la Geografia.. Nessun altro Governo europeo lo fa…. Ma siamo o non siamo un’eccezione? Mica solo con le elezioni succede di andar controcorrente rispetto all’Europa…

Bolzano rinvia

Questa provincia autonoma ha deciso di rinviare al 2011 l’avvio del riordino delle scuole superiori. Probabilmente si farà un "decreto interpretativo" che chiarisca alla Provincia di Bolzano che, nonostante i suoi poteri, non è possibile rinviare e, soprattutto, farlo sapere all’opinione pubblica prima della data di svolgimento delle elezioni regionali. Hai visto mai che qualche altra Regione si faccia tentare, visti la confusione ed i ritardi di provvedimenti anche importanti come le Indicazioni nazionali (i programmi) o il riordino delle classi di concorso e chieda pure essa il rinvio…..

L’educazione alla legalità senza le leggi

Per giustificare la eliminazione dello studio del Diritto nelle scuole superiori italiane la Gelmini per bocca del suo consigliere politico dott. Bruschi che lo ha scritto nei Forum di Ansas-Indire, ne ha decretato la scarsa importanza ai fini della Educazione alla legalità e alla cittadinanza. Lo stesso autore del paradosso della educazione alla legalità senza le leggi, che è pure presidente della cabina di regia dei licei, sembra non gradire molto gli ostacoli al riordino delle scuole superiori che potrebbero venire dai Piani di dimensionamento delle Regioni. Dopo l’educazione alla legalità senza le leggi gradirebbe anche dei Piani di offerta formativa e di dimensionamento delle Regioni senza i Regolamenti, non ancora pubblicati in Gazzetta Ufficiale e ,perciò, inesistenti dal punto di vista giuridico.

Il Clil, novità europea

Il Ministro Gelmini, in tv, ha segnalato come epocale l'introduzione, nel solo ultimo anno delle scuole superiori, di una disciplina in lingua straniera: CLIL si chiama ....Sigla mirabile che già appassiona gli addetti ai lavori con un interrogativo altrettanto epocale: saranno i prof. di inglese ad imparare la filosofia o viceversa i prof. di filosofia a frequentare i corsi accelerati e brevi di inglese come è già avvenuto con le maestre uniche?

E’ tutta un’altra musica

Non sono ancora nati i Licei Musicali ma già sorgono dubbi sulla possibilità di farli nascere attraverso le convenzioni con i Conservatori ma senza oneri per le istituzioni. C’è chi propone di boicottare le convenzioni anche in considerazione del fatto che 40 sezioni in tutta Italia significano un migliaio di studenti sparsi per ogni dove. Si vede che manca un direttore d’orchestra.

Libri di testo on line

Le case editrici scolastiche si sono lamentate per l’assenza delle Indicazioni nazionali (i programmi) che rende difficile se non impossibile il lavoro di programmazione e redazione dei libri di testo, in tempo utile per essere utilizzati dalle classi degli istituti superiori coinvolti, a partire dal settembre di quest’anno, nel riordino del mnistro Gelmini.

ll Consigliere politico del ministro ha risposto che sarà possibile per le case editrici aggiornare i libri on line. Si vede che Bruschi vive nella realtà virtuale. La realtà concreta di molte famiglie è quella della scarsa diffusione di Internet, la realtà operativa delle scuole è quella della mancanza di fondi anche per il pagamento dei supplenti e pure per l’acquisto della carta igienica.

Gli alunni distribuiti nelle classi e la sicurezza

Alle scuole mancano i soldi per pagare i supplenti e le ore di sostituzione fatte dai docenti in servizio. Quando mancano gli insegnanti, gli alunni delle classi coinvolte vengono divisi in altre classi coperte da docenti. Si violano, così, le norme sulla sicurezza che impongono di non concentrare, superando i limiti di legge, gli alunni in base allo spazio disponibile nelle classi. La spiegazione è: "lo facciamo per garantire la sorveglianza dei minori affidati alle scuole." Peccato, però, che questo avvenga a discapito della sicurezza.

Cittadinanza e Costituzione

Nell’agosto del 2008, con una conferenza stampa ripresa dalle televisioni, la Gelmini annunciò l'istituzione di una nuova materia con voto autonomo: Cittadinanza e Costituzione. Il 9 novembre 2009 contrordine: Cittadinanza e Costituzione non sarà mai materia autonoma con voto autonomo. Parola dello stesso ministro su un quotidiano nazionale. Non sia mai che gli studenti italiani possano capire che la Costituzione pone limiti anche ad inventiva e creatività legislativa. Meglio che si occupino del fair play sportivo, suggerito come tema da sviluppare nell’ambito di un "contenitore" affidato ai docenti di Storia e, solo dove sono già presenti in organico, ai docenti di Diritto. Per equità, però, bisogna dire che il ministro ha annunciato che comprerà e distribuirà nelle scuole i DVD con le registrazioni delle trasmissioni sulla Costituzione curate da Claudio Martelli.

(Spiccchi "selezionati" da Maristella Iervasi)

13 luglio 2010

 

 

 

 

Frati: "Via dall'Ateneo i fannulloni"

"Non credo che noi non siamo corresponsabili riguardo ai provvedimenti sull'università da parte dei governi di centrodestra e di centrosinistra. Il 30% dei ricercatori della facoltà di Giurisprudenza non ha prodotto nulla nell'ambito della ricerca scientifica e in generale alla Sapienza il 10% dei ricercatori non ha prodotto nulla in 10 anni. Queste persone vanno cacciate dall'università".

Sono le parole del rettore della Sapienza Luigi Frati, che oggi ha partecipato a una conferenza stampa indetta dai presidi delle facoltà umanistiche nell'ateneo contro i tagli previsti dalla riforma Gelmini e dalla manovra finanziaria. Frati è stato anche contestato da alcuni docenti e ricercatori riuniti nell'aula. "Bisogna reclamare la progressione economica solo per i meritevoli. C'è chi ruba lo stipendio: ci sono persone che lo prendono da anni e non fanno nulla - ha proseguito Frati -. Facciamo pulizia a casa nostra per avere più potere morale".

Il rettore della Sapienza ha anche riferito di aver "fatto una contestazione disciplinare ad un professore ex-ministro perchè questi aveva preso incarichi extrauniversitari"."È già in atto un'operazione pulizia - ha concluso Frati - e ora spero che cambi anche il direttore generale dell'ospedale (il Policlinico Umberto I)".

05 luglio 2010

 

 

 

 

Riforma delle Superiori

di Franco Labellatutti gli articoli dell'autore

Keynes e Krusciov

Piero Ostellino, in una recente intervista, ha trovato modo di definire la Costituzione repubblicana, che ha carattere programmatico, come un esempio di Costituzione totalitaria .Ostellino ha lavorato come corrispondente molti anni a Mosca. Sarà per questo che confonde Keynes con Krusciov. I nostri studenti, qualche volta, confondono Quesnay, economista fisiocratico, con Keynes. Loro sono scusati perché gli manca, evidentemente, la periodizzazione storica. Succede che debbano,perciò, frequentare un corso di recupero in Economia. A Ostellino cosa manca? E’ il nome della Fondazione creata con la benedizione anche del Ministro Gelmini per diffondere idee e proposte di un gruppo interno al Pdl.

Liberamente

E’ il nome della Fondazione creata con la benedizione anche del Ministro Gelmini per diffondere idee e proposte di un gruppo interno al Pdl.

C’eravamo illusi fosse una Fondazione nata per garantire la libertà d’espressione di chi opera nel mondo della scuola.

Per questi,invece, pare sia pronto un altro slogan.

Pedissequamente.

Limina docet (vedi Spicchi precedenti).

 

Il T.A.R.lo

Il Tar del Lazio ha sospeso l’applicazione della circolare sulle iscrizioni alle Scuole superiori oggetto del riordino gelminiano per ora fino al 19 luglio prossimo.

Questo vuol dire che non si possono disporre, almeno fino a quella data, né i trasferimenti né formulare gli organici che sono operazioni necessarie per un avvio tempestivo del prossimo anno scolastico.

Il commento del MIUR?

"L’ordinanza del TAR è una semplice richiesta di informazioni".

Evidentemente inviata all’Ufficio oggetti smarriti.

GLI ALTRI SPICCHI

(Spiccchi "selezionati" da Maristella Iervasi)

29 giugno 2010

 

 

 

Riforma delle Superiori

di Franco Labellatutti gli articoli dell'autore

Spicchi d'aglio: la politica scolastica e il ministro Gelmini.

Perchè l'aglio? Insaporisce i cibi, ha anche proprietà curative ma può risultare leggermente indigesto: proprio come la controriforma del duo-Tremonti-Gelmini. Il professor Franco Labella è un insegnante di Diritto ed Economia in un liceo linguistico di Napoli. Contro riordino gelminiano e l'eliminazione del Diritto dalle scuole superiori italiane, il prof un anno fa, un appello in rete a cui hanno aderito oltre 2.000 persone e che è stato firmato, tra gli altri, da docenti universitari come i professori Stefano Ceccanti, Alessandro Pace e Stefano Rodotà, artisti dal forte impegno civile come Moni Ovadia ed esponenti della società civile impegnati nella difesa della legalità e nella lotta alla criminalità organizzata come Rita Borsellino, Don Tonino Palmese e Giovanni Impastato. Inoltre, nel marzo del 2009 Labella ha fondato il Coordinamento nazionale dei docenti di Diritto e Economia, che raccoglie oltre 150 docenti di 17 regioni e di cui è attualmente è il Coordinatore nazionale. Gli Spicchi, però, sono opera del solo prof. Labella e non coinvolgono il Coordinamento nazionale. (Spicchi selezionati da Maristella Iervasi)

SPICCHI FRESCHI

LA MEMORIA CORTA

Il Ministro Gelmini, con un intervento televisivo, ha diramato il contrordine.

La norma che da quest’anno prevede che si possa essere ammessi all’Esame di Stato solo se si ha una valutazione di sufficienza in ciascuna disciplina è, per valutazione del Ministro, " una delle norme pensate per restituire rigore e maggiore serietà alla scuola e alla maturità".

Però poi la Gelmini aggiunge: "Con un solo cinque non si boccia nessuno".

La logica giuridica non è ferrea ma sorvoliamo.

Piuttosto due memento per il Ministro: che la norma pensata per restituire rigore e maggior e serietà la si deve al Ministro Fioroni.

E che la sua collega di partito Moratti quando era Ministro dell’Istruzione aveva introdotto una commissione di esami di Stato costituita da soli docenti interni.

Quando si dice serietà e rigore…

LA COSTITUZIONE SCOMODA

Ogni giorno che passa e’ sempre più chiaro perché è stato eliminato lo studio del Diritto nelle scuole superiori e perché non esiste la disciplina "Cittadinanza e Costituzione".

"Con questa Costituzione è impossibile governare".

"La Costituzione italiana, di prima generazione, è vecchia".

Concorso a premi: chi ha pronunciato le frasi citate?

Sulla seconda frase un chiarimento: non si parlava di centrali nucleari ma proprio di Costituzione.

Che serva anche per la Carta costituzionale la fusione fredda?

I "PASSATI" SPICCHI

RAGIONIERI

Il ministro Gelmini ha espresso il suo plauso per la manovra finanziaria: "Non è stata tagliata la scuola", ha detto. E già, perché gli otto miliardi di euro (pari ad un terzo dell’attuale manovra) di maestro unico, riduzione dell’orario alle medie e lavaggio in acqua calda delle superiori mica sono tagli. Sono limature. Tremonti docet.

Il SEGNO DEI TEMPI (CUPI)

La preside di una scuola romana ha sanzionato il coro dei suoi studenti per aver osato intonare, alla fine di una manifestazione ed alla presenza di alti dirigenti del MIUR, fra i quali il Capo della Segreteria tecnica del ministro Gelmini, Bella Ciao. Lo Spicchio potrebbe finire qui. Siccome però l’unico antidoto ai tempi cupi è la somministrazione di una sana razione di Costituzione, serviamo la preside. "E’ vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista" (XII Disposizione Transitoria e Finale della Costituzione). "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione0187". (Art. 21 della Costituzione, primo comma). Ed anche con i cori, eventualmente…..

IL MANTRA

"Meno scuola più qualità". Lo ripetono in maniera ossessiva, in ogni occasione, il mMinistro Gelmini e i suoi consiglieri politici arrivando persino a scrivere che "la recente riforma delle scuole superiori è condivisa e apprezzata". Da Bolzano alla Sicilia, forse, la pensano diversamente e non hanno nemmeno potuto e voluto adottare i libri per le prime classi centrifugate e strizzate. Il mantra è "un suono ripetuto che serve a svuotare la mente dai pensieri". Appunto.

COERENZA

A Quarto Oggiaro, a Milano, allo Zen di Palermo come a Scampia o Ponticelli, a Napoli, o a S. Salvario , a Torino, come a Nuova Ostia, a Roma, non hanno la stessa convinzione del ministro e cioè che meno tempo scuola faccia bene. Si aspetterebbero, però, almeno il seguito dello slogan. Se si dice che "meno scuola più qualità" poi il seguito dovrebbe essere anche che "meno scuola meno ministro dell’Istruzione". Invece la Gelmini ha deciso perfino di volersi riprendere il potere, ora affidato alle Regioni, di stabilire la data di inizio delle lezioni. Per lei si potrebbe ripristinare il 1 ottobre. Siamo ringiovaniti di colpo.

SCHERZA CON I FANTI...

Don Luigi Merola, giovane prete anticamorra napoletano, qualche giorno fa si è dimesso, polemicamente ed in anticipo rispetto alla scadenza, da consulente del ministro Gelmini in materia di Educazione alla legalità e Cittadinanza e Costituzione. Lo ha fatto dichiarando che con l’attuale ministro l’educazione alla legalità è sotto valutata e chi la propugna viene ,come nel suo caso, declassato e solo tollerato. Per essere precisi Don Merola ha dichiarato, a proposito del MIUR retto dalla Gelmini: "La legalità bisognava promuoverla prima dentro quel palazzo . E quando in una scuola mi hanno detto che la storia dei giudici Falcone e Borsellino non era argomento per una lezione ho capito a che punto di degrado morale è sceso il nostro Paese". Se anche Don Merola si interroga, forse pure il ministro dovrebbe porsi qualche domanda e non continuare a recitare il mantra. Ed il cerchio si chiude.

ATLANTIDE

Qualche giorno fa si è svolto a Bari un Seminario di studio su "Cittadinanza e Costituzione". Era la nuova disciplina con valutazione autonoma annunciata dal ministro Gelminicon grande enfasi nell’agosto 2008. Poco meno di un anno dopo, il ministro chiariva che mai e poi mai "Cittadinanza e Costituzione" sarebbe diventata una disciplina autonoma con valutazione autonoma. Meglio resuscitare la mai rimpianta "Educazione civica". I docenti di Storia, che dovrebbero insegnarla inserendola nella loro programmazione, non ne sono entusiasti ed in molti l’hanno scritto nel Forum di Ansas-Indire (chiuso in scrittura ma ancora leggibile) dedicato alla discussione finta sulle Indicazioni nazionali . Ora il Seminario di Bari a cui era presente anche il dott. Giovanni Biondi che presiede il Gruppo di studio ministeriale sulla disciplina che non c’è. In fondo ci sono autorevoli archeologi che ricercano ancora oggi Atlantide. Perché negare la possibilità, allora, di un Seminario di studi sulla "disciplina scomparsa"?

TEMPO PIENO

In tutta Italia si segnala la diminuzione delle classi a tempo pieno. Il ministro Gelmini, nonostante i riscontri pubblicati dai giornali con le cifre alla mano, sostiene il contrario. "Il tempo pieno è aumentato" . Non specifica, però, che sta parlando del tempo che ci mettono i dirigenti scolastici a far capire a Roma che le famiglie protestano.

IL LUKE-BOX

Qualche Spicchio fa ci siamo occupati del flipper. Oggi , invece, del juke box. Una scuola napoletana non ha i soldi per far andare a Milano gli alunni a ritirare un premio prestigioso. Per il "Maggio dei monumenti" partenopeo si sono inventati, allora, come forma giocosa di finanziamento, una sorta di "Guida per i turisti" con la richiesta di un contributo economico. Una monetina in una cassettina in cambio della descrizione dei monumenti del centro storico. Il juke box suona l’arte. Temo che il ministro Gelmini possa chiamare il collega Tremonti. Per un finanziamento straordinario alla scuola? No, perché magari allerti la Guardia di Finanza. La caccia agli evasori è una cosa seria….

L'UNITA'

Di nuovo? I lettori degli Spicchi si tranquillizzino perchè stavolta è il titolo giusto. Dopo la provincia autonoma di Bolzano anche l’Assemblea Regionale Siciliana ha chiesto, con una mozione bipartisan approvata nei giorni scorsi, il rinvio di un anno del riordino delle superiori. L’Italia, da Nord a Sud, stavolta è unita. Il ministro Gelmini accoglierà anche questa richiesta come ha fatto già con Bolzano? Ci potete scommettere, la risposta sarà: "La riforma è epocale, non si può perder tempo". A Bolzano il partito del ministro ha appena perso le elezioni per il sindaco. In Sicilia, poi, i Pdl sono addirittura due. Meglio non rischiare.

MINCULPOP

Il direttore dell’ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna, con una nota riservata ai dirigenti scolastici, ha fatto sapere che è contrario alle regole, per il personale delle scuola, far conoscere il loro disagio e la loro contrarietà ai tagli ed alla perdita del posto di lavoro, attraverso interviste, prese di posizioni pubbliche e l’invio di appelli. Perché , scrive il dott. Limina, "getta discredito sull’Amministrazione". A parte che il discredito, forse, uno lo getta per misure che sono uniche in tutta Europa (perfino la Grecia con i suoi guai ha rinunciato a tagli sull’istruzione) , ma bisogna ricordare al dott. Limina l’art. 21 della Costituzione?

FUORI L'ECONOMIA (POLITICA) E LA POLITICA (ECONOMICA) DALLE SCUOLE

Il ministro Gelmini ha espresso il suo appoggio al direttore dell’USR dell’Emilia Romagna di cui allo Spicchio precedente con una dichiarazione all’Agenzia Asca : "Fuori la politica dalla scuola". La frase testuale del ministro è questa:" Chi desidera fare politica si candidi alle elezioni e non strumentalizzi le istituzioni''. La dichiarazione è vecchia perché il ministro l’aveva già fatta tempo fa. Quello che è nuova è la spiegazione del perché è stato eliminato lo studio dell’Economia dalle superiori oggetto del riordino gelminiano. Non ci avevamo pensato ma la denominazione completa della disciplina è : Economia politica. Fuori dalle scuole la politica. Ahimè anche quella economica. E chi glie lo spiega ora a Keynes? Si rivolterà nella tomba.

La scuola privata e i "comunisti"

Con una serie di articoli apparsi sul "Il sussidiario.net" a firma di Oscar Giannino, Vincenzo Silvano e Ugo Bertone, i liberali favorevoli al finanziamento, vietato dall’art. 33 c. 3 della Costituzione, alle scuole private protestano per l’inserimento, fra i nuovi indicatori del redditometro, del pagamento delle rette delle scuole paritarie. I ragionamenti sono i più vari: si va dalla reprimenda di Giannino a Tremonti, reo di considerare il pagamento della retta un indicatore di reddito e non, scrive il giornalista economico, come un investimento alla critica di Bertone al voler considerare, come possibile evasore, chi paga le cospicue rette delle scuole private e pubbliche non statali. Domanda semplice: ma pagare le tasse è roba da "comunisti"? E se l’istruzione è un investimento e non un costo (e su questo siamo d’accordo) dove erano questi liberali quando Tremonti e Gelmini tagliavano e tagliano i fondi per l’istruzione delle scuole pubbliche statali?

La scuola col bollino

Ovvero le nozze con i fichi secchi. Il ministero pensa di istituire, partendo da una esperienza del Piemonte, il bollino di qualità per le scuole. Tra gli indicatori valutati - nel sottosettore Pari opportunità - : " Borse di studio e sussidi erogati dalle scuole per garantire il diritto allo studio, apparecchiature idonee, apertura della scuola nel pomeriggio". Nel sottosettore gestione dei servizi ausiliari: "Condizioni igieniche e di sicurezza dei locali" e nel sottosettore "servizi generali" efficienza della segreteria. C’è, nel sottosettore Etica, persino: "Diffusione dei valori della legalità, equità e trasparenza". Tutti questi indicatori nella scuola gelminiana che elimina lo studio del Diritto e dell’Economia, non garantisce i soldi per i supplenti e taglierà decine di migliaia di posti del personale ATA fra cui gli addetti alle segreterie sempre più oberate di impegni; per non parlare della sicurezza di edifici di cui il ministro Gelmini, dopo la tragedia di Rivoli, aveva promesso il censimento e la messa in sicurezza in tempi rapidi. Ma consoliamoci: nel concedere il bollino verrà tenuta presente anche la capacità della scuola di reperire finanziamenti all’esterno. E’ il mercato, bellezza. I corsi flash.

La Gelmini legge "Spicchi d’aglio"?

Dopo il riferimento nello Spicchio precedente ai corsi di inglese delle maestre uniche, il ministro ha fatto sapere che saranno potenziate le iniziative di formazione, nelle lingue straniere, dei docenti della scuola elementare. I giornali hanno parlato di corsi flash ed il Ministro Gelmini ha dichiarato l’intenzione di attivare opportune misure di sostegno: affiancamento in avvio con docenti tutor; esonero dal servizio per la frequenza dei corsi; assegnazione di borse di studio per corsi di lingua all’estero. Sarà il caso di far sapere al ministro che in informatica le memorie flash sono quelle che non presentano alcuna parte mobile e quindi sono piuttosto resistenti alle sollecitazioni e agli urti. Le nostre maestre, invece, di sollecitazioni ed urti - dalla Moratti alla Gelmini - negli ultimi anni ne hanno dovuto sopportare parecchi. Ma si consolassero: il ministro le manda all’estero. A spese delle maestre, of course.

Questione meridionale

Da un incontro al ministero con i sindacati della scuola si è appreso che la Campania per l'anno 2010/11 perderà 3.686 docenti, la Sicilia 3.325, mentre sull'organico di diritto, in percentuale rispetto all'anno precedente, la Calabria avrà un -5,32% e la Sardegna -5,18%. Ora si capisce meglio la proposta della Lega di chiudere le "frontiere" del nord attraverso provvedimenti, come le graduatorie regionali, che impediscano ai nuovi disoccupati di andare, come abbiamo visto in "Presa diretta", con la "valigia di cartone" verso i luoghi in cui saranno orientate le risorse. In fondo vincere le Regionali a qualcosa doveva servire e Cristo, come si sa, si è fermato ad Eboli. Ed è meglio che ci resti.

I Forum a scadenza

Le Indicazioni nazionali (i programmi) per le nuove classi delle superiori riordinate dal 1 settembre di quest’anno non sono ancora pronte. Ci si riprova a far finta di far discutere i docenti sulle Indicazioni nazionali , i programmi delle scuole riordinate dalla Gelmini. Bruschi, il consigliere politico del Ministro, ha riaperto un altro Forum nel sito di Ansas-Indire per far "discutere" i docenti sulle cose da far studiare ai "fortunati" allievi a cui si tagliano ore e materie.. Anche stavolta si discute solo sulle ipotesi e non sulle certezze ed in più c’è una scadenza temporale precisa perché bisogna fare in fretta. C’è pure un monito preventivo a non scrivere, nel Forum, pena la censura (la chiamano "moderazione") opinioni negative sul riordino.

I farmaci scaduti non curano e fanno pure male

I programmi fatti in fretta hanno il pregio di far danni anch’essi e senza rimedio.

La Resistenza sottintesa

Bruschi, consigliere politico della Gelmini, ne ha detta un’altra delle sue. Dopo l’educazione alla legalità senza le leggi, la storia d’Italia senza la Resistenza. I nuovi programmi di Storia, in via di frettolosa elaborazione, non la citano fra gli argomenti da studiare. Tanto è sottintesa, ha affermato Bruschi, come le tabelline per la matematica. Viene il dubbio che oltre ad ignorare la Resistenza stia per proporre di far studiare la Matematica senza le tabelline. Tanto son sottintese.

Il Governo del fare (in fretta)

I nuovi governi regionali dovranno occuparsi del dimensionamento scolastico e dovranno adottare le relative delibere che tengano conto dei Regolamenti del riordino quando finalmente andranno in Gazzetta Ufficiale. Un alto dirigente ministeriale pare abbia detto che la pubblicazione in Gazzetta è solo una formalità. E se il Governo del fare abolisse la Gazzetta Ufficiale facendone un gran falò come ha fatto già il Ministro Calderoli? In fondo già si è riusciti a non far studiare più, da settembre del 2010, l’iter legis agli studenti delle superiori. A che serve a questo punto la vacatio legis? Tanto agli studenti già si è detti che studiare meno frutta di più…. Se si perde meno tempo nel pubblicare le norme frutta di più.

Pane e acqua

Stavolta il Ministro Gelmini non c’entra perché la decisione di dare solo pane e acqua ai ragazzini della scuola i cui genitori non pagavano il contributo mensa l’han presa in Comune, a Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza. In compenso il Ministro ha taciuto. Eppure dopo la maestra con la penna rossa ed il grembiulino ci sarebbe stato così bene il ritorno al passato, quello del pane e acqua. E’ perciò che la Gelmini non ha commentato. Alla saggezza popolare del "pane e acqua" ci manca solo il detto meridionale che "mazzate e panelle fanno i figli belli". Ma la Gelmini è settentrionale e non lo dice….. meglio il cinque in condotta.

Non chiedete soldi alle famiglie

Lo ha detto il Ministro Gelmini di fronte a casi di richieste di contributi alle famiglie anche nella scuola dell’obbligo.

Per essere coerenti si sarebbe dovuto rassicurare le scuole sul fatto che le risorse che servono le manderà il Ministero.

Ma c’è la crisi e quindi si taglia anche il necessario dopo il "superfluo" come il Diritto o la Geografia.. Nessun altro Governo europeo lo fa…. Ma siamo o non siamo un’eccezione? Mica solo con le elezioni succede di andar controcorrente rispetto all’Europa…

Bolzano rinvia

Questa provincia autonoma ha deciso di rinviare al 2011 l’avvio del riordino delle scuole superiori. Probabilmente si farà un "decreto interpretativo" che chiarisca alla Provincia di Bolzano che, nonostante i suoi poteri, non è possibile rinviare e, soprattutto, farlo sapere all’opinione pubblica prima della data di svolgimento delle elezioni regionali. Hai visto mai che qualche altra Regione si faccia tentare, visti la confusione ed i ritardi di provvedimenti anche importanti come le Indicazioni nazionali (i programmi) o il riordino delle classi di concorso e chieda pure essa il rinvio…..

L’educazione alla legalità senza le leggi

Per giustificare la eliminazione dello studio del Diritto nelle scuole superiori italiane la Gelmini per bocca del suo consigliere politico dott. Bruschi che lo ha scritto nei Forum di Ansas-Indire, ne ha decretato la scarsa importanza ai fini della Educazione alla legalità e alla cittadinanza. Lo stesso autore del paradosso della educazione alla legalità senza le leggi, che è pure presidente della cabina di regia dei licei, sembra non gradire molto gli ostacoli al riordino delle scuole superiori che potrebbero venire dai Piani di dimensionamento delle Regioni. Dopo l’educazione alla legalità senza le leggi gradirebbe anche dei Piani di offerta formativa e di dimensionamento delle Regioni senza i Regolamenti, non ancora pubblicati in Gazzetta Ufficiale e ,perciò, inesistenti dal punto di vista giuridico.

Il Clil, novità europea

Il Ministro Gelmini, in tv, ha segnalato come epocale l'introduzione, nel solo ultimo anno delle scuole superiori, di una disciplina in lingua straniera: CLIL si chiama ....Sigla mirabile che già appassiona gli addetti ai lavori con un interrogativo altrettanto epocale: saranno i prof. di inglese ad imparare la filosofia o viceversa i prof. di filosofia a frequentare i corsi accelerati e brevi di inglese come è già avvenuto con le maestre uniche?

E’ tutta un’altra musica

Non sono ancora nati i Licei Musicali ma già sorgono dubbi sulla possibilità di farli nascere attraverso le convenzioni con i Conservatori ma senza oneri per le istituzioni. C’è chi propone di boicottare le convenzioni anche in considerazione del fatto che 40 sezioni in tutta Italia significano un migliaio di studenti sparsi per ogni dove. Si vede che manca un direttore d’orchestra.

Libri di testo on line

Le case editrici scolastiche si sono lamentate per l’assenza delle Indicazioni nazionali (i programmi) che rende difficile se non impossibile il lavoro di programmazione e redazione dei libri di testo, in tempo utile per essere utilizzati dalle classi degli istituti superiori coinvolti, a partire dal settembre di quest’anno, nel riordino del mnistro Gelmini.

ll Consigliere politico del ministro ha risposto che sarà possibile per le case editrici aggiornare i libri on line. Si vede che Bruschi vive nella realtà virtuale. La realtà concreta di molte famiglie è quella della scarsa diffusione di Internet, la realtà operativa delle scuole è quella della mancanza di fondi anche per il pagamento dei supplenti e pure per l’acquisto della carta igienica.

Gli alunni distribuiti nelle classi e la sicurezza

Alle scuole mancano i soldi per pagare i supplenti e le ore di sostituzione fatte dai docenti in servizio. Quando mancano gli insegnanti, gli alunni delle classi coinvolte vengono divisi in altre classi coperte da docenti. Si violano, così, le norme sulla sicurezza che impongono di non concentrare, superando i limiti di legge, gli alunni in base allo spazio disponibile nelle classi. La spiegazione è: "lo facciamo per garantire la sorveglianza dei minori affidati alle scuole." Peccato, però, che questo avvenga a discapito della sicurezza.

Cittadinanza e Costituzione

Nell’agosto del 2008, con una conferenza stampa ripresa dalle televisioni, la Gelmini annunciò l'istituzione di una nuova materia con voto autonomo: Cittadinanza e Costituzione. Il 9 novembre 2009 contrordine: Cittadinanza e Costituzione non sarà mai materia autonoma con voto autonomo. Parola dello stesso ministro su un quotidiano nazionale. Non sia mai che gli studenti italiani possano capire che la Costituzione pone limiti anche ad inventiva e creatività legislativa. Meglio che si occupino del fair play sportivo, suggerito come tema da sviluppare nell’ambito di un "contenitore" affidato ai docenti di Storia e, solo dove sono già presenti in organico, ai docenti di Diritto. Per equità, però, bisogna dire che il ministro ha annunciato che comprerà e distribuirà nelle scuole i DVD con le registrazioni delle trasmissioni sulla Costituzione curate da Claudio Martelli.

(Spiccchi "selezionati" da Maristella Iervasi)

21 giugno 2010

 

 

 

Lo strano caso delle scuole senza presidi

di Fabio Luppinotutti gli articoli dell'autore

La fretta di tagliare tutto e ovunque, di bloccare turn over e concorsi da parte del governo sta producendo l’ennesima beffa per la scuola, la qualità dell’istruzione, il futuro del Paese. Suonano per il prossimo anno scolastico diversi allarmi. L’ultimo è quello legato alla scarsità di presidi. Molti se ne vanno in pensione o vengono trasferiti e non ci sono sostituti, vincitori di concorso da incaricare. Saranno più di mille le scuole che si troveranno al rintocco della campanella senza capo d’istituto. Senza strategia, senza cura anche in questo.

Non c’è pezza che tenga per un problema, tra l’altro, pronosticabile per tempo. Sono due le strade per correre ai ripari che verranno adottate, s’intenda entrambe non a vantaggio di una corretta ed efficiente gestione di una qualsiasi scuola: l’accorpamento di più istituti o la creazione di presidi reggenti. In quest’ultimo caso è come se l’allenatore della Juventus dovesse anche occuparsi di gestire il Cesena. Un aborto alle viste, una tegola certa per decine e decine di migliaia di famiglie che oltre al depauperamento formativo sancito dalla cosiddetta riforma Gelmini delle superiori si troveranno anche con scuole senza guida: il problema riguarda ogni ordine e grado.

Con la definizione degli organici sta scoppiando sottotraccia un altro enorme problema. Molti insegnanti di ruolo stanno scoprendo di non avere più le 18 ore della loro materia nella stessa scuola. Per più di un mese il ministero ha preso tempo, rendendosi conto i funzionari dell’ulteriore danno alla funzionalità scolastica derivante dalla drastica riduzione di ore insegnate decretata unicamente per motivi contabili dal governo. Ma non è finita qui. Avendo innalzato la media di alunni per classe (si può arrivare anche a trenta e oltre, una media inumana per garantire che tutti i ragazzi vengano realmente seguiti) sono scomparse, per il combinato disposto dei due fattori (meno ore, media più alta di alunni) moltissime classi. Ecco, dunque, esplodere il dramma dei soprannumerari, professori di ruolo che, nella migliore delle ipotesi, dovranno insegnare su due o tre scuole per raggiungere il completamento orario e, che, nella peggiore, dovranno riconvertirsi, fare corsi di aggiornamento abilitanti all’insegnamento di altre materie.

E non perché, come nel caso per esempio della stenografia e dattilografia, ci sia stata una evoluzione tecnologica che lo richieda. Al contrario, perché per legge è stata decretata una riduzione dell’offerta culturale contravvenendo, nel caso delle lingue straniere, a precise direttive europee. In definitiva nella scuola da settembre la macelleria sociale sarà un fatto: oltre 25mila precari definitivamente disoccupati, alcuni anche a cinquant’anni, migliaia di professori costretti a vagare, con costi personali elevati (economici e organizzativi) nella speranza di poter insegnare ancora con orario pieno. Cosa tutto ciò abbia a che vedere con l’efficienza, il merito, il rigore, la preparazione dei nostri ragazzi, il futuro del Paese, la ricchezza dell’istruzione pubblica come prevista dalla Costituzione ancora nessuno lo ha spiegato.

17 giugno 2010

 

 

 

Vite da docenti "Precaria da 30 anni La pizzeria? Un lusso"

di Stefano Milianitutti gli articoli dell'autore

Ha poco meno di 50 anni, un fisico asciutto, se deve scegliere tra un libro e una pizza, e ormai deve scegliere, preferisce investire nell’istruzione per i due figli, lavora da quando ha 16 anni, dopo quasi 30 è ancora precaria e l’amarezza le cresce soprattutto "perché ai nostri figli non lasciamo un futuro". Roberta Giulia Nelli sfila nel corteo della Cgil in un drappello dall’Emilia Romagna, viene da Cesena e la sua esperienza somiglia a un tourbillon infinito: "Dieci anni nella scuola primaria, otto nella materna, otto nell’asilo nido, tre nelle superiori: mi sono laureata molto presto, ho iniziato a lavorare prestissimo anche per pagarmi gli studi, ho un padre operaio e sono molto arrabbiata. Come insegnante e come genitore con due ragazzi che vanno a scuola". Il diciassettenne frequenta il liceo, il più piccolo, 12 anni, le medie. "E ho un nipote che per ragioni familiari seguo io e che studia alla Sorbona a Parigi. Grazie a borse di studio francesi, non italiane. È un paradosso. La Francia investe su di lui, l’Italia no. Ho dovuto suggerirgli di non tornare: qua non ci sono speranze per lui".

"1200 euro al mese: ecco quanto guadagno dopo tanti anni. E so che non vedrò mai la pensione. Per fortuna mio marito ha il suo lavoro e non dobbiamo pagare l’affitto, la casa è nostra, perché arriviamo a malapena a fine mese. Un ristorante? Una volta ogni sei mesi, al massimo. Pazienza. Preferisco di gran lunga un libro per uno dei miei figli, è più importante. Scegliere è indispensabile". Roberta Giulia Nelli non si sente però abbattuta. Piuttosto delusa, amareggiata. Arrabbiata, specialmente arrabbiata. "Ora insegno alla scuola primaria, alla Salvo d’Acquisto: per due classi e un totale di 38 allievi eravamo addirittura sette insegnanti a ruotare". Rispetto a tanti colleghi dice che lei se la passa almeno meglio di molti. "Ho colleghi che sono alla disperazione". Non è soltanto arrabbiata. Da questo governo non si aspetta molto. "Mi aspetto un movimento forte dalla sinistra, non ci possiamo più permettere divisioni che vanno messe da parte. Non è un eufemismo dire che siamo in mutande". La situazione è drammatica.

"Riducano i parlamentari, riducano l’apparato della politica, tolgano poltrone, non possiamo più permettercelo. Noi insegnanti siamo molti, ma vedete quanto guadagniamo. Il che vale anche per i docenti di ruolo". Come Patrizia Martina, di Corbia (Novara): posto fisso a scuola da 30 anni, 1.500 euro al mese "con la fortuna di avere due figlie grandi che lavorano, altrimenti mio marito e io come facevamo?" Non è soltanto una questione di stipendi. La professoressa di Cesena manifesta in un gruppetto alla cui testa qualcuno indossa una maglietta scura con un acrostico efficace. Sotto la qualifica di "Docenti" si legge "Precari" e a ogni lettera corrisponde una definizione: "Professionisti, Radiati, Esasperati, Cancellati, Annullati, Raggirati, Ignorati". "Siamo professionisti ma - conclude Roberta Giulia Nelli - oggi la scuola è considerata meno di zero".

13 giugno 2010

 

 

 

 

Statali e insegnanti in corteo. I "soliti noti" contro la manovra

di Maria Zegarellitutti gli articoli dell'autore

"Noi abbiamo il diritto di non essere ingannati. Il governo non dica cose false sul futuro del Paese. Noi non ci chiamiamo Alice e non viviamo nel paese delle meraviglie". Il segretario della Cgil Guglielmo Epifani parla in piazza del Popolo di fronte ad una marea rossa di bandiere e raccoglie lunghi e ripetuti applausi da questo popolo reale, in carne ed ossa, che è venuto a Roma da tutta Italia per dire no alla manovra del governo. Nessun riferimento a questa manifestazione nazionale nei titoli del Tg1 delle 13.30 di Augusto Minzolini, silenzio sul grido di allarme che migliaia di lavoratori e lavoratrici, precari, pensionati, ricercatori, giovani e vecchi lanciano sfilando per le vie della Capitale. Gli organizzatori annunciano dal palco 100mila persone, la Questura 25mila. Sminuire, come ha fatto il governo con la crisi, fino ad ora. Ma questo "fiume rosso", così lo definiscono gli organizzatori, si ingrossa via via, e la piazza diventa sempre più stretta: in fondo è come il dissenso a Silvio Berlusconi, cresce e anche se non tutti lo raccontano prima o poi si imporrà.

Questo non è il paese delle meraviglie: è il paese di Umberto Pugliese, per esempio, che dice, "prendiamo 1400 euro al mese, non evadiamo neanche un centesimo e siamo quelli che pagheranno ancora". Dieci passi più in là c’è una banda che suona l’Internazionale, "siamo qui per Pomigliano D’Arco, cuore del Sud che rischia di fermarsi". Si protesta, si balla, si canta, si marcia. "Peccato che il governo non capisca che investendo sull’energia pulita si creano posti di lavoro e anche da lì può ripartire il Paese. Avrebbero potuto farlo con questa manovra e invece tagliano "linearmente"", commenta Marco, ricercatore di Pisa. A Roma sfilano quelli "che ogni giorno tirano la carretta - per dirla con e Epifani - e non sanno come arrivare alla fine del mese". "Tremonti questa volta l’hai fatta grossa", urla dal megafono un impiegato con il berretto rosso e la maglietta slogan "Tutto sulle nostre spalle".

La ministra Gelmini, invece, è stampata su quelle di studenti, ricercatori e insegnanti. C’è anche una ruota della Fortuna, con sopra i volti dei ministri e di Bonanni della Cisl, sindacato assente, come la Uil, d’altra parte. Il "fiume rosso" scorre lento e si ingrossa sempre di più, qua e là qualche bandiera di Rifondazione, dell’Idv, ma questo è il corteo della Cgil. Qui nessuno nega la necessità di una manovra, non è un popolo di ingenui, ma non è questa la manovra che chiedono. Se solo si fossero fatte prima le cose che si dovevano fare, "qui e in Europa - dice Epifani - stabilendo regole certe per la finanza internazionale", forse oggi i sacrifici sarebbero meno pesanti. Se solo paghessero tutti "sarebbe un paese più giusto".

Chi c’è e chi non c’è

A quelli che non ci sono, Cisl e Uil, la piazza regala un fischio, Epifani si limita a un punto interrogativo: "Dov’è l’equità in questa manovra?". Quanto al Pd: "Ha la sua manifestazione. Ha detto che aderiva a questa nostra iniziativa, ma il mio problema non è chi aderisce, ma chi condivide il cuore dei nostri ragionamenti". Ignazio Marino è meno diplomatico: "Mi aspettavo una delegazione, come annunciato dal segretario, qui oggi non vedo neanche una bandiera del Pd. Vorrà dire che la prossima volta me la porterò da solo". I politici presenti, Cesare Damiano, Vincenzo Vita, Filippo Penati, Stefano Fassina, David Sassoli, (Pd) Gennaro Migliore e Paolo Ferrero (Sel), e l’Idv di Di Pietro, si confondono tra la folla. Ci sono delegazioni sindacali arrivate da tutte le regioni: lavoro, Costituzione, diritto allo studio, alla salute, libertà d’informazione, tutto tenuto insieme nella Costituzione. Di questo senti parlare sfilando con loro. Sono quelli che alla fine si salutano cantando e ballando insieme sulle note di "Bella Ciao".

13 giugno 2010

 

 

 

Maturità, aumenta il numero dei non ammessi: 28.500

Prosegue la linea di severità nella scuola italiana: secondo i primi dati del ministero dell'Istruzione, il numero dei non ammessi agli esami di maturità è aumentato dello 0,6%% rispetto allo scorso anno, mentre è in crescita anche il numero dei bocciati nelle altre classi (+1,4%). In totale il numero dei non ammessi alla maturità potrebbe aggirarsi intorno ai 28.500 studenti. L'aumento delle bocciature, spiega il Miur, si rileva soprattutto negli istituti professionali e nei licei. Diminuiscono invece i bocciati negli istituti tecnici I primi dati sui risultati dell'anno scolastico che si sta chiudendo si riferiscono agli scrutini - per l'ammissione gli esami di maturit… e alle classi dalla seconda alla quinta - di un significativo campione di istituti superiori (licei, tecnici, professionali e artistici) di Emilia Romagna, Marche, Veneto, Puglia, Lombardia e Campania. "I dati - afferma Viale Trastevere confermano l'andamento di una progressiva maggiore severit… delle scuole gi… registrata l'anno precedente".

I dati si riferiscono ai primi 200 istituti delle sei regioni dove sono gi… stati scrutinati 11.779 allievi. Si tratta, quindi, di una prima anticipazione rispetto ai dati completi che saranno disponibili nei prossimi giorni. Il campione per• Š significativo perch‚ sono scuole scelte come campione attendibile per le loro caratteristiche sia territoriali e sia per il tipo di scuola.

MATURITÀ: Gli studenti non ammessi quest'anno sono il 6,1% mentre l'anno precedente nelle stesse scuole non vennero ammessi all'esame il 5.5%. Si registra quindi un aumento dei non ammessi dello 0.6%: una percentuale di non ammessi in crescita costante nell'ultimo biennio. Se questa proiezione fosse conservata i non ammessi alla maturit… sarebbero in Italia 28.500.

BOCCIATURE: Per quanto riguarda i risultati degli scrutini relativamente alle prime quattro classi delle scuole superiori, i dati disponibili segnalano un incremento significativo dei non ammessi. Rispetto all'11.7% dei non ammessi alla classe successiva del precedente anno scolastico, quest'anno nelle stesse scuole la percentuale sale al 13.1%. Gli allievi promossi a giugno risultano quindi 62,9% mentre pi— del 24% ha il giudizio Š sospeso, 13,1% Š la percentuale dei non ammessi.

12 giugno 2010

il SOLE 24 ORE

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2011-08-04

Firmato il contratto per assumere a tempo indeterminato 67mila docenti e Ata precari

di Claudio TucciCronologia articolo

4 agosto 2011

Per la prima volta nella scuola italiana il prossimo 1° settembre tutti i posti disponibili in organico di diritto saranno coperti da personale di ruolo. All'Aran è stato firmato il contratto per assumere a tempo indeterminato 67mila docenti a Ata precari, dando attuazione al piano triennale di assunzioni nella scuola previsto dal decreto Sviluppo. Il contratto è stato siglato da Cisl, Uil, Snals e Gilda.

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In due settimane dalla sigla della pre-intesa, c'è stata l'approvazione del Consiglio dei ministri, la registrazione della Corte dei Conti, e, oggi, la firma definitiva. Ora il Governo può predisporre il piano per le assunzioni entro il 31 agosto, prevedendo anche la decorrenza giuridica da settembre 2010 per i posti vacanti a quella data.

 

 

 

 

 

 

 

2011-07-28

Un anno in meno per la specializzazione in medicina

Cronologia articolo

28 luglio 2011

La specializzazione universitaria per i medici durerà un anno in meno, passando da sei a cinque anni per la chirurgia, da cinque a quattro per la medicina o a tre per alcune aree particolari. È quanto prevede la riforma del percorso di studi in Medicina presentata oggi a palazzo Chigi dai ministri dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, e della Salute, Ferruccio Fazio.

Si lavora tre anni prima

Altra agevolazione del percorso di formazione consiste nell'ingresso alla pratica clinica già a metà della specializzazione. "Questo significa - ha spiegato il ministro Fazio - che, rispetto ad ora, i medici inizieranno a lavorare negli ospedali, con regolari contratti di lavoro, circa tre anni prima" guadagnando tempo e acquisendo più formazione pratica e competenze.

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Meno scuole di specializzazione

Dal canto suo il ministro Gelmini ha spiegato che "continua la selezione delle sedi dove sono attivate le scuole di specializzazione, al fine di garantire che solo le sedi effettivamente più qualificate dal punto di vista scientifico possano ospitare le scuole. In tre anni - ha aggiunto la titolare di viale Trastevere - si è passati da 1.800 a 1.100 scuole". La riforma prevede inoltre la possibilità di svolgere contemporaneamente il dottorato e la specializzazione, "consentendo - ha sottolineato Gelmini - di accorciare ulteriormente il percorso di studi ed entrare nel mondo del lavoro più rapidamente, come accade all'estero e nei migliori sistemi informativi".

La laurea in medicina resta di sei anni

Quanto infine all'accorciamento del corso di laurea in medicina e all'inserimento del tirocinio valutativo all'interno del corso di studi, il ministro dell'Istruzione ha precisato che "l'intenzione dell'Italia è di confermare la durata di sei anni del percorso di laurea, mentre il tirocinio valutativo di 3 mesi, che oggi si svolge dopo la laurea, verrà incorporato nella stessa. In questo modo, l'esame di laurea ingloberrebbe l'esame di Stato, permettendo di conseguire quindi una laurea abilitante. Questa scelta - ha concluso Gelmini - dovrà avvenire previo confronto in sede europea, per garantire l'uniformità delle scelte del nostro ordinamento con quelle dell'Europa".

A proposito invece dell'esame dalla doppia valenza, il ministro della Salute ha voluto ricordare che qualora questo venisse realizzato sarebbe necessario prevedere la presenza dei rappresentanti degli ordini dei medici.

 

 

 

 

2011-07-18

Torino vince il derby dei Politecnici

di Gianni Trovati

Cronologia articolo

18 luglio 2011

MILANO - I Politecnici del Nord sono abbonati ai primati nelle graduatorie che provano a mettere in fila i criteri di merito delle Università.

La classifica di quest'anno, che segue i consueti dieci indicatori ormai tradizionali nelle analisi annuali del Sole 24 Ore, non fa eccezione, ma cambia il protagonista sullo scalino più alto: il punteggio più brillante (829,8 su 1.000 punti disponibili) è quello scritto sulla pagella del Politecnico di Torino, che occupava il quarto posto nella scorsa edizione delle graduatorie, mentre il Poli milanese, tradizionale primatista, scende al secondo posto.

Mappa interattiva/ Tutti i corsi di laurea attivati dagli atenei italiani nell'anno accademico 2011/12

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A spingere in alto l'ateneo torinese è un ottimo piazzamento diffuso su quasi tutti gli indicatori, da quelli relativi alla ricerca (tra cui spicca il primo posto nella dotazione dei fondi, e il secondo nella capacità di reperire risorse esterne) fino a quelli che puntano l'attenzione sull'attrattività (il 49% degli immatricolati viene da fuori Piemonte) e sul tasso di laureati nei tempi di legge. Parliamo di eccellenze, quindi anche il risultato dei milanesi compete praticamente alla pari con Torino, in particolare sulla ricerca, ma sconta piccole differenze su attrattività e rapporto docenti-studenti.

Tra gli atenei generalisti, Trento, Udine e Ferrara portano in alto il Nord-Est, spinto anche dai buoni piazzamenti dello Iuav di Venezia e di Padova, mentre Modena e Reggio abbandona il podio insieme a Trieste, che cede parecchie posizioni e si attesta quest'anno al 19esimo scalino. In tanta variabilità, due dati si ripresentano immutabili: le performance in grigio dei maxi-atenei, quelli con più di 55mila iscritti che, con l'eccezione di Padova, si barcamenano a metà classifica come Bologna, Torino e Milano oppure scendono nelle parti basse come accade a Roma La Sapienza, e la divisione Nord-Sud. I primi atenei meridionali si incontrano al 26esimo posto con il Politecnico di Bari e al 31esimo con la Federico II di Napoli, e tutta la seconda metà della classifica è monopolizzata dalle Università del Centro-Sud, con Napoli Parthenope a chiudere come da tradizione. La stessa distinzione torna fra le università non statali: le uniche tre a Sud di Roma ottengono i risultati più scadenti, mentre il primato tocca quest'anno al San Raffaele di Milano, e il derby fra la Bocconi e la Luiss si chiude a favore dell'ateneo milanese.

I risultati, come accennato sopra, sono il frutto dei 10 indicatori classici nelle graduatorie annuali, divisi in tre grandi capitoli: la 'fama' degli atenei, in grado di attrarre studenti di alto livello anche da lontano, la loro organizzazione, che permette di evitare dispersione, parcheggi di studenti inattivi e porta il numero maggiore possibile di iscritti alla laurea nei tempi previsti, e l'impegno nella ricerca, che distingue un'università vera da un 'diplomificio'. Il mix delle facoltà, che per esempio vede medicina caratterizzata da performance migliori rispetto alle facoltà umanistiche o giurisprudenza, e il territorio in cui è inserito l'ateneo ovviamente incidono sui risultati finali, che però permettono un confronto puntuale fra realtà in diretta concorrenza.

L'evoluzione delle analisi sul mondo accademico, in realtà, ha prodotto indicatori anche più 'sofisticati', come quelli della "programmazione triennale", che scontano qualche problema di aggiornamento ma offrono una base utilissima per le politiche accademiche. Peccato, però, che le risorse chiamate a premiare chi programma meglio siano risicate e soggette a continui ritardi, e che il passaggio di consegne infinito tra il Comitato di valutazione e l'Anvur metta in pericolo l'intera gestione di queste banche dati. Con qualche grosso problema di trasparenza: per esempio, i check up completo annuale discusso ogni anno con le analisi del Comitato, sara disponibile anche per i prossimi anni?

 

 

 

 

 

2011-04-17

Istruzione, in tre anni tagli per 8 miliardi

Claudio TucciCronologia articolo17 aprile 2011

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Argomenti: Scuola e Università | Cisl | Mariastella Gelmini | Domenico Pantaleo | CGIL | Uil | Giulio Tremonti | Francesco Scrima | Lazio

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2011 alle ore 08:16.

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ROMA

Un taglio in tre anni di 81.120 cattedre e 44.500 Ata (il personale non docente). È la sforbiciata complessiva di 125.620 posti dal 2009 al 2011 che farà risparmiare all'Erario poco più di otto miliardi di euro. Otto miliardi e 13 milioni, per la precisione, stima il Tesoro nel "Def 2011", il Documento di economia e finanza, licenziato qualche giorno fa dal consiglio dei ministri. Parte di queste risorse, il 30%, serviranno a recuperare gli scatti stipendiali bloccati a luglio scorso da Giulio Tremonti. Ma a decorrere dal 2012, le economie di spesa derivanti da queste riduzioni, sempre secondo via XX Settembre, ammonterebbero a 4 miliardi e 561 milioni di euro.

Frutto di un cura dimagrante triennale e "in grande stile" per il ministero guidato da Mariastella Gelmini, prevista dalla manovra estiva 2008 e che giungerà a completamento con la pubblicazione della terza e ultima tranche di tagli relativi al personale Ata: -14.166 posti. Al 1° settembre 2011 saranno cancellate anche 19.699 cattedre. I primi due anni di tagli (già tutti effettuati) sono stati messi in discussione venerdì scorso da una sentenza del Tar Lazio (si veda "Il Sole 24 Ore" di ieri) che ha annullato i due decreti che hanno disposto le riduzioni. Ma solo per un "vizio procedurale" (i due provvedimenti non hanno acquisito il parere del Parlamento) e senza entrare nel merito della legittimità dei tagli. Il che rende difficile tornare indietro e il ministero dell'Istruzione è già pronto per l'appello.

La parte più consistente dei tagli 2011-2012 ai docenti si avrà nella scuola primaria, con meno 9.252 posti. A seguire: le superiori perderanno 8.984; le medie, con meno 1.323; la scuola dell'infanzia avrà 140 posti in meno. Gli obiettivi saranno raggiunti con la riduzione del tempo scuola (il prossimo 1° settembre la riforma delle superiori sarà estesa ad altre classi) e, alle elementari, con il taglio dei posti di specialista di lingua inglese. Negli anni passati, si è fatto leva anche sull'introduzione alla primaria del maestro prevalente. In controdendenza il sostegno che guadagnerà 27.121 posti, raggiungendo quota 90.469.

A livello regionale (e considerando l'intero triennio), la sforbiciata maggiore di prof l'ha subita la Campania, con meno 11.612 posti. Dietro: Sicilia, con meno 10.503, Lombardia, con meno 9.317, Lazio, con meno 6.613, Veneto, con meno 5.124, Calabria, con meno 4.874 posti.

Note dolenti anche sul fronte Ata: l'anno scolastico 2011-2012 vedrà ancora in piedi 207.123 posti (il 6,3% in meno rispetto al 2010-2011). Ci saranno 10.758 collobarotori scolastici in meno, 2.805 assistenti amministrativi, 456 assistenti tecnici e 147 Dsga, i Direttori dei servizi generali e amministrativi. A livello territoriale le riduzioni maggiori saranno in Campania, con meno 1.782 posti, in Lombardia, meno 1.754, in Sicilia, meno 1.585, nel Lazio, meno 1.238. In tre anni viale Trastevere ha eliminato ben 44.500 posti Ata. Cosa significa per le scuole? "Che si mette a rischio la qualità e la funzionalità degli istituti, la sicurezza degli studenti nei laboratori, la vigilanza e l'assistenza agli alunni disabili", ha sintetizzato il numero uno della Flc-Cgil, Domenico Pantaleo. "La scuola non può più sopportare tagli lineari e predeterminati", ha rincarato la dose il numero uno della Uil Scuola, Massimo Di Menna: per i prossimi anni serve "un organico funzionale e pluriennale e soprattutto che tenga conto delle reali esigenze degli istituti". D'accordo il leader della Cisl Scuola, Francesco Scrima, che sottolinea in più come ora diventi "urgentissimo" assumere a tempo indeterminato "su tutti i posti vacanti e disponibili". Per il prossimo anno, al netto di tagli e pensionamenti, ci saranno 30.371 posti di docenti disponibili per le nomine in ruolo e 35.049 posti Ata.

Una buona notizia infine sul fronte finanziamenti alle scuole: nel 2011 sono stati incrementati di 685 milioni. Ci sono quindi i soldi per il funzionamento e per le supplenze, scrive viale Trastevere e pertanto, conclude: "non c'è alcun bisogno di chiedere contributi alle famiglie".

 

2011-04-16

L'Unione degli studenti critica il premier e annuncia una mobilitazione per il 19 maggio in 50 città

Cronologia articolo16 aprile2011Commenta

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Argomenti: Governo | Francesca Puglisi | Pd | Jacopo Lanza | CGIL | Mimmo Pantaleo | Presidente del Consiglio | Italia | Flc

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2011 alle ore 14:38.

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Sono "immonde e indegne" le parole del Presidente del Consiglio, "siamo stanchi di questo Governo che taglia miliardi alla scuola pubblica e se ne vanta". L'Unione degli studenti reagisce con durezza alla nuova uscita di Berlusconi sulla scuola pubblica. E annuncia una mobilitazione in piazza il 19 in oltre 50 città italiane per ribadire il "no" al modello di scuola e università che porta avanti il governo.

"L'assenza di politiche che difendano la scuola pubblica è la cifra della nostra ribellione a questo governo e a questo modello di scuola, volta a distruggere la scuola pubblica e a soppiantarla con l'istruzione privata", dice Jacopo Lanza dell'Unione degli Studenti.

"Questo attacco fatto di uscite pubbliche, ma soprattutto di politiche devastanti per la formazione e di chi vive questi luoghi ha oltrepassato ogni limite- prosegue l'Unione degli studenti- La diffusione di diplomifici con il governo Berlusconi, i tagli ai posti di lavoro, all'edilizia scolastica, al diritto allo studio, alla formazione vera e di qualità di dimostra come anche una parola tanto abusata, come il merito, è solo uno slogan elettoralista di Berlusconi e dei suoi Ministri che non premia i tantissimi studenti che ogni giorno studiano nelle scuole e nelle università e che non hanno borse di studio per colpa dei tagli di Tremonti".

Anche la Rete degli Studenti critica l'intervento del premier che ha bollato come "comunisti" gli insegnanti della scuola pubblica. "Berlusconi per l'ennesima volta torna a parlare di scuola invece di occuparsi, come dovrebbe, degli enormi danni che il suo governo e la riforma Gelmini stanno causando", si legge in una nota, "di come la scuola pubblica è stata distrutta da tagli e riforme scellerate".

Per la Rete Studenti si è trattato di "uno dei suoi show che hanno come protagonisti i comunisti, gli insegnanti di sinistra e le scuole private, paladine della libertà". A febbraio, hanno sottolineato gli studenti, "quando disse che la scuola ci "inculcava" valori negativi siamo scesi in piazza per far emergere tutta la rabbia verso un governo che vanifica con le parole e coi fatti i valori fondanti della nostra Costituzione: il diritto allo studio, la ricerca, scuole e università pubbliche e accessibili a tutti". E rincarano la dose: "Le famiglie e le mamme d'Italia saranno veramente libere, così come gli studenti, quando avranno la possibilità di frequentare una scuola pubblica che funziona, aperta a tutti, di tutti e di qualità. Ci siamo seriamente stufati di dover difendere continuamente la scuola pubblica dagli attacchi del presidente del consiglio, il carattere pubblico di scuola e università non deve essere messo in discussione nè con le parole nè con le riforme, è alla base della nostra Costituzione e del nostro Paese". E hanno concluso: "Se il presidente Berlusconi è di un altro parere non può governare l'Italia e lo preghiamo di andare a casa".

Anna Finocchiaro, attacco vergognoso

"L'attacco alla scuola pubblica e ai suoi insegnanti che sta portando avanti con puntigliosa costanza il Presidente del Consiglio è vergognoso, indegno di un paese civile e fa il paio con l'attacco alla Magistratura e al Parlamento. Direi che questo governo, e soprattutto il suo leader, stanno diventando incompatibili con i principi, i valori e i pilastri della nostra Carta costituzionale". Lo dice Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd del Senato.

"Dire, come ha fatto oggi Berlusconi - prosegue Anna Finocchiaro - che il governo ha dato il bonus per la scuola privata per consentire alle famiglie di tenere i figli lontani dagli insegnanti di sinistra è un'aberrazione. Per il resto, se c'è un governo nemico della famiglia e delle donne è proprio questo: con i tagli agli enti locali e quindi ai servizi e alla scuola pubblica ha praticato politiche attive contro le lavoratrici. Tanto è vero - conclude Anna Finocchiaro - che la disoccupazione e il tasso di inattività delle donne, soprattutto giovani, sono oggi ai massimi storici".

Pantaleo (Flc-Cgil),"parole eversive"

Le parole di Berlusconi sulla scuola pubblica pronunciate a Padova "sono eversive perché mirano a cancellare la libertà d'insegnamento". Così il segretario generale Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, ha commentato il messaggio inviato dal presidente del Consiglio all'Associazione nazionale delle mamme e avverte: "Sappia Berlusconi che non riuscirà a trasformare gli insegnanti in suoi portavoce o nelle veline delle sue televisioni". "Meno male che c'è la scuola pubblica che inculca ai giovani i valori costituzionali che il premier continua a sfregiare. Insegnanti che inculcano alle ragazze che il successo non si deve ottenere vendendosi ad un vecchio signore inceronato ma con lo studio, la serietà e la perseveranza". È Francesca Puglisi, responsabile Scuola della segreteria Pd, ad aggiungere che "purtroppo ciò che la scuola insegna la mattina viene distrutto la sera dalle televisioni di Berlusconi. Rispetto alla famiglia e in particolare alle mamme - prosegue - ricordiamo che questo governo non ha fatto nulla per le mamme lavoratrici se non cancellare la legge sulle dimissioni in bianco, nulla se non far esplodere le liste d'attesa nelle scuole d'infanzia e tagliere i finanziamenti e le risorse agli asili nido. L'Italia - conclude - è stufa di essere insultata e di sentirsi raccontare volgari menzogne. È ora di dare una nuova possibilità a questo Paese, è ora di voltare pagina".

 

 

Berlusconi: insegnanti di sinistra inculcano valori diversi dalla famiglia - È subito polemica

Cronologia articolo16 aprile 2011Commenta

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Argomenti: Scuola e Università | CGIL | Francesca Puglisi | Italia | Flc | Mimmo Pantaleo | Silvio Berlusconi

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2011 alle ore 13:57.

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Silvio Berlusconi in una foto d'archivio (Epa)Silvio Berlusconi in una foto d'archivio (Epa)

Silvio Berlusconi bolla gli "insegnanti di sinistra", sostenendo che "nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi da quelli della famiglia". Il premier lo ha detto in un messaggio inviato alla riunione dell'Associazione nazionale delle mamme in corso a Padova. "Mamma - ha detto Berlusconi - vuol dire amore e vita. E noi, proprio perché vantiamo una cultura che predilige l'amore e rifiuta l'invidia e l'odio, cerchiamo di essere un governo amico delle donne, soprattutto delle mamme. Credo davvero che nessun governo abbia fatto tanti provvedimenti in favore quanto il nostro".

"Abbiamo fatto leggi - ha proseguito il presidente del Consiglio - che puniscono severamente la violenza sessuale, abbiamo introdotto il reato di stalking contro gli 'atti persecutori' contro le donne. Abbiamo tutelato la famiglia con i bonus bebè, il piano casa, gli affitti agevolati per le giovani coppie, la riduzione dei costi scolastici e il bonus per la scuola privata perchè i genitori possano scegliere liberamente quale educazione dare ai loro figli, e sottrarli a quegli insegnanti di sinistra che nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi da quelli della famiglia". "Siete più brave di noi uomini - ha concluso Berlusconi - nella scuola, sul lavoro, siete più puntuali, più precise e più responsabili. Anche per questo ho voluto che nel nostro governo ci fossero ministri donne e mamme che sono attivissime e bravissime. Care mamme vi garantisco che il governo continuerà a lavorare con lo stesso entusiasmo e con lo stesso impegno per valorizzare il vostro ruolo nella famiglia nel mondo del lavoro e della società. Un bacio affettuoso a tutte voi con l'augurio che possiate realizzare tutti i progetti e i sogni che avete nella mente e nel cuore".

 

 

 

 

 

 

2011-04-14

Il Pd: la riforma Gelmini dell'università è macchinosa e difficile da attuare, va semplificata

di Claudio TucciCronologia articolo14 aprile 2011Commenta

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Argomenti: Normativa sulla scuola | Mariastella Gelmini | Pd | Maria Chiara Carrozza | Marco Meloni | Anvur

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2011 alle ore 13:24.

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La riforma Gelmini degli atenei va "delegificata e semplificata": sono gli interventi che il Pd intende fare alla legge sull'università approvata a dicembre scorso: "una riforma macchinosa, difficile da attuare e senza una struttura di base perchè possa entrare in vigore", osserva Marco Meloni, responsabile nazionale università e ricerca del Pd. La riforma Gelmini prevede infatti 47 decreti attuativi.

Gelmini: entro sei mesi tutti i decreti attuativi

Ieri 13 aprile il ministro Mariastella Gelmini ha sottolineato come, al momento, siano stati firmati sei decreti attuativi: sull'importo minimo degli assegni di ricerca, per la definizione dei criteri di attivazione delle convenzioni per l'attività di didattica e di ricerca dei professori e dei ricercatori, sui criteri per la mobilità interregionale di professori di corsi e sedi soppresse, per la definizione dei settori concorsuali, per la definizione della corrispondenza per la chiamata di studiosi impegnati all'estero e per il trattamento economico del direttore generale. In più: sono in arrivo due Dlgs riguardanti la contabilità economico-patrimoniale dell'università e presupposti per la dichiarazione di dissesto finanziario delle università stesse. Per il 20 aprile è previsto l'avvio dell'Anvur, l'Agenzia di valutazione di università e ricerca.

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Pd: più investimenti su università e ricerca

Ma il Pd storce il naso e rilancia: "Guardando all'oggi - spiega Meloni - vogliamo intervenire sulla legge con piccole norme che la semplifichino e ne migliorino gli aspetti più negativi". Ieri poi è stata depositata una proposta di legge per l'"immediata applicabilità delle norme in materia di contratti a tempo e dottorato di ricerca", firmata da alcuni deputati Pd. "Non intendiamo realizzare una nuova riforma infinita ma semplificare quella attuale. Vogliamo fare dell'università il luogo della mobilità sociale e territoriale per gli studenti. Quello che critichiamo dell'operato del governo è il mancato investimento non solo in denaro ma in termini di qualificazione delle risorse umane, di ricerca e sviluppo". "Il governo - commenta Maria Chiara Carrozza, presidente del Forum nazionale università - impiegherà ancora molti mesi ad adottare le decine di atti normativi necessari per attuare la legge e i primi tentativi ne rivelano tutta l'inadeguatezza. Il sistema universitario rischia di subire un nuovo attacco sul fronte delle risorse. A pagare - aggiunge - saranno i meno fortunati ma è tutto il sistema che rischia di affondare e le pochissime isole felici non ci salveranno".

 

 

2011-04-02

Se il merito non entra all'università: arriva un altro rinvio per il bonus maturità

di Claudio TucciCronologia articolo1 aprile 2011

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Argomenti: Scuola e Università | Giuseppe Fioroni | Comitato Esecutivo

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2011 alle ore 15:44.

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Anche quest'anno niente "bonus maturità" per i ragazzi chi si iscrivono ai test d'ingresso all'università: la notizia è contenuta nel Dpcm 25 marzo 2011, pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale, che fa slittare al 31 dicembre 2011 l'entrata in vigore delle norme che concedono agli studenti eccellenti una corsia preferenziale per l'accesso agli atenei a numero chiuso. La novità era attesa nel mondo della scuola visto che il milleproroghe aveva rinviato l'entrata in vigore del bonus maturità fino al 31 marzo 2011, lasciando quindi aperta la strada di un possibile avvio da quest'anno.

Cos'è il bonus maturità

In palio ci sono (o meglio ci sarebbero stati) 10 punti (sui 100 totali previsti per gli esami di ammissioni a tali corsi) da assegnare in base ai risultati conseguiti dal ragazzo durante il percorso scolastico (esame di stato e ultimo triennio di scuola "da 10 e lode"). La normativa su questa speciale "dote" al merito scolastico è del 2007 e risale all'ex governo Prodi. I ministri Fabio Mussi e Giuseppe Fioroni avevano deciso di regalare agli studenti più bravi a scuola 25 punti (sui 105 totali) da spendere nei test di selezione ai corsi di laurea a numero chiuso, consentendogli così di partire in vantaggio. Per ottenere il bonus bisogna essere in presenza di una media complessiva non inferiore a 7/10 nell'ultimo triennio e di un voto di diploma non inferiore a 8/10. In più anche la lode e gli 8/10 in ciascuno degli ultimi tre anni nelle materie attinenti alla scelta della facoltà.

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Le ragioni del rinvio

Questo bonus però non è mai stato applicato. Anzi durante uno dei tanti rinvii disposti dall'attuale Esecutivo era stato deciso l'abbassamento dei punti spendibili, da 25 a 10, su espressa richiesta delle università, soprattutto dei presidi di medicina, preoccupati che 25 punti potessero spostare con forza l'asse delle graduatorie. Conseguentemente erano stati portati a 100 i punti massimi ai test d'ingresso. I ripetuti rinvii nell'applicazione di questa norma sono sempre stati legati a problemi tecnici. Anche quest'ultimo. Le norme infatti, sottolineano da viale Trastevere nel motivare il nuovo slittamento a fine dicembre 2011, fanno riferimento solo agli studenti "che frequentano le istituzioni scolastiche italiane". Non comprendono quindi: gli studenti comunitari (non italiani) e quelli extracomunitari regolarmente soggiornanti nel Belpaese che partecipano ai test e che vengono collocati nella medesima graduatoria. In più: mancherebbero anche "adeguate e uniformi procedure di certificazione della valutazione dei percorsi scolastici". Di qui la decisione di rinviare tutto in attesa che la commissione di esperti al lavoro al ministero sciolga al meglio questi nodi e il merito entri finalmente all'università.

 

 

2011-03-27

Federalismo, ecco i passi dopo il sì sulle regioni - I numeri solidarietà tra territori ricchi e poveri

di Eugenio Bruno e Gianni TrovatiCronologia articolo27 marzo 2011Commenti (1)

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Argomenti: Città e comuni | Sose Spa | Italia | Roberto Calderoli | Lega | Comitato Esecutivo

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2011 alle ore 15:47.

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"Non si può ottenere il federalismo e poi tirare il pacco a Berlusconi". Il leader della Lega, Umberto Bossi (Ansa)"Non si può ottenere il federalismo e poi tirare il pacco a Berlusconi". Il leader della Lega, Umberto Bossi (Ansa)

di Eugenio Bruno

Il 2018 non è solo l'anno in cui la Russia ospiterà i primi mondiali di calcio della sua storia o in cui è ambientato l'ultimo Terminator. Ma è anche quello che vedrà l'Italia approdare definitivamente al federalismo fiscale. Il decreto attuativo su regioni e sanità, che giovedì ha ottenuto il via libera della bicamerale e che a breve sarà a Palazzo Chigi per l'ok definitivo, ha infatti anticipato di un anno la dead line della riforma cara alla Lega. Il processo di transizione dalla spesa storica ai costi standard si concluderà dunque nel 2017.

Almeno per i governatori, poiché sindaci e presidenti di provincia sanno solo che fino al 2013 usufruiranno di un fondo perequativo transitorio. Poi ne arriverà uno definitivo ancora da elaborare.

Ma vediamo a che punto è il procedimento di attuazione all'articolo 119 della Costituzione partito nel 2008. Degli otto provvedimenti licenziati dal Consiglio dei ministri solo cinque hanno raggiunto (o quasi) il traguardo: federalismo demaniale, ordinamento di Roma capitale, fabbisogni standard di Comuni e Province, fisco municipale, tributi regionali, provinciali e costi standard. Senza che nessuno sia però diventato effettivamente operativo. Ogni decreto a sua volta delega a Dm, Dpcm e regolamenti vari la propria applicazione pratica. Valga l'esempio del municipale che contiene 18 rinvii ad altrettanti provvedimenti.

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In rampa di lancio ci sono altri tre Dlgs - interventi speciali, armonizzazione dei bilanci pubblici, premi e sanzioni - che devono però completare la trafila Conferenza unificata-Parlamento-Palazzo Chigi prevista dalla legge 42 del 2009. Per rispettare i tempi della delega, tutti e tre dovrebbe tornare in Cdm entro il 20 maggio. Per effetto della proroga di sei mesi annunciata ieri a questo giornale dal ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, il termine potrebbe slittare al 20 novembre. Il semestre aggiuntivo verrà sfruttato dal Governo per aggiungere almeno altri tre decreti legislativi su funzioni e risorse da attribuire a Roma capitale, fondo perequativo finale di Comuni e Province, superamento della diatriba Tarsu/Tia sui rifiuti. Fermi restando i 24 mesi aggiuntivi per le eventuali modifiche o correzioni.

Con l'arrivo del fisco municipale e regionale, l'impalcatura è definita. Sia per le entrate, visto che ora si sa quali e quanti tributi ogni livello di governo riceverà; sia per le uscite, poiché la società Sose Spa ha già avviato la ricognizione dei fabbisogni standard di Comuni e Province (cioè i servizi da erogare su tutto il territorio nazionale in condizione di efficienza e senza sprechi) e farà lo stesso per le Regioni nelle materie diverse dalla sanità.

Le prime a farsi sentire saranno le modifiche fiscali. Ad esempio i proprietari di un'abitazione, intenzionati ad affittarla, potranno a breve optare per la cedolare secca. Per smettere di pagare l'Ici dalla seconda casa in su e cominciare a versare l'Imu al 7,6 per mille dovranno invece aspettare il 2014.

Scaglionate nel tempo anche le modifiche sull'Irpef. Mentre l'addizionale comunale potrà salire dello 0,2% sin dal 2011 (con un tetto fissato allo 0,4%), quella regionale dovrà restare allo 0,9% (o eventualmente scendere) fino al 2013 quando potrà raggiungere l'1,4 per cento. Tale limite salirà al 2% dal 2014 e al 3% dal 2015. Se però si vive in un territorio che ha già portato l'asticella oltre lo 0,9% l'addizionale potrà restare comunque al di sopra della soglia. Il "congelamento" non varrà per le Regioni sottoposte a piano di rientro sanitario che, in caso di sforamento, continueranno a subire gli aumenti automatici previsti dalla legge. Il 2013 sarà l'anno "zero" anche per l'Irap che potrà essere ridotta fino a zero oppure diventare deducibile su base regionale.

Più diluito ancora sarà il procedimento di controllo della spesa da parte dei cittadini. I fabbisogni di Comuni e Province nei loro compiti fondamentali (asili, trasporti, ambiente, polizia locale) arriveranno, per un terzo di funzioni alla volta, nel 2011, nel 2012 e nel 2013. Ma ogni gruppo entrerà in vigore solo l'anno successivo alla sua introduzione. Se la tabella di marcia sarà rispettata, dal 2015 in poi ogni elettore potrà verificare quanto spende il proprio sindaco e quanto quello del Comune limitrofo. E magari ricordarsene al momento delle elezioni in nome di quel "vedo, pago, voto" caro all'Esecutivo. Un principio che per i governatori varrà pienamente solo dal 2018 in avanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

2011-03-22

Maxirisarcimento per 15 precari della scuola a Genova

Cronologia articolo25 marzo 2011

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Argomenti: Giustizia | Corrado Artale | Savona | Genova | Miur | Uil

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2011 alle ore 18:23.

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Maxirisarcimento di 500mila euro per 15 giovani precari ancora poco credito della scuola a Genova. Lo ha stabilito con sentenza dal Tribunale del Lavoro della città dopo un ricorso contro il ministero dell'Istruzione, università e ricerca promosso dalla Uil Scuola della Liguria, un'azione legale gratuita rivolta ai lavoratori precari del comparto. In particolare, i giudici del capoluogo hanno stabilito, per i 15 lavoratori precari, la ricostruzione della carriera, cioè gli stessi diritti economici del personale di ruolo; l'illegittimità dei contratti a termine a cui sono stati costretti i lavoratori precari; il riconoscimento di 15 mensilità per ogni lavoratore come risarcimento del danno per la mancata immissione in ruolo.

Il Miur dovrà quindi risarcire i lavoratori per circa 500mila euro, oltre che pagare le spese processuali. "Ormai è chiaro - ha dichiarato Corrado Artale, segretario generale Uil Scuola Liguria - che al ministero non conviene affrontare i ricorsi in oggetto. È invece necessario, legittimo e decisamente più conveniente riconoscere il ruolo ai lavoratori che ne hanno maturato il diritto". Il Tribunale del lavoro di Genova ha già pronunciato, nei mesi scorsi, le prime sentenze sui ricorsi in oggetto, grazie alle quali 6 lavoratori precari del capoluogo hanno ottenuto il riconoscimento dell'effettiva anzianità di servizio, il diritto alla progressione di carriera ed ai relativi arretrati. In Liguria hanno presentato ricorso circa 450 lavoratori tra le province di Genova, Imperia e Savona. Il 29 marzo sono previste le sentenze relative ai lavoratori precari di Savona.

 

 

2011-01-15

"Lascio, con i tagli hanno sacrificato il ministro Bondi"

Antonello CherchiCronologia articolo15 marzo 2011

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Argomenti: Governo | Bruno Cagli | Roma | S. Cecilia | Bondi | Fus

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2011 alle ore 06:39.

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ROMA

Dimissioni irrevocabili. Sono quelle che Andrea Carandini, archeologo nominato due anni fa alla presidenza del consiglio superiore dei beni culturali, ha rassegnato ieri. Non ci sono più le condizioni per andare avanti, per svolgere l'opera di tutela del patrimonio culturale.

È questo il presupposto che ha indotto Carandini a lasciare il ministero e che nasce dai continui tagli alle risorse di via del Collegio Romano. Il consiglio superiore ha condiviso le considerazioni del suo presidente e ha sospeso i lavori. Ora si attende un atto del ministro Bondi – anche lui, però, dimissionario, ma inascoltato dal premier Berlusconi – che possa garantire l'interessamento di parlamento e governo sulla situazione drammatica in cui versa il mondo della cultura.

Segnale che, per esempio, per quanto riguarda la fondazione S. Cecilia di Roma, è arrivato. Il sovrintendente Bruno Cagli, che aveva minacciato le dimissioni per protesta contro i tagli al Fus, ha avuto rassicurazioni da palazzo Chigi e dal Campidoglio circa un'azione congiunta per evitare la crisi dell'ente lirico. E così ieri Cagli ha comunicato al Cda della fondazione che le dimissioni per il momento sono rientrate in attesa di avere le risposte promesse.

Carandini, invece, tira dritto per la sua strada. "In due anni – afferma l'ormai ex presidente del consiglio superiore dei beni culturali – ho lavorato per raddrizzare la situazione, ma in queste condizioni non si può più operare".

Professore, qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?

Sicuramente la mancanza di finanziamenti e la continua diminuzione del personale.

Ma può esserci un ripensamento?

Solo se arriva un nuovo ministro e riesce realmente a cambiare questa situazione. Ma non può trattarsi di un Bondi-bis.

Le dimissioni sono in polemica con il ministro?

Tutt'altro. Il ministro Bondi è stato sacrificato dal governo, che non gli ha concesso un euro. Dicono che i tagli hanno colpito tutti i dicasteri nella stessa maniera. Invece, non è così. Il ministero dei Beni culturali è stato quello più bistrattato. Si pensi che per la tutela si è passati da 102 milioni a 92, ma per effetto di meccanismi contabili, al momento si può disporre effettivamente di 60 milioni. Un taglio secco che non consente più di operare.

Perché questo accanimento nei confronti dei beni culturali?

È facile da intuire. C'è nei confronti del ministero una volontà punitiva che rimanda alle regioni. Perché la mancanza di tutela del patrimonio consente alle amministrazioni regionali di avere mano libera, di fare quello che vogliono.

E come spiegare i tagli al Fus, che coinvolgono lo spettacolo?

C'è da registrare un generale disinteresse da parte di questo governo nei confronti della cultura, che viene considerata una questione di sinistra.

 

 

 

2011-01-12

Per Costituzione e scuola 100 cortei

di Giorgio PogliottiCronologia articolo13 marzo 2011

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Argomenti: Giustizia | Silvio Berlusconi | Antonio Di Pietro | Luigi De Magistris | Idv | Flavia Perina | Antonio Buonfiglio | Dario Fo | Palermo

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2011 alle ore 08:14.

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Per Costituzione e scuola 100 corteiPer Costituzione e scuola 100 cortei

In un milione secondo gli organizzatori (43mila per la questura) si sono dati appuntamento in contemporanea in un centinaio di piazze italiane e in diverse capitali europee per dire "è viva la Costituzione". Ma anche per puntare l'indice contro la "controriforma della giustizia" e denunciare i tagli del governo alla cultura e alla scuola.

Il corteo più imponente ha sfilato a Roma, dove dal palco di una piazza del Popolo gremita si sono alternati costituzionalisti, magistrati, insegnanti, artisti e giornalisti per leggere e commentare gli articoli della Costituzione italiana. In una piazza piena di gente che sventolava bandiere tricolori – ed ha intonato insieme al coro diretto da Marcello Bufalini il Và pensiero di Verdi, oltre al Dies irae di Mozart e l'Inno di Mameli – è stato letto il messaggio di adesione del presidente dell'Anm, Luca Palamara: "Oggi, più che mai siamo impegnati a difendere l'autonomia e l'indipendenza della magistratura nell'interesse della collettività".

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Le manifestazioni in difesa della Costituzione

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Per il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia "il fatto che in piazza ci siano tanti italiani dimostra che avete capito che la cosiddetta riforma della giustizia in realtà è una controriforma". "Non è soltanto una ritorsione contro la magistratura - ha aggiunto Ingroia -. Se dovesse passare avremmo uno stato di diritto sfigurato nei suoi principi fondamentali disegnati dai padri costituenti. È in gioco l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, che non sarebbe garantita nel momento in cui il potere giudiziario venisse schiacciato da quello politico".

Proprio l'intervento del procuratore aggiunto di Palermo è stato fortemente criticato dalla maggioranza: "Ingroia è la più evidente dimostrazione del giudice al di sopra delle parti – ha commentato il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto –. Non si capisce come, di fronte a episodi così clamorosi di schieramento politico, l'Anm possa parlare di difesa di indipendenza dei giudici". Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: "I comizi di Ingroia preoccupano perché confermano un pericoloso intreccio tra una politica astiosa e minoranze di togati".

A Roma che ha ricordato con un minuto di silenzio le vittime del terremoto in Giappone, i manifestanti per il Costituzione day si sono trovato fianco a fianco con i libici che protestavano contro Gheddafi, e lo stesso copione è andato in scena a Londra. Sempre dal palco romano è arrivato anche l'annuncio dello sciopero generale della cultura contro l'ulteriore riduzione di risorse del fondo unico dello spettacolo disposto con il congelamento di altri 27 milioni. Mentre a Milano, dove hanno manifestato in 5mila (2mila per la questura) è intervento Dario Fo, che ha fatto uno show contro il premier Silvio Berlusconi, senza risparmiare critiche all'opposizione.

La manifestazione per la Costituzione "non è una piazza contro, è una piazza per l'alternativa, per un'Italia diversa" ha sostenuto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, sfilando al corteo romano insieme allo stato maggiore del partito: "C'è un grande movimento nel paese – ha aggiunto – i partiti devono affiancarlo, dargli una mano: politica e società civile si mettano insieme per una strada di speranza e ricostruzione". Poche bandiere di partito alla manifestazione nella capitale, alla quale hanno partecipato anche alcuni esponenti di Futuro e Libertà come Flavia Perina, Aldo Di Biagio e Antonio Buonfiglio.

"È una grande manifestazione di italiani liberi e diversi ideologicamente ma uniti dal patrimonio immateriale essenziale dell'essere italiani", ha spiegato Fabio Granata. Mancava il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro che da Napoli – dove ha presentato la candidatura di Luigi De Magistris – ha accusato l'esecutivo: "invece di occuparsi della grave crisi economica che sta piegando il paese, pensa a salvaguardare Berlusconi dai suoi guai giudiziari con i soliti provvedimenti ad personam". Nichi Vendola – assente perché bloccato a Bari – ha sottolineato: "Bisogna difendere con le unghie e con i denti la nostra Costituzione, la carta d'identità della nostra dignità".

E ieri ha rinnovato i suoi dubbi sulla riforma della giustizia del governo, Pier Ferdinando Casini: cambiare la Costituzione "non è un tabù" per il leader Udc, ma per farlo bene "ci vuole lo stesso bagaglio culturale che avevano i nostri costituenti", l'importante è che "non ci siano apprendisti stregoni ma persone serie".

 

 

 

 

 

2011-01-11

"Investire su scuola e ricerca"

Dino PesoleCronologia articolo11 marzo 2011

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2011 alle ore 06:40.

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ROMA

Il disagio dei giovani è stato il leit motiv del suo ultimo messaggio di fine anno agli italiani. Per il presidente della Repubblica è questa la vera emergenza con cui fare i conti, perché in base alle risposte che governo e parlamento saranno in grado di fornire si potranno misurare le chances che ha il paese di progettare e investire sul suo futuro. Una priorità assoluta, dunque, come Giorgio Napolitano ha ribadito ieri in un messaggio di saluto inviato in occasione della conferenza internazionale "Capitale umano e occupazione nell'area europea e mediterranea", in corso a Bologna.

Un messaggio di poche righe in cui il capo dello Stato invita nuovamente le forze politiche, e in primo luogo il governo, a "prestare ascolto alle pressanti richieste provenienti dal mondo giovanile e fornire risposte concrete a generazioni di studenti che troppo spesso vedono ostacolato il percorso di crescita personale e professionale e vanificate la fiducia e la speranza che hanno motivato il loro impegno nello studio e nella ricerca". La strada è nell'innalzamento degli standard formativi e nella valorizzazione delle "migliori energie intellettuali e creative". Soltanto investendo su tali priorità - osserva Napolitano - sarà possibile superare le attuali difficoltà "di ordine economico e sociale ed affrontare efficacemente le grandi sfide del nostro tempo".

Temi che non sembrano dominare l'agenda politica in queste settimane e che tuttavia rappresentano un'urgenza reale, soprattutto se si riflette sui motivi alla base del grave disagio delle giovani generazioni. I dati già di per sé allarmanti sulla disoccupazione giovanile non esauriscono in sostanza la questione, poiché quel che manca è l'indicazione di una rotta, e dunque una prospettiva che possa orientare i giovani nelle scelte di studio e professionali. Napolitano ne è consapevole, cerca di dare risposte per quanto di sua competenza, sollecita un'inversione di tendenza.

Lo ha detto chiaramente venerdì scorso al termine della sua visita ai laboratori del Cern di Ginevra: è giusto perseguire la strada del rigore nei conti pubblici, ma i tagli alla spesa non possono essere "fatti con il machete". Concetti ripresi lunedì scorso nel messaggio inviato al presidente del comitato Telethon, Luca di Montezemolo, in occasione della XVI edizione della convention scientifica di Telethon.

Riflessioni ricorrenti nelle più recenti esternazioni pubbliche di Napolitano. Non è in discussione la necessità di operare scelte anche dolorose per salvaguardare i conti pubblici in un contesto di perdurante crisi economica. Quel che serve è una strategia di medio periodo che distingua nettamente i settori in cui occorre tagliare da quelli nei quali al contrario occorre investire. In fondo è proprio questo il compito di chi ha l'onere di governare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2011-01-10

Il richiamo di Napolitano: investire su scuola, giovani e ricerca

Cronologia articolo9 marzo 2011Commenti (3)

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2011 alle ore 11:44.

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Giorgio Napolitano torna nuovamente a chiedere più attenzione e risorse per la scuola, la ricerca e i giovani. Lo fa questa volta attraverso un messaggio di saluto a promotori e partecipanti alla Conferenza internazionale "Capitale umano e occupazione nell'area europea e mediterranea" che si apre oggi a Bologna. "Occorre prestare ascolto alle pressanti richieste provenienti dal mondo giovanile e fornire risposte concrete a generazioni di studenti che troppo spesso vedono ostacolato il percorso di crescita personale e professionale e vanificate la fiducia e la speranza che hanno motivato il loro impegno nello studio e nella ricerca".

Occorre innalzare standard formativi e valorizzare le migliori energie

In questo quadro, ha ricordato ancora il capo dello Stato, "è essenziale promuovere l'innalzamento degli standard formativi e valorizzare le migliori energie intellettuali e creative: soltanto investendo su tali priorità sarà possibile superare le attuali difficoltà di ordine economico e sociale ed affrontare efficacemente le grandi sfide del nostro tempo". L'indubbio rilievo del tema affrontato, osserva l'inquilino del Colle, "merita il più ampio approfondimento, anche in relazione al particolare contesto italiano nell'auspicio che il consolidamento della collaborazione scientifica fra gli istituti univesitari e di ricerca nell'area mediterranea potrà contribuire a rafforzare il processo di arricchimento

professionale e di integrazione culturale".

 

 

 

 

 

2011-01-07

Ancora poco lavoro per i laureati, ma chi sceglie l'estero guadagna di più

di Claudio TucciCronologia articolo7 marzo 2011

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2011 alle ore 18:35.

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Anche se un pò meno rispetto all'anno passato i laureati fanno ancora fatica a trovare lavoro dopo aver messo in tasca il titolo di studio: lo rileva il XIIIesimo rapporto Almalaurea, presentato a Roma. Tra i laureati del 2009 emerge che la disoccupazione aumenta, seppure in misura inferiore all'anno scorso, fra i triennali: dal 15 al 16% (l'anno precedente l'incremento era stato intorno ai 4 punti percentuali). La disoccupazione cresce anche fra i laureati specialistici biennali, quelli con un percorso di studi più lungo: dal 16 al 18% (la precedente rilevazione aveva evidenziato una crescita di oltre 5 punti percentuali). Ma sale pure fra gli specialistici a ciclo unico: dal 14 al 16,5% (rispetto all'aumento di 5 punti percentuali registrato dall'indagine precedente).

Si guadagna di più all'estero

Dal rapporto emerge poi che per ogni cervello che entra ne esce uno e mezzo. I laureati specialistici biennali con cittadinanza italiana del 2009 che lavorano all'estero, a un anno dal titolo, sono il 4,5% (erano il 3% nel 2009). Il 29% degli occupati all'estero proviene da ingegneria, il 16,5% dal gruppo linguistico, il 16% da quello economico-statistico e il 12% dal politico-sociale. Oltre il 70% dei laureati specialistici italiani occupati all'estero è impiegato nel settore dei servizi. Anche le retribuzioni medie mensili sono notevolmente superiori a quelle degli occupati in Italia, di circa 500 euro: gli specialistici trasferitisi all'estero guadagnano infatti 1.568 euro contro 1.054 dei colleghi rimasti a casa.

Il lavoro nero resta sempre una piaga

I laureati che lavorano senza contratto, a un anno dal conseguimento del titolo di studio, raddoppiano tra gli specialistici biennali raggiungendo il 7%; per i laureati di primo livello i "senza contratto" passano dal 3,8 al 6%; gli specialistici a ciclo unico (ovvero i laureati in medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza), che registrano da sempre un valore più elevato, passano dall'8 a quasi l'11 per cento. L'indagine mostra che a un anno dall'acquisizione del titolo diminuisce il lavoro stabile in misura superiore alla contrazione registrata l'anno precedente per i laureati di ogni livello. Contemporaneamente si dilata la consistenza del lavoro atipico. La stabilità riguarda il 46% dei laureati occupati di primo livello e il 35% dei laureati magistrali (con una riduzione in entrambi i casi di 3 punti percentuali rispetto all'indagine 2009).

 

 

 

 

2011-01-06

Berlusconi: legge sulle intercettazioni e riforma tributaria. "Mai attaccato la scuola pubblica"

Cronologia articolo5 marzo 2011Commenta

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 marzo 2011 alle ore 11:39.

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"Giovedì, in un consiglio dei ministri straordinario, presenteremo una riforma che certamente sarà epocale. Presenteremo la riforma della giustizia. E davvero sarà epocale". Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi in collegamento telefonico con avezzano (L'Aquila), al convegno di "noi riformatori", trasmesso in diretta da Sky tg24, torna a parlare di giustizia rilanciando il progetto di riforma.

I tre cardini della riforma

Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha confermato che la prossima settimana presenterà in Consiglio dei Ministri la riforma della giustizia che "contiene tre principi cardine". "Accusa e difesa devono essere alla pari e quindi devono essere giudicati da un giudice imparziale. Oggi pm e giudici si danno del tu e hanno stessi uffici e uguale Csm", ha spiegato il ministro, indicando la strada della separazione delle carriere. "Se un magistrato sbaglia - ha proseguito -, come per i medici e gli avvocati deve esserne responsabile". L'ultimo cardine, ha indicato il ministro, è la riforma del Csm perchè "se la magistratura deve essere autonoma dai poteri, deve essere anche senza nessuna influenza interna e, quindi, devono essere giudicati da un organismo terzo".

Avanti sulle intercettazioni

Il premier ha ribadito l'intenzione di andare avanti sul fronte intercettazioni. Si tratta di un fronte su cui c'è la possibilità di andare avanti, mentre "prima Fini ce lo impediva". "I cittadini - ha detto il premier - sono stufi di leggere sui giornali intercettazioni di telefonate anche personali. Dobbiamo tornare alla tutela della privacy".

Lavoriamo alla riforma tributaria

Tra le altre riforme a cui il governo sta lavorando ci sarebbe anche quella tributaria che, ha detto Berlusconi, il governo starebbe pensando assieme a sindacati e imprese".Questa riforma, ha aggiunto, "è assai importante perchè abbiamo leggi che risalgono a 40 anni fa, che sono così complicate che nemmeno i più bravi commercialisti sono in grado di applicare".

No a elezioni anticipate

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha assicurato che "non ci saranno elezioni politiche anticipate" perchè "sarebbe veramente un danno per il nostro Paese dare un segnale di non avere stabilità di governo", soprattutto alla "finanza internazionale". È "molto importante avere un governo stabile e nel pieno dei poteri anche per quello che succede in Egitto in Tunisia e in Libia", ha detto.

Mai attaccato la scuola pubblica

Il premier è tornato anche sulla polemica per le parole da lui pronunciate sulla scuola pubblica. "Noi abbiamo difeso in modo concreto la scuola pubblica" con la riforma e riteniamo che gli insegnanti abbiano "un ruolo fondamentale nell'educazione dei nostri figli". Berlusconi ha anche sottolineato che gli insegnanti "ricevano uno stipendio assolutamente inadeguato" per questo ruolo. "Io non ho mai attaccato la scuola pubblica", ha detto il presidente del Consiglio. "La scuola alla sinistra è servita solo come ammortizzatore sociale, come serbatoio politico. Abbiamo difeso la scuola pubblica con le riforme".

Sul caso Ruby donne strumentalizzate

In giornata il premier ha inviato anche un messaggio alla prima Conferenza nazionale sul lavoro e occupazione femminile del Pdl. Sulla scia delle polemiche per lo scandalo Ruby nonché delle manifestazioni delle donne italiane pronte a scendere ancora in piazza per difendere la loro dignità il premier Silvio Berlusconi ha detto: "Chi cerca di strumentalizzare politicamente le donne, non ne difende la dignità, ma le mortifica". "Me l'avete sentito dire tante volte - ha detto Berlusconi- voi donne siete più brave di noi, più brave a scuola, all'università nel lavoro. Lavorate come e più di noi. Sapete progettare, gestire, creare. Avete talento e determinazione in qualsiasi attività affrontiate. Noi uomini riconosciamo questo talento in ogni ambito della vita e vogliamo che divenga un fatto normale e non eccezionale che le donne ricoprano ruoli decisionali nella nostra società nel pubblico come nel privato". Per il premier "le donne sono il miglior esempio di quel fare che nostro governo si é posto come obiettivo e come metodo. Siete pragmatiche e vi ponete obiettivi concreti per lo sviluppo e il miglioramento dell'italia".

 

 

 

2011-01-03

Bagnasco: fiducia in tutta la scuola

Lina PalmeriniCronologia articolo01 marzo 2011

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2011 alle ore 06:41.

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ROMA

Che fosse stata un'enorme scivolata si era capito sin da pomeriggio di sabato, quando lo stesso premier aveva tentato di ritrattare le frasi "incriminate". Troppo tardi. Dopo il suo attacco alla scuola pubblica, si erano già scatenate tutte le voci dell'opposizione e parecchi malumori dentro la sua stessa maggioranza. "Libertà di educare i propri figli liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato dove ci sono insegnanti che vogliono inculcare principi contrari a quelli dei genitori": questo aveva detto Silvio Berlusconi – facendo esplodere una bufera politica – e su questo punto ieri è arrivato il gelo della Chiesa.

E così, a distanza di tre giorni dal fatto, quell'infelice uscita continua a pesare sul presidente del Consiglio proprio alla luce della presa di distanza che è arrivata ieri dalla Cei. "La Chiesa, come sempre, ha molta stima e fiducia nella scuola perché è un luogo privilegiato dell'educazione, tanto più che siamo nell'ambito del decennio sulla sfida educativa, che la Cei ha scelto. Quindi – è stato il ragionamento del cardinal Angelo Bagnasco – ci sta a cuore l'educazione integrale anche attraverso la scuola e in qualunque sede, statale o non statale, l'importante è che ci sia questa istruzione, ma anche questa formazione della persona che è scopo della scuola a tutti i livelli". Ecco il passaggio chiave – "statale e non statale" – perché quelle parole così forti che il premier aveva riservato alla "scuola di Stato" e ai professori, avevano messo anche in imbarazzo le gerarchie ecclesiastiche.

Insomma, quella brutta uscita di Silvio Berlusconi aveva, indirettamente, trascinato nella polemica anche le scuole private cattoliche ma ieri la presa di distanza è stata netta. Ed è arrivata dai massimi livelli della Chiesa. Da Genova, Bagnasco pronuncia parole chiare mettendosi al fianco dell'istruzione "in qualunque sede venga praticata" e al fianco dei professori, anche loro bistrattati dall'intervento del premier. "Ci sono tantissimi insegnanti e operatori che sappiamo si dedicano al proprio lavoro con grande generosità, impegno e competenza, sia nella scuola statale che non statale. Quindi il merito va a loro. Tutti quanti – ha voluto sottolineare il cardinal Bagnasco – ci auguriamo che anche la libertà di scelta dei genitori nell'educazione dei figli possa essere concretizzata sempre più e meglio, ma questo riguarda un altro aspetto della scuola non statale".

Come se non bastasse, a mettere nell'angolo il premier – che invece quel giorno era stato "salvato" proprio dal ministro dell'Istruzione Gelmini – è stato pure il presidente del Senato, Renato Schifani. Ieri la seconda carica dello Stato che si trovava in visita in Abruzzo, è voluto tornare sul tema-scuola. E non a caso. Ed è così che ha cercato di far dimenticare quella scivolata di Silvio Berlusconi. "La scuola svolge una funzione primaria: educa le future classi dirigenti del paese, e a questa va riconosciuta una funzione indispensabile".

Ma è la postilla quella che conta: "Spero – ha detto Schifani – che le polemiche di questi giorni vengano archiviate al più presto, perché tra l'altro vi sono stati dei chiarimenti e controchiarimenti". L'ultimo è il suo.

 

 

 

 

 

 

 

 

2011-02-28

Bagnasco: la Chiesa ha fiducia in tutta la scuola

Cronologia articolo28 febbraio 2011

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2011 alle ore 19:46.

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La Chiesa interviene dopo le accuse del premier Silvio Berlusconi che nei giorni scorsi aveva attaccato la scuola pubblica colpevole, a suo dire, di inculcare idee diverse "da quelle che vengono trasmesse nelle famiglie". Lo fa per bocca del presidente della Cei e arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco. "La Chiesa, come sempre, ha molta stima e fiducia nella scuola perchè è un luogo privilegiato dell'educazione, tanto più perché siamo nell'ambito del decennio sulla sfida educativa che la Cei ha scelto. Quindi ci sta a cuore l'educazione integrale, anche attraverso la scuola, in qualunque sede, statale o non statale. L'importante è che ci sia questa istruzione ma anche questa formazione della persona, che è scopo della scuola a tutti i livelli".

Berlusconi a tutto campo attacca scuola pubblica e unioni gay (di Claudio Tucci)

Bersani: il ministro Gelmini dovrebbe dimettersi. Il premier: le mie parole sono state travisate

L'elogio degli insegnanti

Parlando a margine dell'incontro a Palazzo Ducale di Genova su '"La formazione della coscienza nel Beato John Henry Newman" Bagnasco ha quindi aggiunto che "ci sono tantissimi insegnanti e operatori che si dedicano al proprio lavoro con grande generosità, impegno e competenza, sia nella scuola statale, sia non statale, quindi il merito va a loro. Tutti quanti ci auguriamo che anche la libertà di scelta dei genitori nell'educazione dei figli possa essere concretizzata sempre più e meglio, ma questo riguarda un altro aspetto della scuola non statale. In generale - ha concluso il porporato - sicuramente tutti auspichiamo che la scuola a tutti i livelli e in tutte le sedi, possa veramente rispondere al desiderio dei genitori per i loro figli".

 

 

 

 

Berlusconi: le mie parole sono state travisate

Cronologia articolo27 febbraio 2011Commenti (2)

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2011 alle ore 16:00.

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Silvio Berlusconi torna sulle frasi pronunciate ieri al congresso dei Cristiano riformisti sulla scuola pubblica. "Come al solito, anche le parole che ho pronunciato sulla scuola pubblica sono state travisate e rovesciate da una sinistra alla ricerca, pressoché ogni giorno e su ogni questione possibile, di polemiche infondate, strumentali e pretestuose". Il presidente del Consiglio affida la precisazione in una nota ufficiale diffusa da Palazzo Chigi: "Desidero perciò chiarire nuovamente, senza possibilità di essere frainteso, la mia posizione sulla scuola".

La riforma avviata

"Il mio governo - aggiunge il comunicato - ha avviato una profonda e storica riforma della scuola e dell'università, proprio per restituire valore alla scuola pubblica e dignità a tutti gli insegnanti che svolgono un ruolo fondamentale nell'educazione dei nostri figli in cambio di stipendi ancora oggi assolutamente inadeguati. Questo non significa - sottolinea - non poter ricordare e denunciare l'influenza deleteria che nella scuola pubblica hanno avuto e hanno ancora oggi culture politiche, ideologie e interpretazioni della storia che non rispettano la verità e al tempo stesso espropriano la famiglia dalla funzione naturale di partecipare all'educazione dei figli".

Nessun attacco

"Le mie parole, perciò, non possono essere in alcun modo interpretate - conclude il presidente del Consiglio - come un attacco alla scuola pubblica, ma al contrario come un richiamo al valore fondamentale della scuola pubblica, che presuppone libertà d'insegnamento ma anche ripudio dell'indottrinamento politico e ideologico".

Le critiche di Franceschini e Vendola

"Come al solito Berlusconi sostiene pateticamente il giorno dopo di essere stato travisato ma, facendolo, questa volta aggrava le sue parole di ieri". Così Dario Franceschini, capogruppo Pd alla Camera, ha commentato le parole del premier. "Vorrebbe essere lui a dire agli insegnanti quali sono le culture politiche e le interpretazioni storiche che rispettano la verità e che possono entrare nelle scuole. Un'altra prova terrificante della sua concezione di libertà"

Per Nichi Vendola (Sel), Silvio Berlusconi attacca la scuola pubblica perché anche grazie alla debolezza dell'istruzione ha potuto godere di "15 anni di egemonia culturale". Per ridare slancio al Paese, ha affermato Vendola nel corso di una manifestazione a Roma, serve "innovazione", e dunque bisogna "concretamente avere un Paese - presidente Berlusconi - che investe sulla scuola pubblica perché è il cuore della crescita economica".

"Capisco - ha aggiunto - perché lei, presidente del Consiglio, sente inimicizia nei confronti della scuola pubblica: è stata proprio la crisi della scuola pubblica e il trionfo delle sue televisioni che hanno accompagnato l'egemonia culturale di un quindicennio. A queste classi dirigenti serve opinione pubblica narcotizzata".

Brunetta denuncia strumentalizzazioni

Nella polemica interviene anche il ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione Renato Brunetta: "Le nozioni e le capacità che vengono trasmesse ai giovani sono al di sotto della media dei Paesi sviluppati - precisa in una nota - gli ascensori sociali interni si sono bloccati, il valore legale del titolo di studio fa da baluardo dietro il quale si ripara una burocrazia che à pronta a tutto pur di non essere valutata e giudicata. Una sinistra degna di questo nome dovrebbe battersi contro questa realtà, che colpisce gli interessi dei non privilegiati e lascia spazio alle professioni ereditate e corporativizzate; la sinistra di Bersani, invece, è pronta a schierarsi con ogni conservatorismo, contro ogni interesse popolare, contro ogni aspirazione culturale, pur di alimentare una polemica sterile e puerile contro il governo e contro il presidente del Consiglio. Offrire maggiore qualità e selettività degli studi, consentire alle famiglie e agli studenti maggiore libertà di scelta, favorire un maggiore pluralismo culturale, avversando l'omologazione nel conformismo bigotto, dovrebbe essere il pane quotidiano dei riformisti e della sinistra capace di governare".

 

 

Bersani: il ministro Gelmini dovrebbe dimettersi. Il premier: le mie parole sono state travisate

Cronologia articolo27 gennaio 2011Commenti (9)

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2011 alle ore 15:41.

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Dopo i giudizi di Silvio Berlusconi sulla scuola il ministro Mariastella Gelmini dovrebbe dimettersi. Lo ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: "Se la Gelmini fosse un vero ministro, invece che arrampicarsi sui vetri per difendere Berlusconi, dovrebbe prendere atto degli inaccettabili attacchi che il premier ha rivolto agli insegnanti e alla scuola pubblica e dimettersi". Il Partito democratico ha proclamato un sit di protesta a Palazzo Chigi (via del Corso davanti a Galleria Colonna) martedì 1° marzo alle 17: 30. La presa di posizione di Bersani ha provocato una replica ufficiale di Palazzo Chigi, oltre alle reazioni del ministro dell'Istruzione.

Berlusconi a tutto campo attacca scuola pubblica e unioni gay

Con richiami di sapore antico, ha commentato ancora Bersani, "Berlusconi se la prende con comunisti e gay, insultando così l'intelligenza e la coscienza civile del Paese. All'elenco, Berlusconi stavolta ha aggiunto gli insegnanti della scuola pubblica. Uno schiaffo inaccettabile a chi lavora con dedizione in condizioni rese sempre più difficili dal governo. La scuola pubblica è nel cuore degli italiani. È il luogo in cui l'Italia costruirà il suo futuro. Noi siamo con la scuola pubblica e non permetteremo che Berlusconi la distrugga".

Non si è fatta attendere la reazione del ministro Gelmini: "Bersani si rassegni, la scuola non è proprietà privata della sua parte politica. La sinistra guarda alla scuola pubblica italiana come ad un luogo di indottrinamento ideologico. Noi vogliamo un sistema educativo che abbandoni vecchi slogan e punti sul merito, sull'efficienza e sulla valutazione per valorizzare ancora di più il ruolo dei docenti e dare agli studenti una formazione di qualità. Ogni giorno Bersani chiede in maniera scomposta le dimissioni di qualche esponente del governo. Lo invito invece a riflettere sugli errori storici della sinistra, incapace di leggere la modernità e capire le esigenze della società in cui viviamo".

Gli altri commenti

Anche Futuro e libertà per l'italia prende posizione a favore della scuola pubblica. "Il vero centrodestra, quello di Fini e di Fli, sta dalla parte della scuola pubblica, così come prevede la Costituzione, senza nulla togliere alla scuola privata, che in parte svolge unafunzione molto positiva". A rivendicarlo è Italo Bocchino osservando che "in Italia esistono tre tipi di scuole private: quella cattolica va sostenuta e rispettata per quanto di buono fa; poi c'è la scuola privata che funge da diplomificio a pagamento e che andrebbe chiusa; infine, c'è la scuola privata per i figli dei ricchi, utile a farli diventare di norma ignoranti, ma poliglotti".

A Bocchino ha ribattuto il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: "È singolare come una parte della ex maggioranza, il Fli, e l'opposizione con Bersani si trovino pronti nello strumentalizzare alcune frasi del premier. Da sempre il nostro pensiero è chiaro a riguardo". Cicchitto parla di "una forzatura del tutto anacronistica richiamarsi oggi alla scuola gentiliana perchè esisteva nella formazione degli anni Trenta indubbiamente un orientamento unilaterale". "Oggi - aggiunge - è essenziale che la scuola pubblica sia pluralista e non faziosa e tale è, a parte alcuni nuclei estremisti del tutto minoritari che scambiano l'insegnamento per propaganda. Per il resto nella scuola pubblica ci sono molti insegnanti che con abnegazione e competenza portano avanti in modo pluralista la loro professione".

 

 

 

Arrivano i super-ispettori che daranno i voti ai prof

di Claudio TucciCronologia articolo28 febbraio 2011

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2011 alle ore 06:37.

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Mette il turbo il sistema nazionale di valutazione, che avrà il compito di dare le pagelle a insegnanti e docenti. La novità è contenuta tra i commi del decreto milleproroghe. Il ministro Mariastella Gelmini ha ridisegnato l'impalcatura generale del sistema attraverso il potenziamento di tre soggetti: gli ispettori ministeriali (che a regime, a concorso concluso, saliranno a circa 300 unità), l'Indire e l'Invalsi, cui è chiesto di portare a completamento l'attività di valutazione delle scuole di ogni ordine e grado.

Il prossimo 10 maggio i test di italiano e matematica sbarcheranno in seconda superiore. E nelle prossime settimane, annuncia Piero Cipollone, presidente dell'Invalsi, l'istituto per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, "restituiremo a ogni singola scuola i risultati dello scorso anno depurati dai fattori di contesto, rendendo le nostre valutazioni ancora più complete e utili alle scuole".

Le sperimentazioni

Più difficoltà stanno invece trovando i due progetti sperimentali annunciati a novembre dal ministro Gelmini per premiare istituti e professori più meritevoli. Sono partiti i primi di febbraio, ma con molta fatica. In palio c'è una mensilità lorda in più di stipendio per i docenti più bravi e fino a 70mila euro per le scuole meritevoli. Molto fredde sono state soprattutto le scuole. Su tre province campione, Pisa, Siracusa e Cagliari, ha reso noto il ministero del l'Istruzione, sono state raccolte appena 40 adesioni (il termine è scaduto il 7 febbraio) e tutte nel siracusano. Gli istituti delle altre due province hanno invece tutti bocciato il progetto, nonostante un massiccio "pressing" da parte di viale Trastevere per convincere presidi e insegnanti a farsi valutare. Maggior "successo" ha avuto il progetto di valutazione individuale, quello cioè rivolto agli insegnanti. Nelle tre province interessate dalla sperimentazione, Torino, Milano, Cagliari, sono arrivate tra le 35-40 adesioni, un numero sufficiente per partire, visto che la deadline era stata fissata ad almeno 15 adesioni. L'intenzione è comunque estendere i due progetti anche ad altre città. Nel mirino, secondo la Flc Cgil, ci sarebbero Arezzo, Massa Carrara e Ancona.

Il sistema di valutazione

Tornando al decreto milleproroghe, spicca la ripartizione di compiti e funzioni tra i "nuovi valutatori". Spetterà agli ispettori, la "valutazione esterna della scuola", da effettuare periodicamente e secondo modalità e protocolli standard, che saranno definiti in un secondo momento in un apposito regolamento, da emanarsi entro fine aprile. In buona sostanza, sarà il corpo ispettivo (autonomo e indipendente) a dare le pagelle a istituti e presidi. Con una specifica importante: "secondo quanto previsto dalla riforma Brunetta". L'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (l'Indire) avrà invece compiti "di sostegno ai processi di miglioramento e innovazione educativa" e di "formazione in servizio del personale della scuola". Ultimo tassello del nuovo puzzle valutativo disegnato dal ministro Gelmini è l'Invalsi, che dovrà dare attuazione completa a una direttiva del 2008 e portare quindi a regime, dalla primaria alle superiori, il proprio sistema di rilevazione degli apprendimenti degli alunni.

Un impianto però che ha dei costi, stimati in un documento interno, tra i 31 e gli 81 milioni di euro. L'idea, ha spiegato Daniele Checchi (si veda l'intervista qui a fianco), è cogliere un qualcosa in più della preparazione di un ragazzo, valutando progressi (o peggioramenti) lungo i diversi step dell'esperienza scolastica. Il tutto, aggiunge, per consentire a scuole e docenti di poter poi intervenire. Allo studio è anche l'ipotesi di estendere i quiz alla maturità, in sostituzione dell'attuale quizzone (la terza prova gestita dalle singole commissioni). La novità, come ribadito più volte dal ministro Gelmini, dovrebbe arrivare il prossimo anno. Cioè nel 2012.

I test Invalsi

Attualmente i test Invalsi, quiz in italiano e matematica per valutare la preparazione dei ragazzi, sono somministrati in seconda e quinta elementare, prima e terza media. Nei giorni scorsi scorsi è stato reso noto il calendario delle prove 2011. L'11 maggio toccherà ai bambini della seconda primaria (test di lettura e prova d'italiano) e della quinta primaria (solo prova d'italiano). Il 12 maggio sarà la volta degli studenti di prima media (matematica e italiano), mentre il 13 maggio, di nuovo, i bambini di seconda e quinta elementare che si cimenteranno con la prova di matematica. Per la terza media si terrà conto della valutazione degli apprendimenti cui sono sottoposti gli studenti in occasione della prova nazionale dell'esame di stato del primo ciclo. Entro oggi sul sito dell'Invalsi le scuole potranno inserire le informazioni di contesto. Gli elaborati saranno corretti dagli insegnanti della scuola e come gli altri anni saranno inviati (a campione) degli osservatori esterni. Entro il 20 aprile le scuole riceveranno le prove da somministrare.

 

 

2011-01-25

In vigore dal 15 febbraio le nuove regole sulla formazione iniziale degli insegnanti

di Claudio TucciCronologia articolo1 febbraio 2011

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 febbraio 2011 alle ore 11:29.

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Le nuove norme sulla formazione iniziale degli insegnanti entreranno in vigore il prossimo 15 febbraio. Lo prevede il decreto sui requisiti e sulle modalità di come si diventa professori nella scuola, pubblicato sul supplemento ordinario n. 23 della "Gazzetta Ufficiale" del 31 gennaio. Il provvedimento, presentato da Mariastella Gelmini a metà settembre, introduce lauree specialistiche per ciascuna classe di abilitazione e un tirocinio obbligatorio (che prende il posto delle Ssis) da svolgere all'università e direttamente a contatto con le scuole e "il mestiere". In più: il numero dei nuovi docenti sarà deciso in base al fabbisogno effettivo, con la speranza, sottolineano da viale Trastevere, "di ridurre l'accesso illimitato alla professione che creava precariato".

Inizia la fase attuativa (che non sarà breve)

Il decreto tuttavia ha un lungo cammino davanti a sè prima di entrare appieno in vigore. Intanto, è necessario emanare il decreto sul reclutamento degli insegnanti. Poi, bisognerà individuare le classi di concorso. Successivamente, i posti effettivamente vacanti. E ancora dopo servirà un altro decreto che autorizzi le università a fare i bandi. Insomma bisognerà correre se si vuol partire con le novità già dal prossimo anno. Vale a dire, a settembre 2011.

Lauree ad hoc e tirocinio

Secondo le nuove regole, per insegnare nella scuola dell'infanzia e nella primaria sarà necessaria una laurea quinquennale, a numero programmato. Si rafforzeranno le competenze disciplinari e pedagogiche, oltre a una specifica attenzione al problema degli alunni con disabilità. Per insegnare invece nelle scuola secondaria di primo e di secondo grado, sarà necessaria una laurea magistrale ad hoc, completata da un anno di tirocinio formativo attivo. Il tirocinio contempla 475 ore di tirocinio a scuola, di cui almeno 75 dedicate alla disabilità. Sono previsti anche percorsi di specializzazione Clil. Vale a dire di insegnamento alle superiori di una materia non linguistica in lingua straniera.

Regime transitorio

Tutti i vecchi laureati potranno conseguire l'abilitazione per la secondaria di primo e di secondo grado, accedendo dietro superamento delle prove d'accesso (test preselettivo, esami scritti e orali) all'anno di tirocinio formativo attivo a numero programmato. Per l'accesso al percorso è valorizzato il servizio a scuola, il dottorato di ricerca e l'attività svolta in università.

 

 

 

 

 

2011-01-22

Via libera al decreto sull'abilitazione nazionale dei prof universitari. Nominato il consiglio dell'Anvur

di Claudio TucciCronologia articolo21 gennaio 2011

Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2011 alle ore 13:48.

Semaforo verde dal consiglio dei ministri al primo decreto attuativo della riforma universitaria, quello sull'abilitazione scientifica nazionale per i docenti. Ma il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini porta a casa anche l'ok del governo alla nomina dei compomenti del consiglio direttivo dell'Anvur, l'Agenzia di valutazione degli atenei. Nella rosa dei sette nomi c'è anche l'economista della Sapienza Fiorella Kostoris. Gli altri sei commissari sono: l'ordinario di Trasmissione di dati al politecnico di Torino, Sergio Benedetto, l'economista di Pisa Andrea Bonaccorsi, Massimo Castagnaro del consiglio superiore di Sanità, il fisico nucleare Stefano Fantoni, la sociologa Luisa Ribolzi e l'ordinario di genetica medica all'università di Tor Vergata, Giuseppe Novelli.

Cosa farà l'Anvur

La rosa dei nomi sarà ufficiliazzata dal Capo dello Stato, dopo aver ricevuto l'ok delle commissioni parlamentari. Tutti i componenti, compreso presidente e collegio dei revisiori, resteranno in carica quattro anni e non potranno nuovamente essere nominati. Spetterà all'Anvur valutare la qualità degli atenei e degli enti di ricerca. Le rilevazioni prodotte saranno determinanti per distribuire una parte del Fondo di finanziamento ordinario alle Università ed agli enti di ricerca che raggiungeranno i risultati migliori, in modo meritocratico e trasparente. Saranno dunque premiate le università che spendono bene le risorse e che producono più ricerca.

Arriva l'abilitazione nazionale dei docenti

Passando invece all'approvazione del primo decreto attuativo della riforma Gelmini sul reclutamento dei docenti universitari, arriva l'abilitazione nazionale per i professori, con l'obiettivo, spiegano da viale Trastevere, di "porre fine ai concorsi truccati". L'abilitazione scientifica nazionale diventa la condizione per l'accesso all'associazione e all'ordinariato attribuita da una commissione nazionale sulla base di specifici parametri di qualità. I posti saranno poi attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università, cui potranno accedere solo gli abilitati.

Selezioni bandite ogni anno a ottobre

Le procedure di abilitazione saranno bandite inderogabilmente ogni anno nel mese di ottobre per concludersi cinque mesi dopo e l'abilitazione avrà durata quadriennale. Le chiamate saranno effettuate dalle singole università con procedure pubbliche di selezione bandite, cui potranno accedere solo gli abilitati e i docenti di pari livello in università straniere. Le nuove procedure di abilitazione prevedono: commissioni di abilitazione nazionale autorevoli composte da 5 studiosi di elevata qualificazione scientifica di cui, per la prima volta, uno straniero o italiano attivo all'estero; sorteggio dei commissari tra coloro che presentano un curriculum scientifico di qualità. Tutte le procedure poi saranno informatizzate anche per consentire la più ampia partecipazione all'estero. Viene abolita l'elezione dei commissari per evitare cordate e accordi interni. Sì invece all'attribuzione dell'abilitazione, a numero aperto, sulla base di rigorosi criteri di qualità stabiliti con decreto ministeriale, sulla base di pareri dell'Anvur e del Cun. Due successivi decreti ministeriali completeranno il quadro delle misure necessarie per mettere a regime il nuovo sistema di reclutamento:. Con il primo, si accorpano e dimezzano i settori concorsuali (da 370 a 190), con l'altro si specifica, novità assoluta in Italia, area disciplinare per area disciplinare, i requisiti di qualificazione scientifica richiesti sia ai commissari sia ai candidati per l'abilitazione.

 

 

 

2011-01-21

Via libera al decreto sull'abilitazione nazionale dei prof universitari. Nominato il consiglio dell'Anvur

di Claudio TucciCronologia articolo21 gennaio 2011

Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2011 alle ore 13:48.

 

Semaforo verde dal consiglio dei ministri al primo decreto attuativo della riforma universitaria, quello sull'abilitazione scientifica nazionale per i docenti. Ma il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini porta a casa anche l'ok del governo alla nomina dei compomenti del consiglio direttivo dell'Anvur, l'Agenzia di valutazione degli atenei. Nella rosa dei sette nomi c'è anche l'economista della Sapienza Fiorella Kostoris. Gli altri sei commissari sono: l'ordinario di Trasmissione di dati al politecnico di Torino, Sergio Benedetto, l'economista di Pisa Andrea Bonaccorsi, Massimo Castagnaro del consiglio superiore di Sanità, il fisico nucleare Stefano Fantoni, la sociologa Luisa Ribolzi e l'ordinario di genetica medica all'università di Tor Vergata, Giuseppe Novelli.

Cosa farà l'Anvur

La rosa dei nomi sarà ufficiliazzata dal Capo dello Stato, dopo aver ricevuto l'ok delle commissioni parlamentari. Tutti i componenti, compreso presidente e collegio dei revisiori, resteranno in carica quattro anni e non potranno nuovamente essere nominati. Spetterà all'Anvur valutare la qualità degli atenei e degli enti di ricerca. Le rilevazioni prodotte saranno determinanti per distribuire una parte del Fondo di finanziamento ordinario alle Università ed agli enti di ricerca che raggiungeranno i risultati migliori, in modo meritocratico e trasparente. Saranno dunque premiate le università che spendono bene le risorse e che producono più ricerca.

Arriva l'abilitazione nazionale dei docenti

Passando invece all'approvazione del primo decreto attuativo della riforma Gelmini sul reclutamento dei docenti universitari, arriva l'abilitazione nazionale per i professori, con l'obiettivo, spiegano da viale Trastevere, di "porre fine ai concorsi truccati". L'abilitazione scientifica nazionale diventa la condizione per l'accesso all'associazione e all'ordinariato attribuita da una commissione nazionale sulla base di specifici parametri di qualità. I posti saranno poi attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università, cui potranno accedere solo gli abilitati.

Selezioni bandite ogni anno a ottobre

Le procedure di abilitazione saranno bandite inderogabilmente ogni anno nel mese di ottobre per concludersi cinque mesi dopo e l'abilitazione avrà durata quadriennale. Le chiamate saranno effettuate dalle singole università con procedure pubbliche di selezione bandite, cui potranno accedere solo gli abilitati e i docenti di pari livello in università straniere. Le nuove procedure di abilitazione prevedono: commissioni di abilitazione nazionale autorevoli composte da 5 studiosi di elevata qualificazione scientifica di cui, per la prima volta, uno straniero o italiano attivo all'estero; sorteggio dei commissari tra coloro che presentano un curriculum scientifico di qualità. Tutte le procedure poi saranno informatizzate anche per consentire la più ampia partecipazione all'estero. Viene abolita l'elezione dei commissari per evitare cordate e accordi interni. Sì invece all'attribuzione dell'abilitazione, a numero aperto, sulla base di rigorosi criteri di qualità stabiliti con decreto ministeriale, sulla base di pareri dell'Anvur e del Cun. Due successivi decreti ministeriali completeranno il quadro delle misure necessarie per mettere a regime il nuovo sistema di reclutamento:. Con il primo, si accorpano e dimezzano i settori concorsuali (da 370 a 190), con l'altro si specifica, novità assoluta in Italia, area disciplinare per area disciplinare, i requisiti di qualificazione scientifica richiesti sia ai commissari sia ai candidati per l'abilitazione.

 

 

 

 

 

 

 

2010-12-28

Il progetto "Scuola Spa" va avanti, è allo studio dei ministeri di economia, istruzione e infrastrutture

di Claudio TucciCronologia articolo10 gennaio 2011Commenti (1)

Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2011 alle ore 15:31.

Prime conferme sulla creazione di "Scuola Spa", l'ente a cui trasferire la proprietà degli edifici scolastici e la competenza su manutenzione e messa in sicurezza. La notizia è contenuta nell'annuale relazione della Commissione parlamentare d'inchiestasu infortuni sul lavoro e morti bianche che verrà illustrata in Senato il prossimo mercoledì 12 gennaio e che conferma quanto anticipato dal Sole 24 Ore in edicola il 10 ottobre 2010.

Si tratta di un'ipotesi "effettivamente allo studio dei ministeri dell'Economia, dell'Istruzione e delle Infrastrutture", scrive la relazione, riportando il contenuto di un'audizione del 3 novembre scorso del ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli dinnanzi alla stessa commissione parlamentare, nata nel 2008 e presieduta dal senatore pidiellino Oreste Tofani.

Scuola Spa servirà per reperire fondi privati

Secondo Matteoli, prosegue lo relazione, il progetto di creare una società per azioni cui conferire la proprietà degli edifici scolastici è ancora in una "fase di semplice proposta". Ma è già chiara la sua finalità: "individuare formule alternative per reperire risorse finanziarie da destinare all'edilizia scolastica". Si tratta, è scritto ancora nella relazione, di "un tema di grande rilevanza" e sul quale sono previste nel 2011 in commissione d'inchiesta le audizioni del ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini e dei principali sindacati della scuola, le cui prime reazione però all'idea di una "Scuola spa" sono state piuttosto fredde. In attesa sempre che decolli l'anagrafe degli elementi non strutturali degli edifici scolastici di tutt'Italia, che consentirebbe, ricorda la commissione, "di realizzare per ciascuno di essi una sorta di fascicolo del fabbricato e di programmare, di conseguenza, i necessari interventi".

Quattro scuole su 10 sono a rischio sismico

Del resto non è un mistero che la sicurezza degli edifici scolastici rappresenti una priorità su cui è urgente intervenire. Visto che molte scuole, in varie parti del Belpaese, sono purtroppo ospitate in edifici fatiscenti (spesso palazzi storici) o comunque inadeguati, che costituiscono un grave rischio per alunni e insegnanti e personale scolastico. Secondo i dati contenuti nella relazione (di provenienza Inail, Legambiente, Cittadinanzattiva, Cresme), nelle scuole statali (10761 dislocate in 42.007 edifici) studiano e lavorano oltre 9 milioni di persone. Circa il 40% delle scuole è esposta a elevato rischio sismico e il 7% a elevato rischio idrogeologico. Nel 2007 sono stati registrati 90.478 infortuni censiti agli alunni e 12.912 insegnanti.

Per la sicurezza scolastica in cantiere 1,2 miliardi

Per gli interventi più urgenti, stima la Protezione civile, servirebbero subito 13 miliardi di euro. Attualmente, le risorse stanziate ammontano a circa 1,2 miliardi, di cui 250 milioni già destinati alle scuole distrutte dal terremoto dell'Aquila e circa 700 disponibili per gli interventi più immediati. Le decisioni sull'allocazione dei fondi passano per un serrato e costante confronto con gli enti locali. Il ministro Gelmini ha più volte sottolineato come la frammentazione delle competenze in questo settore abbia spesso rallentato gli interventi e perfino l'utilizzo delle risorse disponibili. Di qui la proposta della titolare di viale Trastevere: integrare le risorse statali (sempre più limitate) con quelle degli enti territoriali. Province in testa, che hanno una competenza diretta sulla manutenzione delle 3.226 scuole secondarie ripartite in 5.179 edifici.

 

 

 

2010-12-28

Università, tetto a 64 anni

Gianni TrovatiCronologia articolo28 dicembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2010 alle ore 06:37.

MILANO

Nelle università i primi sei mesi dell'anno prossimo saranno occupati dal grande cantiere attuativo della riforma, a partire dalla riscrittura degli statuti con cui ogni ateneo dovrà introdurre il rettore a tempo, il consiglio di amministrazione "forte" e aperto agli esterni e il nuovo direttore generale chiamato a tenere i conti.

Le regole fondamentali per svecchiare i vertici dell'Accademia sono scritte direttamente nella riforma, in un intreccio di norme poco appariscenti che però sono destinate ad avere effetti importanti sulla classe dirigente delle università. In pratica, con le nuove regole in vigore non si potrà candidare a rettore chi ha più di 64 anni, e chi ha compiuto i 66 non potrà correre per senato accademico e consiglio di amministrazione.

Andiamo con ordine: prima di tutto, viene spazzata via dalle università la possibilità di chiedere il "biennio Amato", cioè i due anni di servizio post età della pensione che prima erano un diritto dei dipendenti statali, trasformato con la manovra estiva del 2008 in una possibilità concessa dall'amministrazione. Con l'entrata in vigore della riforma l'opzione scompare dagli atenei, e anche chi ha già ottenuto il via libera ma non ha ancora iniziato il periodo aggiuntivo dovrà rinunciare al biennio.

Un'altra abrogazione cancella dalla Gazzetta Ufficiale una norma del 1958 che permetteva di continuare a sedere sulla poltrona di rettore (e prima anche di preside) ai docenti che avevano raggiunto l'età della pensione ed erano usciti dai ruoli. Cancellate queste norme, la regola di base diventa immediata: l'appuntamento con la pensione è fissato per tutti a 70 anni, e chi si candida a una carica deve garantire di coprire tutto il mandato prima che arrivi la data del suo collocamento a riposo. Ergo: per aspirare a un mandato di sei anni, come quello del rettore, non bisogna aver già compiuto i 64 anni, le cariche da quattro anni (senato e cda) sono off limits per chi ne ha 66 e così via.

Fissate per legge le regole di base, toccherà ai singoli atenei riscrivere la propria Carta fondamentale, secondo il meccanismo pensato dalla riforma per imporre a tutte le università statali le stesse norme senza chiudere in un cassetto il principio dell'autonomia.

Il compito è fondamentale: sul rettore non c'è possibilità di scelta, perché il mandato unico da sei anni è imposto dalla legge, ma c'è da decidere la composizione del senato accademico, con un massimo di 35 membri, quella del cda (massimo 11 membri, di cui 3 esterni) e così via. Dall'entrata in vigore della legge le università avranno sei mesi di tempo, integrabili da altri tre: entro settembre, insomma, dovrebbe essere tutto finito, per evitare che intervenga d'imperio una commissione di tre componenti nominata dal ministero.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

 

 

 

2010-12-24

Non abbiamo paura del merito. L'abc della riforma dell'università

Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2010 alle ore 08:44.

L'ultima modifica è del 24 dicembre 2010 alle ore 06:44.

Il Sole 24 Ore online ha intervistato due studenti: uno contrario alla riforma Gelmini approvata ieri, tanto da andare in piazza a protestare il 14 dicembre, l'altro favorevole. Stefano, il contrario, specializzando in Giurisprudenza e membro di un collettivo bolognese, dice: "Merito vuol dire che un ragazzo in base al suo lavoro va avanti nel sistema universitario. Attualmente non è così, ma non lo sarebbe neanche con il disegno di legge Gelmini, perché "merito" di fianco a "tagli" vuol dire distruzione: il vero problema, oltre ai provvedimenti-manifesto di cui si discute, è quello dei finanziamenti".

L'abc della riforma dell'università (di Claudio Tucci)

Fabio, il favorevole, studente di architettura a Milano, spiega: "Finalmente si introduce nell'università il concetto di merito, questione fondamentale all'interno del sistema da sempre chiuso delle università italiane. Non è la riforma del secolo, ci sono meno fondi a disposizione rispetto al passato, ma vengono introdotti aspetti positivi che bisogna avere il coraggio di rendere ancora più efficaci: a partire proprio dal merito".

Non dicono cose così diverse dunque: merito ok, ma anche risorse. Per un governo, una maggioranza e un paese, infatti, il modo migliore per festeggiare l'approvazione di una riforma è renderla operativa, con i decreti attuativi e i fondi necessari a premiare il merito: dei docenti, degli atenei e degli studenti.

Incassato il successo, non si deve aver paura di affinare la macchina e spiegare la riforma, con il dialogo con quella parte del mondo studentesco che ha protestato in modo non violento ed è stata giustamente ascoltata dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il problema è per tutti lo stesso ora che è passata una riforma che abbiamo sostenuto e criticato: diffondere e sviluppare il sapere per creare lavoro e produrre ricchezza.

Con il sì definitivo alla riforma non è stato sconfitto il '68, questi sono slogan buoni soltanto a ideologizzare il tema e perdere tempo. Non è stata nemmeno privatizzata l'università, questi sono slogan che si sentono da decenni, ogni volta che un governo, anche di sinistra, si avvicina alla cattedra della scuola o della facoltà. Con la riforma è stato fatto un passo avanti verso la modernizzazione degli atenei, nel senso che per la prima volta - lo hanno riconosciuto anche liberi professori non certo sempre teneri col governo, come Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera o Biagio De Giovanni sul Riformista - elementi di meritocrazia nella gestione delle università sono sanciti per legge in un paese in cui merito è spesso sinonimo del suo esatto opposto, colpa. Gli atenei saranno valutati, anche dagli studenti e da soggetti esterni. Le università saranno in competizione tra loro, non nel numero di studenti o di corsi o di cattedre, ma nei risultati e potranno ricevere risorse in proporzione ai successi o no. Un po' come un'azienda? Sì, un po', ma che male c'è. Un limite ai vincoli di parentela come atout indispensabile nei curriculum dei concorsi, un solo mandato di sei anni per i rettori, peraltro sfiduciabili. Arriva il direttore generale, il manager dell'ateneo, con cda aperti all'esterno. E un po' di semplificazione: meno facoltà, fusioni tra università dove serve. Infine il tentativo di dire addio ai concorsi locali a vincitore più o meno predefinito, con l'abilitazione nazionale, provando a incentivare i giovani docenti – precari perché a tempo?, forse, ma almeno con una chance di provarci in più, negli anni di prova – a tornare sui banchi dell'università italiana, magari dopo un passaggio all'estero.

Ogni riforma, anche per essere giudicata, deve essere messa in grado di funzionare. Dunque, se finora poteva anche essere giustificata l'idea di "affamare la bestia" per evitare all'origine gli sprechi, ora che la riforma è legge bisogna imparare la lezione tedesca e scommettere sul fatto che l'innovazione è la chiave del successo nel mondo globale e l'innovazione nasce dalla ricerca nell'università e da un'efficace triangolazione tra professori, studenti e aziende. Vanno quindi trovati i fondi per investire di più nell'università e per premiare ancora di più le eccellenze, quelle che fanno sì che le applicazioni iPad nascano attorno a Pisa e al suo ateneo, e molte start up nei dintorni del Politecnico di Milano. Proprio rientrando al Politecnico, due mesi fa, in occasione di una gara tra idee di imprese, Francesco Stellacci, premiato come uno delle menti più brillanti al mondo per gli studi sulle nanotecnologie, raccontava a Luca Tremolada di Nòva24: "Mi è successo ancora. Mi hanno guardato e non ci volevano credere che fossi un professore universitario". Stellacci, 37 anni, docente al Mit, ai giovani del Politecnico quel giorno poi ha detto: "Non avrete mai successo se non sognate. E mi raccomando: ricordatevi che siete italiani". Ora insegna a Losanna: "Mi sono avvicinato".

 

 

2010-12-23

Ostruzionismo finito, il ddl Gelmini oggi al voto finale. Non si ferma la protesta degli studenti

Cronologia articolo22 dicembre 2010Commenti (9)

Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2010 alle ore 19:03.

Studenti di nuovo in piazza in tutta Italia contro l'approvazione della riforma Gelmini dell'Università. Da Palermo a Milano sono stati organizzati cortei e manifestazioni di protesta. Intanto l'ostruzionismo al Senato è terminato e il ddl sarà votato definitivamente domani dall'Aula di Palazzo Madama intorno alle 16. È il risultato maturato nell'ultimo scorcio del confronto parlamentare dopo che hanno preso la parola la presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, il suo collega dell'Italia dei Valori, Felice Belisario, e il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri.

Domani alle 9 l'aula discuterà due ddl (che erano previsti per oggi pomeriggio, ndr) e a conclusione riprenderanno le votazioni sul ddl Gelmini. Alle 15 inizieranno le dichiarazioni di voto in diretta tv, a seguire verso le 16 il voto finale.

Una delegazione di studenti universitari e intenzionata a portare una lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel pomeriggio è stata ricevuta al Quirinale dal Presidente della Repubblica. "Il presidente della Repubblica ha detto di essere disposto ad esaminare le nostre alternative e proposte alla riforma Gelmini", ha detto uno degli studenti della delegazione.

Schifani fa ripetere le votazioni, dopo il caos al Senato sugli emendamenti

Le proteste a Palermo

A Palermo circa un migliaio di studenti con caschi e book block, pannelli di polisterolo con disegnate le copertine di libri famosi, si sono scontrati con i poliziotti in tenuta anti sommossa cercando di entrare a palazzo d'Orleans sede della presidenza della Regione. Gli studenti che protestano a Palermo hanno lanciato anche petardi contro la polizia che cercava d' impedire il loro ingresso nella presidenza della Regione. Gli agenti hanno invece lanciato lacrimogeni. I petardi sono stati scagliati da giovani che indossavano caschi e si coprivano il volto con sciarpe. Sono circa una trentina gli agenti davanti palazzo dei Normanni cui ora si sono aggiunti alcuni militari della Guardia di finanza. In serata un altro corteo con circa 2500

studenti è partito dal teatro Massimo paralizzando la città.

Cortei a Firenze, a Siena si bruciano i libretti

Circa 300 giovani hanno preso parte oggi a un corteo, non autorizzato, contro la riforma Gelmini organizzato dai Collettivi universitari. La manifestazione, che ha preso il via in piazza San Marco, sede del Rettorato dell'ateneo fiorentino, si è diretta verso il centro della città. "Obiettivo di questa manifestazione sarà quello di bloccare il traffico oppure colpire obiettivi sensibili dal punto di vista simbolico per la nostra protesta: valuteremo cosa fare

durante il corteo", ha spiegato il portavoce del Collettivo di Scienze Politiche (una delle sigle promotrici dell'iniziativa) Matteo Lottini. In precedenza, in Piazza Santissima Annunziata, si era conclusa un'altra manifestazione, questa autorizzata, promossa dagli studenti della facoltà di architettura. A Siena un gruppo di studenti ha bruciato i libretti che attestavano gli esami svolti per protestare contro la riforma Gelmini. Nella centrale piazza Tolomei hanno fatto un falò di quattro libretti, qualcuno anche con medie ottime. "Abbiamo voluto dimostrare - hanno spiegato - che i nostri studi non valgono nulla e vanno in fumo".

Articoli della Costituzione nei cartelli dei cortei di Roma

A Roma gli studenti hanno concordato il percorso con i funzionari di polizia. Uno dei cortei è partito da Piazzale Ostiense con universitari e studenti liceali e alcuni lavoratori. Un altro ha occupato nel primo pomeriggio anche la Tangenziale Est, importante snodo viario della città, provocando gravi ripercussioni sul traffico.

La Repubblica "promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca. Sì, è la Costituzione", si legge su un cartello che, sotto la pioggia di Roma, gli studenti levano in alto incamminandosi. Ancora, si legge su di un altro, "i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e di manifestare il proprio pensiero con la parola e con ogni altro mezzo. Sì, è la Costituzione". Nella capitale non si è verificato nessun incidente, a differenza del 14 dicembre, giorno degli scontri in occasione del voto di fiducia al governo. "Tenere gli agenti di Polizia a distanza dai manifestanti è stata la strategia vincente per la giornata di oggi", ha commentato il questore di Roma, Francesco Tagliente. "Se avessimo messo i contingenti - ha detto - delle Forze dell'ordine a contatto con i manifestanti probabilmente non ci sarebbe stato lo stesso risultato".

Corteo a Milano per "bloccare la città"

Circa 300 studenti sono partiti dall'università Statale di Milano per un corteo improvvisato diretto verso via Padova. Attimi di concitazione quando un drappello di agenti in tenuta antisommossa ha tentato di bloccare il corteo sul nascere nel vicolo di Santa Caterina. I ragazzi sono riusciti a sfondare il cordone di poliziotti e a raggiungere la circonvallazione interna, all'interno di via Francesco Sforza, dove è stato nuovamente bloccato dalle forze dell'ordine grazie all'arrivo di rinforzi. La decisione di scendere in piazza da parte degli studenti è arrivata in un'assemblea che si è svolta in una delle aule della sede centrale della statale, durante la quale il numero dei ragazzi è aumentato con l'arrivo degli studenti di altri atenei come il Politecnico. Obiettivo della manifestazione è quella di "bloccare la città", percorrendo una parte della circonvallazione interna e di quella esterna per raggiungere via Padova alla periferia nord del capoluogo lombardo.

A Torino occupata per mezz'ora la Mole Antonelliana

Un gruppo di alcune centinaia di studenti, appartenenti al gruppo degli "indipendenti", ha occupato per circa mezz'ora la Mole Antonelliana, edificio simbolo di Torino.

Si tratta dei manifestanti che questa mattina avevano inscenato una simbolica occupazione di Palazzo Carignano, prima sede del Parlamento italiano, dove avevano "approvato" una sorta di controriforma da opporre al disegno di legge Gelmini. I giovani hanno fatto poi fatto irruzione nella Sala del Tempio dove si sono intrattenuti scandendo slogan contro la riforma. L'ala più estrema degli studenti, invece, ha concluso la sua manifestazione occupando il cortile del rettorato dell'università. Precedentemente si erano avuti attimi di tensione con le forze dell'ordine davanti alla sede provinciale del Popolo delle Libertà, dove si era verificato un lancio di ortaggi, pietre, petardi e bottiglie da cui gli agenti hanno dovuto ripararsi con gli scudi protettivi.

Il decalogo delle forme di protesta non violente

Sul sito della rete degli studenti è stato intanto pubblicato un decalogo delle forme di protesta non violente. Si va dal flash mob (quando un gruppo di persone si riunisce all'improvviso in uno spazio pubblico, mette in pratica un'azione insolita poi successivamente disperdersi) ai girotondi, per arrivare al lancio di aerei di carta (lo inventarono nel 2002, tre cittadini norvegesi che furono arrestati per averne lanciati diversi contro l'ambasciata americana come protesta per i bombardamenti sull'Afghanistan) al cosiddetto "buon risveglio" (il concerto di pentole reso famoso dalle proteste in Argentina ai tempi del crac delle finanze pubbliche). La parola d'ordine degli studenti, dopo le violenze della scorsa settimana, è sorprendere.

 

 

 

Il ministro Gelmini: la riforma archivia il '68. Sul voto compattezza e senso di responsabilità

Cronologia articolo22 dicembre 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2010 alle ore 21:15.

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La riforma dell'università "è un provvedimento storico, che archivia definitivamente il '68 e archivia la sinistra che non vuole riformare il Paese". Lo ha detto il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, intervenendo telefonicamente ad un convegno degli Studenti per le libertà organizzato a Napoli nel giorno in cui molti altri studenti sono scesi nelle piazze di tutta Italia per protestare contro il ddl di riforma dell'università. Gelmini punta l'indice contro "la sinistra che non vuole le infrastrutture, non vuole il nucleare e neppure la riforma della giustizia e dell'università. Ma questo Paese - avverte - senza riforme non ha futuro. Non è possibile illudere i giovani dicendo che bastino più risorse: in un momento di crisi economica, anche nell'università occorre ottimizzare al meglio le risorse disponibili".

"Credo ci siano le condizioni per approvare domani la riforma dell'Università", ha confermato il ministro dell'Istruzione. "C'è la massima compattezza - chiarisce Gelmini - di Pdl e Lega e il senso di responsabilità di Futuro e Libertà". Per queste ragioni, aggiunge il ministro, "posso dire che la situazione si sta rasserenando". Gelmini si dice convinta che "se domani il Senato approverà la riforma sarà un bel giorno per l'Italia e per tutti gli studenti". Il ministro sottolinea "la grandissima compattezza" della maggioranza al Senato; Gelmini ringrazia Gasparri, Quagliariello, il presidente Schifani e "la vicepresidente Rosi Mauro, che ieri ha dovuto affrontare una giornata difficile".

"Ha ragione Berlusconi quando dice che i regolamenti parlamentari andrebbero modificati, perché in questo modo ha più spazio l'opposizione per fare ostruzionismo che la maggioranza democraticamente eletta per far votare un provvedimento", prosegue il ministro dell'Istruzione, commentando i tempi lunghi che sta richiedendo l'approvazione della riforma dell'Università in Senato.

Gelmini ribadisce poi che "per la prima volta si fa una riforma che non ha al centro i professori e i loro interessi corporativi, ma i ragazzi e il loro diritto ad avere un'Università che prepari al lavoro". Rivolgendosi agli studenti che oggi hanno manifestato in tutta Italia, Gelmini li invita a non farsi strumentalizzare e a capire che sbagliano "se pensano che la riforma comporti la privatizzazione dell'Università. Non c'è niente di più sbagliato - dice - ma non possiamo neanche difendere un'Università autoreferenziale, scollegata dal mercato del lavoro". Il ministro si dice infine "consapevole che esiste fra i giovani una preoccupazione per il futuro legata alla precarietà del lavoro e alla disoccupazione".

 

 

 

 

2010-12-10

Tre docenti su quattro bocciano la riforma Gelmini della scuola. Il ministero replica: l'Ocse la promuove

di Claudio TucciCronologia articolo10 dicembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2010 alle ore 13:14.

I professori bocciano sonoramente la riforma della scuola pubblica targata Gelmini. Rispondendo in 700 a un'indagine Swg, per conto della Cisl Scuola, presentata Roma, il 75% dei professori, vale a dire tre docenti su quattro, si esprime in modo del tutto insufficiente sulle novità introdotte, dal primo ciclo, alle "nuove" superiori, partite, nelle prime classi, a settembre scorso. Perentorio il voto medio in pagella: un bel 3,6.

Sotto accusa, in particolare, tre fattori introdotti con le riforme: l'aumento del numero di alunni per classe, la riduzione delle ore e l'introduzione del maestro prevalente nella scuola primaria. Senza contare che, sostengono sempre i docenti, i tagli imposti dalla recente riforma stanno mettendo a repentaglio la qualità dell'offerta formativa e cancellando qualsiasi visione prospettica. Secondo i docenti mancano poi strumentazioni e strutture adeguate per far funzionare al meglio la macchina scolastica.

La notizia, commentata dal numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni e dal leader della Cisl Scuola, Francesco Scrima, ha dato il là a un immediato botta-risposta con il ministero dell'Istruzione. Per Bonanni: "Sono stati criticati tutti i governi che fanno riforme senza fondamento. Gli insegnanti, seppur orgogliosi della loro professione, vorrebbero stare meglio anche perchè le paghe sono basse e il riconoscimento sociale pure". "Alla politica sempre meno interprete dei bisogni dell'Italia - rincara la dose Scrima - "gli insegnanti chiedono rispetto per una funzione che ha perso prestigio sociale e adeguati riconoscimenti per la loro professionalita".

Pronta la replica di viale Trastevere: "Solo poche ore fa sono stati resi noti in tutto il mondo i risultati Ocse dell`indagine sull`andamento dei sistemi scolastici internazionali. Una rilevazione autorevole e oggettiva secondo cui aumenta la qualità della scuola italiana, che dopo anni inverte un trend negativo e torna a guadagnare posizioni. Evidentemente a qualche sindacato è venuto il mal di pancia, ma soprattutto ha visto crollare tutti gli slogan scanditi in questi anni". Sulla stessa lunghezza d'onda pure la presidente della commissione Cultura alla Camera, Valentina Aprea (Pdl): "Sbaglia Scrima a valutare negativamente l'operato del ministro Gelmini, che al contrario ha saputo coniugare rigore e qualità puntando su un rinnovato impegno dei docenti e scuole". Per la responsabile scuola del Pd, Francesca Puglisi, "l'indagine Swg Cisl Scuola "conferma tutto ciò che chiunque giri per le scuole e ascolti in tutta Italia studenti, insegnanti, personale e dirigenti aveva già

toccato con mano". Spiccano, aggiunge, anche i "i toni astiosi riservati da ministro e maggioranza alla Cisl, un sindacato - fa notare l'esponente del Pd - fino a oggi ritenuto

moderato".

Polemiche a parte, dallo studio, curato da Fabiana Vidoz di Swg, è emerso anche come l'85% dei docenti italiani si senta orgoglioso e soddisfatto di stare in cattedra, soprattutto di lavorare con gli alunni, tanto che esprime un livello medio di soddisfazione di 7,5. È significativo pure il fatto he quasi il 60% dei docenti intervistati attribuisca all'insegnamento un giudizio compreso tra l'8 e il 10. In particolare, appaiono più gratificati i docenti che operano nelle scuole del Nord-Est. Decisamente meno contenti appaiono gli insegnanti in servizio al Sud e nelle scuole superiori. Rispetto a qualche anno fa, in generale, un docente su due (il 49%), ritiene comunque di essere più preparato, anche grazie all'uso delle nuove tecnologie e il 66% del campione dice "sì" alla pagella degli insegnanti. Il 56% è favorevole all'ipotesi di differenziare gli stipendi in base al merito.

 

 

 

2010-12-03

Riforma Gelmini: il voto al Senato solo dopo la fiducia Schifani media tra Pdl e opposizione: ddl congelato fino al 14 dicembre

di Eugenio BrunoCronologia articolo3 dicembre 2010Commenti (1)

Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2010 alle ore 08:19.

ROMA - Nuovo stop per la riforma dell'università. A intimarlo stavolta è stata la conferenza dei capigruppo del Senato che, su input del presidente Renato Schifani, ha deciso di rinviare la calendarizzazione del ddl Gelmini a dopo la verifica di governo. Per la gioia degli studenti, che anche ieri hanno manifestato nelle strade e sui tetti, e il rammarico della responsabile dell'Istruzione, che è sembrata comunque fiduciosa sulla possibilità di ottenere l'ok definitivo entro l'anno.

Non ha dunque avuto effetto il pressing della maggioranza per provare ad ottenere entro il 13 dicembre il terzo e ultimo via libera parlamentare sul provvedimento che riscrive le regole sul reclutamento e innova la governance degli atenei. Alla fine l'ha spuntata l'opposizione; l'ordine dei lavori sarà deciso da una nuova capigruppo prevista proprio il 14. Nel frattempo, se vorrà, la commissione Istruzione potrà procedere alle audizioni invocate dal finiano Pasquale Viespoli.

Ma la capogruppo dei democratici a Palazzo Madama, Anna Finocchiaro, ha già fatto presente che la minoranza terrà gli occhi aperti perché "se avremo il sentore che in commissione" si passi a esaminare il provvedimento "questo non potrà non avere ripercussioni sui tempi dell'esame della legge di stabilità". Non negando poi tutta la sua soddisfazione per l'alt imposto alla riforma anche se, ha aggiunto, "è stata una battaglia molto dura". E alla fine neanche Futuro e libertà si è poi rammaricata più di tanto per il rinvio. "Serve serenità e stabilità politica, sia per migliorare la riforma, sia per dare voce e ascolto alle imponenti manifestazioni di questi giorni", ha commentato il deputato Fabio Granata

Di tutt'altro genere la reazione del ministro Gelmini: "L'opposizione – ha sottolineato – per motivi di pura propaganda politica, mette a rischio provvedimenti urgenti e indispensabili per l'università italiana. Senza l'approvazione rapida del ddl – ha ricordato – non si potranno bandire posti da ricercatore, non potranno essere garantiti gli scatti di stipendio, non saranno banditi nuovi concorsi". Senza comunque perdere la fiducia: "Il 14 dicembre – ha ribadito in una nota – il governo Berlusconi incasserà la fiducia del parlamento e il ddl diventerà legge entro l'anno". Parole seguite in serata da un appello a far prevalere "il senso di responsabilità" perché "sarebbe un paradosso, dopo essere stati un anno a litigare, avere le risorse e non poterle spendere".

Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente del consiglio universitario nazionale (Cun), Andrea Lenzi, che ha sottolineato il rischio di "avere il far west" in caso di stop definitivo alla riforma. "L'ultima riforma dell'università italiana – ha evidenziato – risale al 1980. Trent'anni per cambiare il mondo degli atenei sono troppi. In tutto questo tempo le università hanno ricevuto molte accuse, ma a questo punto se le cose non cambiano la colpa è tutta dei politici". Laddove il segretario della Cgil, Susanna Camusso, ha invitato l'esecutivo a ritirare il ddl.

Anche ieri cortei e occupazioni hanno caratterizzato l'intero territorio nazionale: Ancona, Reggio Calabria, Pisa, Roma, Napoli, L'Aquila, Milano, solo per citare alcune delle città toccate dalle proteste. Che hanno assunto le forme più disparate: nel capoluogo lombardo gli studenti dell'accademia di Brera hanno fatto dei ritratti dei poliziotti che li fronteggiavano; in quello partenopeo si sono registrati dei tafferugli tra i poliziotti e gli studenti che stavano provando a entrare nel teatro San Carlo. Scontri ci sono stati anche a Bologna dove il tentativo di irruzione al Motor Show è stato respinto con una carica. E il copione si replicherà oggi. Sicuramente a Palermo dove sono già state annunciate contestazioni per la visita di Renato Schifani. Ma l'apice del malcontento è atteso per la settimana che va dal 9 al 14 in coincidenza con la possibile ripartenza dei lavori parlamentari.

In forse il sì alla riforma dell'università, calendarizzata al Senato dopo la fiducia

Cronologia articolo2 dicembre 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2010 alle ore 11:55.

In forse il sì alla riforma dell'università, calendarizzato per l'aula del Senato dopo il voto di fiducia del 14 dicembre. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo di palazzo Madama dopo una discussione durata oltre un'ora nella quale i gruppi di minoranza si sono fermamente opposti alla proposta del presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, di approvare la riforma entro la prossima settimana e cioé prima del voto di fiducia del 14 dicembre. L'esame del provvedimento non sarà avviato neppure in commissione, nonostante alla Conferenza dei capigruppo fosse emersa la proposta Fli, per dare un segnale di dialogo, di avviare un confronto con i soggetti interessati alla riforma. Ma il Pd si é opposto anche all'avvio di audizioni.

Nonostante tutto il ministro Gelmini è ottimista sui tempi per l'approvazione della riforma degli atenei. "L`opposizione, per motivi di pura propaganda politica, mette a rischio provvedimenti urgenti e indispensabili per l`università italiana. Senza l`approvazione rapida del ddl non si potranno bandire posti da ricercatore, non potranno essere garantiti gli scatti di stipendio, non saranno banditi nuovi concorsi". Per Gelmini, infatti, "il 14 dicembre il governo Berlusconi incasserà la fiducia del Parlamento e il ddl diventerà legge entro l'anno". Poco prima il ministro dell'Istruzione dai microfoni di Radio Anch'io aveva invitato a fare presto. "Tecnicamente - aveva sottolineato - i tempi per approvare la riforma prima del 14 ci sono, è una scelta politica farlo. Il regolamento del Senato rende indispensabile, per quanto attiene la calendarizzazione, un comportamento non ostruzionistico delle opposizioni" (leggi i contenuti del provvedimento).

Per il ministro, è comunque "urgente dare all'università regole certe e poter metterla nelle condizioni di usare le risorse che abbiamo trovato". Per Gelmini l'interesse dell'università "non può essere piegato alla polemica politica fine a se stessa". Il ministro aveva sottolineato ieri ai microfoni del Tg5 che la riforma dell'università "infligge un colpo mortale ai vari casi di parentopoli, alle baronie e alle raccomandazioni, e peraltro introduce maggiore trasparenza nei concorsi e un utilizzo più efficiente e più accorto delle risorse". Il provvedimento, che ha ricevuto il via libera della Camera il 30 novembre in una Capitale assediata da cortei contro la riforma, resta in attesa di essere calendarizzato al Senato.

Per Gelmini con la riforma dell'università "per i ricercatori a tempo determinato e indeterminato vi è la possibilità di partecipare a concorsi per associato: per la prima volta con questo ddl si concede una progressione di carriera". Parlando del nodo ricercatori, il ministro ha sottolineato che con la riforma "per la prima volta il ruolo di ricercatore cambia": non è più visto "come un ruolo da sfruttare, ma come l'inizio di un percorso professionale dentro o fuori l' università".

"Sulle borse di studio c'é l'impegno mio e di Tremonti a stanziare 150 milioni come lo scorso anno", ha detto il ministro. Quanto ai prestiti d'onore introdotti dalla sua riforma, "sorprende la paura dei giovani di fronte alla novità inviterei a sperimentarla prima di bocciarla".

Gelmini ha precisato anche che "attraverso l'emendamento al ddl di Futuro e Libertà sono stati introdotti 1.500 posti (per tre anni e poi per altri tre anni) per promuovere i ricercatori al ruolo di associato". Concorso a cui potranno accedere sia i ricercatori precari che quelli assunti a tempo indeterminato, ha sottolineato. Inoltre, ha detto, attraverso il ddl aumentano anche gli stipendi. "Oggi il primo anno di ricercatore determina uno stipendio di 1.250 euro, con la riforma si passa a 1.800; il secondo anno si passa da 1.550 a 1.800". Meno personale, dunque, "ma pagate meglio".

Ieri anche Confindustria ha sottolineato che ritiene prioritario che la riforma dell'università venga approvata al più presto in via definitiva al Senato. "In questa fase delicata - ha sottolineato la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia - il senso dell'interesse generale deve prevalere sulle litigiosità e sui calcoli politici. La riforma deve seguire un percorso veloce e diventare subito legge. Il paese attende da tempo le riforme necessarie per tornare a crescere". Per Gianfelice Rocca, vicepresidente di Confindustria con delega all'education, la riforma dell'università è "necessaria" e favorirà uno svecchiamento degli atenei, favorendo i giovani, visto che "il 35-40% dei professori ordinari andrà in pensione nei prossimi anni. E se perdiamo l'occasione che il ricambio delle risorse umane sia fatto in maniera meritocratica, si perderebbe un'occasione storica per l'Italia che non si ripeterà". (N.Co.)

Marcegaglia: grave e incomprensibile il rinvio del voto al Senato sulla riforma dell'università

Cronologia articolo2 dicembre 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2010 alle ore 18:24.

Per la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia è grave la decisione di calendarizzare l'esame della riforma dell'università al Senato dopo il voto di fiducia a Berlusconi del 14 dicembre. Le opposizioni hanno, infatti, bloccato il tentativo del Pdl di calendarizzare la riforma Gelmini nella capigruppo che si è svolta stamani in Senato, prima del voto di fiducia."È una decisione molto grave - ha sottolineato Marcegaglia - avrebbe dovuto essere calendarizzata subito, una scelta incomprensibile perché si tratta di una riforma strutturale che va nella direzione giusta, premia il merito e ha a che fare con la competitività del nostro paese", ha detto la leader degli industriali a Bruxelles per una serie di incontri. Proprio ieri la presidente Marcegaglia aveva sottolineato che "in questa fase delicata il senso dell'interesse generale deve prevalere sulle litigiosità e sui calcoli politici. La riforma deve seguire un percorso veloce e diventare subito legge. Il paese attende da tempo le riforme necessarie per tornare a crescere".

Proprio nella riunione di oggi, ha aggiunto Marcegaglia, "abbiamo parlato del problema della competitività europea", e quella dell'università italiana, ha proseguito, "è una riforma importante, strutturale, che premia il merito e che va nella direzione indicata. Continuo a sperare che prevalga il senso di responsabilità, anche se non ne vedo molto". La presidente degli industriali ha anche criticato la chiusura della Camera fino al voto della fiducia. La situazione di instabilità politica in Italia, ha sottolineato, "sicuramente non aiuta", visto che ora più che mai "il Paese va governato".

"Mi pare che le decisioni prese oggi dalla Bce - ha detto la presidente Marcegaglia - siano positive e stiano tranquillizzando i mercati". Oggi, per la leader degli industriali, "il tema vero è sull'euro e i movimenti dei mercati mi sembrano slegati dalla situazione di instabilità politica in Italia. Vedremo quello che succederà il 14 dicembre, ma sicuramente questa situazione non aiuta". In Italia, ha proseguito la numero uno di viale dell'Astronomia, c'è bisogno "di un governo che governi. Non possiamo rimanere senza una guida nel momento in cui la situazione dei mercati è abbastanza tesa. E una situazione in cui il Paese non viene governato nè prima, nè adesso, nè dopo, non è una buona situazione".

Intanto si è rafforzata la collaborazione tra fisco e imprese. Attilio Befera, presidente di Equitalia, ed Emma Marcegaglia hanno sottoscritto un accordo quadro che punta a far collaborare la società nazionale di riscossione dei tributi e la principale associazione rappresentativa delle imprese manifatturiere e di servizi in Italia. La convenzione biennale, informa una nota, consentirà di attivare numerose iniziative di formazione, consulenza, informazione e di sviluppare nuove soluzioni dedicate alle 144.190 imprese iscritte a Confindustria. L'accordo aprirà la strada alla stipula di intese a livello locale tra gli agenti della riscossione e le strutture territoriali di Confindustria, in linea con la strategia di migliorare il dialogo con il contribuente, persona fisica o giuridica, e di offrire nuovi strumenti di relazione e di assistenza. (N.Co.)

Senza voto niente concorsi e stipendi bloccati per tutti

Gianni TrovatiCronologia articolo03 dicembre 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2010 alle ore 06:37.

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MILANO

Il piano straordinario per promuovere ad associato 9mila ricercatori c'è, perché è blindato nella legge di stabilità, ma senza il varo della riforma perde la sua ragion d'essere (l'esaurimento del ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato). Del resto sarà difficile attuarlo perché, sempre senza la riforma, dal mese prossimo non esisterà più nessuna regola per fare i concorsi. Senza riforma, poi, niente criteri "meritocratici" per valutare i docenti, stipendi bloccati per tutti fino al 2013, e niente revisione di un sistema "premiale" di finanziamento che rimane inceppato sui parametri per distribuire gli incentivi. Il fondo 2010 non è ancora stato distribuito, e gli atenei hanno vissuto grazie alle anticipazioni del ministero: ora però anche le "anticipazioni" (possibili fino al 90% del fondo) sono esaurite, gli incentivi alle performance sono rimasti sulla carta e scrivere i bilanci di previsione è impossibile.

Tra i compiti del ddl Gelmini c'è quello di ridare un po' di razionalità a un cantiere aperto da anni, dove ormai il disordine regna sovrano. Se l'ottimismo del ministro ("la voteremo di certo entro fine anno, perché il 14 otterremo la fiducia") non si dovesse tradurre in realtà, non ci sarà capitolo della gestione universitaria immune dal caos che domina da tempo la scena.

Ricercatori

Con il varo della legge di stabilità ci sarà una strana coppia di regole che fanno a pugni fra loro. La prima, scritta nel decreto Gelmini del 2008, ha chiesto alle università di gonfiare il ruolo dei ricercatori (in parte con sostegno ministeriale), riservando a loro il 60% delle risorse per le assunzioni. La seconda, prevista dalla nuova manovra, chiede agli atenei di svuotarlo, promuovendone ad associato 9mila (1.500 all'anno) con una quota degli 1,8 miliardi aggiuntivi in tre anni con cui si è ridotto il taglio previsto nel 2008. Fondi, secondo la strategia del governo, aggiunti proprio per accompagnare l'avvio delle nuove modalità di gestione scritte nella riforma che ora rischia il naufragio.

Reclutamento

Con le leggi in vigore, del resto, dal mese prossimo nessun concorso potrà vedere la luce. Oggi i concorsi funzionano grazie a una proroga, nata nell'eterna attesa dell'attuazione della riforma Moratti del 2005 (mai avvenuta), che ha tenuto in vita le vecchie regole fino al 31 dicembre 2010. L'unica alternativa, già evocata ieri dall'opposizione, è una nuova proroga nel decreto di fine anno, ma nemmeno questa ennesima resurrezione risolverebbe il problema.

Negli ultimi due anni, infatti, sono 57 gli atenei statali che hanno bandito concorsi, ma solo in 9 hanno rispettato le "quote" che imponevano di riservare sei caselle su dieci ai ricercatori. Risultato: almeno 2.000 aspiranti associati e ordinari hanno vinto un concorso, ma non possono prendere servizio. In molti atenei si è fatto strada l'escamotage di chiamare il vincitore del concorso, ma di posticipare la sua presa in servizio: tutto lavoro per avvocati e giudici. In un quadro come questo, prorogare di nuovo le vecchie regole e in contemporanea avviare il piano straordinario per le promozioni di ordinari e associati è un'impresa impossibile anche per i più fantasiosi.

Stipendi e merito

Nella riforma è scritta anche la norma che introduce gli scatti triennali solo per chi se li merita (i criteri di giudizio sono però affidati a un decreto attuativo); senza riforma, la busta paga torna nel freezer per tutti, con il meccanismo lineare che penalizza soprattutto i più giovani. In termini di mancati aumenti, un ricercatore a inizio carriera paga nel triennio fino al 32,7% dello stipendio annuale, un neo-ordinario rinuncia al 18,9% mentre a un ordinario a fine carriera è chiesto meno del 7 per cento. La "meritocrazia", del resto, rimane la grande assente anche quando è scritta in Gazzetta ufficiale: le sanzioni per i docenti che non pubblicano nulla (esclusione dalle commissioni e dimezzamento dello scatto) sono scritte nel decreto del 2008, ma l'anagrafe dei docenti che avrebbe dovuto individuare i "fannulloni" non è mai stata costruita; come rimane nella nebbia il destino degli oltre 50 milioni stanziati per la programmazione triennale, che a fine anno decadono.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

 

2010-11-30

Cortei e tafferugli in tutta Italia, bloccate 18 stazioni. Berlusconi: gli studenti veri a casa a studiare

di Nicoletta Cottone e Claudio TucciCronologia articolo30 novembre 2010Commenti (6)

Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2010 alle ore 12:04.

Roma assediata dai cortei contro la riforma Gelmini dell'università con scontri fra forze di polizia e studenti, 18 stazioni ferroviarie occupate (fra cui Termini), governo due volte battuto alla Camera prima dell'approvazione del ddl. Nella capitale cariche e lancio di lacrimogeni della polizia contro gli studenti nei pressi di Montecitorio, dove i ragazzi hanno tentato di forzare il blocco della polizia e di ribaltare le camionette che bloccavano la strada per non consentire l'accesso alla Camera. Sono state lanciate anche bombe carta, pietre, bottiglie e sampietrini contro le forze dell'ordine. La polizia ha caricato gli studenti per disperderli.

Le strade in centro sono chiuse da camionette e blindati, con polizia e carabinieri in tenuta antisommossa. Una serie di blocchi stradali che ha paralizzato il centro e ha mandato in tilt il traffico in quasi tutta la città. Il Pd, per voce del deputato Roberto Giachetti, ha chiesto al ministro dell'interno Roberto Maroni di riferire in aula alla Camera "sugli scontri fra studenti e polizia". In serata Maroni ha spiegato che le forze dell'ordine hanno agito bene, non ci sono stati feriti fra i manifestanti e che però qualcuno avesse intenzioni cattive "lo dimostra il fatto che un blindato della Polizia è stato attaccato con mazze e pietre".

Le forze dell'ordine, ha spiegato il responsabile del Viminale, "hanno lavorato con grande professionalità e sono loro che hanno subito violenze", ma stanno gestendo la situazione complicata "come sempre con grande responsabilità".

La protesta degli studenti italiani è anche sbarcata a Parigi, dove un gruppo di ragazzi ha appeso uno striscione contro la riforma Gelmini sull'Arco di Trionfo: "Da Parigi è un no. No al ddl. Riprendiamoci il futuro. Erasmus Parigi".

"Gli studenti veri sono a casa a studiare - ha commentato il premier Silvio Berlusconi - quelli in giro a protestare sono dei centri sociali e sono fuori corso". Per il premier "quella in Parlamento è una buona riforma che favorisce gli studenti, i professori e più in generale tutto il mondo accademico e dunque deve passare se vogliamo finalmente ammodernare l'università ". Il Cavaliere non si capacita, quindi, delle proteste e dell'opposizione alla riforma: "È stata discussa con tutte le parti in causa, modificata, migliorata e credo che meglio di così non si potesse proprio fare". Inoltre, ha aggiunto, "introduce maggiore meritocrazia ed è davvero un vantaggio per tutti".

"Gli estremisti che hanno bloccato Roma e causato gravi incidenti - ha commentato il presidente della Camera, Gianfranco Fini - non hanno reso un buon servizio alla stragrande maggioranza di studenti scesi in piazza con motivazioni non totalmente condivisibili ma certamente animate da una positiva volontà di partecipazione e di miglioramento delle condizioni della nostra Università. Per questo esprimo la mia solidarietà alle Forze di Polizia, ai cittadini romani e ai tantissimi giovani in buona fede, la cui protesta è stata strumentalizzata".

Sono diciotto, ha reso noto Ferrovie dello Stato, le stazioni occupate in tutta Italia dagli studenti. L'ultima a essere invasa è stata quella di Lecce, dopo che gli studenti avevano occupato poco prima la stazione Termini a Roma al grido di "Fermiamo i treni". Fra cori, striscioni e fumogeni, sono stati occupati una decina di binari. Nel corso della giornata treni fermi anche a Pisa Centrale (dalle 12.25), Torino Porta Nuova (14.45), Venezia Santa Lucia (16.00), Torino Porta Susa (16.10) e Milano Rogoredo (16.10). Le ripercussioni più consistenti al traffico ferroviario sono state registrate in tarda mattina nelle stazioni di Padova, per i treni della linea Venezia-Milano e Venezia-Bologna, e a Pisa, per i flussi di traffico della direttrice Tirrenica e della linea Firenze-Pisa.

A Venezia, invece, la protesta corre sul canal Grande, mentre a Bari gli studenti hanno puntato al teatro Petruzzelli per srotolare uno striscione dall'interno dell'edificio. A Milano lancio di uova contro la Cattolica. Nella giornata che segna il via libera della Camera al ddl di riforma dell'università non si placano, dunque, le polemiche. Anche se il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini ha incassato un applauso del Consiglio dei ministri sulla riforma. Il voto finale è previsto entro stasera. Diranno sì Pdl, Fli e Lega. Annunciato con certezza, invece, il no di Pd, Udc e Idv, mentre i rutelliani dell'Api dovrebbero appoggiare il testo come già avvenuto al Senato. Si aspetta il sì anche dall'Mpa, il Movimento per l'autonomia.

Intanto il testo ha affrontato un percorso a ostacoli in aula alla Camera, dove il Governo è stato battuto due volte. La prima durante il voto sull'emendamento del deputato finiano Fabio Granata: prevede che per determinare gli assegni di ricerca la commissione accademica in carica possa avvalersi di esperti esterni "senza oneri aggiuntivi" a carico dello Stato (il testo auspicato dalla maggioranza prevedeva, invece, "nuovi o

maggiori oneri"). Qualche ora dopo l'assemblea ha approvato tre emendamenti identici di Fli, Api e Pd su cui esecutivo e Commissione avevano espresso parere contrario. In pratica é stata abolita la cosiddetta clausola di salvaguardia inserita nella riforma Gelmini che prevedeva che il ministro dell'Istruzione provvedesse "al monitoraggio degli oneri" dell'articolo del ddl riguardante gli articoli di ricerca e riferisse in merito al ministro dell'Economia.

Stamattina è stato anche approvato il sub-emendamento del governo "anti-parentopoli". In base alle informazioni del Sole24Ore.com prevede nelle assunzioni per chiamata di ordinari e associati l'esclusione dei consanguinei dei professori appartenenti al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata, ma anche di rettori, direttori generali e consiglieri di amministrazione fino al quarto grado di parentela (per esempio cugini e zii). "La soluzione trovata é equilibrata", ha commentato il finiano Granata. Critica, invece, l'Idv che giudica il sub-emendamento del governo "gattopardesco". Tanto che per protesta il partito di Di Pietro ha ritirato il proprio emendamento contro la formazione di "dinastie" dentro le università, fatto proprio da Lega e Fli. Il dibattito in aula si svolge in una città blindata: fuori dal palazzo camionette delle forze dell'ordine impediscono l'accesso a Montecitorio dei manifestanti.

Fra le polemiche è stato anche approvato l'emendamento sull'assunzione di professori associati voluto da Fli e appoggiato dal governo. Stabilisce l'assunzione di 1.500 associati all'anno per gli anni 2011, 2012, 2013. Ma é scontro fra maggioranza e opposizione sull'emendamento. "Nella legge il contingente di 1.500 associati non é specificato - dice Manuela Ghizzoni del Pd - lo ha ipotizzato il ministro. E poi non é per i giovani, ma per la progressione di chi é già dentro".

Se in favore del ddl Gelmini si sono schierati oltre 400 professori universitari, sottoscrivendo un appello promosso dalla fondazione pidiellina Magna Carta ("Difendiamo l'università dalla demagogia"), è invece partito all'attacco del provvedimento il leader di Sinistra ecologia libertà, Nichi Vendola. "La Gelmini - dice il leader di Sel - insieme a Tremonti annuncia in pompa magna che arriverà un miliardo di euro. E i fondi del finanziamento ordinario del 2010 quando arriveranno negli atenei italiani? Avete capito bene: non parlo dei fondi per il 2011, ma di quelli del 2010 che a dicembre di quest'anno non sono stati ancora ripartiti e inviati agli atenei". Per Vendola è "una vicenda di un'enormità clamorosa, nel silenzio generale".

Tornando al fronte delle proteste a Milano lanci di uova contro una delle sedi dell'università Cattolica di Milano, in via Carducci, sede dello studentato internazionale. Dal corteo sono partiti anche una serie di cori che contestavano il finanziamento delle scuole private. A Napoli dal corteo degli studenti delle scuole medie superiori e universitari sono stati gettati sacchetti di immondizia davanti all'ingresso del palazzo della Provincia di Napoli e il lunotto posteriore di un'auto della polizia è stato sfondato dai dimostranti dinanzi all'ingresso della Questura in via Medina. A Venezia, nel centro storico, sulla terrazza di Palazzo Cappello che si affaccia sul Canal Grande, si sono alternati ricercatori, precari e studenti. Sulla facciata è stato steso lo striscione "Ddl Gelmini no riforma sì", scritto in rosso e blu come la vecchia matita per correggere i compiti in classe. Verso il tetto, invece, è comparsa su un lenzuolo bianco la scritta che recita "difendiamo la ricerca". A Udine è stata messa in scena una "fucilazione" simbolica del diritto allo studio.

 

 

La Camera approva la riforma Gelmini: ecco tutte le principali novità

di Claudio TucciCronologia articolo30 novembre 2010Commenta

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2010 alle ore 19:13.

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In una Roma blindata e dopo una giornata di manifestazioni e scontri in tutta Italia è arrivato il secondo sì alla riforma dell'università. La Camera ha dato il via libera al ddl con 307 sì e 252 no. Il provvedimento dovrà passare al Senato dove entro il 9 dicembre riceverà il via libera definitivo, se non ci saranno ulteriori modifiche. Soddisfatta la relatrice, la pidiellina Paola Frassinetti, mentre critiche sono arrivata dall'opposizione.

"L'approvazione della riforma dell'università è un altro obiettivo raggiunto dal governo del fare", ha detto il premier Silvio Berlusconi, che ha aggiunto: "È la dimostrazione che l'esecutivo prosegue nella sua azione riformatrice, mantenendo gli impegni presi con gli

italiani. Con la riforma si dà un colpo mortale a parentopoli".

"La riforma dell'università esce da qui più forte, ci sono stati passi in avanti. Adesso al Senato serve l'approvazione definitiva", ha detto il ministro Mariastella Gelmini, che evidenzia: "Se c'è la volontà politica da parte della maggioranza, ci sono i tempi per approvarla prima del 14 dicembre" giorno in cui si voterà la fiducia al governo Berlusconi. "Si tratta di una riforma indispensabile e urgente - ha aggiunto Gelmini - credo che l'approvazione sia uno tra i fatti più importanti della legislatura", ma "dispiace averlo fatto in un clima di tensione sociale".

Per il vice presidente Confindustria per l'Education, Gianfelice Rocca, si tratta di una "riforma storica e necessaria". Mentre una pioggia di critiche sono arrivate da Dario Franceschini, del Pd: "una riforma arrogante da un governo debole, che pretendete di chiamare riforma un elenco di tagli".

Il testo, che é stato in più parti modificato e arricchito tra l'altro con le risorse previste dal ddl Stabilità ancora all'esame del Parlamento. Proprio il fatto che parte delle risorse che servono a finanziare la riforma siano contenute in un provvedimento ancora non definitivamente approvato ha causato diversi problemi procedurali. Nel corso dell'esame in Aula, Governo e maggioranza sono stati ripetutamente battuti quando i deputati di Fli hanno votato con l'opposizione.

L'intera giornata di votazioni é stata accompagnata dalle notizie che arrivavano dai dintorni di Montecitorio, dove gli studenti che protestano contro la riforma hanno più volte tentato di forzare i blocchi con i quali le forze dell'ordine hanno blindato l'intero centro di Roma per impedire ai manifestanti di raggiungere la Camera.

Ecco le principali novità per studenti, docenti e atenei.

Accesso di giovani studiosi. Il ddl introduce interventi volti a favorire la formazione e l'accesso dei giovani studiosi alla carriera accademica. Disco verde alla revisione e semplificazione della struttura stipendiale del personale accademico per eliminare le penalizzazioni a danno dei docenti più giovani e alla revisione degli assegni di ricerca per introdurre maggiori tutele, con aumento degli importi. Il ddl sancisce poi l'abolizione delle borse post-dottorali, sottopagate e senza diritti e introduce una nuova normativa sulla docenza a contratto, con abolizione della possibilità di docenza gratuita se non per figure professionali di alto livello. Sì alla riforma del reclutamento, con l'introduzione di un sistema di tenure-track: contratti a tempo determinato di 6 anni (3+3).

Al termine dei sei anni se il ricercatore sarà ritenuto valido dall'ateneo sarà confermato a tempo indeterminato come associato. In caso contrario terminerà il rapporto con l'università maturando, però dei titoli utili per i concorsi pubblici. Questo provvedimento si rende indispensabile per evitare il fenomeno dei ricercatori a vita e determina situazioni di chiarezza fondate sul merito. Inoltre, il provvedimento abbassa l'età in cui si entra di ruolo in università, da 36 a 30 anni, con uno stipendio che passa da 1300 euro a 2100. Sì anche alla chiarificazione delle norme sul collocamento a riposo dei docenti e alla valutazione complessiva delle politiche di reclutamento degli atenei ai fini della distribuzione del fondo di finanziamento ordinario.

Arriva il codice etico. Ogni ateno dovrà adottare un codice etico per evitare incompatibilità e conflitti di interessi legati a parentele. Alle università che assumeranno o gestiranno le risorse in maniera non trasparente saranno ridotti i finanziamenti del ministero dell'Istruzione.

Arriva un direttore generale. Che sostituirà l'attuale direttore amministrativo. Il direttore generale avrà compiti di grande responsabilità e dovrà rispondere delle sue scelte, come un vero e proprio manager dell'ateneo.

Distinzione netta di funzioni tra Senato accademico e consiglio d'amministrazione. Il Senato avanzerà proposte di carattere scientifico, ma sarà il cda ad avere la responsabilità chiara delle assunzioni e delle spese, anche delle sedi distaccate. Il cda non sarà elettivo, ma responsabilizzato e competente, con il 40% di membri esterni. Il presidente del cda potrà essere esterno.

Diritto allo studio e aiuti agli studenti meritevoli. Delega al governo per riformare organicamente la legge 390/1991, in accordo con le Regioni. Obiettivo: spostare il sostegno direttamente agli studenti per favorire accesso agli studi universitari e mobilità. Inoltre sarà costituito un fondo nazionale per il merito al fine di erogare borse di merito e di gestire su base uniforme, con tassi bassissimi, i prestiti d'onore.

Docenti in classe. I docenti avranno l'obbligo di certificare la loro presenza a lezione. Questo per evitare che si riproponga senza una soluzione il problema delle assenze dei professori negli atenei. Viene per la prima volta stabilito inoltre un riferimento uniforme per l'impegno dei professori a tempo pieno per il complesso delle attività didattiche, di ricerca e di gestione, fissato in 1500 ore annue di cui almeno 350 destinate ad attività di docenza e servizio per gli studenti.

Gestione finanziaria. Introduzione della contabilità economico-patrimoniale uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra viale Trastevere e Tesoro. Oggi i bilanci delle università non sono chiari e non calcolano la base di patrimonio degli atenei. Con le nuove norme, i bilanci dovranno rispondere a criteri di maggiore trasparenza. Debiti e crediti saranno resi più chiari nel bilancio. Scatta poi il commissariamento e la tolleranza zero per gli atenei in dissesto finanziario.

Gli studenti valutano i professori. Gli studenti valuteranno i professori e questa valutazione sarà determinante per l'attribuzione dei fondi alle università da parte del ministero dell'Istruzione.

Mobilità del personale. Sarà favorita la mobilità all'interno degli atenei, perché un sistema senza mobilità interna non è un sistema moderno e dinamico.Possibilità per chi lavora in università di prendere 5 anni di aspettativa per andare nel privato senza perdere il posto.

Nucelo di valutazione d'ateneo a maggioranza esterna. Oggi molti nuclei di valutazione sono in maggioranza composti da docenti interni. Con le nuove norme, il nucleo di valutazione dovrà avere una maggiore presenza di membri esterni per garantire una valutazione oggettiva e imparziale.

Possibilità per gli atenei di fondersi tra loro o aggregarsi su base federativa per evitare duplicazioni e costi inutili. Oggi università vicine non possono unirsi per razionalizzare e contenere i costi. Con le nuove norme invece ci sarà la possibilità di unire o federare università vicine, anche in relazione a singoli settori di attività, di norma in ambito regionale, per abbattere costi e aumentare la qualità di didattica e ricerca.

Reclutamento di giovani studiosi. Il ddl introduce l'abilitazione nazionale come condizione per l'accesso all'associazione e all'ordinariato. L'abilitazione è attribuita da una commissione nazionale sulla base di specifici parametri di qualità. I posti saranno poi attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università, cui potranno accedere solo gli abilitati. Le commissioni di abilitazione nazionale saranno autorevoli con membri italiani e, per la prima volta, anche stranieri. Ci sarà poi un cadenza regolare annuale dell'abilitazione a professore, al fine di evitare lunghe attese e incertezze e l'attribuzione dell'abilitazione, a numero aperto, sulla base di rigorosi criteri di qualità stabiliti con decreto ministeriale, sulla base di pareri dell'Anvur e del Cun.

Arriva poi la distinzione tra reclutamento e progressione di carriera: basta con i concorsi banditi per finta solo per promuovere un interno. Entro una quota prefissata (1/3), i migliori docenti interni all'ateneo che conseguono la necessaria abilitazione nazionale al ruolo superiore potranno essere promossi alla luce del sole con meccanismi chiari e meritocratici. Messa a bando pubblico per la selezione esterna di una quota importante (2/3) delle posizioni di ordinario e associato per ricreare una vera mobilità tra sedi, oggi quasi azzerata. Procedure semplificate per i docenti di università straniere che vogliono partecipare alle selezioni per posti in Italia.

Riduzione dei settori scientifico-disciplinari. Dagli attuali 370 alla metà (consistenza minima di 50 ordinari per settore). Oggi ogni professore è oggi rigidamente inserito in settori scientifico-disciplinari spesso molto piccoli, anche con solo 2 o 3 docenti. Con il ddl, saranno ridotti per evitare che si formino micro-settori che danneggiano la circolazione delle idee e danno troppo potere a cordate ristrette.

Riorganizzazione interna degli atenei. Riduzione molto forte delle facoltà che potranno essere al massimo 12 per ateneo. Questo per evitare la moltiplicazione di facoltà inutili o non richieste dal mondo del lavoro.

Scatti stipendiali solo ai professori migliori. Si rafforzano le misure annunciate nel DM 180 in tema di valutazione dell'attività di ricerca dei docenti. In caso di valutazione negativa si perde lo scatto di stipendio e non si può partecipare come commissari ai concorsi.

Sì al passaggio ad associato di 4.500 ricercatori in tre anni. Arriva il disco verde anche alla norma che prevede il passaggio ad associato di 1.500 ricercatori in tre anni.

Stop ai rettori a vita. Un "magnifico" potrà rimanere in carica un solo mandato, per un massimo di sei anni.

Stop a parentopoli. Si prevede che nelle assunzioni per ordinario e associato siano esclusi i consangunei dei professori appartenenti al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata, ma anche di rettori, direttori generale, consiglieri di amministrazione.

Valutazione degli atenei. Le risorse saranno trasferite dal ministero in base alla qualità della ricerca e della didattica. Fine della distribuzione dei fondi a pioggia. Obbligo di accreditamento, quindi di verifica da parte del ministero, di tutti i corsi di laurea e di tutte le sedi distaccate per evitare che si creino insegnamenti e strutture non necessarie. Valutazione dell'efficienza dei risultati conseguiti da parte dell'Anvur.

 

 

2010-11-28

La ricetta giusta: una buona università per un paese migliore

risponde Gianni RiottaCronologia articolo28 novembre 201\0

Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2010 alle ore 14:11.

Caro direttore, vedo che anche lei è incorso nella fallacia per la quale dal fatto che nessuna università italiana figura nelle prime cento università s'inferisce che il nostro sistema universitario è scadente. Se le chiedessi d'indovinare come sarebbe la situazione considerando le prime cinquecento università lei mi risponderebbe che si aspetta che l'Italia figuri tra le ultime in classifica, coerentemente con la sua inferenza tratta dalla considerazione delle prime cento. E invece l'Italia in questo caso è quinta nella graduatoria mondiale, con ben 23 atenei, a pari merito con il Canada, preceduta solo da Usa, Germania, Regno Unito e Giappone. Prima della Francia (settima), e dell'Australia. Se si tenesse conto delle risorse a disposizione non è difficile immaginare che balzeremmo al primo posto. Come si spiega questo sorprendente rovesciamento della situazione? La risposta è molto semplice. Negli altri paesi le eccellenze sono tipicamente concentrate in pochi atenei, mentre da noi sono sparse su tutto il territorio. Se anche noi concentrassimo i più bravi in poche università, potremmo vantare di avere diversi atenei tra i primissimi al mondo. Ma io credo che una tale politica sarebbe dannosa, perché finirebbe con il concentrare in poche università del Centro-Nord tutta la migliore ricerca italiana. Lei dice poi che gli italiani che svolgono ricerche all'estero sono sovente eccellenti studiosi. Queste persone si sono formate nelle nostre università. Come potrebbero essere così brave se davvero le nostre università fossero così disastrose?

Alberto Mura

Professore associato di Logica e filosofia della scienza

Università di Sassari...

Caro professore sbaglia, la posizione dell'Italia va ovviamente assegnata rispetto al rango economico del paese e dovremmo dunque essere nei primi dieci. Se poi va a vedere la medie di conoscenza della matematica nei licei, arrossirà come tutti noi. Capisco che le cattedre si difendano, pur nei giorni di polemica sulla riforma, ma come diceva Tarski, un logico che presumo lei conosca, "Inimicus Plato sed magis inimica falsitas". Grazie e buon lavoro....

Concorso vinto, niente lavoro

Gentile direttore, vorrei segnalare un'anomalia relativa alla costosa macchina dei concorsi pubblici nella Pa. Esistono circa 100mila vincitori e idonei che, una volta terminate le procedure concorsuali, restano anche per svariati anni in attesa dell'assunzione. La pubblicazione di nuovi bandi viene sempre ampiamente pubblicizzata, ma non avviene lo stesso per quanto accade dopo, ossia per la situazione con cui gli "sfortunati" vincitori si trovano successivamente costretti a confrontarsi. L'assurdità maggiore sta nel fatto che le amministrazioni possono procedere all'indizione di nuovi concorsi solo previa autorizzazione della Funzione pubblica per la necessaria copertura finanziaria. Ma una volta proclamati i vincitori, la copertura finanziaria pare non esistere più, e tanti giovani sono costretti a vivere in una forte situazione d'incertezza anche per parecchi anni. D'altro lato, il bisogno cronico di personale negli uffici pubblici porta al nascere e consolidarsi di un altro grosso problema, quello degli interinali e precari. Ne deriva una situazione sconcertante: da un lato vincitori e idonei non assunti e disoccupati per svariati anni, dall'altro l'accentuarsi del fenomeno del precariato.

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2010-11-25

Gelmini: se Fli stravolge il ddl università lo ritiro. Slitta il voto. Studenti su Torre di Pisa e Colosseo

Cronologia articolo25 novembre 2010Commenti (22)

Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2010 alle ore 14:01.

Non si placa la protesta degli studenti contro la riforma universitaria, che salgono su Torre di Pisa e Colosseo, mentre il ministro Mariastella Gelmini annuncia che se il ddl "verrà stravolto, è pronta a ritirare il testo". Una presa di posizione decisa, che arriva dopo che stamane il governo è stato (nuovamente) battuto su emendamento Fli, firmato dal finiano Fabio Granata che specifica come l'attuazione delle disposizioni dell'articolo 16 del testo, sull'abiltazione scientifica nazionale, avvenga a costo zero.

"Un emendamento di scarso rilievo", ha tagliato corto il ministro e ribadito: "Finché Fli su un emendamento non particolarmente significativo marca una differenza questo rientra nella tecnica parlamentare e non entro nel merito. Mi auguro che non accada che vengano votati emendamenti il cui contenuto stravolga il senso della riforma, non sarebbe accettabile, se così fosse come ministro mi vedrei costretta a ritirarla".

Preme invece per "una rapida approvazione del ddl", la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Parlando a margine della presentazione del progetto "100 giovani per 100 anni", la leader degli industriali ha lanciato un monito ben preciso: "Sarebbe veramente inaccettabile che per litigi interni la riforma cadesse". Questa, ha subito aggiunto, come tutte le riforme, è un provvedimento perfettibile, ma introduce elementi importanti come premiare il merito e migliorare la governance. Chiediamo a tutte le forze politiche di approvarla nel più breve tempo possibile".

L'esame del ddl università si è intanto fermato all'articolo 18 (su un totale di 25). I lavori, secondo quanto deciso dalla capigruppo di Montecitorio, proseguirà in Aula alla Camera martedì prossimo 30 novembre e l'impegno di tutti i gruppi è di concluderlo nello stesso giorno. Non sono mancate le sorprese. Il ministro Gelmini durante il voto in aula alla Camera sugli emendamenti al ddl ha votato con l'opposizione su un emendamento. "Si è sbagliata- ha riferito all'agenzia Dire, Manuela Ghizzoni, deputata del Pd - anche il ministro Alfano si è sbagliato. Stava leggendo il giornale... poi la ministra ha sorriso. Ieri ha persino votato il nostro emendamento sulle assunzioni di tremila associati su cui il governo era contrario".

lo stress da votazioni, dunque, avrebbe mandato in tilt il ministro la cui riforma ha rischiato più volte di saltare.

Nel corso delle proteste sono stati occupati anche il Colosseo e la Torre di Pisa. A Milano studenti in corteo per protestare contro il ddl. Un gruppo di una decina di ragazzi si è staccato da un corteo e ha invaso la sede dell'agenzia delle Entrate che si trova in via Manin, nei pressi di Porta Venezia, nel centro della città. I manifestanti sono riusciti a salire sul grande balcone soprastante all'ingresso e hanno srotolato uno striscione con la scritta "Più soldi alla scuola meno alla guerra". Il blitz è stato accompagnato da lanci di uova e oggetti verso l'ingresso.

Tensioni a Firenze. Nel capoluogo toscano, dove era in programma una tavola rotonda sull'immigrazione con il sottosegretario Daniela Santanché, si sono registrati scontri tra la polizia e alcuni studenti che hanno tentato di forzare l'ingresso. Dai manifestanti sono partiti fumogeni a cui le forze dell'ordine hanno risposto con delle cariche di alleggerimento. Uno studente sarebbe rimasto leggermente ferito durante una delle cariche.

A Roma sit-in davanti a Montecitorio e atenei e piazze occupate. Studenti, ricercatori e docenti sono tornati stamane davanti alla Camera per proseguire la mobilitazione. Palazzo Montecitorio è presidiato dalle forze dell'ordine. L'agitazione è ripresa anche in altre città. Una ventina di studenti ha occupato la facoltà di ingegneria del politecnico di Bari. Stesso copione anche all'Orientale di Napoli, dove gli universitari presidiano palazzo Giusso, sede dell'ateneo campano. Anche Bologna si è risvegliata con la protesta degli studenti che hanno invaso piazza Maggiore creando qualche difficoltà al traffico del centro storico. Picchetti sono stati poi organizzati già da stamattina davanti alle facoltà di fisica e chimica di Torino, dopo quelli di ieri che hanno impedito lo svolgersi delle lezioni a palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, occupato da martedì, e dopo che ieri è stato occupato anche il politecnico.

Ad Aosta è in programma nel pomeriggio una "veglia per la scuola pubblica" indetta dai collettivi studenteschi, mentre ad Ancona un gruppo di studenti ha occupato il tetto della facoltà di ingegneria. Anche a Palermo studenti di nuovo in piazza con lancio di petardi davanti al provveditorato.

Opposizione sugli scudi. Prima del nuovo stop parlamentare per la maggioranza, Pd e Udc avevano chiesto alla presidenza della Camera (presieduta oggi da Rosy Bindi) di interrompere la seduta denunciando l'inammissibilità dell'emendamento di governo e maggioranza sulle nuove assunzioni di associati che collega la copertura di spesa alla legge di stabilità. Ma la Bindi aveva respinto la proposta. "L'emendamento non determina l'insorgenza di nuovi oneri e non è una autorizzazione di spesa - ha detto la vicepresidente -. Si stanno solo destinando delle risorse a copertura della legge sull'università. Il disegno di legge di stabilità è destinato a essere approvato dal Senato prima del provvedimento in esame e comunque a terminare il suo iter entro l'anno in corso".

Il blitz di ieri al Senato. Ieri un gruppo di studenti ha tentato un'irruzione al Senato (guarda i video) con lancio di uova contro il portone di legno di Palazzo Madama. Il gruppo, staccatosi dai manifestanti che stazionavano davanti alla Camera (dove è in discussione il ddl di riforma dell'Università con il governo battuto due volte nel corso della giornata) ha cercato di invadere l'atrio prima di essere respinto dalle forze dell'ordine. La vetrata all'ingresso è stata oggetto di lanci di uova. Un funzionario della polizia è stato colto da malore e tre carabinieri sono stati feriti. Il bilancio: due manifestanti arrestati, 27 denunciati e una quindicina di persone ferite tra studenti e forze dell'ordine.

 

 

 

Gelmini accelera sul merito a scuola e annuncia lo sblocco degli scatti d'anzianità

Cronologia articolo18 novembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2010 alle ore 12:54.

Mariastella Gelmini accelera sulla valorizzazione del merito nella scuola e annuncia lo sblocco degli scatti d'anzianità di insegnanti e personale amministrativo, congelati fino al 2013 dalla manovra estiva di Tremonti. "E' un giorno storico", ha dichiarato il ministro dell'Istruzione, al termine della riunione ieri a viale Trastevere con i sindacati. "Docenti e scuole saranno premiati su base meritocratica e non più solo attraverso l'anzianità di carriera, che comunque, grazie allo sforzo del governo, è stata garantita a tutto il settore".

Soddisfatti i sindacati: le circa 250mila persone che, nel prossimo triennio, passeranno di gradone non avranno penalizzazioni di stipendio, a differenza di quasi tutti gli altri comparti del pubblico impiego. Il paracudute offerto da Gelmini (e autorizzato da Tremonti) passa per l'utilizzo del 30% dei risparmi derivanti dai tagli agli organici, inaugurati nel 2008. Una soluzione formalizzata in un apposito decreto interministeriale che ha evitato l'abbattersi sul personale di viale Trastevere di una vera e propria mazzata, con penalizzazioni in busta paga fino a 3mila euro l'anno. Dal 2013 poi la progressione economica e gli aumenti per anzianità verranno definiti con il nuovo contratto.

A dicembre inoltre, ha annunciato il ministro, partiranno due progetti sperimentali e su base volontaria, uno rivolto alle scuole, l'altro ai docenti, per premiare le strutture e il personale più bravo. Lo scorso febbraio, ha spiegato Gelmini, è stato istituito un Comitato tecnico scientifico (Cts) che ha elaborato i due progetti, che assegneranno agli istituti "da 10 e lode" fino a un massimo di 70mila euro e ai docenti particolarmente meritevoli un bonus individuale pari a una mensilità lorda. I progetti partiranno il prossimo dicembre e saranno finanziati con il 30% dei risparmi derivanti dai tagli 2008, al netto, ovviamente, delle risorse utilizzate per il recupero degli scatti stipendiali.

 

 

 

 

2010-11-17

No Gelmini day. Manifestazioni in tutta Italia per il diritto allo studio

Cronologia articolo17 novembre 2010Commenti (1)

Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2010 alle ore 12:53.

Sono "almeno 200 mila" gli studenti della scuola e dell'università italiana che questa mattina in tutta Italia stanno partecipando agli oltre 100 cortei organizzati nella giornata della mobilitazione internazionale per il diritto allo studio. Gli studenti, che chiedono al governo maggiori fondi per l'istruzione pubblica, il blocco dei tagli e delle riforme in atto, hanno risposto all'appello delle varie associazioni e collettivi studenteschi in particolare nella capitale.

A Roma, infatti, sono scese in piazza circa 20 mila persone: i due cortei - uno partito da piazza della Repubblica e l'altro da piazzale Aldo Moro - si sono fusi in via Cavour, dove in questo momento stanno transitando. La manifestazione dovrebbe arrivare a piazza Navona, ma non è escluso che possa concludersi con un sit-in a piazza Montecitorio davanti la Camera dei Deputati. Molto partecipate sono anche i cortei di Torino e Palermo, dove stanno attraversando per le vie del centro circa 10 mila studenti. Molte anche le presenze, nell'ordine di 5 mila unità, a Bologna, Napoli, Venezia, Firenze e Ancona.

Gelmini: avanti con le riforme, slogan vecchi. "Bisogna avere il coraggio di cambiare. È indispensabile proseguire sulla strada delle riforme: dobbiamo puntare a una scuola di qualità, più legata al mondo del lavoro e più internazionale". Lo ha detto il Ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini. "Per ottenere questi obiettivi - ha aggiunto - stiamo rivedendo completamente i meccanismi di inefficienza che hanno indebolito la scuola italiana in passato. Un lavoro e un percorso difficile, ma indispensabile. È necessario lo sforzo di tutti coloro che hanno a cuore la scuola. La protesta di oggi però mi pare riproporre vecchi slogan di chi vuole mantenere lo status quo, di chi è aprioristicamente contro qualsiasi tipo di cambiamento".

 

 

 

 

2010-10-18

Napolitano a Pisa per i 200 anni della Normale. Gli studenti: "Intervieni contro il ddl Gelmini"

Cronologia articolo18 ottobre 2010Commenti (1)

Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2010 alle ore 12:28.

"Università e unità è il massimo": con questa battuta il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha risposto ai giornalisti che, davanti alla Scuola Normale Superiore di Pisa, gli chiedevano un commento ad alcuni slogan di protesta proclamati da un gruppo di universitari, come "università pubblica" e "uniti contro la crisi". Il capo dello Stato si trova nella città toscana per la cerimonia dei 200 anni della fondazione della Scuola Normale Superiore di Pisa, nella quale si sono formati tre nobel italiani e due presidenti della Repubblica. Al Teatro Verdi, sede della manifestazione, Napolitano assisterà alla prolusione di Sabino Cassese e ad altri interventi per festeggiare la ricorrenza.

"Sono qui oggi ben consapevole che le tensioni sociali e politiche, proprie di una fase complessa e critica dell'economia e della vita pubblica che stanno attraversando l'Italia e l'Europa hanno investito il sistema universitario e le sue problematiche", ha detto il presidente della Repubblica. "È vero - ha continuato - che nessuno può fingere di ignorare le difficili condizioni del sistema e anch'io condivido le preoccupazioni di studenti e docenti e conto sul vostro sentimento di responsabilità, al di là di ogni momento di comprensibile - ha concluso - frustrazione".

Gli studenti che hanno scandito gli slogan, circa 200, hanno svolto un breve corteo da piazza dei Cavalieri, dove ha sede la Scuola Normale, a piazza San Paolo, nei pressi del Teatro Verdi, per manifestare il loro dissenso nei confronti della riforma Gelmini.

Una delegazione di studenti ha anche consegnato un volantino allo staff del Capo dello Stato intitolato "Vogliamo un Presidente indisponibile" nel quale si spiegano i motivi del no al ddl Gelmini e nel quale si afferma che ora è il momento di "prendere una posizione chiara e netta". Infine, il volantino degli studenti afferma: "Occorre schierarsi con decisione contro questa riforma a partire da ora, non farlo significa essere complici". Il volantino è firmato "Studenti Indisponibili".

Nella hall del Teatro Verdi Napolitano ha salutato anche il padre, il fratello e la fidanzata dell'alpino Francesco Vannozzi, il caporalmaggiore di San Giovanni Alla Vena, caduto in Afghanistan insieme ad altri tre militari italiani nell'attacco del 9 ottobre scorso.

Con Napolitano c'era Giuliano Amato, presidente del comitato italiano per le celebrazioni del 150/o anniversario dell'unità d'Italia.

 

 

 

2010-10-06

Gelmini: no allo stesso trattamento fra docenti buoni e cattivi

Cronologia articolo5 ottobre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2010 alle ore 20:38.

No allo stesso trattamento "tra insegnanti buoni e cattivi". E, ancora, risorse per l'edilizia scolastica anche da privati. A dirlo il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, nel corso di un'informativa in aula al Senato, insistendo su un sistema che "premi gli insegnanti migliori". Nel corso del suo intervento il ministro ha difeso il governo dall'accusa di avere tagliato eccessivamente i posti, di aver trascurato il problema dei precari e di aver ignorato la questione del sovraffollamento.

Per il ministro Gelmini quello della classi "sovraffollate è un problema reale, ma di dimensioni molto più modeste di come viene dipinto". Le classi con più di 30 alunni, "e si fa presente che si parla delle sole scuole superiori, rispetto al totale sono lo 0,4 per cento". Sono il 2,5%, invece, secondo i dati forniti dal ministro, le classi che hanno meno di 12 alunni ("ma quelle non vengono mai attenzionate dalla stampa o dai media"). "Meglio - ha chiuso - una classe sovraffollata in più che tenere aperta una scuola non sicura".

Proprio sul fronte dell'edilizia scolastica, "priorità nazionale", servono risorse. Che soprattutto nel Mezzogiorno possono arrivare "anche dai privati". Il ministro ha ricordato che "la commissione Bilancio della Camera a sta procedendo alla ripartizione di ulteriori 300 milioni di euro" a questo scopo. Gelmini ha detto, poi, di aver avviato un tavolo tecnico con la Conferenza Stato-Regioni per una condivisione dell'Anagrafe sull'edilizia scolastica. "L'80% dell'edilizia scolastica è stata oggetto di sopralluoghi per avere una ricognizione puntuale della situazione prima di decidere dove intervenire". Il ministro ha spiegato che il piano per la sicurezza scolastica è stato attivato nelle zone a rischio sismico; che sono stati recuperati 20 milioni di euro dai risparmi della politica; che sono stati assegnati 70 milioni di euro agli enti locali oltre al recupero di un miliardo di euro dai Fondi Fas per l'edilizia scolastica (226 per l'Abruzzo, 300 milioni relativi a un primo stralcio e altrettanti, previsti in un secondo stralcio, da destinare agli interventi più urgenti). E ha sottolineato che la difficoltà è quella di velocizzare i tempi di impiego delle risorse.

"Il tema della scuola non può essere ridotto solo alla questione delle risorse" ma anche a quello di "come vengono investite" quelle disponibili. Secondo Gelmini se si riusciranno "a evitare gli sprechi, a cambiare le regole, a migliorare l'impianto formativo della scuola di primo e secondo grado", si avrà nel medio termine una scuola migliore. (N.Co.)

 

 

 

 

Gelmini: nessun governo è in grado di assumere oltre 200mila precari. Va cambiata la formazione

di Claudio TucciCronologia articolo2 settembre 2010Commenti (1)

Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2010 alle ore 14:04.

Gelmini ha scelto Palazzo Chigi per rispondere ai precari. "Capisco la situazione, per molti versi dolorosa, ma nessun Governo riuscirà mai ad assumere 230mila precari". Il ministro ha confermato poi la linea del rigore. Da quest'anno, ha annunciato, "non si potranno superare i 50 giorni d'assenza. Pena: la bocciatura". In una conferenza stampa fiume, la titolare di viale Trastevere ha fatto il punto sulle novità in arrivo con il nuovo anno scolastico, che vedrà in particolare l'avvio, nelle prime classi, della riforma delle superiori.

Positive, secondo il ministero, le reazioni di famiglie e genitori: le iscrizioni al settore tecnico-scientifico (che nel 2009 ha segnato un gap di profili professionali richiesti dalle imprese di ben 50.726 diplomati) sono cresciute dell'1,7 per cento. Quelle per il liceo delle scienze umane con opzione economica, dell'1,6%, quelle per il linguistico, dell'1,3 per cento.

Nasce anche una nuova filiera non universitaria che "dura 2 anni e vede università, scuole e aziende protagoniste della formazione". Si tratta degli istituti tecnici superiori post-secondaria: quest'anno ce ne saranno 20 e serviranno per formare figure professionali richieste dal mondo del lavoro. E che, ha sottolineato il ministro Gelmini, andranno a sostituire i corsi di laurea triennali "che si sono rivelati poco utili per favorire l'occupazione". Grazie ad accordi ad hoc con i conservatori e gli enti locali sono 1.200 gli studenti iscritti ai 37 licei musicali attivati (5 coreutici), che una volta conseguito il diploma, ha assicurato Gelmini, potranno anche iscriversi all'università. Il ministro si è poi dichiarata contraria all'eliminazione dei test a medicina, anche se, ha ammesso, serve ricalibrarne le domande, che devono premiare di più il merito. Frenata anche sulla possibilità di valutare il voto di maturità: "purtroppo, non è ancora oggettivo, viste le profonde differenze che ogni anno si registrano tra Nord e Sud".

In aumento anche il tempo pieno nella scuola primaria, che per il biennio 2009-2011 è cresciuto del 3,05 per cento. Nel prossimo anno scolastico le classi a tempo pieno, grazie a maestro unico ed eliminazione delle compresenze, passeranno da 36.493 a 37.275 e aumenteranno così di 782 unità. Ogni anno vengono soddisfatte il 29% di richieste: una media, ha puntualizzato Gelmini, in crescita negli ultimi anni. Sono aumentati pure gli insegnanti di sostegno: nel 2010-2011, saranno 93.100, 2.700 in più rispetto allo scorso anno.

Più delicato il capitolo dedicato ai precari, che, considerando anche quelli che hanno fatto una sola supplenza, secondo il ministero, sono 229mila. Circa la metà riceveranno una supplenza annuale (ma i dati definitivi saranno forniti a nomine concluse). Gli altri restano in attesa nelle graduatorie. Per il ministro poi nel 2009-2010, sono state tagliate 42mila cattedre, che considerando i 32mila pensionamenti, hanno effettivamente visto perdere il lavoro a 10mila unità. Quest'anno, saranno di meno. Ci sono stati 25.600 tagli e ci saranno 23mila pensioni. Risultato: resteranno a spasso poco più di 2mila persone. Che tuttavia potranno utilizzare la "salva precari" e le possibilità offerte da accordi ad hoc con le regioni. Il punto, ha spiegato il ministro, "è che serve cambiare radicalmente il sistema di formazione iniziale dei docenti, senza creare più false illusioni" Il regolamento è quasi pronto, ha aggiunto, stiamo aspettando solo il visto della corte dei conti.

Per quanto riguarda infine lo sblocco degli scatti del personale di ruolo - che solo da noi e in Grecia sono legati all'anzianità - arrivano importanti novità. Il Tesoro, ha detto Gelmini, ha certificato le risorse che servianno a far recuperare lo scatto. Nel 2010, ci sono a disposizione 495 milioni, nel 2011, 762 e dal 2012, a regime, quasi un miliardo. Il decreto interministeriale (Istruzione-Economia) che dovrà materialmente far arrivare i soldi in tasca agli insegnanti sarà emanato entro novembre. Parte di queste risorse, ha aggiunto Gelmini, saranno utilizzate per premiare il merito. "Abbiamo già avviato con il sindacato un tavolo tecnico - ha concluso - che speriamo dia soluzioni condivise e positive".

 

 

 

2010-09-22

Napolitano: investire nella scuola

Cronologia articolo22 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2010 alle ore 08:01.

Roma

L'anno scolastico inizia con "l'Italia unita": è la risposta che Giorgio Napolitano manda al sindaco di Adro (Bs) Oscar Lancini finito sugli scudi in questi giorni per aver tappezzato la nuova scuola pubblica del paese con centinaia di simboli leghisti. "Abbiamo voluto che la cerimonia di apertura del nuovo anno si svolgesse a Roma, al Quirinale, nel Palazzo Reale di Napoli e nella Reggia di Venaria a Torino, tre realtà di quell'Italia unita in cui crediamo e di cui nel 2011 festeggeremo il centocinquantesimo anniversario", ha detto il presidente della Repubblica, ricevendo un lungo applauso dagli insegnanti e dai 3mila studenti di tutt'Italia presenti ieri alla cerimonia, assieme al ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini.

Napolitano ha ricordato come la scuola "debba rappresentare per tutti un luogo di incontro e di integrazione" e ha esortato i giovani di ogni nazionalità a "studiare", sapendo che "non è sempre un divertimento e comporta fatica", mentre alle famiglie ha rivolto l'invito a stabilire rapporti "di fattiva collaborazione con gli insegnanti per evitare ritardi e lacune poi difficili da colmare".

Napolitano ha parlato anche di risorse, ribadendo con chiarezza il suo pensiero: il rigore dei conti pubblici è necessario, ma non può privare la scuola e la ricerca dei fondi necessari per svolgere le loro specifiche funzioni, che rappresentano comunque "una priorità". Il punto, ha spiegato il capo dello stato, è che bisogna "riformare con giudizio e non solo allo scopo di raggiungere buoni risultati complessivi. Se vogliamo che la scuola funzioni come un efficace motore di uguaglianza e come un fattore di crescita, bisogna che si irrobustisca". Negli ultimi decenni in Italia, ha proseguito Napolitano, l'istruzione ha fatto "notevoli passi avanti anche in termini di percentuale di diplomati e di laureati". Siamo più vicini alla media dei paesi sviluppati e stiamo "correndo più in fretta di altri - ha ricordato - ma non abbiamo raggiunto i paesi più avanzati". Di qui l'invito a "colmare la distanza" perchè l'istruzione "è una risorsa cruciale per affrontare una dura competizione globale". Al governo e al parlamento, il presidente della Repubblica, ha chiesto quindi di avere "uno sguardo lungimirante", di pensare al contesto mondiale in cui l'Italia e l'Europa dovranno muoversi nel futuro, nel quale "sarà essenziale il livello di istruzione e formazione raggiunto". La ricetta proposta da Napolitano passa per tre punti fondamentali: "più qualità, rapporto più stretto tra istruzione e mondo del lavoro, maggiore spazio alle competenze necessarie nelle società contemporanee".

Parole condivise da Mariastella Gelmini che ha ricordato le "tante novità" in arrivo quest'anno, soprattutto sul fronte della riforma delle superiori, che, secondo il ministro, "punta a combattere la dispersione scolastica e la disoccupazione giovanile". Critico invece il giudizio dell'opposizione. Per la capogruppo Pd in commissione Cultura alla Camera, Manuela Ghizzoni, "il governo farebbe bene ad ascoltare le parole del capo dello stato, già per esempio - aggiunge - nel corso dell'esame della riforma dell'università in discussione alla Camera, ripristinando il miliardo e 350 milioni di euro che mancano all'appello per gli atenei solo per il prossimo anno".

Nel corso della cerimonia Napolitano ha ricordato il sindaco di Pollica (Sa), Angelo Vassallo barbaramente ucciso "per aver voluto fare una buona politica, quello che la politica dovrebbe essere sempre", ha aggiunto.

Napolitano ha concluso il suo intervento parlando di merito e valorizzazione dei precari: "Serve elevare la qualità dell'insegnamento, motivare i docenti, chiedere che abbiano un'adeguata formazione", ha detto. Ma per far questo "occorre investire". In passato non lo si è fatto abbastanza e si sono prodotte situazioni pesanti. Ora serve cambiare passo, puntando soprattutto a "qualificare e riqualificare coloro che aspirano a una assunzione a tempo indeterminato".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

2010-09-20

E adesso che cosa succederà alla scuola di Adro e quanto costerà rimuovere il Sole delle Alpi?

di Guido De Franceschi Cronologia articolo20 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2010 alle ore 19:50.

Gli arredi e le strutture della scuola pubblica di Adro, istoriati in ogni dove con centinaia di riproduzioni del Sole delle Alpi (che il sindaco Oscar Lancini si ostina a definire in ogni sede come simbolo storicamente attestato nel suo paese e quindi del tutto estraneo al suo partito, la Lega Nord, che pure lo usa da tempo come proprio logo), sono costati assai. Oggi sul Corriere della Sera sono uscite cifre sorprendenti. Una su tutte i 7.500 euro spesi per i tappetini griffati Sole delle Alpi, per i quali è stato necessario approntare uno stampo originale in fase di produzione.

Il Sole 24 Ore.com ha cercato conferme di questi dati, ma ai telefoni del Comune bresciano si rincorrono i "magari, provi domani, ora non saprei chi passarle…". L'attendismo si spiega: infatti, dopo qualche prudente tentativo di ridimensionare la vicenda da parte di alcuni big del Carroccio, il sindaco Lancini era nel frattempo in riunione nel sancta sanctorum leghista di Via Bellerio, in cui si è trattenuto un paio d'ore, pur senza incontrare Umberto Bossi. Più loquace il coordinatore del circolo del Partito democratico di Adro, Silvio Ferretti. Secondo lui le cifre apparse sul Corriere sono verosimili. Si tratta di contributi arrivati da privati, "famiglie, ma soprattutto imprese, visto che si tratta di cifre alte, circa 15 mila euro per aula", dice Ferretti. Il coordinatore locale del Pd conferma che l'opposizione sta cercando di stimare i costi di un'eventuale sostituzione delle strutture e degli arredi da cui non sia possibile eliminare facilmente il Sole delle Alpi, mentre prepara un esposto alla Corte dei Conti perché il rimaneggiamento non gravi sulle casse del Comune ma sia finanziariamente coperto dai responsabili di questa iniziativa padanista.

In ogni caso, il primo cittadino Oscar Lancini è diventato a due riprese celeberrimo nelle cronache e negli editoriali (prima la querelle sulla mensa scolastica e poi quella sul Sole delle Alpi ossessivamente riprodotto all'interno e all'esterno della nuova scuola pubblica), ma di lui pochi ricordano le generalità, in quanto è citato perlopiù soltanto con il suo titolo istituzionale "il sindaco di Adro", usato ormai come se si trattasse di un nome d'arte. E ora per decidere se praticare a oltranza il "tegn dür" che appare di frequente sui manifesti del Carroccio oppure fare un passo indietro e cedere alla cancellazione dei Soli richiesta da più parti, si rivolge ai vertici del proprio partito. Infatti, l'intervento non propriamente laudatorio del ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, è stato metabolizzato dal sindaco Lancini con la consueta abilità di ineffabile incassatore. E comunque assicura di non saper nulla di eventuali malumori gelminiani.

D'altronde, come ammette il sindaco, nella filiera di comando da lui riconosciuta, ben più in su del ministro competente è assiso il Capo, cioè Umberto Bossi, il leader di quel partito che per pura coincidenza usa come brand quello stesso stilizzato simbolo solare adrense di cui la scuola del paese bresciano è una sorta di showroom di possibili utilizzi nell'architettura e nei complementi di arredo. In realtà, Lancini, che nel tardo pomeriggio ha lasciato via Bellerio senza fare dichiarazioni, non ha incontrato Bossi, ma avrebbe parlato con il segretario lombardo della Lega, Giancarlo Giorgetti, e con il deputato bresciano Davide Caparini. In sede erano presenti altri dirigenti, come il ministro Roberto Calderoli che potrebbero aver confidato al sindaco di Adro gli umori del leader.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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Cinquemila giudici di pace, 850 sedi, oltre 2 milioni e mezzo di procedimenti in corso

Cronologia articolo20 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2010 alle ore 16:17.

I giudici di pace in Italia sono 4.700 distribuiti in 849 diverse sedi di uffici giudiziari, con competenze che vanno dalle opposizioni alle sanzioni amministrative alle cause concernenti la circolazione stradale il cui valore non superi i ventimila euro fino alle questioni relative ai rapporti di vicinato e a molte altre competenze anche penali.

Oltre ai reati minori, come ingiurie e minacce, i giudici di pace dall'anno scorso sono chiamati a trattare anche il nuovo reato di clandestinità. Un fiume di pratiche che ogni anno finiscono sulle loro scrivanie e che sono costantemente in aumento. Secondo gli ultimi dati del ministero della Giustizia, i procedimenti civili pendenti nel primo semestre dell'anno scorso erano 1.579.458, ai quali vanno aggiunte 993.475 cause di opposizione contro le multe e ben 16.902 procedimenti penali, con un incremento che sfiora il 4% rispetto all'anno precedente.

Il giudice di pace è un magistrato onorario e non di carriera, è reclutato tramite un concorso per titoli e ha un'età compresa tra i 30 e i 75 anni. Dura in carica quattro anni e alla scadenza può essere confermato una sola volta.

 

 

 

 

2010-09-18

Il ministro Gelmini al sindaco di Adro: via il sole delle Alpi dalla scuola

Cronologia articolo18 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2010 alle ore 16:33.

Via i simboli del "Sole delle Alpi dalle scuole di Adro, in provincia di Brescia. Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ha chiesto al direttore dell'Ufficio scolsstico della Lombardia di prendere carta e penna e scrivere al sindaco di Adro (Brescia) di "adoperarsi per la rimozione dal polo scolastico del simbolo" noto come il "sole delle Alpi".

Nella lettera, firmata dal direttore Giuseppe Colosio, viene dato atto al sindaco di Adro di aver realizzato "attrezzature didattiche all'avanguardia", ma è anche spiegato che non può essere nascosto il fatto che "il sole delle Alpi" è uno dei simboli utilizzati dalla Lega, il movimento politico al quale appartiene la maggioranza dell'amministrazione comunale di Adro. La lettera sottolinea l'attenzione mediatica di questi giorni sollevata dall'episodio e precisa che è dovere dell'amministrazione evitare che la politica di parte entri nella scuola: la delicatezza della funzione - si legge nel testo - impone di intervenire anche in caso di solo sospetto, per evitare ogni possibile strumentalizzazione.

Il sindaco di Adro, Danilo Oscar Lancini, si dice "stupito" dell'arrivo della missiva suggerita dal ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. "Mi sembrava che il ministro avesse capito che il Sole delle Alpi é un simbolo del territorio e non di un partito".

Rincara la dose il deputato del Fli, Benedetto Della Vedova, che chiede che aggli amministratori di Adro di mettersi le mani in tasca e pagare il danno erariale prodotto. A loro spettano, dice Della vedova, "le spese per la "deleghistizzazione" del Polo scolastico. I simboli leghisti sono e vanno tolti ovunque, ma non finiscano a carico dei cittadini di Adro, ma degli amministratori che hanno prodotto, con una scelta sconclusionata, anche un danno erariale per il Comune".

Intanto ad Adro si è svolta una manifestazione contro i 700 simboli inseriti nel nuovo comprensorio scolastico che ospita 450 studenti divisi fra scuola materna, elementari e medie. Simboli inseriti tra i banchi dal sindaco che ha voluto il Sole delle Alpi anche sui cestini dell'immondizia e sui tappeti. Per il sindaco è un simbolo della cultura del Nord, per gli organizzatori della protesta è solo quello di un partito. Slogan della manifestazione: "Fuori la Lega dalla scuola". Piazza Padre Costantino era piena di persone tra gli organizzatori della protesta, sindacati, Sinistra radicale, Pd e Idv, Popolo viola e lista civica Linfa, cittadini e curiosi. A portarli in piazza ha contribuito il tam tam su internet, Facebook compreso, per pubblicizzarla. A chiedere la rimozione dei simboli di partito sono anche 185 genitori dei ragazzi della scuola, che hanno firmato una lettera. (N.Co.)

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2010-09-15

Tagliati 279 milioni alle università

di Claudio TucciCronologia articolo15 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2010 alle ore 20:50.

Meno 279 milioni di euro. A tanto ammonta il taglio che ha subito nel 2010 il fondo di funzionamento ordinario delle università, deciso da viale Trastevere, con un decreto. Una notizia che arriva mentre in commissione Cultura alla Camera è iniziato il giro di boa del ddl di riforma degli atenei, con l'auspicio del ministro Mariastella Gelmini di far diventare legge il provvedimento entro l'autunno. Rispetto ai 7,485 miliardi di euro di finanziamenti ricevuti nel 2009, che servono a pagare le spese correnti delle facoltà come gli stipendi del personale, quest'anno lo Stato staccherà un assegno pari a 7,206 miliardi, in calo del 3,72 per cento.

"La situazione è molto grave", denuncia Andrea Lenzi, presidente del Cun, il Consiglio universitario nazionale, organo consultivo di viale Trastevere, che in serata ha inviato al ministero un parere negativo sul taglio, in più comunicato "con enorme ritardo rispetto all'avvio delle attività di programmazione". Purtroppo quest'anno, spiega Lenzi, il governo non è riuscito a trovare risorse extra per compensare la sforbiciata, come accaduto nel 2009, grazie agli introiti dello scudo fiscale.

Ma la preoccupazione maggiore è per il 2011 e 2012, dove per effetto della manovra di Tremonti il fondo di funzionamento degli atenei subirà una ulteriore cura dimagrante, rispettivamente, di 1,335 miliardi e 1,433 miliardi, scendendo a poco più di 6 miliardi. "Se non si troveranno le risorse necessarie - denuncia Lenzi - rischieranno di chiudere i battenti ben 30 università". Il decreto ministeriale mantiene intatte tutte le destinazioni specifiche delle risorse, mobilità docenti, chiamate dirette studiosi, dottorati di ricerca, handicap, e in più fa salire dal 7% del 2009 all'attuale 10% la quota premiale, impegnando complessivamente 720 milioni, a testimonianza, conclude Lenzi, che "ormai la strada della valorizzazione del merito è intrapresa e difficilmente potrà tornare indietro".

 

 

 

Napolitano chiede più risorse per la scuola. La politica? Ritrovi la moralità

di Celestina DominelliCronologia articolo15 settembre 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2010 alle ore 13:24.

Difende la scuola alla quale "bisogna assicurare più risorse". E mette in guardia anche sui rischi legati a tagli indiscriminati. Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, è arrivato a Giffoni, piccole comune del salernitano, per partecipare al Giffoni Film Festival, kermesse cinematografica dedicata esclusivamente ai ragazzi. Ed è a loro, a un pubblico giovanissimo, che il presidente della Repubblica consegna un chiaro messaggio. "Alla scuola - spiega Napolitano - bisogna assicurare più risorse, ma abbiamo bisogno anche di attività informativa e impegno". Nella scuola, continua il capo dello Stato, "è necessario incoraggiare il merito. La Costituzione fa riferimento ai capaci e ai meritevoli, va incoraggiato chi si applica e realizza di più".

La platea ascolta le parole di Napolitano e lui, rispondendo alla domanda di una giovane studentessa, pianta altri paletti. A cominciare dalla necessità di sostenere la cultura. "Bisogna investire di più - ragiona l'inquilino del Colle -. L'ho detto più volte, non posso prescrivere al Governo come e quanto deve investire. Se non si investe nella cultura spesso è per miopia, perché si guarda alle urgenze e non al futuro". Poi torna sull'importanza di evitare tagli indiscriminati per tenere sotto controllo i conti dello Stato. "In Italia - continua Napolitano - dobbiamo fare uno sforzo analogo a quello che ha fatto la Germania che ha annunciato notevoli tagli che riguardano la spesa sociale, ma allo stesso tempo ha aumentato la spesa pubblica per ricerca e innovazione. È necessario tagliare, ma non si deve fare in modo indifferenziato in tutti i settori".

Quindi il presidente della Repubblica invita a intensificare gli sforzi per far rientrare i nostri cervelli emigrati all'estero ("serve una svolta decisiva"). E rivolge subito dopo lo sguardo alla politica e alle tensioni interne alla maggioranza. "Bisogna ricostruire un clima di rilancio culturale e morale della politica - prosegue il presidente. Perché la politica è sì "ricerca delle soluzioni dei problemi", ma non può mai prescindere dal possesso "dello spessore culturale e dalla moralità". Uno studente gli chiede come fanno a cooperare insieme persone che sono diverse tra loro, Napolitano risponde con calma scandendo bene le parole. "È essenziale - dice - scegliere gli obiettivi comuni. Poi basta spogliarsi degli eccessi di partigianeria, rinunciare a egoismo e meschinità". Quanto al suo ruolo il capo dello Stato ribadisce che non si farà trascinare all'interno dello scontro tra i due opposti schieramenti. "È mio dovere essere il presidente di tutti - assicura -. Da qualunque parte si provenga e da qualunque maggioranza si sia eletti, bisogna sentire che si è diventati il presidente di tutti gli italiani e questo è lo sforzo che continuerò a fare fino all'ultimo giorno del mio mandato". I ragazzi insistono, gli chiedono come si possano conciliare le convinzioni personali e di partito con il ruolo di garante imparziale, e Napolitano ribadisce il concetto. "Non c'è nessun trucco", replica il capo dello Stato spiegando che dopo cinquant'anni di "politica schierata" gli è capitato, inaspettatamente, di fare quest'altra cosa, come già nel 1992, il presidente della Camera dei deputati. "Già allora - ricorda - mi era chiaro che dovevo essere imparziale, dovevo far rispettare le stesse regole a tutti, a maggioranza e opposizione".

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2010-09-13

Primo giorno di lezione tra le proteste. Gelmini: "L'anno scolastico partirà regolarmente"

di Claudio Tucci Cronologia articolo13 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 14:21.

Primo giorno di scuola oggi per gli alunni di nove regioni, ma le proteste dei precari e le manifestazioni degli studenti mettono a rischio le lezioni. "Non ricordo un anno scolastico che non sia stato accompagnato da una serie di polemiche e contestazioni", ha commentato il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, che ha scelto la sezione scuola del policlinico Gemelli per inviare il suo "In bocca al lupo" agli studenti.

Il governo, ha proseguito il ministro, ha predisposto questa riforma, ma "la vera sfida deve essere raccolta innanzitutto dagli insegnanti, perché a loro tocca l'onore di applicarla e di collaborare per rendere la scuola davvero un'istituzione per eccellenze". Il ministro ha poi assicurato che l'anno scolastico partirà regolarmente in tutta Italia: "proprio ieri - ha detto - abbiamo fatto l'ultimo controllo con gli uffici scolastici regionali ed è tutto a posto". Le immissioni in ruolo sono state fatte e le supplenze sono state assegnate, mentre per quanto riguarda i precari, ha aggiunto, sono stati siglati gli accordi con le regioni.

Il ministro ha confermato la stima, 7-8 anni, per assorbire tutti i 230mila precari iscritti nelle graduatorie, utilizzando la leva dei pensionamenti e delle nuove immissioni in ruolo. In più, ha spiegato, "lasceremo finestre riservate agli studenti migliori che si laureeranno e si abiliteranno nei prossimi anni", perché, ha detto, "riteniamo che uno spazio occupazionale vada riservato anche ai giovani talenti che vogliono intraprendere la professione dell'insegnante".

Intanto non si placano le proteste. Ieri i precari hanno bloccato per qualche ora lo stretto di Messina. Oggi, la Rete degli studenti ha organizzato una protesta folcloristica: i manifestanti, davanti alle scuole, indossano caschetti gialli da lavoro, "per proteggersi la testa - dicono - dalle macerie che la Gelmini e Tremonti hanno causato". Tito Ruso, dell'Uds, Unione degli studenti, ha invece indetto una "mobilitazione nazionale dei ragazzi per venerdì 8 ottobre contro la politica scolastica del governo". Per il segretario Pdci, Oliviero Diliberto, "Quella della Gelmini è una classica controriforma che fa della scuola italiana la caricatura di quella che s'è andata costruendo fin dal dopoguerra". Primo giorno di lezione "agitato" al liceo classico Tito Livio di Padova (che annovera tra i suoi diplomati anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano): una volante della Polizia è intervenuta questa mattina a causa di un fitto lancio di uova di cui sono stati oggetto alcuni studenti delle prime classi dell'istituto. Mentre è già super lavoro per il preside Francesco La Teana, a Milano: doveva occuparsi di un istituto superiore, ma si è trovato preside anche di un polo che comprende una scuola materna, una elementare e due medie.

 

 

 

Un futuro in corsia malgrado gli scandali

di Paolo del Bufalo e Manuela PerroneCronologia articolo13 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 08:21.

Sarà il mito del Dr. House. O, banalmente, la garanzia del posto sicuro al termine di un percorso formativo né breve né semplice. È il fascino del "camice bianco", quello che spinge ogni anno migliaia di giovani diplomati ad affrontare la difficile roulette dei test d'accesso a corsi universitari dell'area sanitaria con probabilità di successo quasi da "6 al Superenalotto".

 

Professioni ambite. Ma anche sotto i riflettori della cronaca. L'estate che si avvia al termine ne è un esempio, con una lunga (e preoccupante) lista di casi di malpractice - malasanità, se preferite - che hanno visto coinvolti medici e strutture sanitarie, da Messina a Torino, da Roma a Matera. Non casi isolati, se è vero che per Asl e dottori le denunce corrono al ritmo di 30mila l'anno, con costi dei premi assicurativi arrivati a 450 milioni di euro.

Pensieri che, probabilmente, hanno solo sfiorato i 220mila candidati che quest'anno si sono contesi i 37.679 posti dell'area sanitaria (medicina, odontoiatria e le 22 professioni sanitarie non mediche, dall'infermiere all'assistente sanitario), con il 10% di candidati in più dello scorso anno e il 250% in più rispetto a 14 anni fa. Ci sono sedi in cui per un posto hanno "gareggiato" in 30-40 candidati.

 

Gli altri fuori. Con un paradosso: tra qualche anno, oltre agli infermieri, dovremo importare dall'estero anche i medici. Perché la strategia del numero chiuso potrà rivelarsi un boomerang. A meno che non ci si affretti a ripensare la programmazione degli accessi.

 

 

 

In classe con il badge che certifica entrate e uscite da scuola

di Claudio TucciCronologia articolo13 settembre 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 11:46.

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Tutti o quasi sui banchi di scuola. Per gli oltre sette milioni di studenti italiani le vacanze sono già finite, o lo saranno nei prossimi giorni. La scorsa settimana sono tornati sui banchi quelli che frequentano la scuola a Trento e provincia, oggi prima campanella per la maggior parte degli iscritti, poi man mano tutti gli altri fino al 20 settembre quando si riapriranno anche le scuole di Puglia, Abruzzo e Liguria. L'attesa è tutta per l'avvio, nelle prime classi, delle nuove superiori, targate Gelmini. Ma non solo.

La carta dello studente, una sorta di tesserina magnetica con cui da due anni gli studenti delle scuole superiori hanno una serie di facilitazioni e sconti, da quest'anno diventa anche un badge che certifica l'entrata e l'uscita da scuola. La carta era stata distribuita nel settembre 2008, destinatari i quasi 2,5 milioni di studenti delle superiori. Con l'avvio del nuovo anno, rende noto viale Trastevere, quasi metà degli istituti superiori "è stato dotato degli strumenti necessari" per aggiungere alle sue funzioni anche quella di registrare automaticamente l'entrata e l'uscita da scuola. Ogni istituto ha fatto i suoi adattamenti, in alcuni ad esempio le tesserine sono state corredate dalla foto dello studente.

Un'altra novità di quest'anno riguarda le lingue straniere. È stato fissato, per tutti gli studenti, il livello B2 di apprendimento, che, sottolinea il ministero, ci allinea agli altri paesi europei. In una scala di sei livelli di competenza, il B2 corrisponde grosso modo a un livello intermedio: a questo livello lo studente può capire e parlare di cose complesse, è capace di argomentare con efficacia e la sua capacità dialettica è sicura e spontanea.

L'apprendimento di una lingua, è favorito anche dal Clil, l'insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera (dal 2012/2013 nelle classi terze dei licei linguistici e dal 2014/2015 nelle classi quinte di tutti i licei), che è già in corso in molti istituti superiori. Da quest'anno poi non si potranno superare i 50 giorni d'assenza, pena la bocciatura.

Nelle prime classi di elementari, medie e superiori quest'anno si sperimenterà anche il tetto del 30% di presenza di alunni stranieri, previsto dalla circolare n. 2 dell'8 gennaio 2010, con l'intento favorire l'integrazione tra ragazzi di diversa nazionalità. Lo scorso anno risultavano iscritti 629.360 alunni stranieri, il 7% del totale. La novità, in modo graduale, sarà estesa in tutte le altre classi. Secondo i primi dati resi noti da viale Trastevere il tetto (che è variabile e non si applica ai minori non italiani, ma nati nel Belpaese) è stato rispettato dalla stragrande maggioranza delle scuole, con pochissime eccezioni. Nel Lazio, per esempio, solo sei istituti hanno sforato il 30 per cento. In Toscana, appena due (nella provincia di Prato), in Piemonte, venti.

 

 

2010-09-10

Tirocinio in classe e lauree mirate. Ecco le regole targate Gelmini per diventare insegnanti

di Claudio TucciCronologia articolo10 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2010 alle ore 15:52.

Tirocinio da svolgere in classe, numero di insegnanti deciso in base al fabbisogno, lauree specifiche per ciascuna classe di abilitazione, migliore conoscenza dell'inglese e delle competenze tecnologiche. Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini ha firmato oggi il regolamento sulla nuova formazione iniziale dei docenti, che riscrive, dopo oltre due anni di lavoro, le nuove modalità per arrivare in cattedra. I tirocini partiranno subito. Per le nuove lauree bisognerà attendere il 2011. Si tratta però un provvedimento "monco", come ricordato dallo stesso ministro, visto che per completare l'opera, manca ancora il regolamento sul reclutamento, che però - ha subito precisato la titolare di viale Trastevere - è a buon punto "e arriverà entro due-tre mesi".

Parlando a palazzo Chigi, il ministro Gelmini ha assicurato come le nuove regole sulla formazione iniziale mirino soprattutto a evitare l'insorgere di nuovo precariato. Secondo il ministro, ci vorranno 6-7 anni per assorbire tutti i 229mila precari iscritti a pieno titolo nelle graduatorie ad esaurimento, grazie, ha detto, ai pensionamenti. Gelmini ha poi ricordato come viale Trastevere abbia già concluso le procedure di immissione in ruolo (circa 17mila unità, autorizzate dall'Economia) e abbia completato i trasferimenti: su 140mila domanda, sono stati effettivamente trasferite 74mila persone. In più, e in deroga ai vincoli normativi (e di bilancio), ha tenuto a precisare il ministro, sono state autorizzate altre 3.500 assunzioni di docenti di sostegno e circa mille unità in più di personale, in organico di fatto. Gelmini ha assicurato anche che tutti i 14mila professori rimasti a spasso negli ultimi due anni per via degli tagli avranno un reddito e un posto di lavoro, grazie alla salva precari (estesa di recente anche a chi ha maturato i requisiti nel 2009-2010) e agli accordi con le regioni.

Con il nuovo sistema per insegnare, nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria, ha spiegato il ministro Gelmini, "sarà necessaria una laurea quinquennale, a numero programmato con prova di accesso". Precedentemente, bastava la laurea quadriennale a ciclo unico con test d'accesso al primo anno e la scelta, dopo un biennio comune, dell'abilitazione per la scuola primaria o dell'infanzia. Per insegnare invece nella scuola secondaria di primo e secondo grado, ha proseguito il ministro, "sarà necessaria la laurea magistrale ad hoc completata da un anno di tirocinio formativo attivo; è prevista una rigorosa selezione per l'ingresso alla laurea magistrale a numero programmato basato sulle necessità del sistema nazionale di istruzione, composto da scuole pubbliche e paritarie". L'anno di tirocinio formativo attivo contemplerà 475 ore di tirocinio a scuola (di cui almeno 75 dedicate alla disabilità) sotto la guida di un tutor. Con il vecchio sistema, erano necessarie la laurea magistrale e due anni di Ssis, la Scuola di specializzazione per l'Insegnamento secondario), che ora quindi chiudono definitivamente. Ci sarà un'attenzione particolare ai disabili. Tutti gli insegnanti, e non solo quelli di sostegno, avranno una preparazione di base ad hoc per i bisogni "speciali". Per quanto riguarda l'inglese, sono previsti percorsi di specializzazione per il Clil, l'insegnamento nella scuola secondaria di secondo grado di una materia non linguistica in lingua straniera.

Il nuovo regolamento prevede anche un regime transitorio. Tutti i vecchi laureati potranno conseguire l'abilitazione per la secondaria di primo e secondo grado (medie e superiori) accedendo, dietro il superamento delle prove d'accesso (test preselettivo, esami scritti e orali), all'anno di tirocinio formativo attivo a numero programmato. Per l'accesso al percorso, sarà valorizzato il servizio svolto a scuola, il dottorato di ricerca e l'attività svolta in università.

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2010-09-09

Laurea spuntata contro la crisi

di Alessandro SchiesaroCronologia articolo09 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2010 alle ore 08:18.

Il check-up annuale dell'Ocse al sistema educativo dei paesi membri consente di misurare in dettaglio l'evolversi del panorama internazionale in un settore la cui centralità è ormai indiscussa. Quello appena uscito presenta motivi di particolare interesse perché si fonda in gran parte su dati 2007-2008, con incursioni anche nel 2009, e consente quindi di misurare almeno in parte l'impatto della crisi economica globale.

Nel 2007 tre quarti dei laureati Ocse ha trovato lavoro nei primi anni dopo la fine degli studi, la stessa percentuale del 2003, quando però il numero assoluto dei laureati era nettamente inferiore e il clima economico nettamente migliore. L'Ocse conclude ancora una volta che l'investimento in formazione avanzata "paga" sia a livello individuale (il potenziale di guadagno del laureato è più alto), sia a livello sociale, per il maggior contributo fornito all'innovazione, la crescita e lo sviluppo.

L'appuntamento con i traguardi fissati dall'Agenda di Lisbona scade in teoria tra poche settimane e resta da vedere quanti parametri saranno stati rispettati: non c'è dubbio, in ogni caso, che tutto il mondo economicamente sviluppato abbia messo in moto politiche di promozione del capitale umano in linea con l'Agenda. Negli scorsi 13 anni i laureati Ocse sono cresciuti in media del 21%, ma in alcuni paesi i numeri raccontano un'evoluzione anche più sensazionale: il record appartiene alla Finlandia, che nello stesso periodo ha quasi triplicato il numero dei laureati e svetta oltre il 60% (una percentuale che resta altissima anche al netto di alcuni fattori distorsivi); la Slovacchia è cresciuta in modo simile puntando soprattutto sulle lauree professionalizzanti para-universitarie; la Russia presenta ritmi sostenuti; nel complesso la geopolitica della formazione avanzata, anch'essa ormai globalizzata, segnala spostamenti significativi tra l'asse tradizionale Usa-Gran Bretagna e i paesi dell'Asia e dell'Oceania a favore di questi ultimi.

Per quanto riguarda il numero dei laureati l'Italia sconta, nelle classifiche generali, il numero molto basso nelle classi di età più mature, ormai immodificabile. In quelle più giovani il 32,7% di laureati è invece in linea con la media Ocse e nettamente superiore al 19% del 2000, prima dell'introduzione della laurea triennale. Restano però evidenti alcuni problemi. Il primo è la scarsa o nulla differenziazione della formazione terziaria, cioè quella post-diploma. La Germania, per esempio, ha meno laureati "tradizionali" rispetto all'Italia (il 25,5%), ma a questi si aggiunge un buon 10% di coetanei che ha conseguito titoli professionalizzanti di durata biennale o triennale, la stessa percentuale degli Usa, ma molto meno del 30% circa raggiunto da paesi tecnologicamente avanzati come il Canada, la Corea, il Giappone, il 25% di Francia e Svizzera, il 16,5% della Gran Bretagna. Tutti paesi in cui esiste da tempo un sistema consolidato di studi avanzati para-universitari sul cui modello sono ora esemplati gli Istituti tecnici superiori. Nell'attesa che questa nuova rete formativa, di grande importanza strategica, decolli definitivamente, le università italiane hanno continuato a supplire anche ad esigenze strettamente professionalizzanti offrendo una gamma di titoli triennali che altrove, appunto, sono giustamente affidati a istituzioni meglio in grado di prendersene cura, se non altro perché assicurano una correlazione organica con le esigenze del mercato del lavoro.

Proprio sul versante del rapporto con il mondo del lavoro colpisce un altro dato riferito all'Italia. In tutti i principali paesi Ocse l'inizio della crisi ha fatto aumentare percentualmente il tasso di disoccupazione dei non laureati, che più degli altri hanno subito la contrazione dell'economia: in Italia è successo l'inverso. Si tratta di un rapporto percentuale - chi ha conseguito la laurea continua ad avere nel complesso migliori prospettive occupazionali - ma fa comunque riflettere. Poiché i laureati si concentrano tra le classi di età più giovani, è possibile che abbiano scontato situazioni lavorative meno garantite; a questo è plausibile che si aggiunga un altro fattore in parte convergente, cioè l'imperfetto allineamento tra il titolo conseguito e le concrete prospettive occupazionali.

Da questo punto di vista il proliferare negli ultimi anni di lauree di dubbio peso scientifico, ma allo stesso tempo poco apprezzate sul mercato del lavoro, dimostra che non basta aumentare il numero dei laureati in quanto tale, ma che bisogna articolarne la tipologia e differenziarne i profili: il "pezzo di carta", di per sé, non basta davvero più.

 

 

 

 

2010-09-07

Ocse: "L'Italia investe poco in istruzione"

di Claudio TucciCronologia articolo7 settembre 2010Commenti (1)

Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 12:57.

L'Italia investe ancora poco (e male) in istruzione. La certificazione arriva dall'annuale rapporto Ocse, "Education at a glance 2010", presentato oggi a Parigi, che rielabora dati 2007 e 2008. Roma spende il 4,5% del Pil nelle istituzioni scolastiche contro una media Ocse del 5,7 per cento. Solo la Repubblica Slovacca spende meno tra i Paesi industrializzati. Complessivamente, la spesa pubblica nella scuola (inclusi sussidi alle famiglie e prestiti agli studenti) é pari al 9% della spesa pubblica totale, il livello più basso tra i Paesi industrializzati (13,3% la media Ocse) e l'80% della spesa corrente è assorbito dalle retribuzioni del personale, docente e non, contro il 70% medio nell'Ocse. La spesa media annua complessiva per studente é peraltro di 7.950 dollari, non molto lontana dalla media (8.200), ma focalizzata sulla scuola primaria e secondaria a scapito dell'università dove la spesa media per studente inclusa l'attività di ricerca è di appena 8.600 dollari contro i quasi 13mila Ocse.

Il rapporto dell'organizzazione parigina offre lo spunto anche per altre riflessioni. La prima è che in Italia le ore di istruzione previste sono ben 8.200 tra i 7 e i 14 anni. Solo in Israele i ragazzi stanno più a lungo sui banchi e la media Ocse si ferma a 6.777. Le dimensioni delle classi inoltre sono maggiori rispetto alla media Ocse (18 alunni contro 22) e il rapporto studenti/insegnante é tra i più bassi (10,6 alla scuola primaria contro media 16,4).

Gli insegnanti poi sono pagati meno della media soprattutto ai livelli più alti di anzianità di servizio. Un maestro di scuola elementare inizia con 26mila dollari e al top della carriera arriva a 38mila (media Ocse 48mila). Un professore di scuola media parte da 28mila per arrivare a un massimo di 42mila (51mila Ocse), mentre un docente di liceo a fine carriere arriva a 44mila (55mila). Al tempo stesso, però, l'Italia é quintultima per le ore di insegnamento diretto. Sono 601 l'anno nella scuola secondaria contro una media Ocse di 703. Tutto questo come si traduce in competitività? Semplicemente, che resta al palo.

La musica non cambia all'università e, soprattutto, dopo nel mondo del lavoro. A livello annuo e per un lavoro a tempo pieno una donna percepisce una retribuzione pari al 54% (media Ocse 72%) della retribuzione di un uomo. Il divario nei guadagni é minore nei livelli di istruzione inferiori: con la licenza media una donna ha il 75% delle entrate di un uomo e il 72% con un diploma di scuola superiore. In base alle statistiche dell'Organizzazione, peraltro, solo il 14% della popolazione adulta italiana ha una laurea contro la media Ocse del 28% e sono meno anche i diplomati (53% contro 71%). Il numero dei laureati nella Penisola é però in aumento (+5,3% medio annuo rispetto al 1998) e raggiunge il 20% nella fascia d'età 25-34 anni (ma la media Ocse é del 27%), mentre é solo il 10% tra gli ultra 55enni. L'85% dei giovani arriva al diploma di scuola media superiore, ma all'università si iscrive solo il 51% (contro la media Ocse del 56%) e le donne (61%) in maggior misura degli uomini (43 per cento).

 

 

 

Scuola italiana ancora poco aperta agli scambi con l'estero

di Claudio TucciCronologia articolo7 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 13:39.

La scuola italiana è aperta alle esperienze internazionali? Ancora poco: un insegnante su 3 non gradisce gli spostamenti di studio all'estero "perché penalizzano i programmi didattici" e poi mancano i finanziamenti. Lo scorso anno, il 67% degli istituti ha partecipato almeno a un progetto internazionale, in calo di 5 punti percentuali rispetto all'anno prima. La rilevazione è contenuta nel secondo rapporto Intercultura-Telecom Italia, realizzato da Ipsos, sul grado di internazionalizzazione delle scuole italiane. L'indice di "esterofilia" delle nostre scuole, indicato dalla ricerca, è pari a 40/100 ed è stato calcolato su 494 istituti di 5 regioni italiane, Lombardia, Toscana, Marche, Puglia, Molise. Una mano per una maggiore apertura all'estero delle scuole, ha sottolineato il segretario generale di Intercultura, Roberto Ruffino, "può arrivare dall'Osservatorio sull'internalizzazione creato dalla nostra fondazione, che vede circa 3mila contatti al mese".

Dall'indagine emerge che la metà (50%) delle scuole applica l'insegnamento di almeno tre lingue straniere e un quarto (23%) sta sperimentando il Clil, ovvero la docenza di una o più materie in una lingua diversa dall'italiano. Il 42% ha realizzato nell'anno scolastico 2009-2010 almeno uno scambio di classe con una scuola all'estero, mentre il 27% conta almeno un alunno che si è recato per studio in un altro Paese per un periodo compreso tra i 3 mesi e l'anno intero.

Ma c'è anche l'altro lato della medaglia. Vale a dire che lo scorso anno, ancora il 20% di scuole non ha partecipato a programmi come Comenius, Etwinning, gemellaggi con altre scuole. Il 47% del campione poi non ha stanziato un euro per questi progetti. Appena l'8% fino a 1.500 euro. Gli ostacoli maggiori? Secondo i presidi, interpellati da Ipsos, la scarsa adesione a questi progetti da parte degli insegnanti (35% dei casi) e ancor più le difficoltà ad ottenere finanziamenti (38 per cento). Sviluppare progetti internazionali può infatti rappresentare un costo per le scuole: il 27% dei dichiara di avere stanziato oltre i diecimila euro. Ma c'è pure chi - per il 31% - la partecipazione a un progetto internazionale non è costato nulla grazie ai finanziamenti pubblici e privati (europei, da parte della Regione, della Provincia, del Comune, o da istituti bancari e associazioni di categoria).

 

 

2010-09-06

Le novità a scuola per elementari, medie e licei. Il forum online

di Luigi IllianoCronologia articolo6 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2010 alle ore 08:48.

Spazio alle domande di famiglie e studenti

Dalle10 alle 18 i lettori potranno inviare le proprie domande sulla riforma dellascuola collegandosi a questo indirizzo www.ilsole24ore.com/scuola

Riforma al debutto. Sarà il riordino del secondo ciclo il protagonista assoluto dell'anno scolastico che sta per cominciare e non potrebbe essere altrimenti: il modello di scuola superiore finora applicato risaliva alla legge Gentile, anno di grazia 1923. Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, va fiera – a ragione – di essere riuscita dove si erano infrante le buone intenzioni di molti governi, di qualsiasi colore politico.

Sforbiciata alla giungla di centinaia di indirizzi e sperimentazioni, riduzione delle ore di lezione, rafforzamento del l'inglese, incremento delle ore di laboratorio, raccordo con il mondo del lavoro e delle professioni, sono i principali interventi di Viale Trastevere per centrare soprattutto due obiettivi: semplificazione e caratterizzazione dei percorsi, per restituire un'identità forte agli indirizzi di studio; in particolare al l'istruzione tecnica e a quella professionale. Cambiamenti con i quali si misureranno insegnanti e studenti delle classi prime dei nuovi licei, degli istituti professioni e dei tecnici. Riforma delle superiori a parte, il 2010/11 partirà con altre piccole e grandi novità. Vediamo, in sintesi, le più importanti, rimandando alle pagine interne per un'analisi dettagliata.

Primaria

In cattedra alle elementari ci saranno 8.711 docenti in meno ma le classi saranno più affollate, fino a un massimo di 26 alunni e cresce anche il numero complessivo degli iscritti arrivano a lambire quota 2,6 milioni. Continua ad avanzare il taglio delle compresenze, ossia la presenza di più docenti nelle stesse ore.

Secondaria di primo grado

La ex scuola media sempre più sotto la lente della valutazione con doppia verifica in entrata e in uscita, cioè a inizio e alla fine dell'anno scolastico, in applicazione del piano nazionale "Qualità e merito" varato per tentare di introdurre la cultura della valutazione in un sistema scolastico da sempre autoreferenziale, dove – a differenza di quanto accade negli altri paesi europei – la misurazione dei risultati viene spesso intesa come intervento punitivo; dalla valutazione dei docenti a quella degli alunni, passando per la verifica sugli istituti. Come provano, puntuali, le classifiche internazionali sugli apprendimenti degli alunni, dove i ragazzi italiani si piazzano da anni nelle posizioni di coda. E se questo accade gran parte delle colpe deriva proprio dalla scuola media. L'intero percorso che ha portato alla riforma è stato non poco accidentato, non a caso il via libera doveva scattare già lo scorso anno, poi ha subito lo slittamento di dodici mesi. Decisione che non è riuscita a evitare la corsa contro il tempo, basti pensare che gli ultimi programmi, relativi agli istituti tecnici e ai professionali, sono stati pubblicati ufficialmente lo scorso luglio. Ritardo che ha determinato l'impossibilità di scegliere libri di testo adeguati e aggiornati, anche perché la selezione viene fatta entro il mese di maggio precedente al nuovo anno scolastico.

Ma il ritardo più grave in vista dell'esordio di una riforma decisamente importante riguarda la preparazione degli insegnanti. Come spesso accade a Viale Trastevere – al di là della militanza politica del ministro di turno – la produzione di leggi e norme non viene accompagnata da adeguata attenzione all'applicazione che queste avranno sul territorio. In poche parole, le scuole vengono spesso lasciate sole. Com'è puntualmente accaduto per questa riforma. Molti annunci, ma nessuna iniziativa di carattere ministeriale è stata attivata per formare e informare i docenti. Sarebbe interessante sapere quanti collegi dei docenti hanno discusso lo scorso giugno su come impostare il lavoro a settembre. E quanti tra presidi e insegnanti, hanno letto i regolamenti di applicazione e le linee guida (programmi) e come le scuole si stanno attrezzando per affrontare questo corto circuito tra centro e periferia. Anche questo, si dirà, è l'effetto della corsa contro il tempo. E non c'è dubbio che sia così.

Uno sprint che non ha certo contribuito ad aiutare i genitori nel momento delle iscrizioni (chiuse il 26 marzo). Le scelte delle famiglie sono state fatte sulla base di pochi e confusi elementi, mentre rimanevano praticamente nella nebbia tutte le informazioni relative ai dettagli indispensabili per poter decidere, valutando le concrete differenze tra i percorsi formativi.

La riforma poteva essere varata con meno affanni e con una condivisione decisamente più diffusa e concreta. Ma va detto che si trattava di una mossa irrinunciabile per tentare di agganciare la scuola italiana all'Europa e, in particolare, per tentare di sanare la frattura che da decenni spacca in due l'Italia dell'istruzione, soprattutto in termini di cifre spaventose su abbandoni, dispersione ed evasione scolastica che continuano a caratterizzare il Sud.

Tra pochi giorni la riforma delle superiori entrerà nelle classi. Toccherà alle scuole e, prima di tutto, al Ministero il compito di aggiustare la rotta in navigazione, a tutti i livelli da quello dei finanziamenti alla valorizzazione degli insegnanti migliori. Ci sono cinque anni di tempo prima che entri a regime. Dovrebbero bastare.

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Il calendario delle lezioni Un tetto al budget sui libri

Michela FinizioCronologia articolo06 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2010 alle ore 08:05.

Vacanze al capolinea per gli studenti italiani. Quest'anno a sedere per primi sui banchi di scuola saranno gli alunni del Trentino, il 9 settembre. Seguiranno, il 13 settembre, le aperture delle scuole in Alto Adige, Lazio, Molise, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria, Veneto e Calabria. Per ultimi inizieranno gli studenti in Abruzzo e Liguria, il 20 settembre.

Mentre per circa 560mila giovani delle superiori il ritorno sui banchi è stato forzatamente anticipato, per le verifiche sui debiti formativi, per tutti gli altri quindi si assisterà ad un rientro "spezzettato". Così hanno deciso le amministrazioni regionali, con singole delibere. La competenza in materia di calendario infatti si gioca sul territorio, con un unico vincolo: i 200 giorni di lezione obbligatori previsti per legge.

A chiudere per prime le lezioni saranno Puglia e Marche, dove l'ultimo giorno di attività didattica è previsto per l'8 giugno 2011. Gli ultimi a lasciare i banchi saranno gli alunni altoatesini, il 16 giugno, il giorno dopo di quelli liguri. Diversità regionali si registrano anche per quanto riguarda le vacanze invernali e pasquali, mentre attraverso l'ordinanza ministeriale n. 53 viale Trastevere ha anche comunicato le date nazionali degli esami di Stato: la maturità si terrà il 22 giugno, come quest'anno. La verifica standard preparata dall'Invalsi per gli esami di terza media invece è fissata al 20 giugno.

Confermati anche i tetti di spesa per i libri di testo (Dm 41 del 8 aprile 2009). Gli editori si impegnano a mantenere invariato il contenuto dei testi per 5 anni, sostenendo la progressiva transizione verso i libri di testo online o in versione mista. Le nuove adozioni devono restare immutate per cinque anni 5 anni alla scuola primaria, sei alla secondaria e non sono modificabili da parte degli insegnanti "salvo la ricorrenza di specifiche e motivate esigenze", ammesse solo se "connesse alla modifica di ordinamenti scolastici ovvero alla scelta di testi in formato misto o scaricabili da internet".

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L'anno scolastico regione per regione

I limiti delle superiori

 

 

 

 

 

Meno docenti e aule più affollate

Cronologia articolo06 settembre 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2010 alle ore 08:05.

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Claudio Tucci

Meno 8.711 insegnanti alle elementari e 3.661 alle medie. In controtendenza la scuola dell'infanzia, che invece guadagna 560 docenti, attraverso il trasferimento in organico di diritto dei posti in più attivati lo scorso anno. A pochi giorni dall'inizio del nuovo anno scolastico, si conferma per il primo ciclo la cura dimagrante agli organici, inauguarata con la manovra 2008, che quest'anno segna complessivamente una riduzione di 12.372 posti.

In crescita invece il numero degli studenti iscritti. Lo scorso anno hanno frequentato la scuola primaria - obbligatoria per tutti i ragazzi italiani e stranieri che abbiano compiuto sei anni entro il 31 dicembre - poco più di due milioni e mezzo di bambini (2.578.650, per l'esattezza), in aumento di circa 7mila unità rispetto al 2008-2009. Anche la scuola media ha registrato incrementi di iscritti negli ultimi tre anni, passando dai 2.572.257 del 2006-2007, ai 2.578.650 del 2009-2010. E con un trend previsto in crescita anche nel 2010-2011 (i dati definitivi saranno resi noti a scuola iniziata) per tutto il primo ciclo.

Conseguenza: meno insegnanti e classi più affollate, che probabilmente aiuterà a centrare l'obiettivo di raggiungere, entro il 2011-2012, l'innalzamento del rapporto alunni-docenti di almeno un punto percentuale.

Una situazione che sarà alleggerita dalle nuove immissioni in ruolo, autorizzate dal Tesoro. Il 1° settembre sono entrati in organico 1.740 docenti alle medie, 1.681 all'infanzia, 792 alle elementari.

Rispetto allo scorso anno, poche le novità sul fronte organizzativo. La riforma della scuola primaria, contenuta nel Dpr 89/2009, e caratterizzata in particolare dall'introduzione del maestro unico e dall'eliminazione delle compresenze, è stata avviata lo scorso anno nelle classi prime. Quest'anno, sarà estesa alle seconde. Ciò ha inciso nel calcolo degli organici, che per classi prime e seconde, sono stati assegnati in ragione di 27 ore settimanali per classe, diviso per 22, cioè l'orario contrattuale di lezione di un docente. E questo ha determinato la contrazione di professori subìta dalle scuole. A differenza invece delle classi successive alle seconde, ancora non toccate dalla riforma, dove la dotazione organica è rimasta fissata in 30 ore settimanali per classe, diviso sempre per 22. Nessuna novità invece per l'orario scolastico. In base al regolamento di riordino, nelle classi prime è possibile optare per due regimi orari differenti. Il modello a 24 ore, che scatterà però solo in presenza di un numero di richieste tali da consentire la formazione di una classe.

L'alternativa, di cui però beneficiaranno anche le classi seconde, è l' orario a 27 ore settimanali, che possono essere elevate fino a 30, ma esclusivamente "nei limiti delle risorse di organico assegnate". Ovviamente, i criteri per la definizione degli organici a livello nazionale non tengono conto delle scelte fatte dai genitori degli alunni al momento delle iscrizioni, ma si basano - come visto - su calcoli matematici. Spetterà quindi alle singole scuole far quadrare i conti utilizzando le risorse assegnate.

Un esempio di questa situazione è dato dal cosidetto "tempo pieno". Vale a dire classi che funzionano per 40 ore settimanali, comprensive del tempo mensa, con due docenti per classe, senza compresenze, e con l'obbligo dei rientri pomeridiani. Una soluzione molto gradita dai genitori, specie se lavoratori, ma che non sempre è possibile accontentare, visto che tale scelta è condizionata alla disponibilità "di strutture idonee e di risorse all'interno della scuola". Quest'anno però, sottolineano dal ministero, la situazione è migliorata e sono state attivate nella primaria 782 classi a tempo pieno in più. Gli incrementi maggiori ci saranno in Puglia (+233), Lombardia (+162), Sardegna (+150), Veneto (+113).

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Il vademecum

La classe

Elementari

Quest'anno alle elementari è previsto un aumento degli alunni per classe fino a un massimo di 26 bambini, elevabili a 27 in presenza di resti. Nel 2009-2010 il "tetto" era fissato a 25. La presenza minima in classe di studenti è fissata a quota 15, che scende a 10 nelle zone di montagna e nelle piccole isole. Per le pluriclassi il range di presenze varia da non meno di 8 a non più di 18 studenti

Materna

Le sezioni di scuola d'infanzia possono accogliere fino a un massimo di 26 bambini (il precedente parametro era 25, con resti fino a 28) e non meno di 18. Eventuali eccedenze saranno ripartite fino a 29 alunni per classe.

Secondaria primo grado

Alle medie le classi prime sono costituite di norma da non più di 27 alunni e non meno di 18. Le eventuali eccedenze sono ripartite fino a un massimo di 29 alunni. Si costituisce un'unica classe qualora il numero di iscritti sia inferiore a 30. Lo scorso anno le classi prime erano costituite da 25 alunni, il minimo 15, il massimo in presenza di resti, 27, che poteva salire a 29 in caso di esistenza di una sola classe. Le classi seconde e terze dovranno essere in numero pari alle prime e seconde, rispettivamente, a condizione però che il numero medio non sia inferiore a 20 alunni per classe (il vecchio paramento medio era 15). Nelle aree geografiche più svantaggiate, il numero minimo da rispettare scende da 18 a 10.

Alunni disabili

Le classi di ogni ordine e grado che accolgono alunni disabili sono costituite di norma con non più di 20 ragazzi. Prima si poteva arrivare a 25. La certificazione di disabilità deve venire dalle Asl, attraverso strutture collegiali, con indicato: patologia (stabilizzata o progressiva) e carattere di gravità. Quest'anno sono entrati in ruolo 5.022 docenti di sostegno ed è stato confermato l'organico di fatto del 2009-2010, con deroghe in aumento "in caso di particolari gravità".

Il tempo pieno e libri

Tempo pieno

Quest'anno nella scuola primaria ci saranno 37.275 classi a tempo pieno. Con un aumento, rispetto allo scorso anno, di 782 classi che funzioneranno per 40 ore settimanali. Anche il 2009-2010 aveva fatto registrare un incremento del tempo pieno: ben 2.176 classi in più, rispetto al 2008-2009. Complessivamente quindi negli ultimi due anni scolastici, per effetto dell'introduzione del maestro unico e della graduale abolizione delle compresenze, si è segnata una crescita di 2.958 classi a tempo pieno.

Medie

Alle medie il tempo prolungato dura 36 ore settimanali, eccezionalmente prolungabili fino a 40, anche se per l'attivazione è necessaria la presenza di servizi tali da rendere possibili due o tre rientri pomeridiani e il funzionamento di un corso intero, fatte salve le classi già attivate prima dell'anno scolastico 2008-2009. L'organico complessivo del tempo prolungato è calcolato su 38 ore. L'orario normale invece, sempre alle medie, è di 30 ore settimanali: 29 curriculari, più un'ora di approfondimento di italiano. Nel tempo normale, le cattedre sono tutte di 18 ore.

Libri di testo

I libri di testo alle elementari sono gratis, come prevede l'articolo 156 del Dlgs 297 del 1994, e vengono forniti dai comuni, che ricevono ogni anno 103 milioni di euro per questa finalità. Il ministero può solo fissare i prezzi delle copertine. Per esempio, il libro della prima classe costa 9,87 euro, il sussidiario, 33,58, il libro di lingua straniera, 26,80. L'intero corredo dei libri, che comprende altri due sussidiari e il testo di religione, dovrà avere un prezzo di copertina, complessivo, di 145 euro. Alle medie e alle superiori invece esiste un tetto di spesa: 286 euro per la prima media, 111 per la seconda, 127 per la terza. Alle superiori, la spesa oscilla dai 120 euro ai 370, a seconda della classe e dell'indirizzo scolastico prescelto. Novità importante sul fronte dell'adozione dei libri: i testi scelti non potranno essere cambiati per almeno cinque anni nella primaria e sei, alle medie e superiori. Risparmio previsto da viale Trastevere: fino al 30 per cento.

L'inglese e i voti

Lingua straniera

L'orario di insegnamento della lingua inglese nella scuola primaria è distribuito con un'ora settimanale nelle prime, due ore nelle seconde e tre ore nelle classi successive. All'insegnamento della lingua di Shakespeare provvedono i docenti di classe in possesso dei requisiti prescritti. Nel caso in cui nessun docente abbia i requisiti richiesti, può essere utilizzato un altro docente della classe. Come ultima ipotesi, è ancora prevista la possibilità di assegnare tale insegnamento a un docente specialista esterno, il quale deve insegnare per almeno 15 ore settimanali in sette od otto classi. Il loro numero però dovrebbe ridursi sempre più, con l'istituzione dei corsi di formazione. A tal fine, ha fatto discutere la soluzione adottata da viale Trastevere, di "avallare" quest'anno l'insegnamento dell'inglese in prima e seconda elementare di circa 2mila docenti che hanno frequentato appena 50 ore di formazione (di cui 20 on line) delle 340 complessive previste nel triennio. Una decisione presa a seguito del ritorno all'insegnamento non specializzato di oltre 10mila docenti.

Inglese potenziato

L'insegnamento potenziato dell'inglese (cinque ore, anzichè tre) è una facoltà rimessa ai genitori, che hanno iscritto il ragazzo in prima media. La scelta ha valore vincolante fino alla terza media. L'autorizzazione si avrà solo in organico di fatto, a patto però che ci siano richieste sufficienti per la formazione di almeno una classe, compatibilmente con le disponibilità di organico e in assenza di esubero dei docenti delle seconde lingue comunitarie, sia a livello di scuola interessata, sia a livello provinciale.

Voti

Anche quest'anno, le pagelle di tutti gli studenti saranno compilate con i voti numerici. Solo per la religione cattolica è previsto ancora un giudizio sintetico. Alle medie e superiori poi il voto di condotta è accompagnato da una nota di illustrazione. All'esame di terza media e alla maturità si è ammessi con la sufficienza in tutte le materie.

Alunni stranieri

Il tetto

Nelle prime classi di elementari, medie (e superiori) quest'anno si sperimenterà il tetto del 30% di presenza di alunni stranieri, previsto dalla circolare n. 2 dell'8 gennaio 2010, per favorire l'integrazione tra ragazzi di diversa nazionalità. Lo scorso anno risultavano iscritti 629.360 alunni stranieri, il 7% del totale. La novità sarà estesa gradualmente in tutte le altre classi. Secondo i primi dati resi noti da viale Trastevere il tetto (che è variabile e non si applica ai minori non italiani, ma nati nel Belpaese) è stato rispettato dalla stragrande maggioranza delle scuole, con pochissime eccezioni. Nel Lazio per esempio solo sei istituti hanno superato il 30 per cento. In Toscana, appena due (nella provincia di Prato) e venti in Piemonte.

Le regole da rispettare

La normativa voluta dal ministro Gelmini non modifica le competenze per la definizione dei criteri per la formazione delle classi, che restano incardinate alla scuola. O più precisamente, dispone il DLgs 297 del 1994, al consiglio di circolo o d'istituto e al collegio docenti. Né tanto meno si tratta di un tetto "rigido". Il 30% infatti si può innalzare (con determinazione del direttore dell'ufficio scolastico regionale) nel caso di presenza di alunni stranieri già in possesso di un'adeguata competenza in italiano. Potrà invece essere abbassato (sempre con provvedimento dell'Usr) se, all'atto di iscrizione, ci si trovi in presenza di ragazzi che non padroneggiano ancora bene la nostra lingua. In questo caso però è necessario predisporre un percorso d'inserimento ad hoc per iscriverlo nella classe adatta: di regola quella corrispondente all'età anagrafica, ma potrà anche essere "retrocesso" di 2-3 anni rispetto alla propria età. In genere, le deroghe al tetto sono ammesse quando non si riescono a trovare soluzioni alternative. In ogni caso si dovranno potenziare i corsi d'italiano. Alle medie, per questa finalità, si potrà utilizzare una quota di ore di insegnamento della seconda lingua comunitaria.

Scuola digitale

Lavagne digitali

Lo scorso anno il ministero dell'Istruzione ha consegnato alle scuole oltre 7mila lavagne digitali. A queste si sono aggiunte, tramite il programma E-Gov 2012 targato Brunetta, altre 3.300 nuove lavagne e altrettanti pc portatili, destinati a circa 1.100 istituti scolastici. Parallelamente sono entrati in programmi di formazione 100mila docenti. Il percorso coinvolge la scuola primaria e secondaria e ha visto il supporto anche di partner privati, come Microsoft, Intel, Ibm e Telecom. L'obiettivo per quest'anno è proseguire nella digitalizzazione della scuola e creare altre 20mila nuove classi "attrezzate". In prospettiva, anche grazie al contributo governativo di 150 euro, quello di consentire entro fine legislatura a tutti i ragazzi delle medie di poter avere un mini pc portatile da utilizzare per la didattica quotidiana in classe e a casa

Libri elettronici

Novità anche sul fronte "e-book", in cui il ministero ha investito più di 2 milioni di euro. Già da quest'anno è stato chiesto ai professori di individuare "preferibilmente" libri disponibili, in tutto o in parte, su internet. Dal 2011 invece il collegio dei docenti dovrà adottare esclusivamente testi utilizzabili nelle versioni on line scaricabili dal web o miste (con sezioni digitali e cartacee).

Pagelle online

Sono già una realtà in molte scuole le pagelle on line (visibili dai genitori attraverso una password salva privacy) e le comunicazioni di assenze - e altre informazioni didattiche - via sms. Molto gettonato è anche il progetto Cl@ssi 2.0, che permette ad alunni e docenti di avere dispositivi tecnologici e multimediali, ma anche aule dotate di connessione a internet. Il progetto è partito lo scorso anno scolastico, con 156 classi della scuola media. Per quest'anno è prevista l'estensione alle primarie e superiori. Ogni istituto potrà candidare una sola classe: la terza alla primaria, la prima alle superiori. Quelle ritenute idonee riceveranno un finanziamento di 15mila euro.

INTERNET

Sul portale del ministero dell'Istruzione è possibile avere una panoramica delle novità legislative e ottenere informazioni pratiche per studenti e docenti.

ALLA SCOPERTA DEL MINISTERO

www.istruzione.it

È il sito dell'istituto che valuta il grado di istruzione degli studenti. Si possono trovare le date delle prove e alcune informazioni pratiche sui test.

PREPARARSI ALLE VERIFICHE

www.invalsi.it

È il sito del forum delle scuole milanesi per la difesa dell'insegnamento pubblico. Ospita le voci di insegnanti e addetti ai lavori.

www.retescuole.net

LO SGUARDO CRITICO

Il portale contiene informazioni pratiche, aggiornamenti sull'attualità scolastica e appunti sulle materie di studio per gli studenti delle superiori.

DALLA PARTE DEGLI STUDENTI

www.studenti.it

 

 

Più legami con il territorio

Giovanni ScaminaciCronologia articolo06 settembre 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2010 alle ore 08:04.

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Contesa e spartita da Stato e Regioni, l'istruzione professionale è il settore dove sono presenti i problemi più grossi: è qui che si concentra il numero più alto di ripetenze e di abbandoni. La scommessa della riforma è quella di ridurre i risultati negativi e di rilanciare l'appeal degli istituti professionali. La soluzione di Mariastella Gelmini è nei tre elementi che caratterizzano la riforma: lasciare allo Stato solo i diplomi di cinque anni, trasferendo alle Regioni le qualifiche triennali e i diplomi quadriennali; semplificare e ammodernare gli indirizzi di studio, che oggi risultano notevolmente ridotti rispetto al passato; tracciare un'identità forte e specifica del l'istruzione professionale, prevedendo sbocchi nell'istruzione tecnica superiore, e puntando ad allacciare un rapporto sempre più stretto con le imprese e con il mondo del lavoro.

La rivalutazione dell'istruzione tecnica e professionale è, come ha sostenuto l'Associazione Treelle, "un'opportunità per i giovani" ma è anche "una necessità per il Paese". Perchè, secondo Treelle, le imprese italiane hanno un bisogno annuale di circa 350mila diplomati, provenienti per oltre due terzi proprio da istituti tecnici e professionali, a fronte di una somma complessiva di circa 170mila diplomati tecnici e professionali annualmente sul mercato del lavoro.

Fino al precedente anno scolastico chi si iscriveva a un istituto professionale poteva conseguire una qualifica in tre anni ed eventualmente frequentare anche un quarto e un quinto anno per ottenere il diploma.

Negli istituti professionali riformati è invece previsto, in via ordinaria, solo il percorso di cinque anni, che si conclude con il conseguimento di diplomi utili anche ai fini della continuazione degli studi in qualunque facoltà universitaria e nell'istruzione tecnica superiore. Non dovrebbero più rilasciare le qualifiche triennali, la cui competenza esclusiva è delle Regioni. Ma finché queste non saranno pronte, gli istituti professionali potranno ancora rilasciare le qualifiche, svolgendo un ruolo integrativo e complementare rispetto alle Regioni, sulla base di accordi stipulati dal Miur con le singole Regioni. Chi vuole conseguire una qualifica può quindi iscriversi a un percorso regionale o alla prima classe di uno degli indirizzi degli istituti professionali riformati, i quali possono proporre agli studenti le qualifiche relative ai percorsi realizzati sino al precedente anno scolastico. A marzo scorso gli istituti professionali hanno accettato le richieste di iscrizione degli alunni che vogliono conseguire solo la qualifica ma hanno dovuto farlo con riserva, in attesa che delle decisioni dei governi regionali. La situazione risulta fortemente differenziata nelle varie regioni.

La riforma riduce gli indirizzi degli istituti professionali e le ore di funzionamento; le ore di lezione, che erano già state ridotte da 40 a 36 settimanali, ora diventano 32.

Gli istituti professionali sono suddivisi in due Settori: Settore dei servizi, con 4 indirizzi: Servizi per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, Servizi socio-sanitari, Servizi per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera, Servizi commerciali. Settore industria e artigianato, con 2 indirizzi: Produzioni industriali e artigianali, Manutenzione e assistenza tecnica.

Per evitare che la riduzione dei percorsi impoverisca la specificità delle competenze sono previste due possibilità. In primo luogo, alcuni indirizzi sono specificati in articolazioni, dove all'alunno vengono fornite competenze più specializzate. Per fare un esempio, l'indirizzo "Servizi per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera" è articolato in tre percorsi: Enogastronomia, Servizi di sala e di vendita, Accoglienza turistica.

In secondo luogo, le scuole possono in parte modificare il piano di studi per specificare ulteriormente le aree di indirizzo in opzioni, assicurando agli studenti una preparazione corrispondente alle esigenze del territorio e ai fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro. La possibilità di cambiare i piani di studio (flessibilità) per dare una formazione più specializzata è riconosciuta agli istituti professionali nella misura del 35% nel secondo biennio e del 40% nell'ultimo anno. Così, i nuovi istituti professionali potranno adeguare la preparazione dei propri studenti alle forti differenziazioni legate alle realtà territoriali.

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I percorsi

 

I programmi cambiano rotta

Giovanni ScaminaciCronologia articolo06 settembre 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2010 alle ore 08:04.

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Giovanni Scaminaci

Nel programma di geografia è stato inserito lo studio della navigazione satellitare mentre quello d'italiano si sofferma in modo ampio sui contenuti più tradizionali della lingua (grammatica, sintassi, ortografia), la cui padronanza è diventata ormai un miraggio per la maggioranza degli studenti italiani. Sembrano essere questi i due poli che delimitano l'ambito delle "Indicazioni nazionali per i nuovi licei": una ripresa forte della tradizione, che prevede anche di far esercitare gli alunni nella pratica del riassunto, da coniugare con lo studio delle conoscenze più recenti della contemporaneità, come l'uso del Gps.

Quest'anno le nuove Indicazioni nazionali si applicano solo nelle classi iniziali dei licei, mentre nelle classi successive si prosegue con lo studio dei vecchi programmi.

Non si parla più di "Programmi" ma di "Indicazioni nazionali" per i licei. Nell'introduzione alle Indicazioni si legge che una delle caratteristiche del documento sta nel fatto che sono stati evidenziati i "nuclei fondanti" delle discipline e sono stati stabiliti i "contenuti imprescindibili", individuando "il patrimonio culturale condiviso … che la scuola ha il compito di trasmettere alle nuove generazioni". In realtà i contenuti che sono stati giudicati imprescindibili sono tanto vasti, e spesso prescrittivi, da rendere impossibile anche la minima integrazione.

Per quanto riguarda la struttura del testo, alcune materie hanno lo stesso programma in tutti i percorsi liceali: è il caso di italiano, storia e geografia, filosofia, scienze motorie. Altre hanno programmi differenziati a seconda dei percorsi: il programma di latino del liceo classico è, per esempio, diverso da quello del liceo scientifico e delle scienze umane; un programma a parte è quello del liceo linguistico, dove il latino di studia solo due anni. Per ogni materia è descritto il profilo generale della stessa e le competenze. A tale descrizione fanno seguito gli obiettivi specifici di apprendimento. Questi sono organizzati per: primo biennio, secondo biennio, quinto anno. In alcuni casi sono individuati anche gli obiettivi specifici di apprendimento (Osa) annuali, in altri è affidato agli insegnanti il compito di distribuire il programma biennale in ciascun anno del biennio.

Lingue straniere

Secondo le nuove Indicazioni per i licei gli studenti debbono raggiungere, nella prima lingua straniera, di solito l'inglese, il livello B2 del quadro europeo di riferimento; nella seconda e terza lingua straniera ci si ferma al livello B1. Le Indicazioni nazionali dedicano molto spazio alla competenza linguistico-comunicativa, e in questo campo sono molto specifiche e precise: vengono elencate tutte le competenze da raggiungere nella comprensione e nella produzione di testi orali e scritti. La scelta di puntare molto sulla conoscenza della lingua è dovuta al fatto che è questo il campo dove gli studenti hanno maggiori difficoltà. Sono, invece, molto più "elastiche" nell'individuazione di ciò che gli alunni debbono studiare nel campo della "Cultura" relativa al Paese dove è utilizzata la lingua. Non c'è un'elencazione precisa degli argomenti di studio, dove è lasciato molto spazio all'autonomia del docente. Non è previsto lo studio dello sviluppo storico della letteratura. All'insegnante viene data l'indicazione di far studiare e contestualizzare testi letterari di epoche diverse e di approfondire "aspetti relativi alla cultura dei paesi in cui si parla la lingua con particolare riferimento agli ambiti di più immediato interesse di ciascun liceo (letterario, artistico, musicale, scientifico, sociale economico)".

Italiano

Nel programma di letteratura italiana è stata ripristinata la collocazione dello studio di Leopardi nella classe finale, dopo un primo tentativo di inserirlo nel programma del quarto anno. La decisione è stata giustificata dalla Commissione che ha redatto le Indicazioni con le "risonanze novecentesche della sua opera e, insieme, della complessità della sua posizione nella letteratura europea del XIX secolo". Anche per il resto, lo studio della letteratura prevede una periodizzazione abbastanza tradizionale. Nel primo biennio si studia: Iliade, Odissea, Tragedia attica, Eneide, Promessi sposi. Nel secondo biennio si studia la storia della letteratura dallo Stilnovo fino al Romanticismo. Il quinto anno si parte da Leopardi per arrivare fino a Pavese, Pasolini, Morante, Meneghello. Allo studente deve essere assicurata la conoscenza del percorso storico della letteratura italiana dalle origini ai nostri giorni, mettendolo in condizione di cogliere l'incidenza dei vari autori sul linguaggio. Nel corso degli ultimi tre anni di tutti i percorsi liceali è prevista la lettura della Divina Commedia "nella misura di almeno 25 canti complessivi".

Nello studio della lingua c'è una ripresa della tradizione, che prevede anche di far esercitare gli alunni nella pratica del riassunto. L'obiettivo finale di mettere lo studente in condizione di padroneggiare la lingua e di esprimersi "con chiarezza e proprietà di linguaggio".

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L'AUTONOMIA

Le scuole possono in parte modificare i piani di studio definiti a livello nazionale.

Nei licei la quota dei piani di studio rimessa alle singole scuole non è superiore al 20% nel primo biennio, al 30 % nel secondo biennio e al 20% nel quinto anno. Nei licei l'orario previsto dal piano di studio di ciascuna disciplina non può essere ridotto in maniera superiore a un terzo nell'arco dei 5 anni e non possono essere soppresse le discipline previste nell'ultimo anno di corso.

Diverso dall'autonomia è il concetto di flessibilità (anche se le prime bozze della riforma facevano confusione tra i due termini) che dai regolamenti dell'istruzione tecnica e professionale è definita come la possibilità per le scuole di "articolare in opzioni le aree di indirizzo". Nei licei non è prevista invece alcuna quota di flessibilità.

L'obiettivo della flessibilità è di consentire l'attivazione di insegnamenti in grado di soddisfare le "esigenze del territorio" e i "fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro e delle professioni".

 

 

Rivoluzione in aula: spazio a laboratori e training al lavoro

Cronologia articolo06 settembre 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2010 alle ore 08:04.

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Le iscrizioni alle prime classi degli 11 istituti tecnici della riforma Gelmini hanno registrato una lieve flessione sulle percentuali dell'anno scorso (in totale 32,7% contro 34% del 2009-2010). Il dato non è negativo e si può leggere come un segnale di sostanziale fiducia dei giovani nuovi iscritti e delle loro famiglie, che però fa il paio con l'atteggiamento di sfiducia di molti nei confronti di un processo riformatore che non sta suscitando entusiasmo.

I due nuovi indirizzi del settore economico, figli dei vecchi istituti tecnico-commerciali (Itc), e i nove del settore tecnologico, evoluzione dei curricoli tecnico-industriali (Itis), devono allora, per guadagnare consenso, mostrare subito le novità che hanno in serbo. Pena la disaffezione di famiglie e studenti, e la ripresa del declino dell'istruzione tecnica, che ha una storia di successi alle spalle, quando ha fornito tecnici preziosi per la crescita economica del paese. Cosa dovrebbe succedere allora nelle aule delle prime classi dei nuovi istituti tecnici, quali sono le novità più importanti di fronte alle quali si troveranno i giovani, cosa farà la differenza rispetto al passato? Sapendo in partenza che la riforma riguarda solo il primo anno di corso, e ci vorranno cinque anni per vederla al completo. Ecco alcuni punti fermi.

Un nuovo modo di insegnare e far didattica, per cominciare. Le indicazioni ministeriali al riguardo parlano chiaro. Basta con i programmi costituiti dall'elenco dei capitoli di un libro di testo, su cui innestare la vecchia sequenza: spiegazione del professore, studio a casa, interrogazione a scuola seguita dal voto. A parte i laboratori specifici, ogni aula deve invece divenire un ambiente di lavoro vivace ed attivo, mostrarsi ai giovani come un luogo in cui si impara in un contesto concreto, non importa quale sia la disciplina in orario in quel momento.

L'insegnamento per essere efficace deve far crescere la motivazione allo studio, e questo può accadere se si privilegia la collaborazione e la partecipazione degli studenti. Occorre lavorare per progetti, ad esempio, perché questo consente di coinvolgere i giovani, di impegnarli in attività concrete, di educarli ad affrontare e realizzare un compito o mettere insieme un prodotto. Non più una sommatoria di nozioni quindi, che in quanto tali vengono presto dimenticate, ma lo sviluppo, nella logica delle raccomandazioni europee, di competenze come l'imparare ad imparare, la capacità di pensiero critico, il saper risolvere un problema.

In secondo luogo agli studenti degli istituti tecnici dovrà essere offerta la possibilità di apertura all'esterno e le scuole dovranno essere in grado di costruire alleanze formative con il mondo del lavoro e delle professioni, soprattutto al livello del proprio territorio. Per i più piccoli, che cominceranno a vivere fin da quest'anno il nuovo curricolo, si potrà trattare di primi approcci e di esperienze semplici, come le visite guidate o i viaggi di istruzione in aziende ed imprese. Ma per i più grandi invece si tratterà di esperienze più complesse ed impegnative, come i tirocini e gli stage, l'alternanza scuola lavoro o, laddove il sistema produttivo non lo consenta, la simulazione di impresa. Quella con il mondo del lavoro comunque, i cui rappresentanti potranno partecipare alla vita ed alle decisioni di una scuola nei Comitati Tecnico Scientifici o negli Uffici Tecnici (ovviamente in accordo con le scuole autonome), è considerata un'integrazione strategica, parte costitutiva del dna di un istituto tecnico, da curare in modo tutto particolare.

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2010-09-03

Avvenire: "Non si speculi sulla scuola". Stop allo sciopero della fame dei precari

Cronologia articolo3 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2010 alle ore 16:28.

Da giorni erano in sciopero della fame contro i tagli ai precari della scuola e contro le politiche sull'istruzione del ministro Maria Stella Gelmini, ma dopo le parole di ieri del titolare del ministero a viale Trastevere hanno deciso di interrompere la protesta. "Volevamo parlare con la Gelmini ma lei non ha voluto: in fondo sapevamo che non sarebbe successo, abbiamo di deciso di smettere lo sciopero della fame, vogliamo vivere per continuare a lottare", dice Caterina Altamore che da otto giorni non mangiava. Insieme a lei, davanti Montecitorio, in una tenda stazionava un altro precario, Giacomo Russo, che oggi anche lui ha interrotto lo sciopero dopo 17 giorni.

"Noi non chiediamo l'assunzione di tutti i precari in graduatoria - dice Caterina - ma dei posti ci sono e vanno riempiti. Alla Gelmini volevamo spiegare che non ha fatto una riforma, ma solo dei tagli. La scuola pubblica deve essere di qualità: basta con la propaganda, vogliamo una politica seria".

Lo sciopero della fame è stato interrotto ma, spiegano due precari, il presidio davanti la Camera dei deputati rimane, nell'attesa di organizzare nuove iniziative: "Pensiamo a una assemblea nazionale del mondo della scuola che lanci una manifestazione nazionale unitaria tra sindacati, gruppi e ricercatori del mondo della conoscenza".

"Non c'è reato più grave oggi in Italia che trattare male la scuola. Reato, perché fa quasi più effetto, in quest'era giudiziaria, ma si dovrebbe chiamare offesa, ingiustizia, peccato, ignominia". Lo scrive su Avvenire il poeta, drammaturgo e scrittore Davide Rondoni, che firma un editoriale assolutamente bipartisan sulla vertenza di questi giorni.

"Ministro o sindacalista, docente o amministrativo che sia", chi "userà della scuola per terreno di scontri, di difese di rendite di posizione, di consenso politico e altre piccinerie, vorrei - scrive l'intellettuale cattolico - che fosse condannato ad andare davanti al plotone di esecuzione".

Ci vorrebbe, secondo Rondoni, "un plotone immenso, composto dai nostri bambini e ragazzi" che "con le armi della loro infanzia e giovinezza eseguissero la condanna: pistole ad acqua, elastici, schioppi di legno o mitragliette con i suoni elettronici d'ultima generazione, qualche pernacchietta e altri lazzi e battute. Sono sicuro che a far le cose come si deve, il plotone coi cappellini colorati, gli zaini (sempre troppo pesanti), le chewin-gum e tutto il resto starebbe schierato dalla mattina alla sera".

 

 

 

 

2010-09-02

Parliamo dell'avvio delle nuove superiori. Il ministero parla di un aumento delle iscrizioni nei tecnici e professionali dell'1,6 per cento. Un fatto positivo?

Sono convinto che serva valorizzare questo filone alternativo ai licei. Specie per le opportunità di impiego. Chiedo al ministro Gelmini di avere più coraggio, facendo entrare nel progetto degli Its anche gli industriali e sviluppando in tutte le province i poli tecnologici. In questo quadro però stride la riduzione di orario nelle classi seconde, terze e quarte dei nuovi istituti, che è servito solo per ridurre i costi, senza migliorare la didattica.

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Gelmini: nessun governo è in grado di assumere oltre 200mila precari. Va cambiata la formazione

di Claudio TucciCronologia articolo2 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2010 alle ore 14:04.

Mariastella Gelmini ha scelto Palazzo Chigi per rispondere ai precari. "Capisco la situazione, per molti versi dolorosa, ma nessun Governo riuscirà mai ad assumere 230mila precari". Il ministro ha confermato poi la linea del rigore. Da quest'anno, ha annunciato, "non si potranno superare i 50 giorni d'assenza. Pena: la bocciatura". In una conferenza stampa fiume, la titolare di viale Trastevere ha fatto il punto sulle novità in arrivo con il nuovo anno scolastico, che vedrà in particolare l'avvio, nelle prime classi, della riforma delle superiori.

Positive, secondo il ministero, le reazioni di famiglie e genitori: le iscrizioni al settore tecnico-scientifico (che nel 2009 ha segnato un gap di profili professionali richiesti dalle imprese di ben 50.726 diplomati) sono cresciute dell'1,7 per cento. Quelle per il liceo delle scienze umane con opzione economica, dell'1,6%, quelle per il linguistico, dell'1,3 per cento.

Nasce anche una nuova filiera non universitaria che "dura 2 anni e vede università, scuole e aziende protagoniste della formazione". Si tratta degli istituti tecnici superiori post-secondaria: quest'anno ce ne saranno 20 e serviranno per formare figure professionali richieste dal mondo del lavoro. E che, ha sottolineato il ministro Gelmini, andranno a sostituire i corsi di laurea triennali "che si sono rivelati poco utili per favorire l'occupazione". Grazie ad accordi ad hoc con i conservatori e gli enti locali sono 1.200 gli studenti iscritti ai 37 licei musicali attivati (5 coreutici), che una volta conseguito il diploma, ha assicurato Gelmini, potranno anche iscriversi all'università. Il ministro si è poi dichiarata contraria all'eliminazione dei test a medicina, anche se, ha ammesso, serve ricalibrarne le domande, che devono premiare di più il merito. Frenata anche sulla possibilità di valutare il voto di maturità: "purtroppo, non è ancora oggettivo, viste le profonde differenze che ogni anno si registrano tra Nord e Sud".

In aumento anche il tempo pieno nella scuola primaria, che per il biennio 2009-2011 è cresciuto del 3,05 per cento. Nel prossimo anno scolastico le classi a tempo pieno, grazie a maestro unico ed eliminazione delle compresenze, passeranno da 36.493 a 37.275 e aumenteranno così di 782 unità. Ogni anno vengono soddisfatte il 29% di richieste: una media, ha puntualizzato Gelmini, in crescita negli ultimi anni. Sono aumentati pure gli insegnanti di sostegno: nel 2010-2011, saranno 93.100, 2.700 in più rispetto allo scorso anno. Più delicato il capitolo dedicato ai precari, che, considerando anche quelli che hanno fatto una sola supplenza, secondo il ministero, sono 229mila. Circa la metà riceveranno una supplenza annuale (ma i dati definitivi saranno forniti a nomine concluse). Gli altri restano in attesa nelle graduatorie. Per il ministro poi nel 2009-2010, sono state tagliate 42mila cattedre, che considerando i 32mila pensionamenti, hanno effettivamente visto perdere il lavoro a 10mila unità. Quest'anno, saranno di meno. Ci sono stati 25.600 tagli e ci saranno 23mila pensioni. Risultato: resteranno a spasso poco più di 2mila persone. Che tuttavia potranno utilizzare la "salva precari" e le possibilità offerte da accordi ad hoc con le regioni. Il punto, ha spiegato il ministro, "è che serve cambiare radicalmente il sistema di formazione iniziale dei docenti, senza creare più false illusioni" Il regolamento è quasi pronto, ha aggiunto, stiamo aspettando solo il visto della corte dei conti.

Per quanto riguarda infine lo sblocco degli scatti del personale di ruolo - che solo da noi e in Grecia sono legati all'anzianità - arrivano importanti novità. Il Tesoro, ha detto Gelmini, ha certificato le risorse che servianno a far recuperare lo scatto. Nel 2010, ci sono a disposizione 495 milioni, nel 2011, 762 e dal 2012, a regime, quasi un miliardo. Il decreto interministeriale (Istruzione-Economia) che dovrà materialmente far arrivare i soldi in tasca agli insegnanti sarà emanato entro novembre. Parte di queste risorse, ha aggiunto Gelmini, saranno utilizzate per premiare il merito. "Abbiamo già avviato con il sindacato un tavolo tecnico - ha concluso - che speriamo dia soluzioni condivise e positive".

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2010-07-29

Vero o Falso? Ecco il test per la riforma dell'università

di Sergio LuzzattoCronologia articolo29 luglio 2010Commenti (1)

Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2010 alle ore 08:37.

La riforma Gelmini dell'università, approvata in commissione in Senato e attualmente discussa in aula, è andata e va suscitando - com'è giusto - un largo dibattito anche al di fuori dei sancta sanctorum del potere politico. Tuttavia, parecchi contributi al dibattito stesso hanno rischiato di confondere le idee più di quanto non le abbiano chiarite. Può dunque valere la pena di cimentarsi in un inventario delle questioni aperte, fondato sul criterio classico (e, per forza di cosa, semplificatorio) della risposta vero/falso.

 

1 È vero o falso che la riforma Gelmini rappresenta il primo tentativo, da tempo quasi immemorabile, di ridisegnare da cima a fondo il sistema dei nostri studi universitari?

VeroIn realtà, in un passato più o meno recente si sono prese decisioni, per esempio quelle riguardanti l'autonomia finanziaria degli atenei, più epocali ancora di quelle previste dal ministro Gelmini. Ma nessun intervento legislativo degli ultimi decenni ha avuto, come quello attuale, l'ambizione di toccare tutti i punti "sensibili" dell'università italiana, in uno sforzo di riforma complessiva del sistema.

E'È vero o falso che la riforma Gelmini riorganizza l'intera "governance" degli atenei?

VeroIn ogni università, i poteri effettivi sono destinati a transitare dal senato accademico al Consiglio d'amministrazione. E questo trasferimento di sovranità promette di avere ricadute positive, almeno nella misura in cui i futuri consigli di amministrazione - composti anche da personalità esterne al mondo universitario e comunque abbastanza ristretti da non riuscire pletorici - saranno maggiormente responsabilizzati, riguardo agli interessi generali dell'ateneo, degli attuali senati accademici, tristemente noti come sacche del peggiore consociativismo.

3 È vero o falso che i Dipartimenti prenderanno il posto delle Facoltà?

VeroIn teoria, falso (forse) in pratica. È vero che la riforma Gelmini attribuisce ai Dipartimenti non più soltanto (come da trent'anni in qua) potere decisionale sulla ricerca, ma anche (finalmente) potere decisionale sulla didattica. Tuttavia, la riforma Gelmini consente agli atenei, nella loro autonomia, di creare nuovi organismi che potranno somigliare alle vecchie Facoltà, e potranno essi stessi avere potere sia sulla didattica, sia sul reclutamento dei docenti. Dunque, tutto dipenderà da quanto gli statuti degli atenei disporranno in materia. Ma siccome i nuovi statuti verranno redatti dai vecchi organismi dirigenti, è facile prevedere che - gattopardescamente - molto cambierà affinché tutto resti come prima…4 È vero o falso che la riforma Gelmini imporrà ai professori universitari di lavorare di più?

FalsoNei fatti, la legge attualmente in discussione aumenta il margine di manovra dei docenti nell'esercitare attività private al di fuori degli atenei, senza per questo vincolarli a un minimo di ore di insegnamento effettivo. In particolare, la riforma cancella il tetto minimo delle 120 ore di insegnamento per docente, che era stato previsto dal ministro Moratti nel 2005.

 

5 È vero o falso che con la riforma Gelmini i professori universitari torneranno a essere reclutati su base nazionale anziché su base locale?

FalsoPer accedere alla docenza occorrerà effettivamente avere meritato, per giudizio di una commissione nazionale, l'iscrizione a una lista generale degli "aventi diritto" in quella disciplina: ma saranno i singoli atenei (con modalità tutte da definire, e forse senza neppure il giudizio di un'apposita commissione) a effettuare la "chiamata" del docente da loro prescelto. E siccome la lista nazionale sarà aperta - cioè non comporterà un numero massimo di iscritti - è grave il rischio che sulla lista vengano iscritti i proverbiali "cani e porci", e che i singoli atenei provvedano poi a chiamare il cane (o il porco) che sta loro a cuore.

 

6 È vero o falso che la riforma Gelmini garantisce un canale privilegiato (sul modello anglosassone del cosiddetto "tenure track") per il reclutamento dei giovani ricercatori?

FalsoIl sistema previsto - un primo contratto triennale, più un ulteriore contratto triennale, in fondo al quale si situerebbe l'eventuale assunzione su un posto di ruolo - nulla assicura alle giovani leve, nella misura in cui manca qualunque impegno preventivo dell'ateneo a bandire il posto in questione.

 

7 È vero o falso che la riforma Gelmini introduce nel sistema un'Agenzia nazionale per la valutazione della ricerca e della didattica?

FalsoL'Agenzia in questione (Anvur) è stata introdotta nel 2006 con una legge del governo Prodi. Il progetto di legge Gelmini si sforza di ridefinirne e di consolidarne i compiti.

In conclusione, un inventario delle questioni aperte testimonia come la riforma dell'università abbia bisogno più che di "effetti annuncio", di concreti riscontri fattuali. Alcune linee di intervento della riforma, segnatamente a livello di governo degli atenei, sembrano andare nel senso giusto. Ma occorrerà verificare se e quanto la riforma saprà vincere le resistenze conservatrici che, nelle università italiane, sono tradizionalmente fortissime. Soprattutto, occorrerà che le prevedibili tagliole finanziarie - in particolare nell'assunzione dei nuovi ricercatori - non siano tali da condannare il nostro sistema, quand'anche "riformato", a una progressiva senescenza del personale docente, che già oggi è fra i più anziani d'Europa.

 

P.S.A proposito di "effetti annuncio": nei giorni scorsi, il ministro Gelmini si è detto personalmente favorevole alla proposta del Partito democratico di anticipare a 65 anni (contro gli attuali 70) l'età del pensionamento per i professori ordinari, con l'integrale destinazione dei corrispondenti risparmi al reclutamento di giovani docenti. Proprio oggi, in aula, il Senato discuterà l'emendamento in questione. Vedremo quindi se il ministro farà corrispondere alle parole i fatti, convincendo la maggioranza di governo a votare in favore della misura proposta dal Pd. Naturalmente, se davvero i professori universitari andassero in pensione a 65 anni, questo rappresenterebbe un aggravio per i conti dell'Inpdap, e ciò proprio nel momento in cui si dice che – allungandosi l'età media della vita – dobbiamo tutti abituarci all'idea di lavorare più a lungo. D'altra parte, il pre-pensionamento dei professori ordinari costituirebbe indiscutibilmente un segnale forte della volontà d'incidere sull'esistente, contenendo il dispotismo assoluto dei vecchi "baroni" sull'università italiana.

 

 

 

 

2010-07-27

Giovedì via libera del Senato alla riforma dell'università

di Claudio TucciCronologia articolo27 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2010 alle ore 17:54.

Giovedì il Senato darà il via libera alla riforma dell'università. L'aula, come prevedibile, ha deciso di accelerare nell'esame dei 437 emendamenti presentati al ddl Gelmini. A pesare sulla scelta dei capigruppo di Palazzo Madama, probabilmente, le parole del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che nei giorni scorsi aveva ricordato "la necessità" di una riforma degli atenei.

Al momento, quindi, sembrano esserci davvero pochi spazi per modificare il testo, anche se, come evidenziato dalla senatrice Pd Mariangela Bastico, esistono ancora margini per "scelte condivise" che migliorino il provvedimento. Tre soprattutto le questioni più spinose da affrontare.

La prima, riguarda la figura dei ricercatori, in gran parte contrari alla riforma, che, con l'entrata in vigore delle nuove norme, diventa a tempo determinato. Avranno due contratti triennali, al termine dei quali, se non riusciranno a vincere il concorso da docente associato, saranno costretti ad andare a casa. Una scelta che lascia "appesi" circa 25mila ricercatori a tempo indeterminato, che oltre a vedersi bloccare la carriera, riceverebbero penalizzazioni in busta paga, fino alla pensione. Al momento, le norme attuali non prevedono sanatorie o deroghe di sorta. Per la Bastico, una possibile soluzione, potrebbe passare per la previsione "di un "ruolo unico" di tutti i docenti universitari, diviso in almeno tre fasce (ricercatori, associati, ordinari), in modo tale da consentire a tutti, ricercatori inclusi, uno sviluppo di carriera adeguato".

Altro punto controverso è il blocco del turn over, che pesa, soprattutto, sui giovani. Anche se qui la soluzione è strettamente legata al terzo "intoppo" del ddl Gelmini, vale a dire il limite di età per andare in pensione, attualmente fermo a 70 anni per tutti i docenti. Su questi aspetti, puntualizza la Bastico, ci sono diversi emendamenti del Pd che mirano a sbloccare il turn over e ad abbassare a 65 anni l'età di pensionamento dei docenti, portando l'Italia in linea con la gran parte dei Paesi europei. Anche il ministro Gelmini si è detta favorevole a questa soluzione, ma per ora non è arrivato nessun emendamento dalla maggioranza in tal senso.

La Bastico propone una soluzione di compromesso: sbloccare il turn over e abbassare il limite d'età a 65 anni, ma con flessibilità. L'idea, ha spiegato al Sole24ore.com, è creare una "finestra mobile" d'uscita dal lavoro, tra i 65 e i 70 anni, ancorandola alla salvaguardia delle professionalità che indubbiamente hanno alcune "pantere grigie". Ovviamente, ha aggiunto, diventerebbe necessaria una "valutazione seria e rigorosa" dei requisiti scientifici che giustificherebbero il pensionamento ritardato. In questo modo, si avrebbe il duplice effetto di creare posti per i giovani e mandare in pensione i professori meno bravi. Aspettiamo di sapere, ha concluso, che ne pensa il Governo, "ma gli spazi per riscrivere la norma ci sono".

 

 

 

 

 

2010-07-20

Riparte da ingegneria a Padova la caccia agli errori della riforma Gelmini

di Lara RicciCronologia articolo19 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2010 alle ore 21:55.

Il malcontento per i tagli all'università e la riforma prevista dal disegno di legge Gelmini monta sempre più: non solo gli esami all'aperto come forma di protesta svolti da diversi atenei italiani, ma anche sospensione della programmazione didattica, con conseguente rinvio delle immatricolazioni e dell'inizio dell'anno accademico. Questo accade alla facoltà di ingegneria di Padova, e nei prossimi giorni potrebbe essere deciso anche in quella di scienze e in altre università della penisola.

Una protesta dal basso, senza un coordinamento nazionale, che coinvolge non solo i ricercatori, ma anche i professori. Tanto che il rettore dell'Università di Padova, Giuseppe Zaccaria, ha indetto oggi una conferenza stampa dove ha lanciato un "preoccupato appello", per la situazione "difficile e drammatica" degli atenei.

Zaccaria, attorniato da tutti i componenti dell'università, dai prorettori ai borsisti, ha scelto come palcoscenico per il suo appello la tenda blu davanti al Bo, divenuta da una settimana il simbolo della protesta. Nel suo intervento Zaccaria ha ripercorso i temi di un documento da lui stesso redatto che ha diramato alle istituzioni, ai parlamentari, alla città, all'opinione pubblica, alla società civile.

"Nessuno tra quanti ogni giorno sono attivi nei nostri atenei - ha spiegato - può sensatamente negare l'esigenza di una riforma delle università italiane che ponga fine a scelte discutibili e onerose per il Paese. Perciò l'università di Padova non ha espresso una pregiudiziale linea di contrarietà al disegno di legge 1905, ma ha puntualmente indicato i gravi errori presenti in punti nodali dell'attuale formulazione, dall'impianto fortemente centralistico e contrario all'autonomia delle sedi, alla mancanza di risorse per il funzionamento degli atenei, all'abolizione della figura del ricercatore di ruolo, auspicando un profondo ripensamento ed una sostanziale correzione nelle aule parlamentari". Zaccaria è stato ricevuto settimana scorsa dal presidente della Repubblica, e la sua università si è posta come capofila del gruppo di atenei che ha espresso in modo netto la contrarietà all'impostazione del decreto 1905.

"L'università di Padova – si legge nel documento – vuole lottare per continuare a rifiutarsi di credere che l'istituzione universitaria stia definitivamente annegando". Solidale con l'azione di protesta dei docenti e ricercatori, Zaccaria chiede tuttavia di non dare vita ad azioni di dissenso che rendano difficoltoso o addirittura impossibile l'avvio dell'anno accademico. La protesta si sta infatti facendo sempre più dura: "La facoltà ingegneria ha sospeso la programmazione didattica del prossimo anno: così non è possibile far partire il nuovo anno accademico, spiega Paolo Guiotto, ricercatore della facoltà di scienze, consigliere comunale e animatore della protesta -. Mercoledì deciderà la facoltà di scienze". Tra i principali motivi del malcontento vi è, secondo Guiotto: "Il taglio orizzontale di 1 miliardo di euro in 5 anni già pianificato nel 2008 (che significa 43 milioni di euro, l'anno prossimo, per l'università di Padova), un taglio molto ingente se si pensa che quello previsto nell'ultima finanziaria per tutti comuni italiani è di 1,5 miliardi di euro, tagli che, nel 2012 determineranno una situazione che porterà in perdita i bilanci degli atenei: le spese di mantenimento e gestione saranno il 112% delle entrate, attualmente siamo all'87%".

Ma ciò che più preoccupa i giovani universitari è la mancanza di prospettive: "Il blocco del turnover che fa sì che ogni 5 professori che vanno in pensione se ne assuma solo uno, blocco che provocherà un forte invecchiamento dell'età dei docenti e che lascerà a spasso moltissimi giovani" dice Guiotto, che aggiunge alla lunga lista degli elementi di malcontento "i tagli agli stipendi previsti dall'ultima finanziaria che sono definitivi e che vanno a penalizzare soprattutto i giovani (secondo i calcoli di lavoce.info il taglio medio a un ordinario è del 10%, quello ai ricercatori neoassunti è del 27%). Infine l'abolizione del ruolo di ricercatore: il disegno di legge 1905 prevede solo assunzioni a tempo determinato, senza garanzie di poter restare dopo i sei anni di contratto".

"Questo disegno di legge prevede un percorso in media di 10-13 anni di precariato per un giovane dottorato, è insostenibile, favorirà la fuga dei giovani più bravi, e questo sarà deleterio per il paese" afferma Roberto Monti, ricercatore di matematica che si definisce semplicemente "uno dei tanti che a un certo a deciso che bisognava provare a fare qualcosa. "Se tutto va bene si entrerà a lavorare nell'università a 37 anni" gli fa eco Guiotto. "senza considerare che c'è un'ondata di pensionamenti, sia strutturale sia dovuta al peggioramento delle condizioni di lavoro" spiega Monti.

Sotto accusa anche la concentrazione di potere nelle mani del rettore, di un consiglio di amministrazione esterno e degli ordinari. "Grottesco dopo tutto quel che si dice da anni contro i ‘baroni universitari", dice Monti. "Ci sentiamo sotto assedio, attaccati su tutti i fronti – continua –. I ricercatori hanno deciso di reagire in modo legale: attenersi alla legge e dunque non fare lezioni in classe, lezioni che prima tenevano a titolo di volontariato, e che nell'università italiana rappresentano il 30% di tutti i corsi offerti". "I docenti, a loro volta, si sono impegnati ad attenersi al minimo di legge per quanto riguarda le lezioni, in modo da non ricoprire i vuoti lasciati dai ricercatori", spiega Guiotto.

"Ci stiamo ponendo molti dilemmi morali – conclude Monti – questa protesta significherà mettere studenti e famiglie in situazione di grave disagio. Per noi sarà anche doloroso rinunciare ad attività didattica. Siamo lacerati, ma di fronte a questi attacchi concentrici e anche a questo disinteresse generalizzato non sappiamo più che strumenti usare per comunicare alla società italiana che è necessaria una diversa politica della ricerca".

A un dibattito sulla fuga dei cervelli organizzato giovedì scorso dai medesimi ricercatori ha partecipato tra i relatori anche Jacopo Silva, vicepresidente di Confindustria Padova con delega al rapporto con le università e presidente dei Giovani industriali. Il suo intervento ha entusiasmato molti ricercatori presenti. Gli abbiamo chiesto di riassumere la sua posizione: "Si è sempre fatto l'errore di considerare l'università materia per universitari, invece è un argomento che deve appassionare tutti, perché il cuore della società – spiega Silva – oltre all'insegnamento, l'università ha due compiti molto importanti: garantire la democrazia, perché forma i cittadini, ed essere il motore della mobilità sociale. È un'istituzione fondamentale per il paese, come la sanità e parlamento. Con l'amore che ho per l'università dico però che sono un innamorato tradito: siamo fra i paesi con la minore mobilità sociale del mondo: questo significa che l'università non funziona bene. Questi ricercatori che oggi protestano non sono responsabili, però non si può chiedere più fondi se non si chiede anche riformare l'università. Io non vedo meritocrazia, ma patria del nepotismo. E la mancanza di meritocrazia impedisce all'università di svolgere il suo ruolo verso la società, quello di promuovere la mobilità sociale".

Silva porta un altro esempio: "Non c'è la cultura dell'eccellenza, della vera selezione. La cultura del livellamento al ribasso, che sembra tanto democratica, in verità danneggia i più deboli, perché se diamo un titolo a tutti, ma questo non vale niente, i più danneggiati sono quelli che partono da posizioni più svantaggiate. Ma in un'università che riceve fondi in base al numero di laureati non si favorisce la cultura dell'eccellenza". E ancora: "Anziché creare centri di eccellenza si sono fatte le università periferiche: cattedre su cattedre, che non garantiscono qualità. E allora, da innamorato della ricerca quale sono, sostengo che se senza una riforma profonda non possiamo aprire il ragionamento sui finanziamenti. Ma poi mi arrabbio ancora di più, perché oggi si fanno tagli orizzontali, allora questa non è una vera riforma, non si premia il merito". Ai ricercatori Silva dice dunque: "Sì alla lotta contro i tagli, no alla difesa dello status quo. Non bisogna ripristinare i fondi per lasciare tutto come è".

 

 

 

 

 

La laurea si presenta in video-chat

di Luigi dell'OlioCronologia articolo20 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2010 alle ore 18:38.

Una video-chat per presentare il corso di laurea e la nuova piattaforma multimediale collegata. È l'iniziativa ideata dal corso di laurea in Ingegneria Informatica del Politecnico di Milano. E non poteva essere diversamente, considerato che si tratta di un corso somministrato via Internet, con gli allievi che vanno a ricevimento dagli insegnanti in stanze virtuali, seguono le lezioni sul monitor del pc e inviano richieste di documentazione via e-mail.

Non un ateneo virtuale, quindi, ma un corso online (l'unico accreditato CampusOne dalla Crui, Conferenza dei Rettori delle Università Italiane ) inserito all'interno del Politecnico meneghino e con dieci anni di storia alle spalle.

L'appuntamento è per mercoledì 21 luglio, alle ore 18,30: gli interessati a prendervi parte devono inviare un'e-mail con il proprio nome e cognome a info.metid@polimi.it (per approfondimenti è possibile consultare il sito: www.laureaonline.polimi.it).

Dall'altra parte dello schermo ci sarà Alberto Colorni, docente della Laurea OnLine e presidente di Metid, il Centro del Politecnico di Milano che gestisce il corso. Oltre a discutere dei contenuti formativi, la video-chat sarà anche l'occasione per presentare Beep, la nuova piattaforma informatica del Politecnico di Milano, che consentirà agli studenti di collaborare online in modo fortemente interattivo, in modalità sincrona e asincrona, condividendo documenti, immagini e video. Ispirato al crescente filone del Web 2.0, Beep consente di creare agende personalizzate per appuntamenti ed eventi, gestione dei contatti con gli altri iscritti, creazione di pagine pubbliche e private, accesso a canali multimediali esterni. Ogni studente potrà farsi conoscere grazie a un profilo personale interagendo con compagni di corso e docenti. Le pagine possono essere gestite in maniera autonoma, aggiungendo applicazioni e inserendo tutto il materiale che riterrà più funzionale per il suo percorso di studi, compresi gli Mp3 delle lezioni, disponibili in questo formato anche per la fruizione su iPod. Il pacchetto è completato da sessioni live, durante le quali si possono inviare e ricevere risposte in tempo reale dai docenti.

 

 

 

 

 

2010-07-19

Sulle tensioni del Pdl Berlusconi minimizza e sciorina ancora battute su Rosy Bindi

Cronologia articolo19 luglio 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2010 alle ore 18:00.

Venti minuti a braccio per derubricare a "piccole incomprensioni" le difficoltà che investono la sua maggioranza. E per definire alcune studentesse "belle ragazze laureate con il massimo dei voti che non assomigliano certo a Rosy Bindi". Ma l'intervento di oggi del premier Silvio Berlusconi all'università e-campus di Novedrate non è piaciuto alla presidente del Pd, già vittima in passato dell'ironia del Cavaliere. "Mi limito con tristezza a prendere atto - replica la Bindi - che tra i tanti segnali della fine dell'impero c'è anche questa ormai logora ripetitività delle sue volgarità".

Il Cavaliere però appare in gran forma in vista della consegna del premio assegnatogli dalla Provincia di Milano e che stasera ritirerà nel corso di una cerimonia sulle guglie del Duomo. Un riconoscimento che continua ad alimentare polemiche tra maggioranza e opposizione, con Pd e Idv che contestano le motivazioni del premio, diffuse ieri dallo staff del presidente della provincia, Guido Potestà, coordinatore lombardo del Pdl.

Nel Pdl, però, il clima resta tesissimo e oggi è andato in scena un nuovo scontro dopo l'editoriale di Vittorio Feltri. "Fini esce dal Pdl? Sarebbe ora", titolava stamane il Giornale che si è scagliato contro il manifesto degli ex An all'indirizzo di Berlusconi: sei pagine del Secolo d'Italia, attacca Feltri, "per dire che il partito è morto". Se i "pezzi da novanta" degli ex An mobilitati dal Secolo - osserva Feltri - sostengono che "bisognerebbe tornare alle tessere per spartirsi poltrone e sottopoteri, si accomodino. Il dato che comunque emerge dal dibattito - spiega - è il seguente: o Berlusconi smette di fare Berlusconi, e si adatta alle logiche dei partiti classici, ottocenteschi, oppure sarà scissione. Tertium non datur".

Pronta la replica dei finiani affidata alla fondazione Farefuturo. "Vittorio Feltri si chiede e chiede ai finiani: ma è possibile che siete stati così ingenui da pensare che qualcosa poteva cambiare, che il Pdl potesse essere diverso da Forza Italia? - scrive il direttore di Ffwebmagazine Filippo Rossi - Ribaltiamo la domanda: ma se Silvio Berlusconi voleva davvero un movimento a sua immagine e somiglianza, se voleva un comitato elettorale e non un partito con tutte quelle fastidiosissime regole democratiche, perché mai ha deciso di sciogliere Forza Italia e costruire qualcosa di più grande, di più complesso? Perché non si è accontentato del suo decorosissimo 23,7 per cento? Perché ha sentito l'esigenza politica di fondare un nuovo partito? E perché, soprattutto, di farlo con qualcun altro?".

Da qui la conclusione della fondazione che fa capo a Gianfranco Fini. "Feltri a questo punto sembra l'unico interlocutore di provata fede berlusconiana con un'idea di partito, con una strategia politica; l`unico che ha il coraggio di dire la verità su un partito, il Pdl, nato per essere - parole testuali del direttore del Giornale - "il contorno di Silvio Berlusconi"; l'unico che ha il coraggio intellettuale di descrivere il partito come accessorio ininfluente, come struttura utile solo a portare in giro il grande leader senza discutere, senza criticare, senza parlare". (Ce.Do)

 

 

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